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approfondimento interdisciplinare del mito di Apollo e Dafne, Guide, Progetti e Ricerche di Latino

collegamento mito Apollo e Dafne con diverse materie

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2017/2018
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Peppo97
Peppo97 🇮🇹

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Scarica approfondimento interdisciplinare del mito di Apollo e Dafne e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Latino solo su Docsity! APOLLO E DAFNE Templi dedicati a DafneVi era nella terra dei Lacedemoni, in un luogo chiamato Hypsoi[12], un tempio detto di "Artemis Daphnaia"; sorgeva sulle pendici del monte Cnacadion nei pressi dei confini dei territori soggetti a Sparta[13] e aveva tra i suoi alberi sacri l'alloro[14]. InterpretazioniIl mito di Apollo e Dafne è stato variamente esaminato come una battaglia tra la castità (Daphne) e il desiderio sessuale (Apollo). Come Apollo insegue per bramosia di lussuria Dafne, così questa si salva attraverso la sua metamorfosi e confinamento nell'albero d'alloro che può essere visto come un atto di castità eterna. Daphne è costretta a sacrificare il suo corpo e diventare una pianta come la sua unica possibilità di fuga dalle pressioni dei costanti desideri sessuali di Apollo. Il dio infine accoglie la castità eterna di Daphne e crea una corona dai suoi rami, trasformando il suo simbolo di castità in un simbolo culturale per lui e tutti gli altri poeti e musicisti[15].Perché lei vuole fuggire? Perché lei è "Artemis Daphnaia", la sorella del dio, ha osservato l'antropologo e psicoanalista di derivazione freudiana Géza Róheim[16], e anche Joseph Eddy Fontenrose[17] concorda. Altri invece affermano che una sua identificazione automatica con Artemide senza alcun dubbio semplifica eccessivamente l'immagine: l'equazione di Artemide e Daphne nella trasformazione del mito stesso chiaramente non può funzionare [18].Nella letteratura più recente si è anche sostenuto che Il bacio di Gustav Klimt possa essere un dipinto simbolico del bacio dato a Daphne da Apollo nel momento in cui si ella trasforma in un albero di alloro[19]. Botanica Mentre la storia di Dafne è tradizionalmente collegata con l'alloro (il Laurus nobilis), quasi 90 specie di arbusti sempreverdi noti per i loro fiori profumati e i frutti velenosi sono raggruppate sotto il genere Daphne: la "ghirlanda di fiori" (Daphne cneorum), Daphne di febbraio o mezereon (Daphne mezereum) e alloro euforbia o alloro di legno (Daphne laureola). Questi generi sono classificati nella famiglia Thymelaeaceae e sono nativi in Asia, Europa e Nord Africa. Curiosità La mitologia ci regala personaggi pieni di simbolismo, immortalati nella stora da letterati, pittori, scultori e musicisti.E’ il caso di Dafne che significa "lauro", alloro.E’ il primo grande amore del Dio Apollo.E’ una fanciulla selvaggia, che riesce non solo a conquistare il cuore di Apollo, ma anche quello di un giovane mortale di nome Leucippo, "quello dei cavalli bianchi". Leucippo si travestì da donna per potersi accostare a Dafne. Secondo alcune fonti le sacerdotesse decisero, forse per suggerimento di Apollo, di effettuare nude i loro riti, secondo altre fonti durante il bagno, tuttavia ciò portò allo smascheramento di Leucippo che morì ucciso dalle stesse fanciulle. Fu il momento in cui Apollo, approfittando della caduta del nemico in amore, si dichiarò a Dafne, ma fu respinto. Il dio si mise all'inseguimento della fanciulla che era corsa via spaventata, e stava quasi per raggiungerla quando Dafne, invocato l'aiuto di Gea o del padre, si trasformò in un albero di alloro. Da allora fu l'albero preferito di Apollo, che ne porta i rami come una corona.E’ una delle leggende più belle della mitologia e Dafne che fugge davanti ad apollo. Può rappresentare l’aurora che fugge al cospetto del Sole.Quando il Sole la raggiunge e l’inonda di raggi , l’Aurora, come Dafne, è già morta.E forse la favola vuole anche significare che il poeta insegue l’illusione e non trova che la realtà.Il mito di Dafne ha dato spunto alla rappresentazione artistica di moltissimi autori, quali i pittori Piero del Pollaiolo, Giorgione, Giovanni Battista Tiepolo e scultori come Gian Lorenzo Bernini, autore di una celebre versione di Apollo e Dafne. Attualità_La violenza nella bellezza Quand’ero al liceo, lessi la poesia di un ragazzo per il quale provavo una certa attrazione (leggi: glie’ morivo dietro). Nella poesia, che io avrei molto gradito si riferisse a me, paradigma d’amore fuggitivo era Dafne, alla quale il ragazzo si rivolgeva con parole dolci. Questo passaggio s’inserì senza problemi nella mia visione romantica della situazione e non lo misi in discussione mai, neanche quando il suddetto ragazzo fu diventato un ricordo. Perché Apollo e Dafne sono i protagonisti di una storia d’amore tragico, di una narrazione poetica e di una statua tra le più sensuali al mondo, sono l’immagine di un desiderio ardente. Sono qualcosa di bello, romantico, tragico, non problematico. Giusto? Sbagliato. Apollo e Dafne è la storia di uno stupro.La storia più antica che ci è stata tramandata su Dafne (1) è diversa da quella più nota, se non per il fatto che la ninfa ha già il discutibile vizio di attrarre amanti indesiderati. Il giovane Leucippo, ci dice il mito, s’innamora di lei e, facendosi scambiare per donna, riesce ad accompagnare Dafne mentre fa il bagno nel fiume. Ora, vedere il corpo nudo di creature semidivine non portava troppo bene agli umani, di solito, e infatti Dafne scopre che Leucippo è un uomo e, senza tergiversare, lo ammazza. C’est la vie. La seconda storia che ci raccontano su Dafne (2) è già più simile a quella che conosciamo. La ninfa, stavolta, è figlia del fiume Ladone e della Terra. Apollo s’invaghisce di lei e, come spesso accade quando sono gli dei a volere il corpo nudo di una ninfa, dire “no grazie” non basta e fuggire neppure. Quando Apollo l’ha quasi raggiunta, Dafne invoca l’aiuto di sua madre e la Terra la inghiotte per sottrarla al dio. Ma non si può scontentare troppo Apollo, perciò in cambio di sua figlia la Terra gli offre l’alloro, daphne in greco, e Apollo ne fa il suo albero sacro.La storia che conosciamo noi (3) è simile a questa; solo che è più dura. Ovidio ci racconta di come il dio dell’Amore punisca Apollo, che si era vantato d’essere più forte di lui, mettendo in Apollo l’amore per Dafne e in Dafne il disprezzo dell’amore. Quando la ninfa vede Apollo sa già come va il mondo, e fugge. E Ovidio ci racconta, allora, una storia che conosciamo bene. Di come Apollo inizi a inseguire Dafne, sì, ma senza foga, e usi parole per blandirla, per garantirle che non è un nemico, per augurarsi che la corsa non le faccia male – lui che vuole solo il suo bene! – per dirle che è un dio grandissimo, e la ama moltissimo.Dafne non si ferma, e Apollo perde la pazienza. Abbandona le parole e la insegue, ora, come una belva la sua preda. Dafne fugge, il panico la invade, e Ovidio si sofferma a descrivere la bellezza del suo corpo scomposto, denudato dal vento e dalle fronde, il modo in cui “la fuga la rende più bella”. Sono versi splendidi e ci trascinano dentro lo sguardo dell’inseguitore, che “vede la bocca, ma vederla non basta”; che gode della paura della preda traendone eccitazione fisica, e desiderio crescente.Ma Dafne si salva, mi direte; lo sappiamo tutti. E sì, in un certo senso avete ragione. Ovidio ci fa emergere dalla similitudine del cacciatore come ci svegliasse, mostrandoci Apollo così vicino a Dafne da avere il fiato sui suoi capelli. La ninfa invoca suo padre il fiume, allora; e gli chiede di distruggere, mutandola, la sua bellezza troppo desiderata. Così, il fiume la tramuta in un albero nel momento in cui Apollo la raggiunge. È il momento catturato nel marmo da Bernini, e molti commentatori della statua dicono che l’orrore nel viso di Dafne le viene dalla percezione della metamorfosi, del suo corpo morbido che muta in corteccia dura. Io ne so un po’ di letteratura, ma molto poco di storia dell’arte, e quindi quel che sto per dire non ha nessun valore scientifico; ma io, quando vedo l’orrore nel viso di Dafne, penso che sia perché le mani di Apollo hanno raggiunto il suo corpo, e sono mani che lei non voleva..Dafne è inviolata, però. È salva. E questo è vero. Eppure, Apollo le mette le mani dove c’era il petto e, dalla corteccia, sente ancora battere il cuore; copre il legno di baci, anche se il legno non vuole. Pronuncia un discorso, infine, lui che può perché ha ancora una voce, e dichiara che se Dafne non può essere sua come donna, sarà sua come albero, e sarà sua per sempre. E, in un abbaglio della vista che il lettore è costretto a condividere con lui, vede l’alloro muoversi al vento e gli pare che dica, finalmente, sì.C’è un gioco che si può fare quando si leggono articoli scientifici sulla storia di Apollo e Dafne, ma anche su uno qualsiasi degli altri circa cinquanta episodi di violenza sessuale nei quindici libri delle Metamorfosi: contare quanti autori rubricano gli episodi sotto “corteggiamento”, “amore” e “intrigante erotismo” e quanti, invece, sotto “violenza”, “voyerismo” e “stupro”. Che io mi senta sollevata nel registrare che questa seconda categoria anche soltanto esista la dice lunga sullo stato degli studi classici e in generale della società occidentale. Eppure è così, e, abituata a considerare la cancellazione dell’esperienza della vittima come una norma, provo vera commozione quando studiosi grandissimi – L. C. Curran e Charles Segal, vi voglio bene – sanno amare e sentire la bellezza della poesia e al contempo vedere e nominare la violenza e l’abuso.Ed è a questo, credo, che bisogna mirare. Non si può – e non si vuole – cessare di vedere la bellezza dei versi di Ovidio, o dei marmi del Bernini, o di quell’immensa porzione di letteratura mondiale che estetizza la violenza sulla donna. Ma si può, e si deve, riconoscere questa violenza, e nominarla, e interrogarsi incessamente sugli effetti che ha su di noi. Perché altrimenti la incorporiamo; la facciamo diventare normale, persino bella. Perché se uno studioso vede un episodio di intrigante erotismo, di corteggiamento, di amore, nell’inseguimento di una donna che preferisce avere il corpo distrutto piuttosto che stuprato, quello studioso sarà un uomo che non riconosce uno stupro quando lo vede; o quando lo fa. E a noi, questo, non piace.
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