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Ruolo di Londra, Chiesa Anglicana e Parlamento nella Formazione della Nazione Britannica, Appunti di Storia Moderna

Come la città di londra, la chiesa anglicana e il parlamento contribuirono alla coesione e centralizzazione del regno unito, formato da galles, scozia e irlanda. Il testo illustra come la monarchia britannica sviluppò una comune cultura politica, la diffusione della stampa contribuì a costruire una piattaforma culturale, il common law favorì l'uniformità e l'esistenza di una realtà comune. Il testo inoltre illustra il ruolo della chiesa anglicana come istituzione dominante, la struttura sociale basata sulla proprietà terriera e il ruolo del parlamento nella società rurali dell'inghilterra del settecento.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 21/05/2019

monja52490
monja52490 🇮🇹

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Scarica Ruolo di Londra, Chiesa Anglicana e Parlamento nella Formazione della Nazione Britannica e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Nel XVII secolo “britain” venne costruita attraverso l’unione di diverse realtà politiche e religiose che avevano passati differenti. Tuttavia, se comparata agli altri stati europei, Britain era uno stato che si fondava su una sua propria unità e coerenza. E ciò per quattro fondamentali ragioni: -l’influenza economica e politica che la città di Londra aveva sul Galles, sulla Scozia e sull’Irlanda era un potente agente di coesione e di centralizzazione; -la classe di governo britannica stava sviluppando una comune cultura politica su comuni modelli di comportamento sociale; la diffusione della parola stampata contribuì in maniera determinante a costruire una comune piattaforma culturale che riconosceva un sistema politico-costituzionale; -l’esistenza del common law favoriva un significativo livello di uniformità su molte delle dimensioni della vita degli inglesi; -un quarto elemento era dato dal comune riconoscimento del fatto che queste diverse nazioni, sebbene differenti, appartenessero comunque a una comune realtà. All’interno di questa compagine fatta di una pluralità di realtà tenute insieme da una serie di collanti, la Chiesa anglicana era l’istituzione più forte. Aveva vescovi e arcivescovi seduti nella camera dei Lords, aveva parrocchie che plasmavano la vita sociale pervadendo la vita degli inglesi, aveva un proprio sistema di corti ecclesiastiche, aveva i suoi corpi rappresentativi. La maggior parte dei contemporanei credeva che la società inglese fosse una società di ordini basata su rigide gerarchie sociali. I vari gradi sui quali era costruita erano il prodotto della storia, di convenzioni e di costumi. In un sistema simile, le virtù dell’obbedienza e del conformarsi a certi dettami erano ampiamente accettate. L’ineguaglianza era costruita sul sistema sociale. Era naturale, inevitabile e, in fin dei conti, desiderabile e desiderata. L’unica alternativa pensabile – che bisognava evitare – era l’anarchia. Non era dunque concepibile un altro sistema che fosse fondato su altri valori diversi da quelli su cui si fondava la società inglese. Non si trattava di un sistema sociale teoricamente costruito ed immaginato: tutt’altro. Si trattava piuttosto di un sistema che veniva rappresentato e proiettato nella vita sociale, che si rifletteva in vari ambiti della vita degli inglesi. In Una società sostanzialmente rurale, qual era l’Inghilterra del Settecento, la proprietà terriera era una delle principali fonti del potere politico e dell’autorità. O meglio, era la principale. I più grandi proprietari, e quindi i più importanti esponenti dell’aristocrazia, detenevano i più importanti uffici nella chiesa, in parlamento, nel governo, nel mondo del diritto, nell’esercito. Così come il padre era il capo della famiglia, il re era il padre degli inglesi. L’idea che i re ricevessero il loro potere, la loro autorità, da Dio non implicava necessariamente che i re potessero muoversi oltre la legge e sopra la legge, e nemmeno negava che il re dovesse obbedire alla legge. Tuttavia, era abbastanza consolidata l’idea secondo cui disobbedire al Re era come disobbedire a Dio. Alla fine del XVII secolo, il governo in Britain era ancora un governo del Re. I contemporanei facevano ancora notevole fatica a pensare e immaginare lo stato indipendentemente dalla persona del monarca. Fra le responsabilità del monarca vi era quella di riunire il Parlamento, di prorogarlo e di scioglierlo, di controllare le forze armate e di disporre le nomine sia nell’ambito della Chiesa sia in quello dello stato. E’ difficile esagerare l’egemonia culturale della monarchia e della corte, e questo non solo durante gli anni precenti la rivoluzione, ma anche dopo. La rivoluzione gloriosa. 1685: Giacomo II succede a suo fratello Carlo II. Anche dopo la sua conversione al cattolicesimo egli non smise di tutelare la posizione della chiesa anglicana: e questo gli permise di governare e di continuare a riscuotere consenso. Alle prime elezioni ci fu una vittoria della componente tory, e questo indirettamente non fu altro che una prova del consenso del paese nei confronti del re Giacomo II. I tories erano il partito di corte, il partito del Re. Subito egli aveva fatto intuire di voler portare avanti una politica di tolleranza nei confronti dei cattolici. Ma ebbe subito modo di accorgersi della riluttanza del Parlamento, che infatti approvò il Test Act: così i cattolici vennero esclusi dalla vita pubblica. Aprile 1687: il re chiese e impose la Dichiarazione d’indulgenza, sospendendo il Test Act e garantendo la libertà di culto ai cattolici. Questo può essere letto in due modi: tradizionalmente come un atto assolutistico, di dispotismo, di violazione delle libertà inglesi: un atto che calpestava i principi costituzionali; da un altro lato, però, si può leggere come la minaccia di infrangere il regime anglicano; in altri termini, come il tentativo di instaurare uno stato pluralista. In fondo egli non è che aveva imposto una religione di stato, semmai l’aveva soppressa: aveva soppresso lo stato confessionale anglicano. Stava smantellando i privilegi della chiesa anglicana, da un lato, e, dall’altro stava tutelando le due minoranze: i cattolici e i puritani calvinisti, i papisti e i dissenters. Naturalmente i tories e gli anglicani – in breve l’establishment – era inorridito di fronte a quel comportamento. Ora, sebbene il Re avesse fatto una simile scelta, che indubbiamente aveva provocato perplessità profonde nelle sfere aristocratico-anglicane, non c’era niente che lasciasse presagire una rivoluzione, un’azione contro di lui. Lo scenario cambia profondamente e abbastanza repentinamente con la nascita del
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