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Sintesi e Traffico Proteico nel Citosol: Organelli e Controllo Qualità - Prof. Sitia, Appunti di Biologia

Il processo di sintesi proteica nel citosol, inclusi i vari organelli coinvolti, le modifiche post-traduzionali e il controllo qualità delle proteine. Vengono trattati i meccanismi di smistamento delle proteine ai vari organelli, la degradazione proteica e le modifiche covalenti come la formazione di ponti disolfuro e n-glicosilazioni. Inoltre, viene spiegato come avviene l'uscita delle proteine dal re al golgi e i meccanismi di controllo-qualità per la corretta folding delle proteine.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 10/04/2024

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silvia-zanotti 🇮🇹

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Scarica Sintesi e Traffico Proteico nel Citosol: Organelli e Controllo Qualità - Prof. Sitia e più Appunti in PDF di Biologia solo su Docsity! BIOLOGIA ANELLI INTRODUZIONE CITOSOL: Consistenza gelatinosa dovuta al fatto che è costituito da un’alta quantità proteica. Costituisce il 50% del volume della cellule, contiene enzimi del metabolismo ( inclusion bodies ), goccioline di lipidi presenti negli adipociti e soprattutto fibre del citoscheletro che si estendono per tutta la cellula. Nel citosol avviene la sintesi proteica ( grazie alla presenza di ribosomi che, assemblandosi con l’RNA producono proteine ), lo smistamento delle proteine ai vari organuli della cellula ( lo smistamento avviene grazie alla presenza di sequenze segnale sulle proteine prodotte ) e infine la degradazione proteica ( grazie ai lisosomi e al proteosoma ). ORGANULI CITOPLASMATICI: Nella cellula eucariotica è possibile distinguere principalmente il nucleo e il citoplasma, contenente a sua volta citosol e organuli citoplasmatici. Un organulo citoplasmatico è una porzione di cellula con una sua composizione chimica e una determinata funzione che è quasi sempre circondata da membrana. Tra gli organuli distinguiamo quelli che fanno parte della via secretoria ( ER, Golgi, lisosomi e endosomi ) ma anche perossisomi, mitocondri e cloroplasti ( gli ultimi due costituiscono le principali centrali energetiche cellulari ). Tutte le cellule eucariotiche hanno gli stessi organuli ( a eccezione dei cloroplasti che sono presenti solo nelle cellule vegetali ) ma l’abbondanza di questi dipende dalla funzione che deve svolgere una determinata cellula. Come si sono originati gli organuli cellulari ? - Invaginazione della membrana plasmatica della cellula procariotica ha dato origine a una cellula eucariotica ancestrale caratterizzata da un comparto membranoso. - Teoria endosimbiotica Reticolo endoplasmatico: rete di tubuli e di vescicole che si estende per tutto il citosol ed è in continuità con la membrana che circonda il nucleo. - È la sede della sintesi e del folding di tutte le proteine secretorie ( da esocitare ), di transmembrana e di quelle che risiedono nella via secretoria. Una volta che queste sono state sintetizzate, devono essere distribuite in base alle loro caratteristiche nei vari compartimenti della via secretoria e questo è permesso dal meccanismo di traslocazione che può essere co- traduzionale ( per entrare nel RE ) o post-tradizionale ( per entrare in mitocondri e perossisomi ). CELLULA EUCARIOTICA 10-100 micrometri Nucleo + organelli Numerose molecole di DNA lineare situato nel nucleo e protetto da doppia membrana Unicellulari o pluricellulari CELLULA PROCARIOTICA 1-5 micrometri Priva di nucleo e organelli Una sola molecola di DNA circolare situata nel nucleoide ( regione del citosol ) Unicellulari - Nel RE avvengono anche una serie di modifiche post-traduzionali covalenti come la formazione di ponti disolfuro e N-glicosilazioni ( aggiunta di zuccheri sull’atomo di azoto del residuo laterale delle asparagine delle proteine ). - Essenziale per la sintesi della maggior parte dei lipidi che si trovano all’interno della cellula eucariotica che, una volta sintetizzati verranno trasferiti alle rispettive destinazioni tramite trasporto vescicolare ( l’unica eccezione a questo trasporto riguarda i lipidi destinati al mitocondrio, che vengono scambiati in un modo diverso ). - Funzione di signaling mediato dal calcio, secondo messaggero all’interno della cellula. Il calcio viene immagazzinato nel reticolo e rilasciato in presenza di stimoli. Ci sono infatti delle pompe che spingono il calcio all’interno del reticolo e dei canali che, in risposta, si aprono e lo rilasciano nel citosol. Apparato del Golgi: polarizzato infatti possiede un’estremità che riceve le vescicole dall’ER e un’altra estremità dalla quale partono vescicole che vanno alla membrana plasmatica. Il Golgi può essere suddiviso in tre porzioni principali: - CIS-Golgi formato da vescicole che derivano dal RE e che si fondono tra loro - MEDIAL-Golgi contiene enzimi che modificano il materiale ricevuto in modo diverso a seconda delle loro destinazioni finali - TRANS-Golgi invia vescicole ai loro distretti Il Golgi si occupa anche della O-Glicosilazione che consiste nell’aggiunta di zuccheri su gruppi OH della regione variabile di Serine e treonine. La funzione di questo processo è quella di etichettare le proteine e inviarle nei giusti distretti: infatti per esempio l’aggiunta di uno zucchero al posto di un altro su un amminoacido in particolare farà si che quella determinata proteina venga riconosciuta e indirizzata verso un determinato distretto. Come fanno a muoversi le proteine nel Golgi ? - Trasporto vescicolare ( ipotesi ): le proteine arrivano al CIS-Golgi dove vengono raggruppate in vescicole, successivamente passano nel MEDIAL-Golgi dove vengono modificate e infine si formeranno altre vescicole che trasporteranno le proteine modificate al TRANS-Golgi che permetterà di distribuirle nei giusti distretti. - Maturazione delle cisterne ( ipotesi ): quando le vescicole arrivano dal ER si fondono ad altre vescicole del CIS-Golgi che contengono determinati enzimi e, una volta che questi hanno finito il loro lavoro, lasciano il posto a delle vescicole contenenti gli enzimi del MEDIAL-Golgi e così via. Quindi la differenza tra trasporto vescicolare e maturazione delle cisterne è che nel primo si spostano le proteine mentre nel secondo le vescicole. Le asparigine che vengono glicosilate in realtà non sono tutte quelle della catena ma solamente quelle che fanno parte di questa disposizione. Il motivo per il quale è necessario escludere la prolina dalla posizione centrale della struttura consiste nel fatto che essa provoca un ripiegamento la catena proteica. FUNZIONI DELLA GLICOSILAZIONE Conferisce maggiore specificità Aumenta la solubilità e l’idrofilicità delle proteine Funzione di protezione delle proteasi Serve per il controllo- qualità VIA SECRETORIA : ha inizio nel RE per poi continuare nel compartimento intermedio ( ERGIC ) e nel Golgi fino ad arrivare alle vescicole di secrezione. Quasi tutte le proteine che devono essere secrete o esposte sulla membrana passano attraverso la via secretoria. La sintesi proteica avviene sui ribosomi localizzati sulla membrana del RE pertanto la proteina per entrare nella via secretoria deve necessariamente attraversare la membrana del RE e questo avviene attraverso una traslocazione co-traduzionale ( che avviene contemporaneamente alla sintesi della proteine ). La leader sequence presente all’N terminale è riconosciuta da SRP ( Signal Recognition particle ) che lega il complesso ribosoma-proteina nascente bloccando momentaneamente la traduzione così da traslocare l’intero complesso sulla membrana del RE dove è presente il recettore SRP. Il recettore SRP è una proteina trans membrana in grado di legare SRP e permettere di posizionare il complesso ribosoma-proteina sul traslocone Sec61. A questo punto SRP viene rilasciato, la traduzione continua e la proteina entra nella membrana del RE attraverso Sec61. Una volta che la proteina entra la leader sequence all’N-terminale viene tagliata grazie alla SPASE ( Signal peptidasi ) e in questo modo la proteina viene rilasciata nel lume del reticolo. NB. Sec61 è una proteina trans-membrana ricca di alfa eliche che presenta al suo interno un poro occupato da un plug ovvero un residuo in grado di chiudere il canale nel momento in cui entra una proteina così da separare l’ambiente del reticolo da quello del citosol. 1. PROTEINE SOLUBILI : in presenza di proteine solubili nella via secretoria, esse vengono riconosciute tramite la leader sequence, portate nel reticolo ad opera del traslocone, per poi subire un taglio a livello della stessa leader sequence e venir rilasciato nel lume del reticolo. Nel RE però entrano sia le proteine che devono essere secrete sia le proteine trans-membrana, classificate in base alla posizione dell’N-terminale e del C-terminale rispetto alla posizione del lume del RE sia in base alla presenza della leader sequence. Proteine di membrana di tipo 1: proteina trans- membrana che presenta una leader sequence che viene riconosciuta e ancorata a Sec61 per poi subire un taglio con formazione di una regione idrofobica che però non attraversa il traslocone ma viene rilasciata nel citosol. Quindi, una volta terminata la sintesi la proteina avrà N-terminale nel lume del RE e C-terminale nel citosol. Proteine di membrana di tipo 2: queste si dispongono con l’N-terminale nel citosol e il C- terminale nel lume del RE ( situazione opposta a quelle di tipo 1 ). In questo caso però manca la leader sequence che non viene tagliata e resta quindi come regione trans-membrana, essendo una regione idrofobica. L’ingresso delle proteine nella via secretoria è permesso dalla presenza di una leader sequence su di esse che si trova presso l’N terminale e consiste in una regione carica positivamente seguita da una regione idrofobica che va dai 7 ai 15 amminoacidi seguita a sua volta da una regione polare ma non carica. Proteine di membrana di tipo 3: proteine disposte come quelle di tipo uno ( N-terminale nel lume e C-terminale nel citosol ) ma non hanno la leader sequence. La regione idrofobica infatti, viene riconosciuta come tale ma non essendo una leader sequence essa non verrà tagliata e quindi rimarrà una regione trans-membrana. Proteine di membrana di tipo 4: presentano tante alfa eliche trans-membrana che escono dal traslocone venendo inserite nella membrana mano a mano che le regioni idrofobiche vengono sintetizzate. Un esempio di queste è Sec61. NB. Abbiamo detto che l’inserimento delle proteine nella membrana del RE è un processo co- traduzionale ma se le proteine vengono inserite nel lato citosolico della membrana del RE si parla di processo post-traduzionale. In questo caso la proteina viene prima sintetizzata e poi riconosciuta da Get3 che riconosce anche il complesso Get1-Get2 permettendo l’inserimento della proteina. Cosa succede una volta che la proteina è dentro il RE? La proteina deve raggiungere la sua struttura nativa quindi deve subire un folding ma per farlo ha bisogno di enzimi specifici. Le chaperons coinvolte nel folding si dividono in pubbliche ( Hsp70, Hsp90 e Hsp100 ) coinvolte nel folding di quasi tutte le proteine e in private o specifiche come Hsp47, coinvolta nel folding di collagene ( Hsp47 è infatti specifica dei fibroblasti ). 2. MODIFICHE COVALENTI PROTEINE DEL RE - N-glicosilazione : abbiamo detto prima che è l’aggiunta di uno zucchero costituito da 2 N-acetil glucosammina, 7 molecole di mannosio e 3 di glucosio sull’asparagina con una sequenza consenso ASN - X ( qualsiasi aa ma non la prolina ) - SER / THR. Una filippasi porta lo zucchero nel lume del RE dove continua la sintesi e l’oligosaccaril- transferasi ( OST ) lo sposta sulla proteina nascente. Questo zucchero subirà diverse modificazioni che permettono alla proteina di essere aiutata nel folding. Le glucosidasi I e II staccano i primi 2 glucosi dallo zucchero e a questo punto la proteina solo con un glucosio viene riconosciuta da calnexina e calreticulina, due lectine che agiscono con ERp57, un’ossidoreduttasi che aiuta la formazione di ponti disolfuro. Successivamente agisce nuovamente la glucosidasi II che è in grado di staccare anche il terzo glucosio e a questo punto calnexina e calreticulina rilasciano la proteina priva dei 3 glucosi. Se la proteina ha subito un corretto folding verrà liberata ma se non riesce ad assumere il corretto folding, viene riconosciuta da UGGT che riconosce la proteina legando ad essa un glucosio in modo da essere nuovamente riconosciuta da calnexina e calreticulina. Quando la proteina non assume il giusto folding nonostante i cicli ripetuti, interviene la manossidasi I che è in grado di tagliare il mannosio centrale nello zucchero che era stato aggiunto così che la proteina non sia più riconosciuta da UGGT ma da altri complessi che la degradano. - Formazione ponti disolfuro : permessa dalle ossidoreduttasi ( ERp57, PDI, … ) che sono tutte caratterizzate da un sito attivo contenente una cisteina, due amminoacidi e un’altra cisteina. Le due cisteine formano il ponte disolfuro che viene poi donato alla proteina: in questo modo alla fine del processo l’ossidoreduttasi sarà ridotta e la proteina sarà ossidata. Se si forma il ponte disolfuro sbagliato le ossidoreduttasi ridotte attaccano questo ponte disolfuro permettendone la riorganizzazione nella forma corretta. Una volta che PDI ad esempio ha ceduto il suo ponte disolfuro alla proteina viene ricaricato ad esempio da ERO1. In tutto questo processo si produce acqua ossigenata che in quantità eccessive è tossica per la cellula e di conseguenza viene detossificata ad acqua da parte di due proteine GPX6 e GPX8. - GPI - Anchor : rappresenta l’aggiunta di glicosilfosfatidilinositolo ( residuo lipidico ) a delle proteine di membrana. In questo caso la parte trans-membrana viene tagliata per attaccare il dominio presente nel lume del RE a un lipide di membrana. In questo modo si ottiene una proteina associata alla membrana non per mezzo di una parte proteica me per mezzo di un lipide. Grazie alla presenza di questo lipide la proteina può poi essere inserita in regioni della membrana ricche di colesterolo. 3. MECCANISMI CONTROLLO-QUALITA : le proteine che sono esposte sulla membrana o secrete sono utilizzate dalla cellula per comunicare con l’ambiente o con altre cellule. Proprio per questo motivo la cellula attua dei maccanismi di controllo qualità: infatti bisogna produrre, esporre e secernere solo proteine native e che in quanto tali sono in grado di svolgere la loro funzione come trasmettere un segnale corretto. Le caratteristiche delle proteine NON foldate correttamente possono proprio essere riconosciute da molecole adibite al controllo qualità: infatti le regioni idrofobiche esposte sono riconosciute da BIP, gli zuccheri immaturi sono riconosciuti dalle lectine e tioli liberi o ponti disolfuro non corretti sono riconosciuti da ERp44. Controllo-qualità IgM: avendo struttura quaternaria sono più complesse da foldare. Le IgM sono formate infatti da 5 subunità con una catena J al centro. Ogni subunità è costituita da due catene pesanti e due catene leggere. In totale un IgM contiene 21 diversi polipeptidi, 51 zuccheri e 100 ponti disolfuro. La difficoltà nel folding dell’ IgM consiste nel fatto che solo se tutte le subunità sono assemblate correttamente la proteina sarà secreta. Il problema del folding sbagliato delle IgM è che se la struttura non è corretta, IgM non sarà in grado di rispondere adeguatamente all’antigene che riconosce. Distinguiamo due punti di controllo - qualità: - Controllo qualità primario o prossimale ( RE ): controlla che le proteine siano correttamente ripiegate in modo da farle proseguire ( nel caso delle IgM quindi questo controllo primario controlla che ognuna delle 5 subunità sia prodotta correttamente ) - Controllo qualità secondario o distale ( GOLGI ): controlla il corretto assemblaggio di proteine multimeriche ( nel caso delle IgM quindi questo controllo secondario controlla che l’assemblaggio delle 5 subunità avvenga correttamente ) 4. RECUPERO DEGLI ENZIMI ESCAPING: gli enzimi che aiutano il folding delle proteine non devono arrivare al Golgi ma a volte può capitare che queste escano e devono quindi essere riportate indietro attraverso dei meccanismi di recupero. - Proteine-enzimi solubili: presentano al loro C-terminale una sequenza amminoacidica KDEL che viene riconosciuta dallo specifico recettore, una proteina transmembrana che impedisce alle proteine di uscire dal RE e quindi di essere secrete. Nel caso in cui esse riescano ad arrivare a livello del Golgi, i recettori KDEL riconoscono la sequenza presente sulle proteine solubili e interagiscono con COP1 che hanno il compito di riportare indietro le proteine solubili tramite vescicole. - Proteine-enzimi transmembrana: presentano una sequenza KKFF. La KK è importante perché permette a queste proteine di interagire con le COP1, vescicole di ritorno mentre la FF è importante per l’interazione con le COP2. Vesciole COP : Le vescicole COP1 e COP2 sono un insieme di proteine che costituiscono la struttura esterna delle vescicole che si muovono dal reticolo al Golgi ( COPII ) e nel verso opposto ( COP1 ). Ero4 - Prx4 : enzimi particolari che sono residenti nel RE ma non hanno la sequenza KDEL e dunque, per rimanere nel RE, interagiscono con un altra proteine ERp44 che ha un suo KDEL e così riescono a rimanere nella via secretoria. NUCLEO : circondato da una doppia membrana in continuità con quella del RE. La membrana nucleare presenta dei pori, ovvero delle regioni dove si può avere uno scambio di materiali tra nucleo e citoplasma della cellula. Pori nucleari : regolano lo scambio di materiale tra nucleo e citoplasma. Questi pori sono caratterizzati da complessi multiproteici costituiti da nucleoporine che generalmente si associano a dare una struttura ottaedrica. Attraverso ogni poro nucleare passano tantissime molecole: quelle piccole possono passare liberamente mentre quelle grandi ( > 60 kD ) non possono diffondere liberamente ma necessitano di un trasporto attivo che impiega energia. L’interno del poro nucleare è caratterizzato dalla presenza di tanti loop delle nucleoporine che sono costituiti da ripetizioni di fenilanina e glicina ( FG repeat ) e che da una parte hanno il compito di controllare e bloccare la diffusione libera di grandi molecole e dall’altra servono proprio per il trasporto attraverso il poro. Affinchè una proteina possa entrare nel poro nucleare è necessario un segnale di localizzazione nucleare ( NLS ) e un segnale di export nucleare ( NES ). - NLS: permette l’entrata di una proteina nel nucleo. La NLS presente sulla proteina viene riconosciuta e legata dal dimero dell’importina che permette alla proteina di oltrepassare il poro. Una volta superato il poro il complesso viene attaccato dalla proteina RAN - GTP che provoca il distacco della proteina dall’importina e quindi il suo rilascio nel nucleo. A questo punto l’importina viene riportata al citosol grazie a RAN - GTP che una volta fuori dal poro si idrolizza a GDP permettendo così il rilascio dell’importina. - NES: permette l’uscita di una proteina dal nucleo. La NES sulla proteina viene riconosciuta e legata dall’esportina che permette alla proteina di oltrepassare il poro. Il complesso viene attaccato dalla proteina RAN- GTP che lo trasporta nel citosol. Una volta nel citosol il GTP viene idrolizzato a GDP e avviene il distacco della proteina dall’esportina e quindi il suo rilascio nel citosol. A questo punto l’esportina rientrerà nel lume del reticolo. Ripasso RAN RAN è una GTPasi ovvero regola la sua attività in base alla presenza di GTP: quando lega GTP è attiva ma nel momento in cui lo idrolizza a GDP, si inattiva. GAP —> favorisce l’idrolisi di GTP a GDP inattivando RAN GEF —> favorisce la formazione di GTP a partire da GDP attivando RAN CITOSCHELETRO : formato da 3 tipi di filamenti ( microtubuli, microfilmanti e filamenti intermedi ) che formano una sorta di rete che deve dare struttura alla cellula. Il citoscheletro ha infatti 3 funzioni principali: strutturale, protettiva e di movimento. Microtubuli ( 25 nm ) : sono strutture cilindriche costituite da 13 protofilamenti, rigide e dinamiche in quanto si assemblano e disassemblano in base alle necessità. I monomeri che costituiscono i microtubuli sono alpha e beta tubulina che si associano a dare un dimero. Alpha e beta tubulina legano GTP affinché possano essere inserite nel microtubulo ma solo la beta tubulina può idrolizzare GTP e questo, se avviene, avviene nel momento in cui il dimero di tubulina viene inserito nel microtubulo ( l’alfa tubulina invece lega GTP in modo irreversibile ). I microtubuli sono inoltre caratterizzati da avere una polarità : infatti l’alpha tubulina costituite il polo negativo mentre la beta tubulina costituisce il polo positivo. Questa idrolisi di GTP se avviene ha come conseguenza una parziale diminuzione della stabilità delle interazioni tra le tubuline: questo significa che se in un microtubulo ci sono molte tubuline legate a GDP, queste sicuramente si dissociano dall’estremità negativa per fare spazio a tubuline nuove legate a GTP sull’estremità positiva ( fenomeno treadmilling ). La polimerizzazione della tubulina che permette di creare il microtubulo segue diverse fasi : - LAG phase corrisponde al tempo necessario di nucleazione ovvero il meccanismo che prevede l’interazione di più dimeri a formare un oligodimero che funge da nucleo per la polimerizzazione del microtubulo. - GROWTH phase corrisponde alla fase di crescita nella quale la polimerizzazione avviene velocemente. - EQUILIBRIUM phase corrisponde alla fase in cui si crea un equilibrio tra la polimerizzazione e la depolimerizzazione del microtubulo che dipende dalla concentrazione critica ( libera ) di tubulina. Questa alternanza tra polimerizzazione ( assemblaggio ) e depolimerizzazione ( disassemblaggio ) viene definita instabilità dinamica ed è un fenomeno che caratterizza i microtubuli. MTOC ( microtubule organizing centre ), chiamato anche centrosoma è un organello privo di membrana situato vicino al nucleo che costituisce il centro di di organizzazione dei microtubuli. É formato da una coppia di cetrioli ognuno dei quali è costituito da 9 triplette di microtubuli e da materiale pericentriolare, costituito da varie proteine tra le quali la gamma tubulina, fondamentale per la nucleazione. Questo complesso ancora i microtubuli alla loro estremità negativa in quanto è quella che tende a disassemblarsi e lascia invece libera l’estremità positiva così che questa possa allungarsi e accorciarsi in continuazione. Microfilamenti ( 5nm ): polimeri di actina più sottili e flessibili rispetto ai microtubuli. Essi sono costituiti da due polimeri di F actina che si avvolgono e che sono originati a partire dall’assemblaggio di monomeri globulari G actina. Ogni monomero di G actina contiene un sito di legame per l’ATP che le permette di polimerizzare ma in poco tempo questo viene idrolizzato e la G actina, non essendo più stabile, non è più in grado di associarsi al filamento. Questa condizione rimane tale fino a quando non entra una nuova molecola di ATP nel sito della G actina facendo tornare questa stabile e quindi permettendole di associarsi nuovamente ad altre G actina. Anche in questo caso vediamo che la polimerizzazione dell’actina avviene in modo progressivo. - LAG phase avviene la formazione del primo oligomero - ELONGATION phase avviene la crescita e quindi la polimerizzazione procede veloce - STEADY phase corrisponde alla fase di equilibrio dinamico nella quale si avrà contemporaneamente l’aggiunta di actina all’estremità positiva e la rimozione all’estremità negativa ( fenomeno treadmilling ). 1. La regolazione della nucleazione di actina avviene grazie alla presenza di 3 regolatori: - Spire protein: molecole che facilitano la polimerizzazione dei monomeri di actina - Formine: localizzate all’estremità positiva, catturano i monomeri di actina e li inseriscono nel filamento che si sta allungando - ARP2/ARP3 complex: complesso proteico che si lega ai lati del filamento preesistente e avvia la crescita di un filamento nuovo con un angolo distintivo di 70 gradi rispetto al filamento madre. Questo permette quindi di formare una struttura ramificata di actina. 2. La regolazione della polimerizzazione di actina avviene grazie a diverse proteine tra le quali: - Timosina: lega G-actina e la sequestra in modo che non sia più disponibile alla polimerizzazione - Profilina: cattura l’actina rilasciata dal polimero, scambia ADP con ATP e la rende disponibile all’inserimento nel filamento. - Cofilina: lega il filamento di actina, lo arrotola, lo deforma e fa in modo che le interazioni siano più deboli così che il filamento possa essere depolarizzato più velocemente. 3. L’organizzazione dei microfilmanti è diversa a seconda delle molecole che si legano a questi: - Quando i microfilmanti legano fimbrina, si forma il filipodium ( actina in parallelo ) - Quando i microfilamenti legano filamina, si forma actina corticale ( actina forma una rete ) - Quando i microfilamenti legano alpha actina, si forma la stress fiber ( actina disposta con una spaziatura maggiore e con orientamento diverso ) L’actina che compone queste tre strutture è sempre la stessa quindi non cambia la struttura del filamento ma ciò che le differenzia è la molecola con cui l’actina interagisce che quindi va a far cambiare l’organizzazione conformazionale dei filamenti. Microtubuli e fuso mitotico: durante la mitosi i microtubuli si riorganizzano, infatti nella fase S e G2 vengono duplicati i centrioli, si formano quindi due centrosomi che si vanno a disporre a parti opposte della cellula. La cellula a questo punto procede il ciclo cellulare e durante la metafase avviene la formazione del fuso mitotico costituito da 3 diversi tipi di microtubuli: - Astrali, corti e stabili, servono ad ancorare i due MTOC alla periferia della cellula. - Polari, lunghi e stabili, partono da MTOC e vanno verso il centro della cellula dove si sovrappongono l’uno con’altro. - Cinetocore, molto instabili, vanno a contatto con il cinetocore e quindi con i cromatidi fratelli che devono essere poi separati nella divisione cellulare. Tutti e 3 hanno delle forze che originano un movimento che servirà per la divisione cellulare. Microtubuli polari: vediamo che i due microtubuli derivano da due MTOC diversi ( estremità negativa ). Dove si sovrappongono i microtubuli polari agiscono due dimeri di chinesine, legati tra loro tramite la coda e che appoggiano su due microtubuli diversi. Vediamo che le chinesine si muovono verso l’estremità positiva del microtubulo e a ragion di logica, andando in direzione opposta, dovrebbero staccarsi. Questo in realtà non avviene perché è un complesso proteico che sta insieme e di conseguenza viene causato lo scivolamento dei 2 microtubuli polari l’uno sull’altro. Microtubuli del cinetocore: la zona del cinetocore è quella zona in cui il microtubulo arriva a contatto con i cromatidi fratelli che devono essere portati uno da una parte e uno dall’altra. A livello della ragione di contatto ci sono delle proteine ponte che pongono il DNA a contatto con una dineina che si muove sul microtubulo verso l’estremità negativa ( quindi, in sostanza, la dineina vorrebbe portare il DNA verso MTOC ). Tra il DNA e MTOC c’è però il microtubulo quindi queste molecole ponte permettono il disassemblaggio del microtubulo dall’estremità positiva in modo che la dineina cammini verso l’estremità negativa portando con se il cromosoma. Il movimento del DNA verso MTOC avviene anche grazie all’accorciamento dei microtubuli che avviene anche all’estremità negativa dello stesso MTOC: per cui i microtubuli del cinetocore vengono disassemblati sia all’estremità positiva che a quella negativa e quindi accorciandosi da entrambi i lati permettono l’avvicinamento del cromosoma a MTOC. Questo permette la divisione dei cromatidi fratelli. Microtubuli astrali: vanno a contatto con la membrana cellulare e a questo livello abbiamo una dineina che si muove verso l’estremità negativo. Quindi la dineina, camminando, tira a se tutta la struttura. MIGRAZIONE CELLULARE: il citoscheletro serve anche per i movimenti della cellula del substrato. Questo movimento ( migrazione ) è permesso dal rimodellamento dei microfilamenti. In generale una cellula che migra è una cellula che cambia la sua forma e il cambiamento di forma che si osserva è dovuto alla riorganizzazione del citoscheletro di actina: - Lamellopodi: strutture piatte bidimensionali che si creano davanti alla cellula nella direzione del movimento. - Fillopodi: strutture in cui troviamo l’actina organizzata nei fasci stretti tenuti insieme dalla fimbrina. - Pseudopodi: strutture tridimensionali formate da cellule del sistema immunitario. Una cellula che migra va incontro a diverse trasformazioni che avvengono in modo consecutivo: Vediamo che le cellule sono attaccate alla piastra grazie a zone di contatto. Successivamente la cellula inizia a migrare e la prima cosa che fa è di estendere la sua membrana di fronte a se quindi l’estensione del lamellopodio. Nel momento in cui si è formata questa protrusione della membrana plasmatica nella direzione del movimento, la cellula formerà una nuova adesione creando un nuovo punto di ancoraggio e solo successivamente sposta il corpo cellulare ( nucleo ). Infine c’è il distacco del punto di ancoraggio e il ciclo si ripete. Perché questo avvenga viene attivata una polimerizzazione dell’actina a livello del lamellipodio ( permessa dal complesso Arp 2/3, dalla profilina e dalla cofilina ) e viene utilizzato un motore molecolare che agisce sull’actina ( miosina ) per permettere la contrazione del corpo cellulare ( nucleo ) e quindi la sua traslocazione nella direzione del movimento. NB. Le diverse strutture che possono essere fatte da una cellula che si sta muovendo, dipendono dal segnale che arriva alla cellula. Questa infatti si muove perché riceve diversi stimoli che vanno su diversi recettori di membrana. A seconda del recettore di membrana e a seconda della cascata di segnale che viene attivata, vengono attivate molecole diverse, la cui cellula modella il suo citoscheletro in modo diverso per rispondere a quello stimolo. Stimolo di Rac: si attivano cofilina, WASP e ARP che vanno a formare il lamellopodio. Stimolo di Cdc42: si attivano WASP e ARP che vanno a formare il fillopodo. Stimolo di Rho: porta alla formazione di stress fiber. INTERAZIONI CELLULA-CELLULA : sono necessarie affinché cellule con la stessa funziona si uniscano andando a formare tessuti che, assemblandosi con altri tessuti, formano organi che, insieme ad altri organi formano apparati o sistemi. Le interazioni cellula-cellula si distinguono in interazioni stabili e interazioni transienti. Le cellule, per poter interagire, devono riconoscersi a vicenda e questo può avvenire in 3 modi: Interazione omofilica : le cellule possono riconoscersi perché entrambe esprimono la stessa molecola sulla superficie, tramite la quale le cellule si riconoscono e interagiscono. Interazione eterofilica : le cellule interagiscono perché presentano una molecola che riconosce un’altra molecola diversa su un’altra cellula. Un esempio di questo tipo di interazione è dato da un recettore, presente su una cellula, che lega un ligando sull’altra cellula. Interazione tramite linker : le cellule interagiscono perché la stessa molecola, presente su entrambe, interagisce con un ligando extracellulare che funge da linker tra le due. Le molecole espresse sulla superficie, attraverso le quali le cellule si riconoscono possono essere: calcio dipendenti ( Caderine, selectine, N-CAM ) o calcio indipendenti. Caderine : proteine tranmembrana che possiedono una parte citosolica, una regione che attraversa la membrana e poi un grande dominio extracellulare che possiede diversi domini che legano il calcio. Le Caderine agiscono come dimero e sono proteine che vengono altamente glicosilate prima di essere espresse sulla superficie della cellula. La funzione fondamentale delle caderine è far si che le cellule dello stesso tessuto si riconoscano come facenti parte di quel tessuto e pertanto parliamo di interazione omofilica. Infatti, ad esempio le cellula di un epitelio esprimono tutte la stessa E-caderina e tramite questa interagiscono tra loro, si riconoscono e mantengono l’adesione l’una all’altra. Qual è la funzione del calcio nelle caderine ? Il legame del calcio da parte dei domini extracellulari della caderina permette alla molecola di mantenere la conformazione adatta per interagire con la Caderina espressa dalla cellula adiacente. In assenza di calcio infatti la caderina perde la sua conformazione attiva, si ripiega su se stessa, viene endocitata e successivamente degradata. Che tipo di interazione è quella tra caderine ? Abbiamo detto che è un interazione di tipo omofilico ed è anche stabile. Inoltre l’interazione di una singola caderina con un’altra caderina sulla cellula adiacente è di per se un’interazione molto debole. Questo significa che l’interazione stabile si ha grazie alla somma delle interazioni deboli tra più caderine. Qual è l’importanza del dominio citosolico delle caderine ? Permette l’interazione con il citoscheletro. Se le caderine nella regione citosolica interagiscono con microfilmanti come l’actina si parla di giunzioni aderenti mentre se le caderine interagiscono con filamenti intermedi come la cheratina, si parla di desmosomi. NB. L’iniziale interazione con la caderina è così importante che, una cellula che non esprime più la caderina, potrebbe perdere l’inibizione da contatto e continuare quindi a proliferare e di conseguenza a spostarsi dal tessuto in cui si trova e diventare una cellula metastatica. Ad esempio la perdita della E-caderina è associata a tumori di tipo epiteliale. Traslocazione proteine nel mitocondrio: i mitocondri, nonostante abbiano un proprio DNA e dei propri ribosomi, codificano per pochissime proteine ( idrofobiche ). Tutte le altre proteine che servono al mitocondrio vengono invece codificate nel nucleo della cellula e quindi devono arrivare al mitocondrio attraverso una traslocazione. La traslocazione nei mitocondri è post-traduzionale quindi prima la proteina viene totalmente assemblata all’interno dei ribosomi e solo successivamente potrà essere inserita nei mitocondri. La proteina viene mantenuta unfolded ( grazie all’aiuto di chaperon Hsp70 ) fino a quando non entra nei mitocondri e per entrare in questi dovrà possedere un segnale di import che si trova nella porzione N-terminale e che dovrà essere riconosciuto da recettori presenti sulla membrana esterna mitocondriale. TOM complex : complesso proteico sulla membrana esterna che media l’importo nel mitocondrio. Questo complesso è costituito da recettori che riconoscono il segnale di import e da canali che permettono il passaggio delle proteine. Se la proteina ha necessità poi di superare anche la membrana interna, questa si inserirà nel complesso TOM che allineerà i suoi canali a quelli del complesso TIM in modo che la proteina passi attraverso entrambi. TIM complex : complesso proteico sulla membrana interna costituito sempre da canali che mediano l’importo di proteine nel mitocondrio. Abbiamo detto che la proteina viene mantenuta in uno stato unfolded grazie alla presenza di chaperon come Hsp70 che necessita di idrolisi di ATP per lasciare il suo substrato. Avremo quindi bisogno di ATP a livello del complesso TOM in modo da slegare la proteina e inserirla nel canale posto a livello della matrice. Una volta che la proteina è stata liberata e ha oltrepassato i due complessi TOM e TIM e quindi si trova nella matrice, interviene la Signal peptidasi che ha il compito di tagliare la sequenza segnale della proteina. A questo punto attraverso l’utilizzo di ATP la proteina potrà essere foldata correttamente. Interazione del mitocondrio con altri organelli : i mitocondri instaurano parecchi contatti anche con altri organelli all’interno della cellula come RE, perossisomi, membrana plasmatica e lisosomi. - Contatti mitocondrio - RE : questi contatti sono chiamati MAMs ( mithocondrial associated membrane ) e sono delle zone dove le membrane dei due organelli si avvicinano particolarmente grazie alla presenza di proteine che fungono da ponte. Nelle MAMs possiamo riscontrare gli enzimi specifici che sono importanti per la produzione di fosfolipidi. - Contatti mitocondrio - perossisomi : simili alle MAMs e permettono lo scambio di ROS, lipidi o altri metaboliti attraverso diffusione o traffico vescicolare. Si è scoperto anche che possono gemmare delle vescicole dalla membrana esterna del mitocondrio che racchiudono macromolecole ossidate che vengono veicolate verso il perossisoma per essere detossificate. Controllo-qualità: necessario dal momento che il mitocondrio svolge molteplici funzioni. - Livello di controllo molecolare: il mitocondrio è in grado di regolare il proprio proteasoma in modo autonomo. Le proteine appartenenti allo spazio inter membrana, alla membrana interna e alla matrice vengono degradate da un sistema di proteasi presente all’interno del mitocondrio stesso. Le proteine presenti nella membrana mitocondriale esterna seguono invece gli stessi passaggi degli altri organelli ovvero retrotraslocazione al citoplasma e successiva degradazione tramite il sistema ubiquitina - proteasoma. - Livello di controllo di organello: coinvolge la mithocondrial dynamics ( ovvero la capacità del mitocondrio di fondere e frammentare a seconda dello stato fisio-patologico della cellula ) e la mitofagia ( degradazione dei mitocondri ). Mithocondrial dynamics: si intende la capacità di fissione e fusione che devono essere bilanciate tra loro. Questi fenomeni di fissione e di fusione sono mediati dalle dinamine, proteine appartenenti alla classe delle GTPasi. Fusione: abbiamo un set di proteine deputate alla fusione della membrana esterna, le mitofusine, che prendono contatto con le mitofusine del mitocondrio adiacente tramite idrolisi di GTP. Una volta che avviene la fusione della membrana esterna si attiva OPA1 ( dinamica mitocondriale ) che prendendo contatti con il lipide cardiolipina presente sulla membrana interna del mitocondrio adiacente permette attraverso l’idrolisi di GTP la fusione delle membrane interne. ( È importante ricordare che l’attività metabolica del mitocondrio dipende dal loro stato di fusione: più il mitocondrio è fuso, più è metabolicamente attivo ). Fissione: è mediata da DRP1 ( dinamina citosolica ) che in presenza di segnali specifici trasloca dal citosol alla membrana esterna del mitocondrio dove è presente il suo recettore. Una volta che è sulla membrana esterna del mitocondrio DRP1 inizia a oligomerizzare fino a quando non genera un vero e proprio anello contrattile. Successivamente, tramite idrolisi di GTP, dividerà i mitocondri in un processo molto simile alla citodieresi che avviene dopo la mitosi. TUMORE: causato da una cellula anormale che cresce e prolifera senza controllo. Finché le cellule neoplastiche non sono invasive parliamo di tumore benigno, che può essere rimosso portando alla cura definitiva. Un tumore è considerato un vero e proprio cancro solo se è maligno ovvero solo se le sue cellule hanno acquisito la capacità di invadere i tessuti circostanti dove andranno a formare tumori secondari chiamati metastasi. Perché la cellula tumorale comincia a proliferare? Per accumulo di mutazioni spontanee. La continua crescita è dovuta al fatto che nei discendenti della cellula zero si accumulano altri cambiamenti. Tramite quindi la continua proliferazione si crea un sottoclone che ha accumulato una serie di mutazioni che portano al cancro. L’esistenza di più cloni richiederà un trattamento combinato perché un determinato trattamento potrebbe funzionare su un clone ma non su un altro. Le diverse mutazioni che si accumulano avvengono in tempi diversi e soprattutto in un lungo periodo, motivo per il quale prima dei 40 anni è molto bassa l’incidenza. Quali sono i geni maggiormente mutati nei tumori? Il genoma di una cellula tumorale può accumulare molte mutazioni nel DNA ma alcune sono più frequenti di altre. Tra queste ricordiamo in particolare APC, K-RAS e p53. Aldilà del nome specifico i geni più frequentemente mutati sono geni che controllano la proliferazione cellulare, geni che regolano la crescita cellulare, geni che regolano la resistenza allo stress e geni che regolano la capacità delle cellule di spostarsi. HALLMARKS OF CANCER: nel corso degli anni sono state descritte tutte le caratteristiche che accomunano le cellule tumorali, che vengono appunto definite Hallmarks of cancer. Instabilità genetica e resistenza all’apoptosi Proliferazione incontrollata: questa caratteristica può essere conseguenza di più meccanismi adottati dalla cellula tumorale quali perdita di inibizione da contatto, perdita dell’inibizione di una via di trasduzione o di un recettore, segnalazione autoctona continua tramite auto produzione di fattori di crescita e promozione di produzione di fattori di crescita da parte delle cellule circostanti, che non sono esterne al tumore ma fanno parte dello stesso formando un microambiente tumorale in cui c’è uno scambio di informazioni e materiale per favorire la crescita tumorale stessa. Metabolismo deregolato: le cellule tumorali utilizzano il metabolismo anaerobico come la fermentazione lattica anche in presenza di ossigeno e questo è dovuto al fatto che il lattato acidifica l’ambiente risultando vantaggioso per la cellula tumorale. Se il tumore ha bisogno di tanta energia e può sfruttare solo glicolisi per produrre ATP serve un grande ingresso di glucosio, quindi il tumore modifica il trasportatore di glucosio GLUT1 per introdurne di più, motivo per cui possiamo identificare il tumore attraverso PET ( metodo che utilizza glucosio marcato per mettere in evidenza dove si concentra maggiormente ). Metastatizzazione: infatti le cellule tumorali possono migrare in altri tessuti andando a formare nuovi tumori definiti metastasi. La formazione delle metastasi è anche quella che determina la malignità di un tumore. Le cellule tumorali spesso esprimono molecole EMT, proteasi dipendenti da metalli ( spesso da zinco ) che servono a degradare il collagene e la fibronectina della matrice extracellulare per far passare le cellule tumorali. Induzione di angiogenesi: la parte interna del tumore infatti non riesce a ricevere nutrienti e ossigeno a sufficienza andando quindi in condizioni di ipossia. Una volta che il tumore si trova in ipossia viene attivato il fattore di trascrizione HIF che induce la produzione di VEGF, fattore di crescita dei vasi sanguigni. Infinita replicazione: le cellule tumorali possono sfuggire alla senescenza e questo può avvenire o a causa dell’attivazione definitiva della telomerasi o perché l’accorciamento dei telomeri non viene sentito come danno al DNA e perciò non viene attivata la p53 e di conseguenza non viene inibita Bcl2 ( proteina anti apoptotica ) che quindi mantiene la sua funzione anti apoptotica. Resistenza al sistema immunitario: recentemente sono state scoperti i ruoli delle molecole PD-L1 e CTLA4, entrambe espresse sulle cellule tumorali e entrambe considerate freni della nostra risposta immunitaria. Queste due molecole sono normalmente espresse dalle cellule del sistema immunitario. PD-L1: Quando una cellule del SI riconosce un’altra cellula che presenta PD-L1, questa si lega a PD-1 a sua volta esposto sulla cellula T e si ha una cascata di signaling che va ad inibire il signaling generato dal legame tra il T-cell receptor ( PD-1 ) e l’antigene ( PD-L1 ). Se la cellula tumorale espone PD-L1, anche se viene riconosciuta dal recettore PD-1 sulla cellula T, sarà in grado di segnalargli di non attaccarla e perciò inibisce la risposta immunitaria. Utilizzando però anticorpi anti PD-1 o anti PD-L1, l’anticorpo inibisce il legame tra PD-1 e PD-L1 e ci conseguenza la cellula T riconosce e attacca la cellula tumorale. CTLA4: le cellule necrotiche vengono eliminate generalmente dalle cellule del SI che successivamente espongono frammenti delle cellule tumorali necrotizzate sulla loro superficie. Successivamente questo frammenti vengono riconosciuti dalle cellule T che hanno il compito di degradarle e questo processo è definito antigen spreading. Se in questo sistema la cellula che sta presentando l’antigene esprime in superficie delle molecole che legano CTLA4, la cellula T riconosce l’antigene ma è frenata di nuovo nell’attaccare la cellula tumorale. Se invece utilizziamo degli anticorpi che bloccano questo legame la cellula T viene effettivamente attivata e attacca il tumore. In questo modo anche l’anticorpo anti-CTLA4 può essere usato per stimolare la risposta immunitaria. Regolazione fase G2/M: la mitosi viene attivata a livello del checkpoint G2/M che viene controllato da un complesso che ha il compito di verificare che tutto il DNA sia stato replicato correttamente e che è costituito da 4 componenti: M-Cdk, CAK ( chinasi responsabile dell’ attivazione del complesso M-Cdk ), Wee1 ( inibitore di Cdk ), Cdc25 ( fosfatasi attivatoria di Cdk ). STEP 1: Cdk1 si associa alla ciclica M quando i livelli di questa aumentano gradualmente. STEP2: Il complesso M-Cdk che ne risulta è fosforilato su un sito attivatore da CAK e su una coppia di siti inibitori da Wee1. STEP3: il complesso M-Cdk inattivo che ne deriva viene attivato alla fine di G2 da Cdc25. ( Cdc25 inoltre è ulteriormente stimolata da M- Cdk attiva il che porta a un feedback positivo che viene ulteriormente potenziato dalla capacità di M-Cdk di inibire Wee1 ). DNA damage checkpoint: presenti sia in G1, dove agiscono sui complessi G1/S-Cdk e S-Cdk bloccando il checkpoint start e quindi l’ingresso in fase S, sia in G2, dove agiscono su Cdc25 bloccando l’ingresso il checkpoint G2/M e quindi l’ingresso in fase M. Il meccanismo è basato sull’azione di p53, un’oncosopressore che quando avverte un danno al DNA attiva p21, una CKI che inibisce i complessi cicline-Cdk. L’oncosopressore p53 viene continuamente attivato tramite fosforilazione e degradato nella cellula tramite Mdm2 ( ubiquitina ligasi ): quindi, quando c’è un danno al DNA avviene la fosforilazione di p53 che a questo punto non può essere più riconosciuto da Mdm2 e che può quindi svolgere la sua funzione di inibitore del ciclo. Una volta che p53 è stato attivato si può avere l’interruzione del ciclo cellulare o l’apoptosi, scelta che dipende dalla cellula che subisce il danno. Infatti ad esempio se a subire il danno è una cellula epiteliale p53 la condurrà ad apoptosi in quanto questa impiegherebbe troppo tempo a riformarsi mentre se a subire il danno è una cellula staminale, p53 provocherà solamente l’interruzione del ciclo in quanto essa è in grado di riformarsi più rapidamente. NB. La p53 può anche essere fosforilata e quindi attivata grazie alle chinasi ATM e Chk2 ma anche grazie a un’eccessiva proliferazione cellulare ( meccanismo di difesa contro il cancro ). MITOSI: composta da profase, prometafase, metafase, anafase, telofase e citochinesi. Profase: cromosomi duplicati costituiti da due cromatidi fratelli legati a livello del centromero grazie alle coesine. Si assembla il fuso. Prometafase: si dissolve la membrana nucleare. Metafase: allineamento dei cromosomi lungo la piastra equatoriale Anafase: si separano i cromatidi fratelli, legati ai microtubuli, e migrano ai poli della cellula. Telofase: i cromosomi si decondensano, si riforma una membrana nucleare. Citochinesi: al centro della cellula si forma un anello contrattile di actina e miosina che determina la separazione delle cellule figlie. Condensine e coesine: le condensine sono proteine specifiche il cui ruolo è quello di condensare il DNA permettendo la formazione dei cromosomi ( intervengono solo in fase M ) mentre le coesine sono complessi proteici che permettono di tenere i cromatidi fratelli uniti una volta che avviene la duplicazione del DNA e che si staccano permettendo la separazione di questi solamente una volta che si è giunti all’anafase ( intervengono in fase S per poi rimanere fino alla fase M ). Fuso mitotico: permesso dalla duplicazione dei centrosomi che si separano e si dispongono ai poli opposti della cellula da dove faranno partire la nucleazione dei microtubuli. Il fuso mitotico è di fondamentale importanza perché permette di separare i cromatidi fratelli in anafase. Il fuso è costituito da 3 diversi tipi di microtubuli: - Astrali, corti e stabili, direzionati verso la membrana della cellula. - Polari, lunghi e stabili, vanno verso il centro della cellula dove si sovrappongono l’uno con’altro. - Cinetocore, molto instabili, si legano ai cromosomi tramite i cinetocori. Profase: momento in cui il fuso comincia ad assemblarsi a partire dai due centrosomi. L’assemblaggio del fuso richiede l’intervento di dineine, che si dirigono verso le estremità meno del microtubulo avvicinandosi al centrosoma e l’intervento di chinesine che si dirigono verso l’estremità positiva causando un allungamento dei microtubuli che si allontanano del centrosoma. Metafase: dopo la scomparsa dell’involucro nucleare ( prometafase ) le estremità positive di alcuni microtubuli sono riconosciute e agganciate da alcune proteine dei cinetocori ( come +TIPs ) che li fanno diventare microtubuli del cinetocore. La cattura dei cinetocori avviene per tentativi e situazioni intermedie: infatti può accadere che due i 2 cinetocori dei cromatidi fratelli risultino legati allo stesso microtubulo ma questo errore può essere corretto dalla cellula che continua a procedere a tentativi fino a raggiungere il bi orientamento. Anafase: i cromatidi fratelli vengono tirati verso i poli opposti della cellula grazie ai microtubuli. L’ubiquitina ligasi APC permette il distacco di questi degradando due bersagli: le cicline B, responsabili della formazione del complesso M-Cdk e le Securine che sono inibitori delle Separasi le quali, una volta che le securine vengono degradate, possono essere attivate e tagliare i complessi di coesine portando alla separazione dei due cromatidi fratelli. Dopo l’azione dell’APC ha inizio la segregazione dei cromatidi, divisibile in 2 fasi: - Anafase A: sostenuta dalle dineine che scorrono lungo i microtubuli tirando i cromatidi verso i poli con un simultaneo accorciamento dei microtubuli del cinetocore. - Anafase B: caratterizzata da un accrescimento dei microtubuli polari, a livello degli overlaps ( sliding force ) per far distanziare ulteriormente i poli tra loro. Questo viene facilitato da un’altra forza di movimento ( pulling force ) esercitata dai microtubuli astrali che, ancorati alle pareti della cellula, si allungano lateralmente permettendo l’ulteriore allontanamento dei poli e dei cromatidi. Citochinesi: inizia in anafase e termina in telofase. È un processo mediato dall’anello contrattile costituito da filamenti di actina, miosina e altre proteine regolatrici e ha il compito di strozzare l’equatore della cellula portando alla definitiva formazione di due cellule figlie. Se la citochinesi viene omessa si va a formare un sincizio ovvero una cellula polinucleata come il sincizio trofoblasto ( tessuto embrionale che separa l’embrione dalla madre e che ed è importante che sia un sincizio perché genera una struttura che protegge il feto dalla risposta immunitaria della madre ). APOPTOSI: morte cellulare programmata. La cellula si restringe e collassa su se stessa, il citoscheletro collassa, si disassembla la membrana nucleare, si frammenta il DNA e tutto questo porta alla frammentazione della cellula in corpi apoptotici contenuti nella membrana plasmatica che vengono fagocitati dai fagociti. L’apoptosi è un processo morfogenetico in quanto ad esempio la maggioranza delle cellule del SNC o SNP, durante lo sviluppo embrionale, deve essere eliminata subito dopo essere stata generata. Segnali di apoptosi - Il primo segnale è legato alla fuoriuscita del citocromo c dal mitocondrio per trasdurre il segnale di morte. Una volta fuori dal mitocondrio infatti il citocromo c diventa protagonista della formazione dell’apoptosoma che serve ad attivare le caspasi. - Il secondo segnale è legato alla presenza di elementi di asimmetria nella membrana plasmatica come la fosfatidilserina che, normalmente, è mantenuta solo sul foglietto interno. Nella fase precoce dell’apoptosi invece la fosfatidilserina viene resa libera di andare sul foglietto esterno dove fa da segnale ( eta me Signal ) per il fagocita che comprende in questo modo che quella cellula è in apoptosi. - Il terzo segnale è legato alla permeabilità selettiva della membrana che inizia a compromettersi. Caspasi : sono delle cisteine proteasi che tagliano le proteine bersaglio in corrispondenza di specifici residui di acido aspartico. Vengono sintetizzate come precursori inattivi ( procaspasi ) e vengono attivate solo durante l’apoptosi. Ci sono due classi principali di caspasi: - Caspasi iniziatrici: servono come innesco dell’apoptosi, infatti agiscono a monte del processo attivando in maniera proteolitica e a cascata le caspasi effettrici. In questa famiglia ricordiamo principalmente csp8 ( innesca apoptosi estrinseca ovvero da ligando ) e csp9 ( innesca apoptosi intrinseca ovvero da stress ). - Caspasi effettrici: attivate a valle della cascata apoptotica e possono essere strutturali ( tagliano la lamina nucleare ) o regolatore ( tagliano proteine regolatorie ). Le più importanti sono csp3, csp6 e csp7. Funzioni dell’apoptosi - Apoptosi morfogenetica: importante nello sviluppo perché permette di eliminare le cellule in eccesso che vengono prodotte per definire gli organi ( infatti ne vengono prodotte molte di più di quelle necessarie e di conseguenza quelle in più vengono eliminate attraverso apoptosi ). - Apoptosi istogenetica: importante nell’omeostasi del tessuto adulto dove permette di mantenere la forma e la quantità cellulare opportuna. - Apoptosi filogenetica: implicata nello sviluppo evolutivo e nella diversificazione della specie. - Risposta immune: dopo una risposta contro un patogeno le cellule usate per la risposta immunitaria vanno eliminate per apoptosi nella giusta quantità. Se non vengono eliminate ci sarà un eccesso di linfociti che creeranno risposte autoimmuni mentre se al contrario verranno eliminati tutti i linfociti verrà a mancare la memoria immunologica. Selettività autofagia: spiegata in parte dai recettori autofagici che sono una famiglia di proteine eterogenee con alcuni domini in comune ( PB1, LIR e UBA ) che servono a montare un autofagosoma selettivamente attorno a un bersaglio. Consideriamo ad esempio la proteina eterogenea p62 che, quando polimerizza ( grazie al dominio PB1 ) diventa una fibra di 24 unità, ciascuna con il dominio UBA ( ubiquitin binding activity ) e il dominio LIR ( in grado di riconoscere LC3 ). La polimerizzazione è fondamentale affinché la proteina possa riconoscere il clustering di LC3 da una parte e il clustering di ubiquitina dall’altra parte: se venisse eliminato PB1, la proteine p62 non sarebbe più in grado di mediare autofagia. Autofagia nel cancro: - Oncosoprressiva: promuove l’eliminazione di organelli danneggiati, previene l’accumulo di ROS e mutazioni oncogeniche e inibisce l’infiammazione locale. - Pro-tumorale: le cellule tumorali sfruttano autofagia per difendersi da quei processi che il tumore vuole evitare come lo stress ossidativo o metabolico. BIOLOGIA SITIA ENDOCITOSI E ESOCITOSI ENDOCITOSI: processo attraverso il quale la cellula internalizza molecole o corpi presenti nello spazio extracellulare. L’endocitosi può essere distinta in 3 tipi: Pinocitosi, nel caso in cui la cellula introduca molecole liquide Fagocitosi, nel caso in cui la cellula introduca molecole solide. Endocitosi mediata da recettori. In questo caso la cellula riconosce il suo substrato mediante recettori di membrana che sono in grado di legare, esternamente, il materiale da introdurre e , internamente, delle proteine chiamate clatrine che hanno una struttura nota come trischelion. In questo modo viene organizzata una rete di clatrine ( grazie alle adattine ) che possiede già una sua curvatura e che contribuisce all’invaginazione della membrana plasmatica. Nel momento in cui l’invaginazione deve richiudersi su se stessa interviene la dinamina, una proteina che permette la formazione completa della vescicola e quindi il distacco di questa dalla membrana. Una volta che la vescicola rivestita di clatrina si stacca dalla membrana, arriva all’interno della cellula dove perde il suo rivestimento e si unisce generalmente con un lisosoma che determina l’abbassamento di pH e il distacco del ligando dal recettore. A questo punto il ligando e il recettore vengono posti in vescicole separate: la vescicola contenente il ligando viene degradata tramite l’unione con un ulteriore lisosoma mentre la vescicola con il recettore verrà riportata verso la membrana in modo che il recettore, una volta liberato dalla vescicola, possa interagire con altri ligandi ( il meccanismo è lo stesso anche per le vescicole rivestite da COP1, che gemmano dal Golgi e si dirigono verso il RE e per le vescicole rivestite da COP2, che gemmano dal RE e si dirigono verso il Golgi ). L’invaginazione può andare incontro a tre diversi destini: - Metabolismo del ferro: a seguito di un pasto, il ferro è presente nel lume dell’intestino dove si lega alla ferroportina ( recettore ) che lo cattura, lo porta all’interno della cellula e lo rilascia nel sangue dove l’apotransferrina ( trasportatore ) la ingloba entrando nel circolo sanguigno fino a raggiungere le cellule dell’organismo. Una volta liberatosi del ferro, il recettore ( ferroportina ) tornerà in superficie dove sarà pronto a catturare un’altra molecola di ferro e ricominciare il processo da capo. - Metabolismo del colesterolo: meccanismo uguale a quello del ferro ma il destino del ligando sarà diverso. In questo caso infatti ad essere riutilizzabile sarà solo il recettore. Il trasportatore ( LDL ) non sarà riutilizzabile perché è una proteina troppo complicata per essere ricostruita e di conseguenza andrà nel lisosoma dove sarà degradata. - Caso di massimo spreco: ne il recettore ne il ligando possono essere riutilizzati ( ad esempio questa situazione si realizza con il consumo di eroina ). NB. Consideriamo ora l’endocitosi nel cancro: prendiamo ad esempio il growth Factor EPG e il suo recettore ( EPGR ). Normalmente, quando EPGR viene a contatto con EPG, la cellula riceverà un segnale che stimola la divisione cellulare ( ad esempio per risanare una ferita nella pelle ). Nel caso di un tumore alla mammella ciò che succede è che il segnale non funziona come dovrebbe a causa di una mutazione del recettore. In questo cado l’endocitosi è importante perché è stato scoperto che nel caso di queste mutazioni, avviene l’ingresso del recettore sul ligando all’interno del ribosoma, che lo porta ad avvicinarsi a una regione del RE e in questo modo dalla superficie di contatto emerge un segnale molto più potente. ESOCITOSI: processo attraverso il quale una cellula riversa i contenuti delle vescicole secretorie nello spazio extracellulare. Distinguiamo due tipi principali di esocitosi: costitutiva, quando il Golgi produce vescicole che, appena prodotte, vengono subito esocitate e regolata, quando le vescicole vengono prodotte e si accumulano nella cellula per essere liberate solo dopo un opportuno messaggio ( che generalmente coincide con l’ingresso di ioni calcio ). AFFINITA E AVIDITA: indicano la forza d’interazione tra molecole ( in questo caso ci riferiamo alla forza attraverso la quale interagiscono ligando e recettore ) e sono necessarie entrambe affinché la cellula possa sopravvivere. - Affinità: tendenza di due molecole A e B a formare un eterodimero AB con una determinata Kon ( velocità di associazione ) e una certa Koff ( velocità di dissociazione ). Il rapporto tra Kon e Koff da la Kd ( costante di equilibrio ), che può variare alterando il pH, la temperatura oppure attraverso l’aggiunta di detergenti / altri ioni. - Avidità: combinazione di tutte le interazioni che la molecola instaura con molecole differenti, ognuna delle quali ha con il sito di legame un grado diverso di affinità. PARTECIPANTI PRINCIPALI A ENDOCITOSI-ESOCITOSI - EE ( early endosome ): endosoma precoce, possiede un ruolo centrale di smistamento della via eneolitica diretta verso l’interno. - LE ( late endosome ): endosoma tardivo, con la perdita dei recettori l’endosoma precoce matura in endosoma tardivo, che fonde con i lisosomi primari e diventa lisosoma maturo. - Lisosomi: contengono enzimi idrolitici in grado di degradare i polimeri biologici - RE ( recycling endosome ): endosoma che ricicla, importante per la capacità della cellula di assumere ferro o colesterolo. PROTEIN FOLDING DISEASE: Levhital scoprì che il folding di una proteina non poteva avvenire casualmente in quanto avrebbe impiegato troppo tempo ( paradosso di Levhital ). Questa scoperta venne poi portata avanti da Dobson che spiegò, attraverso il modello dello sciatore, che una proteina per completare il suo folding rapidamente doveva seguire un determinato pathway. Modello dello sciatore: immaginiamo di prendere una funivia che ci porti sulla vetta di una montagna dalla quale si vedono tutte le piste che ci potranno portare al rifugio dove vogliamo arrivare. Allo stesso modo la proteine si trova davanti a se tantissimi pathways diversi e, per raggiungere rapidamente il folding corretto, dovrà seguire quello predefinito. Infatti se la proteina sceglie la via predefinita che evoluzionisticamente gli è stata assegnata, riesce a raggiungere facilmente il suo folding spinta dall’energia libera che nello stato finale dovrà essere minore rispetto a quello iniziale. Se invece viene scelta una strada alternativa si finisce in un buco dal quale bisognerà risalire per raggiungere l’obbiettivo: in questo caso ci sarà dunque bisogno di un investimento energetico per risalire ( come lo sciatore che utilizza lo ski-lift ) e questa energia verrà fornita dai chaperons, enzimi che aiutano la proteina ad assumere il folding corretto. NB. Le proteine che finiscono nel cosiddetto buco sono definite proteine metastabili che non si trovano in forma nativa ma hanno comunque alta stabilità e sono caratterizzate da una certa pericolosità dovuta sia al fatto che sono più difficili da degradare rispetto a proteine misfolded o unfolded, sia al fatto che possono formare aggregati come le fibrille amiloidi ( nocive alla salute ). Chaperons: primo meccanismo di difesa contro aggregati proteici in quanto cercano di far tornare le proteine che formano questi aggregati al folding corretto oppure, nel caso in cui questo non sia possibile, le degradano per renderle meno pericolose. Ovviamente con l’andare del tempo questi meccanismi di difesa diventano sempre meno efficienti e ci sarà dunque bisogno di sistemi educativi della proteina che possano comunque condurla al corretto ripiegamento: infatti, quello che si chiede ai nostri sistemi educativi è di mantenere la proteostasi attraverso un controllo-qualità che prevede che la singola proteina nativa debba essere risparmiata mentre le proteine non native aggredite entro un certo limite di tempo. Patogenesi: le malattie che si possono formare a causa del non folding si distinguono principalmente in due grandi famiglie. - Loss of function: non si raggiunge la forma nativa della proteina e quindi l’enzima non può funzionare. La mutazione in questo caso deve essere per forza omozigote in quanto con mezza attività enzimatica il meccanismo funziona comunque. - Gain of function: la mutazione porta alla produzione di una proteina tossica. NB. Ad esempio, normalmente il fegato produce l’alpha 1 antitrypsin che attraverso la circolazione arriva ai polmoni dove serve a regolare l’azione dell’elastasi che ha la specifica funzione di ripulire il polmone. Se si ha l’assenza di alpha 1 antitrypsin ( loss of function ) avremo un eccesso di elastasi che provocherà un enfisema. Se si ha invece una mutazione che danneggia la alpha 1 antitrypsin ( gain of function ) questa, diventando tossica e non venendo degradata, va ad accumularsi attaccando la stessa cellula che la produce e quindi la disfunzione si trasforma in un primo momento in epatite cronica, poi in cirrosi epatica e infine, nel peggiore dei casi, in carcinoma. SEGNALAZIONE INTRACELLULARE Segnalazione dipendente da contatto: richiede che le cellule siano in contatto diretto membrana - membrana. Segnalazione paracrina: dipende da mediatori locali che sono rilasciati nello spazio extracellulare e che agiscono su cellule vicine. Segnalazione sinaptica: eseguita dai neuroni che trasmettono elettricamente i segnali lungo i loro assoni e rilasciano neurotrasmettitori a livello delle sinapsi. Segnalazione endocrina: dipende da cellule endocrine, che secernono ormoni del sangue, distribuendoli in tutto il corpo.
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