Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Approfondimento, Appunti di Diritto Processuale Penale

Approfondimento sulle videoriprese

Tipologia: Appunti

2010/2011

Caricato il 09/12/2011

Utente sconosciuto
Utente sconosciuto 🇮🇹

4.5

(75)

19 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Approfondimento e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! 92 ADOLFO SCALFATI*, ORIETTA BRUNO** *Professore ordinario di Procedura penale - Università di Roma “Tor Vergata” ** Ricercatore di Procedura penale - Università di Roma “Tor Vergata” Orientamenti in tema di videoriprese Filmare liberamente comportamenti umani è possibile fin quando non si compromettano privacy, se- gretezza delle comunicazioni e libertà di domicilio; oltre tale ambito, subentrano cautele, limiti e divie- ti, secondo un disegno di difficile composizione, fortemente influenzato dalla delicatezza delle vicende concrete. Ma la capacità intrusiva delle videoriprese occulte richiede di elaborare un sintetico quadro della materia, enucleando punti di arrivo (o, forse, di partenza) sui quali modulare meglio il bilancia- mento degli interessi presenti in sede giudiziaria. Gli ambienti “non protetti” Abortita la riforma delle intercettazioni, è bene riprendere le fila del discorso riordi- nando l’esistente, a cominciare dai problemi connessi ai vuoti della disciplina; al riguar- do, indubbiamente, assume un ruolo di pri- mo piano – anche per le notevoli ricadute operative – il tema della captazione di im- magini mediante videoriprese1. Emerge uno scenario composito, privo di fonti specifiche, dove le linee di pensiero più accreditate ri- chiedono sottili distinguo, talvolta concepiti con una certa dose di astrattismo: tra filmati eseguiti in spazi pubblici e quelli realizzati in luoghi “riservati”; e nell’ambito di tale ulti- ma categoria, tra videoriprese di semplici immagini in movimento e intrusioni filmiche aventi ad oggetto individui che comunicano (anche) tramite gesti. In generale, nulla esclude riprese visive in aree non protette da barriere che impedisco- no la comune percezione, neppure quando fossero realizzate dalla polizia giudiziaria motu proprio. Prevale l’idea che simili forme di monitoraggio non soggiacciano a limiti, non vulnerando alcun diritto domiciliare o di riservatezza; in tal caso, la tipologia delle “zone” captate e la modalità delle condotte oggetto di ripresa visiva valgono ad elidere la tutela costituzionale sulla base di un’im- plicita rinuncia da parte di chi liberamente si espone alla percezione altrui2. 1 Offrono un quadro d’insieme, con richiami alla copiosa letteratura, Cricrì, Videoregistrazione, Enc. giur., XXXII, Roma, 2006, 1 ss.; Marinelli, Intercettazioni processuali e nuovi mezzi di ricerca della prova, Torino, 2007, 159 ss. Con un sguardo agli Stati Uniti, inoltre, Di Paolo, “Tecnologie del controllo” e prova penale. L’esperienza statunitense e spun- ti per la comparazione, Padova, 2008. Si sofferma sugli andamenti giurisprudenziali, da ultimo, Tabasco, Corte costi- tuzionale e videoriprese di condotte non comunicative: ancora dubbi e perplessità, Dir. pen. proc., 2010, 234 ss. 2 Per simili principi, Cass., sez. un., 28 luglio 2006, Prisco, Cass. pen., 2006, 4344 ss.; Cass., sez. IV, 16 marzo 2000, Viskovic, CED Cass., 217688. Si tratta di una comprovata linea di tendenza, tuttavia, ricca di sfumature; tra le tante, Cass., sez. I, 2 febbraio Adolfo Scalfati, Orietta Bruno Orientamenti in tema di videoriprese 93 Da un punto di vista concreto, natural- mente, resta da valutare caso per caso i con- notati spaziali e i termini del comportamento umano, al fine di capire se davvero opera quella libertà investigativa sopra menziona- ta, con indubbia configurabilità di zone gri- gie dove la prassi è incline ad aperture in chiave autoritaria. Sul piano processuale, i risultati di tali in- terventi, eseguiti in spazi pubblici, aperti o esposti al pubblico, sono stati generalmente considerati – con qualche ambiguità dovuta al disinvolto impiego della nozione di do- cumento – alla stregua prove di cui parla l’art. 234 c.p.p.3. Secondo un approccio più cauto, lo stru- mento – quando è adottato dagli organi del- l’investigazione pubblica – viene ricondotto alla cd. prova innominata (art 189 c.p.p.)4, ri- levando la mancanza di regole ad hoc e la dif- ficoltà di inquadrarne la sagoma nell’ambito della disciplina istruttoria già contemplata dal codice; sotto tale profilo, si è detto che le riprese video in luoghi non protetti: a) non vanno assimilate al genus delle intercettazio- ni, cosicché non si applicano gli artt. 266 ss. c.p.p.5; b) la legittimità dell’intervento e l’im- piego dei relativi risultati sono vincolati al rispetto delle condizioni dettate per la figura della prova atipica. Tuttavia, tali operazioni potrebbero essere agevolmente ricondotte - senza scomodare la disciplina dell’art. 189 c.p.p. – tra gli stru- menti investigativi innominati, dei quali pur dispone la polizia giudiziaria secondo la for- mula generale di cui parla l’art. 348, comma 2 lett. a), c.p.p.. In proposito, trattandosi di immagini che fissano un determinato conte- sto spazio-temporale, il risultato è irripetibile ed i verbali (con i relativi supporti allegati) subiscono anche la sorte contemplata dal- l’art. 431, comma 1 lett. b), c.p.p.; è ovvio, poi, che in contraddittorio, di volta in volta, si valuterà se le suddette captazioni di im- magini sono state effettuate nei “luoghi” in cui sono davvero libere. Il tema assume altra fisionomia se la vide- oripresa riguarda movimenti umani a valen- za comunicativa, pur compiuti fuori dall’a- rea domiciliare stricto sensu. Qui è condivisi- 2009, Galati Sansone e altri, CED Cass., 242793; Cass., sez. II, 21 settembre 2007, Caruso e altro, CED Cass., 237848; Cass., sez. IV, 22 febbraio 2005, C., Cass. pen., 2006, 678 ss. 3 Cfr. Cass., sez. un., 28 ottobre 1998, Barbagallo, Cass. pen., 1999, 2074 (in motivazione); Cass., sez. VI, 13 feb- braio 1998, Pani ed altro, CED Cass., 210579; Cass., sez. V, 23 maggio 1997, Lomuscio P., CED Cass., 208137. Aderi- scono all’impostazione, Carli, Videoregistrazione di immagini e tipizzazione di prove atipiche, Dir. pen. proc., 2003, 46; Saponaro, Sulla vexata quaestio della natura delle videoregistrazioni, Cass. pen., 2004, 3285; Zignani, Una discutibile pronuncia in tema di prove illegittimamente carpite nel domicilio, Cass. pen., 2004, 1316. 4 Cass., sez. IV, 16 marzo 2000, Viskovic, cit., poi anche Cass., sez. V, 3 ottobre 2008, Salzano, CED Cass., 241946 (nella specie, le riprese esterne ad un edificio ne inquadravano l’ingresso, i balconi ed il cortile); Cass., sez. V, 3 ottobre 2008, Stranieri, CED Cass., 241946; Cass., sez. I, 10 maggio 2010, D.G. e altro, CED Cass., 247065. In lettera- tura, dopo aver escluso che possano essere ricondotte ai mezzi di ricerca della prova o ai rilievi di cui agli artt. 349 e 350 c.p.p., ci si orienta verso l’inquadramento come mezzo atipico di ricerca; sintetizza la linea di pensiero, con note di richiami, Tieghi, La videoregistrazione nelle indagini preliminari, Studium juris, 2003, 573 ss. Contra , tuttavia, Filippi, L’home watching: documento, prova atipica o prova incostituzionale?, Dir. pen. proc., 2001, 95, dove si sostiene che l’art. 189 c.p.p. esige un contraddittorio anticipato sulle modalità di assunzione della prova e, quindi, non può disciplinare una prova precostituita; esprime dubbi anche Camon, Le riprese visive come mezzo di indagine: spunti per una riflessione sulle prove «incostituzionali», Cass. pen., 1999, 1195. 5 Cass., sez. V, 31 maggio 2004, Massa ed altro, CED Cass., 228732. Conf. Cass., sez. I, 1° agosto 2007, Susinni, CED Cass., 237502 e, sebbene con apparato argomentativo piuttosto ambiguo, Cass., sez. VI, 23 febbraio 2004, Flo- ri, CED Cass., 229003. Processo penale e Giustizia Anno I, n. 1-2011 96 ressi di rango costituzionale, non possono essere appiattite su una disciplina di egual tenore14. Sul versante applicativo, autentiche spac- cature si registrano in ordine al catalogo dei luoghi “domiciliari”, con risvolti diametral- mente opposti circa l’esercizio del potere di filmare e di spendere processualmente i dati ottenuti; ad esempio, secondo che si assuma come parametro la figura penalistica ovvero quella costituzionale di domicilio, da un lato, si esclude che la toilette di un pubblico eser- cizio possa essere considerato luogo protet- to15, dall’altro, lo si ritiene un ambiente tute- lato dall’art. 14 Cost.16. Quanto, infine, agli spazi meritevoli di ri- servatezza estranei alla categoria di domicilio, il dibattito sulle videoriprese di condotte non comunicative si è concentrato sul se è necessa- rio un previo provvedimento dell’autorità giudiziaria; rimasto senza soluzione per mol- to tempo, il quesito ha poi trovato una sua autorevole risposta affermativa17. La posizione della Corte costituzionale Era immaginabile che della vicenda relativa alle riprese visive domiciliari, atteso il largo uso dello strumento, fosse interessato il Giu- dice delle leggi chiamato, infatti, ad affronta- re la questione di legittimità degli artt. 189 e 266, comma 2, c.p.p. in riferimento agli artt. 3 e 14 Cost.; la censura riguardava il combina- to disposto nella parte in cui non estende a tale mezzo investigativo la disciplina delle intercettazioni ambientali effettuate nei luo- ghi previsti dall’art. 614 c.p.18. A premessa19 è stato posto l’orientamento in forza del quale sarebbe bastato ad effettu- are le suddette videoriprese un atto motivato dell’autorità giudiziaria e, dunque, nella fase delle indagini preliminari, anche un sempli- ce provvedimento del pubblico ministero; così postulato, l’impianto avrebbe peccato di irragionevolezza (con conseguente violazione dell’art. 3 Cost.) in quanto, al carattere egual- mente (o addirittura maggiormente) invasivo 14 Per una serrata critica a tale impostazione, Tonini, Problemi insoluti della prova documentale, Dir. pen. proc., 1996, 482. 15 Cass., sez. VI, 14 novembre 2008, Destro, CED Cass., 241880; Cass., sez. VI, 4 aprile 2006, S., Dir. e giust., 2006, 18, 47; Cass., sez. VI, 23 gennaio 2003, Mostra, Cass. pen., 2004, 1305. In termini critici, Zignani, Una discutibile pro- nuncia in tema di prove illegittimamente carpite nel domicilio, cit., 1309, per il quale nel caso delle toilettes «si dovrebbe versare in un tipico caso di detenzione pleno jure d’uno spazio autonomamente individuato, qualificabile alla stre- gua della nozione di domicilio propria del lessico penale sostanziale e processuale (…)». 16 Cass., sez. IV, 16 marzo 2000, n. 7063, Viskovic, cit. D’altro canto, il diritto di escludere l’ingresso di terzi «non è fine a se stesso, ma serve a tutelare il diritto alla riservatezza nello svolgimento di alcune manifestazioni della persona»: Cass., sez. III, 21 aprile 1998, Bertoja, Cass. pen., 1999, 2139. 17 Cass., sez. un., 28 luglio 2006, Prisco, cit.; per approfondimenti, infra. 18 C. cost., sent., 24 aprile 2002, n. 135, Giur. cost., 2002, 1062 ss. Sulla pronuncia, tra i molti, Bricchetti, Spetta al legislatore regolamentare le riprese di tipo non comunicativo, Guida dir., 2002, 20, 73 ss.; Caprioli, Riprese visive nel domi- cilio e intercettazione «per immagini», cit., 2176 ss; Carli, Videoregistrazione di immagini e tipizzazione di prove atipiche, Dir. pen. proc., 2003, 41 ss.; Longo, Le garanzie costituzionali delle intercettazioni visive: un’occasione mancata per la Cor- te, Giur. cost., 2002, 2208 ss.; Marini, La Costituzionalità delle riprese visive nel domicilio: ispezione o libertà «sotto- ordinata»?, Giur. cost., 2002, 1076 ss.; Pace, Le videoregistrazioni «ambientali» tra gli artt. 14 e 15 Cost., Giur. cost., 2002, 1070 ss. 19 Il giudizio di legittimità costituzionale fu promosso con ordinanza del 5 luglio 2000 emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Alba, iscritta al n. 645 del registro ordinanze della Corte e pubblicata nella G.U. n. 45 del 2000, 1ª Serie Speciale. Adolfo Scalfati, Orietta Bruno Orientamenti in tema di videoriprese 97 delle riprese visive rispetto alle menzionate intercettazioni di suoni, corrispondeva un più ridotto livello di garanzie. Ne scaturiva una potenziale lesione dell’art. 14 Cost., il quale non si limita a richiedere un provve- dimento motivato dell’autorità giudiziaria, ma postula, altresì, che esso venga adottato nei casi e nei modi previsti dalla legge, im- ponendo una compiuta disciplina nella spe- cie non rinvenibile. I Giudici della Consulta, prima di risolvere la questione, hanno effettuato una verifica pregiudiziale, consistente nello stabilire «se l’operazione investigativa sulla quale il que- sito stesso vert[eva] non risult[asse], in realtà, vietata in modo assoluto dal sistema costitu- zionale, a prescindere dal “livello di garan- zie” del quale la normativa ordinaria even- tualmente la circond[asse]»20. Così si è scritto che «il riferimento, nell’art. 14 co. 2° Cost., alle ispezioni, perquisizioni e sequestri non è necessariamente espressivo dell’intento di tipizzare le limitazioni permesse, escludendo a contrario quelle non espressamente con- template; poiché esso ben può trovare spie- gazione nella circostanza che gli atti elencati esaurivano le forme [restrittive] dell’inviola- bilità del domicilio storicamente radicate e positivamente disciplinate all’epoca di reda- zione della Carta, non potendo evidente- mente il Costituente tener conto di [modelli] di intrusione divenut[i] attuali solo per effet- to dei progressi tecnici successivi»21; inoltre, «la citata disposizione costituzionale, nel- l’ammettere “intrusioni” nel domicilio per finalità di giustizia, non prende, in realtà, af- fatto posizione sul carattere – [manifesto] od occulto – delle (…) stesse: la configurazione di queste ultime, e delle ispezioni in partico- lare, come atto palese emerge, difatti, esclu- sivamente a livello di legislazione ordina- ria». La Corte, insomma, ha considerato la ripresa visiva come una forma illo tempore ignota ma nient’affatto vietata, con la conse- guenza di sussumerla tra i possibili limiti al- la libertà di domicilio concepiti dalla dispo- sizione costituzionale22: «l’attribuzione all’e- lenco delle limitazioni alla libertà di domici- lio, di cui all’art. 14 co. 2° Cost., di un carat- tere “chiuso” e storicamente “cristallizzato” sulla fisionomia impressa dalla legge proces- suale del tempo ai singoli atti invasivi ri- chiamati provocherebbe, d’altro canto, un evidente squilibrio nell’assetto costituzionale dei diritti di libertà»23; né una pregiudiziale restrizione alle interferenze della pubblica autorità mediante riprese visive domiciliari trova riscontro tra le norme sovranazionali24. Ciò posto, in assenza di norme ad hoc, è emersa la necessità di reperire nel sistema lo statuto dei “casi e dei modi” richiesto dal te- sto costituzionale, scandagliando la natura della registrazione di immagini e valutando la possibilità di annoverarla tra le figure 20 Le argomentazioni addotte dalla Corte costituzionale nell’ambito di tale verifica vengono ritenute assoluta- mente convincenti da Caprioli, Riprese visive nel domicilio e intercettazioni «per immagini», cit., 2179. 21 Perplesso sul ritenuto carattere “aperto” della tipologia delle limitazioni contenuta nell’art. 14, comma 2, Cost., Marini, La costituzionalità delle riprese visive nel domicilio: ispezione o libertà «sotto-ordinata»?, cit., 1078 ss. 22 Condivide l’assunto Marini, La costituzionalità delle riprese visive nel domicilio: ispezione o libertà «sotto-ordina- ta»?, cit., 1077. 23 Non manca chi pensa che la libertà di domicilio gode, sotto tale profilo, di una tutela privilegiata: Mazziotti Di Celso, Lezioni di diritto costituzionale, II, Milano, 1985, 218; Pace, Problematica delle libertà costituzionali - Parte spec., Padova, 1992, 223. 24 Il riferimento è, ovviamente, all’art. 8 della Corte e.d.u., all’art. 17 del Patto internazionale dei diritti civili e politici e agli artt. 7 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza nel dicembre del 2000. Processo penale e Giustizia Anno I, n. 1-2011 98 istruttorie già disciplinate; alla ricerca di un’identità per le videoriprese, la Corte pro- cede per similitudini, sussumendo, infine, in un solo genus tutte le captazioni di atti comuni- cativi (orali o gestuali che siano) realizzate in luoghi di privata dimora25. Ne consegue che la intrusiva registrazione di immagini in luoghi protetti dal domicilio è assimilabile, in concreto, alla intercettazio- ne inter praesentes nelle zone di cui all’artico- lo 614 c.p. quando ha ad oggetto comporta- menti (gesti, moti corporei) di tipo comunicati- vo; secondo i Giudici della Consulta, essa si differenzia dalla captazione sonora solo in rapporto allo strumento tecnico impiegato, il che rende applicabile in via interpretativa la vigente disciplina della intercettazione am- bientale in luoghi di privata dimora. Stabili- re, poi, quando la ripresa visiva possa rite- nersi finalizzata alla captazione di compor- tamenti a carattere comunicativo e determi- nare i limiti entro i quali le immagini riprese abbiano ad oggetto tali comportamenti è «u- na questione che spetta al giudice a quo ri- solvere»: con noncuranza, si liquida in poche battute il tema più spinoso che nasce dall’e- segesi proposta e, cioè, l’assenza di parame- tri certi in base ai quali valutare nel quoti- diano giudiziario se le riprese video in luo- ghi privati sono ammissibili o no. La Corte costituzionale precisa, in ogni ca- so, che un problema di compatibilità con le norme primarie si pone fuori dall’ipotesi di vi- deoregistrazione di comportamenti comunicativi : lì, la cristallizzazione investigativa delle im- magini in movimento nei luoghi protetti dall’art. 14 Cost. sono frutto «soltanto [di] in- trusione nel domicilio in quanto tale». Co- munque interpretate, le regole sulle intercet- tazioni non potrebbero estendersi alle ripre- se visive di comportamenti di tipo non co- municativo, fattispecie per la quale esiste un vuoto di disciplina sull’an e sul quomodo del- l’intervento, in violazione della doppia ri- serva imposta dall’art. 14, comma 2, Cost. Sotto tale profilo, la Corte ha lanciato un monito: «l’ipotesi della videoregistrazione che non abbia carattere di intercettazione di comunicazioni potrebbe perciò essere disci- plinata soltanto [dal legislatore], nel rispetto delle garanzie costituzionali dell’art. 14 Cost.; ferma restando, per l’importanza e la delicatezza degli interessi coinvolti, l’oppor- tunità di un riesame complessivo della mate- ria da parte [dello] stesso»26. La messa a punto delle Sezioni Unite La giurisprudenza ha recepito ed elaborato le linee tracciate dalla Corte costituzionale: le riprese di immagini comunicative riservate sono soggette alla disciplina delle intercet- 25 D’altra parte, già Cass., sez. VI, 21 giugno 1998, Greco, cit. Qui si staglia la critica di Selmi, Captazione visiva e libertà domiciliare, Giust. pen., 2003, I, 64 per la quale, così facendo, non si garantirebbe un’adeguata tutela dei dirit- ti fondamentali della persona, posto che la distinzione di cui trattasi sarebbe apprezzabile dal giudice soltanto ex post, a violazione già avvenuta. 26 Da questo passaggio argomentativo della sentenza – il quale sottolinea come, allo stato, il legislatore non regoli affatto le ipotesi della videoregistrazione di comportamenti non comunicativi – sembra che la Corte abbia conside- rato le immagini che documentano comportamenti non comunicativi come una sorta di ispezione occulta, non re- golata dalla legge, i cui risultati non sono utilizzabile per contrasto con l’art. 14 Cost. (cfr. Caprioli, Riprese visive nel domicilio e intercettazione «per immagini», cit., 2198 ss. e Lattanzi, Videointercettazioni: una legge da rivedere, in Giusto processo, 2002, 130.) Tuttavia, non è certo che il pensiero della Corte fosse questo (cfr. Di Paolo, “Tecnologie del con- trollo” e prova penale, cit., 212.); secondo qualcuno, niente autorizza a sostenere che il richiamo all’art. 14, comma 2, Cost. significhi aver introdotto un divieto istruttorio per il caso de quo (Cordero, Procedura penale, 8a ed., Milano, 2006, 855 e Longo, Le garanzie costituzionali delle intercettazioni visive: un’occasione mancata per la Corte, cit., 2220). Adolfo Scalfati, Orietta Bruno Orientamenti in tema di videoriprese 101 sizione sul complesso dibattito relativo alla prova incostituzionale. Con una buona dose di formalismo, si sostiene che l’art. 191 c.p.p., laddove si presta a colpire anche il derivato di violazioni di rango primario, riguarda, in linea di principio, le prove tipiche e non quelle atipiche; queste ultime divengono dati istruttori soltanto quando sono ammesse ai sensi dell’art. 189 c.p.p. e tale ammissione presuppone che la prova si sia formata nel rispetto della legge34. Per meglio delineare i limiti dell’inammis- sibilità, la Corte individua il genere di spazio protetto, dove vige il divieto d’intrusione, puntando sul concetto di stabilità del domicilio e limitandolo ai casi in cui emerge un parti- colare rapporto tra persona e luogo, gene- ralmente chiuso, in cui si svolge la vita pri- vata, in modo da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza. Restava il nodo delle videoriprese non co- municative effettuate negli spazi non domici- liari ma dotati di un certo livello di riservatezza. Sul piano dei valori in gioco, sebbene non venga in rilievo l’art. 14 Cost., è stato possi- bile invocare il valore della intimità o, più in generale, il diritto alla privatezza; tali posi- zioni soggettive trovano un riconoscimento nell’art. 2 Cost., al quale si aggiungono l’arti- colo 8 della Cedu e l’art. 17 del Patto inter- nazionale sui diritti civili e politici. In tal modo, la soluzione finale è stata raggiunta ritenendo necessario un provvedimento mo- tivato dell’autorità giudiziaria (pubblico mi- nistero o giudice) per l’esecuzione delle ri- prese in ambiti riservati a carattere non do- miciliare. A tal proposito, è indubbio l’allestimento di un livello minimo di garanzie, costituito dalla necessità di una motivazione (che do- vrà palesare la strumentalità del mezzo in relazione ai fini probatori concretamente perseguiti) e dalla preclusione alla polizia giudiziaria della facoltà di attivarsi di pro- pria iniziativa. Anche se, sul piano concreto, resta difficile, sia discernere i luoghi a diver- so tasso di protezione, sia scegliere quale via procedurale percorrere, posto che si ignora a priori se la videoripresa avrà carattere comu- nicativo o no, sia – nelle ipotesi di operazioni effettuate in luoghi domiciliari – scindere re- alisticamente la quota utilizzabile (compor- tamenti comunicativi intercettati con le for- me degli artt. 266 ss. c.p.p.) da quella che non lo è (immagini che non implicano scam- bio di messaggi)35. Ancora un chiarimento sui filmati di condotte non comunicative in “aree ri- servate” Con ordinanza di rimessione del 25 gen- naio 2006, il Tribunale di Varese ha propo- sto, in riferimento agli artt. 13, commi 1 e 2, 14, commi 1 e 2, e 15 della Costituzione, 34 V., in proposito, le osservazioni di Ruggieri, Riprese visive ed inammissibilità della prova, cit., 4359. Il percorso argomentativo viene criticato aspramente da Marinelli, Le videoriprese investigative al vaglio delle Sezioni unite: i limi- ti di impiego negli spazi riservati di natura extradomiciliare, cit. 1578 nt. 17 e 1579. Negli stessi termini Camon, Le se- zioni unite sulla videoregistrazione come prova penale: qualche chiarimento e alcuni dubbi nuovi, cit., 1561. Conti, Le video- riprese tra prova atipica e prova incostituzionale: le Sezioni Unite elaborano la categoria dei luoghi “riservati”, cit., 1358 so- stiene che questo è il «passaggio più debole della sentenza». Pure Di Paolo, “Tecnologie del controllo” e prova penale, cit., 218 ss., che ripercorre nel dettaglio i singoli passaggi della pronuncia, mette in evidenza la difficoltà di com- prenderli pienamente e, dopo aver cercato di individuarne il significato esatto, conclude nel senso che la Corte contraddice le sue stesse premesse. 35 Cfr. anche Camon, Le sezioni unite sulla videoregistrazione come prova penale: qualche chiarimento e alcuni dubbi nuovi, cit., 1568 ss. Processo penale e Giustizia Anno I, n. 1-2011 102 incidente di legittimità dell’art. 266, comma 2, c.p.p. nella parte in cui tale norma non e- stende la disciplina delle intercettazioni a qualsivoglia visione di immagini in luoghi privati, benché non si configuri come capta- zione di messaggi tra presenti. Nella specie, la polizia giudiziaria aveva effettuato numerose riprese visive all’inter- no di una abitazione tramite una videoca- mera collocata su un edificio adiacente36; si trattava di filmati per i quali l’organo inve- stigativo non aveva richiesto alcun provve- dimento autorizzativo, né del giudice per le indagini preliminari, né del pubblico mini- stero. L’ufficio a quo, pur consapevole della pronuncia costituzionale n. 135 del 2002, ha ritenuto che il persistente vuoto normativo in materia determinasse – stanti gli orienta- menti della giurisprudenza – la lesione degli evocati parametri costituzionali, giustifican- do un nuovo scrutinio: rimettere l’utiliz- zabilità delle immagini di comportamenti non comunicativi alla valutazione del giudice («di volta in volta»), in ragione dell’avvenu- ta lesione o meno del valore di cui all’art. 14 Cost., configura un limite non definito in al- cun modo dalla legge. Il Giudice delle leggi, pur dichiarando l’i- nammissibilità della questione, formula os- servazioni interessanti37. Si sottolinea, innanzitutto, che l’art. 14 Cost. protegge il domicilio sotto due distinti aspetti: «come diritto di ammettere o esclu- dere altre persone da determinati luoghi in cui si svolge la vita intima di ciascun indivi- duo; e come diritto alla riservatezza su quan- to si compie nei medesimi» spazi. Nel caso di registrazioni visive, l’inviolabilità del do- micilio rileva precipuamente sotto il secondo profilo: «non tanto – o non solo – come dife- sa rispetto ad una intrusione di tipo fisico; quanto piuttosto come presidio di un’intan- gibile sfera di riservatezza, che può essere lesa – attraverso l’uso di strumenti tecnici – anche senza la necessità di un’intrusione fi- sica». Ne deriva, che la tutela scatta quando i comportamenti tenuti in ambienti privati so- no realizzati in condizioni tali da non ren- derli tendenzialmente visibili a terzi; al con- trario, se l’azione «può essere liberamente osservata dagli estranei, senza ricorrere a particolari accorgimenti (paradigmatico il caso di chi si ponga su un balcone prospi- ciente la pubblica via), il titolare del domici- lio non può evidentemente accampare una pretesa di riservatezza; e le videoregistra- zioni a fini investigativi non possono di con- seguenza, che soggiacere al medesimo regi- me valevole per le riprese visive in luoghi pubblici o aperti al pubblico»38. In definitiva, la tutela individuata dall’art. 14 Cost. opera quando, per eseguire filmati all’interno del domicilio, gli organi investi- gativi superano, «tramite opportune mano- vre avvalendosi di speciali strumenti», la barriera «che si frappone tra la generalità dei consociati e l’attività filmata». Quindi, se le immagini riproducessero solamente persone 36 Luogo, quest’ultimo, ad avviso del rimettente, da ritenersi riconducibile alla nozione di “domicilio” e di “privata dimora”. 37 C. cost., sent. 16 maggio 2008, n. 149, in www.cortecostituzionale.it. Per le relative riflessioni, Caprioli, Nuo- vamente al vaglio della Corte costituzionale l’uso investigativo degli strumenti di ripresa visiva, Giur. cost., 2008, 1832 ss.; Lamarque, Le videoriprese di comportamenti non comunicativi all’interno del domicilio: una sentenza costituzionale di inammissibilità esemplare in materia di diritti fondamentali, Giur. cost., 2008, 1844 ss. 38 In tali casi, le videoriprese non differiscono, in concreto, dalla documentazione filmata di un’attività di osser- vazione o di appostamento, che ufficiali o agenti di polizia giudiziaria potrebbero compiere collocandosi, di per- sona, al di fuori dell’abitazione. Adolfo Scalfati, Orietta Bruno Orientamenti in tema di videoriprese 103 affacciate sul davanzale della finestra dell’abi- tazione, liberamente visibili dai dirimpettai, la tutela apprestata dall’art. 14 Cost. non ricor- rerebbe; mentre, se per le sue caratteristiche tecniche o per la sua collocazione, lo strumen- to di ripresa visiva permette di riprendere comportamenti sottratti alla normale osserva- zione ab externo, la salvaguardia costituziona- le troverebbe piena applicazione39. Sotto un aspetto parallelo, la Corte costitu- zionale ribadisce senza esitazioni come, in difetto di norme che disciplinano i filmati di- retti a ritrarre immagini non comunicative in aree domiciliari, l’operazione resti vietata e i risultati delle riprese siano inutilizzabili. Forse, gli argomenti riportati nella pronun- cia autorizzano a fare un passo avanti sul terreno della tutela scaturente dal testo costi- tuzionale, sganciando la riservatezza ricon- ducibile all’art. 14 Cost. dalla fisicità dei luo- ghi tradizionalmente destinati allo svolgi- mento della vita privata e attribuendo un più effettivo valore ad ogni barriera capace di impedire alla generalità – senza l’uso di ma- novre fraudolente – l’osservazione di com- portamenti umani. Resta sullo sfondo, in ogni caso, la fragili- tà di tutela dinanzi all’intrusione filmica compiuta negli spazi riservati non sussumi- bili nella nozione (non sempre lineare) di domicilio; stando alla prassi, qui basta un provvedimento giudiziario a garantire i comportamenti che l’uomo intende mante- nere riservati. Eppure, nella pratica dei fil- mati occulti manca ogni ritegno a registrare, con elevata capacità rappresentativa del do- cumento, le condotte più intime della per- sona, non solo dell’imputato; e non è pensa- bile che l’operazione occulta subisca lo stes- so trattamento di quelle ispettive o perqui- renti dove peraltro – al di là della più tenue lesione della privatezza, congenita alle mo- dalità classiche di questi strumenti investi- gativi – non mancano previsioni poste a ga- ranzia della dignità personale. Un’occasione perduta L’analisi in retrospettiva e le perduranti in- certezze di una vasta casistica rivelano l’esi- genza di regolamentare la materia, anche nell’ottica di chiarire l’ambito e il grado di tutela dinanzi alle tecnologie investigative; nonostante un certo impegno mostrato nella riforma generale delle intercettazioni40, il la- vorio dei compilatori si è arenato sulla di- vergenza di opinioni che, in realtà, nascon- devano un marcato scontro ideologico e isti- tuzionale. Ma l’arresto parlamentare sul disegno di legge non è stato un male per il tema in esa- me, considerati i modi, notevolmente sbri- gativi, nei quali si intendeva delineare la di- sciplina di species. Una prima occhiata al progettato intervento sull’art. 266, comma 1, c.p.p. poteva indurre a formulare qualche apprezzamento per il fatto che il legislatore non avesse dimenticato il problema, assog- gettando tout court le videoriprese alle nor- me sulle intercettazioni; e così, dinanzi alla crescente rilevanza del fenomeno, sembra- vano d’improvviso risolte le connesse pro- blematiche, confezionando un prodotto a- sciutto, ingenuamente diretto a superare i distinguo sui comportamenti intercettabili e sull’ambito della protezione domiciliare41. 39 Condivide l’epilogo Caprioli, Nuovamente al vaglio della Corte costituzionale l’uso investigativo degli strumenti di ri- presa visiva, cit., 1843 ss. che, peraltro, argomenta istituendo un parallelo con la sfera applicativa dell’art. 615 bis c.p. 40 Il riferimento è al d.d.l. n. 1415/S presentato il 30 giugno del 2008 poi confluito nel ddl n. 1611/S. 41 Non è stato mai stato approvato dal Parlamento un progettato art. 266 ter c.p.p. – rimaneggiamento dell’art. 7 d.d.l. n. 1638/C – che proponeva la distinzione fra riprese visive di atti comunicativi e non, facendo riemergere
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved