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appunti capitolo a scelta per esame, Appunti di Psicologia Sociale

appunti del capitolo perdono e gratitudine

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 13/02/2023

Giuse.72
Giuse.72 🇮🇹

4.8

(10)

16 documenti

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Scarica appunti capitolo a scelta per esame e più Appunti in PDF di Psicologia Sociale solo su Docsity! “LA GENERATIVITA’ NEI LEGAMI FAMILIARI E SOCIALI” (Eugenia Scabini CAPITOLO 9) DUE PRASSI GENERATIVE: PERDONO E GRATITUDINE Perdono e gratitudine assumono un ruolo di rilievo all'interno della riflessione sui legami familiari di Eugenia Scabini. Entro la cornice dell'approccio relazionale-simbolico, Scabini e Cigoli (2000) connotano entrambi i processi come due prassi generative dello scambio familiare, ovvero due movimenti relazionali che originano e mantengono nel tempo l'eccedenza simbolica propria dei legami familiari. Per appropriarci in tal senso di questi due costrutti non possiamo prescindere da un breve excursus sulla riflessione teorica e pratica che l'approccio relazionale-simbolico propone sul costrutto della generatività e sulla dinamica donativa che la caratterizza. La generatività rappresenta uno dei concetti chiave più illuminanti della riflessione psicosociale sui legami familiari di Eugenia Scabini. Eugenia Scabini, sin dall'inizio della sua riflessione sui legami familiari, sente la necessità di tornare a porsi delle domande sul senso e significato di quel piccolo gruppo sociale definito famiglia, a riflettere sulle caratteristiche strutturali del famigliare, di cui la generatività rappresenta uno dei pilastri fondamentali. All'interno dell'approccio relazionale-simbolico la dimensione generativa oltre che definire la dimensione riproduttiva, vale a dire la nascita di una nuova generazione, diventa metafora del frutto dello scambio relazionale tra soggetti Generare altro da sé, partendo da sé, attiva contemporaneamente una dimensione affettiva di cura verso il generato e una dimensione etica, di mantenimento ed impegno di tale cura. Tali dimensioni di cura, avendo l'obiettivo di rendere autonomo il 'generato' implicano un sacrificio per il soggetto generante a favore del benessere del generato. Il modello identifica, inoltre, tre qualità simboliche in grado di orientare positivamente o disorientare le prassi generative. Esse sono: fiducia, giustizia e speranza (Scabini-Cigoli, 2012). La fiducia porta con sé la dimensione dell'affidamento, il sentire di potersi fidare dell'altro e allo stesso tempo il sentire di essere degno della fiducia dell'altro. La giustizia è caratterizzata dall'impegno, dalla dedizione e dalla lealtà al legame, tutti segni tangibili che mostrano il valore e l'importanza che viene attribuita al legame stesso. La speranza rappresenta il serbatoio a cui attingono fiducia e giustizia da riporre nel legame. Rispetto alla dinamica donativa propria della dimensione generativa, Eugenia Scabini, riprendendo la riflessione dell'epistemologia antropologica di Godbout (1992), rende visibile come la dinamica gratuita del, dono-debito sia quella che meglio riflette la prassi generativa ascrivibile al legame. Essa considera la risposta del soggetto ricevente nei termini di un debito che non si caratterizza da un'utilitaristica visione del dono da una visione 'sbilanciata', che comporta cioè una quota di libertà del debitore. Chi accetta e riceve un dono ha la libertà personale di decidere quanto, come e quando restituire il debito/dono. Il perdono e la gratitudine sono due prassi generative del familiare, poiché, entrambe, sono espressione di uno scambio relazionale che massimizza le qualità simboliche del legame e, allo stesso tempo, nel loro attuarsi fanno sì che il potenziale simbolico che li caratterizza si rinnovi nel tempo per ridonare ulteriore linfa vitale al legame stesso. - Perdono Perdonare significa donare nuova linfa al legame ferito da un'offesa o da un insieme di offese che minano la dimensione di fiducia e giustizia. Quale che sia la natura dell'offesa arrecata da un familiare ad un altro, esso rappresenta una forma di mancanza di lealtà verso il legame e mette in discussione la fiducia verso l'altro, lasciando la persona offesa in uno stato di incredulità e impotenza che lede la propria immagine di sé: 'Come è possibile che io mi sia affidato all'altro?; Cosa ha fatto sì che io sia diventato oggetto di un'offesa?". Il perdono permette alla persona offesa di rispondere all'offesa con un comportamento di forza eguale ma contraria, ribaltando la dimensione di impotenza percepita. Il perdono riequilibra la dimensione d'ingiustizia commessa, riconfermando la lealtà verso il legame, ridonando fiducia ad esso. È un dono che ha la forza di ridonare speranza al legame. La sua dimensione generativa risiede nel fatto che esso agisce su entrambi gli attori coinvolti, poiché ha il potere di spostare il focus dall'essere vittima ed essere offensore alla centralità del benessere relazionale tra i due. - Gratitudine La gratitudine è una prassi incondizionata di apertura verso l'altro, di speranza, al punto da poter essere considerata come l'illimitato serbatoio simbolico a cui attinge l'azione generativa. Essa esprime il riconoscimento della struttura originaria di dipendenza e dell'interdipendenza propria di ciascun legame che rimanda non solo alla nascita, ma a tutto l'insieme dei beni simbolici ricevuti che, all'interno della dinamica del dono-debito, sentiamo di voler ridonare nel legame con l'altro. La gratitudine da un lato concerne la capacità di saper essere riconoscenti per un dono significativo ricevuto e farne memoria, dall'altro implica una tensione volta a restituire e ridonare all'altro, sotto la forma del ringraziamento, il dono ricevuto. La gratitudine rappresenta quindi una riapertura allo scambio donativo. Essa man tiene vive, reiterandole nel tempo, le dimensioni di fiducia, giustizia e speranza che caratterizzano il legame e che allo stesso tempo ne sono l'origine. Da quanto finora esposto emerge che se, da una parte perdono e gratitudine rappresentano due prassi generative che donano longevità ai legami famigliari, dall'altra sono esse stesse espressione dei beni simbolici che un soggetto sente di aver ricevuto e di restituire in un'ottica di debito. Sono cioè collegati alle dimensioni di fiducia e giustizia che un soggetto ha sperimentato nel rapporto con l'altro. più i genitori sono inclini a perdonare il proprio figlio/a più questi diventa maggiormente propenso/a a perdonarli a propria volta e che i partner adulti assomigliano più ai lo ro genitori nella propensione a perdonare che al coniuge. Il perdono all'interno della letteratura psicosociale: lo sviluppo della ricerca empirica all'interno del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia Oggi il tema del perdono è diventato mainstream nella letteratura psicosociale, ma quando il volume è uscito la situazione era ben diversa. L'ipoteca religiosa e morale sul costrutto aveva tenuto distanti molti studiosi e ricercatori dal considerarlo un oggetto degno di interesse. I terapeuti familiari sono stati tra i primi ad individuare le potenzialità trasformative del perdono (Hargrave, 1994), ma non può sorprendere che i primi psicologi clinici che iniziarono ad esplorare empiricamente il perdono e le sue potenzialità terapeutiche - Everett Worthington e Robert Enright, tra gli altri - condividessero un retroterra religioso o lavorassero all'interno di università a orientamento religioso. È interessante quindi constatare come Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli, nel testo sopracitato, abbiano originalmente delineato come la riconciliazione e il perdono giochino un ruolo cruciale rispetto ai processi di idealizzazione e i conseguenti fenomeni di disillusione legati alla costruzione del legame di coppia. Perdonarsi libera l'offensore dalla presenza di emozioni negative legate al ruminare su di sé e sui propri sentimenti di colpa e di vergogna. Wohl e colleghi (2008) hanno sottolineato che il perdono di sé è l'esito di un processo di maturazione individuale che comporta aver compreso il movente e il significato del proprio comportamento. Quando si perdona, una persona realizza che, pur non modificandolo, si può accostare al passato in modo da comprendere gli errori commessi per poi non riattualizzarli in futuro (Thompson et al., 2005). Riuscire in questa impresa significa uscire dallo sguardo autoreferenziale di autocommiserazione e promuovere il desiderio di rimediare all'offesa commessa. Woodyatt e Wenzel (2013) evidenziano inoltre come il perdono di sé sia collegato con la capacità dell'offensore di entrare in empatia e riconciliarsi con la vittima senza lasciarsi travolgere dall'impatto negativo che l'offesa ha sulla propria autostima. Holmgren (1998) sottolinea come, per potersi perdonare, un individuo debba condividere l'idea che un uomo abbia la facoltà di sbagliare e che, nonostante questo, abbia lo stesso il diritto di mantenere la propria dignità di base. In breve, il perdono di sé richiede certamente una grande forza interiore per chi ha sbagliato, permettendogli come esito la possibilità di ritrovare, almeno parzialmente, la serenità, il coraggio e la capacità di mettersi nuovamente in gioco sia nella relazione con se stessi che con gli altri. gli studi del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia si s sono focalizzati sulla comprensione del perdono di sé all'interno delle close relationship mostrando come la dinamica del processo del perdono di sé abbia degli effetti positivi sul benessere relazionale della coppia. A fronte di un'offesa commessa il perdono di sé rappresenta una strategia di coping che lavora nella direzione del mantenimento della relazione, perché rappresenta l'impegno dell'offensore nel ristabilire l'equilibrio dell'incastro di coppia. Assumersi la responsabilità dell'accaduto comporta che l'offensore si metta inizialmente in una posizione di attesa. La letteratura scientifica ha individuato e analizzato l'apporto di due determinanti che influenzano positivamente il processo: l'attivazione di strategie riparative e il sentire di essere perdonati. I comportamenti riparatori rappresentano il rinnovato impegno e la dedizione al legame dell'offensore, mentre la percezione di perdono concesso dal partner rappresenta per l'offensore il desiderio del partner di ridonare fiducia al legame. Alcuni lavori empirici condotti dal Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia hanno evidenziato uno stretto legame tra perdono di sé e soddisfazione di coppia (Pelucchi - Paleari - Regalia - Fincham, 2013). Essi mostrano come più il partner riesce a perdonarsi per un'offesa commessa nei confronti del proprio partner più si sente soddisfatto della propria relazione. Ma il dato più interessante è che più il partner offensore continua a provare rancore per quanto ha fatto, minore è il livello di soddisfazione di coppia riportato non solo da lui stesso ma anche dal partner vittima. Il risultato mostra come, all'interno di una close relationship, il partner vittima può migliorare il benessere relazionale grazie al fatto che l'offensore si sia perdonato. Il perdono intergruppi Diversamente dal perdono interpersonale dove la scena del processo è la relazione diadica tra vittima e autore del reato, gli aspetti psicologici attivati dall'appartenenza gruppale assumono un ruolo cruciale all'interno del processo che caratterizza il perdono intergruppi: la vittima è tale poiché membro del gruppo offeso e, viceversa, l'offensore è tale in quanto membro del gruppo offensore. Gli studi empirici hanno evidenziato come i membri di un gruppo-vittima sono disposti più facilmente a perdonare quando avvertono che i componenti dell'altro gruppo sono consapevoli del male arrecato, si assumono la responsabilità di quanto fatto, esprimono un sincero rimorso, manifestano una sincera empatia e preoccupazione per le sofferenze delle vittime e offrono forme di riparazione, siano esse monetarie o di altra natura. Le ricerche hanno evidenziato che, ancor più che nelle situazioni interpersonali, a livello di conflitto di gruppi è proprio l'espressione genuina di un senso di colpa, come la richiesta formale di scuse da parte del gruppo offensore, che risulta centrale per attivare il processo di perdono da parte dei componenti appartenenti al gruppo vittima. Gli studi hanno inoltre sottolineato come siano soprattutto la mancanza di fiducia reciproca e il permanere di emozioni negative nei confronti dell'altro gruppo uno degli ostacoli maggiori sulla strada della riconciliazione e per cui il perdono inteso come processo di risignificazione di ciò che è successo può giocare un ruolo fondamentale. Ulteriore peculiarità del perdono intergruppi è rappresentata dalla centralità che viene ad assumere la dimensione della giustizia all'interno del processo. La parte lesa e offesa reclama giustizia, ma questa giustizia non è semplicemente connessa alla dimensione punitiva dell'altra parte. Significa molto di più, ossia vedersi riconosciuto il giusto valore alle sofferenze patite e richiedere le condizioni sociali, politiche ed economiche consentano di tornare a vivere in pace e poter vedersi restituire quanto è stato tolto nel corso degli anni. All'interno del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia la riflessione sul perdono intergruppi si ricollega allo studio del conflitto sociale proprio della fase del terrorismo italiano degli Anni di Piombo con l'obiettivo di promuovere una riflessione teorica ed empirica sulla necessità di attuare processi di peacemaking rispetto a quanto successo (Bretherton - Law, 2015). Zamperini (2001) definisce i traumi collegati ad eventi sociali (guerra e/o conflitto) come traumi psicosociali, in quanto tali eventi, oltre che ad una sofferenza e destabilizzazione individuale, spesso sono associati ad una ferita collettiva, di 'erosione delle relazioni sociali. Il recente studio condotto su queste tematiche (Regalia - Pelucchi - Paleari - Manzi - Brambilla, 2015) ha mostrato come il concedere perdono ai terroristi per quanto da loro commesso sia positivamente influenzato dalle dimensioni di giustizia possedute. La gratitudine. La centralità del costrutto all'interno della riflessione teorica del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia La gratitudine è quell'esperienza affettiva e cognitiva che permette a una persona di avvertire come le esperienze importanti e positive della sua vita sono state rese possibili grazie al contributo fondamentale di altri. All'interno del panorama della letteratura internazionale la gratitudine viene considerata e descritta con accenti diversi come una virtù morale, un tratto di personalità, un'emozione e una strategia di coping. La gratitudine è parte di un più ampio orientamento di vita volto a notare ed apprezzare ciò che vi è di positivo nel mondo (Wood - Froh - Geraghty, 2010). Come vi sono individui che non riescono a ravvisare o assaporare gli aspetti positivi della propria vita, i sacrifici che gli altri fanno per loro e danno quasi tutto per scontato o dovuto, vi sono anche persone che sembrano amare ogni nuovo giorno, notare costantemente gli atti di gentilezza, riconoscere i sacrifici altrui ed essere grati per ogni privilegio o aspetto positivo della propria esistenza. Le persone che provano gratitudine mostrano la capacità di assaporare ogni momento della loro esistenza nel qui e ora, fermandosi a riflettere per prendere coscienza di ciò che hanno e ricevono. La gratitudine può trascendere i rapporti interpersonali e sopraggiungere quando apprezziamo con stupore qualcosa di estremamente bello, prezioso e significativo che ci è dato osservare e ci coinvolge profondamente sul piano emotivo e spirituale, rendendo ci felici. La gratitudine provata nelle relazioni interpersonali può, inoltre, trascendere uno specifico beneficio elargito (o che si intendeva elargire) e nascere, più in generale, dal ruolo positivo che l'altro ha avuto nella nostra esistenza: l'essere grati al partner per averci dedicato buona parte della sua vita, al genitore per la pazienza ed affetto delle cure... In ogni caso rappresenta un vissuto emotivo positivo che si lega indissolubilmente agli stati di felicità. A livello empirico numerosi studi hanno analizzato come la gratitudine sia collegata al benessere individuale e relazionale (e.g. Toussaint - Friedman, 2009). La gratitudine fa star bene perché favorisce l'attivazione di schemi cognitivi 'benigni', promuove il supporto sociale da parte degli altri, permette di attenuare l'effetto negativo di confronti sociali potenzialmente minacciosi, incrementa la tolleranza alle frustrazioni, consente di accettare i propri limiti, promuove l'attivazione di strategie di coping funzionali per affrontare eventi stressanti o traumatici. A livello relazionale, Algoe e colleghi (2008) hanno mostrato come la gratitudine incrementa la qualità della relazione di coppia aumentando il senso di vicinanza dei partner. Le persone grate nei confronti del/della partner ed in grado di ringraziarlo/a si sentono più vicine a lui/lei, si impegnano maggiormente in condotte volte a rafforzare la relazione, sono più soddisfatte. Non solo, ma chi è in grado di esprimere gratitudine nei confronti del partner si sente a proprio agio nel dare voce anche alle preoccupazioni e nel tempo questa competenza comunicativa incrementa la forza del legame. Naturalmente vale anche il reciproco: ricevere espressioni di gratitudine dal partner non solo rafforza la propria autostima, ma si associa ad un maggior apprezzamento nei suoi confronti e ad una maggiore attenzione verso i suoi bisogni. La letteratura ha inoltre mostrato come l'ambiente culturale e familiare in cui l'individuo cresce e vive abbia un'influenza sul fatto che questi sperimenti maggiore o minore gratitudine. Il recente approfondimento del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia sul tema della gratitudine si può dire nato dal desiderio di dare rilievo a quella che l'approccio relazionale- simbolico, come precedentemente accennato, considera essere l'azione che incarna il principio dinamico del ricevere - riconoscere - ridonare (Regalia - Paleari, 2016). Provare gratitudine è il sentire la presenza di un dono ricevuto, un dono rispetto al quale il soggetto beneficiario non ha in linea di principio alcunché da esigere, ma che sente parte integrante del proprio benessere. Essa è l'espressione di uno stato di contentezza. La gratitudine si prova sì a partire da alcune specifiche circostanze della vita, ma le trascende nel tempo e tende a permanere oltre ad esse grazie al ricordo che se ne ha. Per essere grati verso qualcuno bisogna ricordarsi di lui e di quanto ha fatto per noi, così come per essere grati di qualcosa bisogna riconoscerne e ricordarne l'esistenza. la gratitudine si accompagna non solo alla mancanza di tratti narcisistici, ma all'umiltà intesa come un'equilibrata consapevolezza tanto dei propri punti di forza quanto delle proprie debolezze e del valore altrui, che induce a orientarsi e focalizzarsi più sull'altro o sulle circostanze esterne, come fautori della propria felicità, che su se stessi. Regalia e Manzi (2016) ha messo in luce come la dimensione generativa della gratitudine, quando posseduta, abbia la capacità di generare e produrre effetti positivi per la persona che la sperimenta e che mirabilmente si espandono anche su quelli che la circondano. Studiando gli effetti della gratitudine in un campione rappresentativo della popolazione italiana tra i 65 e i 74 anni, gli autori hanno mostrato come gli anziani più propensi a fornire aiuto e sostegno sia in famiglia che all'esterno sono quelle persone che hanno una maggiore capacità di provare gratitudine per quegli aiuti che loro stessi hanno a loro volta ricevuto dalla propria famiglia e dagli altri rispetto a chi ha un basso livello di gratitudine. Dati analoghi erano emersi da ricerche sperimentali condotte da Paleari, Fincham e Lambert (2012) su campioni di giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, i quali, nel corso della transizione all'età adulta, risultano tanto più disposti a farsi carico dei propri obblighi nei confronti di genitori anziani e familiari quanto più caratterizzati da elevati livelli di gratitudine, sia in generale che nello specifico nei confronti dei
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