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Aphra Behn, Oroonoko (trama, analisi, ricerche), Sintesi del corso di Letteratura Inglese

Aphra Behn, Oroonoko (trama, analisi, ricerche)

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Caricato il 12/08/2020

irenelapreziosa
irenelapreziosa 🇮🇹

4.5

(88)

79 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Aphra Behn, Oroonoko (trama, analisi, ricerche) e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! Aphra Behn: Oroonoko Oroonoko è un romanzo breve inglese, scritto da Aphra Behn (1640-1689) e pubblicato nel 1688. L'opera, il cui protagonista è un africano ridotto in schiavitù nel Suriname degli anni 1660, narra la vicenda di un amore infelice e si ispira alle esperienze dell'autrice durante un viaggio nell'allora neoacquisita colonia britannica del Suriname. Oroonoko rimane uno dei più antichi romanzi in lingua inglese, uno dei primi scritti da una donna e occupa un posto privilegiato nella letteratura della Restaurazione inglese. Trama: Oroonoko è un romanzo relativamente corto il cui titolo inglese completo è Oroonoko, or the Royal Slave traducibile in italiano con Oroonoko, lo schiavo reale. Il romanzo ha inizio con una dichiarazione di veridicità, nella quale la narratrice assicura che il suo racconto non è una mera finzione letteraria e nemmeno un pedantesco saggio storico. Essa sostiene di esser stata testimone oculare dei fatti che riporta, di essersi sforzata di attenersi alla sola realtà e di non aver mai ceduto alla tentazione di abbellire la narrazione. Segue una descrizione del Suriname e degli amerindi che vi vivevano. La narratrice vede negli autoctoni una popolazione sana e semplice, che pare vivere ancora nell'età dell'oro; e questa considerazione è avallata dalla presenza di giacimenti di oro in questa contrada. È solo dopo questi due prologhi che la narratrice inizia la storia con Oroonoko stesso, con il complotto tra suo nonno e il capitano, con la cattura e la prigionia di Imoinda. Il seguito, vissuto in prima persona dalla voce narrante, è raccontato al presente indicativo: Oroonoko e Imoinda si ritrovano, poi incontrano la narratrice e Trefry. La terza e ultima sezione contiene il racconto della ribellione guidata da Oroonoko e delle tragiche conseguenze che ne susseguirono. Racconta la storia di Oroonoko, nipote di un sovrano africano, che si innamora di Imoinda, la figlia del maggiore dei generali del re. La giovane piace pure al sovrano il quale le dà il velo sacro e la forza a divenire una delle sue spose. Dopo aver trascorso malvolentieri del tempo nell'harem del re (l'Otan) Imoinda e Oroonoko pianificano la fuga con la complicità di Onahal e Aboan. Vengono tuttavia scoperti e quando Imoinda dice di preferire la morte a un matrimonio col vecchio tiranno, questi, furioso per l'affronto, la fa vendere come schiava. Oroonoko invece è adescato in una trappola ed è catturato dal cinico capitano inglese di un vascello negriero. I due prigionieri vengono condotti in Suriname, allora una colonia britannica delle Indie occidentali con un'economia basata sulle piantagioni di canna da zucchero. Quindi verranno loro assegnati dei nuovi nomi cristiani: Caesar a lui e Clemene a lei. Pur schiavi, Oroonoko e Imoinda riescono a rivedersi, ma il ricongiungimento è nuovamente minacciato: la bellezza della giovane ha attirato le indesiderate attenzioni del vicegovernatore della colonia, Byam. Caesar (Oroonoko) organizza una rivolta di schiavi. I rivoltosi sono minacciati dai gendarmi e obbligati alla resa mentre Byam promette loro un'amnistia. Una volta fugato il pericolo Byam fa fustigare l'organizzatore della rivolta, Oroonoko, il quale, ottenebrato dalla collera e dalla smania di vendicare il suo onore, decide di assassinare il vicegovernatore. Ma poi decide di uccidere pure l'amata Imoinda perché teme che essa possa subire delle violenze e delle angherie dopo che lui sarebbe stato condannato a morte. I due amanti si incontrano in un bosco, discutono assieme sul da farsi e Imoinda si mostra favorevole al disegno dell'amato. Oroonoko esita. Il sentimento d'amore che prova gli impedisce di uccidere l'amata; infine si risolve a pugnalarla e ciononostante lei muore con un sorriso nel volto. Mentre ancora piange sul corpo di Imoinda, Oroonoko è arrestato dalle guardie che gli impediscono di suicidarsi così da infliggergli un'esemplare e pubblica condanna. Per tutta la durata del suo supplizio per smembramento e fino alla morte che ne consegue, Oroonoko fuma calmamente la pipa e stoicamente sopporta il dolore senza urlare. Dedica a Lord Maitland: In questa dedica, Aphra Behn, parte dalla considerazione che, dal momento che le opere cominciavano ad essere giudicate alla luce dell’ingegno del loro mecenate, ha ritenuto opportuno scegliere lord Maitland come dedicatario della sua opera. Dopo aver elogiato la sua saggezza e la sua virtù, l’ultimo paragrafo della dedica segna di fatto l’ingresso nella narrazione nel documento veritiero. La scrittrice, infatti, dice di essere sul punto di narrare una storia vera, che riguarda uno schiavo di stirpe reale, un uomo onorevole segnato da un incrocia il suo sguardo, Oronooko viene colpito dalla sua bellezza, dalla sua grazia, dalla sua raffinatezza, ma al tempo stesso dalla sua umiltà e decise di chiederle di sposarlo. Imoinda accetta, ma la sua bellezza attira anche gli interessi del Re, che, dopo averne verificato di persona la grazia e l’aspetto sopraffino, decide di inviarle il velo reale, per averla come sua sposa: disobbedire a tale proposta avrebbe significato alto tradimento. Dunque Imoinda viene condotta nell’Otan del Re e costretta a giacere con lui, cosa che distrusse psicologicamente Oronooko che, di fronte a questo fatto, era completamente impotente. Egli vorrebbe far valere il suo contratto nuziale stipulato con Imoinda, provando così che il re stava infrangendo la legge, ma entrare nell’Otan del re era quasi impossibile ed entrarci senza la sua approvazione avrebbe significato morte certa per chiunque. Oronooko, grazie ai consigli dell’amico Aboan, non perde occasione di poter rivedere Imoinda recandosi nell’Otan e, affinchè il re gli consentisse l’accesso, finge di non provare più nulla per la sua amata. Durante le sue visite, però, riesce a pianificare la fuga di Imoinda dall’Otan, grazie anche all’aiuto di Onahal, una delle ex mogli ripudiate del Re, che viene conquistata da Aboan, che riesce a convincerla ad aiutare Oronooko nel suo intento. Una notte, dopo che il re aveva bandito Oronooko dall’Otan dopo essersi reso conto che la passione tra lui e Imoinda non era affatto spenta, il principe e Aboan, come programmato con Onahal, si recano al boschetto degli aranci, che si trovava dietro l’Otan, per poter entrare nelle stanze e giacere con le rispettive amate. Oronooko giace con Imoinda, che lo assicura di essere rimasta ancora vergine, fatto che suscita in lui una grande gioia. Tuttavia, il re, sospettoso del fatto che Oronooko avesse potuto lasciare l’accampamento, manda delle spie a controllare i suoi movimenti, spie che lo sorprendono nelle stanze dell’Otan. Oronooko riesce a convincerli a non ucciderlo, purchè lo lasciassero restare in quelle stanze ed essi gli dicono che avrebbero riferito quanto accaduto al Re e che avrebbero lasciato a lui la decisione su come provvedere alla sua salvezza. A questo punto, oronooko fugge e il re, invece di uccidere Imoinda, decide di riservarle una sorte ancora peggiore, vendendola come schiava. Il re, dopo essersi reso conto di essersi comportato in maniera scorretta con Oronooko, invia il suo ambasciatore per chiedergli di perdonare il Re, che gli porgeva le sue scuse e di comunicargli che Imoinda era stata uccisa poiché se avesse conosciuto la verità non gli avrebbe mai accordato il suo perdono. Oronooko non vuole sapere altro dall’ambasciatore, inizialmente gli basta sapere che Imoinda è morta, ma poi permette all’ambasciatore di riferire il resto del suo messaggio: il re gli chiedeva perdono per l’avventatezza di cui si era reso colpevole nella crudeltà con cui uccise Imoinda, che tutti gli dèi non avrebbero potuto restituirgli Imoinda, ma la gloria conquistata in battaglia sarebbe valsa come ricompensa e che la morte di un vecchio indebolito come lui avrebbe pareggiato i conti. Tuttavia Oronooko risponde dicendo che non vi era tra loro alcuna questione di vendetta da sistemare e, qualora vi fosse stata, era lui l’aggressore e la morte dunque avrebbe fatto giustizia su di lui, che da quel momento, giurò, non avrebbe più preso in mano un’arma e avrebbe dedicato il resto della sua vita a sospiri e lacrime pensando a ciò che gli era stato tolto. Oronooko resta nella sua tenda per tutto il giorno, immobile e impassibile ad ogni cosa e, di fronte alle sollecitazioni dei suoi soldati ad alzarsi e combattere, egli dice di non avere più alcun interesse né per la gloria né per il mondo e chiede loro di scegliersi un nuovo generale che potesse guidarli in battaglia. Aboan viene eletto come nuovo generale, ma in battaglia l’esercito di Coramanthien sta per essere sconfitto da quello di Jamoan e Oronooko, resosi conto della situazione, torna in sé e delibera che a lui si addice una morte gloriosa, combattendo a testa alta contro il nemico, piuttosto che starsene comodamente su un giaciglio ad attendere la morte e morire ogni momento per colpa di pensieri tormentosi. In questo slancio di vitalità, Oroonoko riesce a conquistare la vittoria e a fare di Jamoan un suo prigioniero, trattandolo tuttavia quasi come un suo pari, dato il suo valore, le sue qualità e il suo bell’aspetto, con l’unica differenza del nome di schiavo. Tornato a corte, Oronooko riceve le visite di un capitano inglese, che si era recato a Coramathien con la sua nave, e con cui Oroonoko aveva già avuto rapporti in precedenza, poiché gli aveva venduto un gran numero di schiavi. Una volta arrivato a corte, Oroonoko lo invita a restare quanto più tempo possibile e il capitano, per ringraziarlo della sua cortesia, lo invita a cena sulla sua nave ed insieme a lui invita anche Aboan, il suo precettore francese, Jamoan e circa cento tra i suoi uomini più valorosi. Una volta arrivati sulla nave vengono accolti con una sontuosissima cena, ma, mentre i passeggeri visitavano le diverse parti della nave furono incatenati e, con l’inganno e il tradimento, furono consegnati alla schiavitù. Oronooko, furioso per questo affronto, decide di lasciarsi morire rifiutando cibo e acqua e gli altri schiavi, alcuni dei quali un tempo furono fatti prigionieri da Oroonoko, lo imitano poiché lo considerano quasi come una divinità. Il capitano, preoccupato che tanti schiavi potessero morire di fame e dunque causare una grave perdita in termini economici, convince Oroonoko a mangiare e a far mangiare gli altri giurando che al primo litorale su cui sarebbero sbarcati li avrebbe liberati tutti e avrebbe permesso loro di tornare a casa. Oroonoko cede immediatamente alle parole del capitano, ma replica che, come conferma, gli venissero levate le catene. Il capitano, tuttavia rispose che, dato il temperamento di Oroonoko, non si fidava a lasciarlo libero sulla nave per timore di una qualche vendetta. A questo punto, Oroonoko chiede di riferirgli che avrebbe dato la sua parola d’onore che, una volta liberato, non avrebbe ferito nessuno, ma il capitano dice che non poteva fidarsi della parola d’onore di un pagano, che non aveva idea di chi fosse il Dio che adorava. Oroonoko, però, risponde che gli dispiaceva sapere che il capitano aveva la pretesa di conoscere divinità che non avevano saputo insegnargli principi migliori che non concedere ad altri la stessa fiducia che avrebbe voluto per sé. Allora, risposero ad Oroonoko che tale mancanza di fiducia scaturiva dalla differenza tra le loro due fedi, poiché il capitano aveva giurato in nome di un Dio che, se fosse venuto meno alla parola data, l’avrebbe punito con la dannazione eterna, ma Oroonoko dice che giurare sul proprio onore, come ha fatto lui, è un obbligo ben più pesante poiché in tal caso venire meno alla promessa fatta, avrebbe causato la derisione da parte di tutti gli uomini coraggiosi e onesti, ma anche l’oltraggio e l’offesa perenne dell’umanità intera. Il capitano modestia lo spinsero a ritrarsi: i presenti risero per questa sua scelta, mentre Cesare fu il solo ad applaudire alla nobiltà della sua passione e della sua natura. L’indomani Trefry porta Cesare a conoscere Clemene e, non appena la vede, Cesare si accorge subito che quella è Imoinda, esattamente come lei riconobbe subito Cesare. Nel momento in cui si accorge di averla davanti, quasi non si sentiva più vivo e stava per non tornare più in sé, ma non appena vede Imoinda cadere, priva di sensi, nelle braccia di Trefry subito la prende tra le sue braccia. I due rimasero a guardarsi per molto tempo e poi si gettarono l’uno tra le braccia dell’altro. In quello stesso giorno si celebrò il matrimonio di Cesare e Clemene, e poco tempo dopo Imoinda concepì un figlio, evento che accrebbe l’ammirazione che Oroonoko aveva nei suoi confronti. Tuttavia il concepimento di questo bambino attizza il desiderio di libertà di Oroonoko, che ogni giorno discute con Trefry della libertà sua e di Clemene, in cambio della quale offriva oro o una grande quantità di schiavi, da consegnare prima di lasciarlo partire, a patto di avere la certezza di potersene andare a riscatto consegnato. Giorno dopo giorno però, Oroonoko viene riempito di promesse di libertà, ritardando la liberazione fino all’arrivo del governatore, motivo per cui Oroonoko iniziò a sospettarli di falsità e di voler rimandare la loro liberazione perché nel frattempo nascesse il bambino, che, per legge, sarebbe automaticamente diventato uno schiavo. I proprietari della piantagione iniziarono a temere un ammutinamento così che costrinsero Aphra Behn a parlare spesso con Oroonoko per dargli tutte le rassicurazioni possibili. Lo intrattiene raccontandogli storie di uomini illustri e insegna a Imoinda a ricamare, le racconta storie di suore e si adopera per farle conoscere e convertirla alla religione cristiana. Tuttavia Cesare non gradiva il discorso religioso perché riteneva che il concetto di Trinità fosse un enigma, che non riusciva a comprendere. Oroonoko si diverte a passare il tempo parlando con Aphra e Imoinda, ma egli non sembra più contento come un tempo, proprio per questo dubbio sulla sua liberazione. Aphra allora gli chiede se per caso avesse il sospetto che la promessa di liberazione non sarebbe stata mantenuta e gli ricorda che se i padroni avessero intuito un suo dubbio, impauriti, avrebbero potuto anche recluderlo. A questo punto Oroonoko le assicura sul suo onore che mai avrebbe alzato le mani contro qualcuno: egli non accusava i padroni, ma accusava se stesso per aver tollerato, complice l’amore che l’aveva reso debole e gli aveva fatto dimenticare persino la gloria, per così tanto tempo la sua schiavitù. Oronooko lasciava trasparire impazienza, era impaziente di essere liberato, ma Aphra gli fa promettere di attendere l’arrivo del Lord governatore. Si inserisce a questo punto una descrizione delle terre di quella colonia, luoghi paradisiaci in cui regna un’eterna primavera, dove gli alberi sono perennemente coperti di foglie e di frutti e appaiono come fiori colorati che emanano aromi deliziosi, la loro legna è di valore ben superiore rispetto a quella comune perché una volta tagliati, quegli alberi sono magnifici da guardare. Persino la carne riempie la stanza di aromi piacevoli. Si trovavano animali insoliti come l’armadillo e i boschetti erano più fioriti e ammirevoli dei giardini italiani. Cesare impiega il suo tempo soprattutto nella caccia: riesce ad uccidere due tigri, una delle quali era ritenuta quasi immortale perché era stata colpita in diversi punti del corpo senza mai morire: quando Cesare la uccide scagliando una freccia dritta al suo cuore, si accorge che nel cuore aveva 7 proiettili, che, tuttavia, non l’avevano uccisa. Cesare poi tenta di uccidere un’anguilla, chiamata “l’anguilla che intorpidisce” poiché non appena questa toccava l’amo della canna da pesca, impartiva una scarica elettrica sul pescatore. Oroonoko prova a catturarla, ma sviene e cade in mare: sarebbe morto soffocato se una nave indiana non l’avesse salvato prendendolo a bordo. Questa sua sconfitta causa in lui molta vergogna poiché teme che tutti quanti, venuti a conoscenza del suo fallimento, avrebbero riso. In quel periodo cominciarono le contese tra indiani e inglesi, tanto che gli inglesi avevano paura di recarsi nelle loro città poiché temevano di venir assaliti. Tuttavia, Cesare dice che se gli inglesi avessero voluto visitare una delle loro città, avrebbe fatto loro da scorta. Partirono in 18, accompagnati da un pescatore, che intratteneva spesso con loro rapporti commerciali e che aveva imparato la loro lingua. Una volta arrivati, gli indiani restano stupiti dagli inglesi, li considerano delle “meraviglie infinite” li ammirano, li invitano a mangiare nelle loro case. Presentano loro il guaritore e i loro capitani di guerra, che venivano giudicati in base a cosa avessero il coraggio di fare per dimostrare di essere degni di guidare un esercito perciò si automutilavano finchè uno dei contendenti non si fosse dato per vinto. Al ritorno, gli inglesi incontrano degli indiani di ritorno da un viaggio nelle montagne che portavano con sé sacchetti di polvere d’oro: gli inglesi informano il governatore della possibilità di intraprendere quest’impresa ed egli, via lettera, ordina che un presidio si stabilisse alla foce del Rio delle Amazzoni ed impedisse a chiunque la salita su quelle montagne. Tuttavia il governatore morì in un uragano prima che il progetto potesse essere messo in atto. La morte del governatore suscita un grande preoccupazione in Oroonoko e in Imoinda, ormai prossima al parto, convinta che se era difficile ottenere la libertà per due persone, quasi impossibile sarebbe stato ottenerla per tre. Imoinda piange e soffre per questa preoccupazione e questa sua sofferenza era come un dardo scagliato nel cuore di Oroonoko, che decide di agire personalmente. Cesare allora, in una domenica in cui tutti i bianchi erano sopraffatti dal bere, ordina un banchetto per l’intera compagnia di schiavi, e tiene un discorso efficace riguardante le miserie della schiavitù e l’ingiustizia della loro condizione, il fatto che si stavano trasformando in bestie, che non avevano nessun motivo di obbedire a degli estranei che non li avevano nemmeno vinti in battaglia, che le loro sofferenze erano durate in eterno e che era arrivato il momento di ribellarsi. Oroonoko viene appoggiato da tutti gli schiavi, ma Tuscanio, un altro schiavo di rango superiore rispetto agli altri, inizialmente è dubbioso sul fatto che le donne e i bambini potessero incamminarsi nelle foreste di quei luoghi: Oroonoko, però, gli risponde che l’onore era il primo principio in natura cui tributare obbedienza e che prendersi cura delle loro mogli e figli non gli sembrava in contrasto con questo progetto e che se vi fosse stata una donna a preferire la schiavitù anziché seguire il marito e condividerne le sorti, una donna così lontana dall’amore e dalla virtù, questa avrebbe meritato di essere abbandonata e di esser lasciata come preda al nemico. Di fronte a perdonato Byam, mentre dice di perdonare Trefry poiché aveva visto il dolore che provava per le sue sofferenze e ha capito che non era intervenuto solo perché, se avesse parlato in sua difesa, sarebbe stato punito dagli stessi schiavi. Dice poi di volersi vendicare su Byam in modo atroce, dice che non si sarebbe ucciso finchè non avesse riscattato il suo onore vendicandosi di Byam. Le donne fanno in modo di curarlo e in breve tempo, Cesare si riprende. Il governatore, venuto a sapere delle intenzioni di Cesare, convoca il suo consiglio, formato da furfanti tristemente famosi, e costoro, che la scrittrice maledice, decidono all’unanimità che avrebbero dovuto impiccare Cesare affinchè fungesse da esempio per gli altri schiavi, che così avrebbero esitato a ribellarsi contro i loro padroni: Trefry però decide che è il momento di far valere la sua autorità e ricorda al governatore che il suo potere non si estendeva alla piantagione di Parham, esentata da provvedimenti di legge. E così, dopo aver messo alla porta il governatore, Trefry piazza una sentinella a controllare che nel luogo in cui si erano rifugiate le donne con Oroonoko non entrasse nessuno. Cesare, tuttavia, sa che, una volta che si fosse del tutto ripreso, avrebbe trovato un’occasione per vendicarsi di Byam e che, dopo la sua vendetta, per lui non ci sarebbe stata più speranza di vita. Al tempo stesso però viene preso da momenti di tenerezza, che lui chiamava “attacchi di codardia”, in cui si chiede se dovesse preoccuparsi per Imoinda e i suoi interessi o se dovesse concentrarsi sulla vendetta. Pensa che se fosse stato ucciso, dopo la sua vendetta, avrebbe lasciato Imoinda nelle mani degli inglesi infuriati, che l’avrebbero violentata e l’avrebbero sottoposta ad atroci sofferenze. Dunque decide che non avrebbe ucciso solo Byam, ma anche tutti quelli che pensava avessero scatenato la sua ira. Allora egli decide di mettere in atto il suo progetto: innanzitutto compie un gesto che, per quanto orribile a prima vista, era coraggioso e giusto: chiede a Trefry di poter fare una passeggiata all’aria aperta e porta con sé Imoinda. La conduce in un boschetto e, dopo averla contemplata a lungo in silenzio con le lacrime che gli sgorgavano dagli occhi, le dice che aveva in progetto di uccidere innanzitutto lei, poi i suoi nemici e, infine, se stesso, parlandole dell’impossibilità di fuggire e della necessità di morire. L’eroica Imoinda, era prontissima ad invocare la morte e lo supplicò di ucciderla, piuttosto che lasciarla in preda ai suoi nemici. Oroonoko piange copiosamente, mentre Imoinda sorride poiché era contenta di ricevere la morte da una mano tanto nobile. Nel loro popolo, infatti, ricorda la scrittrice, le mogli nutrono nei confronti dei loro mariti pari a quello che le altre popolazioni nutrono verso le divinità e quando un uomo si trova nella necessità di lasciare la propria moglie, se la ama le darà la morte con le sue stesse mani, altrimenti la venderà o sarà lascerà che siano altri ad ucciderla. Dopo aver espresso tutto ciò che l’amore ispirava loro e topo aver messo a tacere ogni indecisione che si frapponeva, Imoinda si distende sul suolo e Oroonoko con mano risoluta e con il cuore che gli si spezzava nel petto la uccide. Prima le taglia la gola, poi recide il suo volto, che ancora sorrideva, da quel corpo delicato, gravido dei frutti del più tenero amore. Non appena ha terminato, adagia il corpo di Imoinda su un letto di fiori e lo nasconde sotto quel manto che la natura gli offriva e lascia scoperto solo il volto, per continuare a guardarlo, ma quando si rende conto che era morta e che non lo avrebbe più benedetto col suo sguardo, il suo dolore si tramuta in rabbia, tenta di suicidarsi, ma il desiderio di vendetta nel suo animo adesso era molto più forte di prima poiché, per dargli sfogo, aveva sacrificato il suo amore. Nel solo dire “ho sacrificato Imoinda al mio desiderio di vendetta”, al pronunciare il nome di Imoinda il suo dolore prende il sopravvento sulla sua rabbia. Resta per due giorni disteso vicino a lei, senza bere né mangiare, poi però tenta di rialzarsi perché si rimprovera di aver vissuto troppo a lungo dopo la morte di Imoinda, ma non ci riesce perché è troppo debole per il dolore che prova e per il fatto di non aver mangiato. Restò lì altri 6 giorni, piangendo senza sosta per Imoinda, e aspettando di riprendersi per andare a vendicarsi. Gli inglesi, preoccupati per cosa gli fosse accaduto, mandarono cento uomini a cercarlo tra cui Tuscanio, che si era riconciliato con Byam: questi uomini sentirono un odore fortissimo e lo seguirono, Cesare capì che si stava avvicinando qualcuno e, appena vede i suoi inseguitori, riesce a sollevarsi, nonostante i tentativi falliti in quei giorni, e si appoggia con la schiena ad un albero. Sentendo che si avvicinavano sempre più, ordina loro di non avvicinarsi se desideravano restare in vita: quegli uomini quasi non riconoscono Cesare da quanto era cambiato e, dopo avergli mostrato il cadavere di Imoinda, gli inglesi lo insultarono e, nonostante le sue minacce e le sue dimostrazioni di non tenere più alla sua vita (si stacca un pezzo di carne della gola e gliela lancia contro), lo vogliono catturare vivo. Cesare dice loro che non sarebbero riusciti a frustarlo una seconda volta, che aveva ancora la forza di sottrarsi ad un secondo oltraggio, poi, dice di sapere che sta per morire, anche se avrebbe voluto vivere per portare a termine la sua vendetta e piuttosto di cadere nuovamente vittima della frusta preferisce suicidarsi, tanto che si apre il ventre ed estrae con le sue mani le sue viscere. Un inglese si avvicina per catturarlo ma lo pugnala al cuore, uccidendolo sul colpo. A quel punto Cesare viene preso da Tuscanio, che dice di volergli bene e di non volere ch’egli muoia. Una volta arrivati a Parham chiamano un dottore, che riesce a ricucirgli il ventre, ma ammette che gli rimaneva poco tempo prima di morire. Oroonoko implora coloro che l’hanno curato di ucciderlo. Il medico, comunque, lo rassicura dicendogli che non sarebbe sopravvissuto. Un giorno però Trefry viene convocato dal governatore con la pretesa di una questione urgente da sbrigare, solo dopo aver comunicato la sua decisione a Banister, presentato come un irlandese feroce ma ricco. Banister arriva Parham, prende Cesare con la forza, lo fa condurre allo stesso palo al quale era stato frustato e accende un grande fuoco davanti a lui dicendogli che sarebbe morto per quel cane che era. Cesare risponde dicendo che era il primo atto di coraggio che lo vedeva compiere, che non aveva mai detto niente di sensato fino a quando ebbe pronunciato quella parola e che se fosse morto nell’aldilà avrebbe dichiarato che si trattava del solo bianco al quale avesse mai udito dire la verità. Oroonoko chiede se stanno per ucciderlo o frustarlo e, venuto a sapere che l’avrebbero ucciso, li benedice. Resta fermo come una roccia e chiede però che gli venisse concesso di fumare del tabacco con una pipa mentre veniva ucciso. Continuò a fumare durante tutta l’esecuzione e non emise un solo Byam. Nel romanzo Oroonoko congiura di assassinare Byam e di uccidersi in seguito: ciò collima con la vicenda di Allin, il quale decise di uccidere Lord Willoughby e di suicidarsi subito dopo. L'esito fu che Allin ferì Willoughby, fu catturato e condotto in prigione, dove riuscì a suicidarsi. Il suo corpo fu messo alla gogna in pubblico. Inoltre, anche se gli schiavi africani erano sottoposti a delle condizioni estreme che li conducevano ad attaccare regolarmente la colonia, nessun ribellione coincide storicamente con quella riportata nell'Oroonoko; in più, il personaggio di Oroonoko ha un aspetto fisico inusuale rispetto ai suoi compagni: ha una pelle più nera, ma pure un naso greco e dei capelli ritti; il suo nome anche, è fittizio: ricorda Oroondate, personaggio di Cassandra di La Calprenède, anche lui in lotta per un amore in possibile dove l’avversario è un uomo più potente.Tutto ciò induce a pensare che l'insieme del romanzo sia opera di invenzione. Posizione di Behn sullo schiavismo: La colonia del Suriname cominciò a importare schiavi negli anni 1650, perché gli schiavi inglesi a contratto erano insufficienti ad assicurare la produttività delle piantagioni di canna da zucchero. Nel 1662 il duca di York ricevette la commissione di fornire 3000 schiavi nei Caraibi, e Lord Willoughby fu un commerciante di schiavi. Gli schiavisti inglesi per lo più trattavano con i cacciatori di schiavi del posto. La vicenda della cattura di Oroonoko è dunque plausibile, dato che simili incursioni europee ci sono state, ma i mercanti di schiavi inglesi le evitavano il più possibile per il pericolo di catturare accidentalmente qualcuno legato ai loro alleati sulla costa, i quali, dal canto loro, se ne sarebbero risentiti. Stando alla biografa Janet Todd, Behn non si oppose allo schiavismo in quanto tale. Lei accettava l'idea che dei gruppi potenti potessero sottomettere quelli deboli e in ciò si dice abbia sposato uno schiavista. Tuttavia è in parte accertato che il loro non fu un matrimonio felice e Oroonoko, scritto vent'anni dopo la morte del marito, ha il più detestabile dei suoi personaggi proprio in un capitano schiavista che cattura Oroonoko. Le ultime parole del romanzo sono una tenue espiazione della colpa della narratrice, ma essa piange il singolo individuo e al singolo individuo dedica un tributo; non critica lo schiavismo in quanto tale. Un re legittimo non può e non deve essere ridotto in schiavitù: senza Oroonoko Suriname è un corpo senza testa. Mancava alla colonia qualcuno come Lord Willoughby o il padre della narratrice: un vero lord. In assenza di una siffatta autorità, un re vero come Oroonoko viene defraudato, maltrattato e giustiziato. Behn sembra credere che il Suriname fosse una terra dal grande potenziale in attesa di un vero nobile che la facesse risplendere sotto il proprio comando. Come altri inviati a indagare su questa colonia, Aphra Behn riteneva che Carlo II era malinformato sulle potenzialità dell'area. Quando Carlo II rinunciò al Suriname per effetto del trattato di Breda (1667), Behn rimase sgomenta e nel romanzo manifestò con efficacia questo sentimento: se con tutta la loro aristocrazia gli inglesi non erano stati in grado di insediare nella colonia una dirigenza nobile, gli Olandesi, dallo spirito democratico e mercantile, sarebbero stati di gran lunga peggiori. Nonostante ciò la scelta di Carlo II si spiega con la sua strategia di unificare gli insediamenti in America del Nord sotto un'unica bandiera, di cui era parte lo scambio del Suriname per Nuova Amsterdam (futura New York): né il re né Aphra Behn avrebbero mai potuto immaginare quanto questa scommessa sarebbe stata vincente. Contesto storico: La scrittrice politica aveva concluso il suo viaggio in Suriname nel 1663 ma per ventiquattro anni non sentì il bisogno di scrivere questa storia, salvo la repentina pulsione creativa che la colse appena un anno prima della morte, nel 1688. Il 1688 fu un anno di grandi fermenti in Inghilterra: Carlo II trovò la morte e salì al trono Giacomo II. La fede cattolica professata da Giacomo II, come pure il matrimonio con una cattolica, suscitarono l'indignazione delle vecchie forze parlamentari che ripresero a invocare la ribellione. Oroonoko è redatto in quest'atmosfera di scontro politico e religioso. Il protagonista vi ripete con insistenza che la parola del re è sacra, che un re non può tradire i suoi sudditi e che l'onore di una persona si misura sulla sua capacità di tener fede ai suoi propositi. Il romanzo non nasconde in nessun modo di essere ferocemente anti-olandese e anti-democratico: il candidato sostenuto dal partito whig era Guglielmo d'Orange, sicché la denuncia delle atrocità commesse dagli Olandesi nel Suriname poteva essere delle ragionevoli tesi a sostegno dei Tory. Ma l'impegno politico di Aphra Behn fu vano quando al termine della Gloriosa rivoluzione l'Act of Settlement (1701) sancì che la fede protestante sarebbe stata prioritaria nel determinare il successore alla corona britannica. Contesto letterario: Oroonoko si presenta come un misto di dramma, documentario e biografia che è facile ricondurre al genere del romanzo. Oroonoko è invece il primo romanzo inglese a rappresentare gli africani in una prospettiva benevola. Ed è un'opera che, forse più dell'Otello di Shakespeare, costituisce sia una riflessione sulla natura della monarchia che una riflessione sulla razza. Oroonoko, al di là del suo colore della pelle, è prima di tutto un re e la sua uccisioneavrà dalle conseguenze nefaste per la colonia. L'intreccio del romanzo, alquanto teatrale, ha beneficiato della lunga esperienza di Aphra Behn come drammaturga: l'opera catturava i suoi lettori grazie all'amore tragico tra Oroonoko e Imoinda o per via della minacciosa figura di Byam. Tuttavia con la graduale presa di coscienza della società britannica e di quella statunitense dei problemi morali che si venivano a porre con lo schiavismo, fu definito il primo romanzo umanitario in inglese ed anche tappa essenziale verso la teoria del «buon selvaggio» precursore di Rousseau e più avanti in Montaigne. Ambientazione nel Nuovo Mondo: Il miscelare diversi elementi letterari è un compito ostico e con Oroonoko Aphra Behn raccolse questa sfida. La Letteratura della Restaurazione presentava tre elementi costanti: l'ambientazione nel Nuovo Mondo, una storia d'amore cortese e l'idea di tragedia eroica; fu sicuramente influenzata da John Dryden con la sua The Indian Queen e The Indian Emperor. Oroonoko fu scritto verso la fine del periodo della Restaurazione, il pubblico conosceva bene quei moduli e Behn voleva proporre loro qualcosa di fresco: diede modo al lettore di scoprire un posto fino ad allora ignoto, un’idilliaca, utopica, tranquilla e felice colonia in America chiamata Suriname, nelle Indie Occidentali. All'opposto di Dryden lei non accusa i tirannici capi d'oltremare ma punta invece il dito sul colonialismo. Per quanto sembri difficile mescolare una
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