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Appunti 2 semestre - Storia dell’arte contemporanea - prof.sa Di Raddo, Appunti di Storia dell'arte contemporanea

Appunti delle lezioni della prof.sa Elena di Raddo integrati con il catalogo “Astratte. Donne e astrazione in Italia 1930-2000”. Semestre dedicato alle donne nell’astrazione italiana dagli anni Trenta agli anni Duemila.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 10/06/2023

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Scarica Appunti 2 semestre - Storia dell’arte contemporanea - prof.sa Di Raddo e più Appunti in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! 1 Introduzione La storia dell’arte è sempre stata una storia al maschile, fino agli anni ’60 c’era un forte maschilismo generico, che non lasciava spazio per le donne. Tutto ciò che veniva letto veniva fatto sotto una luce maschile, ma dagli anni ’70, c’è stato un fiorire di studi che riguardano le donne (solo all’inizio degli anni ’80 in realtà si è presa veramente in considerazione, dopo la mostra di Lea Vergine chiamata tipo “l’altra metà dell’avanguardia”, che riassume le ricerche internazionali precedenti) Molte artiste erano state messe in ombra anche se non se lo meritavano, solo perché donne, come Carla Accardi, che era sullo stesso piano di Burri e Fontana, ma discriminata in quanto donna Pioniere astratte (e 2 futuriste) – anni 30: Carla Badiali, Cordelia Cattaneo, Giannina Censi, Bice Lazzari, Regina (Regina Cassolo Bracchi), Carla Prina Artiste vicine al segno/ scrittura – anni 40/50: Carla Accardi, Irma Blank, Betty Danon, Franca Ghitti Artiste vicine alla geometria – anni 60/70: Nathalie du Pasquier, Chung Eun-Mo, Fernanda Fedi, Tilde Poli, Carol Rama (era già famosa, premio alla biennale di Venezia), Fausta Squatriti Artiste vicine alla materia: Luisa Albertini, Marion Baruch, Gabriella Benedini, Mirella Saluzzo Artiste vicine alla meditazione/concetto: Mirella Bentivoglio, Renata Boero, Alessandra Bonelli, Maria Lai, Nataly Maier, Lucia Pescador, Claudia Peill Artiste vicine al corpo che interagisce con la pittura: Carmengloria Morales, Maria Morganti Artiste vicine allo spazio e alla luce: Alice Cattaneo, Sonia Costantini, Dadamaino, Paola Di Bello, Elisabetta Di Maggio, Lia Drei, Eva Sørensen, Grazia Varisco, Nanda Vigo 2 Letture critiche dell’astrazione L’astrazione viene letta in 3 differenti modi, secondo delle teorie: i. Teorie formaliste ii. Teorie assolutiste iii. Teoria semiologica i. La teoria formalista viene formulata dalla scuola formalista (legata alla scuola viennese, che vede Worringer come padre) Il formalismo riduce la lettura dell’opera astratta alla sola composizione e combinazione di colori e forme (valori formali visivi), escludendo il problema del significato il contenuto coincide con la forma Si favorisce quindi la componente estetica dell’opera, rispetto quella concettuale Worringer scrive “astrazione ed empatia” (1911), nello stesso momento in cui sta nascendo il linguaggio dell’astrazione, dava già valore alla forma leggendo le opere del passato: purovisibilismo Secondo lui, già Giotto e Michelangelo facevano astrazione, semplificavano le forme la forma di un elemento artistico rivela il significato (colonna emblema dell’elemento artistico, viste come qualcosa di rigido e dritto, ma in realtà ha l’entasi, che permette all’occhio di vederla slanciata e leggera, quello è un aspetto formale, ma che gli dà un significato; questa idea applicata a qualunque elemento) Greemberg, maggior studioso della corrente formalista, usa le teorie di Worringer e le applica ai suoi contemporanei moderni (dalle avanguardie agli anni 50) – sostiene l’idea che l’opera sia solo forme e colori, dunque i significati emergono da quelle Raccoglie i suoi scritti in “art and culture” (1961): «il quadro e la statua si esauriscono nella sensazione visiva che producono. Non c’è niente da identificare, da associare o su cui poter riflettere, ma tutto da sentire. La poesia pura cerca di suggerirci un’infinità di cose, l’arte puramente plastica il minimo possibile. […]. Le qualità puramente plastiche o astratte dell’opera d’arte sono le sole che contano» Questa lettura viene sostenuta dalla mostra curata da Bare, “cubismo e arte astratta” del 1936 a NY – una delle prime grande mostre dell’astrattismo Questa definizione di astrattismo ha dominato per la maggior parte del tempo (dagli anni ’20 -‘30, agli anni ‘80, quando emerge l’idea dell’arte per l’arte, che vede l’opera dipendente dal contesto sociale e culturale) Si nega l’importanza delle teorie degli artisti stessi e i loro scritti, infatti i formalisti sostengono che bisogna capire guardando solo le opere. ii. La teoria assolutista o spiritualista, emerge in reazione alla teoria formalista Nel catalogo della mostra del ’86, a Los Angeles, “the spiritual in art: abstract painting 1890-1985”, Tuchman spiega che, anche se sembra che gli artisti astratti abbiano rinunciato a trasmettere un significato attraverso le loro opere, gli artisti hanno cercato di fare appello a significati più profondi; il più importante e diffuso è stato quello spirituale Di conseguenza, per conoscere le opere, bisogna sapere più cose dell’artista, come la sua vita e la sua poetica, spesso forzando un po’ le letture, ignorando i significati plastici, infatti gli artisti cercavano di emanciparsi da esse. iii. La teoria semiologica dà una lettura semantica all’arte astratta, prendendo in considerazione le diverse letture che la storia dell’arte, i critici e gli artisti stessi hanno dato a questa forma d’arte Secondo Roque, come scrive in “che cos’è l’arte astratta? Una storia dell’astrazione in pittura (1860-1960)”, l’arte astratta è irriducibile ad una categorizzazione in un movimento (in un -ismo) È una categoria trans-storica (non esclude la spiritualità e dà spazio anche all’estetica). Per questo è così difficile integrarla nella storia dell’arte. Gli stessi artisti protagonisti dell’arte astratta capiscono che ci sono diversi tipi di astrazione, il costruttivista Lissitzky e il dadaista Arp, nel ’25 scrivono “Gli -ismi nell’arte”, un glossario di tutti i movimenti europei, dal 1924 al 1914. Alla voce “arte astratta” dicono “gli artisti astratti formano il non oggettivo senza essere uniti da un problema comune. L’astrattismo presenta molteplici significati”. Questa definizione non chiarisce il termine astrattismo, infatti successivamente Roque riunirà le varie declinazioni di astratto, in diverse lingue, in diversi periodi, come dimostrazione del fatto che l’arte astratta non fosse riducibile. [vedi immagine 1, 2, 3] Anche altri saggi storici usciti dagli anni ‘10 e ‘30 lo dimostrano, partendo da “Il problema delle forme” (1912) di Kandinskij, pubblicato nel Cavaliere Azzurro parla di astrazione come qualcosa di molto amplio: per lui l’astrazione non è solo la mancanza di figurazione, ma può essere astratta anche un’opera realista (il Monet dei Covoni è citato come uno dei primi autori che ha intuito l’astrazione). C’è il polo estremo dell’astrazione e il polo estremo del realismo, ma tra essi si trovano numerose combinazioni di elementi astratti e reale. 5 chi era stato tagliato fuori, le donne, si sarebbe stati in grado di far emergere un disegno preciso di quegli anni. Così che si poteva dimostrare come quelle donne non fossero solo compagne, ma come, in realtà, avevano svolto una funzione trainante. Si è trattato per metà di complici e per metà di vittime, ma esse non sono state pedine. Erano completamenti consce della loro posizione rivoluzionaria. Nonostante ciò, la storiografia ne ha sbiadito i profili e le ha archiviate come muse ispiratrici. Nella mostra Lea Vergine ha deciso di puntare su opere inedite o ignote ai più, per dare allo spettatore il gusto dell’imprevisto e la sorpresa della scoperta. La mostra viene notata, le femministe vi si riconoscono nonostante non fossero opere femministe, non c’era una denuncia, ma c’era una ricerca, la stessa che facevano gli uomini. (Maggior parte delle artiste legate a uomini, o sposate o figlie, perché era l’unico modo per esporre e fare dell’arte la propria professione) Altra mostra importante realizzata a porta ticinese a Milano, artiste hanno esposto grandi lenzuoli su cui venivano scritte artiste del passato dimenticate, mettendo in luce la loro vicinanza a uomini, quindi l’incongruenza Importanza della sensibilizzazione della storia dell’arte fatta anche dalle donne – femminismo e mostra dell’80 fondamentali, ma negli ultimi anni • “elles font l’abstraction”, al Centre Pompidou di Parigi (dedicata a tante donne che si sono occupate di astrazione a livello internazionale, italiane poche, Censi, Benedetta, Regina e Accardi, quindi c’è ancora molto da fare per valorizzarle) • “action, gesture, paint: women artists and global abstraction 1940-70” alla Whitechapel Gallery di Londra (pittura gestuale, no italiane perché non è stato un movimento molto praticato, anche dagli uomini) 6 La Galleria del Milione e l’Astrattismo in Italia La galleria del Milione è il luogo in cui si raccolgono gli artisti astratti in Italia, l’unico punto di riferimento astratto degli anni ‘30. La Galleria del Milione si trovava in via Brera, civico 21, a Milano, di fronte all’accademia di Brera. La sede è stata disegnata da Pietro Lingeri, architetto del gruppo 7, gruppo di architetti razionalisti. L’intervento di Lingeri era volto a rendere lo spazio basato su elementi geometrici. La galleria apparteneva a Pietro Maria Bardi, il quale si è occupato soprattutto di arte, e ha ospitato in questa galleria artisti di vario genere. Nel 1930, la galleria si sposta a Roma, lasciando quella di Milano in eredità a Peppino Ghiringhelli, anima culturale della galleria, che la rinnova con Lingeri. La galleria in quegli anni era gestita da Gino e Peppino Ghiringhelli, ma partecipa anche la fidanzata di Gino, Maria Gernuschi, la quale è stata una delle animatrici, che ha portato all’attenzione le ricerche astratte (nel 30-31 non c’è solo l’astrazione in galleria) Edoardo Persico sarà scelto come direttore della galleria. Era già un critico degli artisti del Novecento, del ritorno all’ordine, della figurazione essenziale, legata alla sintesi delle forme. Il nome Milione viene dato alla galleria perché in Francia era solito dare il nome del civico in cui si trovavano. Il Milione avrebbe dovuto dare 21 come nome, ma in dialetto milanese quel numero aveva un’accezione negativa, quindi scelgono il milione, numero un po’ evocativo, mitico, che evoca il viaggio di Marco Polo e come buon augurio. In questo centro c’erano pubblicazioni e riviste, conferenze anche di carattere letterario, uno dei frequentatori della galleria Massimo Bontempelli. C’erano incontri musicali, concerti, come quelli di Debussy, di Casella, di compositori contemporanei, anche, futuristi, sperimentali. Pietro Bardi, invece, nella galleria che apre a Roma, si interessava soprattutto di architettura razionalista. Bardi presenta a Mussolini, la “tavola degli orrori”, con architetture del periodo precedente. Denuncia tutta questa architettura per favorire l’architettura razionalista. Porterà in crisi il MIAR (associazione architetti italiani), creando una scissione tra quelli più moderni, vicini a le Corbusier e vicini alla pittura astratta, e gli architetti più vicini al fascismo, come Muzio, più vicini alla pittura figurativa. Baldi continua a influenzare gli ambienti della pittura, nonostante sia a Roma, e insieme a Bontempelli, fonda la rivista “Quadrante”, una rivista che ha un’attenzione soprattutto nei confronti dell’architettura. Sarà un altro organo di diffusione della pittura astratta insieme all’architettura razionalista. Carlo Persico, direttore della galleria nei primi anni dal 30 al 31, continua la linea figurativa iniziata da Bardi prima che entrasse Ghiringhelli, e decide di appoggiare: • Ottone Rosai, un primitivista, legato a tematiche della vita semplice, quotidiana, non della città; ama la vita delle persone semplici, di paese (da qui il soprannome della corrente “pittori di strapaese”). Le opere sono delicate, con un’attenzione alla semplificazione della forma. Non è una novità. Ottone Rosai, Conversazione, 1922 • Ubaldo Oppi, vicino al realismo magico, un’altra corrente all’interno di questa pittura del ritorno all’ordine. Fantastico e meraviglioso nella realtà quotidiana. Ubaldo Oppi, Fidanzati (L’addio), 1914 • Tullio Garbari, pittura sempre di ritorno all’ordine, ma con una corrente che è una pittura più religiosa, ingenua e primitiva. Molto vicina alla sensibilità di Persico. Religiosità popolare. Tullio Garbari, Madonna della Pace, 1927 Dopo il ’30 nella galleria arrivano anche gli astratti, lo stesso Ghiringhelli lo era. I figurativi continueranno ad esporre 7 C’è anche Lucio Fontana presente nei primi anni, è scultore in quegli anni, astratto e figurativo allo stesso tempo Nel 31 la galleria ha una svolta astratta, grazie ad una donna, Gege Bottinelli, allieva di Raffello Giolli (critico), che diventa direttrice della Galleria del Miline. GEGE quando subentra a Persico non ha ancora sposato Luigi Figini, architetto del gruppo 7 Gege quando sposa Luigi Figini, architetto del gruppo 7, nel ’35, non si dedicherà più alla galleria ma la continuerà a frequentare. (Gege era una fotografa) La nascita dell’astrattismo in Italia viene accompagnata da Carlo Belli che scrive Kn (1935), una sorta di manifesto. In Kn, Belli sostiene la necessità di fare dell’arte semplicemente con forme geometriche e la loro combinazioni Vuole allontanarsi dalla realtà, fare astrazione geometrica dimenticando il soggetto e giocando solo sulla combinazione delle forme all’interno delle composizioni. Kn è una formula, kn è all’infinito, cioè la possibilità di fare, attraverso un numero qualsiasi, combinazioni di forme dentro il dipinto Lettera sulla nascita dell’astrattismo in Italia, sempre di Belli, invece descrive l’avventura degli artisti astratti e com’è Milano negli anni in cui nasce la galleria del milione, dominata da Giovanni Muzio. Contesto milanese La Milano architettonica degli anni ’30 era dominata da Giovanni Muzio, fascista che cercava di fare architetture in linea con i suoi ideali (è vicino all’architettura classica, fa un forte uso degli archi a tutto sesto) Crea il palazzo della Triennale di Milano, inaugurato nel ’33. Questa Milano abbandona la pittura da cavalletto per dedicarsi alla pittura murale. La maggior parte degli artisti sono dichiaratamente fascisti o evidentemente vicini al regime (tra cui Sironi, Oppi, De Chirico, Severini, cioè i protagonisti della figurazione del ritorno all’ordine) Pittori che raccontano gli ideali di una società, a loro dire, più giusta ed equa, che guarda al mondo del passato, al lavoro e allo sport (dx) Mario Sironi, protagonista dell’arte in quegli anni, Il lavoro, (affresco), Triennale di Milano, 1933 (sx) G. De Chirico, La cultura italiana, (affresco) e G. Severini, Le arti, (mosaico), Triennale di Milano, 1933 Diverso, invece, è il clima che si respira alla galleria del Milione, dove sono presenti gli artisti astratti che si presentano alla prima mostra dell’astrattismo con il “Bollettino del Milione” del 1934 Presentano Bogliardi, Ghiringhelli e Reggiani ed essi dichiarano: “Questa nostra mostra viene dopo due anni che ci asteniamo di proposito dal presentare i nostri lavori in pubblico. Si è che consideriamo il momento attuale se non maturo, certo ben avanti nella probabilità di una certa comprensione dei nuovi problemi estetici” I principali punti di questa dichiarazione sono: Fare un’arte nuova, Fare un’astrazione che parte dal niente e Non formeranno mai un vero e proprio gruppo, sono un’associazione di idee. Sulla copertina, Mauro Reggiani, Composizione R3, 1934 Le sue opere spesso non hanno titoli, sono sigle e numeri Molto pittorico, non siamo di fronte alla purezza rigorosa di Mondrian Leggera falsatura della geometria, è probabilmente fatta a mano libera Tratto mostra una pittoricità, si coglie l’individualità dell’artista attraverso l’imperfezione della forma Forme modellate direttamente con il colore e il pennello sulla tela. Virgilio Ghiringhelli, Composizione n. 5, 1934 Ghiringhelli è più costruttivo e complicato rispetto a Reggiani È come se costruisse delle architetture Diverse strutture e divere forme geometriche sovrapposte Il colore viene ripreso in più situazioni Tutto gioca sui diversi incastri 10 Novocomum, 1928-29 Edificio per appartamenti Si vede l’originalità di Terragni – la facciata non è al centro, ma nell’angolo Nell’angolo c’è contrapposizione tra linea retta (finestra continua in alto) e curva (balconi al centro) Asilo Sant’Elia, 1935-1937 Sulla facciata una sorta di parallelepipedo che gioca con vuoto e pieno – una forma si incastra in un’altra Su un altro lato c’è un elemento staccato, è pura decorazione, non ha una funzione Facciate con grosse vetrate, che occupano la maggior parte della struttura Molta importanza al verde, oltre al giardino esterno e all’orto, crea anche un cortile interno aperto Mario Radice, Composizione A 3 (Composizione 1187), 1934 Elementi geometrici, ma che richiamano la realtà, come una ringhiera, quindi si pensa subito all’architettura Composizione S 9, 1934 Composizione anomala per radice, ma siccome si guardava attorno e frequentava la galleria del milione, si ispira al costruttivismo Prevalenza di elementi diagonali, in contrapposizione con elementi circolari Anche i colori sono in contrapposizione, nel quadrato centrale sono caldi, mentre nella “cornice” prevale il grigio freddo Qui non si capisce il rimando alla realtà Composizione G.R.U 35B (composizione n. 85), 1937 Qui ha trovato il suo stile Prevale la linea retta Non c’è la circolarità, perché nell’architettura difficilmente si usa Sovrapposizione di piani diversi, si percepisce la spazialità, derivata dalla suggestione dell’architettura Composizione, 1936-1939 Età matura Abbandono completo degli elementi che derivano dalla realtà concreta Completamente linee rette Gioco di piani e superfici Più piatto rispetto ai precedenti Lavoro pittorico, si vedono le pennellate 11 Cesare Cattaneo, Casa d’affitto, Cernobbio, 1938-39 Cattaneo aveva un’idea originale di architettura razionalista Organizzazione dei piani Complicazione di pieni e vuoti attraverso elementi tutti geometrici All’interno scala autoportante di cemento armato – ogni gradino è vuoto sotto, quindi sembra sospesa Cattaneo aveva anche una propensione teorica, ha scritto molto – “Giovanni e Giuseppe. Dialoghi d’architettura” (1941) Giovanni era l’alterego dell’artista, Giuseppe, invece, è un amico che le fa domande, quindi libro strutturato come un’intervista – si pone problemi legati alla modernità (polidimensionalità (modularità), arte, filosofia, religione (porsi in relazione con l’antico pur essendo estremamente moderni), architetti come arredatori, arte astratta, …) è un libro di architettura ma in realtà è un più ampio trattato di estetica Proprio in questo libro scriverà “la pittura e la scrittura andranno d’accordo con l’architettura nel senso di essere la traduzione in un linguaggio diverso di un identico messaggio spirituale” – teorizza vicinanza tra arte e architettura Emblema di questa unione tra architettura e arti visive è la Fontana progettata da Cattaneo e da Radice per la VI triennale di Milano del 1936 Fontana collocata nel giardino della triennale Poi trasportata nella rotonda di Camerlata, a Como, luogo per la quale era stata progettata Collocata al centro di un incrocio Circolarità risponde alla rotonda sulla quale era stata posizionata Non esistevano ancora le rotonde in realtà, c’erano gli incroci Questa fontana è importantissima perché è il primo caso di integrazione tra le arti, unione e non solo collaborazione tra architetto e pittore o scultore, tipo decorazioni sulla struttura, ma qui proprio il progetto è di entrambi, non si distingue l’architetto dal pittore, arrivano insieme a questa soluzione La struttura viene studiata esteticamente, ma anche come deve funzionare, infatti c’è tutto un gioco di pesi e contrappesi per far rimanere bilanciata la fontana Geometria, no riferimenti alla realtà, pura invenzione dell’uomo Nei disegni preparatori si vede che per ogni cerchio corrisponde una direzione Integrazione tra le arti (o sintesi) = unione di due forme d’arte nella traduzione di uno stesso messaggio spirituale Manilo Rho, altro protagonista gruppo comasco Lui è più razionale rispetto a Radice Si è ispirato a Mondrian, al suo neoplasticismo, e al Bauhaus, nello specifico sullo studio del colore Punto di riferimento conviviale, il suo studio era il centro di punta del gruppo Artista che ha fatto scuola, insegnava contemporaneamente al setificio di Como, in cui si imparava sia a tessere, che a disegnare i tessuti, e aveva un laboratorio molto frequentato. Una delle due allieve sarà C. Badiali Composizione, 1935 Una delle prime opere, prime prove astratte dopo la gavetta nel figurativo Ricerca di geometria pura, no riferimento alla natura (come faceva Radice all’inizio) Lui parte da astrazione neoplastica, ragionale Senza titolo, 1936 Continua a studiare delle soluzioni che porterà a maturazione solo nel ‘37 Approccio scientifico Forma triangolare che entra dentro un rettangolo, accostamento bianco e arancio Compenetrazione di vari rettangoli e triangoli Idea di spazio Ci sono ancora delle bordature, che poi scompariranno 12 Composizione 26, 1936 Prende ispirazione da L. Moholy Nagy (Composizione A XXI) [fig. 4], artista che lavorava al Bauhaus e che ha origini costruttiviste Composizioni aeree, libere, spaziali Forme che si incuneano in altre forme per dare sensazione di spazio Ombre, trasparenze (es formella gialla che sembra sovrapporsi con quella verde, l’Asia trasparire il verde dal giallo; viola e blu che si mescolano dove si intersecano – Moholy Nagy aveva usato la stessa tecnica) (M.N era anche un fotografo, quindi creava queste composizioni anche attraverso la fotografia) Composizione 24, 1936 Contrapposizione forme No riferimenti all’architettura Forme molto libere Pulizia formale Le forme fluttuano in uno sfondo nero Composizione 81 R.D.S.A, 1939 Qui l’elemento architettonico si può intravedere C’è sempre il gioco di sovrapposizioni e trasparenze, ma c’è una forma più vagamente architettonica – influenza dell’architettura di Terragni o Cattaneo, anche se lui era più interessato all’aspetto della luce, quindi alle finestre (invenzione di questi anni è il vetro cemento, una parete di vetro) Gioca sulla ripetizione modulare e soprattutto sulla variazione Ci sono quasi sempre le stesse forme, ma varia di colore (è molto simile a Composizione, del 1939) [fig. 5] Questo deriva dalla sua formazione di disegnatore per tessuti, perché quando si fanno disegni per tessuto, poi si fanno gli studi sulle varianti di colore Lavora in modo meticoloso, tanto da creare effetti completamente diversi nonostante il disegno alla base sia quasi identico Studia anche le tavolozze di colori di artisti del passato, rinascimentali per esempio, li estrapolava e li applicava ai suoi dipinti Oltre a fare i dipinti, applica quelle composizioni al disegno per tessuto – grande innovazione perché in quegli anni i tessuti erano ancora standard, tipo pattern di colori, fiori 15 Carla Badiali è sì vicina a Rho e agli altri astratti, ma in realtà ha un linguaggio tutto suo, diverso da tutti gli altri astratti, è anche lontana da quelli milanesi, perché le sue influenze sono soprattutto da Kandiskij – il primo aspetto che li accomuna sono gli studi e l’interesse per la musica Nel ‘34 assiste alla mostra di Kandinskij alla galleria del milione e da qui prende ispirazione da Deux tension del ’34 [fig. 8], e crea Senza titolo, 1936-42 La base del dipinto è la geometria “architettonica”, ma la linea mossa e dinamica dà una fluidità insolita, ispirata proprio dal Kandinskij geometrico del Bauhaus Si vede la particolarità della Badiali anche da Le vent se leve (Composizione n. 43), 1942-43 Composizione che nessun altro in Italia fa in quegli anni Qui c’è una linea che vola, simboleggia il vento che si alza C’è molta fluidità, leggerezza Linee molto pulite, date da una ricerca più matura, anni del gruppo dei primordiali Leggerezza di forme che contrasta con la guerra appena passata Nel mentre, Carla portava avanti la sua attività di disegnatrice per tessuti e anche lì portava l’astrazione, cosa rarissima in quegli anni Le aziende che richiedevano dei disegni richiedevano elementi floreali o che comunque richiamassero la natura, così fino agli anni 50, quando iniziano a richiedere l’astratto Per tanti anni la Badiali ha detto che la sua attività come disegnatrice per tessuti e come artista non avessero collegamenti, fino al 1978, in cui, in un’intervista con la gallerista Carla Pellegrini (che le aveva dedicato una mostra), afferma “la stilizzazione di un motivo floreale, l’impaginazione, della carta, la creazione di campioni di tessitura su carta quadrettata mi avevano abituato a una lettura diversa. Le opere costruttiviste che ho visto nelle riviste erano molto simili a me, sentivo di poterle leggere con grande facilità.” Quindi ecco la conferma che il disegno per tessuto l’aveva abituata a stilizzare il reale, semplificare il figurativo. Cordelia Cattaneo (1921–1958) [pioniera] nasce a Como. Muore a 37 anni, ha avuto una vita molto faticosa perché soffriva di depressione da tutta la vita e ai tempi le malattie mentali non erano curate particolarmente, ci si limitava a rinchiudere queste persone in manicomi Cordelia ha avuto come maestro Radice. Dal suo archivio sono emerse delle cartoline con degli schizzi che mandava a Radice dalle strutture in cui veniva ricoverata – la pittura era un modo per superare la sua malattia Ripete spesso lo stesso modulo: compresenza di forme rette e di forme curvilinee Riflette sulle opere del maestro, riproducendole in modo abbozzato Non lascia molte opere, in tutto sono circa 15, però meritano perché la qualità è molto alta Composizione astratta, 1941 Colori tenui Olio su masonite, materiale abbastanza nuovo e non particolarmente usato Composizione introspettive, non hanno legami con lo spazio reale, ma più con quello mentale Dinamismo astratto n. 16, 1942 Opera realizzata per la mostra alla biennale del 42 Chiama dinamismo, ma non ce n’è, è tutto molto statico Forme che giocano tra la contrapposizione tra cerchi e rettangoli (tipiche delle sue opere), sembrano richiamare le architetture del fratello Cesare Cattaneo (casa per appartamenti a Cernobbio), ma soprattutto richiama i disegni che Cattaneo e radice hanno realizzato insieme per la fontana di Camerlata Da qui elabora un suo linguaggio Prevalenza del bianco Composizione basata sull’equilibrio delle forme – estrema leggerezza 16 Carla Prina (1911 – 2008) [pioniera] nasce a Como Vita molto lunga e un certo successo internazionale perché legata (si sposa) all’architetto futurista (poi razionalista) Sartoris, che realizza molti edifici in Svizzera, ma qualcosa anche in Italia, che frequentava l’ambiente comasco Poi si trasferisce vicino a Losanna, dove entra in contatto con gli astratti internazionali (come Sonia Delaunay o Sophie Taeuber Arp) Chiama le sue opere “composizioni assolute”, cioè che guarda una componente assoluta, un senso di spiritualismo, una spazialità che va oltre la visione reale In lei si vede anche il rapporto con la metafisica In lei c’è anche una visione vicina al futurismo, lega i suoi quadri alla matematica e al dinamismo La geometria viene intrisa di sentimento e di tensione, grazie al disegno e ai colori tenui e sfumati Composizione assoluta n. 7, 1942 Due cerchi legati tra loro che sembrano un ingranaggio, evidente influenza futurista Contrapposizione di linee rette e i due cerchi Composizione assoluta n. 6, 1942 Esposta alla biennale del 42 La visione spirituale e dinamica la si vede molto in questa opera Sembra qualcosa che si eleva, che cerca di evadere questa realtà per andare oltre Richiami a elementi del paesaggio (cielo, prato, sole) Nelle sue opere è ricorrente la figura dell’uovo Si possono notare delle somiglianze con l’opera del futurista Prampolini, Figura nello spazio, 1937 [fig. 9] Negli anni ‘50 fa un lavoro con Sartoris in Spagna, nella scuola di Altamira, dove collabora anche con Mirò, quindi apre proprio una nuova stagione, ma le sue opere non sono facili da reperire Regina Cassolo Bracchi (1894–1974) [pioniera] nasce a Pavia, è di umili origini. Orfana di padre entra in un collegio religioso in cui si dedica particolarmente allo studio della musica. Si diploma a Brera e studia a Torino nello studio dello scultore Alloati. Le sue prime opere sono figurative, usa principalmente marmo e bronzo. Negli anni ’30 produce le prime opere d’avanguardia, dove opera una semplificazione di forme estrema Usa materiali insoliti, come la latta, lo stagno, la celluloide e l’alluminio Nel ’32, entra nel movimento futurista, anche se lavora con le forme astratte Ma famosa soprattutto per le opere che realizza con l’alluminio Vicina e sostenuta da Marinetti L’amante dell’aviatore, 1935-36 Usa fogli di alluminio, tecnica che nessuno usava prima di lei, che creano forme Il legame con gli astrattisti si costruisce però, soprattutto attorno ad una scenografia che realizza per villa olmo a Como nel 1936. Il paese dei ciechi doveva essere un cortometraggio presentato alla mostra di scenografia cinematografica In questi studi fa dei progetti con l’alluminio assolutamente astratti Ci sono ancora rimandi al figurativo, si riconoscono delle mani, una scrittura Nel 51 aderisce al MAC (Movimento arte concreta) – qui è completamente astratta Fa opere sempre con materiali inusuali, ferro, reti metalliche, il plexiglas e rodoid. 17 Giannina Censi (1913–1995) [pioniera] nasce a Milano I suoi genitori erano noti concertisti di piano, da qui la passione per la musica. Studia danza a Parigi, ma la danza classica non le piaceva molto, infatti nel ’29 inizia a crearsi da sola dei balletti Inventa un tipo di danza molto vicina agli aeropoemi di Marinetti, infatti danzava ispirandosi proprio ad essi Nel ’31 partecipa alla tournee futurista di Marinetti, per 30 giorni in 28 città rappresenta Simultania, testo di Marinetti, scenografia di Benedetta e coreografia di Giannina Proprio a Como fa le prime aerodanze Rinnova completamente la danza – influenzata dal balletto russo Crea forme con il corpo molto geometriche La sua danza è privata della virtuosità muscolare e di emotività, è espressa unicamente su ritmo, forma, spazio e tempo In “punto, linea, superficie”, Kandinskij fa riferimenti alla danza, confrontando posizioni della danza a forme astratte Le posizioni della Censi lo ricordano molto. 20 La necessità di portare l’arte italiana sul piano dell’attuale linguaggio europeo ci costringe a una chiara presa di posizione contro ogni sciocca e prevenuta ambizione nazionalistica e contro la provincia pettegola e inutile quale è la cultura italiana odierna. Perciò affermiamo che: 1. in arte esiste soltanto la realtà tradizionale e inventiva della forma pura. 2. Riconosciamo nel formalismo l’unico mezzo per sottrarci a influenze decadenti, psico- logiche, espressionistiche. 3. Il quadro, la scultura, presentano come mezzi di espressione: il colore, il disegno, le masse plastiche, e come fine un’armonia di forme pure. 4. La forma è mezzo e fine; il quadro deve poter servire anche come complemento decorativo di una parete nuda, la scultura, anche come arredamento di una stanza – il fine dell’opera d’arte, è l’utilità, la bellezza armoniosa, la non pesantezza. 5. Nel nostro lavoro adoperiamo le forme della realtà oggettiva come mezzi per giungere a forme astratte oggettive, ci interessa la forma del limone, e non il limone. Noi rinneghiamo: 1. Ogni esperienza tendente a inserire nella libera creazione d’arte fatti umani attraverso deformazioni, psicologismi e altre trovate; l’umano si determina attraverso la forma creata dall’uomo-artista e non da sue preoccupazioni aposterioristiche di contatto con gli altri uomini. La nostra umanità si attua attraverso il fatto vita e non attraverso il fatto arte. 2. La creazione artistica che si pone come punto di partenza la natura intesa sentimentalmente. 3. Tutto ciò che non ci interessa ai fini del nostro lavoro. Ogni nostra affermazione trae origine dalla necessità di dividere gli artisti in due categorie: quelli che ci interessano, e sono positivi, quelli che non ci interessano, e sono negativi. 4. Il casuale, l’apparente, l’approssimativo, il sensibilismo, la falsa emotività, gli psicologismi, come elementi spuri che pregiudicano la libera creazione.” Manifesto del gruppo forma, 1947 Perilli, Il ponte, 1947 Dorazio, Senza titolo, 1947 Carla Accardi (1924–2014) [segno/ forma] nasce a Trapani Frequenta l’accademia a Palermo e a Firenze, poi si trasferisce a Roma Scomposizione, 1947 Vicina alle opere di Perilli Molto movimento Geometria meno regolare Colori accesi Nelle opere dei primi anni ‘50 c’è un controllo deciso dell’opera, ma dopo qualche anno si allontana dalla pittura degli altri artisti di forma e inizia a sperimentare con il colore e a crearsi un suo linguaggio Grigio e colore, 1954 Sperimenta una dialettica tra il bianco e il nero, partendo da una tela completamente nera I colori in generale si spengono Si definisce meglio il segno, sembra un arabesco I segni nascono da un immaginario libero dell’artista In questa prima fase i segni sono aggrovigliati, affastellati Fino ad arrivare ad un bianco e nero totale, Duello interrotto, 1955 Momento in cui raggiunge la fase del suo informale, il suo informale segnico Segni ripetitivi, inizia a definirli meglio Astrazione libera da ricordi narrativi – in dialogo con spazio e luce I segni nascono da un immaginario libero dell’artista 21 Integrazione ovale, 1958 Non è un ovale perfetto Si intuisce il suo procedere in modo modulare Continua ad eliminare il colore La forma finale ricorda un po’ un cervello Il suo segno è ben riconoscibile, più organizzato Violarosso, 1963 Uso del bianco e nero, fino agli anni 60, in cui introduce di nuovo il colore: il fucsia “optical”, che dà un effetto ottico particolare (anni in cui nasce anche l’arte ottica, dopo gli studi sulla psicologia della percezione) La Accardi non voleva essere optical continuava con il suo informale Segno più semplificato, schema ordinato È negli anni 60 che la Accardi entra in contatto con un materiale nuovo: il sicofoil, cioè un acetato di cellulosa Materiale che si usava tanto per la riproduzione di opere, infatti la Accardi entra in contatto con esso perché qualcuno lo aveva portato nel suo studio per ricalcare una delle sue opere Essendo un materiale trasparente, avrebbe svelato tutti i passaggi dietro l’opera e la tela o il muro, lei la usa proprio per questa sua caratteristica, voleva svelare i misteri che c’erano dietro l’arte Il sicofoil è un materiale industriale, che dopo l’intervento artistico diventa esso stesso arte, questo era anche un passaggio di dissacrazione dell’arte Nel tempo queste opere diventano anche tridimensionali, rotoli di psicofoil presentati come scultura, che creano dei piccoli ambienti Lei li chiama “dipinti di luce” Rotoli, 1965-66 Da qui a poco li trasformerà in veri e propri spazi, facendo delle tende, delle capannine primitive ed elementari, con il tetto spiovente e i muri trasparenti Idea di nomadismo, libertà, vivere gli uni accanto agli altri, senza preconcetti Usa spesso colori femminili, come il rosa, per dimostrare che non era un colore debole, come si credeva, ma invece è un colore che si impone, penetra Tenda, 1965-66 Carla Accardi: astrazione come femminismo Intervento di Giorgia Gastaldon, Università degli Studi dell’Insubria Come, se e quando è possibile leggere la sua arte come militanza femminista? Nel 1947, è l’unica donna che firma il manifesto del gruppo Forma L’astrazione, come Accardi stessa dichiara, ha permesso alle donne di entrare nella storia dell’arte, il figurativo, infatti, vede gli uomini al centro. L’astrazione le permetteva maggiore libertà senza elementi iconografici (no bellici o religiosi, che avevano consolidato il dominio maschile). Inoltre, era un linguaggio recente, quindi non era difficile entrarci per il fatto che non ci fossero ancora modelli in cui identificarsi, se ne potevano creare di nuovi. Con i Trasparenti e i Grandi trasparenti, anni ’70-’80, la Accardi arriva nel periodo di culmine del suo periodo di militanza femminista. Abbandono del segno e del colore I suoi dipinti si riducono a telai in cui sono appoggiati fogli di plastica, con intrecci e telai sempre diversi (Seconda metà anni ‘60 usa la plastica sovrapposto alla pittura, poi li metterà anche in 3d) Sfondamento della superficie pittorica, rapporto inedito con lo spazio circostante, tutto completamente aperto Plastica come “cosa di luce” Trasparenza culmine alla ricerca, fa un lavoro di sottrazione Arte più concettuale 22 È la sua scelta di radicalizzazione verso un’antipittura - “Puri atti di negazione del puro gesto tradizionale” Trasparenza corrisponde con gli anni della più alta e accanita militanza politica Nel 1976 lei e altre 10 donne fondano la cooperativa beato angelico, spazio libero per le donne artiste, per invogliarle a fare arte, dando anche il giusto spazio Ci si sbarazza anche della scrittura, altro strumento patriarcale Psicofoil ricorda la cucitura, la tessitura, che ricorda un’attività femminile Trasparenze sono opposte a Burri, solito a tagliare o bruciare la plastica, infatti la Accardi sommava gli strati Gli uomini hanno questa cosa di fare grandi gesti, infatti questa esperienza era preclusa alle donne. Smitizzarlo fa parte della storia della donna, quindi si sentiva di evitare tutta questa cosa epica Sommare i fogli era una procedura lenta, meticolosa, ripetitiva, che ridava dignità alla tessitura I Trasparenti sono infatti concepiti come “oggetti costruiti”, uno stratagemma utilizzato da Accardi per ribaltare le mitologie gestuali, eroiche ed essenzialmente maschili ancora centrali nel canone artistico italiano del ventesimo secolo. Ricorrendo allo stesso materiale che Alberto Burri era solito bruciare nelle sue Plastiche, Accardi proponeva così un modus operandi completamente alternativo, offrendo anche una concezione diversa del fare arte. Carol Rama (1918–2015) [geometrie] nasce a Torino Passa alla storia come artista profondamente provocatoria, scomoda e contrastante Il suo lavoro è stato riconosciuto solo nel 2003 alla biennale di Venezia con il leone d’oro Negli ultimi decenni viene riconosciuta come una delle artisti più importanti nella storia dell’arte contemporanea italiana Negli anni ’30, da autodidatta si vede con immagini esplicite (assolutamente anticonformista per come era vista la donna in quegli anni), che successivamente la renderanno famosa per essere stata la precursore del post human (anni ’90) Conosce Picasso, artista che ammirava molto di cui aveva già assimilato la lezione, come si vede negli olii del ‘40 A metà anni ’40 si avvicina a Galvano, critico e filosofo, con il quale aderisce al MAC Negli anni 50 inizia a studiare, con il gruppo del MAC a Torino, da qui si avvicina all’astrattismo – ci entra perché voleva guarire dall’eccesso di libertà che le era stato rimproverato. Nel Mac trova rigore Esperienza di breve durata, ma di grande qualità Nonna Carolina, 1936 Carol Rama è un ponte tra l’esperienza del reale e quella più geometrica, facendo emergere una poesia delle forme tratte dall’esperienza sensibile del mondo. Composizioni geometrizzanti, legate all’ambito architettonico, infatti frequentava architetti torinesi di quegli anni geometria morbida, leggera, rispetto a quella degli altri Composizione,1951 Composizione, 1952 La Rama deve la sua notorietà a Lea Vergine che l’ha presentata alla mostra “l’altra metà dell’avanguardia” Negli anni ’60 si avvicina ad uno stile più informale Quello dell’astrazione sarà solo un breve periodo perché poi torna più vicina al figurativo Bricolage, 1967 Idilli, 1996 Bice Lazzari (1900–1981) [pioniera] nasce a Venezia Frequenta il conservatorio dove studia violino e pianoforte Si diploma all’accademia delle belle arti e poi frequenta una scuola di grafica, ma la abbandona dopo essere stata bocciata agli esami finali 25 ‘Cold mountain series, zen studies, 1991 Negli anni ’90 inizia una serie “Zen”, che danno conto a stati d’animo. Crea le grafiche con un bastoncino molto lungo i ghirigori sarebbero il pensiero dell’artista di fronte alla tela ma qui si è oltre la pittura analitica (molti che partono dalla pittura analitica finiscono in riflessioni più spirituali) Robert Mangold, Vertical, 1968 Americano con tendenze minimaliste Lui sagoma la tela, crea telai che sono oggetti, non sono classiche tele Monocromi Le linee nascono dall’incastro tra le forme Spesso usa elementi in rilievo, forme ritagliate, creando una distorsione del piano dell’immagine Agnes Martin. Window, 1957 [fig. 12] – Peace and Happiness, 1973[fig. 13] Canadese che arriva a NY a metà anni ‘60 Donna che si forma sull’Espressionismo astratto, ma poi si dedica ad uno stile analitico (non del tutto monocromo) Molto attratta dal pensiero buddista zen (soprattutto dopo il 67 si dedica a creare dipinti di ripetizione) Ricerca della regolarità, colori tenui, pastello - Forme evanescenti, non precise • In Francia invece c’è un gruppo che si chiama “support surface” (“supporto superficie” perché nel caso di questi artisti essi coincidono – pittura oggettuale) Louis Cane maggiore esponente, Senza titolo, 1967 [fig. 14] – Sol/Mur, 1970 [fig. 15] Uso del monocromo su tele che sono pezzi di stoffa, non usa la cornice In Francia forte idea politica alla base: si dichiarano “materialisti” per collegarsi al costruttivismo russo e perché la loro arte è un frammento della realtà attraverso il colore, non c’è nessuna componente spiritualistica o descrittiva della realtà In queste opere c’è l’occupazione dello spazio, mettendo l’opera sia sulla parete, che sul pavimento, come Sol/Mur, che idealmente entra nella vita delle persone e nella loro quotidianità • In Italia, Giulio Paolini è uno tra i primi che guarda gli americani e semplifica la forma, riducendo la pittura a grado zero per riflettere su di essa Senza titolo, 1961 Negli anni ‘60 fa monocromi, pittura analitica tele completamente bianche esposte in varia misura in vario modo Si può vedere una piccola tela a sinistra, accanto a lei ce n’è una un po’ più grande ma girata, così che si possa vedere il retro, poi un’altra tela divisa in due in cui una parte mostra il fronte e l’altro il retro, combinandole successivamente in vari modi e dimensioni Quest’opera risponde a cosa sia pittura: telaio e tela Fa un’indagine sulla composizione Queste tele non sono dipinte, sono grezze Fine anni ‘60, in italia ci sono molti artisti che aderiscono a questa corrente In questi anni si fanno molte mostre in merito e si creano molte teorie a supporto di esse L’approccio alle tele deve essere per forza semiologico, non può essere estetico Da questo tipo di arte emerge la componente concettuale che indaga il medium della pittura (aspetto di ragionamento su come si possa fare pittura e di come si possa rinnovarla senza essere didascalici) E il fatto che il pittore non possa solo riflettere, ma debba anche concretizzare questi suoi pensieri (aspetto molto forte nei francesi) – quindi spesso l’opera finita ha memoria della processualità che ha portato la realizzazione dell’opera 26 Invitano lo spettatore ad interrogarsi sulla fattura dell’opera, sui significati che l’opera potrebbe avere, forniscono degli input su cui lo spettatore poi deve ragionare Ogni minimo segno quindi significa qualcosa e deve far porre domande negli spettatori Carlo Verna, La falce, 1969[fig. 16] – Original, 1976 [fig.17] Usa tele sagomate, facendo diventare esse stesse il disegno Mentre dalla metà degli anni ‘70 confina le decorazioni ai bordi della tela, lasciando solo intravedere le linee che traccia, le lascia evanescenti Riccardo Guarneri, 8 strisce + 12 linee [fig.18] – Ritmi, colore/luce, 1976 [fig.19] genovese Fa tele con delle costruzioni di linee di colore intervallate da delle strisce usa lo scotch dà ritmo alla composizione, sia di composizione che di spessore Enzo Cacciola , Senza titolo, 1970 [fig.20]– 10-4-75, 1975 [fig. 21] artista che lavora sul tipo di supporto, come i francesi noto per il suo creare misture di colori vinilici, cemento, polvere di cemento e polvere di amianto, creando l’effetto di un oggetto costruito. Interessato a mostrare il processo per arrivare alla conclusione della tela, infatti si notano bene tutte le pennellate. Per lui la materia ha una sua energia interna, creata dall’incontro tra la superficie su cui viene messo il colore e il colore stesso. I suoi titoli sono particolari, utilizza la data nella quale realizza l’opera, così da rendere i dipinti il più anonimi possibili Paolo Cotani, Bande elastiche e colore acrilico, 1975 [fig. 22] – Vela di volta, 1978 [fig. 23] parte dalla tela, la copre con delle bende elastiche (quelle per fasciare le ferite) e le ricopre di acrilico, creando texture. Lui le definisce a lenta percezione, cioè sa che per coglierle c’è bisogno di una lunga osservazione, così che si possano captare tutti i dettagli (i passaggi del pennello, la densità del colore, gli spazi lasciati vuoti, il materiale delle bende, i volumi,…) Carlo Battaglia, Grande riflessione, 1973 anche qui si nota l’aspetto percettivo. La cosa fondamentale è l’impostazione mentale da cui deriva l’idea dell’opera, da qui cerca di sensibilizzare l’osservatore, apre la tela e invita a contemplarla a lungo, così da poterne cogliere l’emotività. La luce che colpisce la tela ne cambierà la percezione. L’opera è aperta, nel senso che subisce l’influenza dello spettatore, il suo tempo Filamenti colorati, per dare un effetto ottico percettivo che vanno viste dal vivo, infatti l’artista aveva proibito di fotografarle per metterle nei cataloghi Claudio Olivieri, Rosso, 1971 [fig. 24] – Doriphorus, 1978 [fig. 25] Lasciava affiorare forme dallo spazio delle sue tele. Le sue sono grandi tele in cui sembra di entrarci, anche le sue sono opere aperte. I disegni nascono da strati di colore a olio, trementina e cera vergine. Lui usa un colore molto diluito, dando un effetto di nebbia, di evanescenza, qualcosa che si apre in un’altra dimensione. I materiali per questi artisti sono molto importanti perché è in base a quelli che viene un effetto piuttosto che un altro. 27 Giorgio Griffa, Frammenti, 1968 [fig. 26] – Senza titolo, 1976 [fig. 27] originale dal punto di vista dei supporti, infatti usa delle tele molto leggere, anche di lino, sui quali fa dei segni di pittura molto grezzi e semplici Tessuti usati liberi dal telaio, in precedenza piegati su se stessi, in modo da far sì che si vedano le pieghe, così da far imprimere dentro la tela il gesto mimico che l’artista ha fatto prima di dipingerle La tela diventa un campo d’azione sulla quale l’artista attua un dipingere minimo, elementare, quasi come una scrittura - linee non finite, si fermano, sono interrotte, come se rimanesse solo la memoria di un processo non finito Quando le sue opere non sono esposte, sono piegate ed impilate, in modo che le pieghe rimangano sempre presenti Rodolfo Aricò, Prospettiva per Paolo Uccello, 1970 Sagoma la tela e cerca di ricreare gli effetti prospettici della geometria tridimensionale nella bidimensionalità della tela, non attraverso il disegno, infatti i suoi sono monocromi, ma modellandola, ritagliando i bordi e accostare diverse tele per la forma finale Tutti questi artisti scrivono molto, Aricò spiega proprio come è il suo procedimento: “a. stende la tela su telai che a volte prepara con il vinavil e a volte no, in base all’effetto finale desiderato, b. prepara 2/3/4 colori di 1 litro l’uno, a volte cambia la percentuale d’acqua (anche dello stesso colore) per dare effetti diversi, c. versa il colore in una pompa, la stessa che usano i contadini per le viti (lo fa perché attribuisce all’oggetto antico un calore familiare)”. Il lavoro è molto lungo perché dopo il processo deve anche lavare tutti i contenitori benissimo, così che i vari colori non si contamino tra loro. Lui vuole mostrare tutti i procedimenti delle sue opere, non solo attraverso gli scritti, ma proprio anche attraverso le opere (al contrario dei pittori dell’800 che erano moto gelosi delle loro tecniche, non le confidavano mai se non ai loro amici più stretti nelle lettere) (Clo)Tilde Poli, (1924 – 2006) [geometrie] nasce a Bergamo Artista molto prolifera Esordio precoce, a 18 anni Allieva di Guido Ballo Partecipa all’ambiente culturale sia milanese che romano Negli anni ’90, grazie a delle mostre, diventa riconosciuta internazionalmente. Autoritratto, 1948 gli anni ‘40 sono anni di formazione, è completamente figurativa Immagine, 1957 alla fine degli anni ‘50 si avvicina alla pittura informale Si nota già qui un’impronta onirica Astrazione, 1963 dagli anni ‘60 inizia ad aprire lo spazio nella tela attraverso una pittura molto diluita, quasi onirica (fino inizio anni ‘70 lo fa con la pittura) crea mondi generati dal suo subconscio finezza cromatica Da un astrattismo geometrico, con echi surrealisti, giunge alla serie “ritmi astratti” 30 Nuove geometrie: verso gli anni ‘80 Fernanda Fedi, (1940 - ) [geometrie] nasce a Torino La Fedi si è laureata al DAMS, una delle prime, quindi si vede com’era già sperimentatrice. Poi si specializza in museologia e arte terapia al politecnico ruolo importante negli anni ‘70, sia come artista, sia come organizzatrice di gruppi e come teorica (perché ha scritto molto). Negli anni ‘70 il clima artistico era caratterizzato dalla presenza di collettivi, cioè gruppi interessati innanzitutto a vari ambiti (non solo artistici, ma anche politici e ideologici) Il libro che l’ha resa più celebre è stato “Collettivi e gruppi artistici a Milano. Ideologie e percorsi 1968-1985” dove fa una mappatura dei gruppi di ricerca di quegli anni. Non è solo un’artista ma è stata anche una grande animatrice dell’ambiente culturale milanese dei primi anni 80, femminista, ma non l’ha mio associato alle sue opere, perché quelle hanno un’altra ricerca Sin da subito è vicina al linguaggio astratto, negli anni ne elabora una personale declinazione Fernanda Fedi, fa uso di una geometria estremamente rigorosa e precisa, che dà anche degli effetti optical (vuole stimolare la percezione dell’osservatore) La sua ricerca inizia sin da subito con l’arte astratta, sia per il suo amore per l’architettura, si apre l’affinità con il costruttivismo, infatti si possono notare le sue influenze (pittura analitica che non riflette nulla fuori a se stessa) Struttura, 1975 La linea diagonale è la protagonista L’intreccio delle linee si sovrappongono, creando una sorta di tessuto Lavoro molto accurato e preciso Linee tracciate con l’aiuto di una riga Ogni linea lascia sulla tela uno spessore di pittura visibile dal vivo Affinità con il concretismo Grande struttura, 1970 Il tema della diagonale è sempre molto presente Qui i colori sono più vivaci e diversi C’è un gioco di spessori Lavora sulla modularità, incastri di forme e di linee Struttura Blu AG 33, 1974 Periodo strutturale da 1970 al 1978 tutte le sue indagini sono su varianti di questi moduli Pittrice di matrice analitica – cerca soluzioni geometriche che fanno riflettere sulla natura oggettuale dell’opera, che si presenta come un mondo a sé stante, privo di qualsiasi riferimento alla realtà perché soggetto alle sole logiche dell’arte Calligrammi dionisiaci (Sismogramma dda), 1983 Periodo concettuale dal 1979 al 1992 Studio del suono, come la registrazione attraverso immagine dei rumori Realizzato sovrapponendo un reticolo molto fitto sulle strisce colorate precedentemente dipinte sulla tela, in cui vengono nuovamente sovrapposte delle scritte, senza un significato specifico, sono suoni in parola, che vogliono registrare il rumore che sente La definisce “scrittura plastica” perché la scrittura crea la forma plastica Criprogrammi S9. Segni e scritture, 1992 Dalla rigidità degli anni 70 passa alla scrittura, per arrivare ad essere più fluida Attraverso colore e segno crea queste opere È molto più libera, meno rigida Fernanda si sposa con Gino Gini, un poeta e pittore, insieme danno vita ad una collezione di poesia visiva che rappresenta una delle più importanti fonti di poesia visiva degli anni 70 e 80 (poesia visiva = le parole prendono forme) 31 Lia Drei, (1922 – 2005) [spazio/ luce] nasce a Roma È figlia dello scultore Ercole Drei, si laurea in lettere classiche, poi va negli usa per 5 anni dove fa studi pittorici, ma poi torna in Italia, entra in contatto con molti artisti, tra cui suo marito Francesco Guerrieri (che aveva già intrapreso una strada verso l’astrazione) che l’aiuta ad entrare in contatto con l’ambiente I suoi lavori iniziando quando entra a far parte del gruppo che aiuta a fondare, Gruppo 63 (dopo cambia il nome in Binomio sperimentale P, movimento artistico legato alla componente strutturalista) Struttura B2, 1968 Inizia creando dipinti che creano texture, con combinazioni di colori diversi, che danno un effetto ottico no forme geometriche libere, ma molto rigide indaga il valore della risonanza del colore in dimensione spazio-cromatiche Operazione modulare spazio-cromatica, 1963 Modulo bicolore creato da una linea curva e diviso in due, riempito di un colore e accanto il complementare, poi declinati in varianti sulla superficie “Occorre analizzare e sperimentare gli strumenti, fino a che questi non abbiano raggiunto una condizione di obiettiva efficacia in rapporto alla forma che si viene a creare e in rapporto ai possibili fruitori della forma. Trattandosi di elementi e forme visive, l’efficacia obiettiva e intersoggettiva, si risolve in efficacia ottico-percettiva. Il campo da sperimentare è dunque quello della percezione, sia nei processi retinici, sia in quelli più complessi e organizzati” – quindi lo scopo di questo tipo di opere è quello di stimolare lo sguardo, ma soprattutto quello più emotivo e inconscio (tipo creare disagio o disturbo o attrazione di fronte alle opere) In “arte e società” guerrieri spiega che “il fine dell’arte è comunicare, costruire quindi un codice” “La struttura delle composizioni, seppur molto diversa tra alcuni di loro [componenti del gruppo], cerca una ripetizione, spesso ciclica, che non immobilizza le forme sulle superfici” – infatti le tele si muovono, sono vibranti – pieno dell’optical art senza farne parte (perché usano pittura e non la luce) Lia Drei negli anni ‘70 fa anche una serie di happening e di opere a carattere ambientale (opere che hanno forme geometriche nello spazio) Pittura dipinta, 1981 È sempre una pittura che riflette su se stessa, ma abbandona l’idea della struttura rigida e dell’optical, per abbracciare una pittura distesa e meno dinamica lascia solo ai bordi il dinamismo, il resto gira attorno a poche tonalità Iperipotenusa, 1980 Si dedica molto anche alla poesia e realizza un libro d’artista, dove ci sono sia parti poetiche che parti di poesie visive, scrittura fatta con triangoli e quadrati Il libro è realizzato tagliando bucando le pagine colorate (l’opera è proprio il libro, sfogliabile) Ogni forma lascia intravedere quelle successive, che creano a loro volta nuove forme “Il triangolo rettangolo è il simbolo della creazione, il lato destro è l’uomo e il sinistro la donna, l’ipotesi sa è l’amore che li unisce e dona vita. La punta del triangolo è l’utero che fa crescere lo spazio. Nei miei quadri, ogni triangolo, anche se ce ne sono 3000, ognuno è diverso di misura anche se solo per mezzo millimetro. E le persone sono mai uguali? Adesso lo vogliono clonare, io non vorrei che dopo di me ci fosse un’altra Lia, quella non potrebbe vivere la stessa vita, un’altra volta, in un altro tempo” Fausta Squatriti (1941 - ) [geometrie] nasce a Milano È figlia della scrittrice Lina Angioletti La madre la fa entrare in contatto con artisti importantissimi sin da giovanissima Negli anni ‘70 cerca ancora una sua direzione, ma lavora sulla squadratura, sul monocromo Voleva far emergere dal bidimensionale un senso di spazialità Le opere che la rendono famosa sono quelle degli anni ‘80, molto geometriche (legata al suo aspetto scientifico) Fa lavori in cui riflette sulla generazione di forme attraverso la geometria 32 Senza titolo, 1981 Squadernamento di forme che si compone in moduli diversi, come se fossero visti dall’alto La misura dei rettangoli sotto sono perfettamente iscrivibili in quelli sopra Vede il dipinto come un frammento della realtà intera, estendibile oltre la dimensione dell’opera nello spazio Anni 80 prevale l’estetica all’interiorità, clima del postmoderno, infatti le sue opere sono proprio di questo clima – non si inventa nulla di nuovo, si usano forme preesistenti, lei fa proprio cosi (usa cubo, rettangolo, ecc in Fisiologia del quadrato o in Da due a sei, 1985, partendo proprio da un cubo si creano delle forme, lo si squadrerna – tipo di pittura vicina alla grafica e alla computer art) Pian piano abbandona anche il colore per affidarsi soltanto sull’essenzialità del geometrico Chung Eun Mo, (1946 - ) [geometrie] nasce a Seul, in Corea del sud Negli anni ’80 si diploma a New York, in una scuola di arte e architettura Dal 1987 inizia a lavorare in Italia, tra il lazio, la toscana e l’umbria. Dal 2019 si è stabilita a Milano Vede il dipinto come un frammento della realtà intera, estendibile oltre la dimensione dell’opera nello spazio Bridge I, 1990 – Casa Ornella Napoli, 2012 Composizioni molto piatte, colorate, basate sulla geometria e sulla dimensione architettonica (usa le figure in colori più scuri per dare effetti prospettici, come se fossero delle ombre) I suoi quadri non partono dalle geometrie, ma dalla volontà di creare con la pittura spazio e luce,geometria è il mezzo che utilizza per farlo Il suo lavoro tende ad uscire dalla tela, si allarga sullo spazio circostante Molti dei titoli delle sue opere sono legate alle sue esperienze, al luogo in cui si trovava mentre la faceva o dalla forma del supporto utilizzato Nathalie du Pesquier, (1957 - ) [geometrie] nasce in Francia, ma arriva a Milano nel ‘79 Viene subito introdotta nel mondo del design, tanto che nell’81 co-fonda il gruppo “memphis” (Rivisita in chiave ludica e colorata le forme del passato) – i suoi disegni sono stati fondamentali per la creazione dello stile Memphis fase che definisce la sua università, non è felice di essere associata a questa fase prima delle altre dopo l’87 inizia la sua fase come pittrice e scultrice Vede il dipinto come un frammento della realtà intera, estendibile oltre la dimensione dell’opera nello spazio Composizione, 1995 Pur essendo astratte, le sue opere hanno sempre a che fare con il reale (interesse per lo spazio e per gli oggetti) Rende bidimensionali gli oggetti che la circondano (spesso crea proprio dei modellini di carta prima che vengano ritratti sulla tela) Nelle sue opere cura sempre anche l’allestimento, tanto lo cura che spesso non si distingue cosa sia opere e cosa allestimento, crea come degli ambienti Mind the gup, 2021, Metro di Brescia Uso delle piastrelle e non dipinge direttamente sul muro proprio per il suo interesse verso i materiali Non fa spesso opere di arte pubblica Arte pubblica no messaggio, è portare bellezza dentro la città – concetto proprio importante negli anni 80 Quindi differenza ricerca geometrica degli anni 70 e 80 Anni 70 è più ottica e concettuale Anni 80 è più importante l’estetica e l’aspetto ludico 35 Ha chiesto alle donne di legare tutte le case con un nastro azzurro e successivamente sarebbero state legate alla roccia della montagna dietro al paese di Ulassai (quella montagna è l’anima del paese, lì ci sono delle caverne in cui sono stati ritrovati resti primitivi) Stesso nastro delle processioni con il quale la madonna veniva legata Non lo fa da credente, ma lo fa per il valore che aveva per il suo paese – interesse antropologico La Lai fa realizzare un video in merito al progetto, intervista delle persone della comunità affinché raccontassero delle leggende sul posto o del posto Lavoro molto criticato ai suoi tempi Nel 1973 nasce il Gruppo Metamorfosi, rimane in vita fino al 1981 Raccoglie artiste non per forza legate al femminismo • Gabriella Benedini • Alessandra Bonelli • Lucia Pescador • Alessandra Sterlocchi Questo gruppo nasce sia perché le artiste erano legate dall’interesse su temi simili, sia per il fatto che 4 donne fossero più forti di una sola, così per contrastare i gruppi maschili molto forti ai tempi (come il gruppo della transavanguardia, il gruppo di artisti italiani, dopo l’arte povera, più in vista) Gabriella Benedini (1932 - ) [materia] nasce a Cremona È stata una grande viaggiatrice Di laurea a Brera Per alcuni anni lavora a Parigi come giornalista Scultrice Lavora con gli scarti, infatti era molto attenta, già in quegli anni, al tema dell’ecologia Uso di materiali inconsueti per la tradizione artistica – le forme derivano dalla natura stessa dei materiali In sé c’è anche una componente concettuale Diutop, 1977 Video Grande gonfiabile in pvc trasparente, che si muove dalla località in cui c’era la ditta Solvè Zona completamente inquinata a causa degli scarti che venivano scaricati lì Gonfiabile risale dal mare, verso il fiume, mostrando il fiume inquinato, le rive con gli scarti, la spiaggia bianca, che sembra di un’isola tropicale, mentre invece è solo stata rovinata dalle sostanze gettate lì No vegetazioni, terreno secco - Terra vista come un corpo che contiene vita, usato, trascurato. Sestante, 1981 Scultura Il titolo allude ad uno strumento usato in antichità per navigare e tracciare le rotte Tema del viaggio Realizzato con materiali di scarto – vecchio goniometro di legno Arpa n. 1, 1992 Scultura Grande passione per la musica la riflette nella sua arte Uso di elementi di scarto – pezzi di legno, corde, ampolla di vetro, … Le vele, 1990 Scultura al campus della Cattolica di Cremona Vele realizzati con scarti di scafi di barche Legno lavorato e dipinto di bianco 36 Lucia Pescador (1943 - ) [mediazione/ concetto] nasce a Pavia Si diploma in decorazioni a Brera con Usellini Dal ’77 al ’89 fa parte del gruppo Metamorfosi Spesso copia le opere del 900 con la mano sinistra, lei destrorsa, per esaltarne l’aspetto espressivo ed interpretativo, per evocare anche il processo di destrutturazione della rappresentazione accademica Croce Kazimir, 1992-94 Kazimir è il nome di Malevic, modo per riflettere, attraverso il disegno, la pittura del suprematista Ovviamente indagine differente, la Pescador non fa un lavoro geometrico pulito Riutilizza le carte che trova nei mercatini, spesso dei ricettari e dei prezzari Disegna con una geometria assolutamente libera con materiali grassi Forme che si ritrovano nelle opere di Malevic (croce, rettangolo, quadrati) Poi crea un’istallazione di questi disegni, forma una croce, che rimanda appunto a Malevic Approccio riflessivo sull’arte esplicito Il giardino dei semplici, 1984 Disegni ispirati alla cultura orientale Forma circolare ricorda i dervisci (danzatori mediorientali con abiti rigidi e molto larghi che pregano danzando, ruotando su se stessi) Alessandra Bonelli (1935 - ) [mediazione/ concetto] nasce a Milano Lavora sul tema della natura Il suo primo lavoro degli anni ’50 è nella Mec art (arte meccanica, ricerca che si basa sul rapporto con i media, la televisione e la fotografia nello specifico), unica donna del gruppo Anni ’70 linguaggio più progettuale e geometrizzante Denuncia alla società dei consumi e allo sfruttamento della natura Mass Media M/9, 1968 Lavoro della Mec Art Riporto fotografico di fotogrammi passati in televisione Modo per riflettere sulla forma Diventano forme astratte messe insieme Atlante Im-possibile T.F.T. 6, 1977 Serie che chiama “Naturale artificiale” – rapporto tra natura e artificio Specie di luogo espresso attraverso particolari di fotografie (terreno, foglie, rami, …) poi sintetizzate attraverso delle forme geometriche Opere asettiche Usa la carta, alla quale sovrappone il plexiglass, per tenere la distanza Tracce di paesaggio riassunte in forme geometriche Marion Baruch (1929 - ) [materia] nasce in Romania Studia arte nel suo paese natale, ma lì poteva ritrarre solo Stalin e si annoiava Nel ’50 raggiunge la madre, violinista, in Israele, dove continua a studiare arte con un maestro del Bauhaus, Ardon, allievo di Klee Nel ’54 arriva a Roma grazie ad una borsa di studio per studiare Giotto e i maestri dell’arte italiana Lavoro soprattutto geometrico, ma realizzate con materiali fragili o tessili Uso di materiali inconsueti per la tradizione artistica – le forme derivano dalla natura stessa dei materiali In sé c’è anche una componente concettuale 37 Senza titolo, 1964 Opera abbastanza informale Qui stava ancora studiano Era alla ricerca del suo stile Abito contenitore, 1969 uso del materiale tessile Abito contenitore astratto con il quale fa performance Ispirato ai burka Critica la condizione di oppressione Lo indossa in una performance, stila in via Monte Napoleone Contenitore ambientale, 1969 Crea dei contenitori di plexiglass Grandi bolle che ricordano le biglie All’interno sono vuote, fatte per ospitare qualcuno Vuole indagare il concetto di vuoto e il concetto di contenitore Architettura che tende ad ingabbiare il corpo umano Allude a case degli anni ‘60, della generazione dell’unità abitativa di Le Corbusier, piccoli appartamenti che soffocano chi era abituato a vivere in campagna, ma è stato costretto alla città per lavoro Performance pensata per essere fatta in via Manzoni, una via particolarmente trafficata di milano Lo scopo era quello di bloccare il traffico, tram inclusi Super art, 1988-89 Allude al consumismo Blocco metallico è la proiezione del carrello Denuncia la pesantezza e l’invasione del consumismo nella vita quotidiana Nello spazio fluido, 1989 Scultura-pittura Realizzata con dei tessuti sintetici estremamente elastici, ma anche fragili, quindi difficili da mettere in forma Lavora sul tema del vuoto Renata Boero (1936 - ) [materia] nasce a Genova, ma le piace definirsi cittadina del mondo, non è legata al territorio, infatti ad oggi vive tra Roma e Milano. Renata frequentava un collegio in Svizzera e aveva altri interessi, più vicini alla politica che all’arte. Infatti, da ragazza, è attiva nel partito comunista, dipingeva manifesti. Oltre ai manifesti, aveva la passione per la pittura, infatti mentre era in vacanza (la sua famiglia viaggiava molto) era solita fare dei quadretti dei paesaggi ed essi venivano anche premiati, ma la svolta avviene quando viene notata da Felice Casorati, gallerista di Roma, nel ‘59, quando ancora dipingeva paesaggi figurativi, e manda il suo dipinto ad un concorso di Roma e viene esposto alla Quadriennale. Quando Renata va a Roma per vedere il suo dipinto esposto, nota come in quegli anni la pittura fosse andata avanti ed entra in una crisi esistenziale (crisi che caratterizza proprio quegli anni), capendo che quel dipinto non la rappresentava e inizia la sua ricerca, partendo sempre dal suo interiore. Nel mentre vuole essere indipendente, nonostante fosse ancora una studentessa, lavora al museo di Palazzo Rosso come assistente della direttrice del tempo, Caterina Marcenaro, e viene mandata a seguire i restauri conservativi (cioè che studiano come si stanno mantenendo le opere nel tempo). Qui maneggia in prima persona le opere, le smonta, le pulisce, studia i materiali che vengono utilizzati (spesso era olio, ma altrettanto spesso erano materiali naturali e bisognava capire cosa fossero nello specifico). 40 Luciano Caruso, Metalinguaggio, 1969 negli anni nelle opere entrano degli oggetti, oltre al collage Hanneh Hoch, Da-dandy, 1919 fotomontaggio dadaista da cui gli artisti della poesia visiva successivamente prenderanno spunto Lamberto Pignotti, La rivoluzione toglie il dolore, 1965 “No al dolore, quando può dirsi si può dire chiara, la rivoluzione, toglie il dolore” Società in fermento Registra lo scollamento di ciò che avviene all’interno del mondo delle rivendicazioni femminili e come appare il mondo della donna attraverso le riviste femminili: molto curata, disinteressata all’attualità Dopo i primi anni del solo utilizzo della parola, intervengono collage anche con immagini Lamberto Pignotti, L’atomica cinese, 1965 “l’atomica cinese, genuina genuina genuina, Dio Dio Mi sembra di impazzire dalla gioia” Messaggio molto forte Da un lato immagine della bomba di Hiroshima, dall’altra un fotoromanzo con la ragazza innamorata, che non vede niente attorno a lei, pensa solo all’amato, ma non si accorge delle bombe che esplodono, in cui le conseguenze della guerra fredda sono spietate Critica questi libri che sedano l’interesse verso l’attualità Eugenio Miccini, L’uragano, 1973 “per gli uomini che amano la tempesta, l’uragano investe l’occidente con la forza dei fatti e delle idee, molti di quelli che l’hanno provato non ci credono ancora. Era da molto tempo che non succedevano cose importanti. L’utopia numero 1968 non piace ai turisti” Tema delle violenze e delle manifestazioni che scuotono le grandi città in contrasto con il mondo del turismo Turisti scocciati se ci sono le manifestazioni Rapporto tra immagini e parole in questo caso – “l’uragano” accostato all’immagine del mare mosso e una foto di una protesta accostato a “non piace ai turisti” Sarenco, Transfert, 1974 Fotografia scattata durante le manifestazioni in Irlanda durante i contrasti tra i cattolici e gli anglicani Licenza poetica di lanciare pietre per i valori in cui crede In quegli anni c’era chi accettava la violenza per far valere i propri valori Immagine presa per caso, naturalmente Emilio Isgrò, Volkswagen, 1964 “Dio è un essere perfettissimo come una Volkswagen che va e va e va e va…” Volkswagen macchina allora più amata dalla società giovane Paragone del desiderio della macchina e dio Come se i valori di quegli anni fossero saltati rispetto a quelli precedenti, prima c’era la religione, ora c’è la macchina Provocazione ovviamente, critica al fatto che si fossero persi i valori Prende spunto dai cartelloni pubblicitari 41 Lucia Marcucci, Bumm, 1972 messo sotto osservazione il modello patriarcale della famiglia al centro il patriarca, che mette la mano sull’erede, le donne invece sono ai margini il bambino, quindi la nuova generazione vuole estirpare il patriarcato e rompere la catena Ketty la Rocca, Elettro…addomesticati, 1965 Lotta contro lo stereotipo femminile e contro la sedazione delle donne verso i temi d’attualità Donna con la bocca chiusa o con i baffi, quindi maschilizzata Richiamo agli elettrodomestici, come se la massima aspirazione della donna fosse avere l’elettrodomestico più nuovo per essere appagata Mirella Bentivoglio (1922 - 2017) [mediazione/ concetto] nasce in Austria Si forma tra la Svizzera tedesca e l’Inghilterra Autrice di libri di poesie Grande animatrice culturale, soprattutto le donne che si occupano di poesia visiva Nel ’71 organizza una mostra “esposizione internazionale di operatrici visuali” a Milano Nel ’78 organizza la Biennale di Venezia e vuole che le uniche ad esporre siano donne, una delle prime mostre importane dedicate unicamente alle donne Gabbia (ho), 1966-69 Fa parte di una serie Tutte le opere della serie sono realizzate con sole 2 lettere, “h” e “o” (“h” sta per “homme”, uomo, “o” rappresenta l’elemento femminile, un uovo, simbolo della nascita e “ouverture”, cioè “aperture”) La “o” è il simbolo per uscire dalla gabbia, l’uomo chiude la gabbia e la “o” è la via di fuga Uso delle lettere in forma astratta De-nominazione, 1966 esposta alla biennale gioco che fa sulla parola “nome”, passa per “no me”, arrivando a “meno” forma astratta, un rombo creato attraverso la smaterializzazione della parola materializza e rende universale il linguaggio attraverso la geometrizzazione delle lettere attenzione sulla manipolazione visiva dei mass media Pagina-finestra, 1971 Parte dalla parola “piove” Crea uno schema compositivo, come se dalla parola piove, piovessero delle goccioline d’acqua Il cuore della consumatrice ubbidente, 1975 decostruzione del logo della coca cola crea un cuore con le forme della scrittura qui era ancora abbastanza figurativa Lapide della casalinga, 1975 Croce realizzata con un pezzo di lavastoviglie (quello che gira) La lapide della donna è essere costretta ai lavori domestici 42 Struttura simbolica (L’Ovo) [fig. ] – Poesia albero 1976 Realizza un uovo con dei sassi trovati sul posto Uovo simbolo della donna (Volterra) Porta nella stessa piazza in cui colloca L’Ovo un vaso con dentro un albero Uovo e albero elementi che danno il senso della nascita e la natura In sottofondo tema della donna, senza la donna l’albero genealogico non ci sarebbe Strutture simboliche – E, 1978-81 “E” forma aperta, composta da una linea verticale e tre orizzontali, non viene chiusa come la “h” Le “e” possono incastrarsi tra loro, permettendo una sorta di abbraccio Simbolo unione, solidarietà, confronto con l’altro Scrittura materiale da costruzione della cultura, 1986 Realizzato con la pietra Sulla copertina la pietra è incisa con il titolo All’interno del libro la scrittura è simulata da blocchetti Tutto nasce dalla pietra, anche l’astrattismo, 2000 Due tipologie di pietre diverse Pietra chiara fa da cornice Pietra scura fa da dipinto Per sua natura la pietra ha delle venature di colore differente, che in questo caso danno da segno Non più opera di pittura visiva, ma ricerca sull’astrazione Betty Danon (1927 – 2002) [segno/ forma] nasce a Istanbul Si trasferisce a Milano dopo essersi sposata con Maurizio Danon Punto di svolta della sua carriera è l’inizio di un percorso di analisi junghiana Inizia la sua carriera con le Finestre di cielo, 1972-73 Ne fa una serie Collage di fotografie di pezzi di cielo Ordine dato da dai fili Partitura asemantica, 1973-74 La Danon fa geometrie legate alla musica, alla musica strumentale Partiture suonate da amici musicisti che associavano il suono ad una determinata posizione della scrittura dell’artista Suono e segno veicolo dello stesso codice Pittura atonale (T72), 1972 Studio delle varie composizioni Vari modi in cui si possa modulare la stessa forma con gli stessi colori 45 Paolo Scheggi, Intercamera plastica, 1967 Scheggi non fa parte del gruppo Azimuth, ma li fiancheggia Si cimenta nella creazione di ambienti Buchi regolari molto precisi fatti su sovrapposizioni di tele/ compensati Poi sfasa le superfici per creare un effetto in cui si vedono i buchi sottostanti, che potrebbero essere infiniti (fa queste opere sia in piccolo su tele, che negli ambienti) Interessato sulla percezione, porta a vedere cose che non si è abituati a percepire In questo caso ci mette delle modelle per dare l’aspetto della performance, così che l’ambiente venga più vissuto Dadamaino (Eduarda Emilia Maino) (1930 – 2004) [spazio/ luce] nasce a Milano Inizia la sua carriera come autodidatta Nel 1957 incontra Pietro Manzoni e da lì la svolta Ruota attorno al gruppo Azimuth dal 1958 Ha come punto di riferimento il Bar Giamaica, luogo in cui in quegli anni tutti gli artisti si ritrovavano Aderisce anche al gruppo 0, che è la versione tedesca, il gruppo nul, in Olanda, e il gruppo notus, in Francia Volume, 1958-59 È una serie Prima attività della Dadamaino Influenza di Lucio Fontana Grandi tele con fori ellittici irregolari Grazie all’irregolarità si creano ombreggiature al di là della tela (viene applicata un’altra tela sul retro) Spazio fisico su una superficie bidimensionale Volume a moduli sfasati, 1960 Realizzata con carte bucate e leggermente sfasate Pratica con una fustella a mano i fori Creano uno sfasamento ottico - L’occhio dopo un po’ che lo guardi sfasa Buchi regolari molto vicini l’uno all’altro Creano una sorta di vibrazione Disegno ottico-dinamico, 1964 Interesse verso il movimento Pittura che crea movimento all’interno dell’opera È disegnato a mano Una sorta di illusione ottica Combinazioni cromatiche, 1969 dal modo in cui mette un colore accanto all’altro dà movimento il modulo di base è sempre lo stesso vanno a coppie di due – il primo è rosso e giallo, il secondo è rosso e giallo, ma si invertono i colori, il secondo ha il rombo blu e lo sfondo rosso, quello accanto viceversa, e così via Cromorilievo, 1973-74 Opera più conosciuta e che la fa apprezzare - Momento più maturo Diventerà una serie Opere molto grandi e pesanti, tridimensionali Realizzati con tasselli di legno di diversi spessori, in modo da creare un particolare effetto ottico Sono anche di colori leggermente diversi Si formano dei rombi iscritti nella tavola di base Si crea moltissimo movimento, passandoci vicino è come se vibrasse 46 L’inconscio razionale, 1975-76 Dopo un momento più geometrizzante, passa a questa serie Piccoli tratti distribuiti sul dipinto con una regolarità non programmata, non c’è un vero e proprio ritmo Interruzioni e riprese del segno apparentemente casuali Effetto dell’inconscio razionale, provare a razionalizzare l’inconscio “arrivata ad un certo punto, risolto il problema dei Cromorilievi, mi sono chiesta se la formulazione geometrica e/o modulare non fosse un diaframma dietro cui ovviare la paura del coraggio. Ho ripreso carta e colori e ho disegnato. Ho scritto sulla carta prima e sulla tela poi. Si tratta di una sorta di scrittura della mente, della mia. Si tratta di linee ora dense, ora marcate, saltellanti, senza alcuna programmazione a priori, ma sensibile alla pressione della mano che libera corre e traccia senza premeditazione. Ma è chiaro che se la mano è guidata dalla mente, si creano reticoli e spazi vuoti, per nulla disordinati, che hanno un loro ritmo, una loro profondità e armonia” Senza titolo, 1978 Opera fatta su una grande carta da lucido Fluire del segno che caratterizzano questa ultima parte del suo lavoro (fa parte della serie Alfabeto della mente) Segni grafici, in caratteri inventati dall’artista Ogni segno è ripetuto fino a riempire tutto lo spazio Dadamaino si avvicina a questi gruppi, senza mai fare vera e propria arte cinetica, come faranno Grazia Varisco e Nanda Vigo. L’arte cinetica o programmata, che si diffonde in Italia e in tutta Europa dal 1959 e il 1960, viene considerata da Frank Popper una nuova categoria artistica che supera la tradizionale antinomia tra spazio oggettivo (tela) e spazio soggettivo (quello che l’artista mette nella tela) nell’opera d’arte. Secondo Meneguzzo, queste espressioni artistiche sembrano postulare “la sparizione dell’autore di fronte alla personalità oggettiva che l’opera mantiene”. In queste ricerche l’artista si propone di realizzare un’arte totale, fondata su un impianto di estrema oggettività (V/S la soggettività dell’informale). Elementi caratteristici sono: • Lo studio del movimento della luce e del colore • La progettazione metodologica del lavoro • Comunicazione visiva come fenomeno ottico psicologico • Importante risvolto sociologico di queste ricerche (coincide con una visione più razionale della società) Nel 1959 vengono fondati il • Gruppo N (Padova, 1959-66) Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Landi, Manfredo Massironi (questi artisti non firmano con il proprio nome, ma con il nome del gruppo, vorrebbero come scomparire di fronte alla personalità dell’opera) • Gruppo T (T = tempo; Milano, 1959-64) Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele de Vecchi, Grazia Varisco Per diffondere queste tendenze a livello internazionale sono fondamentali le mostre “Nuove Tendenze” fatte a Zagabria nei primi anni ‘60 In queste mostre tutti gli artisti europei ci confluiscono Gabriele de Vecchi, Strutturazione triangolare, 1963 Scultura Elementi geometrici che si muovono, dando luogo a delle varianti Opere vicini a degli oggetti di design, infatti poi lui sarà riconosciuto proprio come designer Gianni Colombo, Topoestesia, 1978 Ambiente con disequilibrio Pareti storte Danno allo spettatore un senso di non stabilità 47 Ambiente elastico, 1966 tiranti (fatti da elastici) dipinti con una vernice fluorescente che nell’ambiente buio, grazie alla luce particolare fa riflettere i colori Spazio elastico, 1968 in questo caso è un ambiente luminoso Ci sono sempre questi elastici che disturbano il passaggio agevole nella stanza Davide Boriani, Ambiente stroboscopico, 1967 Senso di spaesamento Ambiente fatto da specchi che si muovono Bruno Munari, Ancona bicombi Munari partecipa ad alcune mostre di arte programmata pur non facendo parte dei gruppi Conosciuto come designer, padre del design italiano Enzo Mari, opere d’arte programmata Uso del metallo, in dimensioni ed inclinazioni diverse Crea delle sorte di scatole In base a come la luce colpisce i materiali, si creano effetti ottici differenti Grazia Varisco (1937 - ) [spazio/ luce] nasce a Milano Aspetto ludico fondamentale nelle sue opere Prime opere sono informali Partecipa al gruppo T nel 1959 Materico, 1956 Filo rosso, 1960 Dagli anni ’60 entra nel Gruppo T Tempo perché opere che funzionano guardandole a lungo Opera che dietro ha un meccanismo che fa ruotare il cerchio Il movimento crea un effetto ottico particolare Lo spettatore è coinvolto, viene fatto estraniare da sé per portarlo in un mondo programmato dall’artista Reticolo infrangibile quadricromia. Doppio omaggio a P. M., 1968 Omaggio a Mondrian Qui non c’è movimento fisico, ma viene immaginato dai tratteggi di queste linee Come se si muovessero in orizzontale o verticale e lasciassero la scia Tela ricoperta da un vetro smerigliato 50 Untitled (Casa del Fascio, #04), 1999 Linee dell’architettura come riflesso sul marmo al centro. L’opera, nonostante abbia un’ambientazione è chiamata untitled per marcare la mancanza di un riferimento diretto. Deve evocare un duo sentire all’interno del luogo che vuole rappresentare. Untitled, (Gifu Apartments), 2000 Le interessa l’effetto scenografico della luce che entra attraverso i pannelli. Non ha mai studiato architettura o fotografia. Ha studiato lettere e filosofia. Si è trovata in Giappone in un posto interessante con tanti libri, si è iniziata ad interessare all’architettura giapponese. Sejima’s work. Non bisogna intendersi architettura per poterla apprezzare. In particolare quella di Sejima le interessa perché realizza ambienti nei quali si può riflettere su sé stessi. Mai rapporto stretto fotografia-architettura. Untitled (Rietveld Shröder House, #01), 2006 Vuole catturare l’esperienza che fa di un luogo. Non si capiscono gli spazi dalle foto, le interessano particolari e luci ore relative. Omaggio al Neoplasticismo, ma non vuole restituire la sua estetica, vuole dare solo suggestioni Paola di Bello (1961 -) [spazio/ luce] nasce a Napoli, ma ci ha vissuto per pochissimo Vive a Milano Figlia di un artista della Mec Art: arte che utilizza la tecnica per fare pittura: fotografia su tela e ritocchi col pennello. Svolge ricerca astratta, ma non solo Lavora in camera oscura, le interessa la fotografia che esplora particolarità dell’evoluzione della cultura contemporanea nella città. Fotografa di zone marginali: periferie, sottopassaggi, zone abbandonate, oggetti abbandonati dall’uomo A suo parere con la fotografia si possono catturare tracce non intenzionali, che nascono dalla concomitanza di eventi ordinari e banali che si ripetono ogni giorno – marginalità nel paesaggio urbano Ricerca della spazialità in rapporto con la luce Fuoricampo, Napoli #09, 1997 Inquadratura quasi geometrica grazie allo sfruttamento porta da calcio Fotografa oggetti di scarto, donandogli nuova dignità. La realtà vista dalla parte dell’oggetto. Le interessa il cambiamento del punto di vista. Realizza serie Ora e qui, 2016-17, Milano ora, 2017 Prende in considerazione spazio e tempo attorno al museo del Novecento, committente Idea di vedere il museo non come un contenitore, ma come osservatore, guarda le persone che passeggiano lì Alle finestre della sala in cui è esposto il neon di Fondata, vengono applicate le pellicole, che si fondono con il paesaggio esterno, portando l’attenzione proprio a cosa succede fuori Foto consentono di andare oltre Giorno e notte si fondono sulla stessa pellicola – lunga esposizione che permette di catturare tutti i passaggi Ci sono ambiguità, cielo azzurro ma finestre accese, gente ofuscata, trasparente Cattura l’anima di Milano, la sua frenesia, tutti di corsa Cosa c’è di astratto in tutto ciò? Vuole far entrare il tempo all’interno dello scatto fotografico (Cronofotografie, fotografia futurista…). 51 Lucciole, 1988-2006 Serie di opere su tela realizzate all’interno della camera oscura. realizzato in modo concreto con delle lucciole vere, che ha recuperato in periferia di Milano in una zona non inquinata. Ha lasciato che si muovessero liberamente su delle pellicole, Lasciando tracce sensibili della loro presenza tramite emissione di luce. Idea di lasciare che la natura conferisca un’impronta senza la mediazione dell’artista. Il gesto artistico nasce dalla progettualità, e non dalla manualità. Lei stessa dice che in questo modo dà vita ad un segno pittorico di cui l’artista ha perso il controllo. Le tracce innestano una sorta di astrazione spontanea. Anche qui ciò che le interessa è il concetto di tempo. Il tempo del passaggio del camminamento della lucciola. Per arrivare a questo risultato ha realizzato tantissime prove. Alla fine del processo le lucciole sono state riportate dove dovevano essere. (Artista ecologista, a Milano nel periodo di contestazione della creazione della zona di citylife è stata in prima linea.) «Ho realizzato questi lavori facendo impressionare la pellicola fotografica dalla luce emessa dalle lucciole. Inanzitutto ho raccolto, la notte del 29 Giugno 1988, in una zona non ancora inquinata della campagna pavese, a circa 30 km da Milano, 25 lucciole; sistematele in un apposito contenitore rifornito di nutrimento - erba, acqua e zucchero - le ho trasportate nella camera oscura del mio studio, a Milano. Qui ho lasciato camminare liberamente le lucciole (non volare: le lucciole volano soltanto nel loro ambiente naturale e in funzione dell’accoppiamento) a gruppi di due o tre o più, o anche da sole, su pellicole fotografiche 18x24 cm., impressionandone in totale 48. Il giorno successivo ho proceduto alla liberazione delle lucciole nella loro zona di provenienza e ho sviluppato le pellicole. In seguito, ho realizzato una serie di stampe su carta fotografica di 108x144 cm., che riproducono fedelmente l’intera pellicola con un fattore di ingrandimento di 6 volte». Paola Di Bello, descrizione del 1988 Alice Cattaneo (1976 - ) [spazio/ luce] nasce a Milano Ha studiato in Inghilterra e USA, ma sceglie di stare in Italia Ha realizzato molte attività con scuole e musei. Il suo lavoro prevede forme geometriche, realizzato con materiali poveri, tipici della quotidianità, trovati Le sue sculture spesso creano degli ambienti Lo spettatore si trova davanti ad un gioco di forme, volumi e colori, all’insegna della leggerezza e dell’equilibrio. Ricerca della spazialità in rapporto con la luce Interesse per il vuoto, che significa silenzio nel quale la realtà lascia una traccia Divagazioni che sottilmente evocative dell’esperienza, tradotte attraverso un linguaggio astratto Senza titolo, 2005 I pezzi di cartoncino e i fili di alluminio sono tenuti insieme da scotch azzurro Forma del rizoma, come gli scienziati hanno spiegato la formazione della natura ogni elemento è connesso con l’altro, idea di forze ed energie impressionate nella materia Li forma sul luogo in cui deve esporre È interessante vederla creare le sculture, che vengono distrutte a fine mostra. È una forma che nasce senza delle regole predeterminate Senza titolo, 2019 Tavolo di metallo, cubo di cristallo scuro, piccolo cubo di piombo, corda tiene sospesa una lastra d’alluminio piegata No punti di incastro È delicatissima Non c’è nessuna forzatura dei materiali, che vengono esposti nella valorizzazione di ciò che sono Energia imprigionata nella materia – dà un senso di leggerezza anche attraverso ai materiali Senza titolo, 2019 Cubo di piombo ricorrente Tubicino di plastica blu, dentro passa un filo, fermato da un elemento parallelepipedo Sempre senso di leggerezza ed equilibrio 52 Vuole esaltare energia e forza insita nella materia (prima la rappresentava attraverso gli incastri del rizoma, ora con materiali in equilibrio) Riduzione al minimo dei materiali Elisabetta Di Maggio (1964 – ) [spazio/ luce] nasce a Milano ma vive da sempre a Venezia Lavora sull’analisi del tempo e all’osservazione della natura (cerca di imitare gli elementi naturali e cerca di cristallizzare il tempo) Fa un lavoro di grossa astrazione, anche decorativa in alcuni casi Ricerca della spazialità in rapporto con la luce Interesse per il vuoto, che significa silenzio nel quale la realtà lascia una traccia Divagazioni che sottilmente evocative dell’esperienza, tradotte attraverso un linguaggio astratto Traiettoria di volo di una farfalla, 2012 Anziché rappresentare una farfalla, ricrea il suo volo, attraverso l’utilizzo di chiodi, puntine da entomologo (che usano per bloccare le farfalle morte alle superfici), in modo da ricreare volo irregolare. Ricorda Balla con i suoi Voli di rondine Il suo lavoro mette insieme il concetto di natura (concettuale) e la geometria creata da essa Lotus, 2012 Molti dei suoi lavori sono capolavori di artigianato – forte componente manuale Questo richiama le foglie, o in altri casi sono forme di carta, rivalutando tecnica antica Li ha cuciti lei in modo molto preciso Vuole far emergere le strutture della materia nascoste della natura, che di per sé sono astratte Senza titolo, intaglio su intonaco, Palazzo Querini Stampalia, Ve, 2004 Lavoro molto delicato e sottile Va a ricercare la struttura della natura Emerge l’aspetto del tempo, quello necessario per arrivare a questi risultati. A suo parere, il tempo, è il ruolo primario ed essenziale della vita umana Precisone, rigore, per evitare il disordine e l’equivoco Tutto molto studiato L’agire non è mai inutile, anche quando è ripetitivo, delicato, lascia sempre un segno. Il suo è un gesto delicato, lungo nel tempo. Senza titolo, 2007 Gioca sul tema dell’equilibrio, della leggerezza. Città del Messico, 2012 Serie dedicata alle città Ricrea la piantina della città, di Città del Messico in questo caso Incide il sapone di marsiglia Usa la carta velina per ricalcare le cartine e poi segnare il sapone Greeting from Venice, 2018 Ispirato ai mosaici della Basilica di S. Marco. Tutto realizzato con la carta, poi ricoperto con vetro per proteggerla Ha ricreato un pavimento mosaico Decorazione elevata allo stato di arte - La decorazione è uno dei primi elementi di astrazione nell’arte (La prima volta veniva usata Liberty, Art Nuveau…)
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