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Appunti completi di Analisi del testo letterario, Appunti di Analisi Letteraria

Appunti completi sull'analisi del testo letterario. Vengono evidenziati i presupposti di Lavagetto e Corti riguardo al testo come luogo di lavoro e ai tre soggetti implicati in ogni operazione di lettura. Inoltre, vengono descritti i principi di cautela di Maria Corti per la lettura e l'analisi di un testo. Il documento si conclude con un estratto dell'introduzione di Lavagetto al libro 'Il testo letterario. Istruzioni per l'uso' del 1996.

Tipologia: Appunti

2019/2020

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Scarica Appunti completi di Analisi del testo letterario e più Appunti in PDF di Analisi Letteraria solo su Docsity! APPUNTI COMPLETI ANALISI DEL TESTO LETTERARIO 24.09.2020 PREMESSE - Lavagetto e Corti: 1) ll testo è qualcosa che «c'è» ed è un «luogo di lavoro» Ci sono due presupposti (Mario Lavagetto, // testo letterario. Istruzioni per l'uso: 1996). importanti da evidenziare 2) In ogni operazione di lettura sono tre i soggetti implicati, ovvero «l’autore, Circa il testo. La prima, il testo, il lettore» ripresa da Mario (Maria Corti, // cammino della lettura. Come leggere un testo letterario: 1993). Lavagetto*, che fu allievo di Debenedetti? e che definisce il testo come un luogo di lavoro; la seconda è la definizione di Maria Corti per cui il testo non è autosufficiente, in quanto in ogni operazione di lettura ci sono tre soggetti implicati, ovvero l’autore, il testo ed il lettore. 1. Lavagetto vuole sottolineare l’importanza di quanto circonda l’autore e della sua ideologia. Quindi è un elemento da indagare. Lavagetto è influenzato dal campo psicanalitico, che porta avanti. 2. Maria Corti nei suoi studi si focalizza particolarmente sui metodi e sulle pratiche filologiche per lo studio dei testi letterari. Si occupa anche dell’insegnamento della letteratura nelle scuole. Maria Corti è interessata dalla visione strutturalista4, che arriva in Italia da precedenti studi francesi e russi. Pur riconoscendo la bidirezionalità dell’atto di lettura e della pluralità degli approcci, Maria Corti aveva posto alcuni principi di cautela, anche oltre quello che è già stato espresso poco sopra. Bisogna ricordarsi che esiste un senso letterale del testo, a cui le proposte interpretative devono fare riferimento. È anche necessario difendere il testo da usi impropri. Queste sono alcune delle sue linee guida per la lettura e l’analisi di un testo. Presuppone un lavoro di tipo filologico che porta poi il lettore a prendere delle decisioni interpretative e deduttive. A volte il senso letterale può essere ambiguo, non sempre è univoco. Qui interviene la coerenza che è un valore oggettivo. La Corti si sofferma anche sulla strumentalizzazione di testi che possono andare oltre le intenzioni dell'autore, possano esse essere ideologiche o altre. Questo implica una domanda su ! Mario Lavagetto (Parma, 1939) è un critico letterario e accademico italiano. ? Giacomo Debenedetti (1901 — 1967) è stato uno scrittore, saggista e critico letterario italiano. Fu tra i maggiori interpreti della critica letteraria in Italia nel XX secolo, uno dei primi ad accogliere la lezione della psicoanalisi e delle scienze umane in genere, e tra i primi a cogliere tutta la portata del genio di Marcel Proust. ? Maria Corti (Milano, 1915 — 2002) è stata una filologa, critica letteraria, scrittrice, semiologa e accademica italiana. 4 Lo strutturalismo è — in filosofia — quel movimento filosofico, scientifico e critico letterario che, sviluppatosi soprattutto in Francia durante gli anni Sessanta, si estese all'antropologia, alla critica letteraria, alla psicoanalisi, al marxismo e all'epistemologia, le teorie e il metodo dello strutturalismo linguistico. In particolare, nella critica artistica e letteraria (vedi gli studi di Gérard Genette), è stata applicata la teoria e la prassi strutturalista che considera l'opera presa in esame (testo letterario, creazione pittorica o filmica) come un insieme organico scomponibile in elementi e unità, il cui valore funzionale è determinato dall'insieme dei rapporti fra ogni singolo livello dell'opera e tutti gli altri. Fra i più importanti pensatori associati allo strutturalismo occorre ricordare il linguista Roman Jakobson, l'antropologo Claude Lévi-Strauss, lo psicoanalista Jacques Lacan, il filosofo e storico Michel Foucault, il filosofo marxista Louis Althusser e il critico letterario Roland Barthes. considerazione riguarda più strettamente l'immagine del lavoro del lettore. Il lettore di molteplici trame del tessuto del testo ricava necessariamente i fili utili alla sua ricostruzione di un senso del testo. Come il testo ha una trama di molteplici fili, il lettore li deve ripercorrere, seguendo diversi percorsi. Ezio Raimondi? li definisce i sentieri del lettore. * Tenere presente che tre sono in ogni caso i soggetti della nostra operazione di lettori: l'autore, il testo, il lettore. * Si ricordi che esiste un senso letterale del testo da cui nessuno può prescindere. * Le nostre proposte interpretative devono sempre reggere in rapporto alla coerenza testuale. * Difesa dell’interpretazione contro l’uso di un testo a fini estranei, ideologici o altro. * Evitare il dispendio interpretativo a favore di un'economia dell’interpretazione. (M. Corti, // cammino della lettura. Come leggere un testo letterario: 1993). 1° Ezio Raimondi (1924 — 2014) è stato un filologo, saggista e critico letterario italiano. 01.10.2020 Lavagetto - Il testo letterario: Lavagetto ne Il testo letterario. Istruzioni per l’uso del 1996 raccoglie contributi di vari autori su operazioni specifiche che si compiono sul testo letterario. Quindici anni fa, con /l testo moltiplicato, avevo proposto a cinque studiosi di diversa formazione e diverso orientamento (...) una specie di sfida ermeneutica: leggere un unico testo, una novella di Boccaccia, alla luce di un metodo preliminarmente definito e accettato a oltranza. Questo libro constituisce una replica e una estensione teorica di quell'esperimento: vengono descritte le operazioni in quanto tali, in assenza di un testo di riferimento. Alla fine il lettore potrà avere la sensazione di trovarsi di fronte a una serie di moltiplicazioni potenziali che, una volta applicati, gli restituiranno un'immagine non univoca e variamente “deformata” del testo. Pensare a una lettura del tutto conforme allo sguardo dell'autore, a cui andrebbe riconosciuta una sorta di diritto di proprietà, è del tutto illusorio. {M. Lavagetto, Introduzione. ll testo e le sue moltiplicazioni, in Il tetso letterario. Istruzioni per l'uso cit., p. IX). Stratificato, complesso, percorso da molteplici direttrici di senso che si intersecano e si annodano nel corpo di una stessa parola, il testo non ci appare mai bloccato su una “verità” ultima e definitiva; piuttosto (...) emette segnali, una catena di segnali diversamente attivati, soggetti a combinarsi gli uni con gli altri e sempre variabili in rapporto alle successive trasformazioni del codice, del ricevente, delle condizioni concrete di “contatto” ecc. ecc. Il testo (...) è “polisemico”, lo è anche al di là e al di fuori dei progetti consapevoli dell'emittente. Il che significa che il diritto di proprietà nel testo è sempre e solo parziale e che esiste una pluralità, indefinita a priori, di interpretazioni compatibili. (...) Il che — naturalmente — non implica che tutte le interpretazioni siano possibili: la lettera del testo deve costituire comunque un punto di partenza e un confine ultimo: deve funzionare non solo da riferimento costante e obbligatorio, ma anche come dispositivo di regolazione delle compatibilità. {M. Lavagetto, Due risposte in forma di premessa, în ll testo moltiplicato cit., pp. 5-15: 7-9). Il contributo di Corrado Bologna parla di come costituire il testo filologicamente, quell’approccio che Maria Corti distingue da quello interpretativo, in quanto costituire il testo significa creare la base su cui poi agganciare e far partire l’interpretazione, anche se si potrebbe aggiungere che spesso nella ricostruzione filologica la costituzione del testo implica delle decisioni autoriali e interpretative. Perché il “testo moltiplicato”? Perché un Istituto Gramsci ha inserito nel Questi contributi proprio programma qualcosa di tanto specifico e di così sono tutti su apparentemente estraneo all'ambito di una tradizione di intervento operazioni che si ormai consolidata? possono (M. Lavagetto, Due risposte in forma di premessa, in Il testo moltiplicato compiere sul cit., p. 5). testo anche in !3 Costituire, commentare, spiegare, storicizzare, leggere, tradurre, formalizzare, analizzare, decostruire, interpretare. Il testo letterario può essere sottoposto di volta in volta a operazioni diverse, ognuna basata su criteri specifici e variabili strategie. Dieci specialisti ci guidano, in questo volume, alla scoperta di un inesauribile cantiere, moltiplicando i punti di vista e offrendo al lettore una duttile e multiforme scatola di arnesi. successione. La costituzione precede logicamente tutte le altre operazioni. A volte si possono compiere anche in parallelo o in alternanza. Queste operazioni e la loro presentazione si basano su determinate teorie o approcci critici. Bisogna notare come il capitolo Analizzare sia redatto da Lavagetto e si parla di un’analisi del testo di tipo psico- analitico. Remo Ceserani era un comparatista e per questo si occupa della storicizzazione e qui presuppone la comparazione ampia con altri contesti e letterature. Il capitolo Decostruire di Patrizia Lombardi riprende la corrente del decostruzionismo. La cosa che qui va notata è che questo volume è il seguito, lo sviluppo ulteriore, di un volumetto precedente sempre miscellaneo che Lavagetto aveva ideato e promosso quindici anni prima: Il testo moltiplicato. Lettura di una novella del Decameron. Si riferisce alla novella di Lisabetta da Messina, la quinta della giornata quarta, quella sugli amori infelici, la quale si apre con l'introduzione di Boccaccio che ragiona sulla legittimità della passione amorosa e della libertà in amore. Qui si parla anche delle libertà interpretative in qualche modo. Questo volume è introdotto dalla novella intorno a cui ruota l'esercizio interpretativo. È scritta con un commento molto conciso, volto alla spiegazione della lettera del testo di aspetto retorico-stilistici, commento molto essenziale. I saggi che seguono si riferiscono tutti a questa novella in maniera anche molto puntuale. Il testo moltiplicato è un antecedente pratico-operativo di quanto viene proposto in quello del 1996. Questo libro costituisce quindi una replica e un'estensione teorica di quello degli anni Ottanta. Qui c'è un'affermazione importante del principio della pluralità delle letture possibili, non sempre necessariamente anche attraverso la distanza storica del tutto conforme allo sguardo dell'autore. Lavagetto nell’introduzione motivava in maniera articolata, insistendo sulla polisemia del testo, ma anche sul limite posto alle possibili letture di un testo. Lavagetto scrive che ogni lettura è preliminare di qualche altra successiva lettura, avendo così anche l’idea di una tradizione del testo attraverso le sue diverse letture. Il testo è pluralità di sensi; polisemico lo è anche al di là degli intenti dell'autore, quindi il diritto di proprietà del testo è sempre e solo parziale siccome esiste una pluralità a priori di interpretazioni compatibili e questo viene relativizzato, quindi non tutte le interpretazioni sono possibili. La lettera del testo è il punto di partenza e il confine ultimo per interpretare un testo. La polisemia e la stratificazione di sensi intrinseci al testo chiamano il lettore ad accedervi con strumenti diversificati, ma sempre agganciati e operanti sulla concretezza del testo. Questo esperimento di Lavagetto pone al centro il testo e parte da un singolo testo ben delimitato per poi verificare i propri assunti. Questi principi ripresi da Maria Corti sono il monito riguardo all'abuso dei testi a fini non propri. Da qui traspare l’idea della responsabilità anche civile legata all’atto di lettura e di interpretazione. Sotto questo aspetto è istruttivo ricordare l'elemento contestuale all'operazione proposta da Lavagetto. È un aspetto che riporta alla necessità che i metodi di approccio al testo siano contestualizzati e colti nella loro storicità. Gli interventi raccolti da Lavagetto furono prima presentati in forma orale in diverse letture o conferenze presso l'istituto Gramsci di Parma, quindi non accademico o specialistico, né del tutto neutro, siccome per vocazione era orientato verso gli studi di tipo storico-politico, se non anche al dibattito politico. Lo stesso Lavagetto riprende nell’introduzione una domanda già posta in quella sede. che tocca un argomento molto specifico, ovvero il fatto che il testo agli occhi di chi opera in prospettiva psicanalitica è il luogo dell’elaborazione o anche della rielaborazione, riprendendo così dei tecnicismi della psicanalisi con riferimento anche esplicito all’Interpretazione dei sogni di Freud. Serpieri continua ad operare con dei termini che possono avere anche delle valenze generali. In tutto il discorso e nella lettura del testo è centrale il ragionamento su ciò che nel racconto è latente, sulla latenza testuale. Serpieri definisce il suo approccio come metodica di studio della latenza testuale. L’attenzione, quindi, è Il racconto è a focalizzazione zero, detto da un narratore onnisciente focalizzata verso tutto ciò (Filomena, nella finzione), ma in parte reticente. La voce narrante, che è implicito e che infatti, lascia registrare ellissi di presentazione e di qualificazione, sul piano dell'intreccio, e di motivazione, a livello della logica dell’azione. l’autore è reticente a cli ou ii . . dichiarare, ma anche verso (A. Serpieri, L'approccio psicoanalitico: alcuni fondamenti e la 7 scommessa di una lettura, in Il testo moltiplicato cit., p. 58). il contrario della latenza, facendo ricorso al termine specialistico della I modello narrativo estratto-astratto non può dirci altro, perché la sovradeterminazione. Gli logica dell’azione non consente di prescindere dalla manifestazione I . d . . discorsiva (...) A livello dell'intreccio e del discorso si colloca il rapporto elementi sovradeterminati tra voce narrante e storia. E’ qui che si dispiega il sistema di inidizi, attraggono a sé significati informanti, presupposizioni, come di sovradetreminazioni, reticenze, molteplici. Serpieri parla ellissi che orientano la semantica delle funzioni. . anche della reticenza e parte dalla prospettiva del racconto in relazione alla cornice, con il narratore in focalizzazione zero, rifacendosi alla teoria di Genette”. Nella costruzione del Decameron'$ gioca un ruolo essenziale il contesto. La cornice fa parte del racconto della novella, ma non tutti concordano con questo. (A. Serpieri, L'approccio psicoanalitico: alcuni fondamenti e la scommessa di una lettura, in Il testo moltiplicato cit., p. 60). !7 Gérard Genette (1930 — 2018) è stato un critico letterario e saggista francese. È considerato un esponente di spicco dello strutturalismo, insieme a Roland Barthes e Claude Lé dai quali ha ripreso il concetto di bricolage. È anche ritenuto uno dei massimi esponenti di quella branca della teoria della letteratura che prende il nome di narratologia. Tra le sue opere si segnala la serie di Figure (Figures), e in particolare il quarto volume, intitolato Nuovo discorso del racconto (Nouveau discours sur le récit). Anche se la sua influenza è stata minore di quella di Barthes e Lévi-Strauss, è tuttora difficile non imbattersi (anche al di fuori dello strutturalismo) in termini e tecniche derivanti dal suo lessico specifico: sono suoi, ad esempio, neologismi tecnici come paratesto ed (extra-)diegetico. Celebri e studiati sono inoltre i due volumi L'opera dell'arte (1994-97), di particolare interesse nel campo dell'estetica. Di grande importanza è la spiegazione dei predicati estetici, e la definizione di apprezzamento estetico. Genette fu attivo sia come studioso che come insegnante, in qualità di Ancien Directeur de recherches presso l'École des Hautes Études en Sciences Sociales. Fu inoltre visiting professor alla New York University. Diresse la collana "Poétique" presso le Éditions du Seuil. 18 Il Decameron, 0 Decamerone, è una raccolta di cento novelle scritta da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo, probabilmente tra il 1349 (anno successivo alla peste nera in Europa) e il 1351 o il 1353. Anche se il primo a capire che si trattava di un testo autografo fu Alberto Chiari, Vittore Branca nel 1962 dimostrò come il codice Hamilton 90, conservato a Berlino, fosse un prezioso autografo risalente agli ultimi anni di vita del Boccaccio. È considerata una delle opere più importanti della letteratura del Trecento europeo, durante il quale esercitò una vasta influenza sulle opere di altri autori (si pensi ai Canterbury Tales di Geoffrey Chaucer), oltre che la capostipite della letteratura in prosa in volgare italiano. Boccaccio nel Decameron raffigura l'intera società del tempo, integrando l'ideale di vita aristocratico, basato sull'amor cortese, la magnanimità, la liberalità, con i valori della mercatura: l'intelligenza, l'intraprendenza, l'astuzia. Il libro narra di un gruppo di giovani, sette donne e tre uomini, che per dieci giorni si trattengono fuori da Firenze per sfuggire alla peste nera che in quel periodo imperversava nella città, e che a turno si raccontano delle novelle di taglio spesso umoristico e con frequenti richiami all'erotismo bucolico del tempo. Per quest'ultimo aspetto, il libro fu tacciato di immoralità o di scandalo, e fu in molte epoche censurato o comunque non adeguatamente considerato nella storia della letteratura. La novella per Serpieri: Non si parla mai di follia, anche se un dettaglio pone il problema della storicità. Serpieri riguardo alla situazione iniziale del racconto parla di un divieto di struttura morfologica del racconto, i fratelli che non hanno ancora fatto sposare la sorella. Questo implica un certo tipo di lettura. Il divieto implicito si capisce che sia nei confronti della donna nel vivere la propria sessualità. Questo è uno dei punti in cui i diversi approcci si distinguono. In un'ottica più sociologica è una mancanza dei fratelli che hanno mancato al loro compito sociale. La categoria narratologica del divieto gioca un certo ruolo nell’analisi psicoanalitica che Serpieri ha in mente. Sulla base della scomposizione della narrazione in diversi momenti opera la lettura della novella vera e propria con un'attenzione particolare data al tema della reticenza. La narratrice è reticente perché non dice tutto quello che potrebbe dire. La reticenza è accostabile alla lettura del rapporto a carattere incestuoso tra la sorella e Lorenzo nell'ottica dei tre fratelli. Se si considera il genere e se si considera la particolare situazione narrativa messa in scena da Boccaccio nella cornice e se si considerasse la conclusione della novella si potrebbe anche spiegare perché ci siano delle lacune nel racconto di Filomena come lacune nella trasmissione orale della vicenda. Serpieri va a lavorare costantemente sulle omissioni, sulle reticenze, a partire da quelle della narratrice fino alla propria interpretazione. Una latenza importante è la descrizione dei fratelli. Il tema del sogno è più un caso di sovradeterminazione. La novella per Segre: Il titolo del saggio di Segre sembra collegare la lettura di Segre a quella precedente e così attenta alle reticenze di Serpieri. Il tema del contrasto tra Lisabetta e i fratelli attraversa diverse letture, da Baratto a Segre. Questo è un aspetto che riguarda la struttura della narrazione. In Segre, rispetto a Serpieri, c'è l'introduzione di una lettura in maniera più concisa e parte dalla stratificazione storica delle letture e rifacendosi alla tradizione critica della novella. Questa attenzione alle dinamiche e all’antagonismo si spiega anche a partire dalla tradizione critica, a partire da qualcosa che afferma anche Baratto, ovvero come spesso la tradizione critica abbia concentrato tutta la tradizione sulla sola figura femminile di Lisabetta, discutendo a lungo se vada considerato un personaggio tragico o elegiaco, cercando di inserirla in una linea di genere perdendo di vista il fatto che la novella si costruisce sul rapporto tra i quattro. Per Baratto la tensione e il conflitto sono un tema centrale per la quarta giornata del Decameron. In entrambi i saggi di Serpieri e Segre c'è il contrasto tra attività e passività, ma se per il primo il polo dell’attività sta in Lisabetta, per il secondo avviene l’opposto. I silenzi della donna sono un segno della sua passività. I rapporti e le dinamiche del racconto sono chiari, ma lo sfondo è oscuro. C'è un attaccamento morboso tra i fratelli e la sorella. Baratto e Segre possono arrivare a una proposta di lettura opposta, ma c'è qualcosa che accomuna le due proposte nell’ambito della forza dei rapporti in ambito sociale. In Serpieri questo viene colto ma abbandonato. Segre dice di poter analizzare il comportamento dei personaggi senza dover entrare nella loro psicologia. Questa attenzione ai comportamenti effettivi dei personaggi della novella, di cui fanno parte anche i silenzi, è una differenza importante. Per Segre non sono latenza testuale, fanno parte dei comportamenti del personaggio e di come l’autore la descrive. Utilizzando dei discorsi diretti per i personaggi maschili, ma non per quello femminile, si mette in evidenza la contrapposizione tra i comportamenti dei personaggi e nelle modalità descrittive dell'autore. Questa attenzione particolare ai rapporti di forza di ordine sociale porta Segre e Baratto ad individuare la passività in Lisabetta e la negatività dei fratelli, che portano avanti il loro ruolo di irresponsabilità. È interessante notare come in fondo Segre spieghi quali sono momenti di azione. È innegabile che Lisabetta compie un’azione nel dissotterrare il corpo e decapitandolo. Anche la passività di Lisabetta alla fine ha una sua forza e un suo potere, infatti è proprio il pianto e il silenzio della donna che obbliga i fratelli a trasferirsi e che questa vicenda non rimanga nascosta come vorrebbe la ragion di mercatura ma che diventi un episodio che si tramanda fino ad arrivare alla narratrice di Boccaccio e ad oggi. di Propp, compie anche un’attualizzazione. Edizione italiana del’66 contiene non solo il testo del ’27, a voi aggiunge poi un articolo recente di Claude Levi-Strauss rappresentante della corrente strutturalista che in quegli anni segna gli studi letterari e non solo. Poi chiede a Propp una replica all'articolo e ad alcune critiche mosse da Levi Strauss. Edizione che costituisce un nuovo testo, aggiunge elementi che non abbiamo nelle precedenti edizioni. In contesti molto diversi e approcci molto diversi sono anni in cui operano Propp, Croce, in cui troviamo delle consonanze di interessi su questo fronte della fiaba. 22.10.2020 Propp e la favola: Propp si sofferma sullo stato dell’arte rispetto agli studi sul genere fiabesco. Presenta premesse metodologiche e ipotesi. Uno dei caratteri centrali nel capitolo dedicato alle funzioni dei personaggi fiabeschi è cercare di carpire la logica dietro al lungo elenco di funzioni e momenti del racconto fiabesco. Propp è piuttosto filologo che non etnografo. È nell'Ottocento che cominciano a essere trascritte quelle narrazioni tradizionali. È un genere che interessa sin dall’Ottocento sia per le sue specificità nazionali e regionali, ma anche linguistiche e dialettali (che Calvino cerca di tradurre in italiano), sia per il tratto di ripetibilità e universalità. Le fiabe sono un genere di narrazione che si trova ovunque, per lo meno in Europa. Lo stesso Propp scrive che le fiabe sono uguali in tutto il mondo, anche riprendendo una domanda che sta alla base di tutti i precedenti tentativi di classificazione e schematizzazione fiabesche. Il punto di partenza di Propp sono i precedenti lavori di classificazione, che lo influenzano e ne prende le distanze ad un certo punto, non rifiutandola in sé, ma osserva che quei tentativi non hanno risultati convincenti o definitivi. È qui il nucleo della sua critica; il metodo applicato non era quello più funzionale o utile. Non è tanto un rifiuto in sé, ma un rifiuto dei criteri di classificazione. Il suo criterio è formale funzionale e non geografico o contenutistico Il concetto di azione è centrale, tanto che ne individua moltissime. Una parte dell'esposizione tratta anche di quello che è lo svolgimento di una fiaba, di come lo si riassumerebbe. Per funzione si intende l’operato o l’azione di un personaggio anche nel suo significato verso l'insieme, la totalità del racconto. Da subito la tensione riguarda il singolo elemento e la struttura in cui il singolo va ad inserirsi e rispetto a questo Propp ipotizza che queste siano elementi costanti, che si ritrovano in diversi racconti, accanto ai quali si trovano anche delle variabili che sono elementi che non si arrivi ad avere racconti troppo uguali. Ipotizza anche che le 31 funzioni siano quelle utili all'analisi fiabesca, ma ipotizza anche che la loro successione sia fissa. I diversi elementi possono essere combinati in modo diverso, ma devono rispettare un certo ordine. Da un lato la fiaba è un genere variegato ed eterogeneo, ma dall’altra è comunque ripetitivo ed omogeneo strutturalmente. Il materiale costitutivo rimane per lo più fisso e le combinazioni sono un elemento variabile di tipo strutturale, oltre a cui si aggiungono anche tutti gli altri elementi variabili come gli attributi, i luoghi, ecc. Il racconto può essere segmentato anche in sequenze e unità minime a livelli temporali e spaziali. C'è un momento in cui Propp propone una definizione della favola in sé. Arriva alla fine del proprio percorso per cercare di proporre non solo una unità per la classificazione dei testi, ma anche una definizione del genere narrativo sulla base dei propri criteri individuati e che sono puramente formali. Si coglie qui la doppia attenzione alla funzione nel suo svolgimento. Il modo di esporre di Propp è molto secco e astratto. Calvino nella sua traduzione rimane fedele alla trascrizione ottocentesca della tradizione orale di Otranto. La versione di Basile è una versione definita “fiaba d’arte”. Basile nel Seicento raccoglie fiabe e racconti e ne fa qualcosa di suo e ciò si coglie soprattutto sul piano stilistico, anche se a sua volta questa è una traduzione dal dialetto napoletano. Propp cerca di usare una terminologia che fa parte della classe scientifico-metodologica. Si cerca di avere un approccio classificatorio che risale ad un altro intellettuale del Settecento. Le scienze naturali e gli approcci al regno naturale nel Settecento nascono dalla storia naturale, da quello si arriva ai termini classificatori. Da un lato si ha una forte aderenza a delle modalità prestate dalle scienze esatte; dall’altro accanto e dentro a questi riferimenti alle scienze esatte e alla morfologia la prospettiva storica non è mai negata, non è mai assente. Parlare dell'origine di un qualsiasi fenomeno è possibile solo dopo una sua descrizione; l'approccio descrittivo delle forme è preliminare all’analisi storica che può ricondurre un fenomeno alle sue origini. Il riferimento può essere anche verso le scienze del linguaggio. L'attenzione viene data agli approcci e a diverse discipline che potrebbero avere da dire verso il suo oggetto di studio. Propp trova un substrato astratto della fiaba, per trovare le regole che la condizionano. Lo studio e l'individuazione delle regole astratte e grammaticali sono per Propp e vengono da lui presentate come qualcosa di preliminare ad ogni altra indagine e in particolare all’indagine storica. 20 anni che passano tra le due edizioni la problematica fiabesca si è modificata grazie al Propp della Morfologia rispetto a quello delle Radici. L’esplicitazione aggiuntiva di Calvino e questo riferimento allo studio di Propp conferma l’interesse per il suo studio in concomitanza con lo svilupparsi di altri correnti critiche, come quelle francesi. La menzione di Propp mostra anche il fatto che la riflessione teorica sulle strutture della narrazione, che rimane centrale per lo strutturalismo, ha dei risvolti anche creativi in alcune specifiche correnti letterarie degli anni Sessanta, a cui aderisce anche lo stesso Calvino, e che pongono al centro le infinite potenzialità del gioco combinatorio degli elementi fiabeschi. Si fa riferimento al laboratorio di letteratura potenziale di cui fa parte Calvino e fondato nel 1960 in Francia da letterati e figure che combinano la competenza matematica con il lavoro letterario. Calvino aderirà a questo laboratorio negli anni del suo soggiorno a Parigi ed è proprio in questo contesto che Calvino tornerà a ricordare gli studi di Propp, tanto che lo rinomina in un intervento del 1967, raccolto poi nel 1980 nei Discorsi di letteratura e società con il titolo di Cibernetica e fantasmi: Appunti sulla narrativa come processo combinatorio. Si cerca di porre alla base del processo creativo un gioco combinatorio, che riprende regole e schemi matematici in cui si ritrova anche il riferimento alla Morfologia di Propp. Calvino giunge ad una domanda finale simile a quella di Propp ed è una domanda che potrà generare ulteriori ricerche negli studi narratologici di stampo naturalista, ma parla soprattutto come scrittore e sostiene che può portare a nuove sperimentazioni narrative. Si può notare come dalla botanica di Goethe e Propp ci si è spostati al campo della matematica. Mentre la botanica comprende ancora uno sguardo storico e diacronico, la matematica è una scienza che si discosta da questa prospettiva. 21 5.11.20 Propp: Riallacciandoci a quanto detto in precedenza, passiamo a parlare del contesto strutturalista in cui avviene la ricezione di Propp e del suo contesto formalista. Il seguito, date le premesse elaborate, prevede due momenti tra oggi e la prossima lezione. Un primo momento di coda su quello che sarà poi lo specifico interesse narratologico di questa corrente critica, anche in considerazione del precedente di Propp. Il secondo momento riguarda l'esempio di una lettura di tipo strutturalista di un testo poetico. Abbiamo visto la lettura degli Orecchini di Montale fatta da Avalle, che avevamo evocato all’inizio perché è tra coloro che a Pavia come la Corti e Segre nel "76 aveva fondato la rivista strumenti critici, la rivista decisiva in Italia per la diffusione e coniazione di una versione italiana dello strutturalismo. Strutturalismo in ambito della critica letterarietà lo strutturalismo, come già precedentemente il formalismo, coinvolse diverse discipline umanistiche. Aspetto rilevato in un saggio che abbiamo letto e anche nella voce “strutturalismo” della Treccani, redatta da un linguista, Lebskin. Riguardo alla critica letteraria abbiamo visto nell’estratto del saggio di Zinato come si soffermi innanzitutto su due esperienze francesi. L'apporto francese in questo ambito era stato decisivo. Si sofferma su due esperienze che considera esemplari. Da un lato quella di Barthes che poi si è riallontanato dalla sua stagione strutturalista. Poi Genette la cui esperienza rimane più lineare. Entrambi sono rappresentativi di qualcosa che ci interessa. Il primo in un dato momento, l’altro in maniera più continuativa. Sono rappresentativi di come anche nello strutturalismo rimanga per gli strutturalisti forte l'interesse per le strutture della narrazione. Tra i materiali abbiamo l'introduzione del volume di Barthes. Volume del ‘66, italiano nel ’69. L'analisi del racconto. Sulla copertina è ancora esplicito il riferimento agli studi di Propp. In questo volume possiamo osservare il lato pratico come la domanda sull’estendibilità dell’analisi morfologica del racconto sia qui messa all’opera. I diversi studiosi che contribuiscono al libro applicano il tentativo di analisi strutturale ai più svariati tipi di racconto. Nel testo si parla della narrazione come costante universale. Trasversalità di tipo temporale, culturale, sociale. Ci si occupa di barzellette, racconto cinematografico, epistole, nell'intento dichiarato di accedere alla grammatica narrativa unitaria, il cui obiettivo è portare alla luce questo tipo di struttura di base, insieme di regole riducendo ogni differenza storica. Il tipo di riflessione che abbiamo visto più dettagliatamente con Propp trova qui tra gli strutturalisti ulteriori sviluppi, estendendosi ad altre tipologie narrative, con ancora questa idea della riduzione. Idea che ci sia alla base una costante antropologia all'atto stesso della narrazione. Possiamo qui osservare allo stesso tempo anche una sorta di ribaltamento metodologico rispetto all’approccio della classificazione, della schedatura vista in Propp, laddove Barthes sottolinea la necessità di non continuare a procedere in maniera induttiva alla maniera delle scienze sperimentali passaggio da questo procedimento induttivo, dalla schedatura ad un modello ipotetico per poi verificare il modello nelle singole occorrenze narrative. E qui esplicitamente vediamo come il riferimento è quello alla linguistica. Questo procedimento deduttivo dalla teoria alla verifica su una serie di dati è ripreso dalla linguistica. Allo stato attuale, sembra ragionevole 22 porre come, modello fondatore all’analisi strutturale del racconto, proprio la linguistica. DA qui poi nel saggio si passerà ad indagare possibili unità funzionali del racconto in senso ampio. Primo aspetto da ritenere questo perché se in Propp avevamo osservato la centralità del riferimento alle scienze naturali, qui in particolare sembra poter osservare un nuovo quadro di riferimento principale, ovvero quello della linguistica. Ci si potrebbe chiedere se in qualche modo a questo cambiamento di prospettiva possa essere ricondotta una maggiore riduzione della prospettiva storica nell’approccio degli strutturalisti. Gli strutturalisti, come del resto anche i formalisti spesso sono stati criticati per aver tralasciato la prospettiva storica, che noi in Propp abbiamo cercato comunque di individuarne una certa presenza, e che forse ha anche a che fare con questo sguardo ancora forte alle scienze neutrali. Qui si riprendono i metodi della linguistica che in quegli anni si fa sincronica e non diacronica. Domanda su come si debba considerare formalisti e strutturalisti: concezione della centralità di una struttura, del tentativo di ricostruire un sistema dove le singole componenti fanno sistema è uno degli aspetti che li accomuna. Ma partendo dall'aspetto storico: sono due correnti che si situano in momenti diversi e in luoghi diversi. Abbiamo la riflessione russa dei formalisti in cui si inserisce Propp nel primo quarto del Novecento e poi il fervore strutturalista che ha le sue espressioni massime in questi anni, quindi a metà anni ’60. Siamo storicamente distanti, ma allo stesso tempo vicini nel senso che sono questi gli anni in cui cominciano a riscoprire i formalisti perché cominciano ad essere disponibili in traduzione i loro testi, non solo Propp, ma c'è una sorta di raccolta antologica dei formalisti tradotti in francese da Todorov. Quindi da un lato la ricezione, con una sfasatura storica. Ci sono punti di contatto, ma anche differenze. Nella distanza temporale percepita c’è forse anche un senso di distacco da parte degli strutturalisti, che in qualche modo si vedono come continuatori. In questi quarant'anni, un senso di progresso. Esemplare da questo punto di vista il fatto che abbiamo visto nella Morfologia, che in fondo Strauss é stato decisivo per far conoscere la riflessione di Propp. Ma ne ha criticato certi aspetti. Ma attraverso questa critica è stata possibile un’attualizzazione della sua teoria visto che ha avuto la possibilità di rispondere direttamente alla critica. Quanto a differenze effettive nell'approccio, c'è una sorta di ribaltamento che si ricollega forse ad un aspetto che tocca l'importanza della storicità. In Propp abbiamo visto chiaramente che c'è questa idea della complementarità dell’approccio morfologico e quello storico. Forse questo è un aspetto che successivamente si perde. E in questo senso questo riferirsi così netto alla linguistica che è già presente alle discussioni dei formalisti ma che qui viene ulteriormente messo in evidenza. Dunque, c'è un elemento di condivisione che porta a porre diversamente certi accenti. Vediamo un paio di esempi per illustrare come la riflessione sulle strutture del racconto viene portata avanti anche dagli strutturalisti. Esempio di Barthes, ma agli studi narratologici degli strutturalisti si lega in maniera più prominente anche la seconda figura evocata nel saggio di Zinato, ovvero quella di Gerard Genette che riprendiamo e che avevamo già incontrato quando si parava della focalizzazione del racconto: lavoro di Genette parte dalla Recherche di Proust per proporre una serie di ulteriori e nuove categorie nell’analisi del racconto che lui conduce quasi esclusivamente sul piano della narrazione di tipo letterario. Il merito di Genette è quello di aver spostato l’accento dell’analisi della narrazione dallo studio dell’intreccio e delle funzioni delle figure, su altri piani del racconto 25 direttrici e al sistema, cerca di illuminare il senso delle immagini di volta in volta, misurando, soppesando il valore delle immagini nel confronto con altre immagini analoghe, imparentate, che in altri testi di Montale, non solo della stessa raccolta, ma della produzione intera, ma anche in altre occorrenze di altri testi, soprattutto poetici di altri autori. Ancora una volta non tanto per gli interessi di ricostruire delle fonti delle filiazioni culturali, ma appunto l'idea di questi confronti è proprio quella di spiegare il senso di determinate immagini, cercare di avvicinarsi maggiormente al senso delle immagini, ma insieme cercare di spiegare il costituirsi della poesia, non solo di questa, ma forse anche più in generale costituirsi della poesia della scrittura poetica. A questo proposito appunto vorrei riprendere soltanto ancora due passaggi questi primi paragrafi che poi ci conducono anche a quanto avete letto. Da un lato una riflessione che riguarda proprio un utilizzo delle cosiddette fonti che non sono per Montale l’ossequio alle scritture del momento, non è la citazione di autorità, ma piuttosto vede nella ripresa di altri testi poetici, nelle memorie che possiamo trovare nel testo di Montale, una frantumazione, scomposizione dei prodotti della cultura. Ogni influenza di tipo più propriamente letterario comporta di nuovo processo di selezione di riordinamento delle letture e questo appunto non avviene qui, afferma Avalle. Si parla piuttosto di un tesoro, un tesauro che viene a costituirsi, accumulato attraverso le riprese di vario tipo poi ripreso ricombinato. Lo sfruttamento del tesoro è lasciato al caso degli incontri e al gioco dei ricordi e nello stesso tempo non implica adesioni letterarie che non siano quelle generiche o di una età o di una cultura. Compito dello scrittore è quello di reinserire nel contesto che occasionalmente le è più affine. Qui torniamo appunto proprio a questa idea che evocava prima della ripresa, di una ricomposizione sulla base di elementi preesistenti. Questa stessa immagine di questa stessa torna anche dove Avalle comincia a parlare delle questioni di struttura, a cui poi sono dedicate le pagine che avete letto. Quello che torna a colpirci è la sintassi delle immagini. Il paragrafo letto intitolato strutture verbali: quello che torna a colpirci è la sintassi delle immagini, che ritornano e vengono ricomposte. Il loro articolarsi in serie continua senza nesso apparente. La tecnica usata è quella di sempre. Radunare più oggetti, che presi uno ad uno, presentano un volto familiare, e ricavare insieme un non so che di ricco e di strano come se insomma ci si rendesse conto per la prima volta che la realtà consiste in un aggregato di cose sprovvisto di qualsiasi giustificazione logica. Il procedimento non è nuovo ed è stato fra l'altro teorizzato dai formalisti dell’epoca cubo-futurista. Sia sul piano dell’intertestualità, sia sul piano del comporsi dell'immagine all'interno del testo sembra qui evocato, una concezione dei farsi della poesia che lo stesso Avalle qui esplicitamente riporta a quell'esperienza e a quell’idea dei formalisti del farsi artistico come atto di decontestualizzazione e ricomposizione, che Avalle qui lui stesso esplicitamente richiama. 26 19.11.2020 Avalle e lo strutturalismo: Prima di discutere le letture avremo un primo momento in cui torniamo su quanto rimasto in sospeso la scorsa lezione. Eravamo rimasti ad Avalle che applica lo strutturalismo al testo poetico, avevamo ricostruito la struttura complessiva del saggio «Sintassi delle immagini»: decontestualizazione e ricombinazione La sintassi delle immagini vuole (...) quello che torna a colpirci è la sintassi delle immagini, il loro spiegare le immagini al di là del articolarsi in serie continua e senza nesso apparente (...). La tecnica DS . usata (...) è quella di sempre. Radunare più oggetti che, presi ad uno ad significato letterale, ci sono due uno, presentano un volto familiare (specchio, spugna, pietre, coleotteri, direttrici, dall’interno e dall'esterno, meduse, mani), e ricavare dall’insieme un non so che di «ricco e di strano», come se insomma ci si rendesse conto per la prima volta che la : . realtà consiste in un aggregato di cose sprovvisto di qualsiasi ciò che circonda l’autore. giustificazione logica. Il procedimento non è nuovo (..)- ed è stato fra I continui confronti servono a l’altro teorizzato dai «formalisti» dell’epoca cubo-futurista. — . . osservare il farsi della poesia, ancora (pp. 61-62) . una volta, dall’interno e dall’esterno. Qui emerge l’immagine di un processo creativo, di scrittura come un montaggio delle immagini riprese in maniera straniante al di fuori del contesto originario. Avalle non si sofferma subito sulle strutture interne e formali del componimento, ma parte da una parola, una singola immagine che sottopone a un sistematico confronto. La poesia di montale viene confrontata conuna serie di precedenti che riprendono lo stesso tema, non necessariamente lo stesso termine, ma la stessa immagine, dello specchio quindi, ma anche quella dell’acqua, per esempio, la superficie che riflette qualcosa. quindi l'interno dell’opera, ma anche Cigola la carrucola del pozzo, l'acqua sale alla luce e vi sì fonde. Trema un ricordo nel ricolmo secchio, ul Nel puro cerchio un'immagine ride. S Accosto il volto a evanescent labbri: Qui si nota come i confronti si deforma il passato, si fa vecchio, a che seguano un ordine cronologico, Appartiene ad un altro... . o prende una serie di testi che Ah che già stride r 2. . la ruota, ti ridona all’atro fondo, coincidono, crea la serie partendo Visione, una distanza ci divide. ; . a dal testo più antico, per arrivare alla manifestazione ultima. Il confronto è il tentativo di cercare delle costanti nello svolgimento del tema. Avalle attira l’attenzione su una serie di altri elementi che di volta in volta sono implicati dal tema dello specchio e del rispecchiamento. Nella sua analisi si sofferma per esempio sul mezzo che il tema mette di volta in volta in evidenza Nella ricerca delle costanti legate allo svolgimento di un tema. Avalle segue un filo cronologico, procede in diacronia. (Ossi di seppia) Nell’applicazione pratica infine sono ammesse varianti ed interpolazioni di vario genere; per lo pit con qualche aggancio al tema principale. (p.77) 27 4,10. Questi i precedenti degli Orecchini. (...) Posto ancora una volta di fronte all'immagine dello specchio, decide ora di invertire l'ordine delle operazioni (..) L'oggetto è rappresentato questa volta in via globale da un gesto (...). Il mezzo dal canto suo è dato da uno specchio, ma anche, (...) da un fondo marino popolato da meduse. Il momento infine è quello della sera o della notte (..). Questi i presupposti. Vediamo cra di metterci cietro le spalle cel poeta ed osserviamo come manovra le sue pedine. (..) 412, Senzaforzrei grado di consapevolezza che presiede alla elaborazione di un testo letterario (ma il dato ha scarsissima rilevanza a parte subjecti), l'impressione che si ricava alla fine di questa indagine sul lessico degli Orecchini è che le strutture del sonetto si compongono în massima parte di elementi prefabbricati, c meglio, dato che una funzione già l'avevano avuta nelle poesie precedenti, di materiale di reimpiego. (pp. 85-86 e 87) Noa reba centra di voli il nerelumo della spera. (E del io non è pi traccia.) | È pamata la sprogna che i bar lumi [] r - lndifeai dal cenchvo d'oro caccia {—— Le tue picure, i conati, il farte imperio ——— | pete ti giant nno [rego] n Tidlia che non vincama, i devideri | [porto Sa che al 100 lasspo son si struggono. (He Rcazano ditre Fosci, ronse di folle ld mortorio € sa che due vite non contsno. [= i = medune della vera. La rsa Impronta - Nella cornice tornano le molli L_ cerrà di giù: dove al tuoi lobi squallice \____ mani. travolte, fermano 1 condi ] Il Jestoce rileverà il rigore geometrico ed in particolar mado la apien- ma componitiva del testo, senza dubbio uno dei più « costruiti » della nostra Qui riemerge l’idea del processo creativo, della scrittura come gioco combinatorio per spiegare ogni testo poetico nella modalità compositiva di Montale. Ala fine del paragrafo però torna a spiegare ancora quelle che sono le strutture verbali interne del singolo testo. Una struttura in cui ogni elemento ritrova la sua posizione non casuale. Qui in particolare si forma una sorta di struttura a catena che porta a riconoscere il nucleo concettuale della catena. È un approccio che può sembrare schematico e riduttivo, nel tentativo di richiamarsi ad affermazioni dell’autore, Avalle sembra che senta la consapevolezza di questo rischio, quindi sembra esserci il tentativo di giustificare il proprio procedimento. Avalle cita Montale, in un altro passaggio, che commenta il procedimento della scrittura, sempre nell’intento di giustificare. Questo tipo di operazione è forse l’espressione concreta di un principio, una convinzione che Avalle esprime a più riprese. namente autonomi ed Originali. A. questo riguardo si è già avuto modo di osservare che il linguaggio che si offre dal di fuori al poeta, è costituito non solo da parole, ma anche da immagini e da idee. Sennonché tali ci si perdoni il truismo — ‘e da tale sistema ricevono una precisa ordine estetico-letterario. Tutto il resto, "as i % Pi p. 66 Il farsi della poesia in questa concezione, e la sua osservazione, è proprio l’osservare l'interazione che c’è tra i diversi livelli nel costituirsi del singolo testo. Non sembra contare tanto, nel caso di Avalle, che gli altri testi con cui si confrontano le immagini del testo in questione, siano testi dello stesso Montale o che appartengano alla tradizione, ad altre fonti. Di fisso rimane il principio di costruzione, che poi può concretizzarsi in realizzazioni diverse, tentativo di partire da una singola i immagine, ma poi ricerca degli elementi, come se si trattasse di una regola fissa, sono compresenti, si combinano dalla loro “funzione” dello specchio. La variabilità rimane nell’applicazione della regola. Le fonti non hanno una funzione diversa rispetto alle immagini proprie al poeta. APPUNTI COMPLETI ANALISI DEL TESTO LETTERARIO 24.09.2020 PREMESSE - Lavagetto e Corti: 1) ll testo è qualcosa che «c'è» ed è un «luogo di lavoro» Ci sono due presupposti (Mario Lavagetto, // testo letterario. Istruzioni per l'uso: 1996). importanti da evidenziare 2) In ogni operazione di lettura sono tre i soggetti implicati, ovvero «l’autore, Circa il testo. La prima, il testo, il lettore» ripresa da Mario (Maria Corti, // cammino della lettura. Come leggere un testo letterario: 1993). Lavagetto*, che fu allievo di Debenedetti? e che definisce il testo come un luogo di lavoro; la seconda è la definizione di Maria Corti per cui il testo non è autosufficiente, in quanto in ogni operazione di lettura ci sono tre soggetti implicati, ovvero l’autore, il testo ed il lettore. 1. Lavagetto vuole sottolineare l’importanza di quanto circonda l’autore e della sua ideologia. Quindi è un elemento da indagare. Lavagetto è influenzato dal campo psicanalitico, che porta avanti. 2. Maria Corti nei suoi studi si focalizza particolarmente sui metodi e sulle pratiche filologiche per lo studio dei testi letterari. Si occupa anche dell’insegnamento della letteratura nelle scuole. Maria Corti è interessata dalla visione strutturalista4, che arriva in Italia da precedenti studi francesi e russi. Pur riconoscendo la bidirezionalità dell’atto di lettura e della pluralità degli approcci, Maria Corti aveva posto alcuni principi di cautela, anche oltre quello che è già stato espresso poco sopra. Bisogna ricordarsi che esiste un senso letterale del testo, a cui le proposte interpretative devono fare riferimento. È anche necessario difendere il testo da usi impropri. Queste sono alcune delle sue linee guida per la lettura e l’analisi di un testo. Presuppone un lavoro di tipo filologico che porta poi il lettore a prendere delle decisioni interpretative e deduttive. A volte il senso letterale può essere ambiguo, non sempre è univoco. Qui interviene la coerenza che è un valore oggettivo. La Corti si sofferma anche sulla strumentalizzazione di testi che possono andare oltre le intenzioni dell'autore, possano esse essere ideologiche o altre. Questo implica una domanda su ! Mario Lavagetto (Parma, 1939) è un critico letterario e accademico italiano. ? Giacomo Debenedetti (1901 — 1967) è stato uno scrittore, saggista e critico letterario italiano. Fu tra i maggiori interpreti della critica letteraria in Italia nel XX secolo, uno dei primi ad accogliere la lezione della psicoanalisi e delle scienze umane in genere, e tra i primi a cogliere tutta la portata del genio di Marcel Proust. ? Maria Corti (Milano, 1915 — 2002) è stata una filologa, critica letteraria, scrittrice, semiologa e accademica italiana. 4 Lo strutturalismo è — in filosofia — quel movimento filosofico, scientifico e critico letterario che, sviluppatosi soprattutto in Francia durante gli anni Sessanta, si estese all'antropologia, alla critica letteraria, alla psicoanalisi, al marxismo e all'epistemologia, le teorie e il metodo dello strutturalismo linguistico. In particolare, nella critica artistica e letteraria (vedi gli studi di Gérard Genette), è stata applicata la teoria e la prassi strutturalista che considera l'opera presa in esame (testo letterario, creazione pittorica o filmica) come un insieme organico scomponibile in elementi e unità, il cui valore funzionale è determinato dall'insieme dei rapporti fra ogni singolo livello dell'opera e tutti gli altri. Fra i più importanti pensatori associati allo strutturalismo occorre ricordare il linguista Roman Jakobson, l'antropologo Claude Lévi-Strauss, lo psicoanalista Jacques Lacan, il filosofo e storico Michel Foucault, il filosofo marxista Louis Althusser e il critico letterario Roland Barthes. considerazione riguarda più strettamente l'immagine del lavoro del lettore. Il lettore di molteplici trame del tessuto del testo ricava necessariamente i fili utili alla sua ricostruzione di un senso del testo. Come il testo ha una trama di molteplici fili, il lettore li deve ripercorrere, seguendo diversi percorsi. Ezio Raimondi? li definisce i sentieri del lettore. * Tenere presente che tre sono in ogni caso i soggetti della nostra operazione di lettori: l'autore, il testo, il lettore. * Si ricordi che esiste un senso letterale del testo da cui nessuno può prescindere. * Le nostre proposte interpretative devono sempre reggere in rapporto alla coerenza testuale. * Difesa dell’interpretazione contro l’uso di un testo a fini estranei, ideologici o altro. * Evitare il dispendio interpretativo a favore di un'economia dell’interpretazione. (M. Corti, // cammino della lettura. Come leggere un testo letterario: 1993). 1° Ezio Raimondi (1924 — 2014) è stato un filologo, saggista e critico letterario italiano. 01.10.2020 Lavagetto - Il testo letterario: Lavagetto ne Il testo letterario. Istruzioni per l’uso del 1996 raccoglie contributi di vari autori su operazioni specifiche che si compiono sul testo letterario. Quindici anni fa, con /l testo moltiplicato, avevo proposto a cinque studiosi di diversa formazione e diverso orientamento (...) una specie di sfida ermeneutica: leggere un unico testo, una novella di Boccaccia, alla luce di un metodo preliminarmente definito e accettato a oltranza. Questo libro constituisce una replica e una estensione teorica di quell'esperimento: vengono descritte le operazioni in quanto tali, in assenza di un testo di riferimento. Alla fine il lettore potrà avere la sensazione di trovarsi di fronte a una serie di moltiplicazioni potenziali che, una volta applicati, gli restituiranno un'immagine non univoca e variamente “deformata” del testo. Pensare a una lettura del tutto conforme allo sguardo dell'autore, a cui andrebbe riconosciuta una sorta di diritto di proprietà, è del tutto illusorio. {M. Lavagetto, Introduzione. ll testo e le sue moltiplicazioni, in Il tetso letterario. Istruzioni per l'uso cit., p. IX). Stratificato, complesso, percorso da molteplici direttrici di senso che si intersecano e si annodano nel corpo di una stessa parola, il testo non ci appare mai bloccato su una “verità” ultima e definitiva; piuttosto (...) emette segnali, una catena di segnali diversamente attivati, soggetti a combinarsi gli uni con gli altri e sempre variabili in rapporto alle successive trasformazioni del codice, del ricevente, delle condizioni concrete di “contatto” ecc. ecc. Il testo (...) è “polisemico”, lo è anche al di là e al di fuori dei progetti consapevoli dell'emittente. Il che significa che il diritto di proprietà nel testo è sempre e solo parziale e che esiste una pluralità, indefinita a priori, di interpretazioni compatibili. (...) Il che — naturalmente — non implica che tutte le interpretazioni siano possibili: la lettera del testo deve costituire comunque un punto di partenza e un confine ultimo: deve funzionare non solo da riferimento costante e obbligatorio, ma anche come dispositivo di regolazione delle compatibilità. {M. Lavagetto, Due risposte in forma di premessa, în ll testo moltiplicato cit., pp. 5-15: 7-9). Il contributo di Corrado Bologna parla di come costituire il testo filologicamente, quell’approccio che Maria Corti distingue da quello interpretativo, in quanto costituire il testo significa creare la base su cui poi agganciare e far partire l’interpretazione, anche se si potrebbe aggiungere che spesso nella ricostruzione filologica la costituzione del testo implica delle decisioni autoriali e interpretative. Perché il “testo moltiplicato”? Perché un Istituto Gramsci ha inserito nel Questi contributi proprio programma qualcosa di tanto specifico e di così sono tutti su apparentemente estraneo all'ambito di una tradizione di intervento operazioni che si ormai consolidata? possono (M. Lavagetto, Due risposte in forma di premessa, in Il testo moltiplicato compiere sul cit., p. 5). testo anche in !3 Costituire, commentare, spiegare, storicizzare, leggere, tradurre, formalizzare, analizzare, decostruire, interpretare. Il testo letterario può essere sottoposto di volta in volta a operazioni diverse, ognuna basata su criteri specifici e variabili strategie. Dieci specialisti ci guidano, in questo volume, alla scoperta di un inesauribile cantiere, moltiplicando i punti di vista e offrendo al lettore una duttile e multiforme scatola di arnesi. successione. La costituzione precede logicamente tutte le altre operazioni. A volte si possono compiere anche in parallelo o in alternanza. Queste operazioni e la loro presentazione si basano su determinate teorie o approcci critici. Bisogna notare come il capitolo Analizzare sia redatto da Lavagetto e si parla di un’analisi del testo di tipo psico- analitico. Remo Ceserani era un comparatista e per questo si occupa della storicizzazione e qui presuppone la comparazione ampia con altri contesti e letterature. Il capitolo Decostruire di Patrizia Lombardi riprende la corrente del decostruzionismo. La cosa che qui va notata è che questo volume è il seguito, lo sviluppo ulteriore, di un volumetto precedente sempre miscellaneo che Lavagetto aveva ideato e promosso quindici anni prima: Il testo moltiplicato. Lettura di una novella del Decameron. Si riferisce alla novella di Lisabetta da Messina, la quinta della giornata quarta, quella sugli amori infelici, la quale si apre con l'introduzione di Boccaccio che ragiona sulla legittimità della passione amorosa e della libertà in amore. Qui si parla anche delle libertà interpretative in qualche modo. Questo volume è introdotto dalla novella intorno a cui ruota l'esercizio interpretativo. È scritta con un commento molto conciso, volto alla spiegazione della lettera del testo di aspetto retorico-stilistici, commento molto essenziale. I saggi che seguono si riferiscono tutti a questa novella in maniera anche molto puntuale. Il testo moltiplicato è un antecedente pratico-operativo di quanto viene proposto in quello del 1996. Questo libro costituisce quindi una replica e un'estensione teorica di quello degli anni Ottanta. Qui c'è un'affermazione importante del principio della pluralità delle letture possibili, non sempre necessariamente anche attraverso la distanza storica del tutto conforme allo sguardo dell'autore. Lavagetto nell’introduzione motivava in maniera articolata, insistendo sulla polisemia del testo, ma anche sul limite posto alle possibili letture di un testo. Lavagetto scrive che ogni lettura è preliminare di qualche altra successiva lettura, avendo così anche l’idea di una tradizione del testo attraverso le sue diverse letture. Il testo è pluralità di sensi; polisemico lo è anche al di là degli intenti dell'autore, quindi il diritto di proprietà del testo è sempre e solo parziale siccome esiste una pluralità a priori di interpretazioni compatibili e questo viene relativizzato, quindi non tutte le interpretazioni sono possibili. La lettera del testo è il punto di partenza e il confine ultimo per interpretare un testo. La polisemia e la stratificazione di sensi intrinseci al testo chiamano il lettore ad accedervi con strumenti diversificati, ma sempre agganciati e operanti sulla concretezza del testo. Questo esperimento di Lavagetto pone al centro il testo e parte da un singolo testo ben delimitato per poi verificare i propri assunti. Questi principi ripresi da Maria Corti sono il monito riguardo all'abuso dei testi a fini non propri. Da qui traspare l’idea della responsabilità anche civile legata all’atto di lettura e di interpretazione. Sotto questo aspetto è istruttivo ricordare l'elemento contestuale all'operazione proposta da Lavagetto. È un aspetto che riporta alla necessità che i metodi di approccio al testo siano contestualizzati e colti nella loro storicità. Gli interventi raccolti da Lavagetto furono prima presentati in forma orale in diverse letture o conferenze presso l'istituto Gramsci di Parma, quindi non accademico o specialistico, né del tutto neutro, siccome per vocazione era orientato verso gli studi di tipo storico-politico, se non anche al dibattito politico. Lo stesso Lavagetto riprende nell’introduzione una domanda già posta in quella sede. che tocca un argomento molto specifico, ovvero il fatto che il testo agli occhi di chi opera in prospettiva psicanalitica è il luogo dell’elaborazione o anche della rielaborazione, riprendendo così dei tecnicismi della psicanalisi con riferimento anche esplicito all’Interpretazione dei sogni di Freud. Serpieri continua ad operare con dei termini che possono avere anche delle valenze generali. In tutto il discorso e nella lettura del testo è centrale il ragionamento su ciò che nel racconto è latente, sulla latenza testuale. Serpieri definisce il suo approccio come metodica di studio della latenza testuale. L’attenzione, quindi, è Il racconto è a focalizzazione zero, detto da un narratore onnisciente focalizzata verso tutto ciò (Filomena, nella finzione), ma in parte reticente. La voce narrante, che è implicito e che infatti, lascia registrare ellissi di presentazione e di qualificazione, sul piano dell'intreccio, e di motivazione, a livello della logica dell’azione. l’autore è reticente a cli ou ii . . dichiarare, ma anche verso (A. Serpieri, L'approccio psicoanalitico: alcuni fondamenti e la 7 scommessa di una lettura, in Il testo moltiplicato cit., p. 58). il contrario della latenza, facendo ricorso al termine specialistico della I modello narrativo estratto-astratto non può dirci altro, perché la sovradeterminazione. Gli logica dell’azione non consente di prescindere dalla manifestazione I . d . . discorsiva (...) A livello dell'intreccio e del discorso si colloca il rapporto elementi sovradeterminati tra voce narrante e storia. E’ qui che si dispiega il sistema di inidizi, attraggono a sé significati informanti, presupposizioni, come di sovradetreminazioni, reticenze, molteplici. Serpieri parla ellissi che orientano la semantica delle funzioni. . anche della reticenza e parte dalla prospettiva del racconto in relazione alla cornice, con il narratore in focalizzazione zero, rifacendosi alla teoria di Genette”. Nella costruzione del Decameron'$ gioca un ruolo essenziale il contesto. La cornice fa parte del racconto della novella, ma non tutti concordano con questo. (A. Serpieri, L'approccio psicoanalitico: alcuni fondamenti e la scommessa di una lettura, in Il testo moltiplicato cit., p. 60). !7 Gérard Genette (1930 — 2018) è stato un critico letterario e saggista francese. È considerato un esponente di spicco dello strutturalismo, insieme a Roland Barthes e Claude Lé dai quali ha ripreso il concetto di bricolage. È anche ritenuto uno dei massimi esponenti di quella branca della teoria della letteratura che prende il nome di narratologia. Tra le sue opere si segnala la serie di Figure (Figures), e in particolare il quarto volume, intitolato Nuovo discorso del racconto (Nouveau discours sur le récit). Anche se la sua influenza è stata minore di quella di Barthes e Lévi-Strauss, è tuttora difficile non imbattersi (anche al di fuori dello strutturalismo) in termini e tecniche derivanti dal suo lessico specifico: sono suoi, ad esempio, neologismi tecnici come paratesto ed (extra-)diegetico. Celebri e studiati sono inoltre i due volumi L'opera dell'arte (1994-97), di particolare interesse nel campo dell'estetica. Di grande importanza è la spiegazione dei predicati estetici, e la definizione di apprezzamento estetico. Genette fu attivo sia come studioso che come insegnante, in qualità di Ancien Directeur de recherches presso l'École des Hautes Études en Sciences Sociales. Fu inoltre visiting professor alla New York University. Diresse la collana "Poétique" presso le Éditions du Seuil. 18 Il Decameron, 0 Decamerone, è una raccolta di cento novelle scritta da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo, probabilmente tra il 1349 (anno successivo alla peste nera in Europa) e il 1351 o il 1353. Anche se il primo a capire che si trattava di un testo autografo fu Alberto Chiari, Vittore Branca nel 1962 dimostrò come il codice Hamilton 90, conservato a Berlino, fosse un prezioso autografo risalente agli ultimi anni di vita del Boccaccio. È considerata una delle opere più importanti della letteratura del Trecento europeo, durante il quale esercitò una vasta influenza sulle opere di altri autori (si pensi ai Canterbury Tales di Geoffrey Chaucer), oltre che la capostipite della letteratura in prosa in volgare italiano. Boccaccio nel Decameron raffigura l'intera società del tempo, integrando l'ideale di vita aristocratico, basato sull'amor cortese, la magnanimità, la liberalità, con i valori della mercatura: l'intelligenza, l'intraprendenza, l'astuzia. Il libro narra di un gruppo di giovani, sette donne e tre uomini, che per dieci giorni si trattengono fuori da Firenze per sfuggire alla peste nera che in quel periodo imperversava nella città, e che a turno si raccontano delle novelle di taglio spesso umoristico e con frequenti richiami all'erotismo bucolico del tempo. Per quest'ultimo aspetto, il libro fu tacciato di immoralità o di scandalo, e fu in molte epoche censurato o comunque non adeguatamente considerato nella storia della letteratura. La novella per Serpieri: Non si parla mai di follia, anche se un dettaglio pone il problema della storicità. Serpieri riguardo alla situazione iniziale del racconto parla di un divieto di struttura morfologica del racconto, i fratelli che non hanno ancora fatto sposare la sorella. Questo implica un certo tipo di lettura. Il divieto implicito si capisce che sia nei confronti della donna nel vivere la propria sessualità. Questo è uno dei punti in cui i diversi approcci si distinguono. In un'ottica più sociologica è una mancanza dei fratelli che hanno mancato al loro compito sociale. La categoria narratologica del divieto gioca un certo ruolo nell’analisi psicoanalitica che Serpieri ha in mente. Sulla base della scomposizione della narrazione in diversi momenti opera la lettura della novella vera e propria con un'attenzione particolare data al tema della reticenza. La narratrice è reticente perché non dice tutto quello che potrebbe dire. La reticenza è accostabile alla lettura del rapporto a carattere incestuoso tra la sorella e Lorenzo nell'ottica dei tre fratelli. Se si considera il genere e se si considera la particolare situazione narrativa messa in scena da Boccaccio nella cornice e se si considerasse la conclusione della novella si potrebbe anche spiegare perché ci siano delle lacune nel racconto di Filomena come lacune nella trasmissione orale della vicenda. Serpieri va a lavorare costantemente sulle omissioni, sulle reticenze, a partire da quelle della narratrice fino alla propria interpretazione. Una latenza importante è la descrizione dei fratelli. Il tema del sogno è più un caso di sovradeterminazione. La novella per Segre: Il titolo del saggio di Segre sembra collegare la lettura di Segre a quella precedente e così attenta alle reticenze di Serpieri. Il tema del contrasto tra Lisabetta e i fratelli attraversa diverse letture, da Baratto a Segre. Questo è un aspetto che riguarda la struttura della narrazione. In Segre, rispetto a Serpieri, c'è l'introduzione di una lettura in maniera più concisa e parte dalla stratificazione storica delle letture e rifacendosi alla tradizione critica della novella. Questa attenzione alle dinamiche e all’antagonismo si spiega anche a partire dalla tradizione critica, a partire da qualcosa che afferma anche Baratto, ovvero come spesso la tradizione critica abbia concentrato tutta la tradizione sulla sola figura femminile di Lisabetta, discutendo a lungo se vada considerato un personaggio tragico o elegiaco, cercando di inserirla in una linea di genere perdendo di vista il fatto che la novella si costruisce sul rapporto tra i quattro. Per Baratto la tensione e il conflitto sono un tema centrale per la quarta giornata del Decameron. In entrambi i saggi di Serpieri e Segre c'è il contrasto tra attività e passività, ma se per il primo il polo dell’attività sta in Lisabetta, per il secondo avviene l’opposto. I silenzi della donna sono un segno della sua passività. I rapporti e le dinamiche del racconto sono chiari, ma lo sfondo è oscuro. C'è un attaccamento morboso tra i fratelli e la sorella. Baratto e Segre possono arrivare a una proposta di lettura opposta, ma c'è qualcosa che accomuna le due proposte nell’ambito della forza dei rapporti in ambito sociale. In Serpieri questo viene colto ma abbandonato. Segre dice di poter analizzare il comportamento dei personaggi senza dover entrare nella loro psicologia. Questa attenzione ai comportamenti effettivi dei personaggi della novella, di cui fanno parte anche i silenzi, è una differenza importante. Per Segre non sono latenza testuale, fanno parte dei comportamenti del personaggio e di come l’autore la descrive. Utilizzando dei discorsi diretti per i personaggi maschili, ma non per quello femminile, si mette in evidenza la contrapposizione tra i comportamenti dei personaggi e nelle modalità descrittive dell'autore. Questa attenzione particolare ai rapporti di forza di ordine sociale porta Segre e Baratto ad individuare la passività in Lisabetta e la negatività dei fratelli, che portano avanti il loro ruolo di irresponsabilità. È interessante notare come in fondo Segre spieghi quali sono momenti di azione. È innegabile che Lisabetta compie un’azione nel dissotterrare il corpo e decapitandolo. Anche la passività di Lisabetta alla fine ha una sua forza e un suo potere, infatti è proprio il pianto e il silenzio della donna che obbliga i fratelli a trasferirsi e che questa vicenda non rimanga nascosta come vorrebbe la ragion di mercatura ma che diventi un episodio che si tramanda fino ad arrivare alla narratrice di Boccaccio e ad oggi. di Propp, compie anche un’attualizzazione. Edizione italiana del’66 contiene non solo il testo del ’27, a voi aggiunge poi un articolo recente di Claude Levi-Strauss rappresentante della corrente strutturalista che in quegli anni segna gli studi letterari e non solo. Poi chiede a Propp una replica all'articolo e ad alcune critiche mosse da Levi Strauss. Edizione che costituisce un nuovo testo, aggiunge elementi che non abbiamo nelle precedenti edizioni. In contesti molto diversi e approcci molto diversi sono anni in cui operano Propp, Croce, in cui troviamo delle consonanze di interessi su questo fronte della fiaba. 22.10.2020 Propp e la favola: Propp si sofferma sullo stato dell’arte rispetto agli studi sul genere fiabesco. Presenta premesse metodologiche e ipotesi. Uno dei caratteri centrali nel capitolo dedicato alle funzioni dei personaggi fiabeschi è cercare di carpire la logica dietro al lungo elenco di funzioni e momenti del racconto fiabesco. Propp è piuttosto filologo che non etnografo. È nell'Ottocento che cominciano a essere trascritte quelle narrazioni tradizionali. È un genere che interessa sin dall’Ottocento sia per le sue specificità nazionali e regionali, ma anche linguistiche e dialettali (che Calvino cerca di tradurre in italiano), sia per il tratto di ripetibilità e universalità. Le fiabe sono un genere di narrazione che si trova ovunque, per lo meno in Europa. Lo stesso Propp scrive che le fiabe sono uguali in tutto il mondo, anche riprendendo una domanda che sta alla base di tutti i precedenti tentativi di classificazione e schematizzazione fiabesche. Il punto di partenza di Propp sono i precedenti lavori di classificazione, che lo influenzano e ne prende le distanze ad un certo punto, non rifiutandola in sé, ma osserva che quei tentativi non hanno risultati convincenti o definitivi. È qui il nucleo della sua critica; il metodo applicato non era quello più funzionale o utile. Non è tanto un rifiuto in sé, ma un rifiuto dei criteri di classificazione. Il suo criterio è formale funzionale e non geografico o contenutistico Il concetto di azione è centrale, tanto che ne individua moltissime. Una parte dell'esposizione tratta anche di quello che è lo svolgimento di una fiaba, di come lo si riassumerebbe. Per funzione si intende l’operato o l’azione di un personaggio anche nel suo significato verso l'insieme, la totalità del racconto. Da subito la tensione riguarda il singolo elemento e la struttura in cui il singolo va ad inserirsi e rispetto a questo Propp ipotizza che queste siano elementi costanti, che si ritrovano in diversi racconti, accanto ai quali si trovano anche delle variabili che sono elementi che non si arrivi ad avere racconti troppo uguali. Ipotizza anche che le 31 funzioni siano quelle utili all'analisi fiabesca, ma ipotizza anche che la loro successione sia fissa. I diversi elementi possono essere combinati in modo diverso, ma devono rispettare un certo ordine. Da un lato la fiaba è un genere variegato ed eterogeneo, ma dall’altra è comunque ripetitivo ed omogeneo strutturalmente. Il materiale costitutivo rimane per lo più fisso e le combinazioni sono un elemento variabile di tipo strutturale, oltre a cui si aggiungono anche tutti gli altri elementi variabili come gli attributi, i luoghi, ecc. Il racconto può essere segmentato anche in sequenze e unità minime a livelli temporali e spaziali. C'è un momento in cui Propp propone una definizione della favola in sé. Arriva alla fine del proprio percorso per cercare di proporre non solo una unità per la classificazione dei testi, ma anche una definizione del genere narrativo sulla base dei propri criteri individuati e che sono puramente formali. Si coglie qui la doppia attenzione alla funzione nel suo svolgimento. Il modo di esporre di Propp è molto secco e astratto. Calvino nella sua traduzione rimane fedele alla trascrizione ottocentesca della tradizione orale di Otranto. La versione di Basile è una versione definita “fiaba d’arte”. Basile nel Seicento raccoglie fiabe e racconti e ne fa qualcosa di suo e ciò si coglie soprattutto sul piano stilistico, anche se a sua volta questa è una traduzione dal dialetto napoletano. Propp cerca di usare una terminologia che fa parte della classe scientifico-metodologica. Si cerca di avere un approccio classificatorio che risale ad un altro intellettuale del Settecento. Le scienze naturali e gli approcci al regno naturale nel Settecento nascono dalla storia naturale, da quello si arriva ai termini classificatori. Da un lato si ha una forte aderenza a delle modalità prestate dalle scienze esatte; dall’altro accanto e dentro a questi riferimenti alle scienze esatte e alla morfologia la prospettiva storica non è mai negata, non è mai assente. Parlare dell'origine di un qualsiasi fenomeno è possibile solo dopo una sua descrizione; l'approccio descrittivo delle forme è preliminare all’analisi storica che può ricondurre un fenomeno alle sue origini. Il riferimento può essere anche verso le scienze del linguaggio. L'attenzione viene data agli approcci e a diverse discipline che potrebbero avere da dire verso il suo oggetto di studio. Propp trova un substrato astratto della fiaba, per trovare le regole che la condizionano. Lo studio e l'individuazione delle regole astratte e grammaticali sono per Propp e vengono da lui presentate come qualcosa di preliminare ad ogni altra indagine e in particolare all’indagine storica. 20 anni che passano tra le due edizioni la problematica fiabesca si è modificata grazie al Propp della Morfologia rispetto a quello delle Radici. L’esplicitazione aggiuntiva di Calvino e questo riferimento allo studio di Propp conferma l’interesse per il suo studio in concomitanza con lo svilupparsi di altri correnti critiche, come quelle francesi. La menzione di Propp mostra anche il fatto che la riflessione teorica sulle strutture della narrazione, che rimane centrale per lo strutturalismo, ha dei risvolti anche creativi in alcune specifiche correnti letterarie degli anni Sessanta, a cui aderisce anche lo stesso Calvino, e che pongono al centro le infinite potenzialità del gioco combinatorio degli elementi fiabeschi. Si fa riferimento al laboratorio di letteratura potenziale di cui fa parte Calvino e fondato nel 1960 in Francia da letterati e figure che combinano la competenza matematica con il lavoro letterario. Calvino aderirà a questo laboratorio negli anni del suo soggiorno a Parigi ed è proprio in questo contesto che Calvino tornerà a ricordare gli studi di Propp, tanto che lo rinomina in un intervento del 1967, raccolto poi nel 1980 nei Discorsi di letteratura e società con il titolo di Cibernetica e fantasmi: Appunti sulla narrativa come processo combinatorio. Si cerca di porre alla base del processo creativo un gioco combinatorio, che riprende regole e schemi matematici in cui si ritrova anche il riferimento alla Morfologia di Propp. Calvino giunge ad una domanda finale simile a quella di Propp ed è una domanda che potrà generare ulteriori ricerche negli studi narratologici di stampo naturalista, ma parla soprattutto come scrittore e sostiene che può portare a nuove sperimentazioni narrative. Si può notare come dalla botanica di Goethe e Propp ci si è spostati al campo della matematica. Mentre la botanica comprende ancora uno sguardo storico e diacronico, la matematica è una scienza che si discosta da questa prospettiva. 21 5.11.20 Propp: Riallacciandoci a quanto detto in precedenza, passiamo a parlare del contesto strutturalista in cui avviene la ricezione di Propp e del suo contesto formalista. Il seguito, date le premesse elaborate, prevede due momenti tra oggi e la prossima lezione. Un primo momento di coda su quello che sarà poi lo specifico interesse narratologico di questa corrente critica, anche in considerazione del precedente di Propp. Il secondo momento riguarda l'esempio di una lettura di tipo strutturalista di un testo poetico. Abbiamo visto la lettura degli Orecchini di Montale fatta da Avalle, che avevamo evocato all’inizio perché è tra coloro che a Pavia come la Corti e Segre nel "76 aveva fondato la rivista strumenti critici, la rivista decisiva in Italia per la diffusione e coniazione di una versione italiana dello strutturalismo. Strutturalismo in ambito della critica letterarietà lo strutturalismo, come già precedentemente il formalismo, coinvolse diverse discipline umanistiche. Aspetto rilevato in un saggio che abbiamo letto e anche nella voce “strutturalismo” della Treccani, redatta da un linguista, Lebskin. Riguardo alla critica letteraria abbiamo visto nell’estratto del saggio di Zinato come si soffermi innanzitutto su due esperienze francesi. L'apporto francese in questo ambito era stato decisivo. Si sofferma su due esperienze che considera esemplari. Da un lato quella di Barthes che poi si è riallontanato dalla sua stagione strutturalista. Poi Genette la cui esperienza rimane più lineare. Entrambi sono rappresentativi di qualcosa che ci interessa. Il primo in un dato momento, l’altro in maniera più continuativa. Sono rappresentativi di come anche nello strutturalismo rimanga per gli strutturalisti forte l'interesse per le strutture della narrazione. Tra i materiali abbiamo l'introduzione del volume di Barthes. Volume del ‘66, italiano nel ’69. L'analisi del racconto. Sulla copertina è ancora esplicito il riferimento agli studi di Propp. In questo volume possiamo osservare il lato pratico come la domanda sull’estendibilità dell’analisi morfologica del racconto sia qui messa all’opera. I diversi studiosi che contribuiscono al libro applicano il tentativo di analisi strutturale ai più svariati tipi di racconto. Nel testo si parla della narrazione come costante universale. Trasversalità di tipo temporale, culturale, sociale. Ci si occupa di barzellette, racconto cinematografico, epistole, nell'intento dichiarato di accedere alla grammatica narrativa unitaria, il cui obiettivo è portare alla luce questo tipo di struttura di base, insieme di regole riducendo ogni differenza storica. Il tipo di riflessione che abbiamo visto più dettagliatamente con Propp trova qui tra gli strutturalisti ulteriori sviluppi, estendendosi ad altre tipologie narrative, con ancora questa idea della riduzione. Idea che ci sia alla base una costante antropologia all'atto stesso della narrazione. Possiamo qui osservare allo stesso tempo anche una sorta di ribaltamento metodologico rispetto all’approccio della classificazione, della schedatura vista in Propp, laddove Barthes sottolinea la necessità di non continuare a procedere in maniera induttiva alla maniera delle scienze sperimentali passaggio da questo procedimento induttivo, dalla schedatura ad un modello ipotetico per poi verificare il modello nelle singole occorrenze narrative. E qui esplicitamente vediamo come il riferimento è quello alla linguistica. Questo procedimento deduttivo dalla teoria alla verifica su una serie di dati è ripreso dalla linguistica. Allo stato attuale, sembra ragionevole 22 porre come, modello fondatore all’analisi strutturale del racconto, proprio la linguistica. DA qui poi nel saggio si passerà ad indagare possibili unità funzionali del racconto in senso ampio. Primo aspetto da ritenere questo perché se in Propp avevamo osservato la centralità del riferimento alle scienze naturali, qui in particolare sembra poter osservare un nuovo quadro di riferimento principale, ovvero quello della linguistica. Ci si potrebbe chiedere se in qualche modo a questo cambiamento di prospettiva possa essere ricondotta una maggiore riduzione della prospettiva storica nell’approccio degli strutturalisti. Gli strutturalisti, come del resto anche i formalisti spesso sono stati criticati per aver tralasciato la prospettiva storica, che noi in Propp abbiamo cercato comunque di individuarne una certa presenza, e che forse ha anche a che fare con questo sguardo ancora forte alle scienze neutrali. Qui si riprendono i metodi della linguistica che in quegli anni si fa sincronica e non diacronica. Domanda su come si debba considerare formalisti e strutturalisti: concezione della centralità di una struttura, del tentativo di ricostruire un sistema dove le singole componenti fanno sistema è uno degli aspetti che li accomuna. Ma partendo dall'aspetto storico: sono due correnti che si situano in momenti diversi e in luoghi diversi. Abbiamo la riflessione russa dei formalisti in cui si inserisce Propp nel primo quarto del Novecento e poi il fervore strutturalista che ha le sue espressioni massime in questi anni, quindi a metà anni ’60. Siamo storicamente distanti, ma allo stesso tempo vicini nel senso che sono questi gli anni in cui cominciano a riscoprire i formalisti perché cominciano ad essere disponibili in traduzione i loro testi, non solo Propp, ma c'è una sorta di raccolta antologica dei formalisti tradotti in francese da Todorov. Quindi da un lato la ricezione, con una sfasatura storica. Ci sono punti di contatto, ma anche differenze. Nella distanza temporale percepita c’è forse anche un senso di distacco da parte degli strutturalisti, che in qualche modo si vedono come continuatori. In questi quarant'anni, un senso di progresso. Esemplare da questo punto di vista il fatto che abbiamo visto nella Morfologia, che in fondo Strauss é stato decisivo per far conoscere la riflessione di Propp. Ma ne ha criticato certi aspetti. Ma attraverso questa critica è stata possibile un’attualizzazione della sua teoria visto che ha avuto la possibilità di rispondere direttamente alla critica. Quanto a differenze effettive nell'approccio, c'è una sorta di ribaltamento che si ricollega forse ad un aspetto che tocca l'importanza della storicità. In Propp abbiamo visto chiaramente che c'è questa idea della complementarità dell’approccio morfologico e quello storico. Forse questo è un aspetto che successivamente si perde. E in questo senso questo riferirsi così netto alla linguistica che è già presente alle discussioni dei formalisti ma che qui viene ulteriormente messo in evidenza. Dunque, c'è un elemento di condivisione che porta a porre diversamente certi accenti. Vediamo un paio di esempi per illustrare come la riflessione sulle strutture del racconto viene portata avanti anche dagli strutturalisti. Esempio di Barthes, ma agli studi narratologici degli strutturalisti si lega in maniera più prominente anche la seconda figura evocata nel saggio di Zinato, ovvero quella di Gerard Genette che riprendiamo e che avevamo già incontrato quando si parava della focalizzazione del racconto: lavoro di Genette parte dalla Recherche di Proust per proporre una serie di ulteriori e nuove categorie nell’analisi del racconto che lui conduce quasi esclusivamente sul piano della narrazione di tipo letterario. Il merito di Genette è quello di aver spostato l’accento dell’analisi della narrazione dallo studio dell’intreccio e delle funzioni delle figure, su altri piani del racconto 25 direttrici e al sistema, cerca di illuminare il senso delle immagini di volta in volta, misurando, soppesando il valore delle immagini nel confronto con altre immagini analoghe, imparentate, che in altri testi di Montale, non solo della stessa raccolta, ma della produzione intera, ma anche in altre occorrenze di altri testi, soprattutto poetici di altri autori. Ancora una volta non tanto per gli interessi di ricostruire delle fonti delle filiazioni culturali, ma appunto l'idea di questi confronti è proprio quella di spiegare il senso di determinate immagini, cercare di avvicinarsi maggiormente al senso delle immagini, ma insieme cercare di spiegare il costituirsi della poesia, non solo di questa, ma forse anche più in generale costituirsi della poesia della scrittura poetica. A questo proposito appunto vorrei riprendere soltanto ancora due passaggi questi primi paragrafi che poi ci conducono anche a quanto avete letto. Da un lato una riflessione che riguarda proprio un utilizzo delle cosiddette fonti che non sono per Montale l’ossequio alle scritture del momento, non è la citazione di autorità, ma piuttosto vede nella ripresa di altri testi poetici, nelle memorie che possiamo trovare nel testo di Montale, una frantumazione, scomposizione dei prodotti della cultura. Ogni influenza di tipo più propriamente letterario comporta di nuovo processo di selezione di riordinamento delle letture e questo appunto non avviene qui, afferma Avalle. Si parla piuttosto di un tesoro, un tesauro che viene a costituirsi, accumulato attraverso le riprese di vario tipo poi ripreso ricombinato. Lo sfruttamento del tesoro è lasciato al caso degli incontri e al gioco dei ricordi e nello stesso tempo non implica adesioni letterarie che non siano quelle generiche o di una età o di una cultura. Compito dello scrittore è quello di reinserire nel contesto che occasionalmente le è più affine. Qui torniamo appunto proprio a questa idea che evocava prima della ripresa, di una ricomposizione sulla base di elementi preesistenti. Questa stessa immagine di questa stessa torna anche dove Avalle comincia a parlare delle questioni di struttura, a cui poi sono dedicate le pagine che avete letto. Quello che torna a colpirci è la sintassi delle immagini. Il paragrafo letto intitolato strutture verbali: quello che torna a colpirci è la sintassi delle immagini, che ritornano e vengono ricomposte. Il loro articolarsi in serie continua senza nesso apparente. La tecnica usata è quella di sempre. Radunare più oggetti, che presi uno ad uno, presentano un volto familiare, e ricavare insieme un non so che di ricco e di strano come se insomma ci si rendesse conto per la prima volta che la realtà consiste in un aggregato di cose sprovvisto di qualsiasi giustificazione logica. Il procedimento non è nuovo ed è stato fra l'altro teorizzato dai formalisti dell’epoca cubo-futurista. Sia sul piano dell’intertestualità, sia sul piano del comporsi dell'immagine all'interno del testo sembra qui evocato, una concezione dei farsi della poesia che lo stesso Avalle qui esplicitamente riporta a quell'esperienza e a quell’idea dei formalisti del farsi artistico come atto di decontestualizzazione e ricomposizione, che Avalle qui lui stesso esplicitamente richiama. 26 19.11.2020 Avalle e lo strutturalismo: Prima di discutere le letture avremo un primo momento in cui torniamo su quanto rimasto in sospeso la scorsa lezione. Eravamo rimasti ad Avalle che applica lo strutturalismo al testo poetico, avevamo ricostruito la struttura complessiva del saggio «Sintassi delle immagini»: decontestualizazione e ricombinazione La sintassi delle immagini vuole (...) quello che torna a colpirci è la sintassi delle immagini, il loro spiegare le immagini al di là del articolarsi in serie continua e senza nesso apparente (...). La tecnica DS . usata (...) è quella di sempre. Radunare più oggetti che, presi ad uno ad significato letterale, ci sono due uno, presentano un volto familiare (specchio, spugna, pietre, coleotteri, direttrici, dall’interno e dall'esterno, meduse, mani), e ricavare dall’insieme un non so che di «ricco e di strano», come se insomma ci si rendesse conto per la prima volta che la : . realtà consiste in un aggregato di cose sprovvisto di qualsiasi ciò che circonda l’autore. giustificazione logica. Il procedimento non è nuovo (..)- ed è stato fra I continui confronti servono a l’altro teorizzato dai «formalisti» dell’epoca cubo-futurista. — . . osservare il farsi della poesia, ancora (pp. 61-62) . una volta, dall’interno e dall’esterno. Qui emerge l’immagine di un processo creativo, di scrittura come un montaggio delle immagini riprese in maniera straniante al di fuori del contesto originario. Avalle non si sofferma subito sulle strutture interne e formali del componimento, ma parte da una parola, una singola immagine che sottopone a un sistematico confronto. La poesia di montale viene confrontata conuna serie di precedenti che riprendono lo stesso tema, non necessariamente lo stesso termine, ma la stessa immagine, dello specchio quindi, ma anche quella dell’acqua, per esempio, la superficie che riflette qualcosa. quindi l'interno dell’opera, ma anche Cigola la carrucola del pozzo, l'acqua sale alla luce e vi sì fonde. Trema un ricordo nel ricolmo secchio, ul Nel puro cerchio un'immagine ride. S Accosto il volto a evanescent labbri: Qui si nota come i confronti si deforma il passato, si fa vecchio, a che seguano un ordine cronologico, Appartiene ad un altro... . o prende una serie di testi che Ah che già stride r 2. . la ruota, ti ridona all’atro fondo, coincidono, crea la serie partendo Visione, una distanza ci divide. ; . a dal testo più antico, per arrivare alla manifestazione ultima. Il confronto è il tentativo di cercare delle costanti nello svolgimento del tema. Avalle attira l’attenzione su una serie di altri elementi che di volta in volta sono implicati dal tema dello specchio e del rispecchiamento. Nella sua analisi si sofferma per esempio sul mezzo che il tema mette di volta in volta in evidenza Nella ricerca delle costanti legate allo svolgimento di un tema. Avalle segue un filo cronologico, procede in diacronia. (Ossi di seppia) Nell’applicazione pratica infine sono ammesse varianti ed interpolazioni di vario genere; per lo pit con qualche aggancio al tema principale. (p.77) 27 4,10. Questi i precedenti degli Orecchini. (...) Posto ancora una volta di fronte all'immagine dello specchio, decide ora di invertire l'ordine delle operazioni (..) L'oggetto è rappresentato questa volta in via globale da un gesto (...). Il mezzo dal canto suo è dato da uno specchio, ma anche, (...) da un fondo marino popolato da meduse. Il momento infine è quello della sera o della notte (..). Questi i presupposti. Vediamo cra di metterci cietro le spalle cel poeta ed osserviamo come manovra le sue pedine. (..) 412, Senzaforzrei grado di consapevolezza che presiede alla elaborazione di un testo letterario (ma il dato ha scarsissima rilevanza a parte subjecti), l'impressione che si ricava alla fine di questa indagine sul lessico degli Orecchini è che le strutture del sonetto si compongono în massima parte di elementi prefabbricati, c meglio, dato che una funzione già l'avevano avuta nelle poesie precedenti, di materiale di reimpiego. (pp. 85-86 e 87) Noa reba centra di voli il nerelumo della spera. (E del io non è pi traccia.) | È pamata la sprogna che i bar lumi [] r - lndifeai dal cenchvo d'oro caccia {—— Le tue picure, i conati, il farte imperio ——— | pete ti giant nno [rego] n Tidlia che non vincama, i devideri | [porto Sa che al 100 lasspo son si struggono. (He Rcazano ditre Fosci, ronse di folle ld mortorio € sa che due vite non contsno. [= i = medune della vera. La rsa Impronta - Nella cornice tornano le molli L_ cerrà di giù: dove al tuoi lobi squallice \____ mani. travolte, fermano 1 condi ] Il Jestoce rileverà il rigore geometrico ed in particolar mado la apien- ma componitiva del testo, senza dubbio uno dei più « costruiti » della nostra Qui riemerge l’idea del processo creativo, della scrittura come gioco combinatorio per spiegare ogni testo poetico nella modalità compositiva di Montale. Ala fine del paragrafo però torna a spiegare ancora quelle che sono le strutture verbali interne del singolo testo. Una struttura in cui ogni elemento ritrova la sua posizione non casuale. Qui in particolare si forma una sorta di struttura a catena che porta a riconoscere il nucleo concettuale della catena. È un approccio che può sembrare schematico e riduttivo, nel tentativo di richiamarsi ad affermazioni dell’autore, Avalle sembra che senta la consapevolezza di questo rischio, quindi sembra esserci il tentativo di giustificare il proprio procedimento. Avalle cita Montale, in un altro passaggio, che commenta il procedimento della scrittura, sempre nell’intento di giustificare. Questo tipo di operazione è forse l’espressione concreta di un principio, una convinzione che Avalle esprime a più riprese. namente autonomi ed Originali. A. questo riguardo si è già avuto modo di osservare che il linguaggio che si offre dal di fuori al poeta, è costituito non solo da parole, ma anche da immagini e da idee. Sennonché tali ci si perdoni il truismo — ‘e da tale sistema ricevono una precisa ordine estetico-letterario. Tutto il resto, "as i % Pi p. 66 Il farsi della poesia in questa concezione, e la sua osservazione, è proprio l’osservare l'interazione che c’è tra i diversi livelli nel costituirsi del singolo testo. Non sembra contare tanto, nel caso di Avalle, che gli altri testi con cui si confrontano le immagini del testo in questione, siano testi dello stesso Montale o che appartengano alla tradizione, ad altre fonti. Di fisso rimane il principio di costruzione, che poi può concretizzarsi in realizzazioni diverse, tentativo di partire da una singola i immagine, ma poi ricerca degli elementi, come se si trattasse di una regola fissa, sono compresenti, si combinano dalla loro “funzione” dello specchio. La variabilità rimane nell’applicazione della regola. Le fonti non hanno una funzione diversa rispetto alle immagini proprie al poeta. 30 03.12.2020 Ripresa - Cesare Segre, «Nastagio degli Onesti»: La novella di Nastagio è rappresentativa in quanto Segre ci si focalizza nel volume di semiotica e impegnato sull’assunto che l'apporto della filologia sia essenziale nello studio di codici e sistemi culturali. Segre opera con dei concetti che appartengono alla teoria della comunicazione e sono desunti dal modello linguista di Jacobson. Il recupero della profondità storica è un aspetto evidente in questo saggio. La prospettiva e l’attenzione alla profondità storica del testo riesce nella proposta di Segre a convivere e a collaborare attivamente con lo strutturalismo. Bisogna fare attenzione ad alcune parti del saggio: da un lato alle premesse e alle conclusioni del saggio, sui due diversi concetti di contaminazione e di parodia, con cui Segre opera all’inizio e alla fine del saggio; dall’altro al percorso di analisi della parte centrale, che conduce l’argomentazione dalle premesse alle conclusioni. Bisogna osservare che il 1) In che maniera Segre recupera la profondità storica al tipo di analisi . proposta nella lettura della novella boccacciana, e che ruolo assumono, recupero della prospettiva in questo contesto, i due concetti di contaminatio e di parodia con cui storica può essere colto su egli opera in apertura e in chiusura del saggio? ea . due piani distinti, innanzi «Il termine contaminatio, rubato alla filologia, apparenta la figura autoriale di tutto nella scelta stessa di Boccaccio a quella di un copista, che, pur rifacendosi ad una fonte principale . (Elinando), trae volentieri da altre fonti, ricombinando le precedenti versioni in una leggere la novella di diversa opera e, in più, rielaborandole per far ‘parlare la propria ideologia'». ) . Boccaccio attraverso il confronto serrato con una serie di possibili modelli e Una premessa... precedenti, anche se poi Segre passa a privilegiare una sola fonte, ritenuta più importante Eppure Boccaccio ha fatto ben più che attuare un'abile OP . consamimatio, € abbellire coi mao stile materiali procsistenti delle altre, quella di Elinandro, in Egl ha sistemato in una struttura unitarie, compatta, la fe . . . . Lp Atnemeagiani—! Lee cui Segre ritrova il motivo della caccia infernale e una pomrenza < cia (già fuori consonanza strutturale, che duce a vedere del re come claboraricoe Su ° ) altre precedenti invenzioni, come riaggiustamento € riguse! presenta la visione articolata in to, come istituzione di muove prospettive saggerite dal rias due momenti distinti, nei due setto tempi della visione di cui parla sin dal titolo. Si rimanda anche alla tradizione dell’exemplum medievale. È qui che entra in gioco da subito il concetto della contaminazione delle fonti. Si può cogliere questo concetto di contaminazione e utilizzarlo nel suo senso generico di commistione di diversi elementi, ma dato il contesto e il titolo del volume in cui il saggio si inserisce, è bene ricordare che ha un preciso valore tecnico, non 31 solo in ambito linguistico, ma proprio in ambito filologico. Si fa una ripresa per far parlare la propria ideologia. Quando Segre afferma dalle premesse i diversi precedenti e modelli di Boccaccio, recuperando la dimensione storica, annuncia anche il secondo piano del recupero della prospettiva storica. È una struttura ottenuta attraverso la ricomposizione della favola, contaminando le fonti. Fa parlare la propria ideologia con efficace dissimulazione. L'operazione rientra nell'ampia strategia di Boccaccio delle concezioni medievali. Da un lato si ha uno sguardo verso tutta la tradizione e la storicità che viene ripresa dall'autore; dall’altro nelle conclusioni si va al di là della ripresa di altri testi e si ha la riflessione su quanto comporti la riscrittura di Boccaccio in termini storico-culturali e ideologici. È proprio nelle conclusioni che si esplicita il senso parodistico sotteso alla contaminazione delle fonti. Il racconto della Nastagio, io fui d'una medesima terra teco, e eri tu ancor piccol duplice visione nella novella e fanciullo quando io, il quale fui chiamato messer Guido degli Anastagi, era troppo più innamorato di costei che tu ora non se’ di quella de’ il confronto con la fonte fa Traversari; e per la sua fierezza e crudeltà andò sì la mia sciagura, che io un dì con questo stocco, il quale tu mi vedi in mano, come disperato emergere come il peccato della m'uccisi, e sono alle pene eterne dannato. Né stette poi guari tempo che costei, la qual della mia morte fu lieta oltre misura, morì e per lo donna sia quello di aver peccato della sua crudeltà e della letizia avuta de’ miei tormenti, non pentendosene, come colei che non credeva in ciò aver peccato ma resistito al desiderio maschile e meritato, similmente fu e è dannata alle pene del Ninferno. . . (Decameron, V, 8, parr. 21 e 22) non quello di avervi ceduto, come nei precedenti. Il suo è un peccato di crudeltà. La visione si presenta prima a Nastagio e poi alla donna, la quale ne trae insegnamento e viene trasmesso a tutte le donne ravignane. Si crea così un nuovo exemplum di senso opposto rispetto alla morale della fonte ripresa da Boccaccio. Si può dire che le conclusioni a cui Segre giunge sono di ordine storico-culturale e di fatto questi valori ideologici si annunciano già nella premessa, dove era già presente l'ideologia dell'autore. Capire l'operazione che Boccaccio fa rispetto alle fonti serve a metterne in luce l’ideologia, anche al di là della preoccupazione di ordine estetico di contrastare la vecchia immagine, la fallacia del genio di un autore che crea dal nulla la sua opera. Qui, emerge una riflessione di ordine estetico che convive con quella di carattere storico e culturale. Anche se in questo passaggio della premessa si trova ancora l’immagine formalista del lavoro dell'invenzione, come processo di ricomposizione dei modelli, quello che sembra invece interessare maggiormente Segre è il senso ideologico e l’obiettivo a cui l’autore tende nel suo lavoro di elaborazione e di riaggiustamento. L'autore è il demiurgo del gioco delle strutture e si ha un'immagine che si può ritrovare anche nel saggio di Avalle. Per Segre importa il ruolo dell'autore rispetto alla costruzione di qualcosa, di strutture che nella sua prospettiva assumono un significato storico, al di là dell'interesse estetico sul comporsi del testo. A questo gioco delle strutture è dedicata la parte centrale del saggio. Si deve evidenziare il carattere strutturalista del suo procedimento, ma anche in maniera specifica il carattere narratologico della lettura proposta da Segre, la quale si applica prima al confronto con la fonte e poi procede all’analisi peculiare delle strutture interne alla novella. L'analisi si 32 definisce come un'analisi narratologica, in una serie di elementi ben riconoscibili, come CONTRO avviene con la ripresa del modello MITTENTE — -— MESSAGGIO-—- — DESTINATARIO . Do. . CONTATTO di comunicazione di Jacobson. CODICE Segre identifica la visione con il messaggio e cerca di identificare Ch. Cesare SEGRE, Avviamento all'analisi del testo letterario, Torino, Una, 1985, . 6, ripreso da Roman Saggi di guisa generale: rancese 1963, ad it.1966 . ie . apparenti e veri mittenti e destinatari del messaggio che prende la forma di visione. Ricorrono una serie di elementi narratologici di quel periodo, che si interessano alla fabula e all’intreccio. Segre osserva l’incastro di due fabule all’interno della novella, ma anche l'interesse per la temporalità e il trattamento della spazialità nel racconto, che sono categorie e momenti del racconto a cui si dedica maggiore interesse anche negli sviluppi successivi della narratologia di quel periodo, di cui si ricorda lo studio di Genette. Dal momento dell’individuazione del tipo di analisi di Segre ci si può concentrare sulla funzionalità della stessa. Se le conclusioni di Segre sono di ordine storico-culturale e se l’argomentazione è di natura narratologica e se le conclusioni sono parzialmente annunciate nelle premesse, allora si impone la domanda sulla funzionalità. Questo riconoscimento della parodia sottesa alla novella di Boccaccio può essere intuito anche a livello semantico, attraverso il rovesciamento della tradizione ripresa nella novella. Se alla luce della lettura di Segre della novella si torna alle pagine teoriche precedenti e si torna a quanto Segre afferma in conclusione all’inchiesta del 1965 sembra che esemplifichi il secondo dei modi di contatto tra analisi strutturalista e analisi storica che aveva desunto anche da studi di altri intellettuali, quindi quello che si vede effettivamente all’opera non è un contatto naturale e immediato, implicato da un approccio stilistico e linguistico, che riporta sulla storia della lingua, ma si vede agire quel contatto meno immediato dell'analisi funzionale che mette in vista le macro e microstrutture, applicando anche una funzionalità non linguistico- strutturale, che finiscono ad essere conosciuti come i simboli di un sistema ideologico, il cui autore può essere ricondotto ad un sistema ampio. Questa considerazione si applica anche Inconclusione: Formalismo senza storia - Storicismo senza forma? al saggio in analisi. Segre qui è A mio avviso, si evita i i i sla mi i i ici i lo veve Lucnos pasem nun fem atorleo acta sur piuttosto vicino a una risposta data alla Pari A chi è che st aria? Per qual fi? Comes è costituita o situazione in culla sua inchiesta da Starobinski sulla dalla retorica classica, situano l'opera nei campo di una relazione umana, e questa conciliabilità tra strutturalismo e storia; T Al La struttura immanente dell'opera definisce la sostanza della relazione, ma la tensione vissuta da essa dipenda da un ° x Vettore storico...) In questo senso, reputo lo strutturlismo l'indispensabile egli non è tra coloro che Segre complemento della coscienza storica. Non vi è storia se non nella concretezza delle . » . opere, delle istituzioni, dei rapporti umani. La conoscenza più intima del tessuto coinvolge nell’inchiesta. Alla base della dell'opera letteraria non può che alutarci a comprendere meglio l'essere che in questo Fagsdintiengirorendirepadgede;u vii pesate struttura testuale c’è una coscienza che (Jean Starobinsk, Inchiesta 1965, pp. 0x0). la crea. Fa delle considerazioni che si applicano anche all’esempio in analisi. Barthes affermava che bisognasse proporre un'analisi strutturale per cercare delle regole costitutive del testo narrativo in base alla riduzione di 35 che sembra fornire delle implicazioni più fortemente letterarie rispetto al Le interpretazioni dello Spitzer mirano sempre all'esatta comprensione della singola forma linguistica, della singola opera o del singolo poeta. in perfetta armonia con la tradizione romantica e con la sua ulteriore elaborazione impressionistico-individualistica, egli tende soprattutto a cogliere esattamente le forme individuali. A me invece interessa . . . SR E Questo lato viene spesso recepito prima (E. Auerbach, Lingua letteraria e pubblico nella tarda antichità latina e i i i i ie ee Agri in Italia che altrove. Spitzer quando si titolo originale. Scrive anche saggi su Proust e della modernità europea. occupa della lingua degli autori letterari è interessato in particolar modo nel carattere specifico del linguaggio del singolo autore, analizzato dall’interno e non tanto attraverso il confronto con la tradizione o con altre espressioni letterarie coeve, nell'ottica dello scarto; questo distaccarsi dalla lingua comune permette di cogliere la letterarietà e il carattere specifico dell’autore. Mentre Spitzer punta in particolare sull’individualità della lingua del singolo autore, facendo passare in secondo piano la dimensione storica, Auerbach ha un approccio più tematico e più storico. Auerbach, filologo romanzo, che esordisce negli anni Venti con uno studio su Dante. Lo studio più noto di Auerbach è Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, un volume del 1946 e tradotto in italiano a metà degli anni Cinquanta. Qui indaga un'intera tradizione sotto l'aspetto del realismo e di quali forme il realismo assuma in diverse esperienze e in diversi momenti della cultura occidentale. Conta meno l’individuo e il suo stile specifico, mentre emerge il confronto e il contesto sotto l’assunto che in ogni momento storico è possibile scrivere opere in un certo modo, mentre è impossibile fare altro. Si sottolinea la forza e l’importanza della forma stessa che il contenuto prende in un dato momento e che la comprensione di esso prende. Auerbach e Spitzer hanno una carriera abbastanza simile e anche una vicenda biografica simile. Auerbach sottolinea la diversità del suo approccio in maniera abbastanza incisiva. Spitzer tende a cogliere esattamente le forme individuali, mentre a lui interessa più l’universale, di cui un esempio sono i loro primi lavori. I due sono accumunati dal fatto che il loro lavoro si basa spesso su degli estratti studiati a fondo, nel dettaglio, proprio perché ritenuti esemplari parlanti rispetto a qualcosa che va oltre il singolo esempio e il singolo caso in sé. L'analisi puntuale può portare alla luce caratteristiche intrinseche dell'individuo che scrive del suo stile e di ciò che sta dietro ad esso, oppure può far capire elementi dell’opera nell’insieme. All’interno dell'estratto e dell'analisi può portare sempre a rafforzare qualcosa che si sostiene anche in senso più generale. Per quanto riguarda l’Italia, in genere si afferma che la stilistica abbia un preciso momento di avvio, un nome e una data precisi, ovvero Gianfranco Contini, filologo romanzo, e il suo saggio sulle varianti dell’Orlando Furioso, Come lavorava l’Ariosto, del 1937, a cui ne seguono altri a stretto giro all’interno dell’ambito della variantistica d'autore, basti ricordare il saggio di commento alle correzioni del Petrarca volgare negli anni Quaranta oppure la critica degli scartafacci, rispondendo anche a Croce, e Le implicazioni leopardiane del 1947, in cui cerca di mettere a nudo le logiche e il sistema correttorio di un singolo canto leopardiano, ovvero A 36 Silvia. Dovrebbe ora sorgere spontanea la domanda del perché si parla di stilistica e non ad un contributo alla filologia e alla variantistica d’autore. La variantistica ha delle finalità filologiche e può essere essenziale alla costituzione del testo in casi in cui si hanno versioni manoscritte non datate, il cui ordinamento temporale e la cui sequenzialità riesce in certi casi ad essere ricostruita attraverso l'apporto della variantistica e il riconoscimento del sistema correttorio di un autore. Questo è quello che per esempio ha fatto negli anni Sessanta Dante Isella, quando cerca di trovare l'ordinamento dei vari frammenti della Notte di Parini, sfruttando le potenzialità della variantistica d'autore. Però il contributo di Contini e la stilistica permettono di andare al di là dell’utilità strettamente filologica e permettono di osservare il farsi della lingua di un testo, attraverso delle scelte consecutive e di fare maggiore luce su un momento che interessava anche Spitzer, ovvero quello dello scarto in cui opera il testo letterario rispetto alle opzioni offerte dalla lingua comune. Fa capire quali scelte opera l’autore rispetto a quali possibilità e quali opzioni valutate in successione si usano per arrivare alla forma finale, che è sempre considerata una forma potenzialmente aperta, che può tendere ancora a nuove forme. Questo non è il solo connubio o la sola coalizione intrapresa nella proposta stilistica di Contini e di questo dà conto il saggio del 1947 con l'esercizio sul sonetto di Dante, Tanto gentile e tanto onesta pare. C'è la necessità di distinguere tra ciò che è l’uso comune del tempo, in cui si colloca l'operazione dello scrittore, e ciò che è lo scarto, il tratto distintivo, che rende lo stile particolare ed individuale. 37 17.12.2020 Contini e il dinamismo testuale: La stilistica di Contini si esprime nella sua proposta di una variantistica d’autore in maniera importante e decisiva, facendo scuola fino ad oggi. Paola Italia, ad esempio, molto deve a questa impostazione continiana. Lo stesso vale in ambito elvetico, dato che lui stesso insegnò a Friburgo e il suo allievo, Dante Isella, lo fece a Zurigo. La variantistica non è una mera pratica filologica, ma intende essere anche parte di storia della critica. Lo stesso Segre la definisce un filtro critico. Si usano metodi non tradizionali per l’epoca in cui sono applicati. Si riconducono anche a Croce alcuni metodi e l'applicazione rigorosa di essi. I saggi di Contini sono del 1947 e dimostrano gli approcci diversificati che egli studia contemporaneamente. Essi si collocano in due sezioni distinte della miscellanea che li contiene, ovvero uno in una sezione di critica delle varianti e uno nella sezione di lingua degli autori. Le altre due sezioni sono: applicazioni linguistiche e storia della critica stilistica. Contini dice di incentrare il discorso su un testo di carattere esemplare, in quanto tipico della lirica di Dante e dell’età giovanile. È un testo attraversato e conosciuto da tutti; vuole estendere l'esercizio poi dal testo singolo all'opera generale. Prima di arrivare a tutti gli altri aspetti che Contini fa emergere, bisogna notare come il commento si sofferma lungamente e in maniera approfondita sul lessico del sonetto dantesco, anche per quanto riguarda la corretta comprensione delle parole del testo. Quello che Contini fa in questo esercizio si trova già nel titolo, Esercizio di interpretazione. Commenta parola per parola il testo fino ad arrivare al livello basilare del testo, presentando la completa parafrasi del sonetto. Parte commentando, per arrivare a parafrasare un testo noto a tutti, pur essendo uno anche dei più limpidi dell'autore. Contini in questa parafrasi propone qualcosa che lui chiama Tradurre non significa altro se non determinare il nuovo rapporto dei traduzione. Serve sinonimi e affini nella cultura rappresentata dalla nostra lingua, la sottolineare che è proprio nuova ripartizione, per dir così, in parole della realtà che si considera Lo. . come oggettiva e costante. Contini a parlare di (Contini, Esercizio..., p. 162) traduzione e di cosa questo significhi per lui. C'è l’idea della trasposizione e del significato letterale del testo in un sistema più vicino di significati e lingua. Così si coglie uno dei sensi profondi della sua interpretazione. Contini, da filologo, opera in maniera non filologica in senso proprio, ma tenta comunque di ricostituire il testo di partenza, che ha dato le basi a certe interpretazioni e letture, delle condizioni di queste. Vuole dimostrare come la realtà oggettiva e costante in realtà non lo sia e come un testo linguisticamente chiaro in apparenza abbia bisogno di una certa esegesi, perché non c'è parola che abbia mantenuto il suo significato originale nella lingua moderna. Si potrebbe dire che la necessità di fornire una parafrasi del testo parta da una questione che riguarda anche la consapevolezza del piano storico e culturale della lingua, da Dante ai moderni. Da 40 ad altri livelli di lettura del testo. Contini presenta passo per passo nel saggio tutte le fasi per esemplificazioni. È un modo di osservare come i livelli si combinano, collaborano e si condizionano reciprocamente. Nell’osservazione delle diverse possibilità con cui si confronta l’autore si trova la specificità e lo scarto che interessavano Spitzer e gli elementi temporali che interessano anche Contini. Nel suo primo saggio di variantistica, Contini esprime l’importanza Che significato hanno, per il critico, i manoscritti corretti degli autori? Vi sono essenzialmente due modi di considerare un'opera di poesia: vi è un modo, della temporalità. Anche per dir così, statico, che vi ragiona attorno come su un oggetto o risultato, e Croce guarda alle in definitiva riesce a una descrizione caratterizzante; e vi è un modo dinamico, che la vede quale opera umana o lavoro in fieri, e tende a proposte di Contini. Qui rappresentarne drammaticamente la vita dialettica. Il primo stima l'opera . . poetica un “valore”; il secondo, una perenne approssimazione al “valore”. è centrale la dimensione (...) è nel secondo caso che si sorprende immanente all'operazione del poeta sia la coscienza del suo tono proprio, ovvero, per i temperamenti più riflessivi, la della temporalità e del sua idea della poesia, la sua poetica. dinamismo. L'opera non (G. Contini, Come lavorava l'Ariosto, 1937, pp. 233-234) è un valore fisso, ma interessa il farsi dell’opera, il processo che può sempre continuare nel suo percorso di creazione. L’opera d’arte non è qualcosa di statico, ma è dinamica. Passare per le fasi dialettiche dell’opera è necessario per cogliere il suo tono proprio, ciò che caratterizza il singolo autore nel suo processo creativo. Si ha una eco di Spitzer, ma con una proposta alternativa, riconoscendo l’individualità dell'autore nel mutare dell’opera. 41
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