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Appunti Canto III - Inferno (Divina Commedia, Dante Alighieri), Appunti di Letteratura Italiana

Parafrasi, analisi delle figure retoriche, analisi e commento critico di tutto il canto III dell'Inferno.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 14/06/2023

olesya-kordiyaka
olesya-kordiyaka 🇮🇹

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Scarica Appunti Canto III - Inferno (Divina Commedia, Dante Alighieri) e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! CANTO III – INFERNO - La porta dell’Inferno; Antinferno; Gli ignavi; Caronte; Svenimento di Dante. Dante legge una scritta minacciosa su una porta: è l'ingresso dell'Inferno, luogo eterno creato da Dio per punire chi muore fuori dalla sua grazia. Appena è dentro, gli appare una folla immensa di anime tormentate da insetti e vermi, che inseguono correndo una bandiera: sono gli ignavi, che non fecero mai una scelta in vita loro, tra cui forse Dante riconosce un Papa dimissionario. Ma Virgilio lo invita a non prestare loro attenzione, perchè non ne sono degni, dato che néil Cielo né l'Inferno li vogliono. Poi arrivano sulla riva del fiume Acheronte, dove Caronte, il traghettatore delle anime dannate, protesta per la presenza di Dante: non sarà da quel porto che entrerà nell'aldilà. Virgilio chiarisce, e dopo che ha visto traghettare molti dannati, un terremoto fa perdere i sensi a Dante. <<Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. 3 Giustizia mosse il mio alto fattore: fecemi la divina podestate, la somma sapienza e 'l primo amore. 6 Dinanzi a me non fuor cose create se non etterne, e io etterno duro. Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate>>. 9 FIGURE RETORICHE: 1/3- Anafora: ripetizione degli stessi termini all'inizio di più versi -> Per me si va ripetuto nei primi 3 versi per dare una maggiore enfasi all'inizio del canto. 1- città dolente: è una personificazione perchè il sentire dolore è una caratteristica umana, ma qui Dante la pone ad una città, che umana non è. Noi la possiamo intendere anche come una sineddoche in quanto in realtà non è la città che duole ma sono le persone all'interno della città che stanno male, quindi indica il tutto, tutta la città per indicarne solo una parte. Possiamo anche dire che è un'antonomasia perchè la città dolente per antonomasia è l'Inferno. 5- divina podestade: PERIFRASI per indicare Dio Padre. 6- somma sapienza: PERIFRASI per indicare Dio Figlio. 7- primo amore: PERIFRASI per indicare Dio Spirito Santo. → Questi sono i 3 attributi teologici delle tre persone della Trinità (Padre, Figlio e Spirito). ANALISI/COMMENTO: - La frase per me si va ripetuta all'inizio dei primi 3 versi, è scritta sulla porta d'ingresso dell'Inferno ed è come se fosse pronunciata dalla porta stessa, personificata. Accompagna con ritmo martellante l'ingresso di Dante nel primo ambiente del suo viaggio. Attraverso le drammatiche parole incise sulla porta dell’inferno si riesce a trasmettere tutto il dolore a cui sono condannate per sempre le anime che si trovano nella città infernale. - la città dolente: come il Paradiso è la <<corte del Cielo>> (Inferno, II, v. 125), così l'Inferno è una <<città dolente>>, un regno del dolore che dura per sempre. - io etterno duro: l'Inferno, diversamente dal Purgatorio, continuerà a esistere anche dopo il Giudizio Universale, dopo la fine della vita terrena così come la conosciamo. - Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate: il celebre verso ribadisce che la condanna dell'Inferno è inappellabile e chi vi entra dopo la morte non potrà mai più uscirne. "<<Attraverso di me si va nella città della sofferenza (Inferno), attraverso di me si va nel dolore senza fine, attraverso di me si va dove la gente è dannata. La giustizia è stata il motivo per cui il mio creatore (Dio): mi ha creato il potere divino, l'altissima sapienza e il primo amore (Spirito Santo). Prima di me non ci furono cose create se non cose eterne e io duro eternamente. Abbandonate ogni speranza, voi che entrate>>". Queste parole di colore oscuro vid'io scritte al sommo d'una porta; per ch'io: <<Maestro, il senso lor m'è duro>>. 12 Ed elli a me, come persona accorta: <<Qui si convien lasciare ogne sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta. 15 Noi siam venuti al loco ov'i' t'ho detto che tu vedrai le genti dolorose c'hanno perduto il ben de l'intelletto>>. 18 E poi che la sua mano a la mia puose con lieto volto, ond'io mi confortai, mi mise dentro a le segrete cose. 21 FIGURE RETORICHE: 18- il ben de l’intelletto: PERIFRASI per indicare che hanno perduto Dio, la luce dell’intelligenza divina. ANALISI/COMMENTO: Dante esita a entrare ma Virgilio lo incoraggia a passare al di là della porta. - di colore oscuro: qui questo colore scuro significa letteralmente che sono parole scritte con il nero, colore tipico dell'Inferno, ma anche di tono cupo e minaccioso per Dante che è preso dalla paura di non poter più fare ritorno in terra. - qui si convien lasciare ogne sospetto: allora Virgilio gli risponde che qui è necessario abbandonare ogni incertezza e la paura di non poter rivedere più la terra, quindi deve prendere coraggio. → Il viaggio impegna Dante non solo sul piano intellettuale ma anche e soprattutto sul piano del coraggio che è necessario in presenza delle decisioni da prendere. - c'hanno perduto il ben de l'intelletto: per Dante il bene dell'intelletto è la verità, e la verità è Dio e questo lo dice Dante stesso nel Convivio. - con lieto volto: Virgilio dopo avergli detto tutte queste cose gli fa un sorriso come per dargli coraggio per entrare. Virgilio ha un volto sereno tanto che Dante si conforta da questa serenità e sente di non dover temere le punizioni che avrebbe potuto avere se fosse stato peccatore. - mi mise dentro a le segrete cose: le segrete cose sarebbero la discesa nell'Inferno che noi non possiamo conoscere in vita. Qui è una perifrasi che intende che hanno attraversato la porta, sono entrati ufficialmente nell'antinferno e qui finisce la prima parte del canto. "Queste parole con caratteri scuri, le vidi scritte sulla sommità di una porta; perciò dissi: «Maestro, il loro significato mi turba»". "E lui a me come persona furba: <<Qui è necessario abbandonare ogni timore, ogni paura è necessario che sparisca. Noi siamo venuti nel luogo in cui ti avevo detto (Inferno) dove tu vedrai i dannati che hanno perduto il bene dell'intelletto>>". "E dopo che pose la sua mano sulla mia con volto sereno, io mi confortai ed entrai dentro alle nascoste cose". E io: <<Maestro, che è tanto greve a lor, che lamentar li fa sì forte?>>. Rispuose: <<Dicerolti molto breve. 45 Questi non hanno speranza di morte e la lor cieca vita è tanto bassa, che 'nvidiosi son d'ogne altra sorte. 48 Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa>>. 51 FIGURE RETORICHE: 49- fama di loro il mondo esser non lassa: anastrofe, inverte l’ordine → sta per “il mondo non lascia che ci sia di loro alcun ricordo”. 50- misericordia e giustizia: metonimia, per indicare il Paradiso e l’Inferno. ANALISI/COMMENTO: Dante chiede a Virgilio che cosa fa lamentare così forte queste anime e Virgilio gli spiega che queste anime non hanno nessuna speranza di annullamento totale dell’esistenza, quindi di morte, che farebbe cessare la loro pena, e la loro vita è stata così spregevole che sono individiosi di qualsiasi altra sorte: sia quella dei beati in Paradiso, sia delle condizioni peggiori dei dannati dell’Inferno. Questi non possono accedere neanche alla seconda morte (del I Canto), cioè alla condanna finale, la dannazione eterna a cui hanno invece diritto i veri peccatori. Qui abbiamo sia il punto di vista dell'umanità (il mondo non lascia il loro ricordo) e anche il punto di vista divino, misericordia e giustizia, che sono le tipiche caratteristiche di Dio, eppure Dio li sdegna. Restano quindi esclusi sia dal Paradiso che dall’Inferno. - non ragioniam di lor, ma guarda e passa: altro celebre verso che sottolinea il disprezzo verso questi personaggi privi di coraggio. Virgilio non vuole che si parli di loro, né fare i loro nomi. "E io: <<Maestro, cos'è così tanto grave che li fa lamentare così forte?>>. Virgilio rispose: <<Te lo dirò molto brevemente. Questi non hanno speranza di morte e la loro vita oscura è tanto disonesta, che sono invidiosi di qualsiasi altra sorte. Il mondo non permette che di loro resti il ricordo; la misericordia e la giustizia (di Dio) anche li sdegna: non parliamo di loro, ma guardiamo e procediamo>>". E io, che riguardai, vidi una 'nsegna che girando correva tanto ratta, che d'ogne posa mi parea indegna; 54 e dietro le venìa sì lunga tratta di gente, ch'i' non averei creduto che morte tanta n'avesse disfatta. 57 Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto. 60 Incontanente intesi e certo fui che questa era la setta d'i cattivi, a Dio spiacenti e a' nemici sui. 63 Questi sciaurati, che mai non fur vivi, erano ignudi e stimolati molto da mosconi e da vespe ch'eran ivi. 66 Elle rigavan lor di sangue il volto, che, mischiato di lagrime, a' lor piedi da fastidiosi vermi era ricolto. 69 FIGURE RETORICHE: 59/60- colui/che fece per viltade il gran rifiuto: PERIFRASI per indicare probabilmente Papa Celestino V che rinunciò al papato. 67 - dittologia ANALISI/COMMENTO: - Tra le anime Dante riconosce quella di colui che per viltà rifiutò il grande incarico che gli era stato affidato, ma non si sa chi sia: i commentatori antichi identificano in quest’anima Papa Celestino V, l’unico papa della storia che abbia abdicato. - In presenza di questa prima schiera di dannati, Dante pone per la prima volta nel viaggio il tema della pena, una pena che deve avere un preciso e concreto riferimento al peccato commesso, quindi abbiamo il primo esempio di pena per contrappasso, cioè costruita sull'opposto della colpa commessa: come in vita questi qua non hanno voluto fare praticamente niente, a non andare incontro a nessun loro ideale e rimasero neutrali nel conflitto tra Dio e Lucifero, adesso sono costretti a correre per l'eternità attorno a un'insegna, nudi, violentemente punti da mosconi e vespe, mentre i vermi succhiano il sangue che sgorga dalle punture. → (Quando si muore il corpo va in decomposizione e viene mangiato dai vermi, qui dato che i vermi non possono cibarsi del corpo dei dannati prendono quello che possono, ovvero sangue e lacrime.) La nudità nell’Inferno è una condizione normale, ma qui Dante lo rileva per accentuarne la condizione di miseria, quasi nudità morale di questi ignavi. Secondo Dante questi ignavi sono molto numerosi, anzi troppi: i veramente buoni o veramente cattivi sono pochi nel mondo, la maggior parte sono creature anonime, moralmente squallide. - setta: qui setta sta a indicare coloro i quali si aggregano intorno ad un'ideale, una setta di cattivi. - che mai non fur vivi: loro non sono neanche stati mai vivi, non conobbero e non praticarono le virtù intellettuali e morali della vera vita, la loro fu un’esistenza puramente animale. "E io che riguardai (si rigira a guardare) e vidi un'insegna che girando correva tanto veloce che mi appariva impossibile che potesse fermarsi; e dietro le veniva una moltitudine di gente, che io non avrei mai creduto che la morte la trattasse in quel modo (che la facesse stare così male)". "Dopo che io vi ebbi riconosciuto qualcuno, vidi e riconobbi l’anima di colui che a causa della sua viltà fece il gran rifiuto. Io subito avevo capito e fui sicuro che questo era il posto delle persone cattive, che dispiacevano a Dio e ai suoi nemici (Lucifero)". Questi sventurati che non furono mai veramente vivi (vissero come se fossero già morti) erano nudi e continuamente punti da mosche e da vespe che erano lì con loro. Loro (i mosconi e le vespe) rigavano il loro volto di sangue che mescolato alle loro lacrime cadeva ai loro piedi e da fastidiosi vermi era raccolto". E poi ch'a riguardar oltre mi diedi, vidi genti a la riva d'un gran fiume; per ch'io dissi: <<Maestro, or mi concedi 72 ch'i' sappia quali sono, e qual costume le fa di trapassar parer sì pronte, com'io discerno per lo fioco lume>>. 75 Ed elli a me: <<Le cose ti fier conte quando noi fermerem li nostri passi su la trista riviera d'Acheronte>>. 78 Allor con li occhi vergognosi e bassi, temendo no 'l mio dir li fosse grave, infino al fiume del parlar mi trassi. 81 FIGURE RETORICHE: 79- vergognosi e bassi: endiadi 81- infino al fiume del parlar mi trassi: anastrofe, sta per “non pronunciai parola fino al fiume”. ANALISI/COMMENTO: La vista degli ignavi è così repellente che Dante segue il consiglio di Virgilio che gli aveva dato nel verso 51 (guarda e passa) di volgere lo sguardo altrove e vede una folla di anime presso la riva di un gran fiume (fiume Acheronte), del quale non si viene detto subito di che fiume si tratti ma verrà detto nel verso 78 nella risposta di Virgilio: i dannati attendono di essere traghettati sull’altra sponda e si accalcano stimolati dalla forte volontà di precipitare nel mondo della perpetua sofferenza. Dante fa una richiesta a Virgilio chiedendogli di sapere chi sono queste anime e quale istinto le fa essere così pronte ad attraversare il fiume. Lui chiede al suo maestro, alla sua guida, ovvero Virgilio che è stato scelto da Dio, quindi Dante chiede implicitamente a Dio di sapere le cose segrete, quindi il perchè queste anime sono così punite → si può vedere qui una continuità delle anime della Divina Commedia che hanno agito nel male e quindi in qualche modo desiderano conoscere quale sorte devono avere per cui attendono con ansia la sentenza. 75- fioco lume: la poca luce che filtra ma non disperde il buio dell’Inferno. La prima impressione visiva che dà l’Inferno è quella di un’assenza di luce, di presenza di una compatta oscurità: chi vi entra e si abitua riesce a vedere nella scarsa luce i dannati e le altre cose. 78 - La risposta di Virgilio è una risposta secca che da una parte sembra correggere l'impazienza di Dante verso la situazione che sta avendo, dall'altra sembra assumere quasi un rimprovero verso il poeta in quanto Dante, lettore dell'Eneide, non si era accorto di che fiume si trattasse. - Altra interpretazione può essere che Dante è impaziente di conoscere tutto e non è ancora entrato nell'idea e nella prospettiva che invece Virgilio gli ha detto all'inizio. 79 – Allor con li occhi vergognosi e bassi: Dante fa questa breve pausa di silenzio che lo umanizza. 80- li fosse grave: non grave nel senso profondo, ma un parlare inopportuno, si accorge come un bambino di essere rimproverato da Virgilio. 81- del parlar mi trassi: vuol dire che lui non esterna quelli che sono i suoi pensieri ma noi possiamo immaginare che Dante sia un uomo con gli occhi bassi e vergognosi perchè è appena stato sgridato e quindi pensa che forse è meglio non parlare e segue Virgilio. "E quando mi misi a guardare altrove, vidi anime sulla riva di un gran fiume;" Perciò io dissi: <<Maestro, ora mi concedi che io sappia chi sono e quale istinto (sia verso il bene che il male) le fa apparire così pronte di attraversare il fiume come io riesco a vedere attraverso la debole luce (dell'inferno)>>. E lui a me: <<Le cose ti saranno chiare quando fermeremo i nostri passi sulla triste riviera dell'Acheronte>>. Allora, con gli occhi bassi per la vergogna, temendo che il mio parlare fosse inopportuno, fino alla riva del fiume mi trattenni dal parlare". Quinci fuor quete le lanose gote al nocchier de la livida palude, che 'ntorno a li occhi avea di fiame rote. 99 Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude, cangiar colore e dibattero i denti, ratto che 'nteser le parole crude. 102 Bestemmiavano Dio e lor parenti, l'umana spezie e 'l loco e 'l tempo e 'l seme di lor semenza e di lor nascimenti. 105 Poi si ritrasser tutte quante insieme, forte piangendo a la riva malvagia ch'attende ciascun uom che Dio non teme. 108 Caron dimonio, con occhi di bragia, loro accennando, tutte le raccoglie; batte col remo qualunque s'adagia. 111 FIGURE RETORICHE: 99- che ‘ntorno a li occhi avea di fiamme rote: anastrofe, sta per “che aveva ruote di fiamme intorno agli occhi”. 105- Qui abbiamo un chiasmo in quanto nascimenti non dipende da seme di lor semenza ma da 'l loco e 'l tempo in quanto Dante qua evita la ripetizione due volte di "parenti". 107- forte piangendo: anastrofe, l’ordine giusto sarebbe dovuto essere “piangendo forte”. 108- ciascun uomo che Dio non teme: PERIFRASI per indicare i peccatori. 109- occhi di bragia: metafora ANALISI/COMMENTO: 98 - livida per indicare il buio dell'acqua, sempre per indicare l'Acheronte che qui non è più un fiume ma è una palude. 100- lasse e nude: "prive di ogni speranza e nude". La nudità è il segno della disperazione e dell'abbruttimento delle anime dannate. 104- l'umana spezie..lor nascimenti: i dannati nel tragico inizio della loro eterna pena coinvolgono nelle maledizioni non solo chi li ha generati, ma l'intera umanità. 106/108 - In questi 3 versi si sottolinea che se prima la parola della disperazione era la bestemmia, in questo caso la disperazione è scandita dalle lacrime delle anime che si apprestano a recarsi sulla riva, per salire sulla barca di Caronte. Da parte di Dante domina un senso di pietà verso queste anime impotenti di fronte al loro destino. 109 - occhi di bragia: (bragia=braci) occhi di fuoco, qua si indica che basta solo il fuoco degli occhi di Caronte a far muovere le anime per raccoglierle sulla sua barca in quanto questi occhi hanno un potere ipnotico verso queste anime. 111 - batte col remo qualunque s'adagia: buona parte degli studiosi ha visto una contraddizione nel s'adagia in quanto si pensava che la rabbia di Caronte è derivata dall'impazienza delle anime che vogliono attraversare il fiume e conoscere la loro sorte però questa contraddizione riguarda la fretta di Caronte nel portare le anime dall'altra parte del fiume. "Allora cessarono di muoversi le guance con la barba al nocchiero della livida palude che intorno agli occhi aveva due cerchi (rote) infuocati. Ma quelle anime che erano affrante e nude, cambiarono colore e dibatterono i denti, appena udirono quelle parole dure (di Caronte). Bestemmiavano Dio e i loro genitori, la specie umana e il luogo e il tempo e i fondatori (seme) della loro stirpe (semenza) e gli artefici del loro concepimento. "Poi si raccolsero tutte insieme (le anime) piangendo forte sulla riva dannata che attende ciascun uomo che non ha timore di Dio. Il demonio Caronte, con occhi di fuoco, raccoglie tutte le anime accennando loro; batte con il remo chiunque si adagia alla sua barca". Come d'autunno si levan le foglie l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie, 114 similmente il mal seme d'Adamo gittansi di quel lito ad una ad una, per cenni come augel per suo richiamo. 117 Così sen vanno su per l'onda bruna, e avanti che sien di là discese, anche di qua nuova schiera s'auna. 120 FIGURE RETORICHE: - Come d'autunno si levan le foglie..le sue spoglie: prima parte di una similitudine che mostra come queste anime salgano una per una sulla nave di Caronte, proprio come le foglie che in autunno cadono dai rami una per volta, fino a quando sono tutte a terra. ANALISI/COMMENTO: - Dante vuole sottolineare il modo e l'atteggiamento lento e graduale che queste anime hanno nel salire sulla barca, e questo ritmo lento genera commozione nel poeta che sta contemplando questo spettacolo grandioso che porta ad un distaccamento dalla vita. 117- per cenni..suo richiamo: obbedendo ai cenni di richiamo di Caronte, come gli uccelli rispondono ai richiami del cacciatore. In questo verso Dante rivela di conoscere le abitudini della caccia col falcone. - La velocità del passaggio sull'altra riva è descritta nell’ultima terzina. Le anime non fanno in tempo a sbarcare sull'altra sponda, che già su questa se ne sono raggruppate altre. <<Figliuol mio>>, disse 'l maestro cortese, <<quelli che muoion ne l'ira di Dio tutti convengon qui d'ogne paese: 123 e pronti sono a trapassar lo rio, ché la divina giustizia li sprona, sì che la tema si volve in disio. Quinci non passa mai anima buona; e però, se Caron di te si lagna, ben puoi sapere omai che 'l suo dir suona>>. 129 ANALISI/COMMENTO: - Figliuol mio: Virgilio, lasciato il tono brusco usato poco prima, continua con il comportamento affettuoso, paterno già visto ai vv. 19-21. Gli spiega che tutti coloro che muoiono nell’ira di Dio, nel peccato, e perciò privi di grazia divina, qui si ammassano, qualunque sia il paese di provenienza. - pronti sono a trapassar lo rio: sottolinea la velocità con cui, nonostante sappiano che li attende un tormento eterno, i dannati si fanno traghettare sul fiume. Sono stimolati dalla giustizia divina così intensamente che la paura della pena si trasforma in desiderio di affrontarla. C’è in loro un così disperato desiderio di uscire dalla condizione tormentosa di attesa della pena, che preferiscono oltrepassare subito il fiume pur sapendo che di là c’è la pena eterna. - anima buona: di qui passano solo coloro i quali hanno effettivamente una colpa. - Caron di te si lagna: Dante non ha commesso peccati ed è ancora vivo, quindi non essendo un'anima cattiva non dovrebbe passare perchè questo turba il piano di Caronte di portare solo anime cattive. "Come d'autunno cadono le foglie l'una dopo l'altra finchè il ramo vede a terra tutte le sue foglie, similmente le anime dannate discendenti da Adamo si gettano su quella riva ad una ad una richiamati dai cenni come fa un uccello sentendo il suo richiamo. Così se ne vanno su per il fiume cupo, e prima che (le anime) siano scese dall'altra parte del fiume, di nuovo un'altra schiera si è qui ammassata." "<<Figlio mio>>, disse il maestro gentile, quelli che muoiono in disgrazia di Dio vengono da ogni parte del mondo: e sono pronti ad attraversare il fiume perchè spronati dalla giustizia divina perchè il timore si trasforma in desiderio. Di qua non passa mai un'anima buona, perciò se Caronte di te si lamenta, puoi ben intendere che cosa significhi il suo parlare". Finito questo, la buia campagna tremò sì forte, che de lo spavento la mente di sudore ancor mi bagna. 132 La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia la qual mi vinse ciascun sentimento; e caddi come l'uom cui sonno piglia. 136 FIGURE RETORICHE: 136- Similitudine ANALISI/COMMENTO: - Finito questo: finito il discorso di Virgilio e finita la visione del passaggio delle anime con Caronte. - tremò sì forte: ci è stato un terremoto. - Qui c'è l'elemento dell'emozione rivissuta: mentre Dante scrive questo episodio, questo gli fa venire ancora la sensazione di paura. Dante sviene e quando si risveglierà sarà sull’altra riva del fiume, ma non si dice come ci arriva. Il movimento improvviso e violento da cui fu colto è un terremoto spiegato secondo i principi della scienza medievale: prima c’è un movimento disordinato, poi si sprigiona un vento e infine arriva una luce rossa → il movimento è la manifestazione del fenomeno sismico che per noi, il vento sotterraneo era per la scienza antica causa del terremoto. Si pensa che Dante fosse affetto da epilessia e questa l'ha artisticamente tradotta in svenimenti. "Terminate queste parole, la buia terra tremò così forte che dallo spavento mi bagna ancora adesso la mente di sudore. La terra intrisa di lacrime (di lutti) sprigionò un vento, che provocò una luce rossastra la quale cancellò qualsiasi mio sentimento (emozione); e caddi come un'uomo che prende sonno."
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