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Approfondimento sulle differenze tra Dewey e Weber, Appunti di Docimologia - metodi e tecniche di valutazione

Approfondimento sulle differenze tra Dewey e Weber

Tipologia: Appunti

2016/2017

In vendita dal 13/07/2017

FlaviaIsernia
FlaviaIsernia 🇮🇹

4.8

(24)

33 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Approfondimento sulle differenze tra Dewey e Weber e più Appunti in PDF di Docimologia - metodi e tecniche di valutazione solo su Docsity! Differenze tra Dewey e Weber Nel fondamentale testo del 1939 Theory of Valuation, Dewey propone di discutere la questione dei valori dal punto di vista della valutazione. Egli si domanda se i giudizi di valore siano dotati di oggettività. Questa possibilità è negata da coloro i quali considerano i valori in termini puramente soggettivi. Dire che qualcosa è moralmente ingiusto, è la stessa cosa che piangere perché si è posato un piede su di una pietra aguzza. Nei due casi, l’espressione linguistica esprime direttamente una sensazione, una reazione emotiva, ossia un comportamento sprovvisto d’oggettività e che dunque non può essere sottomesso al controllo della riflessione intelligente. A queste affermazioni, in primo luogo, Dewey concede che le valutazioni siano strettamente legate alle emozioni provate dall’individuo impegnato nella valutazione. Tuttavia, questa relazione non impedisce che le valutazioni possano essere oggettive. Difatti, ogni giudizio di valore è espresso dal linguaggio, anche nel caso in cui esprima un’emozione. Poiché il linguaggio è socialmente costituito, ogni valutazione in quanto atto linguistico è così fornita di una componente pubblica, sociale, ossia oggettiva. In secondo luogo, Dewey esamina l’opinione secondo la quale le valutazioni debbano essere intese come semplici espressioni di desideri. In questo caso Dewey afferma che ogni desiderio è fondato su di una mancanza, su di una rottura oggettiva che investe lo svolgimento dell’interazione sociale. Inoltre, ogni desiderio chiama in causa una finalità, la cui realizzazione chiama in causa un intervento sulle condizioni oggettive che la rendono possibile. In questo senso, Dewey afferma che è necessario distinguere tra whishing, ossia il puro e semplice auspicio, e desire, che al contrario comporta lo sforzo e il tentativo attivo di realizzazione. Dunque, le valutazioni possono essere oggettive, anche nel caso in cui esprimano emozioni e desideri. Inoltre, contrariamente a quello che affermano gli emotivisti, le valutazioni possono essere valutate. Questo significa che esse sono oggettive in quanto esistono socialmente e naturalmente, e quindi possono essere oggetto di indagine scientifica da parte della psicologia, della sociologia e dell’antropologia. Inoltre si possono valutare le valutazioni con una certa pretesa di oggettività e con un certo grado di intelligenza. In tal modo, Dewey sfida indirettamente una tradizione filosofica il cui rappresentante più importante è senza dubbio Max Weber. Allo scopo di comprendere questo dibattito a distanza, è necessario introdurre la distinzione tra mezzi e fini. Secondo Max Weber la discussione razionale può illuminare la scelta dei mezzi più appropriati, e può anticipare le conseguenze che un certo atto può produrre. Tuttavia, la ragione è impotente di fronte alla scelta dei fini. Dunque l’attività razionale può decidere come fare qualcosa, ma non può decidere cosa fare. Il dualismo tra mezzi e fini si riflette nell’impossibilità da parte della riflessione intelligente di mettere in discussione i fini, ossia i valori. Allo scopo di chiarire ulteriormente la sua posizione, Weber propone l’esempio di un sindacalista. Mettiamo che le argomentazioni scientifiche dimostrino che i valori sui quali l’azione politica di quest’ultimo è fondata siano inutili nelle condizioni sociali attuali. Inoltre, poniamo che le conseguenze prodotte dalla sua azione sindacale si rivelino addirittura dannose per i lavoratori che egli vorrebbe difendere. Ora, secondo Weber tutte queste argomentazioni non mettono in discussione le posizioni etiche del sindacalista. La scelta dei fini ultimi è legata a un senso del sacro, a un senso d’integrità personale che si fonda nell’obbedienza a un valore ultimo. Non c’è alcuna riflessione intelligente che possa mettere in discussione l’adesione morale a un determinato fine. Il sindacalista realmente coerente vuole semplicemente mantenere in sé stesso, e per quanto possibile suscitare in altri, un determinato modo di sentire che gli appare assolutamente dotato di valore e sacro. Le sue azioni esterne, proprio quelle che in partenza sono condannate anche a un’assoluta mancanza di successo, hanno in ultima analisi lo scopo di dargli la certezza che questo modo di sentire è puro. All’interno del legame sacro tra l’individuo e le sue convinzioni morali fondamentali, non c’è alcun posto per la discussione critica dei mezzi impiegati allo scopo di raggiungere un fine ideale. La prospettiva di Weber è rovesciata da Dewey. Anche secondo il pensatore americano la relazione tra mezzi e fini gioca un ruolo centrale all’interno della questione dei valori. Tuttavia, differentemente da Weber egli afferma che questo rapporto non deve essere pensato in termini dicotomici. Ciò significa che la relazione tra le due dimensioni non è puramente strumentale, ma al contrario è essenziale. Un esempio può aiutare a
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