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Appunti Canto I - Inferno (Divina Commedia, Dante Alighieri), Appunti di Letteratura Italiana

Parafrasi, analisi delle figure retoriche, analisi del testo, analisi e commento critico di tutto il canto I dell'Inferno.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 14/06/2023

olesya-kordiyaka
olesya-kordiyaka 🇮🇹

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Scarica Appunti Canto I - Inferno (Divina Commedia, Dante Alighieri) e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! I CANTO - INFERNO - Lo smarrimento nella selva; Le tre fiere; Incontro con Virgilio; Profezia del Veltro. - Proemio (cioè introduzione di un testo in poesia) di tutta la Divina Commedia, il canto I racconta l'antefatto del viaggio nell'aldilà: la crisi spirituale di Dante, che si è smarrito nel buio di una selva, ma è già riuscito a uscirne. E' primavera, la stagione in cui Dio creò il mondo. Mentre tenta di salire su un colle illuminato dal sole all'alba, viene bloccato da tre belve, la più temibile delle quali è la lupa, che sembra feroce e affamata. Viene in suo aiuto l'ombra del grande poeta latino Virgilio, che predice che un giorno un cane ricaccerà la lupa nel luogo da dove è stata inviata da Lucifero. Poi invita Dante a seguirlo per una via diversa, che gli permetterà di attraversare l'Inferno e il Purgatorio. In Paradiso ci sarà qualcun altro ad accompagnarlo, perchè lui non ci può entrare. Dante accetta e lo segue. FIGURE RETORICHE: - cammin di nostra vita: metafora - selva oscura: allegoria, il significato letterale è bosco con alberi e cespugli, quello allegorico è lo smarrimento di Dante dopo la morte di Beatrice. - esta selva selvaggia: paronomasia, accostamento di due parole che hanno significato diverso per evidenziare o un aspetto fonetico oppure il contrasto tra due parole. - e aspra e forte: qui abbiamo un polisindeto, ripetizione della congiunzione "e". - selvaggia e aspra e forte: climax crescente di tre aggettivi che esprimono la disperazione provata da Dante nella fase del suo smarrimento. ANALISI/COMMENTO: - Nel mezzo del cammin: Dante ha 35 anni. Essendo Dante nato nel 1265 sappiamo che il viaggio si colloca nel 1300. In questi versi abbiamo lo smarrimento esistenziale e morale di Dante dopo la morte di Beatrice. Nel secondo e terzo verso incontriamo subito l'aspetto allegorico, nel senso che la selva oscura e la diritta via sono immagini famosissime a cui sono state date varie interpretazioni, quelle prevalenti sono: la selva oscura come la perdizione nel peccato (oscura perchè lontana dalla luce di Dio); la diritta via come la via della rettitudine morale. - In questi versi paura e smarrimento si alternano alla volontà di avanzare. Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. 3 Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! 6 "A metà del corso medio della nostra vita (vita umana), mi ritrovai in una foresta buia, perché avevo smarrito la giusta strada. Ahimè, quanto è difficile descrivere l’aspetto di questa foresta inospitale, intricata e difficile (da attraversare), a tal punto che al solo pensiero si rinnova in me la paura." Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i v'ho scorte. 9 Io non so ben ridir com'i v'intrai, tant'era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. 12 Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto, 15 guardai in alto, e vidi le sue spalle vestite già de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. 18 Allor fu la paura un poco queta che nel lago del cor m'era durata la notte ch'i passai con tanta pieta. 21 E come quei che con lena affannata uscito fuor del pelago a la riva si volge a l'acqua perigliosa e guata 24 così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò già mai persona viva. 27 FIGURE RETORICHE: 13 - un colle: allegoria, significa che per il poeta la strada della salvezza è in salita. 14 - valle: allegoria, la selva è qui detta valle per indicare l'abbassarsi dell'anima al male. 20 - lago del cor: metafora: si intende la cavità interna al cuore. 21 - la notte: allegoria, si intende il periodo buio trascorso con angoscia. 22 - E come quei..: similitudine, il mare è paragonato alla selva, al peccato, mentre il naufrago all'animo del poeta. ANALISI/COMMENTO: - amara (angosciante): la sensazione di angoscia si trasforma in una sensazione di amaro; l'espressione di uno stato d'animo si rifà a un'espressione sensibile (amaro o dolce). - Dal punto di vista psicologico, nell'ottica cristiana, è difficile trovare un punto esatto della narrazione. Dal punto di vista letterale Dante era "pien di sonno", dal punto di vista allegorico era completamente inconscio di entrare nel peccato. - un colle: nel paesaggio simbolico di questo canto proemiale, il colle rappresenta in generale il superamento del proprio buio interiore, e nello specifico del poema la purificazione compiuta dalle anime del Purgatorio. - altrui per ogne calle: la tenebra rappresenta il peccato, il sole rappresenta la luce di Dio. La selva, il colle, la valle, il sole sono gli elementi principali del quadro allegorico: sotto di esso si celano l'allegoria personale di Dante (che esce dal vizio e vuole procedere verso la virtù) e l'allegoria dell'anima cristiana in generale che tende a riscattarsi dal peccato e salvarsi. - lago del cor: c'è un significato materiale di questa espressione, ovvero la cavità del cuore dove confluisce il sangue; ma c'è anche un significato poetico, ovvero la paura ha occupato tutto il cuore così come le acque ricoprono tutta la superficie di un lago. - guata: "guarda", nel guardare è implicito un sentimento di paura e di orrore, non è tanto un guardare fisso quanto un guardare con l'animo commosso da vari sentimenti. - lo passo che non lasciò già mai persona viva: il luogo, cioè la selva, che diede morte a tutte le persone che passarono per essa (si intende la morte dell'anima, perchè chi è avvolto nel peccato cade nella dannazione eterna). Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, "E' tanto angosciante (la selva) che la morte lo è poco di più; ma per descrivere il bene che io trovai in essa, (prima) dirò delle altre cose che vi ho visto. Io non so bene dire come vi entrai, tanto ero pieno di sonno (inconscio) a quel punto che la ho abbandonato la via della verità. Ma dopo che io sono giunto ai piedi del colle, la dove finiva quella valle che aveva turbato di paura il mio cuore, guardai in alto, e vidi la sua vetta già illuminata dai raggi del pianeta (il sole) che conduce ogni uomo sulla giusta strada. Allora la paura si calmò un po' che a lungo era rimasta nel mio cuore durante la notte che io passai nell'angoscia. E come colui (il naufrago) che con respiro affannato uscito dal mare (pelago) e giunto a riva si volta verso le acque pericolose e le guarda così il mio animo, che ancora fuggiva, si voltò indietro a guardare quel luogo che non aveva mai lasciato passare alcuna persona viva". "D po che ebbi fatto riposare un po' il c rpo stanco, ripresi il cammino lungo il pendio deserto (del colle), in modo che il piede stabile era sempre il più basso. Ed ecco, quasi all'inizio della salita, una lonza snella e molto agile, ricoperta di pelo maculato; e non si scansava da davanti al mio viso, anzi bloccava a tal punto il mio cammino che più volte mi girai per tornare indietro. Era il principio del mattino, e il sole sorgeva insieme a quella costellazione che lo accompagnava quando Dio (l'amor divino) creò inizialmente gli astri (quelle cose belle); così che erano motivo di speranza per me contro quella bestia dalla pelle screziata l’ora del giorno e la dolcezza della primavera; ma non al punto che non mi incutesse paura la visione che mi apparve di un leone. Questo sembrava procedere contro di me con la testa alta e con una fame rabbiosa, al punto che sembrava far tremare l'aria." Mentre ch'i rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco. 63 Quando vidi costui nel gran diserto, <<Miserere di me>>, gridai a lui, <<qual che tu sii, od ombra od omo certo!>>. 66 FIGURE RETORICHE: 63 - per lungo silenzio parea fioco: allegoria, Virgilio dava l'inpressione di aver perso la voce. 65 - miserere: latinismo, significa "abbi pietà". ANALISI/COMMENTO: - mi si fu offerto: "si materializzò". Sottolinea l'apparizione improvvisa della nuova presenza. - Dante realizza di trovarsi nel peccato senza sapere come ci sia finito, riesce a uscire dalla selva, si incammina verso la strada della salvezza ma viene allontanato di nuovo e respinto verso il peccato dalle tre fiere che simbolizzano i 3 peccati. Dopo la lupa, che è la rappresentazione in cui culmina questa poesia della paura, ecco la figura di Virgilio che sorge avvolta da uno stesso alone di soggezione e mistero. Non si sa bene se Virgilio sia un'ombra o una persona in carne ed ossa. Virgilio è un pagano, lo troviamo nel limbo. Lui, rispetto agli altri, non ha avuto il battesimo e quindi non ha potuto avere l'assolvimento dal peccato originale. Qui questo "fioco" può essere dato dal fatto che Virgilio mantiene ancora la propria corporalità e quindi, rispetto alle anime dannate che non ce l'hanno, ha ancora quella parvenza di umano. Virgilio è colui a cui Dante assegna il compito di fargli da guida e in cui egli incarna la ragione umana che porta l'uomo sulla via del bene. Virgilio fa uscire Dante dalla selva oscura e lo indirizza alla salvazione attraverso il viaggio nei regni oltremondani dell'Inferno e del Purgatorio. - ombra: è il sostantivo che d'ora in poi Dante userà per indicare le anime. Rispuosemi: <<Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantonai per patria ambedui. 69 Nacqui sub Iulio, ancora che fosse tardi, e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto nel tempo de li dèi falsi e bugiardi. 72 FIGURE RETORICHE: 68 - parenti: latinismo, si intendono i genitori. 70 - sub Julio: latinismo, significa ai tempi di Giulio Cesare. -> Questa è tutta una perifrasi che Dante utilizza per indicare Virgilio. ANALISI/COMMENTO: - omo già fui: Virgilio definisce la sua condizione di <<ombra>>, cioè di anima priva di corpo. - ancor che fosse tardi: Virgilio nacque nel 70 a.C., Cesare fu ucciso nel 44 a.C., Viriglio era dunque nato troppo tardi per poter dire di appartenere all'epoca di Cesare. - degli dèi falsi e bugiardi: ovvero degli dèi non reali, ma quelli pagani del Pantheon romano che non sono reali in quanto l'unico Dio è quello Cristiano che si conosce e Virgilio appunto non ebbe il battesimo. Questi dèi falsi e bugiardi sono considerati così perchè promisero ai romani l'impero del mondo e poi invece non hanno dato. "Mentre io precipitavo verso il basso (nella selva), mi si offrì alla vista uno che, per via di un lungo silenzio, mi sembrava fosse senza voce. Quando vidi costui nel deserto colle, gli gridai <<abbi pietà di me>>, qualunque cosa tu sia o ombra o uomo certo>>." "Mi rispose: <<Io non sono uomo, io sono già stato uomo, i miei genitori furono lombardi, mantovani entrambi di nascita. Sono nato sotto Giulio Cesare e vissi a Roma sotto il buon Augusto al tempo degli dèi falsi e bugiardi". Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d'Anchise che venne di Troia, poi che 'l superbo Iliòn fu combusto. 75 Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte ch'è principio e cagion di tutta gioia?>>. 78 FIGURE RETORICHE: 73 - quel giusto: perifrasi, riferito a Enea figlio di Anchise. - giusto/figliuol: enjambement 76 - tanta noia: perifrasi, riferito alla selva, all'angoscia del peccato. 77 - dilettoso monte: allegoria, il colle illuminato dal sole è simbolo della felicità e della vita rivolta verso il bene. ANALISI/COMMENTO: - .. di tutta gioia: questa gioia è intesa come la beatitudine dal momento in cui gli spiriti beati del Paradiso non hanno bisogno di niente e ricevono tutto ciò di cui hanno bisogno dalla luce di Dio e dalla fede che loro provano in Dio, quindi "tutta gioia" è la sazietà stessa che si prova quando si è in una sorta di armonia con Dio, che poi sarà l'armonia che Dante stesso proverà nell'ultimo canto del Paradiso quando pur non vedendo Dio si sentirà inebriato. La gioia qui quindi deve essere interpretata non nel senso del piacere o nel senso ludico, ma nel senso del tutto spirituale. <<Or se' tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume?>>, rispuos'io lui con vergognosa fronte. 81 <<O de li altri poeti onore e lume vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore che m'ha fatto cercar lo tuo volume. 84 Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore; tu se' solo colui da cu' io tolsi lo bello stilo che m'ha fatto onore. 87 Vedi la bestia per cu' io mi volsi: aiutami da lei, famoso saggio, ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi>>. 90 FIGURE RETORICHE: 2 metafore: - fonte: sorgente di cultura che è Virgilio; - fiume: è il fluire dei pensieri e delle nozioni di Virgilio; 84 - lo tuo volume: metonimia, si intende l'opera di Virgilio. 90 - metonimia ANALISI/COMMENTO: Virgilio è la fonte da cui sgorgano le opere che sono un modello per la poesia. - con vergognosa fronte: Dante ha un atteggiamento di umiltà di fronte all'improvviso rivelarsi di Virgilio. - che m'ha fatto onore: Dante allude qui allo stile delle canzoni. - Dante chiede aiuto a Virgilio per scappare dalla lupa, la bestia per la quale lui si è girato più volte per tornare indietro. "Fui un poeta, e scrissi di quel giusto figlio di Anchise proveniente da Troia, dopo che la superba Ilio venne bruciata. Ma tu perchè torni nella selva? perchè non sali il piacevole monte che è principio e causa della gioia in terra?". <<Ora sei tu quel Virgilio e quella fonte che versi così tanta sapienza?>>, risposi a lui con la fronte bassa e piena di vergogna. <<O tu che sei di noi altri poeti guida e luce mi valga il lungo studio e il grande amore (per i classici) che mi ha fatto riscoprire il tuo volume (opera di Virgilio). Tu sei il mio maestro e il mio autore (colui che mi ha influenzato), tu sei solo da cui io tolsi il modo di scrivere che mi ha fatto onore. Tu vedi la bestia da cui io mi volsi (la lupa, l'avarizia), aiutami da lei, famoso poeta, che ella mi fa tremare le vene ai polsi>>". <<A te convien tenere altro viaggio>>, rispuose poi che lagrimar mi vide, <<se vuo' campar d'esto loco selvaggio: 93 ché questa bestia, per la qual tu gride, non lascia altrui passar per la sua via, ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide; 96 e ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo 'l pasto ha più fame che pria. 99 FIGURE RETORICHE: 93 - esto loco selvaggio: allegoria, altro modo per descrivere la selva. 94 - questa bestia: allegoria, si intende la lupa. ANALISI/COMMENTO: -> Questa è tutta la risposta che Virgilio da a Dante. Molti son li animali a cui s'ammoglia, e più saranno ancora, infin che 'l veltro verrà, che la farà morir con doglia. 102 Questi non ciberà terra né peltro, ma sapienza, amore e virtute, e sua nazion sarà tra feltro e feltro. 105 Di quella umile Italia fia salute per cui morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferute. 108 Questi la caccerà per ogne villa, fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno, là onde 'nvidia prima dipartilla. 111 FIGURE RETORICHE: - Molti son gli animali..ammoglia: metafora, con animali intende gli esseri umani che peccano di avarizia, la quale si accompagna ad altri vizi come la violenza e inganni di ogni genere. Per Dante questo è il più grave dei peccati che riconosce all'umanità. 101 - infin che 'l veltro: allegoria, per vincere la cupidigia occorre l'intervento divino, il veltro, che ristabilirà l'ordine e la giustizia nel mondo. - veltro/verrà: enjambement 103 - ciberà: metafora, "desidererà" ANALISI/COMMENTO: - 'l veltro: inizia con questo verso la celebre profezia con cui Dante prefigura la fine della corruzione a opera di un misterioso personaggio. La profezia del veltro è quella più complessa di tutto il canto perchè non si capisce bene a chi si riferisce Dante: qualcuno intuisce che il veltro possa essere Arrigo VII che nel 1307 discese dalla Germania per risanare la situazione politica in Italia senza però riuscirci e chi invece pensa che possa essere la seconda venuta di Cristo annunciato dalle trombe del giudizio universale. Veltro= cane da caccia. - sapienza, amore e virtù: qui queste tre parole richiamano la trinità e sono le qualità che sono attribuite in particolar modo a Dio. - tra feltro e feltro: intende l'intero Empireo, ovvero l'intero regno di Dio che sarà ripreso dopo da Virgilio dove parla del regno celeste di Dio -> o tra peccatori e beati, in base all'interpretazione. - umile Italia: qui con "umile" richiama l'Eneide -> è un passo fatto da Virgilio dove intende dire umile come sottomessa anche ad altre potenze e che non possiede un'identità unitaria. - 'nvidia prima: Lucifero, l'angelo caduto che invidia la condizione dell'umanità e vuole il suo male. A te conviene cercare un altra via (discesa per l'Inferno) risposte egli poichè mi vide piangere, se vuoi scappare da questo luogo selvaggio: poichè questa bestia (lupa) per la quale tu invochi aiuto non lascia passare alcuna anima viva per la sua via (che protegge), ma tanto glielo impedisce che persino lo uccide; ma ha una natura così malvagia e oscura che mai non riesce ad essere sazia della sua voglia, e dopo il pasto ha più fame che prima". "Molti sono gli animali a cui si accoppia, e tanti altri saranno ancora, finchè il veltro ritornerà e la farà morire con dolore". Costui (il veltro) non desidererà né possedimenti terreni né denaro, ma si ciberà di sapienza, amore e virtù e la sua nazione sarà tra cielo e cielo. Di quella umile Italia sarà la salvezza per la quale morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferite. Costui (il veltro) la caccerà da ogni città finchè l'avrà rimessa nell'inferno, li da dove il primo invidioso (Lucifero) la fece uscire."
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