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Appunti completi counseling, Appunti di Psicologia Clinica

appunti delle lezioni, slide e libri

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 26/10/2023

universita_1111
universita_1111 🇮🇹

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Scarica Appunti completi counseling e più Appunti in PDF di Psicologia Clinica solo su Docsity! COUNSELING abilità cliniche di base LIBRI: Margaret Hough (1999). Abilità di counseling: manuale per la prima formazione. Edizioni Erickson. ISBN: 9788879462969 Semi, A. (1985). Tecnica del colloquio. Raffaello Cortina. ISBN: 9788870780383 Capitolo 5 “I Disturbi dell’Umore” del manuale di clinica + SLIDE e LETTURE OBIETTIVO Il corso si focalizzerà su aspetti teorici, metodologici e practici riguardanti le abilità cliniche di base e, in particolare, il colloquio. Gli argomenti trattati saranno i seguenti: 1) definizione di counseling e aspetti etico-legali; 2) aspetti legati alle capacità di analizzare e comprendere le emozioni, gli stili cognitivi e gli elementi inerenti l’identità dell’ individuo; 3) elementi di pragmatica della comunicazione umana e loro applicazione nel contesto del counseling; 4) abilità di ascolto e di ascolto attivo (listening skills e active listening skills); 5) elementi di counseling centrato sul cliente, quali empatia, congruenza, e accettazione positiva incondizionata; 6) intersoggettività e alleanza di lavoro; 7) abilità clinica di fare domande (questioning skills); 8) teorie del cambiamento psicologico; 9) Elementi di psicopatologia dei disturbi dell’umore e la relative gestione del colloquio. MODALITÀ D’ESAME: 3 domande aperte lunghe 60 minuti. (es. descrivi il fenomeno dell’empatia) Complessità come filosofia della formazione e dell’intervento Il paradigma gnoseologico della complessità (abbandono di un riduzionismo: no unica riposta agli eventi) e multidimensionalità: - crisi del concetto di sintesi e di riduzionismo; - narrazioni, singolarità, individualità, relazioni, e contesti come fondamentali e irriducibili; - integrazione critica tra più livelli di intervento; - ambiguità e tolleranza del dubbio (capacità negativo di Bion). Pagina di 1 78 Conoscenza del clinico comprende vari livelli: “sapere, saper fare e saper essere” —> conoscenza (insieme di nozioni, teorie e informazioni utili ai fini di una spiegazione nomotetica della realtà) —> abilità a maneggiare con consapevolezza una funzione puramente tecnica —> capacità a offrire accoglimento e disponibilità a ricevere, comprendendo i bisogni dell’altro (comprensione idrografica) —> competenza ovvero la preparazione complessiva necessaria, per compiere determinanti atti e per esercitare una specifica attività professionale d’aiuto. Come reagiamo ai piccoli/grandi eventi stressanti? È colpa mia se le persone hanno reagito negativamente —> INTERNALITÀ Fallirò in tutte le aree della mia vita —> GLOBALITÀ Fallirò sempre nel dare le presentazioni —> STABILITÀ Il fatto che le persone abbiano reagito negativamente, dice molto di me come persona —> DISVALORE Per questa ragione, mi accadranno altre cose negative —> CONSEGUENZE NEGATIVE EMOZIONI Pagina di 2 78 Ciò accade presumibilmente perché ha imparato che, nonostante i suoi sforzi, non può controllare la situazione. —> Se questa condizione di impotenza continua a verificarsi in più contesti o sfere di vita, il cervello può imparare  (apprendere appunto) che in quella particolare situazione o evento non c’è niente che possiamo fare se non aspettarne l’esito in modo del tutto fatalistico. Pertanto, quando ci si trova di fronte a situazioni o compiti simili in futuro, si può rinunciare a priori alla speranza di raggiungere il successo e dunque disinvestire sui tentativi di raggiungerlo. Helplessness sta dunque ad indicare una condizione di estrema impotenza, la concezione che, a scapito di tutto ciò che si possa fare, la situazione non cambierà mai. Siamo in balia del destino, ci troviamo su una zattera e ciò che vediamo intorno è solo acqua a perdita d’occhio: non solo io non posso fare niente per evitare l’inevitabile, ma nessun’altro può farlo, il mio destino è segnato. Learned (appresa) sta invece a significare che non è un tratto innato, ma che no stessi l’abbiamo strutturato e reso automatico. È un comportamento appreso, condizionato da esperienze in cui il soggetto non ha davvero alcun controllo sulle sue circostanze o semplicemente percepisce di non averne. OGGI NON SI PENSA PIÙ COSÌ RUOLO DELLE EMOZIONI E DELL’IDENTITÀ Le emozioni ci situano nel mondo: concetto di Hidegger 1927 Benfindlichkeit “essere situati nel mondo attraverso una tonalità affettiva”, cioè essere posizionati in un certo modo ed essere capaci di vedere il mondo da una certa e specifica prospettiva; emozione in quanto stato d’animo. Le emozioni rivelano come il mondo è per me: • come mi sento coinvolto nel mondo (engagement); • il mio afferrare i significanti degli oggetti del mondo (anactment) ; • la mia comprensione preriflessiva delle azioni degli altri (attunement) Fenomenologia delle emozioni 1. TRISTEZZA sensazione di scivolare verso il basso un modo lento ma inesorabile e allo stesso tempo le cose intorno a me affondano e si inabissano anche esse; 2. PAURA: mi muovo all’indietro, rimpicciolendomi e le cose fluiscono in avanti, verso di me in modo minaccioso. 3. RABBIA: mi sento spinto in avanti per attaccare violentemente, l’oggetto dea rabbia diventa grande, in primo piano, e occupa tutto il mio campo di esperienza. Pagina di 5 78 Concetto di IDENTITÀ: cambio in ogni secondo della mia vita e nonostante ciò sento di rimanere la stessa persona. La mia identità prevale nel tempo, anche quando il mio corpo e le mie idee cambiano. Così, l’identità (nel senso di identità personale) non è mera identità. caratteristica multiforme: è e non è allo stesso tempo. Paradosso: essere lo stesso: insieme delle caratteristiche che ci danno permanenza nel tempo (“carattere”). Spesso fuori dal nostro controllo (involontario). ed essere se stesso. essere se stesso: come io mi realizzo volontariamente all’essere una persona con un certo carattere. Dialettica tra il mio carattere e come mi relaziono ad esso Monet, Cattedrale di Rouen, 1892-1893 (Esempio per far capire che il soggetto è sempre lo stesso ma in varie sfaccettature della sua personalità) Pagina di 6 78 La coerenza del mio Sè non è data a priori, ma è un compito che fa perno sulla mia responsabilità. In questo ciclo tra essere-lo-stesso ed essere-se-stesso, le emozioni (affetti e umore) fanno luce e contribuiscono a tale processo dialettico. Esempio: in preda alla rabbia, aggredisco fisicamente qualcuno, anche se non mi ritenevo capace di fare una cosa del genere. Reazioni: CRISI: —> do la colpa all’esterno (attribuzione esterna) —> l’ho fatto io (attribuzione interna) riconoscere; integrare; si cambia la struttura di identità Ora devo necessariamente aggiornare la mia rappresentazione di me stesso attraverso una narrativa che modifichi e aumenti la complessità della mia identità. Le emozioni possono indicare una faglia nel modo di concepire me stesso. Allo stesso modo, posso volontariamente cercare di modificare la mia identità. Emozioni sono ANTROPOGENETICHE. Terapia personale e supervisione Qual è lo strumento più valido dello psicologo? Lo psicologo stesso - Necessità, se si vuole lavorare in ambito clinico in maniera efficace, efficiente, e etica di conoscere se stessi e i propri “punti ciechi”; - Punti ciechi sono tutti quegli aspetti non riconosciuti o non desiderati (Jung, Ombra), che hanno una grande potenzialità di influenzare noi stessi e quello che noi vediamo negli altri; - Lavorare sotto supervisione di un collega più esperto SELF-CARE Burnout Baker (2003): “Terminal phase of therapist distress”: sentimenti di depersonalizzazione, esaurimento emotivo, mancanza di sentimenti di soddisfazione e realizzazione SELF-CARE IMPERATIVE - essere consapevole degli stressor presenti nella propria vita; - valutare regolarmente come l’efficacia di come gestiamo questi stressor (strategie di coping); - prendersi cura di se stessi: dormire bene, fare attività fisica, dieta salutare, coltivare relazioni significative, attività di interesse; - cercare aiuto, se necessario Il COUNSELOR utilizza la comunicazione come contesto e come strumento principale di azione. Pagina di 7 78 promuovere il suo benessere, e per questo si occupa di qualcosa di essenziale per l’altro. (Mortari, 2015, Filosofia della Cura) PRATICA: non è un mero sentimento o un’idea, ma qualcosa che si fa nel modo relazionale con altri. RELAZIONE: l’aver cura generalmente ha luogo in una relazione fra una persona che ha cura e un’altra che riceve cura. La relazione è asimmetrica, cioè un polo della relazione si trova nella situazione di avere responsabilità della situazione dell’altro e l’altro nella condizione di secondità, poiché ha bisogno di ricevere cura. Per questa ragione, si parla di problematicità etica della cura. DURATA: la cura deve avere una consistenza temporale che prende la forma di accompagnamento. Può essere molto lunga (relazione madre-bambino), può essere più breve (spiegare un referto medico al paziente), INTERESSAMENTO: avere inter-esse per l’altro significa avere preoccupazione per la sia situazione, che è percepita come necessità. Sono possibili vari SLIDE OGGETTO DELL’AZIONE: la cura ha come oggetto qualcosa di essenziale per la persona, altrimenti si parla di “servizio”. Identificare i bisogni, ossia qualcosa di necessario per condurre una buona vita, non è facile. Noddings distinguere tra i bisogni tra i bisogni espressi da chi chiede cura e i bisogni inferiti da chi ha cura. Sembrerebbe più facile agire in presenza di un bisogno esplicitato dal soggetto, a non è cosi facile poiché si verificano situazioni in cui il soggetto scambia per un bisogno essenziale qualcosa che tale non è. Necessità di analisi della domanda. INTENZIONE CHE GUIDA L’INTERVENTO DI CURA: chi ha cura cerca qualcosa di buono. Una buona cura è proattiva e protettiva: è proattiva perché cerca il bene ed è protettiva poiché cerca di proteggere la vita, propria e altrui. —> Quindi la cura è una pratica relazionale guidata dall’intenzione di procurare benessere per l’altro ma anche per sé. COMUNICARE: mettere in comune; stabilire una relazione; fornire un messaggio Necessari 5 elementi: Pagina di 10 78 1. FONTE dell’informazione 2. EMITTENTE 3. CANALE (FONTE DLE RUMORE) 4. RICEVENTE 5. DESTINITARIO DELL’INFORMAZIONE “PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE” è una disciplina della semiotica (scienza dei segni) che interessa dell'aspetto pratico della comunicazione. In altre parole, studia le azioni che si svolgono attraverso il linguaggio tenendo presente la relazione tra il linguaggio (sistema di segni) e le persone (gli interpreti). Inoltre, investiga gli effetti pratici della comunicazione sul comportamento delle persone. ASSIOMA: ciò che non si può dimostrare e va preso per vero PRIMO ASSIOMA —> è impossibile non comunicare - comunichiamo in qualsiasi contesto “sociale”. Stiamo sempre comunicando, anche quando non parliamo. - qualsiasi comportamento è intrinsecamente comunicativo, e gli essere umani sono incapaci di non-comunicare. - parole, silenzi, attività o inattività. - approccio radicale … non tiene conto dell’INTENZIONALITÀ - comunicazione = informazione Pagina di 11 78 SECONDO ASSIOMA: qualsiasi comunicazione ha sia un contenuto sia una relazione. Quest’ultima determina il primo è pertanto una metacomunicazione. Natura duplice di qualsiasi oggetto Contenuto è il “cosa” del messaggio Relazione è il “come” l’emittente coirebbe che il destinatario interpretasse il messaggio. (Io ti dico come dei interpretare il messaggio) es. hai fatto proprio un bell’esame! Oppure: hai fatto proprio un bell’esame ehi! (Tono sarcastico per dire l’opposto) TERZO ASSIOMA la natura della relazione tra le parti dipende da come punteggiano la comunicazione. Ciascuna parte percepisce una propria punteggiatura della comunicazione. La sequenza causa-effetto della sequenza comunicativa è determinante soggettivamente. Esempio: due persone discutono su chi abbia iniziato il litigio QUARTO ASSIOMA gli esseri umani comunicano sia per via analogica (comunicazione non verbale es. un disegno) sia per via digitale (messaggio effettivo verbale). Gli ‘oggetti’ possono essere espressi sia con per via analogica (ad esempio un disegno) sia per via digitale La via analogica si riferisce principalmente alla comunicazione non verbale La via digitale si riferisce principalmente alla comunicazione verbale QUINTO ASSIOMA tutta la comunicazione è: • simmetrica interazione tra (o più) parti basata sulla uguaglianza di azione comunicativa (io dico una cosa in maniera aggressiva, la persona risponde in maniera a sua volta aggressiva). Relazioni simmetriche esistono quando le diverse parti si vedono come PARI (generalmente). Ad esempio relazione tra amici, ma anche aggressione reciproca tra parti, dove nessuna delle due assume il ruolo di vittima. Rischio: escalation simmetrica • complementare —> esprimo con tono positivo e mi risponde con tono aggressivo Differenza di posizione tra le persone che comunicano. La differenza è spesso a livello di “potere” come ad esempio direttore/ impiegato, insegnante/studente, datore di lavoro/dipendente, madre/ bambino. Pagina di 12 78 Dobbiamo avere un motivo per ascoltare: - raccogliere tutte le informazioni possibili legate ai problemi e agli obiettivi del cliente - Ascoltare “tutte” le informazioni: verbali, nonverbali e paraverbali. NON GIUDICARE: Sospendere i giudizi personali. È assolutamente fondamentale mettere da parte i propri valori, le proprie opinioni, i proprio punti di vista. Tutti questi aspetti sono legittimi, ma non devono influenzare il nostro lavoro con il cliente. Dobbiamo comprendere e accettare, non approvare e condividere nella nostra vita privata. Esempio: Nonno: “Insomma, lasciatemi in pace. So bene cosa dovrei fare. Che mi venga un colpo se me ne starò qui seduto a sentirmi dire dagli altri cosa devo fare” Giudicante: “Lei dice che nessuno sa meglio di lei cosa fare e questo le darebbe il diritto di non curarsi di loro” Neutrale: “In altre parole, lei non vuole essere infastidito continuamente” Aspetti che possono bloccare l’ascolto attivo 12 blocchi di Thomas Gordon 1. Dare ordini, dirigere, e comandare 2. Ammonire, mettere in guardia o minacciare 3. Dare consigli, suggerimenti o fornire soluzioni; 4. Persuadere con la logica, discutere o fornire lezioni; 5. Dire cosa fare; fare la morale 6. Giudicare, o criticare 7. Approvare 8. Far vergonare, mettere in ridicolo, etichettare 9. Interpretare,analizzare 10. Rassicurare, simpatizzare o consolare 11. Interrogare, investigare 12. Chiudersi, distrarsi, ironizzare, cambiare argomento Concentrarsi sulla persona Dobbiamo resistere alle distrazioni, interiori ed esteriori. Dobbiamo raccogliere tutte le nostre energie, emotive e intellettuali, per essere in grado di concentrarci sulle esperienze interiori e sui comportamenti esteriori del cliente, per poi rispondeere con accuratezza a queste esperienze e a questi comportamenti Concentrarsi sul contenuto Pagina di 15 78 Chi? Cosa? Perchè? Quando? Dove? Come? Concentrarsi sull’affetto Qual è lo stato affettivo predominante e quali quelli secondari? Cosa prova la persona che ci sta parlando? Esprime pienamente il range affettivo? È congruente o incongruente con quello di cui ci sta parlando? Concentrarsi sul significato Il contenuto viene espresso per dare significato al sentimento? Sono felice per essere stato promosso. Sono triste da quando ho capito che non l’avrei più rivista Ricordare Importanza di ricordare quello che il cliente ci ha detto, per essere in grado di stare nella sua narrazione. Ricordare il contenuto, ricordare il tono affettivo del racconto, ed essere consapevoli dei “buchi” della nostra memoria Cogliere i temi ricorrenti Cogliere ciò che le persone ci stanno dicendo a “lungo termine”. Le tematiche importanti probabilmente vengono fuori più e più volte. Di solito, i pazienti sono spesso molto attivati emotivamente da questi temi, dato che cercano continuamente di comunicarceli Aderire al discorso del cliente - Si segue il flusso di pensieri del cliente, in un'ottica non direttiva - Si osserva la coerenza tra contenuti verbali e comunicazione non verbale - Ci sono persone che raccontano episodi drammatici della loro vita con il sorriso o con impassibilità - Al momento opportuno, lo psicologo nota questa incongruenza e la esplora col cliente Affettività congruente e incongruente (perversione nel senso che dal punto A al punto B non arrivo in maniera diretta) —> Sinfonia d’autunno, 1978, Ingmar Bergman Pagina di 16 78 L’ascolto attivo prevede il RISPONDERE Lo psicologo ascolta attentamente, a livello verbale e non verbale, ciò che dice il cliente, e risponde in maniera opportuna: 1. Rispondere al contenuto; 2. Rispondere al sentimento; 3. Rispondere al significato. Riformulazione come tecnica base: “parafrasare, riassumere o accentuare la comunicazione manifesta e implicita, attenendosi alle regole della congruenza e del rispetto, dell’empatia e della considerazione incondizionata nei confronti del cliente” Restituzione al paziente del suo stesso messaggio, secondo modalità che egli possa sentire come propria e gli possa trasmettere il messaggio di essere stato ascolto e compreso Pz: «negli ultimi tempi le cose con mio marito non vanno molto bene...non so che pensare» Psi: «Si sente confusa e preoccupata...» “Ridire con altre parole, in modo più conciso o più chiaro, ciò che l’altro ha appena detto, ricercando l’accordo da parte del cliente” (Mucchielli, 1983) - Tentativo di comprendere empaticamente l’altro - Tentativo di eliminare gli ostacoli all’ascolto - Riguarda sia l’aspetto verbale, sia quello non verbale - Anche se non c’è accordo, si manifesta lo sforzo di comprendere l’altro Tipologie di riformulazione del contenuto: 1. Eco a. Ripetizione dell’ultima (o ultime) parola b. Tono leggermente interrogativo c. Agevola la prosecuzione da parte del pz d. Usare con parsimonia Pz: “Ho rivisto mio fratello e la cosa mi ha turbato...” Psi: “turbato...” Tipologie di riformulazione del contenuto: Pagina di 17 78 CARL ROGERS (1902-1987) Tra i primi a interrompere l’applicazione del modello medico alla pratica psicologico-clinica (cioè nello studio della mente umana e nell’intervento terapeutico). —> Intenzionalmente cercò di creare una modalità di lavorare con gli altri che non utilizzasse il paradigma patologico. Fu un pioniere in vari ambiti della psicologia clinica e della psicoterapia: - si mise ad ascoltare realmente e con mente aperta i suoi pazienti, tralasciando eccessivi condizionamenti teorici; - si sforzò per tutta la vita di definire chiaramente cosa funziona nella relazione; - già negli anni '50 registrava e trascriveva i colloqui e iniziò a fare studi sistematici sulla terapia. 
 «Lo scopo del counseling non è quello di risolvere un problema particolare ma di aiutare l’individuo a crescere perché possa affrontare sia il problema attuale sia quelli successivi in maniera più integrata, ovvero con maggiore autonomia, responsabilità, consapevolezza» (Rogers, 1942) APPROCCIO NON DIRETTIVO Rogers ribalta l'idea tradizionale dell'interpretazione e del ruolo del terapeuta-medico che sa cosa è meglio per il paziente. Nell'approccio non direttivo seguiamo il discorso del cliente; invece che fare domande, riformuliamo ciò che dice il cliente aiutandolo a chiarire la situazione. Abbiamo fiducia che troverà la sua strada. «Cominciai a pensare che, a meno che non avessi bisogno di dimostrare la mia intelligenza e la mia cultura personale, avrei fatto meglio a fidarmi del cliente per la scelta della direzione dell'evoluzione del processo» HOLY TRINITY —> Secondo Rogers ci sono 3 condizioni fondamentali, necessarie e sufficienti Pagina di 20 78 Accettazione positiva INcondizionata Calore (warmth): «un caldo prendersi cura (caring) del cliente – un prendersi cura che non richiede alcuna gratificazione personale. È una atmosfera che semplicemente dimostra che ci interessa e ci prendiamo cura» «Quando accetto me stesso per quello che sono, allora inizio a cambiare» «Non possiamo allontanarci da ciò che siamo, finché non accettiamo pienamente ciò che siamo. Allora il cambiamento avviene quasi senza che ce ne rendiamo conto» «Sebbene avessimo condiviso l’ora insieme, avevamo vissuto esperienze e avevamo ricordi molto diversi. Per iniziare, avevamo dato valore ad aspetti molto diversi della seduta. Le mie brillanti interpretazioni? Non le aveva nemmeno sentite. Invece dava grande importanza a piccoli gesti che io avevo notato a malapena: i miei complimenti per il suo gusto nel vestire, le mie scuse imbarazzate per un piccolo ritardo, il mio ridere sotto i baffi alle sue battute, etc...» (Yalom, il dono della terapia) Accettazione (acceptance): «Il terapeuta accetta che il cliente provi ed esprima qualsiasi emozione e vissuto sta provando, come ad esempio confusione, risentimento, paura, rabbia, coraggio, amore, e orgoglio» Accettazione positiva incondizionata • È una caratteristica della relazione di aiuto e raramente di altri rapporti • Molte persone non hanno mai provato questa esperienza prima della terapia • Gli individui che hanno la fortuna di crescere in un ambiente che li accetta senza condizioni, imparano a tenere conto del processo di valutazione interno al proprio organismo • Queste persone sanno ascoltare i propri bisogni e realizzano se stesse secondo le proprie attitudini, sviluppano un Sé autentico o "pienamente funzionante" • L'individuo che cresce secondo le aspettative degli altri invece che seguendo le proprie potenzialità vive in uno stato di incongruenza, persegue un sé ideale e probabilmente falso. • Per il cliente sentirsi accettato senza condizioni è un'esperienza nuova e straordinaria, "riparatoria" • Questa esperienza permette un'esplorazione libera di tutti i vissuti, anche negativi (Kahn 1991) Pagina di 21 78 • Kahn (1991): La terapia ha successo quando il terapeuta offre al cliente una relazione diversa da quella che qualsiasi cliente può avere provato prima • Talvolta i clienti riferiscono comportamenti assurdi o che violano valori importanti • Lo psicologo non giudica la persona, ma può senz'altro mettere in discussione il comportamento o esprimere dissenso • L'empatia ci aiuta a evitare di giudicare la persona e ad accettarla incondizionatamente • TANDEM tra empatia e accettazione positiva incondizionata 
 Esempio Un ragazzo racconta allo psicologo di avere rubato un motorino Quale intervento può mettere in atto lo psicologo senza correre il rischio di diventare giudicante o complice? - Possiamo cercare di capire le ragioni del ragazzo, che cosa voleva ottenere e vedere che magari la sua azione aveva un senso ragionevole per lui - Tuttavia ha commesso un reato e ciò va sottolineato, distinguendo tra comportamento e persona - Sarebbe utile capire cosa voleva ottenere e vedere se ci sono altre strategie per raggiungere i suoi obiettivi (essere accettato dalla compagnia? Avere un bene che hanno tutti gli amici? Maggiore libertà? Una ripicca? ecc.) 
 
 Accettazione positiva incondizionata conduce a... 1. PIENA ESPRESSIONE DEI VISSUTI Un ambiente pienamente accettante, permette l’instaurazione di un ambiente che facilita l’espressione e la condivisione di QUALSIASI vissuto interiore. «Non pongo condizioni alla mia accettazione dei tuoi vissuti» Accettazione del cliente da parte dello psicologo, porta all’accettazione del cliente da parte di se stesso. 2. CAMBIAMENTO: accettare chi siamo, ci permette anche di conoscerci a un livello più profondo. Quando iniziamo ad accettarci, ci permettiamo anche di esprimere parti di noi che non ci piacciono. Questo rende possibile rivalutare (forse in più realista e obiettiva) queste parti di noi stessi, oppure di rimodularne l’espressione. —> Esprimere chiaramente l’accettazione positiva incondizionata. —> Accettare positivamente le correzioni che il cliente fa 
 —> Attenzione a tutti i più piccoli dettagli che indicano (direttamente on indirettamente) che il cliente non si sente pienamente accettato 
 —> «Dottore, immagino lei sia molto annoiato da questa storia». Pagina di 22 78 “Tutti noi conosciamo individui di cui ci fidiamo perché sentiamo che essi sono realmente come appaiono, aperti e trasparenti; in questo caso sentiamo di avere a che fare con la persona stessa, non con una facciata cortese o professionale” (Rogers 1967) Quanto più uno psicologo è se stesso nella relazione, senza mettere alcuna maschera (nè professionale nè personale), tanto più è alta la probabilità che il cliente cambi e cresca in maniera costruttiva (Rogers, 1980) Si può pensare alla congruenza come un mezzo per manifestare chiaramente sia l’empatia sia l’accettazione. ATTENZIONE: Se in quel momento non ci sono nè empatia nè accettazione, è meglio non cercare di dimostrare la loro presenza = INCONGRUENZA Due tipi di congruenza: 1. CONGRUENZA INTRAPSICHICA: lo psicologo è in contatto con la 
 propria esperienza. Ciò che pensa e ciò che sente combaciano (autenticità) 2. CONGRUENZA INTERPERSONALE: la congruenza tra ciò che sente/pensa e ciò che esprime (trasparenza). Lo psicologo deve avere una buona conoscenza e consapevolezza di sé. Solo così potrà riconoscere tutti i sentimenti dentro di sé e scegliere accuratamente cosa comunicare al cliente perché sia utile a quest'ultimo. —> Qualsiasi commento di autenticità deve rispondere alla seguente domanda: è nell’interesse del paziente che io faccia questo commento su quello che penso o sento? Lo psicologo per essere efficace deve invece essere congruente, ossia comportarsi in maniera coerente rispetto a ciò che sente e non offrire un'immagine falsa. 
 Le persone arrivano dallo psicologo tipicamente in uno stato di crisi o incongruenza 
 La congruenza permette: - di avere fiducia nello psicologo - di osservare un esempio di congruenza - di avere un maggiore insight riguardo come vengono percepiti dagli altri - di apprendere dalle esperienze che condivide con lo psicologo 
 Pagina di 25 78 ALTRE CONSIDERAZIONI • Dichiarazioni di congruenza sono inutili e spesso portano al risultato opposto. Vengono percepite come segnali (impliciti) di mendacità. • Non è congruenza il pensare “Sono chi sono” e quindi agisco i miei tratti di personalità, così sono genuino. • Necessità che lo psicologo sia psicologicamente maturo e autoconsapevole • Sapere distinguere tra cosa proviamo in reazione al nostro cliente e cosa proviamo per tutt’altra ragione (i.e., avere avuto un litigio con un collega prima della seduta) • Si potrebbe essere più inclini ad esprimere copiosamente i nostri pensieri positivi sul cliente. Questo comporta che anche quelli negativi dovrebbero essere espressiè opportuno tenere una condotta coerente, sia per i pensieri positivi, sia per quelli negativi. EMPATIA Per Carl Rogers: «Sentire il mondo personale del cliente “come se” fosse nostro, senza però mai perdere questa qualità del “come se”» «Lo stato di empatia, dell’essere empatico, è il recepire lo schema di riferimento interiore di un altro con accuratezza e con le componenti emozionali e di significato ad esso pertinenti, come se una sola fosse la persona – ma senza mai perdere di vista questa condizione del come se. Significa perciò sentire la ferita o il piacere di un altro come lui lo sente, e di percepirne le cause come lui le percepisce, ma senza mai dimenticarsi che è come se io fossi ferito o provassi piacere e così via. Se questa qualità di come se manca, allora lo stato è quello dell’identificazione». Buie (1981): «l’empatia avviene in un contesto interpersonale tra persone che restano consapevoli della loro separatezza, eppure si tratta di un fenomeno essenzialmente intrapsichico, basato sulla capacità umana di conoscere l’esperienza interna di un’altra persona di momento in momento». Elementi chiave: 1. Fenomeno tra due persone; 2. Consapevolezza che il soggetto e l’oggetto sono distinti; 3. Fenomeno mentale-intrapsichico; 4. Predisposizione umana; 5. Prevede una forma di conoscenza, comprensione, o percezione di che cosa sta provando/ pensando un’altra persona 6. È un’esperienza momentanea Il ruolo della PERCEZIONE Il contesto all’interno del quale avviene l’empatia è quello interpersonale, ovvero la presenza una persona che manda un «messaggio» e la presenza di una persona che lo riceve. Pagina di 26 78 L’evento necessario affinché avvenga un atto empatico è che il ricevente effettivamente percepisca il messaggio mandato. Non si tratta di un atto magico, ma di un fenomeno percettivo. In assenza di input percettivi, non ci può essere alcun processo empatico. Confusione…identificazione... Alle volte si è parlato di empatia come di un ritorno alla fase simbiotica, dove non c’è differenziazione tra sé e l’oggetto… Tuttavia questa «fusione simbiotica» può essere considerata una illusione, in gran parte dovuta alla manipolazione dell’attenzione... ...e al desiderio di vicinanza (wish for closeness) Greenson (1960): «Per chi empatizza, un paziente non capito è una sorta di perdita dell’oggetto d’amore che soddisfaceva un bisogno» Inoltre, a differenza di un’empatia più infantile, una empatia matura è centrata sull’altro e non su di sé. EDOARDO WEISS Nato a Trieste nel 1888 Psichiatra e psicoanalista Primo e unico allievo italiano di Freud, di cui fu anche paziente Nel 1939, si traferì a Chicago a causa delle leggi raziali Opere: Elementi di psicoanalisi (1931), Struttura e dinamica della mente umana (1960) Muore nel 1970 IDENTIFICAZIONE RISONANTE: «ha luogo quando le esperienze interiori di un’altra persona che sono state duplicate nell’Io del soggetto continuano, da questo stesso Io, a essere emotivamente riconosciute nell’altra persona» «ogni forma di identificazione implica l’egoicizzazione di un contenuto. Si può parlare di identificazione solo quando il contenuto risonante viene egoicizzato» «egoicizzazione si intende l’inclusione di contenuti corporei e psichici entro il senso dell’Io» No confusione primaria, ma neanche empatia. Semmai si può parlare di simpatia, pietà, commiserazione, e compassione Pagina di 27 78 Tipicamente, l’affetto associato è di media-bassa intensità, si inserisce in maniera “gentile” nel flusso dei pensieri dello psicologo e non interferisce con la sua attenzione. Non affatica lo psicologo e non richiede coping. Referenza IMMAGINATIVO-IMITATIVA Quando non ci sono esperienze personali che possano funzionare da referenza interna per un dato percetto, lo psicologo deve fare affidamento alle proprie capacità immaginative e imitare il vissuto del paziente. Generalmente, lo psicologo riesce ad approssimare l’esperienza riportata in maniera più o meno precisa, e mai in maniera esatta Ad esempio, immaginare il dolore di un pz con artrite cronica: In questo modo, lo psicologo può scoprire parti di sè che non sono mai state usate in maniera costante, e che l’attività empatica riesce a riattivare. Referenza RISONANTE Quando un paziente riporta un vissuto personale il cui contenuto affettivo o di impulso eccede la referenza auto- esperienziale dello psicologo, l’atto empatico può prendere la forma di una risonanza. Generalmente, non c’è un contenuto ideativo nello psicologo Se prolungata, la risonanza può essere molto faticosa per lo psicologo, che potrebbe essere tentato di difendersi, al rischio di interrompere il processo empatico. Probabilmente è la forma di empatia in cui il vissuto del paziente e dello psicologo sono più simili (ma mai uguali) Definire cosa è empatia, chiarendo cosa non è empatia! EMPATIA VS “SIMPATIA” (Sympathy) L’empatia è molto diversa dalla “sympathy” (simpatia/ compassione). DIFFERENZE: SCOPO Pagina di 30 78 - l’empatia è finalizzata a comprendere ed esprimere la comprensione che lo psicologo ha nei riguardi dell’esperienza interna del cliente - la simpatia si focalizza sul benessere del cliente che è attualmente in difficoltà DIFFERENZE: VALUTAZIONE - l’empatia si focalizza e analizza principalmente i sentimenti e i significati del cliente - la simpatia si focalizza sui bisogni emotivi del cliente, così come valutati dallo psicologo DIFFERENZE: APPRENSIONE - l’empatia si attua quando si tenta di comprendere il mondo interiore di un cliente da molteplici punti di vita; - la simpatia fallisce nel fare ciò e si limita ad esprimere vicinanza e spesso dal punto di vista dello psicologo (non del cliente). “anche io…” DIFFERENZE: ACCORDO - l’empatia non prevede che lo psicologo adotti in tutto e per tutto la posizione espresso dal cliente; - Nel contesto di simpatia, lo psicologo si mette dalla parte del cliente. Questo può portare a precludersi la possibilità di esplorare alternative e prospettive non attualmente considerate dal cliente DIFFERENZE: SCHEMA DI RIFERIMENTO - L’empatia si rivolge allo schema di riferimento interno - La simpatia allo schema di riferimento esterno. Un signore a 50 è stato licenziato ed è preoccupato per il suo futuro. Dice: «ho 50 anni e mi hanno licenziato. Ma come faccio ora ad andare avanti? Troverò un altro lavoro? Ho due figli da mantenere e in qualche modo dovrò andare avanti, ma veramente qualche volta temo di non farcela» Risposta simpatica: «mi dispiace per lei, deve essere terribile, anche a me è successo di perdere un lavoro e mi sono sentito mancare la terra sotto i piedi, pensavo di non farcela ma poi alla fine ho trovato un altro impiego, si faccia coraggio: vedrà che ce la farà» Risposta empatica: «Lei ha perso il lavoro e capisco che lei tema per il suo futuro e che abbia paura di non risollevarsi più. Allo stesso tempo, però, si rende conto che almeno per i figli deve trovare la forza di andare avanti in qualche modo» Intervento empatico: Pagina di 31 78 Lo psicologo permette alla persona di esprimersi liberamente e di portare alla luce anche sentimenti «inaccettabili», ad esempio sollievo di fronte alla morte di una persona cara dopo una lunga malattia; stanchezza e infelicità dopo la nascita di un figlio; rabbia verso i genitori, ecc. Solo così la persona può accettare se stessa e superare blocchi affettivi-emotivi. EMPATIA Intervento empatico: - È molto importante che l'empatia non sia solo provata dallo psicologo, ma che la comprensione accurata che ne deriva sia trasmessa al cliente - Rogers insiste sulla capacità dello psicologo di far capire al cliente che è stato ascoltato e compreso. EMPATIA (Mearns e Thorne 2006) Empatia a livello 0: lo psicologo non ha compreso accuratamente (errore) Empatia a livello 1: la comprensione e riformulazione è stata solo parziale Empatia a livello 2: lo psicologo ha compreso correttamente e ha riformulato il contenuto esatto al cliente Empatia a livello 3: lo psicologo ha compreso correttamente e riformulato anche più di quanto il cliente abbia espresso - È ovvio che in un colloquio gli interventi empatici di livello 2 sono in genere preferibili e che bisogna evitare gli errori - Non bisogna pensare però che gli interventi 0 o 1 siano sempre disastrosi, né tanto meno che gli interventi a livello 3 siano sempre migliori - Un livello di empatia parziale o l’errore dello psicologo ogni tanto può testare e promuovere l'autonomia del cliente: se quest'ultimo amplia e corregge ha modo di dissentire e anche di mettersi alla prova. - Interventi molto profondi (3) possono essere molto utili dopo una buona conoscenza del cliente e solo ogni tanto, altrimenti diventano invasivi e sollevano resistenze EMPATIA: Temi avanzati Empatia come invasione: L’empatia deve essere sempre ben calibrata. Il rischio è di risultare invadente. “empathy is always perched precariously between gift and invasion” (Jamison, 2014; The empathy exams: essays) Pagina di 32 78 vediamo solo parti di noi in lui/lei, allora il rapporto è di tipo IO-ESSO e non IO-TU. Nella relazione IO-ESSO, il rapporto è mediato, mentre nel rapporto IO-TU è immediato. I due “grandi privilegi” dell’ESSO 1. Una volta iniziato il processo di relazione, il singolo tu deve diventare un esso”; 2. “Entrando nel processo di relazione, il singolo esso può diventare un tu” Il rapporto IO-TU è limitato nel tempo e non può essere mantenuto per lunghi periodi. Inevitabilmente, tendiamo ad “oggettificare” l’altro, mentre non è vero il contro. Può accadere (ma può anche non accadere) che da un punto di partenza oggettificante, si giunga ad un rapporto autentico (IO-TU). Il fenomeno della DEUMANIZZAZIONE —> (Oggettificazione dell’altro) La deumanizzazione indica il fenomeno tramite il quale una persona (o un gruppo) viene percepita come mancante delle caratteristiche essenziali Delfi esseri umani. Puo essere estremo: - vittime percepite come insetti da chi attua un genocidio; - Immigrati considerati come una forma di malattia infettiva; - Giocatori di calcio africani considerati come scimmie; - Persone con demenza considerati come zombi. … Ma anche molto sottile - pazienti visti come corpi inerti da medici esausti; - Anziano percepito come un corpo morente. La deumanizzazione porta con sé dei costi notevoli: 1. Ridotto comportamento prosociale; 2. Aumentato comportamento antisociale; 3. Ostracizzare gli altri porta a sentirsi meno vicini agli altri esseri umani (Es. gli operatori con bornout) 4. … potenzialmente funzionale in certi ambiti, come quello medico. L’alleanza di lavoro Specifico tipo di relazione che si sviluppa collaborativamente al fine di affrontare i problemi e le difficoltà del cliente. È uno dei predatori più efficaci e affidabili nel predire l’esito di un intervento di salute mentale, ad esempio psicologico, psicoterapico, o psichiatrico. Variabile integrativa quintessenziale (Wofe and Golfried, 1988), di cui viene sottolineata l’importanza da quasi tutti i modelli clini di intervento, con differenze: Pagina di 35 78 —> necessaria e sufficiente (Rogers) —> necessaria, ma non sufficiente (Beck) —> desiderabile, ma non necessaria né sufficiente (Ellis) Working alliance Theory (Bordin, 1979) Bordin sottolinea l’importanza della alleanza di lavoro (WA) Si compone di 3 elementi fondamentali: 
 1. LEGAME interpersonale tra l’operatore e il cliente A sua volta caratterizzato da 3 elementi chiave: - condizioni di base —> Holy Trinity di Rogers (empatia, congruenza, accettazione positiva incondizionata); Non la stessa ricetta per tutti i clienti Dryden (2012) sottolinea come lo psicologo debba essere in grado di dosare le varie condizioni di base a seconda dello specifico cliente. Ad esempio, alti livelli di empatia potrebbero essere percepiti, come invasivi e portatori di ansia. Allo stesso moto, alti livelli di genuinità potrebbero indurre il cliente a pensare che i propri vissuti emotivi sono secondari rispetto a quelli dello psicologo. Possibili problemi: Scarso coinvolgimento (under-engagement) —> fallimento nel “capire” il cliente e/o comunicare che abbiamo capito; —> non riusciamo a comunicare al cliente la nostra presenza durante il nostro lavoro con lui/lei; —> difficoltà a percepire e comunicare accettazione per il nostro cliente. Conseguenze: —> il cliente interrompe il rapporto —> il cliente può pensare che gli interventi di salute mentale non funzionino. Eccessivo coinvolgimento (over-engagement) - Stile interpersonale: importanza del “fit” tra lo stile interpersonale dello psicologo e del cliente Se il fit è buono, l’alleanza è rafforzata; se il fit non è buono, l’alleanza di lavoro ne esce indebolita. Possibili stili: 1. Stile didattico: lo psicologo è molto puntuale sugli aspetti che solleva e controlla regolarmente che il cliente abbia capito 2. Stile metaforico: le metafore possono essere molto potenti nel trasmettere un messaggio, ma non sempre sono recepite chiaramente. Pagina di 36 78 3. Stile “umoristico”: lo humor può facilitare molto l’alleanza di lavoro e incoraggia il cliente a prendere la propria situazione in una prospettiva più centrata sugli aspetti positivi che negativi. Capire se il cliente accetta questo stile è fondamentale. 4. Stile self-disclosing: può essere un metodo molto potente per incoraggiare i clienti a rivalutare la propria visione negativa di cosa stia vivendo. IMPORTANTE: lo psicologo deve essere flessibile nel proprio stile interpersonale. - Transfert e controtransfert I concetti di transfert e controtransfert derivano dall’approccio psicoanalitico. Sia il cliente sia lo psicologo portano nella relazione clinica la tendenza a percepire, sentire. E agire nei riguardi di una persona in maniera simile a come si sono comportati nel passato. 2. OBIETTIVI: lo scopo dell’intervento Il cliente e lo psicologo devono trovare un accordo, sempre dopo negoziazione, riguardo l’obiettivo che ha l’intervento clinico. È un grave errore accettare, senza alcuna riflessione, l’obiettivo che il cliente porta nel riporta clinico. È fondamentale procedere a una approfondita ANALISI DELLA DOMANDA. Renzo Carli definisce l’analisi della domanda come: “il cogliere, nella dinamica del “qui ed ora”, la problematica della relazione “là e allora” che ha motivato la committenza”. Tramite l’ascolto e la sospensione del giudizio, lo psicologo è in grado di elaborare la domanda porta in seduta e riorganizzare insieme al cliente la problematica presente. 3. COMPITI: qualsiasi intervento (clinico o meno) prevede dei compiti da fare. Il cliente deve accettare, comprendere e integrare all’interno della propria visione i vari compiti proposti. Ad esempio, non tutti i clienti potrebbero accettare o comprendere la necessità di un’analisi approfondita dei propri pensieri, o delle proprie emozioni. Alle volte si possono usare delle strategie, derivate dalla psicoterapia, che potrebbero non essere accolte, come ad esempio la tecnica ABC o la tecnica della sieda vuota, ecc. L’ultimo punto dell’alleanza di lavoro che è 3+1 (introdotto da Dryden): Pagina di 37 78 - Associativi - Metaforici - Interpretativi —> esame domande aperte molto ampie (importante integrare più concetti) —> Ruolo dell’empatia nel colloquio Pagina di 40 78 IL COLLOQUIO PSICOLOGICO-CLINICO È lo strumento principale dell’esame psicologico, irrinunciabile nell’osservazione clinica. È la clinica a “mani nude”rispetto a quella strumentale o “armata” ovvero quella effettuata con l’aiuto di strumenti psicodiagnostici È un colloquio verbale: si guarda, si ascolta per vedere meglio e ascoltare meglio. È caratterizzato da una comunicazione non verbale importante, che accompagna la parola ritmata dal silenzio. Si situa nel quadro di una relazione di cura, in cui l’oggetto di studio è un soggetto ma anche lo psicologi/psicoterapeuta e il suo funzionamento intervengono in ciò che succede. Attraverso il colloquio clinico lo psicologo si apre alla conoscenza dell’altro ma anche alla sia implicazione nel dialogo con l’altro, e alla conoscenza di sè. OBIETTIVI PRIMARI CC McWilliams 2002 e Semi 1985 evidenziano alcuni obiettivi fondamentali del primo colloquio: 1. Indagare e comprendere la realtà psichica (o mondo interno) del paziente. La noia nello psicologo è presente quando la sua attenzione inconscia e, successivamente, quella conscia si sono ritirati dal mondo interno del paziente. Lo psicologo annoiato si focalizza sul mondo esterno e il suo rapporto “reale” col paziente, non riuscendo più a intessere possibili legami con il mondo rappresentazionale e gli oggetti interni del paziente. Dato il ruolo fondamentale dell’empatia nel percepire il mondo interiore del paziente, non risulta sorprendente che uno psicologo annoiato si trovi in difficoltà. 2. Mostrare alla persona che l’abbiamo ascoltata e ci siamo fatto un’idea della sua sofferenza: COMPRENSIONE 3. Trasmettere speranza 4. Valutare le reazioni della persona quando cerchiamo di dare un senso ai problemi che descrive 5. Fare un contratto in cui si stabilisce il setting del lavoro psicologico che intraprendiamo: quando ci vediamo, per quanto tempo, eventuale pagamento, come gestire le cancellazioni, obiettivi generali che ci diamo insieme. OBIETTIVI SECONDARI CC 1. Orientamento (primo contatto, familiarizzazione) 2. Definizione di un bisogno (analisi della domanda) 3. Diagnosi e assessment 4. Supporto psicologico Pagina di 41 78 5. Inizio di psicoterapia o invio ad uno psicoterapeuta. SETTING DEL COLLOQUIO Per setting si intende l’ambiente fisico ed emotivo/mentale in cui si svolge il colloquio. Nelle istituzioni, ad esempio i contesti formativi oppure sanitari, non sempre è facile controllare il setting del colloquio (la stanza è messa a disposizione, spesso cambia, non è libera, non può essere personalizzata più di tanto), per questo è importante distinguere tra: SETTING ESTERNO: (ambiente vero e proprio) La cornice della relazione di supporto psicologico. Quello che c’è intorno, lo spazio, i confini, i tempi di incontro, i rumori, gli oggetti ecc… - stanza prima di oggetti e foto troppo personali; - Sedie comode. Se possibile, evitare scrivania e privilegiare contatto faccio a faccia. - Evitare rumori e disturbi - NO TELEFONATE - Un orologio da poter vedere senza girarsi continuamente; - Calore della stanza e illuminazione adeguata; - Pacchetto di fazzoletti di carta a disposizione - Proteggere la riservatezza del luogo (PORTA CHIUSA) SETTING INTERNO I confini mentali ed emotivi, lo spazio della relazione che abbiamo nella nostra mente e che ci permette di proteggere la relazione da situazioni esterne che la ostacolano. Come ci sentiamo, come ci poniamo, come ci relazioniamo. 1. Disponibilità a. Interesse per l’altro b. Conoscenza di se stessi e del proprio stile 2. Professionalità a. Neutralità, intesa come atteggiamento attivo di curiosità, disponibilità e di attenzione. Noi ci tigriamo da parte per lasciare spazio al paziente. b. Tecnica come strumento che noi abbiamo elaborato per far sì che l’interazione con l’altro avvengano in modo conoscibile coscientemente. Pagina di 42 78 Elementi da esplorare nella fase libera Dati demografici: Nome, età, sesso, condizione relazionale, condizione genitoriale, salute, farmaci, lavoro, istruzione. Struttura dell’Io Come si presenta? Autostima: “Come si vede? È soddisfatto di sè?” SALVAGUARDARE SEMPRE L’AUTOSTIMA DEL PAZIENTE Fonti dell’autostima: “Cosa ammira negli altri? Quali sono le cose che la rendono (in)soddisfatta di sè?” Difese e coping: “Cosa fa di solito, quando è angosciato? Come si consola quando sta male? Cosa suscita in lei la mia presenza?” Indagare come reagisce alle situazione di stress (compreso il colloquio!). Identificazioni: Come descrive i propri genitori. Sono descrizione “tridimensionali” o “bidimensionali”. Tutto buono-tutto cattivo, oppure ci sono sfumature. Considerare anche le contro-identificazioni e il proprio vissuto insieme al pz. Credenza sul rapporto Sè-Altro: “Delle persone non ci si può fidare”, “Gli uomini sono tutti maiali”, “A nessuno importa di nessun’altro, se non di sè”. Spesso queste credenze sono consapevoli, mentre lo scenario che le hanno generate spesso non viene riconosciuto. Precedenti esperienze con psicologi/psicoterapeuti. Indagare se ha avuto tali esperienze e come sono andate. È probabile che si sia sviluppata l’aspettativa che tale esperienza di ripeterà con noi. Affettività - Affetti: quali emozioni sono presenti e quali sono assenti? - Pattern relazionali: Presenza e qualità delle relazioni di coppia; Presenza e qualità delle relazioni amicali; Investimento negli altri (i.e., investimento, dipendenza, arricchimento, etc...) Storia personale Infanzia: “Come è stata la sua infanzia?”. Attenzione: “Normale, tutto bene!” Non cerchiamo il trauma, ma capire le esperienze che hanno contribuito a fare del nostro pz quello che è oggi. Inoltre, fratelli/sorelle? Gemelli/e? Adozione? Com’era il temperamento? Periodo scolastico pre-adolescenziale: problemi di separazione dalla famiglia o di integrazione nel nuovo contesto. Andamento scolastico, relazioni con gli altri bambini Pagina di 45 78 Adolescenza: Maturazione fisica, psicologico-sessuale. Rapporti con gli altri e prime esperienze sentimentali- sessuali. Interessi. Condotte “devianti”, ad esempio sostanze e alcol Età adulta: vita attuale. Fonti di soddisfazioni e problemi cogenti. Risorse psicologiche, relazionali, etc. Richiesta di aiuto: Perchè chiede aiuto ora? È successo qualcosa di specifico? Come ci ha trovati? Presenta un sintomo identificabile? Cosa si aspetta di trovare dal lavoro con noi? Ultima parola al pz: C’è qualcosa che vorrebbe aggiungere? Qualcosa di cui vorrebbe parlarmi, ma che non mi ha ancora detto? La battuta finale del pz è quello che dice mentre sta andando via, esattamente perché vuole tenere quella comunicazione al di fuori del colloquio. Può essere la cosa più importante di quella seduta ed è probabile che sia ambivalente rispetto il comunicare quella specifica informazione. Il momento della fine del colloquio è molto carico emotivamente, in quanto può essere vissuto come una separazione o una ferita narcisistica. Quindi la battuta finale può essere vista come un modo di prolungare il colloquio e lasciare un qualche stato affettivo nello psicologo. Esempi di exit lines: 1. interrompere in anticipo la seduta («Non sei tu a interrompermi e lasciarmi, ti interrompo e ti lascio io») 2. La calata del sipario («Ora che abbiamo sbrigato il lavoro, possiamo lavorare veramente») 3. Sulla porta chiedo di te («Torna a casa per Natale?»). Invertire i ruoli 4. «Ci vediamo la prossima settimana». Favorisce il senso di controllo 5. «Ci vediamo la prossima settimana?» Incertezza e insicurezza, o nel pz o nello psicologo 6. Riparazione («Spero di non aver esagerato questa volta con lei…») Attenzione anche per la battuta finale dello psicologo. Spesso l’ultima cosa che diciamo rimane col pz molto a lungo e sovraccarico di emozioni per lui/lei. Dobbiamo prestare particolare attenzione a questo aspetto, affinché i nostri vissuti non si mostrino in maniera non controllata e in maniera impossibile da gestire sul momento. Valutazione della fase libera del colloquio Un piccolo “campione” (carota) per fare delle inferenze sul tutto, ovvero sulla persona È importante costruirsi un modello soggettivo della persona per poter elaborare un’ipotesi di lavoro Attenzione ad avere un atteggiamento volto a verificare un’ipotesi!! 1. Manca qualcosa all’immagine di questa persona? Pagina di 46 78 2. Che sentimenti o emozioni esprime o non esprime? Come li vive? Li ha provati anche in passato? In che modo? 3. Quale tipologia di linguaggio ha usato? 4. Ha raccontato una vera storia o solo un flash? Qualcosa manca? Mancano gli elementi affettivi e, se sì, quali? Che tipo di logica ha usato? 5. Ha manifestato un insieme di sintomi riconducibili a un disturbo specifico? 6. Quale tipologia di personalità potrebbe contraddistinguere questa persona? Restituzione «Cerchiamo di capire insieme cosa ci siamo detti oggi...» Restituire con il linguaggio della persona (regola del linguaggio) quanto si è capito su di lui/lei (regola della reciprocità). Possibile che un’intera area di vita ci sia sfuggita o che il pz aggiunga qualcosa di importante proprio qui. Capire come la persona reagisce a quanto restituiamo Proposta da parte dello psicologo Nel caso positivo, accordi e pagamento(!!) L’after-party Il paziente spesso ripensa a cosa gli abbiamo detto e cosa gli abbiamo proposto. Effetto tra le sedute. Il ricordo del colloquio nel pz può essere una grande fonte di informazioni Anche nello psicologo, il colloquio rimane e si sedimenta, al fine di poter riflettere ed elaborate la grande massa di informazioni che sono state acquisite. Pagina di 47 78 Caratteristiche e andamento Prima episodio spesso in eta’ adulta... ...anche se il 27% di persone con MDD hanno avuto il loro primo episodio in adolescenza (Kessler et al., 2012) Insorgenza precoce (prima dei 21 anni) si associa a prognosi piu’ sfavorevole: - Rischio/contributo genetico (ereditabilita’ 40%) - Problemi di sviluppo Depressione geriatrica: - Diminuzione negli anziani (>64 anni) - Aumento negli ultra-anziani - Positivity e strategie di coping - Difficolta’ e inesperienza a diagnosticare MDD negli anziani - Caratteristiche vascolari (demenze e pseudo- demenze) Good news: Recovery spontanea (60%; 3-6 mesi) ... Bad news: presenza di sintomi subclinici e alto rischio di ricaduta Ricaduta: remissione limitata o breve Ricorrenza: dopo una remissione completa (>2 mesi) Probabilità di ricorrenza: 50-85% dopo il primo episodio depressivo Purtroppo, la probabilità di avere un nuovo episodio depressivo aumenta di circa 16% per ogni episodio depressivo precedente: 1 episodio: 60% di avere un 2 episodio 2 episodio: 70% di avere un 3 episodio 3 episodio: 90% di avere un 4 episodio All’aumentare della ricorrenza, diminuisce il tempo trascorso tra i vari episodi depressivi. Pagina di 50 78 I problemi depressivi tendono a risolversi sempre meno —> sintomi residuali Fattori che predicono la ricorrenza: - numero di episodi precedenti - Interruzione antidepressivi (70% dopo 6 mesi) - Co-morbidità - Depressione precoce - Eventi stressanti - Supporto sociale limitato (non è semplice stare affianco ad una persona depressa) Piccola parentesi —> Depressione cronica: Sintomi > 24 mesi Molto più intensa della distimia Storia individuale molto complicata Condizioni attuali stressanti Familiarità Impatto della depressione LAVORO: assenteismo e problemi di concentrazione FAMIGLIA: interazione genitore-bambino —> soprattutto per quei genitori che hanno alte aspettative sui figli possono aumentare il rischio di sviluppare la depressione; Avere un genitore depresso aumenta la probabilità a propria volta di diventare depressi. FATICA RETE SOCIALE: più isolati (meta- analysis) e aumentata probabilità di divorzio SALUTE: rischio cardiovascolare, suicidio Pagina di 51 78 Depressione come crisi globale (OMS) Fattori di rischio e vulnerabilità —> Ruminazione vs disoccupazione sintomi che predicono la depressione Qual’è la differenza? Caratteristica cognitiva per la ruminazione, caratteristica ambientale per la disoccupazione. —> Questo concetto ci fa capire la differenza tra vulnerabilità e fattore di rischio: VULNERABILITÀ: definizione I - primo articolo Meehl 1962 sulla schizotaxia, schizotipia, schizofrenia (individua alcune caratteristiche della vulnerabilità psicopatologica che sono tuttora valide) - Endogena (che ha origine interna; In psichiatria, di malattia che non ha cause organiche né motivazione psicologica evidente) - Stabile (stabilità —> si perpetua nel tempo vs immutabilità —> fenomeno che resiste al cambiamento) VULNERABILITÀ: definizione II - LATENTE —> non si associa a determinati sintomi - RELATIVA ALLO STRESS (Selye, 1936) —> eventi maggiori o accumulazione di eventi minori VULNERABILITÀ: definizione III La vulnerabilità (spesso) richiede una attivazione, data dall’incontro con l’evento stressante. Ma quanto stressante? Pagina di 52 78 Non diventerò mai psicologo (Conseguenze) “Sono stupido” (valore del sé) È solo colpa mia! (Internalità) Nelle relazione interpersonali Stabilità “non piacerò mai” Globalità “il fatto di non piacere a lei/lui, vuol dire che non piacerò in nessuna area della mia vita” Conseguenze “resterò solo” Valore del sé “sono repellente” Internalità “È colpa mia” FENOMENO DELLA DISPERAZIONE La definizione attualmente più accreditata è quella proposta della Teoria della Disperazione: “(…) expectation that highly desired outcomes will not occur coupled with an expectation that no response in one’s repertoire will change the likelihood of occurrence of these outcomes” Circa il 10% della popolazione riporta livelli significativi di disperazione. Disperazione: stabilità superiore a 2 anni TEORIA DELLA RISPOSTA RUMINATIVA Ruminazione sembra essere contagiosa Atteggiamenti disfunzionali, disperazione, e ruminazione sembrano migliorare dopo interventi psicoterapeutici, come la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) Pagina di 55 78 Modello network: ogni cerchio rappresenta una variabile, una vulnerabilità; Blu reazione positiva Rossa relazione negativa PERSONALITÀ DEPRESSIVA Tristezza, mancanza di energie, anedonia, disturbi vegetativi (sonno, cibo, autoregolazione) (vedere “Lutto e melanconia” Freud 1917); mentre nel lutto c’è stata una perdita e il mondo ne è impoverito, nella melanconia è il Sè che appare impoverito o danneggiato; rabbia per la perdita di oggetto è rivolta contro il Sè, autodenigrazione e critiche. Si sentono colpevoli. Processi cognitivi, affettivi, immaginativi e sensoriali rallentati. Può esserci tendenza ereditaria (studi sui gemelli) ma è difficile stabilire la trasmissione; inclinazione depressiva può essere dovuta a perdita prematura; tratti orali, sovrappeso. Processi difensivi nella personalità depressiva INTROIEZIONE (interiorizzazione inconscia delle qualità più odiose di un vecchio oggetto d’amore): il bambino proietta le proprie relazioni sugli oggetti d’amore che li abbandonano, immaginando che siano arrabbiati o offesi; il bambino esce da esperienze premature o traumatiche di perdita idealizzando l’oggetto perduto e assumendo sul sé gli affetti negativi. RIVOLGIMENTO CONTRO IL SÈ IDEALIZZAZIONE: (gli altri sono meglio di me, per questioni morali, non per questioni di potere e prestigio come sarebbe per i narcisisti). Relazioni oggettuali nella personalità depressiva Perdita precoce e/o ripetuta; prematura separazione da un oggetto d’amore Può aver ceduto alle pressioni di un genitore di essere indipendente (svezzato) prima che fosse pronto. Una perdita grave nella fase di separazione-individuazione (18 mesi circa, fino a due anni, ne parla la Mahler) è pressoché garanzia di depressione (ma è anche un trauma che può potere a disturbo di personalità); Noncuranza dei gestori verso i bisogni dei figli. Il sè depressivo Hanno trasformato il sentimento di essere rifiutato nella convinzione inconscia di meritate quel rifiuto; Pagina di 56 78 Possono trovare autostima in professioni d’aiuto o volontariato (per bilanciare il senso di colpa) (per tenere a bada angoscia ed evitare distruttività); Sembra che le donne siano più esposte a soluzioni depressive dei loro problemi. Transfert e controtransfert con pazienti depressivi Hanno buone capacità di relazione oggettuale ma tendono a proiettare sul terapeuta le proprie critiche interne (super - io sadico o rigido) Le persone più disturbate hanno bisogno di farmaci mentre fanno la terapia per ridurre intensità dei sentimenti depressivi. Il controtransfert va da affetto benevolo a sentimenti onnipotenti di salvezza (essere il senatore sensibile che non hai mai avuto, controtransfert complementare) oppure controtransfert concordante, ci si sente impotenti e demoralizzati. LA DISPERRAZIONE In generale, noi siamo... Orientati al futuro (Seligman et al., 2013) Abbiamo una visione ottimistica del futuro (Fischer & Chalmers, 2008) ...che si associa a benessere psicologico, fisico, e sociale, e a uno status socioeconomico più alto (Carver & Scheier, 2010). Tuttavia... Una minoranza significativa di persone non la vede in questa maniera, ma ritiene che il proprio futuro sarà orribile e che niente potrà mai cambiare... ...in altre parole, provano disperazione. La definizione attualmente più accreditata è quella proposta dalla Teoria della Disperazione: “[...] expectation that highly desired outcomes will not occur or that highly aversive outcomes will occur coupled with an expectation that no response in one’s repertoire will change the likelihood of occurrence of these outcomes” (Abramson, Alloy, & Metalsky, 1989; p. 359). —> aspettativa che non si verificheranno risultati altamente desiderati o che si verificheranno risultati altamente avversi insieme all'aspettativa che nessuna risposta nel proprio repertorio cambierà la probabilità che si verifichino questi risultati Circa il 10% della popolazione riporta livelli significativi di disperazione. Pagina di 57 78 La disperazione si caratterizza per la presenza di importanti obiettivi nella vita della persona, ma che in qualche modo sono bloccati. In particolare, spesso si ravvisa la presenza di una specifica struttura motivazionale, dove il Sè ideale sembra dipendere pressocchè totalmente dal raggiungimento di un set molto limitato di obiettivi, da cui la persona non può sganciarsi. Disperazione “aggiornata” SPERANZA COME ATTO INTENZIONALE “Intenzionale” in senso fenomenologico, ovvero come “oggetto” di un atto mentale. “Io sto pensando XXX” “Io spero che XXX”: Speranza come atto intenzionale, cioè con un contenuto o riguardo a qualcosa. Orientamento futurale Molte definizioni: desiderio + incertezza + fiducia in un qualche fattore esterno (Meirav) Diversi tipi di stati intenzionali collegati alla speranza: speranza “speranzosa” (wishful hope), speranza “ostinata” (willful hope), speranza attiva, speranza passiva, disperazione del “gesto disperato” (panico + ultima speranza. Forzare la situazione). PERDITA DELL’OGGETTO DI SPERANZA Quando l’oggetto dell’atto di speranza viene a mancare, l’atto intenzionale della speranza viene sostituito da quello della disperazione. “L’esperienza dell’assenza, stabilisce nella coscienza una relazione con un oggetto nella modalità “non-qui”; cioè, l’oggetto è molto presente per l’io come non presente, il che produce sentimenti di dolore. Nella esperienza della mancanza, due movimenti incompatibili si presentano alla coscienza: da un parte, il bisogno più o meno intenso sella presenza di un particolare oggetto, dall’altra parte, la consapevolezza della sia assenza” (Saury 2011) L’assenza dell’oggetto sperato è vissuto come una fortissima e dolorosissima presenza nella disperazione. Pagina di 60 78 —> Disperazione come essere intrappolato in un vicolo cieco Disperazione come Malattia Mortale “Il tormento della disperazione è proprio non poter morire. Perciò somiglia più allo stato del moribondo quando si torce nella lotta con la morte e non può morire. Quindi cadere nella malattia mortale è non poter morire, ma non come se fosse la speranza della vita, anzi, l’assenza di ogni speranza significa qui che non c’è nemmeno l’ultima speranza, quella della morte. Quando il maggior pericolo è la morte, si spera nella vita; ma quando si conosce il pericolo ancora più terribile, si spera nella morte. Quando il pericolo è così grande che la morte è divenuta speranza, la disperazione è assenza della speranza di poter morire. [...] malattia nell’io di morire eternamente, di morire eppure di non morire, di morire la morte” (Kierkegaard, La malattia mortale, 1849). Perdere le speranze o perdere la Speranza Si possono perdere molte speranze (espoir), forse anche tutte, senza tuttavia perdere la Speranza (Esperance). La Speranza può essere considerata la matrice da cui emergono le speranze. La si può forse considerare l’abilità stessa di “sperare” e, come tale, è pre-intenzionale, cioè non ha un oggetto specifico. Radical Hope (Meirav), Ground of Hope (Steinbock), Existential Hope (Ratcliffe), Esperance (Minkowski) Quando si perde la Speranza (Esperance/Ground for hope) non si perde una singola speranza, ma la speranza stessa, nel senso che sperare diventa impossibile “Anche se sperimentassi disperazione (hopelessness) in relazione a qualsivoglia caso, la somma di queste esperienze non ammonterebbe alla Disperazione (despair), perchè il terreno della speranza (ground of hope) continuerebbe ad essere attivo” (Steinbock). Prestare grande attenzione alla distinzione tra aver perso le speranza (hopelessness) e aver perso la Speranza (despair). Pagina di 61 78 Cieche speranze... Promèteo: Dal fissare il destin distolsi gli uomini. CORO: Quale farmaco a tal morbo trovasti? Promèteo: Nei lor petti albergai cieche speranze. LA SPERANZA MALATA La speranza può essere «malata» non solo per il suo oggetto (impossibilie o improbabile), ma rispetto al proprio modo di funzionare, ovvero 1) quando porta a denigrare il presente; 2) sacrifici non meditati, 3) riduce la flessibilità della persona DISPERAZIONE E PSICOPATOLOGIA Disperazione e schizofrenia, DBP, alcolismo, età.. La disperazione è stata solidamente associata col rischio suicidario - Disperazione e suicidio sono associati, anche dopo aver controllato per i sintomi depressivi...non vero il contrario! - Disperazione predice il suicidio nel lungo termine (5-10 anni) Pagina di 62 78 Disperazione nella fase di remoralizzazione Fondamentale valutare la presenza e intensità della disperazione nella fase iniziale del rapporto psicoterapeutico e, altresì, valutare le aspettive di cambiamento in riferimento alla psicoterpia Alti livelli di disperazione nella fase pre-trattamento si associano a più alto drop-out nel trattamento CBT (Westra et al., 2002). Disperazione nella fase di remoralizzazione Kuyken (2004): treatment- unresponsive hopelessness in CT Individui che in terapia hanno dimostrato livelli di disperazione poco responsivi (non declinivano sotto il cutoff di 8) nelle prime 4 sedute: 1) Avevano più alti livelli di disperazione e BDI 2) Miglioravano meno Hayes et al (2007): cambiamenti non lineari in psicoterapia e speranza Pagina di 65 78 Attribuzioni e affermazioni positive Aspettative Negative «Lo so che non c’è via d’uscita per me. Sono venuto perchè me lo ha chiesto mia moglie, ma temo che i giochi siano già fatti per me» è un problema? Chi intraprendere la terapia con spirito propositivo e positivo ha più possibilità di concludere al meglio la terapia. Aspettative in terapia Le aspettative iniziali riguardo il trattamento spiegano fino al 15% della varianza nel risultato del trattamento (Norcross & Lambert, 2011) Se il paziente ha delle aspettative positive riguardo l’efficacia e il risultato della terapia: 1) più probabilmente dimostrerà compliance nei confronti dei “compiti” della terapia 2) Più un generale, sarà coinvolto nel processo terapeutico La storia non è già scritta... “L’ho ascoltata molto attentamente. Lei crede che non potrà mai stare meglio e che tutto resterà così come è adesso. Sia nella sua vita professionale, sia in quella familiare. Nonostante le difficoltà, tuttavia, penso che niente riguardo il suo futuro sia già stato scritto. Nella mia esperienza, molte persone in una situazione simile hanno fatto grandi miglioramenti. La terapia potrebbe aiutarla a starla meglio”. “Nella mia esperienza, il sentirsi senza speranza è spesso un sintomo di un malessere più che una prova che niente che può cambiare”. NON CONFERMARE la STABILITà delle ASPETTATIVE NEGATIVE Pagina di 66 78 Presentare un razionale convincente del trattamento Fornire in termini semplici, ma assolutamente accurati, una spiegazione causale del disturbo Descrivere le tecniche e gli interventi che userete e come il tutto migliorerà il disturbo o il malessere Tutto ciò aumenterà la credibilità del trattamento, o evidenzierà la sua mancanza presso il paziente La credibilità del trattamento è emersa come un fattore non specifico della psicoterapia. Aumentare la fiducia nel terapeuta La credibilità del terapeuta è un altro importante fattore per aumentare la aspettative di cambiamento del paziente. Il terapeuta si presenta come: 1. Una persona di cui avere fiducia 2. Una persona che può capire il paziente 3. Una persona con specifiche abilità e competenze Aumentare la fiducia nel paziente e nella sua possibilità di cambiamento “Carla, voglio ringraziarti per aver chiamato oggi. So che non è facile cercare aiuto e parlare con un estraneo riguardo i propri problemi può fare davvero paura. Ma chiamare è stato il primo passo nella giusta direzione. Questo dice molto di te. Mostra che sei capace di riconoscere quando hai un problema e che hai il coraggio e la determinazione di fare i passi necessari per affrontare i tuoi problemi. Entrambi queste qualità ci saranno molto utili nell’affrontare i problemi e procedere nella direzione giusta. Sono ottimista che, insieme, potremo trovare il modo di aiutarti in questa fase di grande malessere…” Pagina di 67 78 Uomo, 50 anni, depresso Clinico: “Quando è stata l’ultima che ha avuto un rapporto sessuale?” Pz: “Quasi un anno fa” CL: “Un anno fa...” Pz: “Mia moglie ha avuto problemi con la menopausa ed è preoccupata in merito all’assunzione di ormoni. Sente che voglio fare sesso solo per il mio piacere, senza alcuna attenzione per lei. Forse ha ragione. Ad ogni modo, il problema per ora è risolto” Cosa ci dice questa (ipotetica) interazione? STILE ATTIVO DI COLLOQUIO Il pz depresso generalmente nasconde alcune parti di sè, che non riesce a permettersi di esprimere. In primis, la rabbia Inoltre, sebbene il pz abbia la curiosità di conoscersi meglio e di farsi conoscere, questo spesso non è vero per il depresso, in quanto teme di conoscere ancora più nel dettaglio (e farsi conoscere) le proprie profondità abissali. Quanto oscuro è il proprio mondo interiore. In certi casi, può arrivare tramite l’uso di isolamento, negazione, e diniego, a sviluppare una (pericolosa) depressione mascherata, ovvero depressio sine depressione. Lo psicologo deve prendere l’onere di “fornire” l’energia per la conoscenza del pz. • Storia “reale” narrata dal paziente e storia “parallela” ipotizzata dal clinico. • Ad esempio, quali sono stati i fattori precipitanti per questo pz? Nel passato e nel presente? E’ probabile che ci siano delle forte simiglianze funzionali, più che contenutistiche. Dipendenza – Rabbia Il pz desidera dipendere da una persona forte, autorevole e accudente. Il clinico viene vissuto come un mago che può risolvere tutti I suoi problemi. Se viene disatteso in questo suo bisogno, può diventare rabbioso o ancora più depresso Il pz può sottilmente indurre il clinico a decidere sempre di più della vita del pz, fino a guidarla completamente. Pagina di 70 78 TRANSFERT E CONTROTRANSFERT Cosa posso fare in questa situazione? Beh, potrebbe fare così.. Però, facendo così, dati questi ulteriori elementi, la cosa andrebbe peggio... 1. Ritirare il suggerimento (il pz vede inadeguato il cl) 2. Chiedere perchè il dettaglio era stato omesso (il cl critica il pz) 3. Rimanere in silenzio (il pz agisce il consiglio del cl e complica la situazione). E’ probabile che le tre soluzioni portino a delusione/vergogna/rabbia nel pz Se il desiderio di dipendenza viene soddisfatto (massicciamente), la persona si sente ancora più inadeguata e non capace di essere indipendente —> vergogna Questo provoca rabbia, che però è percepita come inappropriata - Senso di colpa - Depressione Col tempo il cl può mettere in luce questo pattern Una reazione controtransferale frequente al legame transferale di dipendenza del paziente è l’onnipotenza (complementare). Io ti salverò! Pz: Dottore, sono sicuro che lei ha risposta per me! Cl: Sì, ce l’ho! —> Atteggiamento paternalistico o iperprotettivo — >Particolarmente rischioso con pz suicidari Un’altra reazione controtransferale comune è un mix di senso di colpa e rabbia Un pz non viene alla seduta, durante un nubifragio. Il cl lo chiama e lui risponde: “Pensavo che avrebbe capito da solo che non sarei venuto, ma non si preoccupi, oggi stesso le lascerò l’assegno nella buca delle lettere”. Il cl si sente sminuito e frainteso -> senso di colpa per aver dato adito a una tale bassezza —> col tempo può diventare rabbia Rabbia esplicita del cl verso il pz, razionalizzata come modo per spronarlo e attivarlo Rabbia verso la sensazione di impotenza verso le opprimenti richieste del pz (che si aspetta un cl onnipotente) Esempio, il cl lascia che il pz prolunghi oltremodo il tempo della seduta perchè sta piangendo disperatamente e non vuole interromperlo. Dopo questo evento, il cl sente una forte sensazione di fastidio verso il pz. Percepisce che è stato forzato a fare qualcosa che non voleva fare e prova rabbia per questo. Pagina di 71 78 Un’ulteriore manifestazione controtransferale è il senso di noia. La noia può essere una difesa del cl verso i propri sentimenti depressione, rabbia e colpa Si associa anche al bozzolo nel quale il pz si trova e che il cl ha difficoltà a superare per contattare veramente il pz (depression bubble) IL DISTURBO BIPOLARE - MANIA l continuum dell’umore Interpretare i disturbi dell’umore come un insieme di condizioni allocate su un continuum di presentazione clinica con ad un estremo i quadri unipolari, caratterizzati esclusivamente da episodi a polarità depressiva ed all’estremo opposto i quadri bipolari di tipo I, con episodi depressivi ed episodi maniacali. Umore: Tono emotivo pervasivo che influenza profondamente l’aspetto e la percezione di sé, degli altri e dell’ambiente in generale Pagina di 72 78 1. Mania depressiva: l’umore depresso/irritabile si associa ad agitazione motoria e accelerazione del pensiero; 2. Depressione agitata: umore malinconico, ideazione rallentata, deliri a contenuto depressivo associati ad intensa agitazione motoria; 3. Mania improduttiva: ideazione rallentata associata ad umore euforico e motricità esaltata; 4. Stupor maniacale: rallentamento motorio ed inibizione ideativa associati ad umore euforico; 5. Depressione con fuga delle idee: umore depresso e rallentamento motorio associati ad accelerazione ideativa che può giungere alla fuga delle idee; 6. Mania con inibizione motoria: inibizione motoria associata a umore euforico ed accelerazione del pensiero. PERSONALITA’ MANIACALE E IPOMANIACALE —> Organizzazione essenzialmente depressiva —> Difesa primaria è il diniego (e acting out) Il diniego viene principalmente agito verso una sottostante forma depressiva e quando questo fallisce emerge la depressione N.B. diniego diverso da negazione —> Grande energia, eccitazione, mobilità e socievolezza —> L’emozione negativa non emerge come tristezza o dispiacere, ma come rabbia —> La felicità eccitata è lo stato tipico, mentre una tranquilla serenità può essere uno stato completamente sconosciuto —> Il sé maniacale come una «trottola», ovvero il bisogno tipico di continuare a muoversi per paura di sentire qualcosa di doloroso, che viene evitato e denegato in qualsiasi modo. —> I clienti maniacali possono essere attraenti, intuitivi e affascinanti, ma facilmente sono percepiti come stancanti. —> Storia molto turbolenta, ma con scarsa partecipazione emotiva. —> Rischio di sottostimare la sofferenza della persona Pagina di 75 78 COSA È IL COUNSELING? 1. Corpus di conoscenze 2. Abilità (counseling skills) 3. Intervento professionale (Psicologo vs. Counselor) Etimologia: latino consulo-ere (o secondo altri consulto-are) nell’accezione di “venire in aiuto, avere cura”. —> Counseling (con una «l» è American English, usato dall’American Psycological Association (APA) e dalla American Counseling Association (ACA)). —> Counselling (con 2 «l») è British English. —> In Italia si è affermata la versione americana, per le origini del counseling e per il solido sviluppo che esso ha avuto negli Stati Uniti Radici storiche del counseling Frank Parsons (1854-1908) Carl Rogers (1902-1987) Rollo May (1909-1994) FRANK PARSONS: Istituisce a Boston un istituto di orientamento professionale (Vocational Bureau) e mette a punto un modello di career counseling focalizzato sull’identificazione delle risorse personali e dei punti di forza dell’utente. Counseling come strumento per aiutare le persone nelle scelte occupazionali (vocational guidance) ROLLO MAY : primo esempio di counseling universitario e autore del primo testo pubblicato sul counseling (“L’arte del counseling”; edizione americana: 1939). «Obiettivo del counseling è il riequilibrio delle tensioni fondamentali della personalità (ambizioni e interesse sociale) perché possano coestistere in armonia funzionale» CARL ROGERS «Lo scopo del counseling non è quello di risolvere un problema particolare ma di aiutare l’individuo a crescere perché possa affrontare sia il problema attuale sia quelli successivi in maniera più integrata, ovvero con maggiore autonomia, responsabilità, consapevolezza» (Rogers, 1942) 1952: viene fondata, con il nome “American Personnel and Guidance Association” quella che nel 1992 è stata chiamata American Counseling Association Pagina di 76 78 Punti fermi “Counseling in Italia” A dispetto delle definizioni e dell’orientamento adottato, nel contesto italiano il counseling: 1. è un intervento circoscritto, sia per obiettivi che come durata, e focalizzato; 2. Non ha scopi terapeutici nei confronti degli scompensi psicopatologici; 3. è volto ad attivare punti di forza e risorse, rimuovendo gli ostacoli 4. Utilizza la comunicazione come contesto e come strumento principale di azione Il counseling non è psicoterapia I La differenza principale tra counseling e psicoterapia è che “l’ambito di competenza del counseling è la condizione di disagio-malessere psichico mentre la psicoterapia interviene quando si manifesta una condizione di disturbo psichico o malattia mentale stabilizzata” (Fulcheri, Torre, 1999). SBAGLIATO: «Le parole counseling e psicoterapia vengono spesso usate in modo intercambiabile e, di fatto, è difficile rilevare differenze precise fra le due pratiche (Hough, 1999, p. 13). Differenza tra (i) counseling e (ii) psicoterapia: TEMPO: breve VS. lungo per differenti obiettivi FOCUS: presente VS misto RELAZIONE: differente intensità SALUTE: punti di forza, risorse, potenzialità VS patologia, deficit INTERVENTO: prevenzione primaria VS prevenzione secondaria e terziaria Counseling non equivale ad abilità di counseling Counseling include, ma non si esaurisce con le abilità di counseling. Alcune abilità di counseling sono anche life skills (i.e., empatia, WHO) Molte professioni usano counseling skills (spesso dove la relazione è fondamentale): medici, infermieri, assistenti sociali, insegnanti, avvocati, giudici...
 Attività professionale: psicologi e counselor Partiamo dagli USA... Negli Stati Uniti, il counseling è, a tutti gli effetti, una professione, ovvero una attività regolamentata per il cui svolgimento è necessaria una abilitazione I problemi che l’Italia affronta oggi rispetto alla definizione dei limiti tra psicologo e counselor sono quelli che gli Stati Uniti hanno affrontato negli anni settanta. Pagina di 77 78
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