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Appunti Canto V - Inferno (Divina Commedia, Dante Alighieri), Appunti di Letteratura Italiana

Parafrasi, analisi delle figure retoriche, analisi e commento critico di tutto il canto V dell'Inferno.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 14/06/2023

olesya-kordiyaka
olesya-kordiyaka 🇮🇹

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Scarica Appunti Canto V - Inferno (Divina Commedia, Dante Alighieri) e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! CANTO V – INFERNO - Cerchio II; Minosse; La bufera; I lussuriosi; Paolo e Francesca. - Discesa nel secondo cerchio, più stretto e pieno di lamenti. Qui il giudice Minosse, dalla coda mostruosa di serpente, ascolta la confessione delle anime dannate e decide in quale girone devono precipitare. Anche con lui Virgilio interviene, quando obietta sulla presenza di Dante. Appaiono i dannati del secondo cerchio. Paragonate a stormi di uccelli, prima storni, poi gru e infine colombe, le anime dei lussuriosi sono violentemente trascinate da un vento che non si ferma mai, così come nella loro vita si lasciarono travolgere dalla passione. Dante incontra personaggi celebri che morirono di morte violenta a causa delle loro passioni, tra questi due anime che si abbandonano al vento restando abbracciate attirano la sua attenzione. Le chiama e una di loro, la nobildonna Francesca da Polenta, racconta come lei e Paolo Malatesta si innamorarono, leggendo la storia di Lancillotto e Ginevra, divennero amanti e furono entrambi uccisi. Dante, profondamente commosso, sviene. Così discesi del cerchio primaio giù nel secondo, che men loco cinghia, e tanto più dolor, che punge a guaio. 3 Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: essamina le colpe e ne l'intrata; giudica e manda secondo ch'avvinghia. 6 Dico che quando l'anima mal nata li vien dinanzi, tutta si confessa; e quel conoscitor de la peccata 9 vede qual loco d'inferno è da essa; cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa. 12 Sempre dinanzi a lui ne stanno molte; vanno a vicenda ciascuna al giudizio; dicono e odono, e poi son giù volte. 15 FIGURE RETORICHE: 2- men loco cinghia: anàstrofe che consiste nell'inversione dell'ordine abituale dei termini successivi in una frase → significa che “cinge uno spazio minore”. 8- tutta si confessa: anàstrofe, si inverte l'ordine abituale dei termini successivi in una frase. ANALISI/COMMENTO: - Dante, sempre insieme a Virgilio, passa dal primo al secondo cerchio che è più piccolo perchè guardando la struttura dell'Inferno è un cono rovesciato quindi i cerchi che lo compongono sono uno più piccolo dell'altro. Però è colmo di maggior dolore perchè se il diametro diminuisce, al contrario la pena del dolore di essa, man mano che ci si avvicina a Lucifero, aumenta. 3- punge a guaio: morde, ferisce, colpisce con una violenza così aggressiva da indurre i dannati a espressioni forti di dolore, tali che possono sembrare dei versi animaleschi. In questo verso troviamo una prima indicazione di una violenza che nel canto si allarga fino al compimento dell’assassinio dei due cognati adulteri e allo svenimento che fa cadere il poeta come un corpo morto. Fin dall’inizio quindi si nota dunque che non solo è cambiata radicalmente l’ambientazione, ma che si prepara un’atmosfera di violenza, di conflitto. - Compare la figura di Minosse, mitico re di Creta, che gli antichi definirono giudice dei morti: la sua figura è terrificante, la sua voce un ringhio bestiale. Anche all'inferno di Dante Minosse è chiamato a fare da giudice, infatti le anime appena entrano nel secondo cerchio si trovano appunto di fronte a In questo modo scesi dal primo cerchio nel secondo, che racchiude meno spazio, ma colmo di maggior dolore che tormenta fino al lamento. Qui c'era Minosse, che ringhia in modo orrendo: esamina le colpe dei dannati all'ingresso; poi le giudica e condanna secondo quante volte avvolge la sua coda. Intendo dire che quando l'anima dannata va davanti a lui confessa tutto; e quel giudice dei peccati (Minosse) decide in quale luogo dell'inferno mandarla; si avvolge con la coda tante volte quante vuole che sia il grado del cerchio in cui sarà collocata. Sempre davanti a lui si trovano molte anime; queste una alla volta vanno da lui per essere giudicate; dicono (il peccato) e ascoltano (la sentenza), e poi sono spinte giù. Minosse, confessano a lui i loro peccati, e lui le giudica e assegna un determinato cerchio in cui andranno a scontare la pena per il peccato commesso in vita. Tutti i movimenti di questo giudice infernale sono meccanici e bestiali: non c’è un dibattito, non c’è partecipazione, non c’è un vero e proprio processo, ma c’è solo una formale registrazione dei peccati a cui fa seguito un gesto animalesco, ovvero i giri di coda. <<O tu che vieni al doloroso ospizio>>, disse Minòs a me quando mi vide, lasciando l'atto di cotanto offizio, 18 <<guarda com'entri e di cui tu ti fide; non t'inganni l'ampiezza de l'intrate!>>. E 'l duca mio a lui: <<Perché pur gride? 21 Non impedir lo suo fatale andare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare>>. 24 ANALISI/COMMENTO: - Minosse interrompe il suo lavoro di giudice per parlare con Dante e cerca di intimidirlo perchè lui non è un'anima mal nata ma è un'essere umano ancora vivente, quindi Minosse non vuole che Dante prosegua il suo cammino all'interno dell'inferno perchè non è ciò che gli spetta. Oltre a intimidirlo, Minosse mette in guardia Dante dicendogli di stare attento alla persona di cui lui si fida (Virgilio), perchè Virigilio è comunque un'anima dell'inferno, sebbene stia nel limbo, quindi non è opportuno fidarsi di chi non ha saputo salvare nemmeno se stesso. Inoltre gli dice anche di non lasciarsi ingannare dalla grandezza dell'entrata in quanto può sembrare agevole ma quello che gli aspetta dentro è tutt'altro che agevole. - Gli ultimi due versi sono gli stessi che troviamo nel III canto (v. 95-96) e sono le stesse con cui Virgilio mise a tacere Caronte quando rifiutava di traghettare Dante perchè appunto non era morto. <<O tu che vieni in questo luogo di dolore>>, disse Minosse a me quando mi vide, interrompendo il suo importante lavoro, <<guarda bene come entri e a chi ti affidi; non lasciarti ingannare dalla grandezza dell'entrata>>. E la mia guida disse a lui: <<Perchè continui a gridare? Non impedire il suo cammino voluto dal destino: questa è la volontà (di Dio) per passare dove si può ottenere ciò che si vuole (Paradiso) e non chiedere altro>>". <<La prima di color di cui novelle tu vuo' saper>>, mi disse quelli allotta, <<fu imperadrice di molte favelle. 54 A vizio di lussuria fu sì rotta, che libito fé licito in sua legge, per tòrre il biasmo in che era condotta. 57 Ell'è Semiramìs, di cui si legge che succedette a Nino e fu sua sposa: tenne la terra che 'l Soldan corregge. 60 ANALISI/COMMENTO: Comincia qui la rassegna delle anime famose per aver ceduto alla passione amorosa e che Dante sceglie tra altre perché si adattano meglio al suo proposito di offrire esempi particolarmente significativi ai fini della vita morale che vuole restaurare anche attraverso il ricordo di personaggi negativi. L'altra è colei che s'ancise amorosa, e ruppe fede al cener di Sicheo; poi è Cleopatràs lussuriosa. 63 Elena vedi, per cui tanto reo tempo si volse, e vedi 'l grande Achille, che con amore al fine combatteo. 66 Vedi Parìs, Tristano>>; e più di mille ombre mostrommi e nominommi a dito, ch'amor di nostra vita dipartille. 69 ANALISI/COMMENTO: - La prima a cui si riferisce è Didone, regina dei cartaginesi, che pur avendo giurato che dopo la morte di suo marito Sicheo non si sarebbe più sposata, si innamora di Enea tanto da uccidersi quando lui partì per il Lazio". 61- L'altra è colei..Sicheo: Didone, mitica regina di Cartagine, si uccise perchè disperatamente innamorata di Enea, che l'abbandonò dopo averla indotta a tradire il giuramento di fedeltà fatto sulle ceneri del marito defunto Sicheo. - Qua si fa riferimento alla guerra di Troia della quale Elena è il fulcro in quanto innamorata di Paride decide di fuggire con lui e appunto scatenare la guerra. Anche Achille colpito dall'amore perse la vita. <<La prima di quelle di cui tu vuoi avere informazioni>>, mi disse allora lui (Virgilio), <<fu imperatrice di popoli di diverso linguaggio (favelle). Ebbe una lussuria senza freni, tanto che rese la libidine legale (piacere sessuale), per liberarsi della vergogna (tòrre il biasmo) in cui era caduta. Ella è Semiramide, di cui si legge che salì al trono dopo Nino e fu sua moglie: regnò sul territorio che ora Sultano governa (Babilonia)". "L'altra è colei che si uccise per amore, rompendo il giuramento di fede fatto alle ceneri di Sicheo; poi c'è la lussuriosa Cleopatra. Guarda anche Elena, per cui si fece guerra per tanto tempo, e vedi il grande Achille, che alla fine combattè con l'amore. Vedi Paride, Tristano>>; e più di mille altre anime mi mostrò e mi nominò indicandole, che amore staccò dalla vita terrena." II parte del canto (storia di Paolo e Francesca) Molto importante nella Divina Commedia è l'incontro di Dante e Virgilio con Paolo e Francesca: particolare è la loro condizione di dannati dal momento che sono gli unici lussuriosi a procedere in coppia; inoltre è anche la prima anima dannata con cui Dante inizia un dialogo vero e proprio. A parlare dei due è Francesca che accenna alla triste vicenda, che l'ha condotta a scontare in questo cerchio infernale la sua colpa, senza entrare nel dettaglio. Francesca è presentata come un personaggio dopotutto forte d'animo perché anche in quella situazione di estrema sofferenza, che durerà in eterno, non rifiuta di raccontare quasi con un pizzico di fierezza la sua storia d'amore con Paolo. L'amore descritto da lei è eterno e immortale e non è affatto pentita del tradimento da lei commesso. Il pianto di Paolo è in parte una dolorosa conferma delle parole di Francesca, in parte l'emozione di entrambi all'amaro ricordo della loro vita e del loro amore, ma in esso si può anche vedere riflesso lo stato d'animo di Dante stesso. Dante è sicuramente colpito e rattristato dalla sorte dei due, tant'è che piange nell'ascoltare il racconto di Francesca e dal fatto che al termine di esso cade svenuto per la grande emozione si può inoltre notare che il poeta dà a Francesca una sfumatura di fierezza, la dipinge come devota anche se dannata eternamente e assolutamente non giustifica il gesto del marito che uccide gli amanti, dando loro quasi una rivincita avendo una pena più lieve. Poscia ch'io ebbi il mio dottore udito nomar le donne antiche e ' cavalieri, pietà mi giunse, e fui quasi smarrito. 72 I' cominciai: <<Poeta, volontieri parlerei a quei due che 'nsieme vanno, e paion sì al vento esser leggeri>>. 75 Ed elli a me: <<Vedrai quando saranno più presso a noi; e tu allor li priega per quello amor che i mena, ed ei verranno>>. 78 Sì tosto come il vento a noi li piega, mossi la voce: <<O anime affannate, venite a noi parlar, s'altri nol niega!>>. 81 ANALISI/COMMENTO: - Dante comincia a provare pietà perchè improvvisamente si rende conto che queste persone, anche se sono parte dei poemi, sono comunque punite per i peccati che commettono in queste storie e quindi si sente smarrito. Un sentimento di pietà che andrà a crescere nel corso del canto, infatti alla fine del canto sverrà. - Dante si accorge subito che ci sono due anime particolari perchè invece di muoversi una per una si muovono insieme e sembrano così leggeri che non riescono nemmeno a fare resistenza al vento che li sta trascinando: questo è dovuto al fatto che il loro amore fu così grande che loro non riescono a separarsi neanche dopo la morte e il vento è così forte che loro non riescono a opporsi. Dante quindi, per la prima volta nel poema, esprime il desiderio di poter parlare con queste anime. 78- amor è paragonato alla bufera infernale e quindi abbiamo un corrispettivo tra l'amore e la bufera che li travolge. 80- anime affannate: le anime sono qui affannate, ciò significa che in loro continua lo stesso tormento "Dopo che ho ascoltato il mio maestro nominare le donne antiche e i cavalieri, mi colse pietà, e così andai fuori di me". Io cominciai: <<Poeta, volentieri parlerei a quei due che si muovono assieme, e sembrano trasportati leggeri dal vento>>". "Ed elli mi disse: <<Vedrai quando saranno più vicini a noi; tu allora pregali in nome di quell'amore che li travolge, e loro verranno>>. Non appena il vento li portò verso di noi iniziai a parlare: <<O anime tormentate, venite a parlare con noi, se lui (Dio) non lo vieta!>>". che le ha accompagnate in vita → ora però il tormento le lega a una condizione di perenne sofferenza. 81- s’altri: si intende Dio, che non viene mai nominato direttamente nel poema. Poi mi rivolsi a loro e parla' io, e cominciai: <<Francesca, i tuoi martìri a lagrimar mi fanno tristo e pio. 117 Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri, a che e come concedette Amore che conosceste i dubbiosi disiri?>>. 120 E quella a me: <<Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore. 123 Ma s'a conoscer la prima radice del nostro amor tu hai cotanto affetto dirò come colui che piange e dice. 126 ANALISI/COMMENTO: - Dante continua a far fatica a parlare, infatti abbiamo la ripetizione di "rivolsi", "parlai", "cominciai" e soprattutto cosa rilevante è il fatto che si rivolge a Francesca chiamandola con il suo nome. Dante entra in empatia con la storia di Francesca e vuole sapere quando la passione amorosa, ancora segreta e inconfessata, si rivelò chiara alla loro coscienza ed essi passarono dal dubbio alla certezza. 121- Francesca comincia con una citazione da Boezio, uno dei filosofi che Dante ha studiato, e chiama Virgilio dottore non solo perchè è il maestro di Dante, ma perchè probabilmente Virgilio conosce quello che sta provando adesso Francesca, non solo perchè lui è un'anima dannata come lei, ma anche perchè è conoscitore di della dialettica di sofferenza e felicità e nell'Eneide ritroviamo un concetto analogo del parlare del tempo mentre si era in vita ora che si è morti. 126- dirò come colui che piange e dice: Francesca parla a Dante e intanto Paolo piange come se loro fossero un'unica persona in due anime separate. "Poi mi rivolsi a loro e parlai io, e cominciai: <<Francesca, le tue pene mi rendono addolorato e pietoso fino a lacrimare. Ma dimmi: quando non vi eravate ancora manifestati, per quali indizi e in che modo Amore permise vi concesse di conoscere i desideri inconfessati?>>". "E lei a me: <<Nessun dolore più grande che ricordare il tempo felice nella miseria; e questo lo sa bene il tuo maestro. Ma se di conoscere l'origine del nostro amore hai tanto desiderio allora parlerò come chi piange e parla". Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse; soli eravamo e sanza alcun sospetto. 129 Per più fiate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse. 132 Quando leggemmo il disiato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, 135 la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante>>. 138 Mentre che l'uno spirto questo disse, l'altro piangea; sì che di pietade io venni men così com'io morisse. E caddi come corpo morto cade. 142 FIGURE RETORICHE: 133/134- il disiato riso esser basciato: metonimia, l’astratto per il concreto. 138- quel giorno più non vi leggemmo avante: possiopesi, va direttamente alla fine della vicenda. Non sono morti subito dopo aver letto di quel bacio ma ci sono state altre vicende però Francesca ci porta direttamente alla fine della loro vicenda, ovvero quando sono stati uccisi. 142- come corpo morto cade: similitudine, significa “caddi come un corpo privo di vita”. - allitterazione ANALISI/COMMENTO: - Francesca tenta ancora di giustificarsi e dice che loro non sospettavano che qualcosa potesse succedere mentre leggevano di Lancilotto: quest'ultimo è protagonista di un romanzo cortese molto famoso nel Medioevo dove era raccontata la sua storia d'amore con Ginevra. - Qui abbiamo le varie fasi dell'innamoramento, loro si cercano con gli occhi. L'impallidimento era già stato usato da Dante nella Vita Nuova. Loro cercano di resistere a questo innamoramento fino a che non arrivano a un punto dove si perdono e abbandonano la ragione. 133 - Qui ci spiega in che punto li rese perduti, ovvero quando Ginevra e Lancilotto si baciano: in questo momento c'è una sovrapposizione tra finzione letteraria e la realtà che stavano vivendo e cadono nel peccato. Galeotto fu quel personaggio che nel poema convince Ginevra a baciare Lancilotto e quindi a fargli scoprire la passione amorosa, mentre in questo caso è il libro che diventa Galeotto perchè se non ci fosse stato il libro loro non avrebbero potuto conoscere i loro sentimenti. 139- Qui riprende il fatto che Francesca parlava mentre Paolo piangeva e Dante viene colto da così tanta pietà che sviene. - E caddi come corpo morto cade: chiusa simile a quella del canto III, ma ancora più forte perchè questa volta l'abbandono del corpo di Dante è simile a quello della morte. L'emozione per il racconto di Francesca ha sconvolto il pellegrino molto più di un terremoto. Infatti l'autore si sente chiamato in causa direttamente perchè scrisse a sua volta poesie d'amore che non tenevano nella dovuta considerazione il vincolo sacro del matrimonio, privilegiando l'amore come sentimento libero e privo di limitazioni morali. Ora, mentre scrive il poema sacro che avvicina lui stesso e i suoi lettori a Dio, vuole prendere le distanze da questo suo passato poetico troppo lontano dai valori cristiani. "Un giorno noi leggevamo per svago di Lancilotto e di come Amore lo prese; eravamo soli e non sospettavamo di nulla. Più volte quella lettura ci spinse a cercarci con gli occhi e ci fece impallidire; ma solo un punto fu quello che annullò ogni nostra resistenza". "Quando leggemmo che la bocca desiderata (di Ginevra) fu baciata da un simile amante (Lancillotto), costui (Paolo), che non sarà mai da me diviso, mi baciò la bocca tutto tremante. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse: quel giorno non leggemmo altre pagine>>. Mentre una di queste anime diceva queste cose (Francesca), l'altra (Paolo) piangeva; così che per la pietà io mi sentii venir meno come se morissi. E caddi a terra come un corpo morto cade".
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