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Sintassi in Linguistica Italiana A-De: Definizione e Caratteristiche, Appunti di Linguistica

Nella lezione del 05/10/2021 di Linguistica Italiana A-De, si riprende il tema della sintassi, che si occupa della struttura logica e grammaticale delle frasi. Si discute come i moderni approcci analitici, come la grammatica delle valenze, abbiano un approccio diverso rispetto alla definizione di frase e alla struttura sintattica. La sintassi sceglie il dominio della frase, quindi le grammatiche sono di frase, e non si occupano di questioni pragmatiche. La definizione di frase varia a seconda delle teorie, ma in generale si intende come espressione linguistica che esprime un concetto compiuto.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 25/04/2022

Decafmule
Decafmule 🇮🇹

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Scarica Sintassi in Linguistica Italiana A-De: Definizione e Caratteristiche e più Appunti in PDF di Linguistica solo su Docsity! Linguistica italiana A-De, lezione del 05/10/2021 Sintassi Riprendiamo la lezione da dove l’avevamo lasciata la volta scorsa: avevamo visto alcuni problemi relativi alla definizione di frase e ad alcuni altri concetti portanti della grammatica tradizionale e c’eravamo proposti di verificare se esistesse intanto la possibilità di risolverli. Avevamo presentato soprattutto i modelli tradizionali nelle loro fondamenta logiche e analitiche, che risalgono, almeno in alcuni casi, addirittura ad Aristotele. Nella grammatica tradizionale avevamo visto che il problema fondamentale, relativamente a questioni sintattiche e morfosintattiche, è quello della confluenza di piani non dichiarata; si era detto che questi piani andrebbero tenuti distinti. In effetti nella scuola di solito si affronta la grammatica con un approccio “dal piccolo al grande”, si parte dalle unità (le parole) di cui si descrivono le caratteristiche morfologiche, passando poi alle strutture più grandi (strutture frasali) di cui si descrivono i componenti in un’ottica eminentemente logica più che strutturale (l’analisi dei complementi). In realtà gli approcci moderni, i modelli analitici moderni (per es la grammatica delle valenze), hanno un approccio un po’ diverso: in generale partono dalle entità più grandi che vengono poi analizzate in costituenti più piccoli, secondo un modello di analisi in costituenti immediati che si è imposto a partire dal ‘900. Analisi in costituenti immediati  io mi metto davanti al costituente frasale e via via lo segmento in unità di livello inferiore e su questa base dichiaro le caratteristiche della sintassi. Volendo analizzare la struttura della lingua io dovrei partire dai discorsi che vengono fatti da tutti noi, quindi mi troverei in un piano che è testuale, discorsivo: quando si parla non si parla per frasi, bensì per enunciati, i quali non sempre aderiscono alla struttura della frase. La frase è qualcosa di astratto, che entra nel dominio grammaticale: Sabatini, autore principale di una grammatica sul modello valenziale, diceva che quando noi ci occupiamo di grammatica dobbiamo partire dalle “frasi tipo”  struttura astratta, per certi versi semplificata, che comunque non aderisce pienamente alla struttura dell’enunciato, alla struttura dell’enunciato possiamo immaginare soggiaccia una frase ma naturalmente esiste un piano ulteriore di elaborazione che modifica la frase ed è il piano del testo e della pragmatica che stanno al di fuori della nostra grammatica. La grammatica così come la intendiamo noi è una grammatica di frase, il dominio della nostra grammatica è la frase complessa, cioè il periodo. Non dobbiamo però pensare che al di sopra della frase non esistano regole, in realtà esse esistono ma sono regole non sintattiche, bensì che rientrano nel dominio della testualità. La sintassi sceglie come dominio la frase, pertanto le nostre sono grammatiche di frase, non ci occupiamo delle questioni di tipo pragmatico. Come possiamo definire la “frase”? Mentre nella grammatica valenziale è stata fornita una definizione di frase, così come lo si è fatto nella grammatica tradizionale, nella grammatica generativa non è mai stata data una definizione di frase. Considerate che in realtà è stato fatto un computo per cui le definizioni di frase calcolate su un certo corpus di grammatiche sono almeno una cinquantina tutte diverse l’una dall’altra per qualche aspetto. Si tratta di un concetto sicuramente complicato. Sabatini indica come frase un’espressione linguistica che esprime un concetto compiuto anche senza collegamenti ad altre frasi e senza riferimenti ad una situazione comunicativa  espressione linguistica che esprime un concetto compiuto : in questa definizione il riferimento alla semantica non è stato escluso, il senso compiuto vige ancora. Dovremmo chiederci se questo postulato del senso compiuto sia necessario in un’ottica formale, qui è esplicitato e nelle grammatiche valenziali anche. Anche senza collegamenti ad altre frasi: vuole risolvere una delle aporie di cui abbiamo parlato, infatti avevamo detto che una frase come “Marina dice che Luca tornerà a casa presto” solo in un senso molto astratto e falso si può dire come si dice della frase reggente “Marina dice” che sta in piedi da sola: “Marina dice” non sta in piedi da sola, è solo la frase reggente ma ha bisogno della completiva. Questo vuole risolvere il problema di chi dice che la prima non è una frase perché non è completamente autonoma e la seconda non è una frase perché dipende dalla prima. Senza riferimenti ad una situazione comunicativa: vuole tutelarsi dall’obbiezione per cui esistono espressioni che hanno un significato compiuto ma che non sono frasi (es. “Accidenti” ha evidentemente un significato compiuto ma solo in uno specifico contesto e non è una struttura frasale). “Avere senso compiuto” significa una cosa diversa dal dire che “Accidenti” ha un senso compiuto, altrimenti sarebbe costretto a dire che anche “Accidenti” ha un senso compiuto ed è una frase, anche se evidentemente non lo è. “Avere un senso compiuto” ha un significato collegato alla struttura valenziale del verbo e degli altri elementi che hanno una struttura argomentale: dire che ha un significato compiuto vuol dire che vede soddisfatte le richieste argomentali del verbo (più che un problema di significato è un problema di saturazione delle valenze, ovvero un problema di ordine formale, non contenutistico). Valenza di “regalare”: è un verbo che ha bisogno di questi tre attanti/argomenti (qualcuno/qualcosa/a qualcuno) per essere usato all’interno di una frase. Dire che la frase, come diceva Sabatini, esprime un concetto compiuto significa dal punto di vista sintattico che il verbo “regalare” vede saturate le sue tre valenze, e come effetto di ciò la frase ha un significato compiuto, ma si tratta di due piani diversi, e infatti in generale mentre Tesniere, quando parlava di valenza come caratteristica delle teste predicative e dei verbi, diceva che ogni verbo richiede un certo numero di attanti che all’interno della rappresentazione scenica che noi possiamo collegare al verbo hanno un certo ruolo. Nelle rielaborazioni della teoria valenziale di Tesniere si distingue tra attanti ed argomenti: quando noi diciamo che la valenza è una proprietà del verbo di richiedere un certo numero di costituenti che lo accompagnino obbligatoriamente stiamo dicendo una cosa sul piano sintattico, il verbo x ha bisogno di x, y e z e deve essere accompagnato da questi tre costituenti per saturare la sua valenza. Se la valenza non viene saturata io ho una frase agrammaticale. Questo risponde bene alla definizione di Tesniere secondo cui la valenza viene rappresentata immaginificamente come un certo numero di ganci che il verbo ha cui si attaccano questi elementi obbligatori (tutti i ganci devono avere attaccato un elemento). Tesniere diceva anche un’altra cosa per spiegare la valenza: immaginate di trovarvi su un palcoscenico e di avere l’organizzatore di una rappresentazione teatrale che ha in mente un’azione scenica che ha bisogno di un certo numero di attori, e sceglie il numero di attori che gli servono, assegnando ad essi un ruolo: questa rappresentazione ha più a che fare in maniera più decisa con il significato della rappresentazione, con l’immagine mentale che io mi creo del verbo “regalare”, ma è un piano diverso; io ho un’immagine mentale del verbo “regalare” per cui succede qualche cosa e qualcuno fa qualcosa, c’è qualcuno che prende un oggetto, il quale patisce l’azione di essere preso e di essere consegnato ad un’altra persona che ne beneficia (con questo siamo sul piano della semantica, del significato). Se io invece dico che il verbo “regalare” ha bisogno di tre costituenti per essere impiegato all’interno della frase questa rappresentazione va portata sul piano della sintassi. All’interno della sintassi valenziale poi si trovano anche delle definizioni diverse: per es un volumetto che tratta la grammatica valenziale scritto da Donatella Lovison dava come definizione Il determinatore (ovvero l’articolo) ha invece, rispetto all’avverbio, un comportamento sintatticamente molto più ristretto, modifica il nome. Anche l’aggettivo ha un comportamento più ristretto in quanto di solito modifica il nome. La struttura delle frasi, le regole della grammatica danno per scontata l’esistenza della classe lessicale: noi sappiamo che una cosa è verbo, nome, aggettivo perché ci hanno insegnato a chiamarli così, ma nella nostra grammatica interna occupano caselle morfosintatticamente diverse. Le parole non possono fare parte di categorie diverse: nel caso di la vecchia porta la sbarra, porta può essere nome o verbo, ma si tratta di due parole diverse accidentalmente coincidenti dal punto di vista grafo-fonetico. Perché la frase dipende anche dalla struttura? Dipende dal modo in cui io aggrego i costituenti, in base a ciò io ottengo frasi diverse e significati diversi. Es. come rendere negativa una frase affermativaLuca fuma la pipa: per renderla negativa bisogna aggiungere l’avverbio non prima del sintagma verbale (tutto ciò che accompagna il verbo nella frase e forma un costituente unico con il verbo). La frase è una struttura che ha una sua dimensione verticale in cui certi costituenti ne dominano altri; un gruppo di costituenti per le regole della sintassi si comporta come se fosse un oggetto unitario: saluto Luca, Luca è un costituente di tipo nominale. Saluto il giovane Luca, in giovane Luca “Luca” è modificato da un determinatore e da un aggettivo, ma tutto insieme si comporta come un costituente nominale, questi elementi si aggregano e per le regole della sintassi il giovane Luca funziona come Luca da solo. Che cosa dicono a scuola in generale sulla frase? Quando parlano di frase distinguono i vari tipi di frase: uno dei concetti che vengono più spesso utilizzati è quello di frase minima, frase semplice, frase complessa. La frase minima è la frase che include almeno il verbo e il soggetto (Luca mangia; una frase come Luca regala non funziona perché mancano dei costituenti). Al più potremmo dire che la frase minima è quella in cui vediamo soddisfatte le richieste argomentali del verbofrase nucleare, ovvero frase in cui il nucleo predicativo vede soddisfatte tutte le richieste argomentali del verbo. La frase complessa è una frase simile alla frase nucleare: la differenza fondamentale sta nel fatto che uno degli argomenti non è un sintagma di qualunque tipo ma è un sintagma speciale, ovvero una frase: ad es Luca desidera il gelato frase nucleare. Se al posto di gelato come modificatore di desiderare io inserisco un argomento frasale e non nominale ho una frase complessa. Luca desidera mangiare il gelatofrase completiva implicita in cui una frase satura la valenza di desiderare, non un costituentefrase complessa. Non tutte le frasi complesse sono frasi in cui introduciamo elementi frasali argomentali, come del resto non tutte le frasi sono senz’altro frasi nucleari: Luca regala un libro a Giovanni è una frase nucleare; Luca regala un libro a Giovanni in biblioteca venerdì mattina è una frase nucleare ma ci sono elementi aggiuntivi, i quali sono informativamente rilevanti in quanto ci dicono qualche cosa ma a differenza degli elementi argomentali possono essere cancellati: questi si chiamano “aggiunti” elementi sintatticamente non indispensabili alla struttura della frase ma che possono essere presenti nella struttura della stessa. Le frasi possono in moltissimi casi sostituire i costituenti e se sostituiscono un costituente argomentale sono frasi argomentali, se sostituiscono un aggiunto sono frasi circostanziali, che non sono indispensabili. Luca desidera mangiare il gelato quando fa caldo (circostanziale corrisponde ad un aggiunto, un elemento non nucleare). Frase composta è una frase in cui alcuni elementi sono uniti agli altri attraverso congiunzioni coordinative/avversative… Abbiamo strutture che replicano altri costituenti contenuti all’interno della frase: Luca desidera mangiare il gelato e bere l’acqua minerale. Alcune grammatiche fanno rientrare all’interno delle strutture frasali composte anche quelle in cui gli elementi frasali sono uniti per asindeto (unione attraverso punteggiatura). Per noi non è così perché se non esistono legami di ordine formale che denuncino il collegamento tra le parti della frase composta essa non è definibile come tale: se io unisco due frasi semplicemente facendole succedere l’una all’altra (Luca mangia il gelato. Beve l’acqua minerale) posso considerarle l’equivalente di Luca mangia il gelato e beve l’acqua minerale ma il fatto che io le consideri così dipende solo dalla mia capacità di scoprire un possibile legame tra queste, ma non vi è nessun legame formale. Sintagma costituente è un iperonimo di sintagma, cioè una parola che ha un significato più ampio di sintagma e che comprende il sintagma. La parola “sintagma” è una parola greca che significa “unione”: il sintagma è un’unione di parole, di oggetti linguistici. Non si tratta di un’unione casuale, infatti possiamo definire il sintagma come un gruppo di parole che si comporta come un’unità sintattica, vale a dire che si considera in solido (tutto insieme) rispetto alle regole della sintassi. Es: Luca saluta lui “lui” è un costituente ed è anche un sintagma rispetto ad una delle regole della grammatica che è l’assegnazione del caso accusativo (in italiano non possiamo scrivere “egli”). Invece di “lui” io posso mettere “Marco”, dove il caso accusativo in italiano non si vede, mentre ad es in latino si vedrebbe, abbiamo un caso astratto, ovvero non morfologico. Invece di “Marco” potremmo avere “il ragazzo”, che è un gruppo di parole, però rispetto alla regola dell’accusativo funziona allo stesso modo, riceve tutto il caso accusativo. Se fosse “il ragazzo che abita in viale Romagna” avremmo un nome modificato da una frase relativa e anche lì la regola dell’assegnazione dell’accusativo cadrebbe su tutto il costituente. Questo gruppo di parole funzionerebbe come un unico oggetto rispetto alle regole della sintassi. Potremmo dire in termini più formali che il sintagma x è il costituente che è dominato da una proiezione massimale di tipo x: “Mario” è un nome; “il ragazzo” è un nome modificato da un determinatore, ma nel suo complesso funziona come un nome, quindi il costituente “il ragazzo” è della categoria x e sta sotto una proiezione massimale ovvero una specie di scatola che ha come etichetta “nome”sintagma nominale. Come si capisce se un oggetto forma un sintagma? Ci sono dei test di costituenza che sfidano alcune regole grammaticali: ad es Mario e Luca mangiano le patate con il tabasco, “le patate” è un costituente? Applichiamo la regola dello spostamento: se è un costituente io dovrei essere costretto a spostarlo all’interno della frase insieme e non dovrei poter separare “le” e “patate”; infatti se io inserisco materiale lessicale tra “le” e “patate” ottengo di solito frasi agrammaticali (non si può dire “le con tabasco patate”), eccezion fatta per gli artifici propri della lirica. Vi è anche la regola della focalizzazione: quando noi facciamo una frase scissa non possiamo farla con tutto ciò che vogliamo, ad es E’ con il tabasco che Luca mangia le patate, e non posso dire E’ il tabasco che Luca mangia le patate con, se sposto devo spostare il sintagma intero, devo focalizzare un intero costituente. Regola della coordinabilità: due costituenti si possono coordinare, Luca e Mario mangiano le patate con il tabasco e con il pepe, se li coordino devo coordinare una struttura uguale a quella precedente, che abbia sia “con” che il determinatore. Noi possiamo considerare la frase come il risultato della predicazione: la valenza è un fatto che è stato considerato lessicalmente determinato, ovvero è inscritto nel lessico che un verbo o un aggettivo o un nome abbiano una certa valenza (quando ad es imparo ad usare la parola “regalare” imparo che ha valenza 3). La valenza è il numero di argomenti che una testa esprime; le valenze possibili in astratto non hanno limiti a livello numerico, ma valutando i verbi di alcune lingue principali si è stabilito che sicuramente abbiamo verbi che hanno valenza 0, 1, 2, 3 e 4. Piovere ha valenza 0, arrivare ha valenza 1, telefonare ha valenza 2, vedere ha valenza 2, regalare ha valenza 3, tradurre ha valenza 4. Piovere ha valenza 0, ma ad es in inglese abbiamo It rains, dove “it” è pronome impersonale, ma è da considerarsi come verbo che ha valenza 1 quindi? E’ una questione molto complessa; Piovono pietre pone il medesimo problema di sopra ma la spiegazione è che di base si tratta di due verbi differenti, che hanno due differenti valenze, i due verbi hanno un differenziale semantico, un significato diverso. Mangiare, che è verbo transitivo, ha valenza 2, ma io posso dire anche in senso assoluto Luca mangia. Anche qui è il caso di un verbo che ha strutture e configurazioni valenziali diverse, ma in questo caso non c’è differenziale semantico, non cambia il significato.
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