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ANTROPOLOGIA: DAL LOCALE AL GLOBALE, Appunti di Antropologia

ANTROPOLOGIA: DAL LOCALE AL GLOBALE

Tipologia: Appunti

2019/2020
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dmengineer
dmengineer 🇮🇹

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Scarica ANTROPOLOGIA: DAL LOCALE AL GLOBALE e più Appunti in PDF di Antropologia solo su Docsity! ANTROPOLOGIA: DAL LOCALE AL GLOBALE COS’E’ L’ANTROPOLOGIA? 1. ANTROPOLOGIA: SCIENZA DEL TRADIZIONALE O DELL’ATTUALE?? DEFINIRE L’ANTROPOLOGIA Per lungo tempo l’antropologia eè stata la scienza delle societaè arcaiche, selvagge ed esotiche. Oggi la tendenza eè quella di non rivendicare piuè un termine preciso per designare il tipo di societaè a cui si rivolge la disciplina: essa è la scienza delle diversità sociali e culturali, è la scienza umana in società. Per riflettere sull’oggetto attuale dell’antropologia occorre assumere una duplice prospettiva Per definire l’antropologia il primo elemento da considerare eè il suo PROGETTO: malgrado l’eterogeneitaè teorica il progetto eè permanente  pensare il rapporto tra l’unità e la diversità del genere umano, pone al centro le differenze per le quali le societaè e le culture si distinguono. L’antropologia eè una disciplina “contrastiva”: il suo progetto eè quello di pensare l’altro e il medesimo sotto diversi aspetti DEFINIRE L’ALTERITÀ Il problema dello statuto dell’Altro non eè stato risolto dall’analisi antropologica, il discorso antropologico viene messo sotto accusa come “discorso dell’Occidente”. Parallelamente a questa rimessa in discussione peroè si nota un certo successo della letteratura antropologica che ha aggravato la crisi di identitaè , rendendo confuse le immagini dell’Altro (svariati luoghi comuni). L’infatuazione del pubblico per la letteratura esotica puoè essere dato: a. Rassicurarsi della propria superioritaè culturale in quanto i racconti danno un’immagine caricaturale dell’Altro b. Utilizzare l’Altro come rifugio contro un presente minaccioso, una reazione al malessere di civiltaè . Come rileva Marc Augeè “di fronte alle delusioni politiche del secolo e alle incertezze della teoria molti antropologi hanno costruito la silhouette di un selvaggio che, piuè vicino alla natura, ha come rifiutato in anticipo tutto cioè che ci opprime: fabbricando un’immagine idilliaca dell’altro si contribuisce a imprigionarlo percheé l’Altro deve sottomettersi alla rappresentazione, acquisisce un’esistenza in rapporto all’uomo moderno 1 APPROCCIO INTERNO ALLA QUESTIONE: quale ambito ricopre la disciplina? Cosa studia? Con quali metodi? Dov’eè la specificitaè dell’antropologia rispetto alle altre scienze? APPROCCIO ESTERNO ALLA QUESTIONE Qual eè il posto dell’antropologia nel pensiero scientifico contemporaneo? quale il suo contributo alla modernitaè ? qual eè il suo rapporto con l’esotico? Deleuze, Guattari, Clastres parteciparono negli anni ’60 alla corrente di pensiero che Augeè definisce NEO EVOLUZIONISTA che consiste nell’ introdurre nell’analisi antropologica, ma rovesciandone il senso, lo schema evoluzionista dei 3 stadi per i quali passerebbero le societaè : selvatichezza, barbarie e civiltaè (dalla pienezza al degrado)  Uno dei principali interrogativi dell’Antropologia eè : come fare a non privilegiare una dimensione rispetto ad un’altra? Come riuscire a non ridurre piuè gli Altri nelle figure dell’autentico o del selvaggio ma coglierli all’interno dello stesso rapporto con il Noi? IO e l’Altro sono termini che devono illuminarsi reciprocamente e ciò comporta che la riflessione oltre che altrove sia anche qui: l’alterità non è un’essenza, una qualità intrinseca, si è ALTRO solo agli occhi di qualcuno, la categoria dell’Altro è sempre inserita in una RELAZIONE La relazione dialettica tra il seé e l’Altro non eè semplice: si conoscono mai veramente gli Altri? Nell’incontro con gli Altri non si cerca sempre qualcosa di se stessi? Per l’antropologo eè necessario rimanere esterno all’Altro: avvicinarsi abbastanza senza identificarmi completamente, di comprendere la cultura senza immergermi in essa totalmente. DEFINIRE I LUOGHI DI RIFLESSIONE DELL’ANTROPOLOGIA L’oggetto dell’antropologia è dinamico, è dialettico nel senso che mette in rapporto sistematicamente il locale e il globale, i gruppi ristretti e la societaè generale in cui sono inseriti: l’Antropologia tenta di illuminare contemporaneamente i due livelli noncheé l’insieme degli scambi tra loro Allo stesso modo l’opera dell’Antropologia non consiste nell’interessarsi delle tradizioni per tentare di resuscitarle o reinventarle per compiacere l’immaginario sociale del momento. L’approccio dinamico dell’Antropologia ai suoi oggetti ci rende attenti verso le diverse iniziative pseudo culturaliste (M. Augeè) che hanno corso attualmente nei paesi del terzo mondo da poco liberate dalla tutela coloniale che per assenza di un progetto culturale e sociale idealizzano la cultura concepita al di fuori della storia e delle contraddizioni: un tale imprigionamento dell’identitaè oltre ad autorizzare la manipolazione politica delle masse, si oppone allo scambio interculturale … … ma allora: se l’antropologia non si identifica con un oggetto residuale neé con una passiva ricostruzione culturale, qual eè l’unitaè significativa che prende in considerazione e la finalitaè che persegue? Il procedimento antropologico assume come oggetto d’indagine unità sociali di piccola ampiezza a partire dalle quali tenta di elaborare un’analisi di portata generale, cogliendo la totalità della società in cui queste unità si inseriscono1 Questa definizione fa intervenire contemporaneamente:  UN LUOGO (unitaè sociale concreta): queste unitaè sono ristrette nel senso che corrispondono a piccole comunitaè in cui le relazioni sociali sono concrete e 1 Definizione di Marc Augè 2 esempi per spiegare la costruzione dell’oggetto in antropologia:  come esempio concreto prendiamo quello dell’agricoltura di montagna nelle regioni alpine in Svizzera: dopo un lavoro preliminare i ricercatori hanno scoperto che l’agricoltura di montagna accanto ad un’attivitaè principale in un diverso settore economico costituiva il nodo verso cui convergeva l’insieme degli elementi messi in evidenza all’inizio. L’agricoltura a tempo parziale era il punto di incrocio di numerose influenze rappresentando il cuore stesso della problematica di partenza (rapporto tradizione/modernitaè ). Essa era diventata un oggetto da costruire. EÈ tenendo conto dell’insieme dei dati esterni (l’influenza dello stato e del mercato, l’infatuazione delle popolazioni esterne per la montagna, …) e rapportandoli alla pratica delle popolazioni locali, che l’agricoltura a tempo parziale si eè costituita progressivamente come luogo privilegiato a partire dal quale si poteva illuminare la totalitaè della realtaè contemporanea2  l’antropologia dello sviluppo definita da Roger Bastide : una riflessione sullo sviluppo deve allargare il campo di osservazione in modo tale da includervi tanto coloro che decidono azioni di sviluppo (scienziati, esperti,…) quanto le popolazioni che ne sono gli oggetti (come si sarebbe dovuto fare nel caso dell’introduzione in alcuni villaggi dell’ India di pompe ad acqua in un paese povero di acqua potabile: invece che rappresentare un cambiamento benefico per la popolazione questo portoè a conflitti, angosce e dinamiche che andavano contro la popolazione) VISIONE GLOBALE E FATTO SOCIALE TOTALE IN ANTROPOLOGIA Gli esempi suddetti di costruzione dell’oggetto evidenziano l’esigenza della contestualizzazione nell’analisi antropologica e l’aspirazione ad un approccio globalizzante tale da considerare l’insieme degli elementi. Questa aspirazione totalizzante dell’antropologia si esprime meglio nella nozione metodologica di fatto sociale totale (Malinowski – Mauss) Per Mauss il fatto sociale totale appartiene alla realtaè empirica percheé la vita sociale eè un tutto i cui vari aspetti sono interconnessi: lo scopo dell’antropologia eè ricostruire questa complessitaè La ricerca di rivelatori, di luoghi privilegiati per illuminare la globalitaè sociale eè all’origine del procedimento antropologico in generale L’esempio piuè classico di fatto sociale eè quello del sistema di scambio cerimoniale chiamato Kula studiato da Malinowski: eè un vasto sistema di scambi di oggetti (bracciali e collane di 2 Questo esempio dell’agricoltura di montagna rappresenta un esempio di FATTO SOCIALE (vedi sotto) 5 Tipo di fenomeno che sia al tempo stesso espressione e sintesi dell’insieme della vita sociale di una data società. Il fatto sociale totale esprime l’idea che un numero rilevante di fenomeni sociali non attiene a un solo livello ma mette in movimento la totalità della società e delle sue istituzioni conchiglie) che interessa una ventina di isole del nord ovest della Melanesia. I sistemi di scambio kula sono regolati da un rituale ben preciso che impegna durevolmente chi vi partecipa: creando legami permanenti si permette ai gruppi di superare le rivalitaè reciproche e di fondare una morale contrattuale  nel kula si trovano intimamente associati transazioni economiche, comportamenti cerimoniali, alleanze politiche, manifestazioni estetiche,…un insieme di elementi che costituisce un sistema Partendo dall’esempio del Kula, Mauss allarga la comparazione ad altre istituzioni come il Potlach della costa nord occidentale americana. Egli sviluppa così è la nozione di fenomeno sociale totale a due livelli: - un principio base: lo scambio sociale che si stabilisce all’interno di istituzioni cosìè diverse (Kula, Potlach, la festa,…) corrisponde a un sistema di reciprocitaè (esiste l’obbligo di restituire il dono) e questo atto eè all’origine stessa del legame sociale - un secondo livello: per queste ragioni le feste, le istituzioni, i riti devono essere considerati come un momento privilegiato nella vita della societaè : essi fondano il legame sociale e mantengono la coesione sociale. Questi sistemi di scambi sono delle prestazioni totali percheé inglobano sia l’aspetto economico che sociale, che religioso,… sono fenomeni sociali totali che illuminano la realtaè sociale REALTAÈ EMPIRICA E MODELLO DELLA REALTAÈ IN ANTROPOLOGIA Una volta ammessa l’importanza della nozione di fatto sociale totale nell’analisi antropologica ora ci chiediamo: come si costruisce un fatto sociale totale?? a quale ordine di realtaè esso corrisponde?? Ad un modello della realtà non evidente ma costruito dal ricercatore: costruzione di un modello capace di tradurre dei rapporti, delle relazioni tra fenomeni separati Un classico esempio in termini di rapporti e relazioni ci eè offerto dalla proibizione dell’incesto: fincheé ci si accontenta di definire tale proibizione in maniera isolata (criterio dell’avversione biologica o psicologica) si rimane ad un livello di analisi superficiale che non spiega percheé il livello di proibizione sia diverso da una societaè all’altra. Per uscire dall’impasse l’antropologo Claude Levi – Strauss non si eè accontentato di considerare solo l’aspetto negativo (l’interdizione del parente prossimo) della proibizione, ma anche i suoi aspetti positivi: le relazioni sociali di cui essa eè all’origine (proibire incesto equivale a permettere la circolazione delle donne tra gruppi estranei e quindi di allargare le relazioni di scambio indispensabili per la vita sociale del gruppo)  la struttura che sta sotto al contenuto manifesto è il principio di reciprocità: per comprendere le istituzioni dunque non è mai sufficiente fermarsi alla loro espressione cosciente e vissuta ma occorre cercare le relazioni soggiacenti, nascoste , quelle che offrono l’intera dimensione di un fenomeno sociale FUNZIONE ESPLICITA, FUNZIONE IMPLICITA 6 Un’altra caratteristica metodologica che scaturisce da quelle citate precedentemente consiste nella sistematicitaè della riflessione: l’antropologo deve essere attento a distinguere in una cultura gli aspetti espliciti da quelli impliciti, la funzione esplicita (o manifesta) di un fenomeno da quella implicita (o latente). Esempio: interdizione nella religione musulmana di consumare carne di maiale - ragione esplicita: preoccupazione di ordine igienico - ragione implicita: millenni addietro il consumo della carne era dei sedentari, le popolazioni nomadi lo rigettavano: l’interdizione era un’affermazione dell’identitaè del gruppo, era una regola culturale non igienica questa distinzione tra l’esplicito e l’implicito di una cultura ci riporta a una distinzione fatta in precedenza: quella fra le regole che si ritiene reggano un gruppo e le pratiche sociali concrete3 SGUARDO CRITICO E PREOCCUPAZIONE ETICA IN ANTROPOLOGIA Lo sguardo dell’antropologo eè uno sguardo critico percheé si interroga continuamente sulle evidenze e procede a mettere in rapporto tutti gli elementi presi in considerazione. Questo sguardo prosegue un duplice obbiettivo:  produrre un effetto di conoscenza sotto forma di concetti e di modelli interpretativi articolati con dati empirici  permettere una lettura demistificata della realtaè , una lettura del sociale costruita attraverso la discussione di contenuti, interrogazione di forme, rilevazioni di senso le preoccupazioni morali ed etiche sono molto diffuse tra antropologi: il ricercatore eè pur sempre un intruso nel gruppo in cui soggiorna e deve dunque stare attento agli effetti della sua presenza. Inoltre le informazioni e i risultati che trae dalla sua ricerca possono se non eè attento essere utilizzati contro coloro che gli hanno permesso il lavoro. Per la posizione intermedia tra il gruppo e la societaè globale eè talvolta dovere dell’antropologo difendere gli interessi delle popolazioni dominate o sfruttate 3. I CAMPI DI STUDIO DELL’ANTROPOLOGIA: SITUAZIONI E PROBLEMI 3 Esempio dell’agricoltura di montagna in svizzera dimostra questo assunto: questa mantiene una attività socio economica riconosciuta. Ma non si riduce a solo questa dimensione utilitaristica, osservando le pratiche sociali è possibile scoprire una realtà più ricca e nascosta, che afferma la sottesa dimensione della socialità e dello scambio sociale 7 Per lungo tempo un limite netto ha separato l’Antropologia dalla Storia: la prima si interessava delle societaè “esotiche” ritenute societaè senza storia, mentre la seconda si interessava del passato storico. EÈ a partire dagli anni ‘60 che queste due discipline si avvicinano e, da questo contatto, ne escono rinnovate: IL RINNOVAMENTO DELL’ANTROPOLOGIA IL RINNOVAMENTO DELLA STORIA  Abbandono dell’antica opposizione tra societaè primitive (fredde, senza storia e complesse (calde)  Scoperta della dimensione storica delle societaè che studia  Conversione allo studio delle societaè vicine (quelle europee). L’antropologia eè obbligata a rivolgersi alla storia per comprendere meglio il presente  Dalla seconda guerra mondiale la Storia ha ridefinito il suo campo reagendo contro la storia dei potenti e contro la storia politica, allargando il suo territorio dalla realtaè istituzionale alla realtaè profonda delle masse e dei fenomeni sociali  Il cambiamento non eè piuè accidentale e arbitrario ma diviene una dimensione intrinseca della realtaè considerata Questo rinnovamento della storia va rafforzandosi sotto l’influenza dei lavori sociologici:  IL DISTANZIAMENTO: oggi lo storico si pone a distanza rispetto alla realtaè storica studiata e controlla la propria estraneitaè  L’INTERESSE PER CIO’ CHE E’ MARGINALE : i gesti, gli atteggiamenti, i comportamenti (lasciati prima agli specialisti del folklore) per lo storico assumono un significato importante nell’ottica di far emergere i meccanismi profondi di una societaè  IL PRINCIPIO DI SPIEGAZIONE: come per l’antropologia, anche la Storia aveva come principio di spiegazione dominante quello da Se stesso all’Altro. Sotto l’influenza della scuola delle Annales il principio di spiegazione tende a cogliere l’Altro nella sue singolaritaè : lo storico non analizza piuè una societaè in rapporto alla situazione presente ma la studia come societaè altra. Qui la storia si congiunge all’antropologia : l’Alteritaè esotica e l’alteritaè storica si ricongiungono in un medesimo procedimento che illumina la societaè industriale contemporanea. Ai nostri giorni la storia, diventata scienza del cambiamento e delle logiche sociali, storia delle mentalitaè , studia gli oggetti tradizionali dell’antropologia come il mito, la morte, la sessualitaè , la parentela,… Il confronto proprio dell’antropologo con la memoria orale e mitica delle societaè “senza storia” ha permesso a numerosi ricercatori di rinnovare certe domande relative al rapporto tra storia ed evento, tra la storia e il mito. Cioè che eè in discussione eè la concezione diffusa della storia come un “fenomeno fisico”, come traduzione sul piano culturale delle forze materiali presenti e quella dell’incontro tra culture come un semplice scontro tra dominanti e dominati, colonizzatori e colonizzati. Cioè facendo si dimentica che l’incontro di culture è soprattutto un problema di comunicazione tra sistemi culturali differenti. Ogni cultura cerca di codificare l’altro a partire da categorie mentali che le appartengono, questo malinteso produttivo7 è una dimensione essenziale nella comunicazione tra le culture: eè produttivo percheé nessuna della due parti eè in errore nel guardare l’Altro, ciascuno 7 Marshall Sahlins e Barè 10 vede a modo suo8. In questa ottica ci si chiede se esiste una vera cultura di un certo popolo, un autentico passato senza “contaminazioni”; Lenclud commenta: “il movimento, che si ripete senza sosta, attraverso il quale questa cultura, in contatto con la società occidentale, se ne impadronisce nel quadro di un duplice dialogo per riprodursi sotto altre forme…continuità o cambiamento? Dipende dai casi” Risulta dunque che l’antropologia apporta un contributo originale alla storia sollevando nuove questioni che riguardano i rapporti tra l’evento e la storia, tra la storia e la sua struttura, tra la storia e il mito. L’operazione con cui i membri della societaè moderna costruiscono il loro rapporto con il passato eè assai vicina alla maniera delle societaè “senza storia” cioeè di percepire il passato come davanti a seé , come una rappresentazione dinamica che fa agire il presente. Per entrambe il passato non è realmente compreso se non allorché fa parte del presente. Nel rapporto con la storia si assiste ad un’autentica opera di appropriazione – disappropriazione del passato, un’opera in cui l’evento è simbolicamente elaborato in funzione di una certa idea di storia. MEMORIA ARTIFICIALE E MEMORIA VISSUTA: SEGNO, TRACCIA E STORIA Questa dimensione la ritroviamo nella ricerca di KIlani sul regime storico delle societaè delle Oasi del sud tunisino: la popolazione studiata manifesta una duplice appartenenza al proprio tempo storico, da un lato c’eè la preoccupazione di inserirsi tot. All’interno di una memoria artificiale che si attualizza con la mediazione del documento, della traccia dell’evento e dall’altra c’eè una memoria locale vissuta. la popolazione dell’Oasi combina queste due memorie eppure nella memoria vissuta non c’è rottura tra questi differenti livelli: la storia universale si ritrova nell’evento locale e viceversa  questa capacità che ha la memoria vissuta di combinare i due tempi storici poggia sulla nozione di TRACCIA. Curioso eè il fatto che nella maggior parte dei casi cioè che veniva detto al ricercatore dagli informatori del gruppo non corrispondeva ai documenti storiografici: l’antropologo deve essere creativo, deve adottare le modalitaè di interpretazione dei propri informatori per leggere come dei segni l’insieme degli oggetti che si producono nel loro discorso. SEGNI la cui logica non rinvia alle norme di un sapere positivo ma a un gioco di linguaggio la cui funzione eè l’identificazione e la classificazione degli individui e degli eventi all’interno di uno spazio sociale in perenne mutamento. Il ricercatore deve aprirsi non alla storia ma alla sua pratica, deve cogliere la corrispondenza tra il gioco dei segni della storia e quello delle variazioni verbali che ordinano i rapporti sociali sul piano locale 2. ANTROPOLOGIA E PSICOANALISI 8 Così per esempio la divinizzazione del capitano Cook da parte degli hawaiani alla fine del 1700 non può essere considerata un errore intellettuale: essa era la condizione stessa per l’esperienza dell’alterità per gli hawaiani 11 ANALOGIE  Sono nate entrambe alla fine del XIX secolo  Hanno lo stesso oggetto empirico: l’uomo  è attraverso l’individuo, attraverso le sue pratiche e le sue rappresentazioni, che essi tentano di comprendere l’insieme sociale DIFFERENZE ≠ costituiscono entrambe una psicologia ma, mentre la psicoanalisi si ferm all’espressione individuale di essa, l’antropologia si concent a su quella collettiva ≠ il disaccordo più grande riguarda il modo di articolare i rapporti tra individuo e società S. Freud in Totem e Tabù ha collocato la psicoanalisi nel cuore dell’antropologia: la psicanalisi puoè ripercorrere la storia dell’umanitaè fin dalle origini alla stesso modo in cui lo fa per la storia individuale. La storia dell’umanitaè comincia con l’uccisione del padre da parte dei figli e l’individuo, secondo Freud, rivive nella psiche questa scena primordiale con il complesso di Edipo  vi eè un rapporto diretto tra storia universale e storia individuale: le societaè passano attraverso uno stadio primitivo, per proseguire in uno stadio selvaggio per arrivare alla civiltaè e cosìè, parallelamente, l’individuo da bambino entra nell’adolescenze per poi divenire adulto. L’antropologia eè scettica nei confronti di questa teoria:  Rifiuta ogni rigida analogia tra collettivo e individuale percheé ignora le mediazioni economiche, storiche e sociologiche  Dubita dell’universalitaè del complesso di Edipo (vale per ogni cultura o solo per quella occidentale?)  L’antropologia strutturalista ha mostrato che non si puoè stabilire un rapporto causa- effetto tra lo psicologico e il sociale (Levi Strauss aveva giaè evidenziato come la proibizione dell’incesto non sia legata a fattori biologici ma a motivazioni sociali) A partire dalla rivoluzione strutturalista la teoria psicoanalitica ha integrato questa spiegazione: il padre eè identificato alla legge, alla regola: l’antropologia ha meglio fondato l’universalitaè di una struttura e la diversitaè dei suoi contenuti culturali INCONTRO DELL’ANTROPOLOGIA CON LA PSICOANALISI: L’EFFICACIA SIMBOLICA a. Esiste un campo in cui si puoè parlare di netta convergenza tra l’antropologia (Levi- Strauss) e la psicoanalisi (Lacan): IL SIMBOLICO diventa un sistema di rapporti, efficace nel suo funzionamento, che modifica il reale, un’altra realtà. Il simbolico come struttura efficace mobilita gli individui e i gruppi attorno a un’idea o a un’azione. La visione della magia, del mito, del pensiero simbolico rappresentati come forme primarie e incomplete del pensiero scientifico e razionale moderno, eè stata sorpassata : la magia eè un’istanza Altra dalla Scienza, non cerca di sapere il come delle cose, come fa la scienza, ma cioè che ci sta dietro. La magia eè un linguaggio simbolico, una modalitaè di comunicazione sociale 9 . 9 L’efficacia simbolica della magia è messa bene in evidenza dal lavoro di Favret – Saada sulla stregoneria normanna: la situazione piuè comune eè quella del contadino che si trova al cospetto di una serie di disgrazie e, poicheé la scienza ufficiale non riesce a spiegare il fenomeno del susseguirsi di sventure, il contadino si rivolge ala tradizione della stregoneria. La stregoneria o la magia agiscono per risolvere dei conflitti o come mezzo di controllo sociale 12 Per designare la disciplina disponiamo di tre termini che designano i tre momenti successivi del lavoro antropologico:  ETNOGRAFIA: corrisponde alla I FASE del lavoro dell’Antropologo, alla fase preparatoria, alla raccolta di documenti e della loro prima descrizione sotto forma di registrazione , classificazione , traduzione  ETNOLOGIA: II FASE in cui si analizza, si sintetizza e si interpreta cioè che si osserva in una data cultura in rapporto con le conoscenze sulle altre societaè . Le sintesi che si compiono sono contenute in un ambito specifico (economia, religione,…) e sono spesso circoscritte a una data regione (etnologia melanesiana, etnologia nord americana,…)  ANTROPOLOGIA: III FASE in cui si tenta di definire le proprietaè generali di tutta la vita sociale e culturale. Quella in cui, per esempio, si riflette sulla natura delle logiche sociali che caratterizzano le diverse culture, si tenta di trarre delle spiegazioni che rendano conto degli universali dell’umanitaè . L’antropologia giunge a generalizzazioni teoriche che consentono di ottenere una certa forma d’intelligibilitaè , una certa soglia di comprensione delle forme sociali e culturali, raggiungere questa comprensione dell’uomo in generale corrisponde a una necessità culturale di comprensione reciproca tra le società e all’oggetto stesso della riflessione antropologica: cogliere le diversità ovunque si manifestano rapportandole all’espressione di ciò che può essere ritenuto come universale. Bisogna specificare che ancora oggi esistono orientamenti all’interno della disciplina che rimangono al livello dell’etnografia (orientamento che si daè come scopo quello di inventariare gli oggetti, i costumi, le tradizioni esotiche o popolari) e dell’etnologia (orientamento che descrive istituzioni e gruppi sociali senza allargare la riflessione al di laè di queste unitaè ). In Francia l’introduzione del termine ANTROPOLOGIA (anni ’60) ha corrisposto a un riorientamento del procedimento e dell’oggetto antropologico e a un certo rinnovamento teorico DIVERSITAÈ DELLE DENOMINAZIONI E DIVERSITAÈ DELLE TRADIZIONI NAZIONALI La disciplina assume nomi diversi relativamente alla Nazione di provenienza: - nei paesi di tradizione anglosassone il termine usato eè quello di ANTHROPOLOGY (dal greco anthropos e logos = scienza dell’uomo) - in Francia il termine maggiormente usato fino a poco tempo fa era ETHNOLOGIE (dal greco etano e logos = studio delle etnie) - in Germania il termine usato ancora oggi eè Volkerkunde (studio dei popoli primitivi) - In Spagna e in Portogallo, tra i primi a lanciarsi nella conquista coloniale, non hanno realmente condotto una riflessione di tipo antropologico. Percheé troviamo queste differenze di denominazione, espressioni di sensibilitaè differenti? Senz’altro occorre prendere in considerazione i rapporti sociali e le dinamiche culturali all’interno delle diverse metropoli, la natura dei sistemi sociali nei paesi colonizzati, il tipo di dominio imposto,… LA TRADIZIONE SPAGNOLA Il 1942 oltre ad essere l’anno della scoperta dell’America fu anche l’anno della caduta di Granada, ultimo regno arabo della Spagna. La Spagna usciva vittoriosa da una guerra condotta 15 sotto l’egida di Isabella la Cattolica, regina di Castiglia. Questa specifica ereditaè storica spiega il fatto che gli spagnoli ritenevano possibile un solo modello di societaè , una sola cultura, una sola religione: quindi non si trovavano nella necessitaè di approfondire il problema di una possibile comprensione tra culture LA TRADIZIONE BRITANNICA L’espansione coloniale britannica comincioè a svilupparsi nel XIX secolo e sui paesi colonizzati imposero l’ indirect Rule (governo indiretto) all’origine di una sistematica suddivisione amministrativa del territorio conquistato in singole unitaè . Questo modello si riproduce anche nella riflessione antropologica in cui si tende a identificare il campo di studio con “l’etnia”, “la tribuè ”, “il villaggio”. Questa suddivisione in unitaè anonime eè all’origine del principio dell’indagine totale di una cultura che vuole pervenire ad un quadro sintetico: la scuola britannica ha sviluppato così è la nozione di cultura in quanto concetto globalizzante  il cambiamento sociale e culturale eè sotto forma di adattamento dei gruppi ristretti alla societaè dominante. LA TRADIZIONE AMERICANA I nativi americani eranpo considerati come nazioni separate (anche successivamente la colonizzazione) ed eè in questo contesto di separazione totale tra la societaè dominante e i vari popoli indiani che gli antropologi americani svilupparono i concetti di cultura e di tratto culturale e sottolinearono l’autonomia di ogni cultura. Mettendo in evidenza dunque le differenze, la scuola culturalista daè vita alla formulazione di un relativismo culturale ancor piuè forte di quello britannico: qualsiasi comparazione appare non pertinente LA TRADIZIONE FRANCESE Il modello di amministrazione dell’impero coloniale francese fu direttamente ispirato a quello vigente nella metropoli, il colonialismo francese si eè definito come assimilatore delle culture altrui. In questo contesto politico e ideologico i francesi cercheranno di isolare le strutture indigene con lo scopo di rimpiazzarle. Ma parallelamente esiste un’ispirazione che attinge alla tradizione della scuola sociologica di Durkheim : marcato interesse per le strutture sociali e i sistemi di rappresentazione e credenze LA TRADIZIONE ITALIANA fino agli anni ’50 la tradizione italiana eè caratterizzata da due indirizzi: gli studi folklorici orientati sulle societaè rurali della penisola, e un’etnologia di tipo esotico. Durante il periodo fascista le ricerche erano incentrate sul corroborare la superioritaè della civiltaè latina. Parallelamente si impongono lavori di qualitaè sulla scia di A. Gramsci e di Ernesto de Martino che conia la nozione di “etnocentrismo critico”. LA TRADIZIONE TEDESCA Due filoni: Wolkskunde che si occupa della cultura germanica e wolkerkunde che si occupa delle culture esotiche. A conclusione di questa rassegna delle tradizioni nazionali eè importante sottolineare che, a partire dagli anni ’70 e ’80 e a seguito della crisi dei grandi paradigmi teorici (funzionalismo, 16 strutturalismo, marxismo,…), si eè operata una sorta di unificazione delle problematiche e degli approcci metodologici 2 . PERCHE’ UNA STORIA DEL PENSIERO ANTROPOLOGICO? LA STORIA DELL’ANTROPOLOGIA COME ANTROPOLOGIA CULTURALE DELL’OCCIDENTE Malgrado l’eterogeneitaè di ispirazione, di metodo e di teoria che esiste all’interno della tradizione antropologica, c’è una unità, oggetto di una stessa storia che si manifesta nel a) progetto assegnato alla disciplina: riflettere sul rapporto unità/diversità dell’umanità con lo scopo di individuare regole o principi adatti a interpretare le differenze e le analogie osservabili. Certo, soltanto alcune hanno considerato simultaneamente queste due dimensioni, molte hanno fatto prevalere l’una all’altra: la teoria evoluzionista mette l’accento sulle analogie a scapito delle differenze, esaltando la nozione di evoluzione in cui l’umanitaè eè considerata una e le diversitaè sono manifestazioni destinate a scomparire e a fondersi nell’universale di reazione, la successiva scuola culturalista americana mette l’accento sulle diversitaè le diverse realtaè appaiono come realtaè irriducibili la scuola funzionalista britannica cercheraè di temperare questo relativismo assoluto, insistendo sempre sull’idea che ogni cultura eè diversa ma sottolineando la possibilitaè di un incontro il procedimento comparativo di Levi Strauss rapporta le singolaritaè delle culture osservate a dei principi universali soggiacenti b) l’unitaè della disciplina si manifesta anche al livello del tipo di sguardo che caratterizza l’antropologo: questo sguardo è decentrato, esterno. Il decentramento in rapporto al proprio universo culturale, associato all’osservazione partecipante si ritiene fondi obbiettivitaè al procedimento antropologico. Tuttavia sono possibili diverse posizione del ricercatore QUAL EÈ L’IMPORTANZA DI UNA STORIA DEL PENSIERO ANTROPOLOGICO?  pone in situazione i percorsi attraverso i quali l’uomo eè arrivato ad assumersi come oggetto della propria osservazione, cioeè a cercare di conoscere i processi che lo fondano  ricostruisce l’emergere della presa di coscienza delle diversitaè nel tempo e nello spazio  ci permette di cogliere il contesto culturale in cui si sono sviluppati il pensiero sull’alteritaè e il pensiero antropologico Perché e quando è nata l’antropologia?? L’ Occidente ha prodotto gli etnologi per confrontare la propria immagine con quella di societaè differenti, sia per scoprire i propri difetti, sia per sottolineare quelli degli altri e quindi avvalorare la propria immagine. La comparsa degli antropologi corrisponde ad un’esigenza di conservazione: più la società industriale si faceva conquistatrice di altre culture, più sviluppava il bisogno di conservare i segni di queste culture. Quando si tratta di fare la storia del pensiero antropologico, ci si chiede in primis se eè possibile individuare un’origine precisa del movimento antropologico. Poicheé cioè non eè 17 teologico. Ora l’attenzione rivolta agli Altri costituisce solo un pretesto per discutere della propria società, ci si accontenta spesso di qualche immagine imprecisa e riduttiva dell’Altro per difendere il proprio punto di vista. Di qui il tema celebre del “buon selvaggio” e del “cattivo selvaggio”. LA LETTERATURA DI VIAGGIO Un campo importante che si sviluppa a partire dal Rinascimento eè rappresentato dai Racconti di viaggio (fino al 1800) redatti da osservatori che visitarono le regioni di cui parlano (il piuè noto eè “il milione” di Marco Polo). Le relazioni di viaggio costituiscono un’esperienza importante all’interno del discorso che a partire dal XV secolo l’Occidente ha elaborato sui popoli esotici. Il soldato, il mercante, il missionario, il marinaio sono i principali autori di questo genere e consolideranno attraverso lo scritto la loro superioritaè che eè tipica della letteratura di viaggio. Tale visione atemporale dell’uomo esotico finiraè solo nel XVIII secolo quando le relazioni di viaggio saranno del genere di James Cook e di Bougainville in cui lo scrittore espone ai lettori la somma delle informazioni geografiche, antropologiche, scientifiche dei suoi viaggi. Questo approccio positivista eè ingannevole percheé :  le relazioni di viaggio sono scritte in circostanza storiche date da un autore spesso legato ad un committente: lo scrittore non eè padrone assoluto della propria osservazione  l’antropologo deve considerare i racconti e le descrizioni per se stessi, in quanto testimonianze all’interno di un certo periodo storico 6. IL SECOLO DEI LUMI Nel 1700 assistiamo a una nuova era intellettuale che, sebbene non vedraè nascere l’Antropologia (che appariraè nel XIX secolo), creeraè comunque le condizioni del suo sviluppo. Si presero le distanze dalla cultura europea precedente e si prefiguroè la comparsa di un pensiero filosofico DECENTRATO:  Il pensiero antiteologico preparoè le condizioni per una riflessione decentrata sull’uomo e sulla cultura. L’affermazione dell’idea del libero arbitrio aprì è la strada a nuove prospettive per lo studio dell’uomo  Liberandosi dal dogma cristiano della predeterminazione, il 700 introduce l’idea di una storia evolutiva dell’umanità : si riconosce l’idea del cambiamento  Il XVIII secolo scopre la relatività e la dimensione storica delle culture Nonostante i presupposti suddetti non si affermano ancora misure sufficienti a dar vita ad un pensiero antropologico oggettivo: ancora l’Altro non interviene se non come pretesto per discorrere della propria societaè e delle proprie istituzioni  uso del “buon selvaggio” per discorrere di seé stessi10 affiancato alla figura del “cattivo selvaggio” (lo schiavo nero). Questa percezione dominante dell’Altro non corrisponde evidentemente a un approfondimento dell’esperienza dell’alteritaè . Per meglio misurare l’importanza della duplice figura del 10 Rousseau parla di stato di natura, Voltaire nella sua critica alla società materialista 20 selvaggio eè utile soffermarci su un esempio preso nella stessa societaè europea: quello delle regioni alpine e la figura del “buono e del cattivo montanaro”. Inizialmente la figura del montanaro eè valorizzata per il suo rapporto on la natura incontaminata ma poi incomincia a divenire come un luogo avulso dalla civiltaè e dunque denigrabile Dunque le acquisizioni intellettuali del 1700 che gettarono lo sviluppo delle scienze umane si possono considerare rapportate ai seguenti elementi: o L’emergere dell’idea di evoluzione e di relativitaè storica: si pensa alla storia umana nel quadro di uno schema lineare e evolutivo o Si assiste a un movimento che tende a collocare l’uomo in una sistematica genealogia che lo apparenta all’ordine naturale o Tematica del decentramento (soprattutto grazie all’ opera di Rousseau) 7. IDEE EVOLUZIONISTE E RAPPORTI DI DOMINIO NEL XIX SECOLO Alla fine del 1700 sembra che ci avviciniamo a un approccio oggettivo, a un nuovo paradigma: LE IDEE EVOLUZIONISTE TRA IDEOLOGIA E SCIENZA  Herbert Spencer comincia a pubblicare nel 1876 i suoi “Principi di Sociologia”. Per dar conto della dinamica delle societaè l’autore si ispiroè direttamente alla biologia e postuloè che l’evoluzione sociale poteva essere assimilata a quella organica: Spencer parla di una legge di progresso continuo e inarrestabile che farebbe passare le societaè da uno stadio primitivo (struttura omogenea e semplice) a uno stadio complesso  Charles Darwin autore de “l’origine della specie” cerca di sottoporre sistematicamente alla valutazione critica dei fatti l’ipotesi della selezione : per Darwin pensare i fenomeni in 21 la rivoluzione industriale inglese e la rivoluzione politica francese dimostreranno all’uomo di essere agente della trasformazione del mondo, che il destino non eè predeterminato ma si determina all’interno dei conflitti sociali nuova concezione dell’uomo: l’uomo si concepisce ora come un oggetto sociale, come l’attore di una storia, come frutto di un’educazione La scoperta della parentela tra il sanscrito e il greco e il latino, fu il punto di partenza per un’analisi delle evoluzioni e dei contatti tra mondi lontani La scoperta nel 1836 di asce di pietra rislaenti al Pleistocene (Boucher de Perthes), punto di partenza per la concezione scientifica dell’evoluzionismo termini di evoluzione consisteva nel ricercare una causalitaè definibile e osservabile. Egli dimostra che anche l’uomo, come gli altri organismi viventi, eè soggetto alle leggi della selezione naturale  Paul Broca definìè per primo l’oggetto dell’antropologia sottoforma di un sapere sintetico: la descrizione particolare e la determinazione delle razze , lo studio delle loro somiglianze e dissomiglianze. A partire da tale premessa egli fondoè la craniologia (misurare il grado di civiltaè in base alla dimensione del cranio).  Durkheim e Mauss. La critica alla nozione di “razza” verraè dalla scuola durkheimiana e dalla rivista da lui fondata “L’annèe sociologique” la quale considereraè priva di fondamento qualsiasi correlazione tra carattere anatomico e fenomeni sociali. Questi due studiosi parleranno ora di CIVILTA’ che riguarda tutti i popoli: non esistono popolazioni non civilizzate, esistono uomini di diversa civiltaè  Lewis Morgan. Morgan puoè essere considerato il primo vero antropologo ad aver messo in pratica i principi dell’evoluzione nello studio delle societaè considerate come produzioni sociali e culturali: - eè il primo ricercatore che raccoglie i dati sul campo (studia gli indiani d’America del Nord) - ricostruisce la storia dell’evoluzione dell’umanitaè nell’opera la società antica (1877) - distingue le arti di sussistenza dal campo delle istituzioni sociali mettendo in rapporto questi due livelli - stabilisce una sequenza di tre stadi: la selvatichezza, la barbarie, la civiltaè per descrivere l’evoluzione dell’umanitaè - lo schema di Morgan intende organizzare e classificare con coerenza il caos dei dati accumulati sino a quel momento questo approccio metodologico (classificazione come comprensione dei fenomeni sociali) Morgan lo mette in pratica nell’analisi dei fenomeni di parentela, di matrimonio e di famiglia: egli comprese per primo che le relazioni di parentela formano un sistema coerente al quale va a corrispondere un sistema terminologico caratterizzato da rapporti di interdipendenza Il cambiamento di paradigma introno all’idea di evoluzione e la riflessione antropologica sono diventati possibili grazie all’ imperialismo europeo: per governare ed espandersi i governi necessitavano di conoscere la cultura dei sottomessi “conoscere meglio per dominare meglio”. Le scienze umane alla fine del XIX sec. Sono nate da questa configurazione tra potere e sapere. 8. IL PENSIERO EVOLUZIONISTA IN ANTROPOLOGIA Dalla fine del ‘800 agli anni 20 del ‘900 le scuole evoluzioniste hanno dominato la riflessione antropologica, queste scuole si sono date come scopo quello di interpretare le istituzioni dal punto di vista della loro origine (GENETISMO) e della loro evoluzione (classificazione e comparativismo) l’evoluzione è considerata come 22 Questa ricerca intorno all’origine si accompagnava a una preoccupazione classificatoria e comparativa: si cerca il modello dell’evoluzione nell’esperienza storica da qui la successione “logica” in tre stadi (selvatichezza/barbarie/civiltà) culturale deve essere indagato in relazione al contributo che apporta all’insieme culturale. MA…. × Questo approccio funzionale non spiega come possono riscontrarsi differenze nelle istituzioni. × il suo discorso eè interamente teleologico percheé attribuisce ad ogni istituzione un’intenzionalità sociologica : le istituzioni si penserebbero tra loro in termini di finalitaè , equilibrio, armonia × la visione della societaè come una struttura armoniosa eè all’origine dell’incapacitaè da parte del funzionalismo di prendere in considerazione il cambiamento sociale a livello delle societaè primitive (il funzionalismo crede che queste societaè primitive possano cambiare non da sole, ma solo se il cambiamento avviene dall’esterno) Malgrado gli aspetti criticabili il contributo sia metodologico che teorico fu determinante per il pensiero antropologico, lavorare in presenza dell’oggetto di studio diventa preliminare ad ogni attivitaè scientifica. Tutto cioè daraè luogo all’elaborazione di un nuovo genere letterario , la monografia, il cui scopo eè l’analisi intensiva della vita comune. Nella monografia si passa dalla periferia al centro di una cultura, dal visivo al meno visivo 10. LEVI-STRAUSS E L’ANTROPOLOGIA STRUTTURALE Levi Strauss fu il piuè severo dei critici di Malinowski, secondo lui l’unitaè funzionale della societaè postulata dall’antropologia britannica non eè assolutamente verificabile. Egli procedendo ad una critica a Radcliffe-Brown anticipa le future costruzione teoriche sull’antropologia strutturale: Levi Strauss mostra come la nozione di struttura sociale in Radcliffe – Brown resti di ispirazione biologista, cioeè la struttura sociale non si riferisce alla realtaè empirica ma ai modelli costruiti in base ad essa NATURA E CULTURA, FORMA E CONTENUTO: LA LETTURA DI ROUSSEAU Nell’opera “Le strutture elementari della parentela” (1949), L.S. apre la questione sull’opposizione tra la cultura e la natura, tra la legge (naturale) e la regola (istituita). L’uno e l’altro termine sono presenti nell’uomo articolandosi simultaneamente, non vi eè un passaggio progressivo dalla natura alla cultura. L’abbandono dell’opposizione tra natura/cultura prende ispirazione da Rousseau che definiva l’uomo come giaè inserito nella cultura. Non solo, a lui si ispira per riflettere su una domanda cara all’antropologia: come riconciliare me stesso e l’Altro? L.S insorge contro il relativismo culturale che si accontenta di produrre societaè chiuse in se stesse, per lui al contrario le culture umane traggono significato dalla messa in prospettiva di questa diversità: “le culture umane si costruiscono l’una in rapporto all’altra in un rapporto di alterità su un fondo di identità”. Il metodo eè dunque quello dello sguardo da lontano, lo stesso che formula lo stesso Rousseau  per L.S. eè il rispetto di questa regola che permette di passare dall’etnografia, intesa come descrizione di una societaè concreta prodotto di una storia particolare, all’antropologia come tentativo di spiegazione di questa diversitaè a livello piuè generale Tale PROCEDIMENTO COMPARATIVO E’ IL PRINCIPIO DEL METODO STRUTTURALE : dissolvere la specificitaè di ogni cultura nell’universale, il riferimento 25 all’universale consentiraè di chiarire in profonditaè la proprietaè del sistema particolare LOGICA UNIVERSALE E SPIRITO UMANO: L’ISPIRAZIONE KANTIANA La societaè in questa ottica eè una costruzione simbolica che deriva da un determinismo logico particolare , le cui regole l’antropologo deve scoprire. Questa logica universale L.S. la colloca sul versante dell’intelletto, dello spirito umano E’ A PARTIRE DALLA COMPARAZIONE DELLE ISTITUZIONI CHE SI TENDE AD ABBRACCIARE IL CAMPO TOTALE DEL PENSIERO UMANO IL RAPPORTO CON MARCEL MAUSS: IL FATTO SOCIALE TOTALE E LA SPIEGAZIONE STRUTTURALE DELLO SCAMBIO Nella sua opera maggiore, “il saggio sul dono” (1923), Mauss mostra come per raggiungere la comprensione delle istituzioni sociali sia necessario conoscere intimamente le societaè studiate. Ne eè illustrazione l’analisi che Mauss fa del potlach degli indiani d’America descritto da Boas e del Kula melanesiani descritto da Malinowski e altri sistemi cerimoniali: Questi fenomeni hanno assunto senso nel momento in cui Mauss li ha collocati nel quadro di una problematica precisa, quella dello SCAMBIO. L.S. si sofferma sulla nozione di fatto sociale per individuarne le seguenti caratteristiche: il sociale non è reale se non integrato in un sistema: la sua costruzione presuppone un’esperienza individuale. Esso implica un sistema di interpretazione che renda conto simultaneamente degli aspetti fisici, fisiologici, psichici, sociologici di tutti i comportamenti: il fatto sociale totale è l’espressione di un’esperienza Con il suo progetto di analisi delle strutture, L.S. intende inserire l’antropologia in una teoria generale della comunicazione, in una semiologia. LO STRUTTURALISMO: SOGGETTO E STORIA, SENSO E FORMA Lo strutturalismo 26 Le istituzioni umane non sono il riflesso di una meccanica sociale (Durkheim, Radcliffe-Borwn) ma l’espressione delle costrizioni dello spirito umano e l’antropologo deve scoprire la rete di costrizioni particolari che rinviano a un fondo comune all’umanità EÈ un’attivitaè intellettuale che separa il soggetto dalla scienza. Esso elimina ogni finalitaè soggettiva o metafisica come Dio, la storia, la morale, l’uomo,… per cercare di accedere alle sole FORME Critica il soggetto: il SENSO non è più nell’oggetto ma esiste nel gioco di relazioni che questo intrattiene con altri oggetti (così per es. in psicanalisi il significato del sogno non è nel suo contenuto manifesto ma nel suo contenuto latente i cui diversi elementi ssumono significato nella loro interdipendenza e relazione Come i fonemi i termini di parentela sono elementi di significazione: al pari di essi acquisiscono questa significazione solo a condizione di integrarsi in sistemi. Il sistema di parentela appare come un linguaggio, una struttura di comunicazione all’interno del quale ogni individuo acquisisce uno status e un ruolo per la posizione che occupa nella struttura generale dello scambio, i sistemi di parentela sono formalizzazioni di regole astratte che appartengono all’inconscio12. Che si tratti di mito, di parentela o di pensiero selvaggio, tutti i sistemi di significazione trovano il loro fondamento comune nella caratteristica simbolica dell’attivitaè dello spirito umano (la forma precede il contenuto): il substrato universale soggiacente a tutte le istituzioni puoè essere paragonato ad uno stampo nel quale vanno a colare tutte le manifestazioni socio culturali  l’analisi strutturale mira a identificare questo stampo, cosìè l’interpretazione antropologica scivola dal concreto all’astratto  questa propensione all’astrazione muoveraè LE MAGGIORI CRITICHE AL PENSIERO DI L.S. × Gli si rimprovera di essere piuè attento alle forme astratte che non ai rapporti reali × Sembra difficile che tutte le variazioni culturali possano procedere da uno spirito umano invariabile × Opera una rottura tra società selvagge e società storiche: le prime sarebbero caratterizzate dal senso, dall’autenticitaè , dalla trasparenza, le seconde dal potere, dall’inautenticitaè , dall’opacitaè : L.S. introduce una frattura tra la storia cumulativa (caratteristica delle societaè calde) e una storia stazionaria (societaè fredde) × Problema epistemologico nel rapporto tra il ricercatore e l’informatore: la concezione del metodo levistraussiano consiste nel privilegiare un modello logico della realtaè , investendo l’antropologo del potere scientifico e confinando l’indigeno in secondo piano. La celebre formula “i miti si pensano tra loro” implica che essi siano privi di soggetto e che i selvaggi non abbiano coscienza del proprio sapere  ripudio del soggetto, Ciò che conta sono le relazioni tra i termini e non i termini stessi. × l’approccio di L.S. estromette la storia e il cambiamento, l’antropologia strutturale non considera le mutazioni sociali ATTUALITA’ DELL’ANTROPOLOGIA: DALL’ANTROPOLOGIA RISTRETTA ALL’ANTROPOLOGIA GENERALIZZATA 1. IL LOCALE E IL GLOBALE 12 Così è per la proibizione dell’incesto: pur assumendo contenuti diversi da un sistema sociale ad un altro, è sempre sottesa dal medesimo principio, il principio universale di reciprocità che consiste nel proibirsi il parente più vicino per scambiarlo con il parente lontano 27 Il cambiamento sociale eè aderente alla complessa realtaè dello sviluppo che caratterizza il mondo contemporaneo. La prospettiva della dialettica tra locale e globale consente di cogliere i meccanismi di base che regolano le trasformazioni : tale approccio ci insegna che il processo di cambiamento non obbedisce a qualche forma di determinismo e non evolve necessariamente in un senso o nell’altro. Inoltre alle manifestazioni del cambiamento sociale soggiace una logica di permanenza che l’antropologo deve scoprire e analizzare di volta in volta, esse sono le reti sociali, la morale della reciprocitaè , la comunicazione con il sacro, ecc.. 4. RIFLESSIVITAÈ E SCRITTURA DEL TESTO ANTROPOLOGICO Soffermiamoci ora su un tema che per molto tempo eè stato poco considerato dagli antropologi: il rapporto che l’antropologo instaura con i modi discorsivi, con la scrittura del testo antropologico. Questo problema eè fondamentale in quanto la scrittura riguarda il modo di rappresentare il reale … se l’antropologia può essere definita come rapporto con l’Altro, la scrittura antropologica è la formalizzazione di questo rapporto. L’impresa antropologica consiste nell’azione compiuta dal ricercatore di distanziamento tra le cose di cui egli ha pratica nel campo e gli oggetti di sapere che egli costruisce, di conseguenza il risultato finale eè che il testo antropologico si caratterizza per l’assenza di intersoggettivitaè , il soggetto dell’enunciazione, l’antropologo, eè cancellato a vantaggio di cioè che egli enuncia. Al “noi” collettivo e impersonale fa eco il “loro” altrettanto collettivo e impersonale. Oggi invece si assiste ad un ritorno della soggettività L’ antropologo Clifford Geertz tenta di integrare la testualitaè in un approccio alle culture di tipo interpretativo, egli definisce il concetto di cultura come un concetto semiotico: il rapporto con l’oggetto eè un rapporto di scrittura di significati ai quali l’antropologo accede attraverso la partecipazione e la comunicazione con la gente  la soggettivitaè assume cosìè la forma di nuove esperienze di scrittura del testo etnografico che tentano di collegare il soggetto dell’enunciazione all’oggetto del suo enunciato riscoprendo tutto cioè che prima era relegato ai margini (la biografia, il racconto, il taccuino di viaggio, le storie di vita,…). L’opera “Le parole perdute” di Victor Segalen, che ricostruisce l’antica memoria dei Maori in forma di romanzo, rappresenta per gli antropologi un pretesto valido per ripensare il loro rapporto con la scrittura. Essi si sono interessati al modo in cui Segalen comunica al lettore la sue esperienza dell’alterità, il rendere tutta la complessità del vissuto offrendo un’espressione affettiva oltre che intellettuale, un modello attento all’eco della presenza IL MODO DI SCRIVERE E LA PRAGMATICA RELAZIONE CON L’ALTRO 30 Malgrado i suoi meriti, sostiene Paul Rabinow, nella postulazione della testualitaè dei fatti culturali c’eè il pericolo che l’oggetto divenga evanescente, nella misura in cui si rischia di distrarsi sull’operazione di scrittura che sul contenuto: privilegiando troppo la testualitaè nel lavoro antropologico si continua a non interrogarsi sulla logica del diverso, diverso che da almeno quattro secoli l’immaginario occidentale continua a localizzare agli antipodi della propria geografia e della propria storia La caratteristica fondamentale del discorso etnologico moderno eè consistita finora nel collocare il proprio oggetto fuori dalla storia per poter meglio parlare al suo posto, gli antropologi fanno compiere uno spostamento temporale ai loro dati dal loro contesto storico al presente della scienza e la scrittura è il mezzo attraverso il quale si realizza questa collocazione fuori dal tempo Il genere etnografico standard eè la MONOGRAFIA la quale suddivide le culture in gruppi etnici separati isolati nel tempo e nello spazio e si caratterizza:  dalla marcata assenza del narratore e dalla predominanza di un “NOI” scientifico invisibile e onnipresente  dall’uso del tempo presente che identifica il discorso dell’antropologo come un discorso neutro e che evidenzia la presenza dell’antropologo sul campo  dalla “retorica dello sguardo” (descrizione dei fatti culturali osservandoli)  dallo stile indiretto : costruire descrizioni senza specificare il locutore (antropologo come portavoce esclusivo) Nonostante cioè l’antropologia deve essere riflessiva proprio in ragione della natura dei suoi oggetti che sono simbolici, non realtaè fisiche. Essa necessita di una dimensione temporale e che il ricercatore guardi dietro di seé e ritorni sulla propria esperienza. Al fine di riconciliare l’antropologia con la sua natura di Scienza gli antropologi ricorrono spesso al registro dialogico o al romanzo polifonico la cui costruzione è sottesa dalla pluralità dei personaggi e dalla diversità dei punti di vista. Se eè il caso di rilevare la crisi della rappresentazione in antropologia e la contestazione dell’autoritaè monologica che ne deriva eè percheé parallelamente vi eè una CRISI DELLO SGUARDO RIVOLTO ALL’ALTRO, la decolonizzazione e la trasformazione delle societaè hanno indotto a interrogarsi sulla portata filosofica e pratica del discorso antropologico. La possibilitaè che hanno oggi tutti i soggetti di parlare di seé ha introdotto una ampia incertezza sulla possibilitaè di descrivere le diversitaè . L’ANTROPOLOGIA DEL TERZO MILLENNIO 31 ANTROPOLOGIA E POSTCOLONIALISMO Quale Antropologia si puoè sperare di praticare nel quadro dell’ Era della globalizzazione?? Per rispondere a questa domanda commenteremo il percorso storico della disciplina procedendo dalla caduta del Muro di Berlino (1989) con il conseguente crollo dell’impero comunista, alla crisi finanziaria mondiale del 2008/2009 insieme al mutamento politico del governo degli USA. Il progetto antropologico eè nato da una duplice trasformazione: la storia diviene evoluzione e l’alteritaè differenza storica, siccheé l’Altro finisce per rappresentare “la memoria concreta del nostro passato”. Come sostiene Fabian “il discorso occidentale sull’Altro si è costruito su una relazione pietrificata che gli nega qualsiasi co - temporalità relegandolo ad un tempo anteriore della storia. Lungo l’intero arco del periodo moderno la storia Europea ha continuato a rappresentarsi e ad operare come mediazione universale di tutte le altre storie al punto che oggi non si riuscirebbe piuè a concepire un “al di fuori” da questa storia. Secondo alcuni basterebbe un movimento di decentramento, basterebbe provincializzare l’Europa per arrivare a considerare le storie subalterne senza trasformarle in storie di transizione. Di qui arriviamo agli studi postcoloniali che si interrogano sul quesito “i subalterni possono parlare? (Spivak). Il “post” non sta per “dopo” ma per “AL DI LA’”, gli studiosi postcoloniali riflettono sui possibili discorsi dell’ al di laè delle logiche eurocentriche UNIVERSALISMO E RELATIVISMO, UN DIBATTITO NECESSARIO L’idea di universalismo, cosìè come si eè affermata in Occidente a partire dal secolo dei Lumi, eè il metro attraverso cui vengono valutate le produzioni culturali e storiche, secondo criteri eurocentrici insomma13. L’universalismo si nutre di particolarismo, dunque solo allorcheé viene integrato nell’universalismo occidentale l’Altro acquisisce la propria identitaè particolare. Ma si puoè davvero concepire un’uscita da questo orizzonte universale che sta a fondamento del discorso antropologico? Il discorso antropologico eè divenuto possibile dal momento in cui l’Europa ha cominciato ad ammettere la dimensione culturale degli altri: è perché io postulo un’umanità che ho in comune con l’Altro che posso osservarlo. Alcuni pensatori criticano il relativismo culturale rimproverandogli l’incoerenza insita nel negare l’esistenza di un orizzonte di intelligibilitaè atto a comprendere tutte le culture. Ma non si tratta di sostenere che tutte le culture si equivalgono, ma di affermare che non disponiamo di un campione globale per compiere una valutazione sugli altri: chi parla lo fa sempre secondo la prospettiva di una certa cultura, l’universalismo non si oppone necessariamente al relativismo. Levi Strauss si difende dalla critica al relativismo affermando che l’etnologia non puoè essere concepita al di fuori dello sguardo da lontano, quello che presuppone il distacco da seé per giungere alla comprensione degli Altri. Anche Sahlins di difende dalle critiche, affermando che il relativismo metodologico consiste nel sospendere provvisoriamente il proprio giudizio, per essere intelligibili le pratiche e i valori dei popoli devono essere collocati nel loro contesto. Tuttavia al sapere antropologico non basta soffermarsi su questo livello, NON BASTA APPURARE CHE DELLE POPOLAZIONI DIFFERENTI AGISCANO IN MANIERA DIFFERENTE, occorre poi ANDARE AL DI LA’ E SPIEGARE PERCHE’ ESSE AGISCONO IN MANIERA DIFFERENTE  DIALETTICA TRA PARTICOLARE E UNIVERSALE: è sempre a partire da un luogo particolare che si costruisce un orizzonte di universalità CULTURA, SOCIETA’ E GLOBALIZZAZIONE 13 Allo stesso modo il maschile si presenta contemporaneamente come il particolare (uomo, vir) e come il generale (homo, genere umano), mentre non si puoè fare lo stesso con il femminile. 32
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