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Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 18/12/2019

Utente sconosciuto
Utente sconosciuto 🇮🇹

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Scarica appunti appunti appunti appunti appunti appunti e più Dispense in PDF di Filosofia solo su Docsity! Lezione 20/11/15 REGOLAZIONE POST-TRASCRIZIONALE DELL’ESPRESSIONE GENICA Negli eucarioti la regolazione del’espressione genica avviene anche in seguito alla trascrizione del gene stesso, pertanto si può parlare di regolazione dell’espressione post-trascrizionale. Nei procarioti il trascritto è policistronico, cioè contiene l’informazione per più proteine e ogni sequenza che codifica per una proteina è preceduta dalla propria sequenza di Shine Dalgarno che serve per l’ancoraggio dei ribosomi. Negli eucarioti i trascritti sono monocistronici, cioè contengono l’informazione per un’unica proteina e presentano delle modificazioni sia al 5’ che al 3’. Queste modifiche consistono nella maturazione dell’mRNA precursore che avviene nel nucleo e comprende: - Aggiunta del cap al 5’: ha una funzione analoga alla sequenza di Shine Dalgarno; - Rimozione degli introni attraverso il processo dello splicing e successivo passaggio nel citoplasma solo degli esoni;  - Aggiunta di una coda di poliA all’estremità 3’ del tracritto (poliadenilazione).  Fasi dell’espressione genica Gli esoni sono sequenze che si trovano nel trascritto maturo, indipendentemente che siano codificanti o meno: regioni trascritte ma non tradotte al 5’ e al 3’. Gli introni non si possono definire come sequenze non codificanti perché ci sono introni dei geni che codificano per proteine coinvolte nella biogenesi dei ribosomi o che codificano per i miRNA. E’ corretto dire che gli esoni sono sequenze esportate come trascritto maturo a livello del citoplasma, mentre gli introni sono quelle che vengono ritenute all’ interno del nucleo e andranno poi incontro a degradazione. Nella cellula eucariotica i processi di maturazione dell’mRNA sono regolati dal CTD domain costituito da una coda che protrude dall’ enzima (ricca di serina e treonina) e che può andare incontro a eventi di fosforilazione. Il CTD lega i fattori di modificazione posizionandoli vicino al loro RNA substrato. Il legame dei fattori è regolato dallo stato di fosforilazione della Ser 2 e Ser 5 della coda CTD. Nella fase di preinizio la coda CTD è defosforilata. A seguito dell’attività chinasica del TFIIH si ha la fosforilazione della Ser 5 e questo evento segna l’inizio della trascrizione. Non appena ha inizio la trascrizione si verifica il primo evento di modificazione che è il Capping. Successivamente , la defosforilazione della Ser 5 e conseguente fosforilazione della Ser 2, determina lo Splicing. RNA CAPPING Il Capping rappresenta il primo evento di maturazione ed è un processo che prevede l’aggiunta di una guanosina metilata al 5’ del trascritto tramite un insolito legame 5’-5’ Il .Cap si forma mediante l’azione sequenziale di 3 enzimi: - la fosfatasi: rimuove un gruppo fosfato al 5’ del trascritto nascente; - la guanil transferasi determina la formazione di un legame 5’  5’ trifosfato insolito andando ad aggiungere una guanosina monofosfato (GMP) con liberazione del gruppo pirofosfato; - metil transferasi : eventi di metilazione che portano alla formazione di un prodotto metilato (7- Metilguanosina);la metilazione riguarda il gruppo 2’ OH disponibile. Funzioni del cap: - protegge l’mRNA dalla degradazione: il legame 5’-5’ non può essere attaccato dalle 5’ esoribonucleasi; - facilita il trasporto dell’mRNA nel citoplasma; -aumenta l’efficienza dello splicing; - efficienza della traduzione: è coinvolto nel reclutamento del ribosoma. Nei procarioti il caricamento dell’mRNA e della fMet- tRNA sulla subunità minore del ribosoma è contemporaneo e viene subito riconosciuto l’AUG iniziatore della traduzione. Negli eucarioti il tRNA iniziatore si lega alla subunità minore. Viene poi riconosciuto l’mRNA grazie alla presenza del cap che viene legato dal fattore di inizio della traduzione eIF4 responsabile del legame tra l’mRNA e la subunità minore del ribosoma (subunità eIF4E riconosce il Cap). Una volta riconosciuto il cap, avviene l’assemblaggio del fattore completo il quale presenta anche una subunità con funzione elicasica che andrà a svolgere eventuali strutture secondarie. Solo dopo il riconoscimento e il legame del cap viene reclutata la subunità minore del ribosoma nella quale è presente il tRNA iniziatore già legatosi in precedenza. Tramite l’attività elicasica, questo complesso scorre lungo l’ mRNA alla ricerca dell’AUG iniziatore localizzato nella sequenza di Kozak. Si lega poi la subunità maggiore del ribosoma. Poliadenilazione al 3’ La poliadenilazione al 3’ serve per definire il 3’ di un trascritto eucariotico. Nei procarioti il 3’ del trascritto viene definito da un evento di distacco dell’RNA pol: la terminazione della trascrizione richiede l’intervento di una proteina denominata ρ (rò) che funge da terminatore. Tale proteina presenta un’attività ATP dipendente-RNA elicasi. Nel momento in cui giunge a livello dell’ibrido RNA-DNA, attraverso l’attività elicasica rompe i legami H determinando il distacco dell’DNA e dell’RNA pol. Negli eucarioti invece la definizione del 3’ del trascritto avviene mediante un meccanismo di rottura endonucleolitica del trascritto stesso e aggiunta della coda di poli(A). Quando l’RNA pol II raggiunge la fine di un gene e trascrive i segnali di poliadenilazione, si innescano i meccanismi che portano alla terminazione della trascrizione. Le sequenze conservate per la poliadenilazione sono: - la sequenza AAUAAA che viene riconosciuta dal suo fattore in trans CPSF =fattore di specificità del taglio e della poliadenilazione, - il dinucleotide CA a livello del quale avviene il taglio, - a valle rispetto al sito di taglio è presente un elemento ricco in GU che verrà contattato dal fattore CstF =fattore di stimolazione del taglio. CPSF si lega al segnale di poliadenilazione AAUAAA, mentre CstF si lega alla regione ricca in GU. A questo punto intervengono i fattori CF=( fattori di taglio), che operano il taglio a livello della CA. Infine il fattore CstF andrà a richiamare la poli(A) polimerasi catalizza l’aggiunta della coda di poli(A) cui si lega una proteina specifica, PAB II (poli(A)-binding protein). L’altro problema è rappresentato dalla presenza dei siti criptici. Dato che le sequenze consensus dei siti di splicing sono piuttosto corte e degenerate, come si fa ad evitare tutte le sequenze simili (siti criptici) e a riconoscere i corretti GU e AG? Essendo gli introni molto più grandi degli esoni, non è semplice riconoscere le giuste sequenze; la cellula pertanto ha necessità di andare a definire i corretti siti di splicing. Questi ultimi sono quei siti che sono vicini agli esoni, cioè la correttezza dello splicing avviene attraverso un meccanismo che viene indicato come definizione degli esoni. La definizione dell’esone è determinata dalla presenza di proteine particolari, denominate proteine SR (ricche in Ser e Arg), sono proteine RNA binding protein e si legano a sequenze esoniche dette Exonic splicing enhancer, ESE. Le proteine SR tramite i domini ricchi in Ser e Arg, instaurano un’interazione proteina-proteina, andando a contattare le proteine deputate al riconoscimento dei siti 5’ e 3’ dello spliceosoma. In questo modo le proteine SR incrementano la precisione del riconoscimento dei boundary introne-esone. SPLICING ALTERNATIVO Lo splicing alternativo è un meccanismo che serve per incrementare la capacità informazionale presente nel genoma, cioè da uno stesso gene si possono ottenere più trascritti che daranno luogo a più proteine. Esiste pertanto una regolazione dello splicing alternativo. A questa regolazione partecipano non solo le sequenze esoniche ESE, ma anche altre sequenze regolatorie localizzate sia negli esoni che negli introni: ESS: exonic splicing silencer ISE: intronic splicing enhancer ISS: intronic splicing silencer Mentre le proteine SR riconoscono gli enhancer (ESE) che attivano lo splicing, i silencer (ESS) vengono riconosciuti dalle proteine hnRNP (heterogeneus nuclear ribonucleoprotein) che mascherano i siti di splicing e inibiscono le interazioni con le altre componenti dello spliceosoma. In questo modo vanno a bloccare siti di splicing criptici, oppure sono coinvolti nella regolazione dello splicing alternativo. Diversi sono i possibili eventi che concorrono alla generazione di più trascritti a partire da uno stesso gene: - promotori multipli che permettono l’inizio della trascrizione in punti differenti lungo il gene, - isoforme proteiche che differiscono nel sito di terminazione della trascrizione (eventi di poliadenilazione alternativi), - esoni a cassetta, cioè assenti del tutto o presenti in diversi trascritti, - esoni mutuamente esclusivi, cioè la presenza nel trascritto di un esone e l’assenza dell’altro. Mediante tutte queste possibilità di splicing alternativo, viene aumentata la capacità di codifica. ESEMPIO di splicing alternativo: A partire dallo stesso gene si ottengono due isoforme che hanno una funzione opposta l’una rispetto all’altra. Splicing alternativo dell’mRNA della caspasi 2 durante l’apoptosi Le caspasi sono proteasi impegnate nel processo di apoptosi, cioè di morte cellulare programmata. Tale processo può essere innescato: - da un segnale intrinseco: dato dal rilascio da parte del mitocondrio di particolari sostanze, come il citocromo c (Intrinsic pathway); - da segnali extracellulari: da molecole che si legano ai recettori di morte presenti sulla membrana cellulare e a seguito di questo legame vengono attivate proteine intracellulari (Extrinsic pathway). Entrambe le vie, estrinseca ed intrinseca, necessitano delle caspasi, che mediano l’apoptosi. Esistono 2 tipi di caspasi: le caspasi iniziatrici (2,8,9,10) che una volta attivate andranno a tagliare e ad attivare le caspasi effettrici (3,6,7) che a loro volta andranno a degradare varie componenti della cellula. Una delle caspasi iniziatrici può andare incontro a splicing alternativo, dando luogo a 2 isoforme proteiche: una pro-apoptotica (Casp2L), più lunga che determina l’apoptosi e una anti-apoptotica (Casp2S), più corta che promuove la sopravvivenza cellulare. Ciò che determina la formazione di queste 2 isoforme è proprio lo splicing che è mediato dalle proteine SR, regolatori postivi e hnRNP, regolatori negativi. La caratteristica del trascritto per la caspasi è che nell’introne che si trova fra l’esone 9 e l’esone 10, è presente un potenziale sito criptico di splicing, che funge da sito “trappola” e che lega snurp U2 che si lega alla A e definisce dove si deve formare il cap. In presenza della proteina attivatrice SR, è favorito il legame dello snurp U2 a livello della sequenza ln100. Nel momento in cui viene utilizzato il sito trappola, viene alterato il corretto splicing e viene favorito l’exon skipping dell’esone 9. Se in questo processo di competizione è favorita l’attività delle hnRNP, queste favoriscono l’inclusione dell’esone 9 che porta alla produzione dell’isoforma «corta» anti-apoptotica a causa dello spostamento della cornice di lettura che determina l’uso di un codone di stop prematuro nell’esone 10. Se invece prevale l’attività delle proteine SR, viene favorito l’utilizzo della sequenza trappola, per cui induce l’exon skipping, l’esone 9 non viene inserito nel trascritto, che sarà dunque più corto e la frame di lettura del trascritto darà luogo ad una isoforma proteica più lunga. Patologie causate da errori nello splicing. Un esempio di malattia ereditaria dovuta a mutazioni di sequenze consensus per lo splicing riguarda una forma di beta thalassemia. Le beta thalassemie insorgono a causa di una produzione difettosa di beta- globina, una subunità dell’emoglobina. A livello del gene che codifica per la beta-globina si può avere che una sequenza intronica va incontro ad una mutazione da TTGGT a TTAGT che determina la formazione di un sito criptico di splicing 3’ nel primo introne. Nel messaggero maturo così vengono inclusi alcuni nucleotidi dell’introne e si crea un sito di stop, dando origine a una proteina tronca. Mutazioni nei componenti dello spliceosoma: retinite pigmentosa Le patologie legate a difetti nello splicing sono anche dovute a mutazioni che insorgono nei geni che codificano per proteine che fanno parte dello spliceosoma. Un esempio di patologia legata ad un difetto di questo tipo, è la retinite pigmentosa. È una malattia che causa degenerazione dei fotorecettori della retina. Il segno distintivo della malattia è la presenza di macchie scure pigmentate sulla retina. Colpisce i bastoncelli, le cellule che controllano la visione notturna: il primo sintomo è la diminuzione della vista con luce ridotta. È una patologia con ereditarietà X-linked, oppure autosomica dominante o recessiva. In una di queste forme ereditate in maniera autosomica, la mutazione si trova a livello del gene che codifica per una proteina presente a livello dello spliceosoma, la proteina Prp8. Essendo una mutazione presente in una delle componenti dello spliceosoma, ci si aspetterebbe che tale mutazione abbia un effetto pleiotropico, cioè è in grado di influenzare e quindi danneggiare non solo la retina ma una serie di proteine. Ma questo non avviene. Questa mutazione che insorge nel gene che codifica per una proteina dello spliceosoma e che danneggia lo splicing si manifesta specificamente solo nella retina perché gli altri geni possono sopportare questo difetto nello splicing, mentre il gene che codifica per es. per l’opsina, che è la proteina presente nei bastoncelli è caratterizzata da un rapido turnover, e non riesce a sopportare questo danno a livello dello splicing, rendendo dunque la retina sensibile ad un difetto nello splicing.
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