Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

appunti completi 23/24, Appunti di Storia del Teatro e dello Spettacolo

appunti lezioni prof.ssa Scarpellini

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 06/06/2024

Bettyqueen
Bettyqueen 🇮🇹

12 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica appunti completi 23/24 e più Appunti in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! Storia sociale dello spettacolo Lezione 19 febbraio Esame 9 cfu: a fine corso esame a crocette + due domande aperte sulle lezioni + 2 libri Quando parliamo di “società dello spettacolo” ha senso parlare di “società spettacolo” in termini omogenei? Non sarebbe meglio considerare le diversità notevoli che troviamo in vari ambiti del mondo? Nel rispondere a questa domanda, noi prenderemo in considerazione il punto di vista dei produttori di spettacolo. Un produttore deve pensare in prima battuta al suo pubblico. Tutto ciò che è spettacolo ha qualcosa che ha valore in sé ma che deve anche vendere. Una prima risposta potrebbe essere Il grafico che ci ripropone la geografia del mondo. Esso è totalmente sfalsato in riferimento ai livelli di popolazione. La Cina e l’India hanno un peso enorme, l’Europa si difende egregiamente, gli Stati Uniti un po’ meno e anche l’Africa del Nord. Se voglio vendere un ultima versione del film di Rambo, ad esempio, lo posso vendere in vari paesi come quelli asiatici. Questo primo grafico si contrappone a quello che fa riferimento al reddito disponibile. Il problema relativo al reddito disponibile è quello che se io decido di produrre il mio film blockbuster, al cinema, In Italia, ad esempio il costo col tempo è notevolmente salito. Un domani è vero che questo film potrebbe finire all’interno di piattaforme quali Netflix (ma anche essa come altre ha un costo). In tutto ciò devo quindi considerare chi effettivamente può comprare il prodotto. Cina e India diventano a questo punto meno importanti di prima, il Giappone risulta essere più importante ad esempio (il Giappone ha un altissimo livello pro capite). L’Europa anche in questo caso si difende bene e gli Stati Uniti hanno grande importanza. L’America del Sud è messa malino ma mai quanto L’Africa che è messa veramente male e scompare dal grafico. La spinta economica, più ancora di quella culturale, spinge a una certa uniformità dei prodotti. Il prodotto occidentale all’interno del mercato mondiale offre le migliori garanzie di successo. Bollywood, ad esempio, si rivolge a un mercato interno (discorso simile per prodotti cinesi che stanno emergendo). Proprio per questo un produttore produce un qualcosa che tende ad essere omogeneo e che tende a rispecchiare la tradizione culturale occidentale, essendo quest’ultima la più ricca. Ne “Lo scontro delle civiltà” secondo Huntington (politologo) dopo il 1990, il problema sarebbe stato quella della creazione di aree di diversa civilizzazione che tendevano a costituire un gruppo importante ma che allo stesso tempo tendevano ad entrare in conflitto tra loro. L’area più scura fa riferimento all’Europa e il nord America (la civiltà occidentale), l’area con le righette orizzontali fa riferimento all’area latino-americana e poi troviamo quella africana (la parte sud viene considerata più tradizionalmente animista, mentre la parte nord-africana che va verso l’Arabia è la parte islamica). L’autore vede la Sinica (parte cinese), quella indù, quella ortodossa (parte grigia che comprende la Russia e i paesi dell’est), la buddista (parte della Cina e Sud Est Asiatico) e infine abbiamo quella giapponese. Nel suo libro l’autore sottolinea come queste aree si siano stabilizzate ma i punti di contatto sono come dei punti di faglia in cui vi è un rischio molto forte di conflitti locali. L’autore pensava a una guerra di sottofondo presso il confine delle varie aree di contatto. Cosa possiamo dire su queste teorie? Esse sono un po’ riduttive. Dopo il 1990 con la globalizzazione vi è stato un grande interscambio di persone. Pensiamo alle grandi migrazioni di culture e contatti e quindi non possiamo più dire che esistano questi blocchi omogenei. In Italia che era più indietro rispetto alla Francia o l’Inghilterra, oggi ospita tantissime persone immigrate e perciò si può trovare un forte travaso di cultura africana, asiatica, ecc. Questa idea di blocchi intraposti non corrisponde alla realtà. VI è una tradizione delle cultura occidentale che ha assorbito tanto dalle altre culture; quindi, è tutto fuorché una propria cultura. Se si vuole produrre un blockbuster bisogna prendere in considerazione le varie culture (varie sensibilità). Immagine Come tutti i negozi, esso ha una divisione spaziale precisa. Il cliente non può servirsi da solo e deve risvolgersi ai commessi. Abbiamo una figura di mediazione nella figura dell’acquisto. Questa per secoli è stata l’idea del consumo. Essi erano dei posti di socializzazione. Per noi diventa interessante questo discorso, in quanto con l’espansione urbana, questo tipo di spazio legato ai consumi diventa un po’ stretto e iniziano a prevalere l’idea di spazi urbani legati ai consumi e non solo. Immagine 2 Le vetrine piccole venivano riempite di tanti oggetti (questo stile ancora oggi rimane) Immagine 3 È del 1786 la creazione di questi luoghi di passaggio. A Parigi si pensano degli spazi coperti che mettono in comunicazione vie diverse. Si da vita a un luogo che è a metà strada tra spazio pubblico e privato. La copertura è fatta di vetro e ferro. Si pensa di creare una specie di salotti con questi luoghi e quindi si crea una pavimentazione come la vediamo (presenza di mosaici). Gli spazi erano illuminati tramite lampioni a gas. La bellissima e moderna Parigi, quindi, era una città buia e pericolosa di notte, con strade non asfaltate (strade sterrate). I Passage descrivono alcuni elementi di questa nuova città. Immagine 4 La gente si fermava a guardare questi passage che erano illuminati dal tramonto fino alla notte (sembrava per loro uno spettacolo). Ritorno immagine 3 I Passage erano anche riscaldati. Ebbero quindi grande successo e portavano una somiglianza con i salotti pubblici. dei capi e delle divise). Il discorso sulle donne vale ancora di più per i grandi magazzini. Il romanzo “Il paradiso delle signore” di Zola ci fa capire l’importanza dei grandi magazzini. Immagine 11 Il nuovo edificio presenta balconate e lo scalone d’onore. Persino nei magazzini di oggi l’elemento della scala è importante in quanto posto al centro. Questa va a fare riferimento a un’identità culturale (visiva) del grande magazzino. Scalone d’onore che si mantiene nel tempo (scale mobili di oggi poste al posto d’onore). Lo spettacolo risulta essere molto importante anche in questo caso. Lo specchio da poi un effetto bellissimo. Immagine 12 Nel volantino pubblicitario troviamo una donna legata alla socialità femminile, un grande edificio rappresentato dai fratelli Bocconi, carrozze che rappresentano la consegna effettuata in pochi giorni (effettuato internamente da loro) e la presenza di filiali (ordinazioni spedite prontamente) Notiamo quindi la strategia pubblicitaria. Si utilizzava la tecnica delle vendite per catalogo (si prendeva in loco o si riceveva il tutto per posta). Lezione 23 febbraio I Grandi Magazzini diventano ‘Popolari’: nel tempo ci sarà un’evoluzione democratica dei Grandi Magazzini (che prima avevano un target di riferimento prettamente benestante e nascevano con ideali di lusso), dal 1900 in Europa e già dalla fine del 1800 negli Stati Uniti, nascono i primi magazzini popolari che erano meno lussuosi, vendevano articoli meno costosi e che ambivano a una fascia di pubblico differenti. Woodworth (1869-1962, esponente del funzionalismo statunitense) ha l’idea di inventare un grande magazzino popolare in cui tutto veniva venduto a un prezzo basso o a prezzo unico (circa 5 o 10 centesimi) proprio per questo motivo verranno chiamati Magazzini a un Prezzo Unico (l’idea di base era che ci fosse un unico prezzo e gran parte della merce veniva venduta circa a 5 centesimi). Nascono così delle forme di magazzini aperti ad una popolazione più ampia -> in Italia abbiamo due proposte di questo tipo di magazzini nati entrambi nel periodo delle due grandi guerre, le due grandi catene sono: 1. UPIM: catena di Verona il cui acronimo significa unico prezzo italiano Milano; 2. Rinascente: nata nel 1917 nel periodo di guerra, si rivolgono a Gabriele d’Annunzio per coniare il nome di questo grande magazzino popolare milanese, lui riflette e pensa al Magazzini Alle Città d’Italia che in quel periodo era stato distrutto dal fuoco ed era proprio sulla base di quella struttura che avrebbero creato il nuovo magazzino così conierà l’idea di un nuovo magazzino che rinasce dalle sue stesse ceneri e lo chiamerà Rinascente. Successivamente nascerà anche la Standa, acronimo di società tutti articoli nazionali di arredamento. In questo periodo utilizzavano molto gli acronimi perché era il periodo delle leggi fasciste ed erano obbligati ad utilizzare termini prettamente italiani. In tutto questo periodo di cambiamento, cambia anche la figura del commesso: prima stava dietro al bancone e mediava le operazioni di vendita ma, con la nascita dei magazzini, inizia ad avere un ruolo nuovo come consigliere ed aiuto (i commessi in questo periodo hanno l’indicazione di non essere troppo invasivi nei confronti del cliente. Le assunzioni dei commessi dei grandi magazzini erano molto severe, caratteristiche richieste: meglio se il commesso aveva già avuto esperienza; un bell’aspetto; fino alla prima guerra mondiale erano prettamente uomini; richieste le buone maniere, il commesso doveva parlare bene ed essere molto educato; età giovane, al massimo fino a 30 anni perché poi erano considerati troppo vecchi per lavorare lì, per le donne l’età poteva essere ancora più bassa perché poteva coincidere con l’età del matrimonio, se le donne si sposavano si interrompeva il rapporto lavorativo per la paura che potessero rimanere incinte; veniva preferito chi era senza barba o possedeva una barba curata (come per esempio il pizzetto o i baffi). I commessi facevano un lavoro molto precario, il turnover lavorativo era alto ad eccezione di chi faceva carriera e passava ad altri mestieri legati all’organizzazione come, ad esempio, il capo reparto (in questo caso potevano superare i 30 anni di età). Il salario era buono per gli standard del tempo ma il rapporto di lavoro era molto difficile, in caso di ritardo o di errori il commesso doveva pagare una multa in denaro e il capo poteva interrompere il rapporto lavorativo in ogni momento. Nonostante queste condizioni le persone ambivano a lavorare nei grandi magazzini perché era visto come un posto di lavoro di prestigio, nasce così una nuova figura socialmente rilevante al punto che viene citata anche nei libri e negli articoli del tempo (ad ex. Al paradiso delle signore di Zola). I commessi dei grandi magazzini vivevano con dei benefit: erano persone di buone maniere, avevano dei bei vestiti pagati dai magazzini, andavano regolarmente dal parrucchiere e dai truccatori sempre a capo della rinascente. Diventare un commesso dei grandi magazzini era un modo per scalare la società e migliorare il proprio ceto sociale in forma autonoma (ad esempio senza svolgere un matrimonio). La figura della donna: le donne iniziano a far carriera dopo la Seconda guerra mondiale anche se già da fine 1800 iniziano ad entrare nel mondo lavorativo nei reparti di merce femminile perché avevano maggior competenza in materia e le signore stesse dicevano che preferivano comunicare con una commessa donna. A parità di ore di lavoro guadagnavano 2/3 dello stipendio di un uomo, da fine 1800/ inizio 1900 i giornali iniziano a parlare di scandalo nei confronti di queste donne commesse descrivendole come ragazze da non giudicare bene in quanto parlavano con estranei e davano un tipo di confidenza che per una brava signorina non è il caso di dare, si abituavano ad una bella vita fatta di sfarzo e a fare quello che volevano dimenticandosi come potevano essere delle brave spose. Il problema della moralità portò i giornali a richiedere di smettere di assumere le donne nei grandi magazzini ma queste ipotesi verranno smentiti coi fatti, ancora oggi la donna è ben vista in settori commerciali e di vendita. I rapporti tra i due sessi nel ‘900 non erano facili, i ragazzi tendevano a rimanere nella famiglia e nelle istituzioni chiuse, gli uomini che avevano più libertà facevano fatica a incontrare le donne perché solitamente non andavano in giro liberamente. Grazie alla rivoluzione dei passage e dei grandi magazzini si è affermato culturalmente il connubio tra merce e spettacolo, le persone non comprano più la merce solo per bisogno ma perché si collega ad un’esperienza di spettacolo. I magazzini, i passage e, successivamente, anche le esibizioni universali, si rifanno ai modelli culturali del teatro per creare momenti esperienziali rivolti ai clienti. Crystal Palace: il palazzo di cristallo, aperto a Londra nel 1855 quindi in piena rivoluzione industriale quando nasce la voglia di esporre le novità più importanti e le creazioni del secolo per mostrare la potenza e la modernità di un impero. Questo palazzo era destinato ad esposizioni spettacolari che evidenziassero la potenza e la modernità dell’impero inglese, era un luogo simbolico costruito con ferro e vetro (materiali tipici dei passage) ed esempio standard della spettacolarizzazione e della grandezza di questo periodo. All’interno vi erano alberi veri, fu creata una fontana al centro dell’edificio e costruite delle statue che celebravano la grandezza dell’impero. Notiamo che è creato su un sistema di piani che ricordano le balconate dei grandi magazzini e, anche qui, la comodità entra in secondo piano per lasciar spazio allo stupore (piuttosto compromettevano metri quadrati di struttura e spazio ma dovevano abbracciare l’elemento spettacolare). Si sviluppa il turismo di massa verso Londra per andare a vedere le nuove macchine e le esposizioni moderne. aziende che si specializzano nel creare pezzi di ricambio. Prima ciò non si poteva attuare in quanti i pezzi erano diversi per ogni fucile. Così, quindi, si decise di uniformare la produzione. Questa produzione non apprezzata all’inizio fu apprezzata per la sua funzionalità. Quest’idea comportò un forte risparmio di soldi e di tempo. Quindi la produzione di serie cominciò a riflettere degli standard elevati. Questo discorso incominciò a prendere piede e portò le aziende a produrre in grade quantità ma con un costo minore. Unico vero problema è che vi sono tanti pezzi tutti uguali. Il segreto è che sfruttando questa idea dell’emozionalità del pezzo si carica di significato emozionale ogni oggetto. Gli oggetti posti in un determinato spazio si caricano di valore e in più la pubblicità mi dice che compro un concetto (es. eleganza con la macchina). La marca (to brand si riferisce all’atto di marchiare degli animali) nasce come nuovo proprietari, indica di chi è, chi lo ha fatto. Se riesco a collegare al mio brand qualche significato come quello di valore, desiderio, significato, allora potrò anche comprarmi la mia caraffa di vetro uguale. Noi ad oggi viviamo nel mondo delle marche (siamo sommersi dalle marche). La marca fa parte del nostro quotidiano. Essa veicola funzioni informative e anche simboliche. La pubblicità aiuta a dare il valore alla marca. Una volta acquisito esso non abbiamo la voglia di acquisire un prodotto diverso a parte in situazioni di shock che ci fanno cambiare idea. Lezione 1° marzo Questo discorso si può applicare sul più grande settore commerciale in assoluto? Ovvero i supermercati I supermercati sono per noi banali e sono divenuti un punto comune in qualunque città. Tutte quelle cose che noi diamo per scontate le classifichiamo come banali e scontate. Quello che abbiamo cercato divedere e che certi significati profondi passano per questo libello. Faccio benissimo a documentarmi sun. Un qualcosa (es. un Van Gogh in un museo) ma i paesaggi urbani mi condizionano e mi trasmettono certi messaggi in una maniera così sottile che sembrano che non trasmettano nulla. Tutto ciò fa parte di una costruzione culturale che non esisteva e che è un aspetto importante dell’età moderna. Tanto più sono complicati quanto impercettibili. Il nostro sforzo è quello dia vere uno sguardo critico su queste realtà ella comunità. Tutto ciò non deve portare a fare di tutta un erba un fascio, l’importante è che mi spinga in una posizione critica. Critica nel senso che so cosa mi propone, capisco il messaggio dietro, faccio una valutazione, accetto ciò che devo accettare. La cosa importante è essere consapevoli e intraprendere una scelta chiara. I supermercati sono luoghi di una costruzione culturale estremamente importante. Esso ambisce a riporre il modello di spettacolarizzazione che presenta la storia dietro dei passage e die grandi magazzini. È la trasposizione sul livello del cibo. Intanto una cosa è vendere biancheria e posate e un’altra vendere merce alimentare. Molta merce è deperibile o altamente deperibile. Il supermercato an che sulle cose un po’ più durature ha delle scadenze Il supermercato porta a una gestione più difficile. Vi sono problemi quotidiani dia approvvigionamento e di scarto delle merci. Un esempio è controllare e scartare i prodotti ma questa non è neanche la cosa più grave. Per operare la spettacolarizzazione della merce e l’attrazione del cliente senza l’acquisito i magazzini avevano introdotto il prezzo fisso. Per l’alimentare era più difficile, in quanto una sua caratteristica è quella della vendita a peso. Perciò si trasferiamo in America. Un negozio del 1916 si dice che fu il primo ad attuare questa trasformazione nella zona di Long Island. Micheal Cull fu il primo ad attuare questa trasformazione. Egli immaginò pensando ai grandi magazzini, uno spazio grande e come nel grand magazzino un io spazio in cui non ci fosse la normale suddivisione fra spazio del cliente e spazio del venditore. Spazio bello grande, illuminato (non vi è un prezzo relativamente contenuto) e poco lussuoso (mancanza si specchi e cornici d’oro). Comincia esteticamente un gusto più minimalista in questo periodo, linee soffici e semplici (il lusso viene considerato barocco). Il supermercato viene. Pensato come un luogo ben organizzato dal punto di vista della sua organizzazione e perciò vengono inventate delle isole dedicate a prodotti diversi. Queste isole presentavamo uno scaffale continuo . Esso fu studiato in quanto noi siamo abituati ad andare in mezzo allo spazio in quanto andiamo ad esplorare esso utilizzando i nostri sensi. Quando entriamo in un negozio tendenzialmente si vieni indirizzati versi la sinistra. I negozi di oggi sono studiati in un modo tale da seguire un percorso ben preciso(es. dove vi è più luce, oltrepassare un ostacolo, ecc.). Perciò questi luoghi sono studiati assicurando la presenza di indicatori che indicano nel vero senso della parola la via. Il supermercato effettua uno studio razionale apportando la novità dello scaffale continuo. Esso crea un percorso obbligato e razionalizza lo spazio (uso dello spazio per posizionare la merce al meglio). Per noi esiste anche l’alto e il basso. La disposizione della merce fa si che la merce che ci interessa sia reperibile il più tardi possibile (dobbiamo essere distratti da alto). Noi siamo abituati a notare le cose all’altezza dei nostri occhi. Se devo vendere le cose le vendo a media altezza e ad esempio dopo che vengono posizionati in basso e in alto possiamo trovare prodotti come la carte genica. Sinistra, destra, alto e basso sono caratteristiche molto importanti. I supermercati utilizzano la luce dei neon per avere un’illuminazione omogenea. Un’illuminazione razionale e non di classe. La maggior parte dei supermercati sono bianchi e ciò rappresenta la pulizia e la spettacolarizzazione come vedremo. Nei grandi magazzini il pagamento è meno importante ed è difficile che il cliente vada con grande continuità, si va alla cassa e si paga, Il supermercato è pensato per spese più importanti e la cassa rappresenta un problema. che richiede una risoluzione più efficace. Vengono quindi apportate del case automatiche in cui la commessa riusciva a fare un conto. Come fare per raccogliere tutta questa merce? Si utilizzano quindi dei cestini a ,a no ma cis i rese conto che risultavano scomodi per una spesa di grande quantità e quindi venne introdotto un cestino su ruota per render la spesa più agevole. L’approvvigionamento, quindi, avviene con un sistema self-service, uno si serve da solo. Qui vien applicato in maniera più seriale e importante rispetto al grande magazzino. L’immagine ci mostra come il supermercato attira il cliente col prezzo basso. L’economia di scale rappresenta che sui grandi numeri io faccio un forte turnover. Guadagno sulla quantità del venduto e no. Sul singolo pezzo. Più velocemente faccio girare il magazzino e più guadagno. Il magazzino è prezioso e piuttosto di liberare si svende il tutto per avere prodotti che si vendono. Al consumatore va benissimo in quanto trova merce a un prezzo più basso. Come nei grandi magazzini troviamo una assortimento e grandi merce tutte assieme e ciò rappresenta un vantaggio. Qualcuno ha detto che il supermercato rappresenta uno dei migliori esempi del sistema capitalistico in quanto applica tuti questi sistema di marketing molto moderno. Questo tipo di luogo ottiene molto successo e nel 36’ vi sono già 3000 esemplari aperti (nel 38’ 5000). Nei momenti di crisi ottengono molto successo (i rapporti privilegiati coi produttori garantiscono l’ottenimento di grandi prodotti). Il sistema si afferma e a poco a poco il modello si trasferì in Europa. Qui esistevano già dei negozi alimentari ben organizzati e grandi (es. a Sainsbury vien creata una delle più grandi catene di alimentari prendendo ad esempio il modello americano). In Italia il tutto è complicato. L’Italia venendo dal fascismo presentava una rete di piccoli negozi che coprivano tutta la penisola e non aveva esempi di supermercati . Sono gli stessi americani che decidono di aprire una società di supermercati in Italia: “Supermarket Italiani”. Siamo nel 1957 e si incomincia a fare pubblicità tramite varie immagini. La società di Rockefeller come nell’esempio presentava un carrello riempito con ogni ben di Dio e con tutti i cartellini che facevano vedere con chiarezza ogni singolo prezzo. Si vede anche come l ragazza prende da sola la merce. Ci troviamo a Milano e notiamo la foto della presentazione. Il bancone è simile a quello dei nostri giorni. Notiamo quasi la meraviglia delle persone. Quando si aprì il primo supermercato si scatenò tanto stupore (tanto da dover chiamar la polizia). Vennero creati dei carrelli da una società italiana ma vennero reintrodotti il cestino (evitare l’imbarazzo), Alla clientela media americana e nordeuropea veniva venduta la roba confezionata ma il pubblico italiano era abituato a mangiare roba fresca e quindi pretendevano roba fresca. Quindi il modello americano al 100% non poteva andare bene. Si misero in piedi quindi reparti dove si vendeva il fresco. Vennero interrotti settori in cui si vendevano a sfusa frutta e verdura. Anche per il caffè vennero introdotti spazi che macinavo al momento il prodotto. Vi fu un adattamento qualitativo che ad esempio non avverrà in Inghilterra e in Germania. Si notava fino a qualche anno fa una differenza in tutto ciò. In un certo senso si pone l’accento sulla spettacolarizzazione della merce. Il focus è sulla merce in vendita. Si arriva a un raffinamento del messaggio della società dello spettacolo. Il primo quindi in Italia lo vediamo nel 57’ e le cosa che abbiamo notato quindi è la richiesta del fresco. Ad esempio la carne veniva inserita all’interno di un bacone refrigerato (dopo aver tagliato pezzo per pezzo) e la gente non vedeva di buon occhio ciò. Vi era un contatto con la merce come non vi era mai stato. Si poteva vedere l’etichetta, che pezzo fosse, il prezzo, ecc. Gli americani creavano delle confezioni singole con un pezzo di carne e ci si accorse per quella clientela che comprava poco . La scoperta del cibo fresco già tagliato e confezionato fu notevole. Accanto alla carne si potevano trovare altre cose già pulite e quindi il lavoro che si faceva a casa veniva meno. Essa non fu l’unica scelta che la clientela fece. Intanto vi era un’attenzione sull’igiene molto forte. Se vendo sfuso vi è il rischi che la merce rimanga e quindi bisogna fare che il tutto fosse igienico (es. con la carne). La pasta non era venduta nella scatole inizialmente ma essa veniva venduta sfusa su carta. Questo acquisto preconfezionato rappresenta una piccola rivoluzione. Nei supermercati abbiamo visto e sappiamo che ancora come vi sia un grande assortimento e le persone trovarono delle cose strane. Prodotti esotici e il discorso dell’esotismo rappresenta un motivo di grande spettacolarizzazione. AI supermercati propongono delle merci che arrivano da lontano. In questi primi supermercati si trovava dell’ananas in scatola, ad esempio, e ciò rappresentava una novità. Si incominciarono a proporre prodotti di questo tipo rendersi cinto di stare così tanto tempo. L’orologio viene visto come un qualcosa che distrae il cliente, gli mette fretta e gli impedisce di effettuare l’acquisto. Il risultato è che l’idea del supermercato diventa un importante idea a livello culturale. I luoghi del consumo sono il prodotto che spingono verso… L’idea di supermercato in cui torvo merce di diversi tipi e in cui ho libera scelta, rappresenta un luogo molto importante della cultura in generale. - Aspetti positivi: è l’ampia possibilità di scelta, consumo democratico. - Aspetti negativi: spazi freddi e idea di omologazione (prodotti in fila in maniera uguale) Gli artisti colgono questo aspetto. Andy Warhol capisce che il cibo e i prodotti di massa sono aspetti importanti della cultura svolge un’operazione di grande successo con la riproduzione di questi oggetti. Abbiamo l’esempio delle zuppe Campbell tutte uguali che presentavano come differenza la scritta diversa (abbiamo la variazione dei colori ma le scritte sono riportate come nelle confezioni originali). Stessa cosa fu effettuato con le scatole i detersivo. Wharol ebbe l’idea di un esposizione nel 56’ in una delle gallerie più importanti di New York. L’American Supermarket rappresentò una delle esposizioni più importanti. Si rappresentava lo spazio di vendita di un supermercato e venivano vendute le scatole vuote con la firma di Wharol. Ai visitatori veniva offerto un carrello e se interessati essi potevano inserire l’articolo (si supera l’idea del non toccare “l’opera” esposta). Alla fine i visitatori pagavano il tutto in casse con uno scontrino di ringraziamento e auspicio di una nuova visita. Andy Wharol però non è l’unico. Keit Harring crea infatti degli spazi, i Pop Shop. Egli dichiara tutto l’ambiente e vende i suoi prodotti quali magliette di vari tipi. Utilizza le tecniche commerciali della Pop Art. La merce diventa un qualcosa di irrinunciabile (l’arte contemporanea. Aveva dalla sua file di potenziali clienti). Roy Lichtenstein si rifà invece al linguaggio dei fiumetti e anche lui fa un qualcosa di molto simile. Egli stampa magliette, borse con immagini famose a lui collegate. Svengono scelte cose collegate alla quotidianità. 99 cent, immagine di Gursky, è stata venduta all’asta in una galleria per una cifra di 3 milioni e 300 mila dollari. IL CIBO Il quadro dei consumi alimentari della storia d’Italia Il primo consumo di base per gli esseri umani e quindi assume un ruolo di grande importanza per noi esseri umani. Vi sono programmi, blog, canali e YouTube di cucina molto famosi e seguiti che distanziano i secondi di moda e bellezza. Intere riviste parlano di cibo e quello che notiamo è che i giornali quotidiani oltre ad argomenti di politica, sport, ecc., presentano alcuni elementi importanti come io cibo. Esso ormai ha un posto abbastanza fisso nei principali giornali. Il cibo ha un ruolo molto importante in aree specializzate, come quelle turistiche (presenza di bar e ristoranti). Roma e Venezia presentavano luoghi di ristorazione e bar vicino ai monumenti più importanti. A Milano l’elemento del cibo come intrattenimento è molto importante. Il cibo, quindi, oggi è divenuto un elemento di spettacolarizzazione. L’Italia presenta una tradizione alimentare e una dieta come quella mediterranea. Sviluppo cibi In Italia Notiamo le quantità di consumo di cibi. Al primo posto abbiamo il frumento. Fin dal 1861 consumava 127 kg erotti di frumento. Scorrendo velocemente il tutto notiamo alti e bassi arrivando a 148 ne periodo 2001-09. Pane e pasta quindi li troviamo. Abbiamo poi il grano turco e mais e notiamo un calo negli anni 50/60 (crollo dopo la seconda guerra mondiale. Discorso molto simile per il risone. marine e di alcune zone di acqua dolce. In Sardegna, ad esempio, sa che si mangia il pesce sulla costa ma all’interno assolutamente no. Questo vale anche per altre regioni come in Calabria ad esempio. La cucina prende cose di terra e facendo un confronto con la carne si evince come in Italia si consumi poco pesce, che esso sia fresco o conservato. Vediamo come il pesce conservato rappresenti una buona percentuale, ovvero quasi la metà. Bisogna arrivare a tempi molto recenti (anni 80’) per vedere un salto nel consumo del pesce. LE UOVA E IL LATTE Nel tempo si è raddoppiato il consumo di uova e di latticini. Quindi anche il latte propone un consumo molto limitato per via del costo. IL FORMAGGIO Esso rappresenta un qualcosa di ancora più drastico, salvo negli ultimi tempi. Una volta si mangiava poco e di alcuni tipi. La parte cremosa costa molto (es. burro) Si evince quindi come stia o mangiando bene adesso. OLIO E GRASSI Tradizioni sì ma fino a un cerro punto (raddoppia col tempo). L’olio di oliva era costoso e non era diffuso dappertutto. La tradizione dell’usarlo per fare da mangiare non era diffuso in tutte le regioni (es. a Milano si usava il burro). L’olio di semi è un prodotto che è stato rielaborato più avanti. Esistevano un sacco di olio di semi non erano tanto buoni da mangiare, in quanto troppo grassi. Grazie alle tecnologie si è migliorata la produzione e raffinando essi li hanno resi più consumabili. Nella nostra tradizione viene usato per la frittura esempio. BURRO Nel tempo sale il suo consumo. LARDO E STRUTTO Una volta venivano usati come sostituto del burro o dell’olio per friggere. Rappresenta lo scarto del maiale utilizzato per l’appunto per questa determinata funzione. Per questo viene utilizzato ancora in certe preparazioni ma la verità è che viene utilizzato in termini industriali (es. patatine). ZUCCHERRO E CAFFÈ Gli italiani per quasi un secolo sono stati un popolo che non mangiava cose dolci. Consumavano dai 2 ai 5 kg di zucchero in un anno. Esso veniva consumato in particolar modo durante le feste. Solo recentemente abbiamo l’incremento del suo utilizzo e con esso l’avanzare di problemi legati. L’industria sa che noi lo apprezziamo e lo inserisce in cose che non ci aspettiamo come ad esempio nei bastoncini di pesce impanati. Nell’impanatura vi sono grassi, sale e zucchero. Viene messo in quanto il nostro palato gradisce questo gusto dolce. Il pubblico giovanile apprezza il dolce e questo si sa. Il caffè rappresenta qualcosa di tipico ma una volta gli italiani non erano un popolo che beveva caffè. 0,4/0,5 kg fini agli anni 60’ (concentrazione in aree come Napoli ad esempio). Ora ne beviamo addirittura 5/6 kg. LA CICORIA Un erba amara che sostituiva il caffè. Essa veniva fatta tostare nella stessa maniera del caffè e servita allo stesso modo (ovviamente amarissima). Col caffè il suo consumo è sparito. VINO E BIRRA Il vino è un alimento importante e tipico per l’Italia che viene bevuto in quantità notevole da sempre. Il prezzo tendenzialmente sale per poi scendere e si nota come la birra non. sia mai stata una bevanda bevuta tipicamente anche se in concomitanza con la discesa del vino abbiamo una sua salita. Ormai siamo vicini al pareggio. Le regioni mediterranee hanno dalla loro una tradizione del vino rispetto alle regioni del nord dove vi era una tradizione della birra locale in quanto anche meno costosa e pregiata del vino. Col tempo si diffuse l’idea che si sarebbe diffuso il vino. Per certi versi è così in quanto il consumo di vino è aumentato. In Inghilterra, ad esempio, è offerto anche come aperitivo e digestivo. D’altra parte però vi era anche il consumo di birra. Essa è entrata come fonte di socializzazione esterna. ALCOL PURO Questo ci racconta come si facessero tanti liquori fatti in casa. Una volta vi era un grosso smercio di alcol puro. CALORIE GIORNALIERE Ma quanto si mangiava? Da fine 800’ si è cominciato a registrare e quantificare i valori nutritivi del pranzo. In piena rivoluzione industriale i primi medici e dietisti utilizzarono lo stesso parametro utilizzato per misurare l’andamento di una macchina. Per vedere che una caldaia funzionasse al meglio si utilizzavano le calorie e quindi vi fu questa idea di paragonare il corpo umano a una macchina. Il corpo consuma tante calorie e quindi ha bisogno come una macchina di carburante per funzionare. Quindi si pensò di misurare quante calorie ogni etto/chilo di alimento può dare al corpo umano. Essa è una misurazione un po’ artificiosa, in quanto misura la quantità in calorie ma l’utilizziamo ancora oggi. Noi sappiamo come vi siano alimenti molto calorici e altri meni come le verdure. Mettendo insieme tutte le quantità medie che abbiamo, la tabella ci fa notare come una volta si mangiava per 2628 calorie giornaliere. Notiamo a fine secolo una crisi dell’agricoltura che ebbe sulle persone una ricaduta dal punto di visto della forza d’acquisto (prezzi più alti). Il consumo calorico si attesta a 2600/2800 calorie. Noi mangiamo il giusto per stare bene. In Italia non vi è mai stata una situazione in cui si moriva di fame veramente, però vi sono state molte epoche/situazioni in cui vi era molta penuria alimentare (si mangiava poco e male). Il punto più basso di questa tabella lo abbiamo a 2171 calorie durante la seconda guerra mondiale. La prima ha fatto scendere il tutto a 2641 (non più di tanto). Quindi la seconda guerra mondiale è stato un qualcosa di disastroso. Dopodiché vi è un continuo aumento. Da dopo il secondo conflitto ci siamo scatenati e abbiamo superato ilo livello delle 3000 calorie. Non soddisfatti continuiamo ad andare avanti e l’industria alimentare ci offre robe caloriche (in quanto saporite). Dovendo fare una prima conclusione su queste cifre ci siamo già fatti un’idea… La prima è che effettivamente la dieta è diventata ricca e variata nel senso che noi immaginiamo solo recentemente almeno dagli anni 60’). Alcuni degli alimenti che consideriamo tipici della dieta mediterranea erano presenti. Può darsi che un alimento venisse consumato più in una regione rispetto che in un'altra ma ciò risulta poco. Se dovessimo fare un discorso generale sull’Italia la decantata dieta mediterranea esce un po’ poco. Questo è un elemento interessante in quanto dovendo capire un pochini di più sul discorso del cibo, giornalisticamente si evince come si diano per scontate tante informazioni che non sono per nulla trovate. Tutti parlano di cibo e moltissimi ne parlano senza avere una vera e propria tradizione. Tutte queste cose date per scontate sono racchiuse in realtà all’interno di una storia e quindi non si può proiettare all’indietro su un’età dell’oro dei contadini di 100 anni fa che non è esistita. Essi facevano dal punto di vista della dieta e della vita in generale tutt’altro. Altra cosa è che abbiamo fatto questo discorso considerando i kg/l di cibo a testa in Italia. Però sappiamo bene che andando indietro di 100/150 anni fa le differenze sociali ed economiche erano estremamente marcate e più visibili di ora. Nell’Italia ottocentesca abbiamo la presenza di un’élite ricca e nobiliare o diciamo alto borghese che stava molto bene, una classe media (in formazione) che se la cavava e la massa delle persone (ovvero i contadini e successivamente anche gli operai) che stava male. INIZIAMO DA CHI STAVA BENE… sul come fare sedere gli ospiti (la gerarchia). Questi manuali diventano importantissimi e divengono dei vademecum della vita sociale. Il discorso del bon ton in realtà una volta era uno dei pilastri dei rapporti sociali e ora che lo sappiamo anche noi con un colpo d’occhio capiamo cosa voglia dire questa seduta. Non vi è un “siediti dove vuoi”. Lezione 11 marzo Il come stare seduti a tavola seguiva delle regole gerarchiche ben precise. Nel pranzo di Babette notiamo la presenza di un capotavola, che rappresenta la persona più importante. Si nota la stessa tovaglia bianca del vescovo. La tovaglia è un elemento importante e nei ristornati di lusso la troviamo bianca. Per noi il bianco è segno di pulizia, igiene e lo consideriamo un colore importante. Allora era un simbolo di purezza. Ancora più complicata la questione di piatti e bicchieri. Tutt’oggi se andiamo in qualche ristornate cinese e indiano, troviamo l’uso del piatto centrale. Anche nell’area mediterranea vi era questo uso. L’idea di avere un piatto riservato per ognuno e in cui arrivava la pietanza già servita è molto tarda. Viene fuori per praticità e per far arrivare la roba bella calda. Nello scenario nobile di una volta, vi erano molte pietanze e ciò rappresenta un costo e uno spreco inutile., Con le preparazioni giuste si risparmia sul lavoro e la quantità fatta. Il servizio alla russa che fece arricciare il naso nelle corti nobiliari, a poco a poco diventa fondamentale. Complice anche la diffusione di nuovi posti della ristorazione. Posti in cui si poteva mangiare come in una corte nobiliare (i restaurant). Le coppe rappresentavano i bicchieri ad esempio in una corte. La distinzione della coppa è estremamente simbolica. Metallo e fattura rappresentano bene questa distinzione. Nella nostra tavola di una volta troviamo ad esempio il re con la sua coppa d’oro e i nobili con la coppa d’argento. Idem per i piatti. L’aspetto di stratificazione sociale riguardava anche ciò. L’idea moderna nasce dalla rivoluzione industriale. Da qui troviamo piatti piano e piatti fondi tutti uguali. Troviamo bicchieri di vetro che risaltano il contenuto. Il vetro di fa notare il colore della bevanda. Il colore è stato premiante. L’argento, ad esempio, rappresentava con le posate, bicchieri e centrotavola qualcosa di prezioso. Non è qualcosa di casuale questo. L’argento dispende velocemente calore e quindi prende il calore del cibo che mangiamo. Mettendo in bocca una posata di metallo sentiamo il sapore anche se non ci vogliamo fare caso, mentre con l’argento ciò si nota meno. I popolani notiamo come saltano addosso al cibo. Anche loro mangiano con la mani. Ma come si è passati dalla tradizione del mangiare con le mani alle posate? Forme di cucchiaio (parola che deriva del greco conchiglia) furono ritenuti utili per mangiare liquidi caldi in antichità Il coltello idem. I coltelli però rappresentavano un pericolo per la sicurezza. Un coltello a serramanico e altre tipologie. Esso, quindi, veniva buono per difesa, offesa, ecc. In tavola serviva poi per aiutare le signore (all’epoca era appropriato che l’uomo utilizzasse il coltello). I fidanzati si regalavano il coltello fra di loro (si nascondeva quando si portava in giro). E LA FORCHETTA? Essa aveva un accezione negativa. Infatti era legata alla figura del diavolo e ai lavori legati al fuoco. Il suo uso era legato a un motivo igienico (non ci si voleva sporcare). L’idea di mangiare e bere con un corredo personale rappresenta un eccezione per persone molto vicine a noi. Norbhert Elias comincia a notare che dal Rinascimento. Oltre vi erano delle leggi molto precise legate quanto abbiamo detto. Il cibo voleva dire condivisione e quindi si mangiava dallo stesso piatto e si beveva dalla stressa coppa. L’atto di festeggiare insieme e brindare vanno a collegarsi all’unione dei calici in unica coppa. Elias nota che il cambiamento è avvenuto in concomitanza con altri cambiamenti legati alla corporeità. Defecare vicini ad un’altra persona allora non era un qualcosa di “scabroso” come lo è ora. Anche la sfera sessuale si prende in considerazione (si dormiva nudi) Il naso si soffiava con le dite e il muco si buttava per terra. Lo sputo va anche preso in considerazione. Il mangiare con le mani non è una cosa che serve. Grossomodo con un cucchiaio, coltello e mani per il solo pane si riesce a fare senza. Una principessa veneziana che si reca a Bisanzio tira fuori uno stiletto con due punte e infilzando un qualcosa se lo porta alla bocca e lo mangia. Ovviamente lo stupore e senso di smarrimento generale è tanto. Questa sua usanza fu condannata e dopo che morì non si fece altri che rimarcare questo co portamento sbagliato. La forchetta evitava di sporcare le mani e toccare le cose comuni. Pian piano si cercò di utilizzare questo strumento e soprattutto comportò un esercizio nel suo utilizzo. Da stati monarchici di tipo antico si incominciano a formare stati moderni, grandi e contrassegnanti da una centralizzazione del potere che si esercitava sull’organizzazione dello stato e da una parte sulla sicurezza. Max Webber aveva legittimato l’uso della violenza da parte dello stato. Non vi poteva essere una situazione come quella rinascimentale dove il cittadino portava portare liberamente con sé ad esempio il proprio coltello. I cambiamenti che notiamo è che ad esempio durante una cena gli ospiti non sono più legittimati a portare armi e ad avere comportamenti violenti. Inizialmente ciò non fu accettato ma pian pia o culturalmente si esercitò una pressione contro le manifestazioni fisico corporali. In pratica il bisogno corporale viene represso. Una cosa che a noi risulta banale ma che banale non è. Per essere accettati i corpi non si dovevano contaminare. Ognuno dal punto di vista corporale doveva. Viere all’interno di una propria personale barriera. Improvvisamente, quindi, non i poteva bere più dalla stessa coppa ad esempio. Mostrarsi nudi rappresentava essere un problema e quindi vi fu l’introduzione delle camicie da notte. A tavola si sente il bisogno di avere il proprio piatto, il proprio bicchiere e le proprie posate che rappresentano una formazione di mediazione col cibo. Le forchette si evolvono nella loro forma (da due spuntoni alla forchetta attuale) così come i coltelli (dal coltello da caccia, a quello a punta). Elias ci testimonia come il rapporto di ognuno di noi col corpo è cambiato. Seguiamo regole rigide e repressive che bandiscono ogni forma di violenza. Ciò garantisce il diventare bravi sudditi che reprimo e che non necessitano di una condotta violenta. I nobili e signori delle corti da qui si incominciano a distinguere sempre di più dal popolo. Elias stabilisce questo come il “processo della stabilizzazione”. Attraverso cose banali come le posate ci si può accorgere di un cambiamento epocale. Non ci meravigliano quindi più comportamenti che reputiamo imbarazzanti (es. defechiamo in privato senza urlarlo ai quattro venti). Lezione 12 marzo Le popolazioni asiatiche hanno impedito qualunque arrivo di armi quali armi, coltelli, ecc. dentro i luoghi dove si mangiava. Le bacchette di legno rappresentavano (come tutt’ora) un tratto dominante della loro cultura. In occidente è legato invece all’idea della spettacolarità e funzionalità della tavola. Guardando al tavolo notiamo io gioco dei colori e delle luci. I piatti sono di porcellana bianche. Il bianco fa da sfondo e fa risaltare i colori dei cibi. I bicchieri di vetro riflettono il contenuto. Il centrotavola serve a dare un senso di coreografia. Molte cose si spiegano essenzialmente per il loro valore estetico. Possiamo dire che nella cultura occidentale tornando all’idea delle posate, vi è sempre stata l’idea di utilizzare lo strumento giusto per ogni funzione. Perché quindi pensare di usare due sole bacchette, quando si possono usare strumenti specifici per ogni funzione? Ad esempio abbiamo coltelli di vario tipo (es. per il pesce), cucchiai (es. per il gelato, per il caffè), forchette (es. per il dessert). Quelli che vediamo sono gli strumenti tecnici che vengono utilizzati a tavola. MA COSA SI MANGIAVA? 1872-1878: Tabella divisa per regioni di cui noteremo alcune cose L’ambiente della cucina era unico e la cucina vera e propria era un ambiente diviso della sala da pranzo (ne usufruivano servitori e cuochi). I padroni non entravano quasi mai (in quanto ambiente povero rispetto alla sala da pranzo lussuosa). In questa zona troviamo il camino (fonte di riscaldamento e luogo per preparare il mangiare come le minestre). Si facevano anche pranzi in questi tavolo piccoli dove si seguivano gerarchie in cui il capo famiglia aveva la priorità in quanto effettuavano dei lavori più pesanti e importanti rispetto a quelli delle donne e dei giovani. Quindi anche a livello dei contadini esiste una gerarchia che in questo caso viene fatta sull’idea della funzionalità che premia gli uomini maturi. Si nota con interesse che anche nella tavola dei nobili giovani, ragazzi e tanto meno bambini sono presenti. I bambini fino a una certa età erano esclusi in quanto ritenuti poco maturi e poco adatti a quel contesto. Essi come nel pranzo del vescovo, ad esempio, sarebbero stati portati a mangiare in cucina o con la governante. In alcuni casi la polenta veniva integrata dalle patate. I contadini utilizzano i loro schemi mentali cercando di sfarinare inutilmente la patata. Quest’ultime potevano essere mangiate bollite. Tornando alla polenta, mangiando solo essa si crea un problema. I contadini cominciano a sviluppare delle malattie tra cui principalmente la pellagra. Malattia della pelle che porta delle macchie e delle ustioni (primo stadio) che colpisce successivamente i sistema nervoso centrale. Questa malattia crea problemi quali sensibilità alla luce, poco contenimento (urla per esempio) e una morte molto veloce. Questa malattia (la Lombardia ha il primato) rappresentò in breve tempo un vero problema. Gli studiosi studiando i chicchi di mais pensano che i contadini comprino del masi vecchio e avariato o che usino dei sacchi non conformi. Si cercò così di fare una campagna per fare comprare del mais buono ma ciò non cambiò molto la situazione. Il mais arriva dall’America e principalmente dal Messico (gli Aztechi ne facevano gran uso). Infatti la base di tacos e tortillas è di mais. Dei medici americani scoprirono che la cosa che sfuggiva era quella che il nostro corpo necessita di vitamine. Esse sono essenziali per il nostro benessere fisico. Molte di queste vitamine sono prodotte dal nostro corpo quando ad esempio prendiamo il sole. Molte di esse però le acquisiamo quando mangiamo o beviamo. Quindi quello che noi mangiamo in un pranzo equilibrato ci offre le vitamine necessarie. Questi medici si accorsero che la polenta mancava di vitamine e soprattutto di una componete chiamata della niacina. In Messico la cosa funzionava meglio che in Italia in quanto nel paese americano la pannocchia per fare le tortillas veniva sgranata e con tutto il processo si otteneva una poltiglia. Essa veniva inserita su una foglia e successivamente il contenuto veniva cotto e inserito in un forno. Da qui si otteneva la tortillas che oggi consociamo. Tutto ciò era poi suggellato da una vitamina che si otteneva da un acqua alcannina che permetteva di assimilare essa. I contadini italiani, quindi, non riuscivano ad assimilare e assumere quelle vitamine della polenta. Oggi noi non rischiamo ciò in quanto abbiamo una dieta più equilibrata. Dracula di Bram Stoker Le leggende folcloriche del 600/700 presentavano simboli quali l’odio della luce del giorno, pelle bianca e molto particolare, aggressività, incontenibili di violenze e quanto ne consegue. Queste leggende parlavano dei pellagrosi che venivano espulsi dal paese. Essi vagavano nei boschi quasi impazziti e giravano appositamente di notte. Bram Stoker ha essenzialmente raccontato la storia dei pellagrosi. Si associa all’idea di questa violenza questa tipologia di persone. Essi attaccavano per farne, ad esempio, le pecore (morsi sul collo in quanto essa è la parte più delicata per uccidere la preda). La pellagra non era l’unica malattia. Infatti troviamo lo scorbuto e il beriberi in oriente. Le regioni dl centro-sud Italia sono più fortunati in quanto integrano il loro pasto con un frutto o altro. La pellagra, quindi, era un problema collegato alle regioni del nord. Le persone di mare era più fortunate ma di certo non si permetteva di mangiare il pesce pregiato. Infatti venivano mangiarti gli scarti. MANGIARE IN CITTÀ In città si stava ,meglio e il motivo è banale. Troviamo artigiani, corporazioni e da fine 800’ anche gli operai. Quest’ultimi come i contadini facevano parte delle classi povere ma rispetto ai contadini avevano un compenso fisso. In città però il costo della vita è più alto rispetto alla campagna. I contadini di una volta sapevano che venendo in città trovavano un alloggio disponibile per il loro budget. A Milano, ad esempio, abbiamo bei palazzi in centro, una periferia non estesa come oggi che permetteva di trovare un alloggio di fortuna. Molte case erano fatiscenti e proprio per questo vi era una gerarchia. Le case in Italia sono sviluppate in una maniera molto precisa. Le padronali presentano un piano molto alto con dei locali di servizio, successivamente abbiamo un “piano nobile” con delle belle finestre alte e dei balconi, dopodiché se si fa a caso l’ultimo piano si fa sempre più basso con la presenza di finestre piccole. I nobili abitavano al primo piano per fare meno fatica, per essere più alti e lontani dallo sporco e da odori della strada e per affacciarsi sul balcone. Il pia noi sopra poteva essere abitato da altri parenti di “serie b” e infine il sottotetto era abitato dalla servitù. Nei palazzi più andanti molto spesso vi potevano essere delle botteghe e un mezzo piano ammezzato dove risiedeva il commerciante. In questi palazzi troviamo delle vere e proprie soffitte affittate (sono i posti che costavano di meno). Molto spesso l’alloggio veniva gestito con degli sconosciuti. L’operaio cominciava quindi a sospendere un po’ dei suoi soldi nell’alloggio. Dopodiché la spesa diventa un fattore molto importane. Conti alla mano la disponibilità si assottiglia sempre di più. Il mangiare fuori rappresenta una fonte di risparmio. Una delle cose più tipiche era l’osteria (nell’immagine vediamo l’esempio di Roma). L’osteria erano luoghi pubblici che ripropongono la tavola nobiliare e i pasti nobiliari. L’isteria veniva da oste, quindi luogo dove si andava a bere un bicchiere divino accompagnato da qualche cibo povero (es. fagioli, pezzettino di carne). Sulle osterie abbiamo una ricca letteratura, in quanto le storie degli arrivi in città girano intorno a questi luoghi della convivialità. L’osteria nell’immagine seconda fa vedere alcune caratteristiche della tavola nobiliare come, ad esempio, la tavola e le posate messe bene. Osteria di Roma Esempio osteria (tavola nobiliare) Se si voleva però risparmiare di più, gli ambulanti in questo frangente rappresentavano un ottima possibilità. Le città erano invase da questa tipologia di venditori ambulanti. Essi vendevano ad esempio delle castagne bollite che costavano abbastanza poco. L’acquirente poteva altresì portare il proprio contenitore e comperare il necessario che gli bisognava (es. 5 castagne bollite e un mestolo di acqua per la bollitura). diventa ancora maggiore. Certe pubblicità mettevano in luce come il caffè fosse autenticamente italiano, quando in realtà non era così. Il fascismo, quindi, cavalca quest’onda raccontando come il cibo italiano si allargasse alle zone conquistate. Su questo segue l’immaginario già prima sviluppato dagli inglesi e in parte dai francesi. La situazione in cui sbarca il fascismo non è dei migliori. Le condizioni erano relativamente migliorate e la prima guerra mondiale crea una crisi molto grave. Le differenziazioni fra classi e regioni continuano ad esserci. Abbastanza in fretta iniziano una serie di campagna propagandistiche. Una delle campagne più importanti fu la battaglia del grano. Essa fu effettuata per migliorare la produzione di questo prodotto. Da una parte vengono coltivate diverse tipologie e dall’altra vi furono attività di bonifica. Viene trasformata un esigenza economica in una propaganda politica Si spingono gli agricoltori a coltivare più grano. Si spinge a fare ciò con l’istituzione di premi. La nazione doveva provvedere da sé stessa ai suoi bisogni, cominciando da quelli basilari. La battaglia del grano porta all’idea di produrre più grano e ciò portò a un aumento della produzione. Il tutto però non fu rosa e fiori. Con questo tipo di incentivi, i contadini abbandonarono delle culture precedenti per coltivare solo il grano. Altre colture locali che crescevano molto bene vennero abbandonate. Vi fu la distruzione completa quindi di un integro ecosistema di flora e fauna. La battaglia del grano quindi sulla carta diede dei risultati ma vista in un’ottica più ampia si notano dei chiarì scuri realmente importanti. Il discorso del grano e della pasta e del cibo era un po’ a macchia di leopardo. Le regioni del sud mangiavano più pasta. Con l’aumento della produzione, aumentava di conseguenza anche la domanda e il regime promesse la coltivazione il consumo di riso. Esso era consumato molto in Piemonte, Lombardia e Veneto. Queste regioni presentavamo risaie. Il terreno si prestava a questa coltivazione. Piatti tipici di queste regioni sono a base di riso. In certe zone del Piemonte della Lombardia si produceva riso di ottima qualità (es. carnaroli). Il fascismo voleva insegnare a consumare il riso sia in queste che in altre regioni. Da questa locandina si nota la creazione dell’Ente nazionale risi. Questa operazione tende a sottolineare il costo e l’apporto nutrizionale del riso. Vengono presentati e consegnati ricettari che contengono ricette e diverse tipologie di preparazione. Le regioni del Sud risultavano perplesse. Notiamo un uomo legante che mangia il riso. Molti contadini durante la prima guerra mondiale che provenivano dal sud, si ritrovano questo riso in forma non condita (una vera e propria schifezza) e quindi il lor primo impatto fu quello. Un qualcosa di veramente immangiabile. Quando iniziò la campagna a Sud vi fu un vero e proprio rifiuto e manifesti di queste genere servano a spiegare come il riso del rancio rappresentasse qualcosa di diverso. La campagna fini relativamente male. Il consumo aumentò ma non molto. Si cercò di contenere il prezzo e nelle regioni del centro e del sud il riso non attacca. Nelle regioni del nord si ha più successo ma in queste zone già si mangiava. La morale è che alò propaganda seppur fatta ottimamente, quando vuole sbalzare una tradizione culturale ben sedimentata, generalmente fallisce. Le vecchie teorie pubblicitarie del passato sottolineano o che se una pubblicità è fatta bene ha successo. Ma la storia dimostra come ciò non sia vero. Se le persone hanno le proprie convinzioni difficilmente si scalzano. In questo caso l’ideale di come la pasta, anche comprata per strada fosse migliore rimane. Noi quindi non siamo delle lavagne dove ognuno scrive ciò che vuole. La propaganda può influire su di noi ma fino a un certo punto. L’esperimento del fascismo quindi sul cibo presenta più ombre che luci. La campagna del riso fa notare il peso delle tradizioni culinari al punto di resistere a una forte propaganda come questa. Se notiamo il discorso del frumento, notiamo un calo dovuto al prezzo ma escludendo ciò e andando avanti vediamo nonostante questo contenimento, il peso del frumento che per noi è essenzialmente pane e pasta resta molto importante. I cittadini divenivano bravi patrioti se seguivano le idee portate avanti dalle varie propagande. Vi fu un altra battaglia, ovvero quella del pesce. Quando il pesce muore, la carne del pesce deperisce portata ad un atmosfera diversa. La conservazione, quindi, risulta difficile e la sua consumazione è collegata alla zona delle coste. Il pesce di acqua dolce era comunque presente (es. sui Navigli si pescavano i gamberetti che venivano fritti e venduti). Il pesce d’acqua dolce si sviluppò per una questione religiosa. Parlando della carne abbiamo visto alcuni dei suoi significati. Esso rappresenta un cibo che porta con sé una serie di restrizioni (es. la quaresima, un terzo del calendario liturgico). Il sangue rappresenta la vita e nella tradizioni più antica ebraica non si può mangiare esso (anche in quella islamica). Il passo successivo è che al carne rappresenta un uccisione che versa sangue. Unendo rinuncia e penitenza con la questione etica. Il pesce contando questa serie di problematiche risultava essere più disponibile. Nei grandi monasteri a nord vi erano giardini di erbe officinali che funzionavano per il cibo e la medicina. In questi luoghi troviamo degli allevamenti di acqua dolce. Intorno a questi conventi vi era un fiorente commerci di pesci di acqua dolce. Quindi il cibo serviva sia per i monaci che per le altre persone. Nei giorni di magro veniva acquistato questo cibo. In Lombardia vi era un commercio fiorente. Il fascismo con un urbanizzazione avanzata, pensò di creare una novità per l’Italia, ovvero cercò di mettere in piedi la catena del freddo. Un percorso in cui il pesce durante la catena di trasporti rimanga sempre al fresco. Cirio fu un pioniere per via dei vagoni frigorifero delle derrate alimentari che viaggiavano dal Sud al Nord. Il pesce rappresentava qualcosa di diverso. Gli italiani non avevano mai provato tali comodità e incominciò anche ad effettuare gite fuoriporta in totale autonomia. Ciò rappresentò una conquista straordinaria. Altra cosa importante fu quella di una dieta ricca ed equilibrata. Quando arrivò esso si parlò di vera e propria rivoluzione. Le industrie alimentari incominciarono ad andare benissimo. Grande parte del cibo consumato abbiamo detto che provenisse dal settore primario. Il grosso proveniva dall’agricoltura e l’industria alimentare che trasformava e vendeva questa materia prima era molto limitato. Vi era sulle bevande alcoliche e vino. Simmental: Non ci meraviglia che uno dei primi prodotti in cui si bitta l’industria alimentare è la carne. Ess aera mancata per devenni sulle tavole degli italiani. Simmental aveva fatto le sue prime esperienza von la guerra. L’idea era abbastanza semplice. Peer dare la carne ai solati si faceva bollire e la si dava ad essi. Le prime reazioni non furono entusiaste (denominata “carne in piedi”). Con una ricetta migliorata, si incominciò a farla bollire e metterla nella gelatina. Per promuovere il tutto si rifecero all’immaginario degli italiani di come la carne fosse difficili da magiare in quanto costosa. Quindi proprio per questo il prodotto rappresentava una valida e gustosa alternativa. Ciò sottolinea come la carne rappresentasse ancora una conquista difficile da raggiungere. Queste tipologie di pubblicità puntano sulla salute (“hai i soldi mangia la carne”). Una serie di industrie di conservazione in cui la carne è punta diamante. Anche gli ortaggi e i sughi pronti diventano industriali. Si parla di comodità e tempo e con marito e moglie entrambi lavoratori, questi prodotti rappresentavano una gran comodità. Altro settore in forte crescita fu quello dolciario. Bambino con cestino di carta (tradizionale) e mottinino in mano. Motta è uno dei primi ad avere l’idea di produrre alcuni dolci in maniera un po’ più industriale (es. panettone). Ciò rappresentò un gran successo in quanto sono buoni e convenienti. Motta propone in questo caso una versione piccolina del panettone. Essa era pensata per i ragazzi che vanno a scuola. Es. Bertolini Si sviluppa una tradizione dolciaria legata alle feste. Durante il miracolo economico si effettuavano cambiali (pagamento a rate), si acquistavano elettrodomestici e si mangiava meglio. Si abbattevano le privazioni alimentari tipiche del passato. Per far conoscere i nuovi prodotti oltre la pubblicità sulle riviste si utilizzò un potente mezzo, ovvero quello televisivo. Nato come mezzo informativo-educativo, la televisione non accettò inizialmente questa funzione. Successivamente però venne inventato Carosello. Esso ha la funzione di presentare prodotti con mille attenzioni. Si effettuava una gag divertente e solo nella coda si poteva parlare del prodotto. Questa cosa rappresentò un buon metodo. Si fece a gare per accaparrarsi gli attori/cantanti più famosi (o disegnare cartoni animati per le proprie necessità). Il Carosello divenne molta famoso grazie ai propri contenuti piacevoli. Gli attori stessi successivamente capirono l’importanza di Carosello per entrare nelle case degli italiani. La televisione rappresentava il benessere acquisito. Con la rivoluzione giovanile e il 68’ non vi fu un freno. Le ditte incominciarono a produrre degli spot dedicati a giovani, cercando di fidelizzarli e farli diventare consumatori. La persona si doveva rivedere nel messaggio che veniva trasmesso. Il miracolo economico fa si che le aspettative riguardo il cibo divengano reali. In questi anni cibi come pane e caffè rappresentarono un vero cambiamento per le persone e non solo per quelle ricche. In generale come detto vi è un vero e proprio miglioramento delle condizioni sociali. La dieta mediterranea divenne di tutti e anche grazie all’immigrazione che arriva dal sud arrivano tradizioni culinari importanti che si diffondono a nord. A Milano si comincia ad apprezzare sempre di più la pasta, la mozzarella, formaggi filati, ecc. Negli anni 60’ nessuno parlò mai della dieta mediterranea. L’unica cucina apprezzata era quella francese e l’alta ristorazione (i grandi alberghi) si attrezzano dei crismi collegati alle tavole nobiliari. Questi restaurant alla francese vennero aperti anche a una clientela esterna e divennero tipici della catena di ristorazione della città. La cucina italiana era vista come quella cucina buona ma non troppo diffusa. Gli immigrati negli Stati Uniti si radunavano a mangiare le cose tipiche del proprio territorio la domenica (rifornimento nei negozi specializzati). Ancel Keys Egli è un medico che si specializzerà nelle diete e nel nutrizionismo. Viene assoldato dall’esercito americano e visto che lui stava studiano diete e patologie collegate gli venne chiesto un servizio di cibo proteico, calorico e facile da preparare. Keys stabilì una reazione K in quanto funziona benissimo. Troviamo: - Scatoletta di carne - Cracker - Cioccolato - Sigarette: fanno stare bene i soldati - Cicche: anti stress e pulizia dei denti Keys dopo la guerra va avanti coi suoi studi. In America il problema dell’obesità incominciò a presentarsi e con esso anche quello della dieta. Le trasmissioni vedevano una diversità di opinioni su questo argomento. La quaresima come abbiamo detto è un periodo, dove soprattutto in passato si portava una tradizione di magro (e di digiuno il Venerdì Santo). La Pasqua talvolta era più importante del Natale, in quanto veniva fuori una lunga tradizione. L’agnello, uno dei cibi tipicamente pasquali, porta con sé una tradizione religiosa (Gesù Cristo rappresentato come l’agnello di Dio). Altra cibi tipicamente pasquali sono: la colomba (rappresenta la rinascita e la primavera: la Pasqua collegata alla rinascita della primavera), l’uovo (il suo significato proviene dalla tradizione letteraria antica greca ed è collegato al simbolismo della nascita. In molte religioni rappresenta un simbolo sacrale collegato alla nascita. Mangiare l’uovo a Pasqua rappresenta l’unione più antica della nascita e della primavera con quello religioso della rinascita alla vita e resurrezione di Gesù Cristo. In Germania vi sono delle feste dove si nascondono delle uova sode in un giardino e i bambini devono cercarle. Ciò rappresenta la festa della primavera Da qui una tradizione in cui l’uovo è così simbolico che viene dipinto e colorato). L’uovo di Fabergé rappresenta un significato importante e le persone più ricche, come gli zar russi, per fare qualcosa di distintivo; commissionarono a uno dei più importanti gioiellieri un regalo da fare. Quindi un qualcosa legato alla Pasqua, un uovo di metalli preziosi e decorato in modo diverso. In questo modo si potevano fare diverse uova a seconda della persona a cui era rivolta. Il loro successo è dato dal fatto che la corte zarista ogni anno diveniva famosa per queste uova e a questo punto di rimbalzo anche a Parigi e in Europa esse diventano importanti. Quando arrivò al tradizione del cioccolato, proveniente dall’America (bevanda utilizzata in antichità durante le cerimonie religiose) tramite i conquistadores, la corte spagnola portò avanti delle elaborazioni per rendere questa bevanda (che di base non era male per via del suo colore scuro e per il suo valore energetico) dolce (gli europei erano abituati a questo gusto). Si eleminò il peperoncino. Noi seguiamo un preciso ordine alimentare (prima il salato e poi il dolce) per via di una tradizione culturale. Siamo abituati a percepire come il dolce ci resterebbe in bocca, dandoci fastidio e quindi scartiamo l’ipotesi di mangiarlo per primo. Così come tendenzialmente negli antipasti mangiamo prima il freddo (il crudo) e successivamente il cotto (caldo). Ma perché il dolce non viene mangiato prima? Sicuramente in altre civiltà si predilige il dolce prima del salato. L’antropologo come Dallas ha studiato dal punto di vista antropologico questi pranzi, stabilendo come esista un ordine dei sapori e dal caldo e del freddo. È un ordine che viene stabilito nel tempo e che viene condiviso da tutti i commensali. Lei fa vedere che chi partecipa ai pranzi, partecipa conoscendo le regole del pasto. Quindi andrò a chiamare persone che conosco e che condividono questo tipo di cultura. Quindi seguendo questo punto di vista, dal pranzo/dalla convivialità si può stabilire l’inclusione nel gruppo, oppure l’esclusione. Chi è escluso non consce le regole del pranzo. Per certi pasti, quindi, è importante l’inclusione la condivisone delle regole. Esse sono strutturalmente date. La regola del salato che viene prima del dolce è una regola culturale. E così come noi diciamo che il piccolo dolce e il piccolo snack lo troviamo fuori posto. Tornando alla cioccolata, quindi, arriva come una cosa non conosciuta prima. È interessante vedere come entra insieme al dolce ma possiamo trovarla anche fuori dal pasto. Lo snack rappresenta un qualcosa che non fa parte della realtà stabilita del pranzo. Tutto questo per dire che con l’arrivo del cioccolato, vi era la tendenza ad apprezzare i piatti dolce alla fine del pranzo e la cioccolata liquida allora non incontrava il gusto degli occidentali. Si incominciarono quindi a fare degli esperimenti e la cioccolata unita al latte risultava più dolce e leggera (a volte veniva aggiunti anche lo zucchero). In questo modo la cioccolata manteneva la sua connotazione di base, ma risultava essere una bevanda molto dolce e delicata che si prestava benissimo alla fine del pasto o anche fuori. Con l’invenzione delle stampe delle tavolette si ebbe l’idea di fare le stampe con le due mezze uova. Unite, diedero vita all’uovo di cioccolato che oggi noi conosciamo. Esso rappresenta un qualcosa di molto gradito, dolce, che va bene per la fine del pranzo e che allo stesso tempo mantiene tutta la simbologia che presentava l’uovo vero originale. GLOBALIZZAZIONE Da molto tempo quindi mangiamo globalizzato, ma dagli anni 90’ iniziano dei contatti con cibi e culture nel mangiare completamente differenti diversi in maniera più esplicita. L’Italia è interessata dalla migrazione di paesi più lontani di quelli tradizionali. Il cibo rappresenta il modo per conoscere una cultura. Una specie di via d’entrata più facile. In un paese dell’area mediterranea nella quale non si conosce la lingua, un modo di accesso attraverso questa nuova cultura è rappresentato dal mangiare il cibo tipico, nel modo in cui esso viene mangiato. Parlando di globalizzazione, uno dei mezzi più importanti con il quale sono stati fatti è quello del vendere die prodotti che sono stati originati in altri contesti. La prima grande globalizzazione che abbiamo avuto è stata quella dei prodotti provenienti dagli Sati Uniti. L’americanizzazione ha avuto un impatto nel nostro paese dal secondo dopoguerra importantissimo. Dalla pop music, all’abbigliamento (es. le t-shirt), alla coca cola che veniva venduta al bar Essa rappresenta un qualcosa di fresco, giovane. Non esisteva una bevanda per i giovani e per i fuori pasti, ed essa rappresentò per il giovane e la famiglia moderna un vero e proprio primo passo. Una bevanda legata all’idea di modernità. Il passo successivo è rappresentato da McDonald’s. Ma perché proprio esso? Sempre parlando di cose tipiche, il pranzo tipico americano potrebbe essere rappresentato da un barbecue in cui troviamo la bistecca che rappresenta la base di questo pranzo. L’idea di fare un hamburger dal costo nettamente inferiore rispetto a una bistecca rappresenta di per sé un vantaggio. Quindi per creare un pranzo completo si poteva prendere un hamburger che non costava troppo, lo si prendeva in mezzo al panino con un po’ di condimenti e il gioco era fatto. Facendo così in America nacquero molti posti che fanno cose di questo genere. McDonald’s portò la nascita di un sistema organizzativo (che conosciamo come franchising) per abbattere ulteriormente i costi. All’inizio per abbattere ulteriormente i costi si pensa di proporre questi panini con l’hamburger dentro, che però non venivano preparati al momento ogni qual volta si riceva l’ordine ma attraverso una piccola catena di montaggio si produceva il tutto. Gli hamburger, quindi, presentavano la stessa forma, lo stesso pane, venivano venduti rapidamente e venivano serviti allo stesso modo. I clienti, quindi, potevano usufruire di un prodotto veloce e dal costo basso. Il tutto accompagnato da delle patatine fritte o qualcosa da bere (es. un frullato) e se veniva preso il tutto assieme si poteva usufruire di uno sconto speciale. Da questa base di partenza, questa catena incomincia a diffondersi velocemente. A Milano molti imprenditori si avvicinano ad essa e capendo le basi per potere avviare il tutto portano a una rapide diffusione anche nel nostro paese. Tante persone invece che aprire il bar a Milano, preferiscono aprire un McDonald’s (donando una parte del guadagno ovviamente alla casa made). L’imprenditore ci doveva mettere i soldi e il lavoro. Attraverso questo sistema, la nota catena di fast-food diventa un vero e proprio simbolo dell’ America. Questo viene spiegato da Ritzer. Attraverso la macdonaldizzazione, egli cerca non soltanto di capire come mai sia divenuto così diffuso il panino di McDonald’s ma anche perché sia divenuto così simbolico; al punto che fino a qualche tempo fa, varie manifestazioni anticapitaliste puntavano il dito proprio contro esso. Gli americani a casa loro facevano fatica a capire questa cosa, in quanto il McDonald’s rispetto ad altre realtà, non rappresentava per nulla l’imperialismo contro cui si puntava il dito. Il fatto che la catena fosse diffusa non era sufficiente. Ritzer cerca di effettuare una ricerca per razionalizzare e capire il perché e alla fine si afferma come gli accusatori non abbiano tutti i torti. Non soltanto per la caratteristica della diffusione ma in quanto dentro la preparazione del panino vi è un’ideologia che diviene modello di produzione per molte altre. Ma in cosa consiste? Ritzer individua in seguenti punti: 1) Abbiamo la standardizzazione o calcolabilità: Ritzer racconta come gli hamburger e le patatine vengono fatti secondo un certo standard. Gli hamburger, ad esempio, sono già pronti e appena arriva l’ordine, vengono messi sul fuoco per 3 minuti (per entrambe le facciate). Il tempo, quindi, è esattamente calcolato e nel mentre si preparano anche le patatine, per poi inserire tutto nel vassoio. In questo modo vi è un tempo standard di preparazione e ciò rappresenta un vantaggio. Velocità e razionalizzazione dell’organizzazione sono perfetti. 2) Efficienza: Grazie a questo tipo di standardizzazione abbiamo un processo molto rapido e ordinato. Dal momento in cui noi facciamo l’ordine al momento in cui riceviamo il tutto passa pochissimo tempo. Se facciamo un paragone con un ristorante e una pizzeria aspettiamo anche di più. prendere delle misure, per non andare in contro a grosse critiche. La soluzione migliore corrisponde all’adattamento alle tradizioni locali. Tutto ciò racconta un effettiva difficoltà di queste multinazionali. Il cibo rappresenta un qualcosa di identitario molto forte e le persone non vogliono andare fuori dalle proprie tradizioni. Qual è stata una delle idee/soluzioni che abbiamo avuto? Vi sono alcune multinazionali molto grandi collegate al mondo cibo che non escono solo con i loro due/tre prodotti. Nel tempo hanno acquisito vari marchi, anche in giro per il mondo, di cui non sono proprietari ma, nonostante ciò, hanno fatto in modo che incominciassero ad avere l’immagine, il brand e il prodotto tipico di una certa area. In questo modo le multinazionali ottengono una proprietà e un controllo globale e questo avviene attraverso produzioni che vengono percepite come locali dal consumatore. Il risultato qual è? Esistono una decina/dozzina di imprese che hanno un potere sul cibo mondiale enorme. Noi non le riconosciamo per tale motivo, in quanto loro nel tempo hanno acquisito tanti marchi. Negli ultimi decenni hanno fatto apposta a diversificare i loro marchi (es. Nestlé ha decine di marchi). Il global ha di fatto creato questa situazione. La presenza così importante di grandi multinazionali del cibo, ci spiega poi la situazione odierna. Soprattutto pensando al Made in Italy, com’è messa l’esportazione di cibo in generale? Potrebbe essere il primo esportatore in Europa? La risposta è no. Il principale esportatore di prodotti alimentario in Europa è la Germania. Quando si parla di prodotto tedesco si parla di prodotti legati all’automobilismo, alla meccanica e così via. Eppure nonostante tutto, rispetto a questi giochi e un’altissima produzione di alimenti industriali (prodotti di massa) sono il primo esportatore europeo di cibo. L’Italia che segue (e la Francia che è scesa) presenta un’esportazione minore. Nel nostro paese vi sono grandi imprese, ma poche. In Germania vi sono grosse imprese alimentari che producono robe confezionate molto apprezzate e distribuite in giro per il mondo. Per concludere… L’Italia combatte la sua battaglia per il cibo attraverso la qualità…ma ciò non risulta essere semplice. Di fronte si trova queste multinazionali che hanno un impatto politico ed economico rilevante. Da qui l’importanza di associazioni che permettono di conoscere i vari prodotti. Slow Food: Essa ha una lunga storia, nata in Piemonte molto tempo fa e divenuta famosa per la sua battaglia contro i fast food. In particolare quando McDonald’s ha deciso di aprire un suo negozio in Piazza di Spagna a Roma. Essi portarono avanti una protesta mettendosi a mangiare davanti al negozio dei piatti di pasta, annunciando la battaglia con tro i fast food in nome delle tradizioni italiane. La protesta non riuscì molto in quanto ha cercato di costruire la tradizione del Made in Italy. Il problema sta nel fatto che vi sono molte piccole aziende che fanno prodotti, ma sono proprio piccole. Esportare è difficile, così come vendere a un supermercato. Si riescono a rifornire i negozi della zona ad esempio. Slow Food tramite ciò ha creato una federazione in cui ha invitato tanti buoni produttori e li ha invitati a far parte di un circuito. Al supermercato venivano quindi offerti prodotti di questa federazione (presenza non fissa di un solo prodotto ma presenza di prodotti legati alla federazione). Si era impegnata a fare una specie di supermercati che vendevano solo questo tipi di prodotti. Si iniziarono iniziative per promuovere i prodotti all’estero e una serie di iniziative legate alla diffusione culturale. L’università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo è collegata all’associazione e presente più studenti stranieri che italiani. I master sono quasi interamente in inglese. Quindi università per formare persone che ne sappiano di cibo e allo stesso tempo vi è anche una casa editrice cha il compito di pubblicare libri specializzati sul cibo e soprattutto sul cibo slow food (cibo lento che guarda all’integrazione). Sono stati portati avanti accordi per promuovere lo sviluppo della produzione in paesi meno sviluppati come Africa e Sud America e Asia. Si aiutano le realtà contadine locali a sviluppare le colture locali. Quindi non solo propaganda ama promozione efficace dal punto di vista economico e culturale a respiro più ampio. Tutto ciò ha avuto molto eco nel mondo. Academia Italiana della Cucina: Fondata nel 53’ da Orio Vergani, effettua un’altra operazione molto interessante. Essa vuole preservare i piatti e il modo di cucinare essi in maniera tipica. Il saper fare in cucina deve restare. Nel 53’ vi era la paura che certe tradizioni venissero perdute. Cercano di selezionare ristoranti che stiano attenti a queste produzioni e cercano di promuovere pubblicazioni al fine di preservare la memoria e tramandare ricette tipiche (es. come nel tempo si siano sviluppati differenti tipi di lasagne). In questo caso facciamo riferimento al saper fare in cucina. Lezione 25 marzo La comunicazione del cibo La parte comunicativa riguardo il cibo risulta essere molto importante. Una volta parlare di cibo sui giornali importanti non era ritenuto molto adeguato. La cucina come alta cucina fa parte della tradizione culturale italiana. Nella vita sociale e culturale di tutti i giorni il cibo aveva un ruolo importante. La nostra tradizione letterari rappresenta un qualcosa di aulico (Dante, Boccaccio, Petrarca) e proprio per questo la lingua italiana nasce con un impronta molto alta. Da qui un’impronta letteraria molto forte, dove la vita letteraria un po’ più semplice non veniva moto considerata. I servi e cuochi che si occupavano della cucina in luoghi sporchi rappresentavano l’idea che ciò non dovesse essere molto messo in risalto. Nel 900’ la cucina inizia a prendere sempre più piede (legame agli alberghi che si perde e assunzione di autonomia) e la professione del cuoco comincia a divenire distinta (cuoco dei ristoranti> cuoco dell’osteria). La cucina italiana è stata fondata nel 1929 da Umberto Notari. Egli fonda una rivista in cui si parla di cucina come cultura. Si parla di ristornati e vi sono rubriche letterarie. Tra i collaboratori troviamo alcuni dei letterati più importanti del tempo. È quindi una rivista di cultura generale legata alla cucina. Locandina Masterchef Il discorso della comunicazione, quindi, è ambito da tutti e il discorso interessante è che non solo ha avuto successo nelle singole trasmissioni, ma negli ultimi 25/30 anni vi è stato al creazione di canali telematici dedicati (es. Gambero Rosso). Ai giorni d’oggi troviamo anche i food blogger. Se nei giornali/televisione abbiamo un canale d’accesso molto ristretto (invito, sponsor, ecc.) nei blog non abbiamo questi vincoli-. I blog col tempo si sono moltiplicati che presentano persone normali alla presa con delle preparazioni (facciamo da mangiare in poco tempo, con pochi soldi) come ad esempio “Fatto in case per voi” e “Giallo Zafferano”. I blog del cibo ha numeri superiori rispetto a tutti gli altri. Alcune di queste/i food blogger son o divenuti molto famosi e anche qui troviamo il problema della sponsorizzazione. In maniera più subdola troviamo la non dichiarazioni di essa quando il blog incomincia a divenire più famoso. Benedetta Rossi: “Fatto in casa da Benedetta” Giallo Zafferano a lungo con Sonia Peronacci La cucina stellata Questo discorso, che rappresenta uno dei punti forti della comunicazione del cibo, nasce con delle guide quali: 1.la guida Michelin: assegna delle stelle 2. La guida gambero rosso: assegna le forchette 3. La guida Espresso: che assegna cinque cappelli da cuoco. La prima è la più importante e rappresenta inizialmente una guida di tipo turistico. Molto importante era la presenza di cartine (aumenta della circolazione automobilistica). Esse mettono anche punti interessanti da vedere e da qui si iniziano a mettere i primi restaurant. Si incominciano a formare realtà di ristorazione che finiscono all’interno di questa guida. I posti venivano recensiti direttamente e queste stelle divengono o dei veri e propri punti di riferimento più dal punto di vista culinario che di altri. Gli esperti culinari assumono così importanza e il loro giudizio deve essere imparziale e veritiero. Il fatto di essere così selettiva e rigida la rende così particolarmente valida. Per uno chef stellato avere una stella comporta circa un milione di fatturato. Questo perché vi è moltissima pubblicità (giornali, inviti in televisione, ecc.). In questi ristornati si rimembrano i luoghi della nobiltà antica e dall’altra parte cerca di innestare l’innovazione. Si reinterpretano i piatti tipici della tradizione, con l’utilizzo di ingredienti apparentemente non comuni. L’utilizzo di ingredienti di non primissima scelta e la preparazione di piatti presentati come piccoli assaggini, rappresentano un’importanza dal punto di vista della rappresentazione. Aspetto estetico che viene risaltato nella cucina stellata. Chef stellati italiani nel 2021 Gualtiero Marchesi, cuoco milanese, andando a ricercare le vecchie ricette riguardo il risotto allo zafferanno, utilizzando dei piatti verdi ha aggiunto una figlia d’oro. Si è fatto produrre una sfoglia quadrata d’oro alimentare. Quindi con una produzione tale che crea un effetto bellissimo. Questo da l’idea di come la cucina stellata punto molto sulla spettacolarizzazione (risotto giallo che diventa d’oro). Il problema della nostra cucina è rappresentato dalla pubblicità indiretta. Uno dei modi in cui si può fare esse è rappresento dal pagamento di un giornalista per far parlare bene del proprio prodotto. A volte gli accordi venivano presi direttamente con la redazione. In questo grafico vediamo come al Nord vengono consumati poco. In Asia, nella parte meridionale dell’Africa e nel Centro/Sud America e in Messico vi è un consumo maggiore. I Maya e gli Aztechi ne consumavano tantissimi (presenza di piatti ben elaborati). Gli chef stellati messicani, hanno ripreso queste antiche ricette , riproponendole nei loro ristoranti stellati. In Africa, dove abbiamo la presenza di varie foreste, gli insetti rappresentano un elementi importante della dieta. Andare a cacciare un animale di taglia media/grossa rappresentava un rischio e con lo stesso tempo si riusciva a recuperare larve e varie tipologie di insetti. Sono registrati più di 1900 specie di insetti che si possono utilizzare. I coleotteri sono quelli più utilizzati. Poi troviamo i lepidotteri e gli imenotteri. Le larve della tarma della farina contengono grassi non saturi di tipo omega-3 e acidi grassi in mista paragonabile a quella dei pesci e proteine, vitamine e minerali paragonabili. Quelle che si ottengono mangiando pesce e carne. Per crescere gli insetti hanno bisogno di meni cibo rispetto ai mammiferi (mangiano rifiuti e scarti umani) e in aggiunta emettono pochissimi gas tossici. Uno dei problemi venuto fuori è quella degli allevamenti inquinanti (es. bovini e suini). Gli insetti si riproducono più rapidamente. Sono presenti in maggior numero. Una possibilità potrebbe essere il cibo sintetico. Quello che vediamo è un hamburger vegetale. Il sapore, colore e consistenza danno la sensazione di mangiare carne. Non ha un sapore fortissimo di essa ma assomiglia alla carne trita. Da un punto di di vista tecnico questo cibo rimane vegetariano. Cibo sintetico In Olanda vi sono lavoratori all’avanguardia. Quella che vediamo è vera carne che non deriva da un animale. Essa è carne vera e propria. Si prende un poco di sangue, vengono estratte le cellule staminale che vengo o fatte crescere per 6 settimane. Queste cellule crescendo si moltiplicano, fino a divenire la carne che noi consociamo. In questo caso le troviamo tritate, cotte e mischiate con un po’ di grassi. La forma che risulta è quella di un hamburger. Ciò crea problemi di tipo etico. L’uomo si può sostituire alla natura? D’altra parte si dice che questo tipo di processo non è inquinante e da un punto di ista. Degli animalisti si potrebbe dire che si evitano di uccidere gli animali. Un vegetariano potrebbe mangiare questo panino. Se si dovesse diffondere si può immaginare che potrebbe competere con quella reale. La stessa tecnica può essere utilizzata per i latticini. I difensori di ciò sottolineano come non si uccidano animali. Vi sono pro e contro e su questo si è acceso un grosso dibattuto. È importante tenere in considerazione tutto il quadro e la situazione è tutta in divenire. Probabilmente ciò sarà il nostro futuro. CONIGLIO Il coniglio non è apprezzato da molti. Un po’ per il sapore se pensiamo alla realtà occidentale ma esistono delle restrizioni in alcune religioni. Nella religione buddista tendenzialmente nella maggior parte dei casi, si tende al vegetarianismo. Ma bisogna prendere anche in considerazione il discorso ebraico e mussulmano. Nella nostra tradizione il coniglio è diffuso per via della civiltà contadina e rurale. In Liguria vi è anche un piatto tipico con le olive taggiasche. Il coniglio rispetto alle altre carni presenta una serie di problematiche, per cui anche nella civiltà occidentale che presenta un tabù dal punto di vista religioso, molte persone preferiscono altro. Nel continente nordamericano, in Russia e in Europa il coniglio non è particolarmente amato. MAIALE Il tabù di questo animale è veramente forte. Ad esempio nella religione ebraica (ma anche mussulmana) esso è così forte che non solo non si può mangiare ma ad esempio non n si può avere una cintura o dei lacci (non si può quindi neanche portare addosso). Questo perché rappresenta il massimo dell’intimità. D’altro canto noi abbiamo un’opinione del maiale non proprio in linea con gli standard di pulizia ottimale. La carne di maiale però nonostante tutto, in Italia è una di quelle che è cresciuta di più nel tempo. Tramite il maiale, cerchiamo di analizzare meglio la questione dei taboo. Perché certi animali sì e certi animali no? Anche da un punto di vista religioso, da dove sono nati questi taboo? Il maiale nell’area mediterranea era molto diffuso (ad oggi è molto diffuso negli allevamenti) e il motivo è molto semplice. Esso cresce molto velocemente (ha un accrescimento corporeo più rapido), è onnivoro (rispetto ad altri) e quindi mangia tutto. Fino al medioevo i maiali erano i moderni spazzini in quanto essendo semi domestici, andavano in giro e mangiavano rifiuti solidi e avanzi di cibo presenti nei cortiletti. In un certo senso, quindi, era presente un servizio alla cittadinanza ed essi erano tollerati (si potevano trovare oltre ad essi, galline, cani e altri animali che andavano in giro). La carne di maiale è saporita ed è per questo che l’industria ne fa grande utilizzo. Nie ripieni dei tortellini ad esempio si preferisci maiale, in quanto offre più sapore. Il maiale anche dal punti di vista climatico si adattata molto bene. Mettendo insieme tutte queste caratteristiche, il maiale rappresenta per l’alimentazione umana un qualcosa di ideale. Ma allora perché proprio su du lui si sono scatenati tanti taboo? Prendendo come esempio il maiale, prendiamo in considerazione tante e diverse teorie che cercano di spiegarci i taboo rispetto ai cibi. Perché noi mangiamo certi cibi sì e altri no? La teoria di Marvin Harris espone come “una cosa debba essere buona da pensare per essere buona da mangiare”. Quindi bisogna capire qual è il simbolismi che si crea introno ad un determinato cibo. Come per il mais, dove troviamo un importanza culturale prima ancora che alimentare, per il maiale si potrebbe fare lo stesso discorso. Per le teorie funzionaliste, la diffusione o meno di un cibo è legata al tipo di ambiente in cui esso si trova. Nel caso del maiale, queste teorie dicevano che se abbiamo paesi molto caldi (es. su dell’Italia) in cui il maiale vaga in giro, mangia la spazzatura, ecc., esso viene associato alla sporcizia. Ma non solo, essendo una carne molto grassa e saporita, può risultare difficile la sua digestione nei periodo caldi. Per cui secondo queste teorie funzionaliste, questi taboo sarebbero venuti per scoraggiare un tipi di alimentazione che avrebbe potuto arrecare problemi alla salute. Era meglio quindi volgere la propria attenzione su altre tipologie di animali e addirittura cibi vegetali. Lo stesso discorso si potrebbe fare per i bovini dell’India in cui l’importanza dell’allevamento, del lavoro e del latte è fondamentale. Per cui si scoraggia e sanziona il consumo di essi. Per il maiale però se andiamo a vedere nel sud est asiatico, dove vi sono paesi altrettanto caldi (se non di più del sud del nostro paese) esso rappresenta un qualcosa di veramente diffuso. Nel sud est asiatico e anche in Cina, troviamo una cucina dove il principale cibo è il maiale. Una seconda spiegazione che è stata avanzata riguarda il discorso prettamente dell’igiene. Non solo la questione che esso possa far male ma anche il discorso legato all’attenzione all’igiene e alla pulizia che, come sappiamo, è divenuto molto importante nel rapporto del rapporto degli occidentali col corpo, la casa e quindi anche con il cibo. Quindi deve essere pulito, si mangia su un tovaglia bianca che è simbolo di pulizia, bicchieri puliti, non si mangia nello stesso piatto, ecc. Quindi il maiale associato all’ideale di immondo e sporco diviene un animale impuro. Per le religioni e tutte le associazioni umanitarie che condividono le caratteristiche del puro e impuro, il maiale rientra in questa categoria negativa. Tra le altre cose sempre considerando puro e impuro, si potrebbe dal punto di storico, prendere in considerazione gli ebrei. Essi volevano distinguersi da altre tribù che mangiavano il maiale. Dal punto di vista religioso e culturale quindi ci si differenziava. Dal punto di vista degli ebrei, il non mangiare quello che mangiavano gli altri era divenuto un simbolo indicativo della propria religione. Tutto ciò a un certo punto diviene un vero e proprio simbolo caratterizzante. Una terza ipotesi che è stata avanzata è quella relativa è quella legata al simbolismi di questi stessi animali. Ciò che noi distinguiamo in buono e cattivo e in base a questo decidiamo se mangiare o meno, noi abbiamo avuto un rapporto stretto con certi animali e con altri meno. Distinguiamo quindi quegli animali simbolici che per noi sono positivi e altri che rappresentano il contrario. In Africa il Leone, l’elefante, il bufalo e il rinoceronte rappresentano gli animali grandi e simbolo del potere. In Europa abbiamo l’aquila (simbolo imperiale per eccellenza), l’orso (nel nord Europa) e il tonno (nell’immaginario meridionale). Tutti questi animali, sono taboo che comprendono la cucina di essi, si cacciano, ma non si mangiano, non si mangia il re o dio (il toro, in particolare per la tradizione cretese, era uno degli animali sacrificali per i banchetti degli dei, solo in certe occasioni importanti, la parte migliore dell’animale era il profumo, la carne veniva divisa ritualmente fra gli uomini). gli animali negativi, come il Lupo (nemico degli allevamenti), Serpente (tentatore), topo in seguito alla diffusione delle malattie, il cane (anche come animale cattivo, nel medioevo era l’animale più sporco, considerato a un simbolo di lussuria) (troia= derivazione di Porcus troianus) Dagli ebrei è molto forte il taboo, del maiale, nel levitico e nel deuteronomio ci sono specifiche regole sul cosa mangiare, pensando sicuramente agli animali che vivevano nella zona. Pensavano ai ruminanti, con un certo tipo di zoccolo. Il maiale è un animale atipico, che esce dalle regole generali della religione, che reputa anche il cavallo in questa dimensione, taglia fuori anche il coniglio. Legato dunque alle regole per una corretta e pura vita e sinonimo di prova valorosa per un guerriero. Il maiale che conoscevano i nostri antenati era molto diverso rispetto ai nostri, erano più simili ai cinghiali. Cinghiali considerati molto per l’aggressività, la forza e il coraggio, + molto protettivi per la prole e quini visti meglio, come tratti positivi. Il cinghiale è un animale aggressivo e forte che impegna i cacciatori in una caccia più impegnativa Sarà poi la chiesa a sconsigliare la caccia al cinghiale, consigliando la corsa al cervo, in quanto più facile, anche la volpe sarà poi più facile da cacciare. Inoltre il maiale è legato all’idea di abbondanza e di buona sorte e di fortuna, avere dei maiali, un allevamento, voleva dire essere ricco e stare bene, in quanto assicuravano un rapido incremento di soldi e ricchezza, una tradizione che risale ai tempi dei romani era quella di regalare un piccolo rimando a un maiale, perché fosse un simbolo di ricchezza e buona sorte, e dei soldi. Tendiamo dunque a seguire schemi e regolazioni per darci una regola di vita viene poi canonizzata in base al valore prescrittivo che questa ha. Storicamente la nostra alimentazione deriva dall’agricoltura, con una minima manipolazione; invece, dallo sviluppo dell’industria alimentare siamo arrivati a usare numerosi cibi processati, che aggiungono spesso numerosi grassi o comunque sostanze che aumentano quelle che sono le varie soluzioni per aumentare la conservazione e fanno piacere i sapori dolci e grassi. Parte delle malattie legate alla società occidentali sono legate a questo cibo processato. Gli staple food, i cibi di base si sono diffusi enormemente, alcune delle culture tipiche di alcune zone del mondo hanno gravemente diminuito la loro presenza. Cominciano a occidentalizzarsi le cucine, diventano più simili, la loro cucina locale e il loro stile di vita si uniforma come le culture a quella portata avanti dal mondo americano. Il cuore dell’offerta di Grune sta nella socialità del luogo. Egli afferma proprio che seconda la sua visione era quella di costruire una “città ideale”. Quest’ultima collegata ad aspetti positivi: - Parcheggi: sempre disponibili - Vendita non obbligata - Sicurezza: vi sono molte guardie e ciò garantiva un posto sicuro - Posto dove passare il tempo Lo notiamo anche in Italia e il sabato e la domenica, ad esempio, una famiglia decide di frequentare questo luogo di aggregazione sociale. Non vi è il problema del sole e della pioggia. Vi è un illuminazione perfetta, aria condizionata, ecc. Per Baudrillard un simulato è una costruzione artificiale che però mima la realtà. Un simulato della realtà presenta aspetti reali al suo interno ma è stata creata artificialmente. Il centro commerciale cerca di mimare la città eliminandone e gli aspetti negative ed esaltando quelli negative. Il simulato rappresenta un aspetto importante della società dei consumi del 20° secolo. Debord è autore del testo della “Società dello spettacolo” (1967). Debord ha ispirazione marxiana ma si rende conto di come alla società stia cambiando e il seguire in toto la teoria marxiana non è più sufficiente a spiegare la realtà che si stava formando. Con questa nuova società del consumo bisognava effettuare un passo avanti. Non bisognava solo pensare alla grande fabbrica e alle sue macchine, in quanto all’interno della società avveniva qualcosa di diverso. La realtà concreta è divenuta meno importante della sua apparenza. Tutto per avere un’importanza deve apparire. Gli stessi lavoratori sono diventati consumatori e le famiglie sono entrati a far parte della società dello spettacolo. La forma e l’apparire ne fanno da padrone. Si effettua una distinzione fra le società capitaliste e marxiste. Le società dello spettacolo è vera tato all’est quanto all’ovest. Ad est prende u. forma di “spettacolo concentrato” in quanto le leve del potere sono in ma no ad unico centro (culto della personalità). Vi è un unico centro di diffusione. Debort espone chiaramente come non vi sia un aberrazione ma la logica della società dello spettacolo ha portato a quella trasformazione (il primo centro di spettacolo è rappresentato dal centro del potere: parte del sistema). In Occidente vi sono le democrazie ma vi sono parecchi centri di potere economico, per cui le grandi imprese hanno un potere di manipolazione e spettacolarizzazione. Debort quindi parla di spettacolo diffuso che non ha un'unica centralità ed un unica forma. Essa è il risultato di più centri del potere. Questo però non significa libertà. Nel 1988 scrive “i commentari alla società dello spettacolo” e in questo testo Debort effettua una riflessione sul testo precedente. Ammette come purtroppo tutto si è realizzato ed espone come la società dello spettacolo sia divenuta più forte di prima. Non vi è più speranza di uscirne. A questo punto (nel 88’) non si può parlare di u o spettacolo diffuso da una parte concentrato da un’altra ma essa ha preso un piano su tutto il pianeta. Si deve parlare di “spettacolo integrato”. Qualcuno ha voluto leggere il suoi suicidio come la speranza di non poter cambiare il mondo. La Mall del 56’ ha rappresentato qualcosa di pionieristico e le Mall di oggi sono praticamente uguali. Troviamo le scale mobili, alcuni elementi della natura inseriti, bar, ristornati, piccoli monumenti e gente che passeggia. Il fatto di essere un simulato della città continua a persistere. La Mall of America è la più grande al mondo dal punto di vista dei negozi presenti. 400 negozi con 12.000 addetti. Essa è stata costruita all’interna di un grosso parco. Troviamo alcune della più alte montagne russe, un campo da golf (è possibile spostarsi in barca) e complessi cinematografici. Esso rappresenta un luogo di consumo e divertimento. SI porta il discorso della spettacolarizzazione allo stremo. Tanto è vero he esso rappresenta uno dei luoghi più visitati d’America (certe agenzie propongono addirittura dei tour). Dubai presenta alcune della Mall più importanti al mondo che rappresentano una vera e propria fortuna. Dubai essendo un paese molto caldo presenta un vero e proprio invito nella frequentazione di questi luoghi. Se ci si stanca ad esempio troviamo anche una pista di sci finta (rappresenta un qualcosa di esotico ciò). In Italia si è diffusa una variante che è ,molto più vicina all’outlet. Di fianco alla fabbrica si poteva trovare una rivendita in cui si potevano effettuare affari. Si pensò di creare shopping centre più legati allo stile italiano. Per cui questo che è considerato il primo e importante centro mima un piccolo paesaggio che si può trovare sulla costa ligure. Troviamo quindi una mini città artificiale che può far pesare come il tutto sia stato creato prima. Un altro esempio è rappresentato da Castel romano. Troviamo motivi architettonici legati all’antica Roma e nel Lazio Vulcano Buono a Nola (Na) vi è un simulato del Vesuvio. Buono in quanto non erutta. Queste esperienze potrebbe essere soddisfatti tramite l’esperienza della realtà virtuale. Le esperienze dal vivo però rimangono un qualcosa di non paragonabile. Simulazione - Grandiosità - Imitazione (con caratteristica dell’esagerazione) - Scomparsa delle imperfezione - La realtà ricostruita diventa potenziata, ancor più bella e idealizzata (realtà più perfetta della e incentrata sulla caratteristica del consumo). La società del consumo pine il consumatore in una posizione di vantaggio, ovvero in quella situazione in cui esso possa comprare (livello di spesa che lo spinga a comprare). Si investe in una grande cosa spettacolare, ma si cerca di proporre ad esempio un in grosso libero (dentro però per acquistare si paga parecchio) o come il caso di Disney dove si paga un biglietto piuttosto costoso ma senza costi all’interno. La società dei consumi si differenzia dalla società del lusso passata. La società dei consumi dovrebbe essere inclusiva e democratica. Il Planet Hollywood vuole replicare in ogni suo aspetto il mondo hollywoodiano. Sono stati presi scenografie e vestiti utilizzati nel mondo del cinema. I. questo luogo ci troviamo immersi nei grandi blockbuster di Hollywood (con anche ei menù a tema). Da Hard Rock possiamo trovare chitarre o altri oggetti collegati a famosi artisti. Da Rainforest possiamo trovare fiori e vegetazione esotica. Vi è la caratteristica del temporale susseguita poi da un cielo sereno. Anche il menù risulta essere esotico. Un’altra simulazione molto particolare è presente nella zona dell’ex Germania dell’Est. Qui troviamo dei negozi (Ostalgie) basati sulla nostalgia che in certi casi vanno a riprodurre i vecchi e pessimi prodotti di questa zona. Vi è gente che va comprare questi prodotti per riscoprire le tradizioni di una volta. Celebration è una città che è stata costruita ai tempi di Walt Disney. Egli credeva moltissimo che se funzionava tanto bene la fantasia e l’immaginazione, perché essa non poteva essere portata nella realtà. Si poteva vivere tutta la vita in un posto del genere. Egli con molta fatica, riesce a realizzare questa operazione. Sceglie lo stato più amato per via del clima e altre caratteristiche, ovvero la Florida e un osto molto bello. Vi è un lago artificiale e una città ideale. Troviamo case con giardino e messe a posto, un sacco di verde, campi sportivi e servizi super funzionanti. Una città in cui i servizi sono importantissimo ( non si trova sporco), sempre seguiti e soprattutto non sono fissi (non devono dare fastidio). Vi è una sempre attenta vigilanza (si dice che vi sia stato un furto ma probabilmente non è vero). Nonostante tutto però questi luoghi sono abitati da persone facoltose. Un elemento per concludere questo discorso è che esso è vissuto in maniera più forte. Alcuni degli elementi che possiamo dire: - Tendenza di unire il consumo al divertimento: parchi a tema, negozi a tema - Inclusione: questo tipo di sviluppo della società dei consumi mira a coinvolgere la maggior parte del pubblico possibili - Turismo: esso che una volta era molto impronto nell’andare a vedere la città d’arte, svolgere un pellegrinaggio, ecc. Oggi presenta un’attrazione formidabile verso luoghi come il negozio di moda e altri luoghi del consumo. - Internet: un po’ tutto questi luoghi sono legati a doppio filo con la vita mediata attraverso internet. Ritzer in questo caso parla di un Inclusione del tempo e dello spazio. Questo luoghi del consumo concertano nello stesso spazio molti tipi di esperienze. L’esempio migliore tramite interne è rappresentato ad esempio dalla visita ad un ristorante per l’acquisto a qualsiasi ora del giorno. La società dei consumo è disponibile ad arrivare a casa mia. Lezione 12 aprile Si sono sviluppati dei luoghi di consumo che per l’etichetta potremmo definire esclusivi. Contrariamente a un ipermercato, un grande shopping center o un parco a tema, scelgono un preciso target, non necessariamente basato sul discorso economico. Ci sono dei nuovi luoghi pensati per un esclusività di interesse. Se guardiamo oggi troveremo molte pubblicità che addirittura non reclamizzano un prodotto specifico, ma solo il nome/brand, un marchio. Prendendo in considerazione la storia della pubblicità, si è andati verso un discorso di pubblicizzazione del brand in sé stesso. Si è creata per l’appunto una branca del marketing che si chiama “brand management”. Vi sono degli specialisti che non spingono solo un prodotto singolo, ma serve che si affermi e rimanga popolare il marchio (con quel marchio si venderanno scarpe, palloni, tute, ecc.). Per certi versi non vale la pena spingere un solo prodotto, in quanto il risultato della casa è un equilibrio fra tutti. Quello che conta è spingere il brand ma come si può fare? Buona parte di questa pubblicità riguarda il vendere uno stile di vita più che un prodotto. Nel caso della Nike facciamo riferimento a una promozione del punto di vista dello stile sportivo. Nike e altri cercano di far riconoscere il cliente nel proprio mondo. Quindi essi hanno aperti una serie di negozi, dei concept store ispirati a una precisa filosofia. In questo caso la filosofia deve essere sportiva. Questo tipo di pubblicità e consumo è legato a quello che noi chiamiamo life style. Questa evoluzione molto importante rispetto alla storia della pubblicità ha avuto un impatto importante sui luoghi del consumo. Dove vado a vendere questo lifestyle? Devo creare dei negozi apposti che noi definiamo monomarca. Molti di questi negozi sono gestiti direttamente dalla casa e hanno solo i prodotti di essa. Rispetto ad anni fa vi sono molti negozi di questa tipologia. Proprio perché la casa, in questo modo, riesce a gestire il messaggio. Il negozio stesso diventa una forma di pubblicità. In questi ambienti gli arredi interni, i colori, le musiche rappresentano un qualcosa di studiato per lanciare un messaggio. Se andiamo in un negozio di questo genere possiamo trovare immagini di sportivi o imprese sportive. Tutto ciò è costruito per rinforzare il messaggio. I Disney store sono la stessa cosa e dentro questi negozi si cerca di ricostruire la stessa atmosfera, la magia, le favole e il fatto di sentirsi a proprio agio piacevolmente come se ci si trovasse nei parchi. In un altro negozio di Ny (Miyake) si cerca di trasmettere al cliente la rarità (si ha l’impressione di entrare in un museo di arte moderna). Si ha timore di provare il capo, in quanto il contesto ci offre un qualcosa di raro. Dal negozio Prada di New York notiamo l’intangibilità come elemento di rarità. Si nota la spettacolarizzazione dell’ambiente. I vari spazi sono stati realizzati da famosi architetti. Si può dire come si punti tantissimo sulla spettacolarizzazione che però deve mettere in evidenza la preziosità di questi oggetti. La tendenza finale che si evince in termini di esclusività ci racconta una forma di spettacolo che contamina la vita quotidiana. I concept store trasformano la vita quotidiana in uno spettacolo legato ai consumi. Arriviamo all’apice, ovvero che nello spettacolo è divenuto un elemento insito alla vita quotidiana. Notiamo come vi sia una catena che trasforma i luoghi di consumo e far si che essi invadano la quotidianità. Vi è però una parte del mondo, dove la povertà non permette di sviluppare ciò. I supermercati ci possono anche essere però in molti casi la roba non arriva e quindi a questo punto dobbiamo effettuare il rovescio della medaglia. 1) La società dei consumi non si è distribuita in maniera omogenea. Troviamo delle grandissime disparità che presentano un problema di disuguaglianze. 2) La sicurezza dei prodotti che vengono venduti rappresenta un altro problema. Siamo sicuri che vi sia un controllo sulla sicurezza dei consumatori? Il cibo (e gli ultimi come per quanto riguarda il discorso del sintetico e degli Ogm) molto spesso non presentano controlli adeguati. 3) Questa società dei consumi in contatto con molte realtà ha creato fenomeni di accettazione e interesse e a volte fenomeni di totale rigetto e rifiuto. Come, ad esempio, le società islamiche contro i prodotti occidentali. Nelle società dei consumi vi sono quindi forme di resistenza interna. La scuola di Francoforte mette in luce come tutto sia messo in vendita e come vi sia una cultura di massa medio bassa che è rappresentata dai figli i Hollywood che piace a tutti (si vende e compra tutto). Presenta forme consolatorie per le persone e confeziona una blockbuster che piace a tutti. Al contrario di ciò però noi pensiamo come il consumatore sia un soggetto attivo che è capace di accettare o meno questo messaggio. Il film può piacergli o meno e non per forza andrà a convertirsi. In questo caso dalle subculture possiamo anche vedere simboli tipici trasformati (esempio Rambo trash con i capelli blu). I cultural studies devono essere interpretati dai consumatori (consumatore soggetto attivo). Dal grafico esposto notiamo come vi sia ancora una preoccupante malnutrizione. Si nota come in aree come India e Africa il discorso della nutrizione di base risulta essere molto grave. All’interno degli stessi paesi possiamo trovare forte forme di disuguaglianza. Questo altro grafico ci racconta come nel momento in cui si afferma il consumo e di benessere, se vi sono forme di malattie legate alla ricchezza. Una dieta piena di calorie può creare ad esempio problemi a livello cardio-circolatorio. Altro problema è collegato all’alcolismo. Il terzo grafico è l’elefante di Milanovic ci aiuta a spiegare le relazioni fra le diverse aree del mondo e gli stessi paesi. Questo economista analizzando il periodo delle globalizzazione (1988-2008) ha effettuato il conto di come soni variati i guadagni delle persone nelle varie aree del mondo divise in fasce percentili. Anziché mettere tutti i redditi insieme li si possono dividere ad esempio in 10 fasce. Quindi troveremo nella fascia più alta chi ha redditi sopra i 10 milioni di euro, una seconda fascia riguardante i redditi fra un milione e due milioni, terza fascia fino a 500 mila euro e così via, fino ad arrivare all’ultima fascia (1000€ all’anno). In questo modo nella mia classe avrò dieci fasce, dove vi sarò un milionario e tutti gli altri redditi sono dentro le prime tre fasce (per quanto riguarda i 1000€ ne avrò pochi mentre tra i 1000 e i 10.000 avrò quasi tutti). Questo sistema di percentili ci offre un immagine veritiera delle cose. Milanovic quindi ha preso la fasce percentili, prendendo in considerazione la variazione di reddito die diversi paesi. Infine ha tirato una serie di dati molto interessanti. 1. Il primo pallino ci indica le variazioni di reddito della fascia dell’Africa subsariana o in altre zone più povere. I percentili sono uguali a zero e addirittura hanno perso qualcosa in questi vent’anni. La globalizzazione per loro non è andata bene. Milanovic, infatti, li ha inseriti fra i losers. Però vi è un altro gruppo di losers che conclude questo punto qua che ci aspettava ma che allo stesso tempo ha creato più dibattito. Essi dapprima avevano un buono stipendio negli anni 80’ ma all’interno di questo discorso della globalizzazione hanno perso e sono andati parecchio sotto lo zero. Essa è la classe media occidentale che evidentemente con il discorso della globalizzazione ha avuto un contenimento molto forte (variazione al ribasso) del proprio reddito effettivo. 2. Il secondo punto, ovvero i winners, rappresentano coloro che hanno ottenuto un buon livello di reddito. Sono aumentati del 60/70% in più rispetto a prima i loro redditi. Rappresentano le fasce medie dei paesi emergenti (come la Cina e l’India). Tutti paesi dove si è spostata la produzione e la globalizzazione. Queste persone hanno trovato le fabbriche, nuovi impieghi e un lavoro meglio pagato. La classe media di queste aree continua a guadagnare un po’ meno di quella occidentale ma ha attraversato una trasformazione in questi vent’anni enorme. 3. Notiamo poi il 3/6% della popolazione super ricca (percentile più alto). Riguarda aree quali Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Germania e Francia (per toppi dell’1% riguarda aree quali Brasile, Russia e Sudafrica). In questi vent’anni sono saliti moltissimi. Milanovic nota la somiglianza ad un elefante prendendo in considerazione questa linea. La parte bassa della coda rappresenta i paesi poveri che non hanno guadagnato, il dorso che sale sono le classe medie dei paesi emergenti che hanno guadagnato tantissimo, il naso e la proboscide sono le classi medie dei paesi occidentali che hanno perso tantissimo e invece la proboscide che sale sono i superricchi. Dal 2008 fino ad oggi è che per via della crisi del 2008 e della pandemia i primi in grigio sono andati ancora più sotto. La povertà è aumentata in questi paesi che sono stati colpiti duramente dalla crisi (coda che è andata più giù). I paesi dei ceti medi emergenti hanno Johan Huizinga scrive “Homo Ludens” nel 1938. Egli si oppose in maniera forte al regime nazista e purtroppo morì in un campo di concentramento. Egli si domanda se è possibile che un pezzo così importante dalla vita venga trascurato. Si sottolinea come il gioco faccia parte della vita anche durante la fase adulta (es. scacchi, carte) ma è come se non ci si pensasse. Il gioco è importante per ogni vita umana in quanto esso fa parte del modo in cui noi ci esprimiamo e per i bambini è il modo per scoprire il mondo stesso. Esso rappresenta una piacevole scoperta di sé stessi. Per arrivare alla felicità bisogna essere consci dell’importanza di questa dimensione. Huizinga espone come: 1. Il gioco sia un azione libera e senza costrizioni esterne (si contrappone al mondo del lavoro in cui vi sono regole e tempi da rispettare). SI sottolinea quindi l’aspetto della libertà . 2. Un secondo aspetto è che quando si gioco si può generare un momento di realtà distinta da quella normale. In qualche modo si crea una realtà fittizia e fantasiosa che si distingue dalla vita normale. Si definisce quindi un “cerchio magico” in cui solo li valgono certe regole (le regole che ci siamo dati nel gioco). 3. Un terzo elemento per definire il gioco è il disinteressamento. Il gioco per piacere e qui tornano i temi della libertà e della soddisfazione personale. 4. Esistono comunque delle regole e il tutto si svolge in tempi e modi precisi. All’interno del cerchio vi è una forma di strutturazione. Il gioco crea una specie di ordine all’interno del cerchio magico grazie alle regole che ci si dà. 5. La presenza di più giocatori può anche creare incertezze e conflitti (competizione con l’altro). Sai creano elementi della vita reale. 6. Ultimo elemento è la creazione di una comunità fra le persone che stanno giocando. Per Huizinga quindi il gioco offre una serie di regole e il cerchio magico è importante per definirlo. Il gioco è un elemento molto importante nella nostra vita, non è casuale, è positivo, ci immette in questo magico e ci dà un senso di libertà, creando un senso di comunità (legame fra i giocatori). Huizinga distingue due categorie di giochi 1. Paideia: Ovvero il gioco libero in cui uni si esprime e si sfoga. 2. Ludus: Ovvero il gioco strutturato vero e proprio. Un gioco che presenta regole da seguire per partecipare. Per arrivare a un altro contributo in questo ambito dei giochi bisogna arrivare a Callois. Egli scrive il testo “I giochi e gli uomini” e riprende il discorso di Huizinga mettono in luce chiome bisogna effettuare delle categorie maggiori. Questo in quanto bisogna anche divedere le categorie di giochi. Ne espone 4: 1. Agon: Giochi competitivi (caratteristica dell’agonismo) in cui vince il migliore. Un gioco che presenta quindi un confronto e un vincitore. La fascinazione deriva dal confronto con un altro/altri. Ci si mette alla prova 2. Alea: Essa ci ricorda la fortuna e la sorte. Per cui tutti i giochi che dipendono dalla sorte. Discorso di fortuna e casualità e a volte vi può essere la ricompensa per il rischio (es. la roulette). 3. Mimicry: Ci ricorda il mimetismo. Giochi in cui si assume un’identità fittizia (giochi di travestimento, giochi in cui si fa finta di essere qualcun altro). Un esempio è anche il carnevale. 4. Illinx: Vuol dire vertigine e si fa riferimento a giochi basati sul rischio. Giochi in cui la fascinazione viene dal rischio provato. Si fa notare come la fascinazione legata al gioco possa avere motivazioni diverse. Vi possono essere combinazioni fra queste cose. Si sottolinea come nel gioco si parli poco. Un vero e proprio filone sul gioco non vi è mai stata e il gioco nella nostra società non ha un primo piano. Se noi pensiamo alle categorie illustrate, nelle nostre giornate/settimane vi sono momenti collegati al gioco ma in qualche modo non vi è la riflessione su esso. Il pregiudizio sui videogiochi quindi parte dal fatto che nella nostra cultura il gioco è stato messo da parte dal punto di visat concettuale. Il gioco viene cavalcato quando entra nel business dello spettacolo. I videogiochi sfruttano molto di più la tecnologia e come abbiamo detto si scontrano con il pregiudizio. In più essi sono gli ultimi arrivati e vi è l’idea che essi rappresentano un qualcosa di banale destinato a un pubblico di bambini e adolescenti. Non risultano raffinati come il gioco degli scacchi o del calcio ad esempio. Essi rappresentano un divertimento semplice. Tutti i più grandi sviluppatori sono partiti in queste grandi università americane della California studiando i primi linguaggi macchina e facendo giochi. Fa parte della cultura di questo mondo il videogioco. I videogiochi si sono sviluppati presso la Silicon Valley. Seattle è la sede di Microsoft. Il trailer The last of Us 2 (PS4) per vedere i grandi sviluppi tecnologici alla quale sono arrivati i videogames. Lezione 23 aprile Da che cosa è costituito un videogioco? In realtà vin sono vari elementi di cui dobbiamo tenere conto. 1. La grafica: Esso è uno degli elementi visuali che abbiamo nel gioco. Se facciamo quel lavoro di analisi specifica del videogioco proposto, questo vuol dire considerare: - La qualità estetica: il disegno (tradizionale, in 3D, ecc.), l’immagine, l’uso dei colori, ecc. Molti giochi sono molto semplici dal punto di vista grafico rispetto ad altri. Quindi la grafica ci avvicina al regno della fotografa e del cinema ma risulta più complessa nel mondo dei videogiochi. 2. Il suono: Esso vuol dire sicuramente gli audio per cominciare. Vi è una vera e propria sceneggiatura (vi sono dei dialoghi portati avanti dai personaggi) ma dobbiamo considerare anche la colonna sonora del gioco. Per i giochi più belli sono utilizzati dei compositori fmaosi (musica molto importante) - Effetti sonori: sono molti importanti (es. finestra che batte, rumore della pioggia) in quanto aggiungono molto organismo al tutto. 3. L’interfaccia: Siamo in un regno specifico del videogioco. Esso è quel tipo di apparecchio/device che permette l’interazione tra giocatore e il gioco stesso. Non è possibile usufruire dei giochi passivamente. Essa può essere il mouse, computer, joystick, gamepad, movimenti che una camera registra, ecc. Questo tipi di interfaccia risulta essere necessaria. 4. Narrativa: Ci riporta alal letteratura. Ogni tipo di gioco ha una qualche linea di storia, uno sviluppo, una qualche forma di intreccio e ambientazione che lo rende interessante. Essa in molti giochi è una parte molto importante e in molti casi risulta essere scritta da professionisti. L’ambientazione, il personaggio e il periodo storico servono ad attirare l’interasse dello spettatore. 5. Giocabilità (o gameplay): Anch’essa è tipica dei videogiochi e corrisponde all’interazione del giocatore per fare un ?. Egli ha bisogno di un device fisico o virtuale per interfacciarsi con il gioco e la giocabilità corrisponde all’azione del giocatore. Esso è un aspetto molto I primi giochi sono nati (nei primi anni 80’) con delle limitazioni dei dati del caricamento che ponevano delle grosse delimitazioni dal punto di vista della grafica. Questo tipo di gioco ci presenta una struttura che possiamo chiamare chiusa. Nel senso che questa struttura che presenta chiaramente un inizio, più livelli (livelli autonomi collegati fra di loro) e una chiusura (il punto finale che conclude la storia). È quindi una struttura chiusa che è rappresentata da molti giochi che esistono tuttora. Questi giochi vengono chiamati tuttora giochi platform. È come se si muovessero su una piattaforma. È un problema tecnico che è diventato a un cero punto uno stile di gioco che ha avuto una possibilità andando avanti. Questi tipi di giochi presentano una struttura che si può ripetere all’infinito. In quanto non vi è un livello in cui io non possa migliorare (posso fare il tutto più velocemente). È il motivo che per molti di questi giochi sono stati creati dei veri e propri tornei e i giocatori sono divenuti professionisti molti famosi e ricchi. Molto spesso riguarda giochi di squadre. I giochi platform presentano colori molto sgargianti rispetto a quelli precedenti che puntano molto sul realismo. Il platform ha trovato maggiore spazio in queste versioni rinnovate, puntando a questa grande lucentezza grafica e colorata. Essi sono giochi che si rivolgono a un pubblico diverso. Altra possibilità andando avanti nel tempo e nella tecnica, quando si sono sviluppati computer più performanti che hanno avuto la possibilità di utilizzare dei dati più ampi e continui, vi è stata la possibilità di muoversi da questo tipo di struttura a una struttura che invece è un po’ diversa. Vi sono strutture di tipo narrativo che raccontano una storia come se fosse un libro, in cui tendenzialmente vi è una storia lineare con una fine. Questa struttura lineare è strutturata come un libro (non abbiamo livelli) e intorno a una storia generale abbiamo il nostro protagonista che deve andare ad esempio a salvare qualcuno da un assedio. Nel mentre avrà una serie di elementi per cui troviamo una trama complessa che assomiglia a quella di un romanzo. Noi siamo liberi di effettuare il percorso da fare. In molti casi, per esempio, un obiettivo possiamo farlo dopo o non farlo. In certi casi dobbiamo svolgerli per forza e in alcuni casi alcuni hanno addirittura degli elementi secondari o delle ulteriori ramificazioni che possiamo anche saltare. Questo vuol dire che vi è molta più libertà nel gioco. Qui vediamo una direzione generale (inizio e fine presenti) però presenta una serie di possibilità di sviluppo molto più libere, lasciate alla scelta del giocatore. Sta a noi costruite il viaggio per arrivare fino alla fine. Esiste quindi una struttura aperta che non ha la rigidità vista prima. All’interno di queste strutture esiste però la possibilità di immaginare un’altra struttura. Il nostro cavaliere, ad esempio, sa cos deve fare ma si scopre come egli può muoversi dappertutto e lo spazio e a sua disposizione. Bi è una narrativa di massima ma si può muovere nello spazio e ad esempio scopre che può compiere diverse azioni in diversi luoghi. In altri giochi potrebbe esserci una situazione infinita o quasi. Parliamo di struttura aperta infinita (posso andare avanti a giocare per sempre). Sostanzialmente questo tipo di strutture aperte infinite (open word) sono quelle che naturalmente permettono la maggiore libertà. A questo punto vi è più un ambientazione e la narrativa risulta essere più complessa. Il primo esempio di questi mondo aperto è stato Sims City. L’idea è quella di costruire una città. Il gioco mima in maniera imperialistica la costruzione della città (infrastrutture, energia elettrica, acqua, discariche e così via, persone che devono decidere come spendere i propri soldi, ecc.). Il gioco quindi appare infinito. I Sims essendo originali e molto vicini alla realtà andavano incontro a situazioni difficili quali incendi, terremoti e altri disastri naturali. Ciò comporta la ricostruzione della città e ciò fa risultare il gioco infinito. Ci si concentra poi non solo sulla ricostruzione della città ma anche sugli abitanti. Vedremo poi come ci si concentrerà sulla costruzione della comunità. Adesso andremo a vedere i vari tipi di gioco che ci sono. È importante capire le tipologie (premesso che vi sono commistioni) di più tipologie è importante perché i videogiochi hanno un lunga storia alle spalle (50 anni di importante sviluppo). Esistono dei filoni (come nel cinema) che vi sono sviluppati e i giochi che entrano questi filoni non possono non guardare cosa vi è stato prima e in taluni casi fanno dei riferimenti a tipologie di gioco/ personaggi che sono divenuti famosi in quei filoni. È importante distinguere il tutto anche per un approccio commerciale (i produttori cedono quando funziona una certa tipologia di gioco in un determinato periodo). - Action (Scena-azione): potrebbe essere legato al gioco ad esempio di combattimenti. Esso vede al centro del gioco il nostro giocatore che deve muoversi, combattere, lottare, ecc. È uno dei filoni di giochi più popolari in assoluto (ha dato origine a dei sotto filoni in assoluto). In qualche modo i giochi platform sono basati sull’azione, sulla velocità, ecc. Action va inteso non solo come compartimento ma vi è la presenza di action riguardo il ballo ad esempio. - Shooter: Essi sono un pezzetto degli action, dove si spara. Essi sono molto importanti e vengono considerati in maniera distinta dagli action. Si distinguono tre tipi di action:  First person shooter: Questi sono i giochi in cui sostanzialmente la visuale è in prima persona. Molti dei giochi di shooter hanno questa visuale in quanto molto immersiva  Third person shooter: Essa è la visuale quasi non utilizzata dove noi vediamo il protagonista che muoviamo.  Top down shooter: Sostanzialmente abbiamo una visiona aerea dell’ambiente. I personaggi sono piccolini e si muovono. - Fighting: Altra sottospecie degli action che riguarda il combattimento. Si distinguono dagli shooter in quanto si intende il combattimento corpo a corpo. In questo caso si imparano delle mosse, bisogna essere rapidi, ecc. - Adventure: Nasceva sostanzialmente come giochi di avventure ed esplorazione. Col protagonista si torva in un ambiente storico, fantastico e de ve scoprire quello che c’è. I primi importanti che troviamo sono ispirati dai film di Indiana Jones. Un sottogenere che ha preso molto è stato quello di mischiare l’avventura con degli scontri con delle figure antagoniste (episodi di action: action adventure). Una delle ultime versioni è stata quella (in 3D) del real time, ovvero grazie alla possibilità di essere connessi come oggi, ogni personaggio corrisponde a un giocatore e le loro battute e azioni vengono stabilite immediatamente. Vi è un dialogo dove due persone effettivamente parlano. Lezione 23 aprile - Giochi di ruolo (role-playing games RPG): si parla di giochi in cui il giocatore può intraprendere diversi ruoli. In essi noi abbiamo la visione grafica in terza persona e la differenza si basa sul fatto che devo muovere più personaggi. Il gioco richiede che io interpreti abilità diverse. Esso è un gioco complesso che permette estrema varierà. Ciò che lo ha fatto esplodere e il fatto che esso sia un mondo aperto che posso continuare a girare. Essi sono divenuti molto importanti dal momento in cui si sono potuti giocare online, vi è stata l’occasione di poter giocare in maniera collettiva (MMORIPG: Massive multiplayer online role-playing games). Esso diviene un caso sociale - Strategy Simulation games: È richiesta una strategia e la cosa importante è sviluppare un certo obiettivo tenendo a mente una certa strategia. Un esempio è The Sims dove prima creo le infrastrutture, risolvo il problema dei rifiuti e dell’energia elettrica e poi creo le case. Altri giochi sono quelli relativi alle strategie di guerra. Qui devo sviluppare una scelta logistica per far muovere l’esercito, delle buone alleanze, ecc. Essi sono giochi di strategia molto complessi. (es. Sid Maier’s Civilization VI). Il gioco non va inteso come un passatempo. Ama va aletto anche come un modo per imparare e capire le cose. Questa morale non è esplicitata direttamente ma si cerca di mettere alla prova noi stessi (noi alla prova con delle determinate situazioni). Ciò rappresenta come un videogioco può essere interessante in quanto ci porta a compiete delle scelte e capire quali sonio gli svantaggi e i vantaggi di una situazione. - Sport Games: I giochi più venduti sono quelli di calcio. Vi sono sia giochi da singoli giocatori che di squadra. Molto popolari possono essere giocati sia da amici che da gruppi. - Racing: Gare di qualunque tipo come quelle di automobili, moto e altro. - Family entertainment: Comprende giochi diversi. Sono pensati per essere più a livello famigliare. Meno impegnatici dal punto tecnico e della fattibilità. Vi sono poi tutte le versioni digitali dei classici giochi come gli scacchi, carte, dama, ecc. In questa famiglia noi mettiamo anche i giochi educativi. Vi sono dei giochi che sono pensati per le persone più anziane e che tengono in allenamento il cervello (es. Brain Training per Nintendo Switch) - Casual Games: Essi sono i giochi semplici e non impegnativi. Essi sono in buna parte i giochi che sono venuti fuori per i cellulari/tablet. Essi presentano un meccanica semplice e ripetitiva. Risultano meno interessanti rispetto a quelli visti in precedenza però sono divenuti importanti per il numero di cellulari presenti in giro. Il pubblico potenziale è enorme e quindi questi giochi possono essere elargiti gratis (con pubblicità che si può trovare all’interno) o a basso prezzo. assume dieci forme che presentano caratteristiche particolari e sia in forma maschile, femminile, animale e ibrida). Nei giochi di simulazioni vi è l’invito di creare un avatar (come in The Sims). Dagli studi che abbiamo sappiamo che tutte le persone che creano un avatar nei giochi non fanno mai un immagine identica a sé stessi. Si tende a diminuire l’età, a cambiare il sesso, ecc. L’avatar permette di sperimentare modi di essere al mondo diversi da quello che noi siamo. Lezione 29 aprile Altro discorso da fare riguarda l’aspetto sociale. Stiamo parlando del social gaming. Esso è importante in quanto quando abbiamo parlato di videogiochi, essi vanno incontro ai pregiudizi. Uno di questi pregiudizi riguarda il come è considerato il videogioco nella cultura occidentale e come il lavoro venga considerato qualcosa di serio rispetto al gioco. Uno degli altri pregiudizi è quello che i giochi prevedono u a forma di chiusura del giocatore (es. immagine dei ragazzini che si rinchiudono in una stanza ). Si perde così la socialità. Questo luogo comune è rimasto finche sono arrivato i giochi collettivi online che hanno cambiato un po’ le cose. Nerd è una parola che è divenuta popolare. Il nerd è l’appassionato di videogiochi di prima generazione. Fisicamente si nota che non pensa all’aspetto fisico e sociale ed è passionato di elettronica e fantascienza. All’inizio non era sicuramente un complimento ciò. In realtà col passare del tempo molti di questi attributi negativi sono andati sparendo. Il nerd è un appassionato di elettronica che si dedica molto a ciò. Il geeks è anch’egli appassionato di elettronica e videogiochi. Egli rispetto al precedente, ad esempio, predilige star wars a star trek e soprattutto coniuga la sua passione alla sua socialità. Notiamo come egli rappresenti una figura molta diversa dalla precedente. Queste due figure non vedono una contraddizione dall’esser appassionati di videogiochi e forme di socialità. Questi giochi essendo online permettevano di giocare in tanti. All’inizio si teneva a giocare fra gruppi di amici ma col tempo si creeranno gruppi di comunità che giocheranno allo stesso gioco. Possiamo quindi parlare di una socialità di tipo diverso. Una forma di socialità che si sperimenta sui social (amici che vedo al sabato sera e amici che vedo sui social). Nei videogiochi ci presentiamo come avatar. Noi abbiamo rapporti primari (famiglia, parenti, amici più stretti) e relazioni secondarie (molto più ampie, superficiali in quanto riguarda persone che non conosciamo così bene ma che comunque risultano importanti per la nostra vita sociale). Il rapporto tramite la tecnologia non è un rapporto diretto e fisico. Noi siamo attratti da questi tipi di rapporti in quanto questi rapporti risultano un po’ diversi e il primo elemento di diversità è che presentano meno barriere: facciamo meno fatica a conoscerli. Se si partecipa a un gioco si dialoga facilmente con chi è collegato. Ciò è stato utilizzarlo da molti studi che hanno visto che si effettuano una serie di azioni e comportamenti in quanto abbiamo paura che la persona possa reagire in un determinato modo. Il fatto di aver meno barriere nel rapporto con un’altra persona può avere degli svantaggi (non conoscere realmente l’altra persona) ma può avere di vantaggi (essere più liberi di esprimersi). Vi sono anche dei comportamenti eccessivi (insulti, parolacce, ecc.) e per questo risulta essere molto importante la figura del moderatore. I videogame sono stati un campo di sperimentazione per espedire la socialità. Il discorso del social gaming è un discorso che ci porta dire che non p vero che il campo dei videogiochi porti a una chiusura della persona ma diciamo che si aggiunge una nuova modalità di avere dei rapporti. Una di queste conseguenze relative al social gaming è che persone sin da giovani si soni buttate nella questione del gioco competitivo (divenendo molto brave tra l’altro). Si cerca di far diventare ciò un mestiere. Chi gioca in maniera importante si definisce Progamer. Essi sono divenuti importanti per una serie di motivi: - Il gioco diviene una forma di spettacolo: il gioco si è sviluppato al punto da divenire fruibile come una serie tv/film e un giocatore molto bravo può divenire spettacolo. - Gare: Abbiamo una serie di gare a tal punto che gli sponsor di questi giochi risultano essere società di telefoni. Un business che riguarda i grandi nomi dell’industria in generale che vanno a sponsorizzare queste gare (con anche premi importanti) Il Progamer è divenuto un mestiere impegnativo e vi è la proposta di mettere i giochi sportivi elettronici all’interno delle olimpiadi.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved