Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Appunti completi di Estetica, Appunti di Estetica

Trascrizione delle lezioni di Estetica del professor Mecacci, anno accademico 2021-2022

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 08/02/2022

Giulia_Ellie
Giulia_Ellie 🇮🇹

4.5

(20)

21 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti completi di Estetica e più Appunti in PDF di Estetica solo su Docsity! ESTETICA 25/10 L'etimologia di estetica deriva da greco àistesis che si può tradurre con percezione, cioè tutto ciò che riguarda la nostra sfera sensibile, ciò che media il nostro rapporto della realtà attraverso l'esperienza sensoriale. Vediamo il frontespizio di un filosofo del 700, Baumgarten che intitola la sua opera Aesthetica. Nel 1750, dando il titolo a una sua opera Baumgarten introduce nel sapere occidentale quello che noi oggi diciamo estetica. Estetica è una disciplina relativamente giovane, questa nascita come disciplina indipendente rispetto agli altri aspetti della filosofia, avrà grandi conseguenze. La categoria del gusto sarà uno dei cortocircuiti dove tutto questo si manifesterà. Per B. estetica stava ad indicare la conoscenza sensibile, era la modalità con cui ogni soggetto si rapporta alla realtà ma questa è na delle prospettive che l'estetica moderna assume. L'estetica nel 700 intraprende 3 grandi direzioni tra loro a volte inconciliabili e altre sovrapponibili. La prima è quella di Baumgarten, legata all'ambito conoscitivo, l'apprendere cos'è la realtà, una scienza del sensibile. Poi c'è un'altra tradizione che intende l'estetica come una teoria del bello, un sapere che si interroga sul tema eterno della bellezza; il gusto è una prima modalità con cui la modernità cerca di affrontare il bello. E se dovessimo indicare chi è l'interprete di questa direzione potremmo dire Kant con la su Critica della facoltà di giudizio. Altra direzione è agli inizi dell'800, essa intende l'estetica quasi esclusivamente come una filosofia dell'arte, un campo di riflessione che ammette soltanto le opere d'arte. Il campione di questa linea interpretativa è Hegel con le sue Lezioni di estetica. L'estetica non è arte o storia dell'arte o critica d'arte. Possiamo dire che noi dobbiamo sempre considerare l'estetico come qualcosa di più ampio dell'artistico. L'estetica ha una sorta di ambivalenza nel suo DNA, è una disciplina relativamente giovane ma allo stesso tempo ha dietro di se una tradizione lunghissima che in filosofia ci riporta ai Greci, i quali ci offrono la grammatica di fondo del nostro sapere. Sono almeno tre i grandi nodi che l'estetica greca offre alla modernità. Abbiamo tre grandi concetti: Tèkne , la produzione ( qualcosa che solo gli esseri umani hanno, secondo i greci solo gli esseri umani producono qualcosa di nuovo nella natura); Mìmesis,la rappresentazione ( l'arte, l'emergere di qualcosa che al mondo non c'è); Kalòn, il bello. Techne: quando i romani tradussero il sapere greco, questa parola fu tradotta con “ arti”, quelle applicate in cui vi è anche l'artigianato. La techne nel mondo greco è una produzione secondo regole. È come se il mondo greco non avesse l'idea della creatività o del genio. I Greci hanno in mente che qualsiasi cosa si struttura seguendo delle regole e all'interno di questo linguaggio già dato ci possono essere variazioni. È una sapere specialistico, una perizia, un saper fare. La techne è una competenza. Platone ci ha insegnato a parlare di quello che sappiamo. La tchene è una consoeza che si dà in una operatività ( fare una statua, comporre una poesia, fabbricare un letto o una sedia). Aristotele nell'Etica Nicomachea dice: “ La techne è una disposizione accompagnata da ragionamento vero che dirige il produrre”. La techne quindi è un atteggiamento dell'uomo, è l'unione di un elemento logico e di uno pratico. La techne come elemento che segna l'umano. La natura si muta nella mente dell'uomo attraverso il logos. Kubrik con il suo 2001 ci dice che la techne è umano, la scimmia diventa umana nel momento in cui acquisisce la techne, quando capisce che l'oso può essere un'arma. La technè esercitata dall'umano ma è la natura che fornisce il materiale. Il come è fornito dalla tradizione, dalle norme a cui il soggetto produttore si deve attenere ma poi la techne è una dimensione umana. La techne ha si delle norme ma è anche una dimensione che conosce la libertà, l'opzione, la scelta che solo l'uomo ha. La techne come si rapporta alla natura? Aristotele nella Fisica dice: “ Alcune cose che la natura è incapace di effettuare, la techne le compie, altre, invece, le imita”. Laddove la natura si rivela insufficiente rispetto ai miei bisogni la techne alcune cose le compie altre le imita. L'uomo quindi costruisce due realtà: il tecnologico, che ci consente di soddisfare i nostri bisogni pratici, e poi l'artistico, una techne che imita, la techne mimetikè. I Greci, rispetto ad altre civiltà del passato, sono l'unica civiltà che oltre a produrre ha riflettuto su questo. Siamo un po' come in Truman Show, un confine tra la realtà e qualcos'altro che anche quello è realtà. Quindi la differenza tra techne e realtà è uno dei problemi che l'estetica affronta. Mimesis: momento della messa in rappresentazione, rappresentazione di qualcosa di reale su un altro piano. La tragedia ne è il massimo esempio. La mimesis è l'emancipazione formale dell'immagine, raddoppia la techne perché fa capire che esistono anche le immagini. La mimeis non presuppone solo la produzione di oggetti, ma di immagini ( la forma in quanto forma). Nel 900 questo si traduce nel problema delle avanguardie che investe la riflessione dell'estetica sull'arte contemporanea in cui un orinatoio può diventare una immagine, un'opera d'arte. La mimeis porta a delle domande come: – cosa devo rappresentare? – Per chi lo rappresento? – Per chi lo rappresento? – Che cosa provoca ciò che rappresento? – È qualcosa di vero quello che rappresento? – Che rapporto ha con la realtà ciò che rappresento? Bellezza: il bello è uno dei temi più complessi che l'estetica affronta. Abbiamo una concezione del bello che più o meno si fonda nell'antichità greca, si consolida nel Medioevo e arriva al Rinascimento circa, al 600. ci sono 3 caratteristiche: 1. prima della modernità la bellezza ha un carattere oggettivo, una cosa è bella nella sua oggettività e sono io che mi devo adeguare a quella bellezza. L'oggettività è data o da parametri matematici ( proporzione, simmetria) oppure la maggiore o minore vicinanza a un bello ideale, a un modello. La modernità invece se non c'è un soggetto o una comunità che definisce bello l'oggetto, esso non lo è. Nella modernità quindi è il soggetto che attribuisce bellezza a qualcosa. Nel 700 abbiamo il gusto e nell'800 con il Romanticismo il sentimento ( è bello ciò che emoziona). La bellezza pre moderna indica valori anche etici, non c'è scindibilità tra bene e bello. Il 700 è la manifestazione invece di una esclusività del bello rispetto alle altre cose. Noi Diotima però afferma l'insufficienza della bella dei corpi perché è una bellezza che cambia e diventa brutta, e una cosa non può essere bella e brutta. Allora Platone fa questo salto decisivo, comprensibile per la sua filosofia, che il vero bello non è fisico, il vero bello va al di là delle cose di cui possiamo fare esperienza sensibile. Il vero bello non risiede nel corpo ma nell'anima, dentro di noi. La vera bellezza è ciò che sfugge ai nostri sensi. Questo sposta il bello verso una dimensione anche etica. Ci importa come si comporta una persona, i suoi valori; perché l'anima non è così soggetta al cambiamento come il corpo. Ma questo non basta perché le persone cambiano anche interiormente. Così come un copro si allena anche l'anima per rimanere ricca e bella si deve allenare con un confronto continuo con le leggi della polis, con la comunità, con lo stare con gli altri, con il sapere. Il voler imparare la realtà, la fame di conoscenza è nutrimento del bello, il sapere che massimamente tende alla conoscenza è ovviamente la filosofia. Allora più si ama la conoscenza e più si arriva a una visione ideale del bello. Platone ci dice che più ci stacchiamo dal bello sensibile più ci avviciniamo al bello ideale. Per arrivare al bello in sé, il bello ideale. In realtà Platone non ci dà una definizione così soddisfacente come vorremmo del bello ideale. Il bello non può essere transitorio, non può invecchiare come un corpo, non nasce ne muore, non cresce, non può essere bello per alcuni e per altri no. La rappresentazione non può tener conto di tutte le infinite possibilità del bello. Quindi il bello non può essere collocato fisicamente. Le bellezze sensibili sono elementi che partecipano all'idea di bello in se. Al contrario abbiamo in Aristotele una attenzione maggiore verso le bellezze materiali che ci circondano. Con lui si attenua la tensione metafisica ed emergono altre componenti: Techne ( dimensione tecnico-produttiva), Mimesis ( dimensione gnoseologica, conoscitiva), Katharsis ( dimensione emotiva, sociopsicologica). Per Aristotele la Techne è addirittura una delle cinque virtù dianoetiche, cioè che attivano in noi il percorso conoscitivo della ragione, un percorso verso la razionalità. Per lui la techne è una conoscenza produttiva delle cose possibili, è una dimensione aperta al futuro quindi, è un progetto, è un proiettarsi in avanti. L'accordo che Aristotele attribuisce alla techne è fortissimo perché è un livello della conoscenza. La Techne procede in maniera parallela alla natura, in qualche modo si rende complementare alla natura. Ci sono le Arti tecnologiche che integrano la natura mentre le arti belle la imitano. Ogni atto produttivo ( o opera d'arte) per Aristotele nasce dal rapporto tra una determinata forma ( eidos) e una determinata materia (hyle). La capacità di raccordare questi due elementi è la padronanza della techne poietike, tecnica poetica. La Poetica, indaga proprio questo. La Poetica ruota intorno a due grandi concetti: mimesis tragedia) e katharsis ( risposta del pubblico alla rappresentazione). Aristotele intende l'arte poetica come piacere intellettuale ossia l'unione dell'elemento conoscitivo con quello estetico. Questo vuol dire che quando noi guardiamo una rappresentazione teatrale, ad esempio l'Antigone di Sofocle, e partecipiamo delle azioni dei personaggi, entriamo nella dimensione del verosimile, questa attività di piacere, estetica, non è fine a se stessa, non è sviante come affermava Platone, ma ci arricchisce intellettualmente. La catarsi è quella dimensione che, attraverso una dimensione di emotività, fa vedere il mondo in maniera diversa da quando si è entrati in teatro. La catarsi è una dimensione che ci cambia attraverso il nostro rapporto con l'opera d'arte. Due cose appaiono in generale aver dato vita all'arte poetica, entrambi naturali: 1. l'imitare è connaturato agli uomini fin dall'infanzia ( ha in mente i bambini che imitano il comportamento degli adulti come primo momento conoscitivo) e in ciò l'uomo si differenzia dagli animali. 2. tutti traggono piacere dalle imitazioni. Aristotele ci dice che il piacere che io provo nella rappresentazione fa sì che, ad esempio, se vado al Louvre e vedo il bue macellato di Rembrandt, se invece ne vedessi uno dal vivo ne rimarrei disgustato. Aristotele capisce che ciò che nella realtà può dare disgusto, nella rappresentazione può dare piacere mimetico. È il primo che comprende la duplicità della nostra esperienza, la realtà e la mimesis. Noi nel mimetico ci facciamo coinvolgere da realtà che nella vita normale rifiuteremmo. Aristotele comprende che lo spazio in cui ci troviamo, nel mimetico, coincide con la verosimiglianza. Per Aristotele il fruitore fa un patto mimetico con l'opera. Se anche il brutto, il disgustoso, produce un piacere attraverso il patto mimetico, Aristotele nei suoi testi ci dà delle proprietà oggettive del bello: ordine, grandezza e proporzione. Queste proprietà aristoteliche sono in qualche modo la sintesi del bello greco, non però in senso metafisico. Per Aristotele la medietà delle cose è ciò che bisogna perseguire, una melodia va ascoltata a volume né troppo alto né troppo basso ma medio. Per Aristotele un'opera d'arte bella deve manifestare una coerenza tra contenuto e forma in cui i miei sensi siano a loro agio, siano comodi. Quando in un'opera d'arte, ad esempio un film, non riesco a cogliere dei nessi ( nella trama ad es), i sensi si affaticano e quindi non c'è esperienza positiva dell'estetico, perché il fruitore sta perdendo l'unità e interezza dell'opera. L'eccesso e il difetto distruggono la perfezione mentre la medietà la preserva. Il kitsch: è un termine che in Italia viene inteso come sinonimo di cattivo gusto. Il nostro corso cerca di indagare la negatività dell'estetico. È una categoria moderna, più o meno dal 1750 al 1900 il kitsch vive na fase di incubazione, di lenta nascita a cui contribuiscono 6 elementi: dialettica tra gusto e cattivo gusto, il dilettantismo, il sentimentalismo, il brutto, il contraffatto e il volgare. Nessuno di noi è immune al kitsch, esso sta all'estetica come la stupidità sta alla vita. Essendo una categoria moderna il ktisch si radica nella dimensione soggettiva dell'esperienza estetica, si radica laddove il gusto diventa la prima pietra su cui l'estetica moderna costruisce il proprio edificio. Il gusto è stato definito da un filosofo francese come il lato oggettivo del soggetto (?). Il cattivo gusto si rivela un malfunzionamento del giudizio estetico. L'estetica moderna ( siamo nel 700) trova davanti a se una serie di ambiguità e contraddizioni, ci sono Illuminismo e rivoluzione francese ecc. l'estetica 770esca oscilla tra una nuova dimensione quale la soggettività e il persistere della dimensione oggettiva che eredita dal passato. Inoltre il 700 vede emergere una nuova categoria sociale, la borghesia che trova la propria rappresentazione ideologica nell'uomo di gusto. Il gusto è il modo in cui il soggetto riconosce il bello. Mutua il proprio nome dalla gastronomia. È un piacere esclusivamente soggettivo che si può allargare a una dimensione collettiva. È quella capacità di cogliere e percepire il qualitativo che è dentro la realtà. L'oggettività invece si radica nella convinzione che ci sia un luogo, l'arte, in cui l'oggettività è ancora attiva. Nel capolavoro noi raggiungiamo una sorta di convergenza di gusti. Hume e Winckelman sono coloro che portano avanti queste due visioni. Hume ( nel 1757) dice che la bellezza non è una qualità delle cose stesse, la bellezza esiste soltanto nella mente che contempla queste cose e ogni mente percepisce una diversa bellezza. Quindi non solo la bellezza si attiva davanti a un soggetto che giudica ma esistono più bellezze. Winckelmann ( 1764) invece scrive, quasi ricalcando il problema di Zeusi, che gli antichi cercarono di operare una sintesi di ciò che era bello in molto corpi, essi purificarono le loro immagini da ogni gusto personale che distoglie il nostro spirito dalla vera bellezza. Intellettuali e filosofi dell'Illuminismo parlano del gusto e del cattivo gusto. Montesquieu scrisse un saggio sul gusto che confluì nella voce gusto dell'enciclopedia ( 1757) . Egli lo definisce non definendolo, lo abbina cioè a degli aggettivi sostantivati ma non ci spiega cos'è. Al contrario il cattivo gusto si esercita sul contrario di questi aggettivi sostantivati e quindi Voltaire registra un po' la stessa accezione. Ne viene fuori che l'eccesso è un elemento negativo. Voltaire in maniera strategica fa riemergere il bello naturale come modello che dobbiamo sempre avere in mente, la natura non ricerca mai l'eccessivo che è una deriva antropologica. Montesquieu a un certo punto del suo saggio ci dà una prima definizione della volgarità: “ il volgare è il sublime del popolo che ama vedere cose fatte per lui e alla sua portata”. Qui Montesquieu ci dice che la volgarità non è altro il rifiuto di quella complessità che invece il gusto deve afferrare, il rifiuto di ciò che non capiamo. David Hume ( 1711-1776) nel 1757 pubblica un saggio di circa 20 pagine: La regola del gusto. È un testo che ha avuto una vita postuma particolar perché per molti anni fu considerato un po' di serie b, invece negli ultimi 30 anni ha avuto nuova vita ed è paradigmatico per comprendere l'estetica occidentale. Per Hume si parte dalla soggettività del gusto per tentare di arrivare a una eventuale normatività del gusto. Si parte dalla constatazione della varietà e della variabilità dei gusti, poi cerca di arrivare a una ricerca di una regola, distingue poi tra sentimento e giudizio, poi realizza la bellezza soggettiva, in seguito arriva lentamente alla definizione della competenza del giudizio e infine il critico è il modello di questa competenza. Hume cerca di arrivare a una oggettività del gusto che si costruisce tramite un confronto tra critici ma non dimenticherà mai il punto di partenza e cioè la soggettività del gusto. La cornice problematica del saggio è questo quesito: possiamo trovare na regola universalmente valida per un'esperienza che sappiamo essere irriducibilmente soggettiva? C'è allora l'emergere di un tema tipicamente settecentesco e cioè l'aderenza di una esperienza sempre soggettiva a una dimensione più universale. Il gusto dice Hume è la capacità di provare piacere che è molto diversa dalla definizione di Kant che dice che il gusto è la facoltà di giudicare il bello. Hume se non c'è il piacere dice che non c'è il bello. Per Kant invece il piacere non può congiungersi con il bello. Hume parte da una constatazione empirica e cioè che ognuno di noi ha gusti diversi e variabili. Hume pone la distinzione tra sentimento e giudizio, il primo è la dimensione soggettiva e tutti i sentimenti sono giusti solo un giudizio però è vero. Tutti noi esprimiamo dei sentimenti ma mentre il giudizio vero rispetto a un fenomeno fisico ad esempio mi è dato da uno strumento tecnologico, rispetto al bello chi me lo può dare? Dove si radica il giudizio giusto sulla bellezza? Chi è che lo stabilisce? Io posso affermare qualsiasi cosa ma devo dare conto del condizione temporale. Hume aveva in mente le due costanti della novelty e dalla facility che sono i poli tra cui oscilla la comprensione e l'apprezzamento dell'opera d'arte ( dove si sviluppa il giudizio estetico). Senza novità non c'è interesse ne richiamo da parte dell'opera, se è noiosa, banale e non ha novelty non la apprezziamo. Ma la novità non deve essere illeggibile da parte del pubblico, ci deve essere una facilty, una conoscenza anticipata dell'opera e di agevolezza a comprenderla. Negli anni 60 ( cultura di massa) il pubblico vuole sempre il vecchio e un nuovo che sia altrettanto comprensibile come il vecchio, dice Dorfles. Kant nel 1790 pubblica la Critica della facoltà di giudizio. Per Kant “ il gusto è la facoltà di giudicare la comunicabilità dei sentimenti che sono legati ( senza mediazione di un concetto) con una data rappresentazione “. Egli articola nostra esperienza in due tipi di giudizi: determinante e riflettente. Noi sappiamo rispondere quando il giudizio è determinante, cioè un giudizio che definisce un concetto universale ( la scarpa gialla ) applicato a qualcosa come la scarpa del nostro esempio ( concetto universale di giallo applicato alla scarpa). Per Kant questo è un giudizio che viene utilizzato nella conoscenza del mondo, è il modello del giudizio scientifico. È però un giudizio che può essere confutato. Al contrario il giudizio riflettente è un giudizio che non ha un universale a cui appellarsi ma deve sempre riferirsi al sentimento che si ha verso un oggetto. La bellezza non è un concetto quindi il giudizio riflettente è soggettivo. Il bello esiste solo nel momento in cui c'è un soggetto che giudica. La bellezza appartiene non solo alla dimensione soggettiva ma anche a quella inter-soggettiva. La soggettività del gusto è un qualcosa che apparentemente ci isola rispetto agli altri ma Kant dimostra che non è così. Kant quindi indaga non il bello ma i modi in cui deve essere un giudizio sul bello che sia corretto ( analitica del bello). Qui esprime 4 requisiti che deve avere un giudizio di gusto corretto, puro. Giudizio determinante: è dato l'universale ma non il particolare, è il modello del giudizio conoscitivo. Giudizio riflettente: è dato il particolare ma non l'universale, è il modello del giudizio di gusto. Il gusto è la facoltà di giudicare il bello. Il giudizio determinante è confutabile mentre quello riflettente è un giudizio del quale non posso essere convinto a meno che non sia io a cambiare idea. 1. Il disinteresse è una delle questioni più spinose dell'estetica di Kant: C'è un oggetto a cui reagisco in maniera positiva o negativa senza che vi sia alcun interesse. Kant distingue bello e piacevole ( a differenza di Hume). Kant distingue tre tipi di piacere: – piacevole: ciò che piace nella sensazione ( se compro una coca cola è perché ho bisogno di dissetarmi) – buono: ciò che piace attraverso un concetto morale o la sua utilità – bello: ciò che piace disinteressatamente attraverso la semplice contemplazione. Kant ci dice ad esempio che se desidero qualcosa uccido il disinteresse estetico. Nei musei andiamo per contemplare la bellezza non per portare a casa con noi le opere. L'impulso della sensazione acceca il giudizio estetico. La condizione del disinteresse è molto difficile perché noi siamo sempre interessati a qualcosa mentre giudichiamo. L'empatia verso un film o una rappresentazione inquina il giudizio. 2. Universalità senza concetto: è bello ciò che piace universalmente senza concetto. Kant ci dice che il bello è una universalità che non è universale. Egli è interessato a vedere una universalità che si da nel giudizio di gusto perché noi tutti lo formuliamo al di là delle particolarità che giudichiamo. L'universalità è la possibilità di comunicare il bello. Kant ci dice che l'aspirazione alla comunicazione che il gusto soggettivo contiene, non è altro che l'idea di far condividere agli altri i nostri gusti. La soggettività si apre alla intersoggettività, il piacere estetico se soltanto auto riferito diventa un esercizio sterile e quindi non è vera bellezza. 3. Finalità senza scopo: quando un oggetto ha una finalità in se stesso. Questo serve a Kant per distinguere tra bellezza libera e aderente. La prima è la bellezza che non mostra nessuno scopo ( decorazioni, un bimbo che gioca con i fiori) cioè quando il giudizio di bello è disinteressato e contemplativo ma è molto difficile perché la finalità è sempre presente. La bellezza aderente è quel bello che aderisce all'idea che io ho di un oggetto, qui c'è una dimensione di universalità che il bello di solito non ha. Bellezza aderente è quando anche ad esempio si deve comprare una casa e si valutano i vicini, il quartiere e così via e quindi non la casa in se. 8/11 Kant ci apre allo scenario sociale in cui l'esperienza del bello non è tale se non è condivisa con gli altri. Anche il collezionista ha piacere a mostrare la sua collezione ad esempio. Perché noi con gli altri condividiamo lo stesso modo di giudizio estetico secondo Kant. La finalità senza scopo è anche qui una sottolineatura dell'autonomia dell'estetica rispetto ad altre dimensioni. Kant poi ha istituito la bellezza libera ( non implica altre dimensioni se non quella del piacere, è disinteressata) e la bellezza aderente ( l'oggetto presuppone una idea di perfezione, come il giudizio su un corpo). Kant ci suggerisce che nella quotidianità abbiamo a che fare con la bellezza aderente.  Quarto momento è il piacere necessario: il modo in cui il piacere estetico si impone su di noi. Non posso forzare me stesso a non farsi piacere ciò che ci piace, è la dimensione di forza che il bello imprime su di noi. Kant inserisce poi il concetto di senso comune: un piacere estetico soggettivo so che è valido anche per gli altri. Se io penso che una persona sia bella, il processo è uguale per tutti ( dico che è ), il mi piace è sempre dentro un ci piace. Qui Kant recupera Hume con l buon senso. Il senso comune non è immutabile, è elastico e cambia perché il senso comune si imbatte in oggetti particolari che modificano l'identità e questi oggetti sono le opere del genio. Prima di Picasso c'era un senso comune diverso da quello che viene a crearsi con il cubismo.  Per Hume il cattivo gusto si ha: - Nella prima impressione che confonde il vero sentimento della bellezza, un abbaglio percettivo - Una bellezza vistosa e superficiale che piace a prima vista  - L'inesperienza nel confrontare diversi generi di bellezza -Il pregiudizio che impedisce di calarsi nella prospettiva dell'opera e dell'autore.  Per Kant invece il cattivo gusto si offre nel non rispettare il disinteresse. Il cattivo gusto è sempre interessato ai sensi e al sentimento.  Il gusto, grande categoria dell'estetica settecentesca, nell'800 con il Romanticismo perde la sua centralità lasciando il posto all'uomo di sentimento. L'opera d'arte si riconosce sempre di più nell'emozione che è capace di accendere in noi, l'emotività diventa il metro della valutazione dell'opera d'arte. Uno dei procedimenti del Kitsch sarà quindi fare leva sull'emotività. Flaubert parla del cattivo gusto nel 1847 testimoniando una sorta di ultima parola sul gusto: Il cattivo gusto è invariabilmente il gusto dell'epoca che ci ha preceduto. Come diventerà brutto ciò che è bello, come sembrerà idiota ciò che oggi è incantevole.  Il gusto diventa qualcosa di marginale all'interno del dibattito estetico, indicava un soggetto passivo, ricettivo, contemplativo ma l'esperienza dell'arte può essere anche produttiva( l'opera di genio)ma non siamo tutti geni. C'è anche quindi un cattivo gusto della produzione artistica, il dilettantismo, un problema esclusivamente moderno perché fino ad ora le techne aveva conosciuto du dimensioni: l'arte e l'artigianato. Alla fine del 700 si insinua una terza produzione, un ibrido, il dilettante. Se il gusto è la capacità di giudicare il bello, il genio è la capacità di produrre il bello, il dilettante si colloca in un ambito che sconfessa Kant. Il termine Kitsch nasce nei mercatini d'arte dilettantistici intorno al 1860. Il kitsch fin dalla sua etimologia incerta espone un problema di un'autenticità, altri hanno visto nell'origine della parola il termine sketch, una sorta di riproduzione di un capolavoro. Alla fine dell'800 quindi la figura del dilettante inizia a emergere, possiamo assumerlo anche come la negazione dell'uomo di gusto di Hume. Il dilettantismo risponde alla richiesta della borghesia di partecipare al mondo dell'arte non solo dal punto di vista passivo ma anche attivo. Nel 1799 Goethe e Schiller iniziano a cercare di individuare i punti identificativi della figura del dilettante e abbozzano un frammento che rimane tale che si chiama " Sul dilettantismo". I due rilevano una doppia natura del dilettante:  1) Causa storico-sociale, la condizione storico-sociale ha fatto si che gli esponenti della borghesia sentissero il bisogno di produrre qualcosa di artistico. Ma questa motivazione non è del tutto sufficiente e ne cercano una seconda. 2) Antropologico-soggettiva: quella ineliminabile essenza mimetica dell'uomo. La pulsione a rappresentare è dentro di noi sin da bambini. Per Goethe si diventa dilettanti quando non si rinuncia all'arte una volta diventati adulti.  O sei genio o sei dilettante.  Il dilettante non crea ma segue le correnti artistiche dell'epoca. Il dilettantismo è la tendenza a seguire parametri artistici standardizzati che si danno in due grandi strategie per Goethe e Schiller:  - Sentimentalismo: il sentimento non va escluso, è un motore dell'esperienza estiva ma è l'effetto ultimo, lo stadio finale, è una conquista. Il dilettante invece concentra nel sentimento tutta l'essenza dell'arte e quindi cerca soltanto di raffigurare questo sentimento. Il pregiudizio del dilettante è quello di cercare sempre il sentimento in ogni produzione artistica.  - Virtuosismo: i dilettanti cecano artifici perché nella maggior parte dei casi non possono elevarsi al di sopra del concetto di abilità meccaniche. L'arte è solo un problema di acquisizione di competenze tecniche. Il dilettante tende a dare più importanza alla forma e nel contenuto al massimo riconosce gli elementi sentimentalisti appena visti.  Quali sono le vere caratteristiche negative del dilettante? La prima è la pretesa del dilettante di stabilire cosa sia arte e cosa non lo sia, non è una figura m arginale, è molto diffusa. La seconda è l'esibizione di contenuti patriottici mentre la terza è l'arrendersi a quello che i due autori definiscono l'applauso del momento, cioè il consenso facile mentre l'artista geniale spesso incontra l'ostilità, il rifiuto. Kassner nel 1910 scrive un saggio intitolato proprio Dilettantismo e qui in maniera feroce identifica il dilettante con il piccolo borghese. Per Kassner il piccolo borghese di inizio 900 è colui che si interessa un po' a tutto senza sapere niente, una sorta di bassa tuttologia. Egli oppone il dilettante tedesco che è quello privo di gusto e il dandy inglese che ha solo gusto, sono due eccessi. O la forma non c'è oppure è tutto e per kasher queste due opzioni producono quello che lui chiama " La falsa lirica della vita". Il dilettantismo simulando l'arte produce una idea che è una flasherete lirica della vita, un esercizio cioè di inautenticità. Baudelarie a metà 800 oppone al genio la figura offensiva della scimmia artistica, l'imitare attraverso una contraffazione che lui identifica con l'arte accademica. Baudelaria nel Salon 1846 definisce la contrapposizione tra arte e accademismo. Parla di una opera d'arte " fatta" o realizzazione oggettiva che si rifà alla tecnica tradizionale, è un livello d'arte che esiste ma che non esaurisce la portata dell'arte perché l'opera d'arte deve essere finita, realizzare qualcosa di spirituale. Ciò che rende una opera compiuta è l'immaginazione che rivela l'aspetto stupefacente delle cose. Egli riprende il 2) Per R il corretto è ciò che può venire appreso, quindi la tecnica artistica. Lo scorretto è l'errore tecnico che porta al brutto artistico.  3) Deformazione o Sfiguramento: si passa da il volgare ( meschino, debole e vile) al ripugnante alla caricatura. Si passa dall'apparenza ai comportamenti, all'ethos. Il banale è una forma del rutto, è la noia del cliché. Il luogo comune è la trivialità già nota, riconosciuta e marchiata come tale. Il luogo comune è stato anche, a suo tempo, nuove e interessante; ma nella frequenza della ripetizione è diventato abusato, ha perso ogni spirito. R vede la banalità artistica nella pittura di genere. L'ornamento vene scambiato con la poesia, il dettaglio con il contenuto dell'opera.  a) volgare  b)Il ripugnante per R è l'assurdo sensibile cioè il disgusto è la perenne confutazione del materiale.  c) la caricatura, non disgusta più, la comicità redime la bruttezza.  Altra categoria che fa parte della genesi del kitsch è il contraffatto, autentico contro il surrogato. Kant nella critica della facoltà di giudizio parla di contraffazione del genio, la prima forma è il copiar quello che fa il genio, lo scimmiottare, quindi abbiamo il rapporto tra dilettante e genio.La seconda forma è la maniera, quando non si imita l'opera in se ma si cerca di imitare l'originalità dell'opera. Quindi la maniera è il tentativo fallito di cercare di non essere una copia. L'uomo di maniera è colui che si atteggia per assumere una identità che non ha. Una originalità che si perde nell'eccentricità. La maniera è colui che recita la propria identità. Schlegel invece elabora una teoria della scorrettezza ed elenca ciò che rende un'opera di cattivo gusto: -incapacità dell'artista -incoerenza tecnica -artificio e affettazione: quando l'artistico diventa artificioso, ecco il dilettantistico che non è genio, quando non si produce arte ma la si imita.  -Eccessiva soggettività Sia K che S hanno di mira l'artista che non riesce a oltrepassare il suo stato di artista minore. Tolstoj e anche Nietzsche invece nella seconda metà dell'800 prendono come bersaglio il genio: Wagner. Questo perchè nell'ideologia artistica wagneriana loro intravedono i sintomi della decadenza del moderno, è una malattia, una decadenza.  Tolstoj: nel 1897 pubblica un pamphlet dal titolo " che cos'è l'arte?", è un libro pieno di invettiva verso l'arte ottocentesca, soprattuto la letteratura. Per lui l'arte non è la manifestazione di un'emozione per mezzo di sei esteriori, non è la produzione di ore gradevoli, e, ciò che importa, non è godimento. L'arte moderna ha creato una divisione per lui tra élite borghese e il popolo che era o ignaro o del tutto indifferente. L'arte deve essere un mezzo comunicativo che avvicina le persone. Il folklore, l'arte anonima, interpreta questa dimensione. Un'arte che ha una accezione etica più che estetica. Se l'arte non fa questo compie un'opera di Padella, di contraffazione, un'arte che sconfessa quello che dovrebbe essere; la poddelka si modula su 4 strategie: prestito e imitazione ( legate a una logica dell'artificio e sono caratteristiche oggettive dell'opera contraffatta), sensazionale e attrattiva ( sono poetiche dell'effetto e sono legate a come il fruitore partecipa all'opera).  Il prestito è la prima forma della contraffazione: è la riproposizione del cliché, cioè interpretare l'arte del passato come un'enorme arsenale da cui prendere ciò che noi riteniamo poetico.  L'imitazione è il cercare di creare un enorme calco della realtà Il sensazionale cioè quando il fruitore è colpito nei suoi sensi che sostituisce il suo senso etico con la tecnica degli effetti, stimola immediatamente la reazione del pubblico L'attrattiva interessa l'intelletto.  15/11 Tolstoj analizza l'Anello del Nibelungo di Wagner. Parliamo di opera d'arte totale, l'idea Wagneriana di sintetizzare tutte le altre arti in una sola e Tolstoj vede in ciò qualcosa di aberrante mentre Baudelaire vede il modello della sinestesia, cioè la capaci dell'artista di gestire più percezioni sensoriali. Nell'opera d'arte totale abbiamo secondo T l'idea che il sensazionale è ottenuto attraverso un'alchimia spuria dei diversi linguaggi, una bassa operazione di ibridazione di linguaggi artistici. Al contrario, per B Wagner esibisce una capacità tanto cara alla sua estetica. T descrive Wagner come un artefice di stati d'animo, ci inculca delle emozioni, non ci induce a crearle autonomamente, abbiamo un precursore del Kitsch. In ciò T vede il prestito di W (il saccheggio dell'antichità), l'imitazione ( ogni suono dve rimandare a qualcosa, ogni costume dve essere filologico ecc.., quindi c'è l'idea molto sinistra che l'arte possa sostituire la vita. È un'idea che nella storia dell'uomo ha avuto Nerone e Hitler che hanno costruito la loro tirannia come un'opera d'arte), il sensazionale ( tecnica dell'effetto, tutto deve essere stupore e tutto ciò può cadere nel noioso), l'attrattiva ( interesse intellettualistico diventa monopolio dell'espressione artistica, tutto incuriosisce: trama, personaggi ecc...). Tolstoj attraverso queste analisi, vede in Wagner l'artefice della decadenza del moderno e ha al suo fianco Nietzsche, il loro rapporto è uno dei più problematici della cultura europea moderna. N nasce come il più grande ammiratore di Wagner, è colui che permette una interpretazione inedita di grecità ma l'opera di W anche un'opera che attiva uno sguardo in avanti, non solo retrospettiva. Come l'antichità ha avuto la tragedia, la modernità, attraverso W e la nozione di dionisiaca, può avere una propria forma d'arte. Da ciò si passa al rigetto assoluto da parte di N che entra in stretto contatto con la famiglia Wagner finché non rompono la loro relazione e N evolve la sua filosofia, tanto che in una serie di scritti attacca W e crea la nozione di Wagnerismo o stile della decadenza. W non è più il grande genio che fa interpretare sia i Greci che l'arte futura, ma diventa il simbolo di una malattia. N coglie che l'ascesa della borghesia improvvisamente inizia a invecchiare, diventa sterile e polverosa, decadente. Il Wagnerismo allora è l'ideologia del conformismo, N intorno al 1880 coglie la futura dimensione della massificazione novecentesca, intravede nel Wagnerismo il conformismo di massa che dilaga. Nel 188 scrive “Il caso Wagner” in cui lo attacca, è l'emblema di una ottusità che va curata, che forse non è più curabile. Nell'arte di Wagner è mischiato ciò di cui tutti hanno bisogno, per questo ha una grande centralità, sintetizza i bisogni malati di un'epoca, è un finto farmaco caratterizzato da: - Brutalità: capacità di creare uno stupore immediato dei sensi ( incrocia Tolstoj) – Artificio – Candore: arte che facilmente si lascia andare alla consolazione sentimentalistica. Ciò è sinonimo di idiozia. È un'arte che ci intontisce o dal punto di vista dei sensi o nella nostra capacità critica perché ci gratifica facilmente. Sono i tre grandi stimolanti dell'uomo stremato, vecchio, che ha bisogno di queste dimensioni. In un altro scritto “ Nietzsche contra Wagner” anticipa l'idea del “ la massa sono sempre gli altri”, dice che a teatro si diventa popolo, gregge. Il Wagnerismo, l'atteggiamento wagnerista è questa produzione di conformismo massificato. Nell'ultima opera incompiuta di Baudelaire, scritta in Belgio ma mai finita, c'è un titolo che è.” la capitale delle scimmie” e qui Baudelaire vede nei belgi la deriva estrema di questo Wagnerismo, l'incarnazione di una modernità che ha perso il proprio baricentro critico, il Belgio non è altro che uno sforzo non riuscito verso l'eleganza, qualcosa che si vuole essere e viene rivelato agli altri il fallimento. Castello di Neuschwanstein è espressione di tutto questo che ha colonizzato in un certo modo l'immaginario del 900 visto che ritroviamo questo castello nella Disney. Qui c'è Ludvig il principe che imita Wagner che a sua volta è un'opera contraffatta e infine la Disney che attiva l'estetica del falso. Abbiamo in primo luogo, da un punto di vista mimetico, l'emergere di quello che Boudelaire aveva definito lo stile giocattolo ( il mondo che diventa un giocattolo), c'è il problematico rapporto tra modello e copia, c'è l'elemento in cui il fiabesco è ricercato a tutti i costi e, a poco a poco, la contraffazione diventa a sua volta modello. Ultimo punto della genesi del Kitsch è il VOLGARE: se nella contraffazione avevamo una inautenticità dell'oggetto artistico, nel volgare abbiamo una autenticità del soggetto. È una volgarità dello spirito, dei nostri contenuti. Anche qui dobbiamo rifarci alla cutura russa. In russo c'è una parola Poslost ( si legge poschlast), è la versione russa della banalità, Svetlana Boym ha scritto un testo in cui cerca, per chi non è russo e anche per i russi, di tradurre questa parola. Questa parola entra nel lessico estetologico grazie a Nabokov ( autore di Lolita) che dedica a metà degli anni 40 a Gogol, il grande scrittore e poi scrive una monografia in cui N coglie quello che secondo lui è il nucleo centrale dell'opera di Gogol. N intravede in lui la messa a fuoco della Poslost, per lui è una disposizione sociale e individuale che mette in scena qualcosa che non è, è una dimensione di estrema finzione. È l'accogliere in noi in maniera non critica i valori alti che però non abbiamo metabolizzato. Le opere di Gogol sono intrise di personaggi inautentici, essi vivono attraverso convenzioni di superficie e imitano la classe borghese della grande metropoli di Mosca e Pietroburgo dove si imitano i comportamenti sociali e mondani di Parigi, Londra e Berlino. C'è fFreud, ogni artista come ogni uomo, è scisso tra un principio di piacere e uno di realtà, tra il godimento e i doveri della morale. Questa dialettica tra piacere e realtà si proietta anche nella massa e quindi l'artista, anch'egli schiacciato dal principio di realtà, riesca in vita a adulta a riaccendere il piacere attraverso la fantasia e questa capacità immaginativa è quella di creare l'arte, una nuova realtà. Quindi l'arte è il luogo dove principio di piacere e di realtà non sono più conflittuali ma dialogano. L'arte riesce a esibire l'insoddisfazione che noi tutti proviamo secondo Sachs e Freud, per questo siamo attratti dall'arte. Il kitsch segue questo processo di sublimazione ma lo abbassa, cioè il kitsch ha la capacità di donarci parziali momenti di soddisfazione ma lo fa in un modo un po' meschino, non autentico. Sachs dice che il kitsch sta all'arte come il voyeurismo sta alla sessualità. L'eros dovrebbe vedere il soggetto attivo mentre il voyeurismo ha una dimensione passiva proprio come il kitsch nell'arte. È una esperienza di secondo grado. Qual è la forma d'arte moderna che restituisce questa esperienza di secondo grado per Sachs? Il cinema ( la fabbrica dei sogni). Il cinema hollywoodiano degli anni 30 crea “lo sfruttamento di fantasie da parte di coloro che non ne hanno mia avuto alcuna”. Sachs coglie nel cinema questa dimensione di secondo grado e vede come questo processo di sublimazione sia organico al capitalismo, Hollywood è una industria. Ackerknecht è l'unico autore in questo dibattito che verso il kitsch ha parole non del tutto negative. Nel 34 scrive “ Il kitsch come valore culturale di transizione”, lui è un pedagogista e coglie il kitsch come una sorta di propedeutica ai valori autentici dell'arte, può accompagnare un percorso di formazione. Il kitsch da solo non piò sussistere ma può avere questa dimensione propedeutica alla vera arte. Norbert Elias era un sociologo e nel 35 in un saggio cerca di dare un identikit culturale in senso lato al kitsch. Egli viene definito come sociologo della cultura. La frase centrale del suo saggio dice:” Lo stile kitsch è una qualità estetica molto particolare che dà forma alla grande incertezza formale che caratterizza tutta la produzione artistica nella società industriale”. Secondo Elias il kitsch è l'unico denominatore comune dell'arte moderna che è arte plurale per definizione. I temi del saggio sono: – Il problema dello stile: Simmel nel 1908 parla del problema dello stile. Egli dice che lo stile è una legge di forma universale, è qualcosa che mi fa vedere in opere d'arte diverse una radice comune. Questo s può fare guardando a una rosa stilizzata che deve presentare l'universale di tutte le rose ma anche riferito ad un singolo autore come lo stile di Botticelli che ci fa vedere ciò che è comune in tutte le sue singole opere. Qui Elias nel suo saggio riprende l'idea di Simmel di radice comune. Meyer Shapiro ha scritto un saggio intitolato “ Lo stile” in cui dice che per stile si intende la forma costante dell'arte di un individuo o un gruppo. Egli intende lo stile non solo come dimensione estetica ma anche come una dimensione che si apre a una visione etico antropologica. Per Winckelmann e Goethe lo stile della Grecia non era solo una convenzione formale ma anche il punto culminante di una concezione di vita. Lo stile quindi ci rivela il DNA di un'epoca. Elias allora ipotizza il kitsch come lo stile dell'epoca capitalistica, non è solo la sostituzione d un'opera vera con il surrogato ma è la crisi di un sistema espressivo coerente, questa è la modernità ( abbiamo a che fare con Picasso e le illustrazioni dei giornaletti di consumo che tra loro non c0entrano ma entrambi rappresentano la modernità). Il kitsch è l'unica categoria che parla di questi elementi così discordanti. Per Elias il kitsch è una sorta di ultimo rifugio per cercare qualcosa che unisce ciò che non può essere unito. Questo dà vita al morfema amorfo. – il kitsch come “ morfema amorfo”: il kitsch come una non forma che dà forma a ciò che non può essere raggruppato. Elias dice che anche tutti gli artisti moderni sono affetti dal kitsch che non è visto come un momento antagonistico rispetto all'arte ma anzi è dentro l'arte moderna. Elias intravede la poetica del post moderno in cui il kitsch è assorbito come grammatica formativa. L'800 è stato questo momenti ibrido di transizione in cui gli elementi del cattivo gusto sono entrati anche nella mente dei grandi artisti, si pensi a Tolstoj. Il 700 era ancora epoca immune per Elisa con Goethe e Voltaire che erano contestualmente integrati all'ancien regime. Per Elias gli artisti di questo sentimentalismo sono Schubert, Schumann, Balzac e Haine. Poi verso il tardo 800 e con l'affermazione dell'impressionismo si impone una divaricazione tra una estetica specialistica e il gusto della società di massa. In questa divaricazione tra i pochi eletti che capiscono l'arte e la massa che non la capisce si inserisce la diffidenza che tutti abbiamo verso i critici ( mentre per Hume il critico era il campione del gusto). Questo sentimento si radica secondo Elias a fine 800 con questa divaricazione. Il kitsch secondo Elias si colloca a metà di queste due dimensioni del gusto specialistico dell'elite e quello delle persone, della massa. È una terra di mezzo tra dibatto colto e quello incerto e poco sviluppato della massa. Il kitsch è la risposta a bisogni spirituali che sono veri attraverso forme espressive inautentiche. Per Elias il Kitsch è il sogno di evasione di una società che lavora. – dall'ancien regime al capitalismo, ossia dal gusto al kitsch – funzioni che il kitsch assolve Walter Benjamin ( si legge Beniamin): egli ha due grandi spiegazioni del kitsch. 1. nel 1935 scrive il passages di Parigi in cui attraverso una radiografia di Parigi cerca di dare una sorta di identikit del moderno, è una delle grandi opere incompiute del 900. a un certo punto fa dei commenti sul kitsch. Il primo è il kitsch come dimensione di consumo: “ non è nient'altro che arte con un pieno, assoluto e momentaneo carattere di consumo” … Dice anche:” il tentativo di imporre forme artistiche alla tecnica conduce sempre al kitsch”. La rimodulazione dell'arte nei dispositivi tecnologici è un processo complesso, difficile da gestire e quando sfugge la gestione cadiamo nel decorativismo tecnologico. 2. A metà degli anni 20 introduce questa nozione di Kitsch onirico dove ritornano i temi della psicoanalisi: - Il tema del sogno: esso non è più l'inconscio che tende all'assoluto, che trascende la realtà. Oggi, anche grazie alla psicanalisi, il sogno risiede nel quotidiano, nelle piccole cose che se viste con uno sguardo diverso ci consentono un'altra interpretazione della realtà. La traduzione di questa idea è il surrealismo. - il nesso con il Surrealismo: È il mondo che già conosciamo ma che psicologizzazato assume un'altra realtà. Il kitsch può avere anche questa funzione. Nel kitsch si può rivelare la profondità degli oggetti. Un esempio può essere dato dalla scena finale di Quarto potere, noi sappiamo che Rosebud è la piccola slitta che Kein deve abbandonare quando viene adottato, è un vissuto non detto agli altri ma è l'unica cosa che rimane dei tanti Kein che vengono raccontati. Alla fine non ci attraggono le grandi opere ma le dimensioni che credevamo rimosse ma che sono rimaste sempre li, come i libri per bambini o i giocattoli, è la nostalgia di un passato che si è dileguato. Il kitsch onirico è questa sorta di memoria che gli oggetti hanno dentro loro stessi, anche quelli più banali. Gli oggetti che attraversano il kitsch onirico, sfuggono alle logiche del mercato, non sono quantificabili economicamente e per questo n parte sono vicini all'opera d'arte. L'arte popolare possiede la capacità di rimodulare contenuti simbolici. - la sovrapponibilità con l'arte popolare Il kitsch ha delle caratteristiche oggettive , ha una sua morfologia e questa è l'idea della vulgata del kitsch cioè il kitsch è il souvenir, il nano da giardino ecc... ma non esaurisce la problematicità della categoria. C'è stato un altro dibattito tedesco in cui si è cercato di individuare delle caratteriste oggettive. Nel 1972 Baudrillard dirà che il nemico mortale del design è il kitsch. Come se fosse tutta la bruttezza che ci circonda. L'eccesso ornamentale deve essere rimosso perché a inizio 900 nel funzionalismo tedesco c'è l'idea che più una cosa è decorata e più è volgare, quindi brutta. C'è un'idea anche etica, non solo estetica. Semper è stato un architetto che nel 1851 andò a Londra per la prima esposizione universale al Cristal palace. Qui per la prima volta i prodotti dell'industria capitalistica venivano esibiti, le persone aveva cognizione della produzione industriale, nel 1852 scrisse un saggio molto critico perché aveva visto che la modernità produceva eccessi ornamentali. La forma diventa un problema non solo nell'arte ma anche nel quotidiano. Nel1907 fu fondato il funzionalismo tedesco che cercò di curare questo morbo dell'eccesso decorativo. Qui si fonda anche una idea di ambiente quotidiano, un'idea in cui la funzione domina sulla forma. Si vuole uccidere l'800 e cioè uccidere il sentimentalismo e l'eccesso decorativo. Si vogliono rimuovere gli ostacoli che impedivano che la modernità portasse a termine il proprio percorso. Il kitsch è un elemento di immaturità che riconduce a grammatiche formali metabolizzate che ci mettono a nostro agio. La modernità anche nei suoi oggetti che ci circondano cerca dia abbandonare l'imitazione esteriore dell'arte del passato perché significherebbe creare un ambiente pieno di surrogati. Nel dibattito della forma segue la funzione, emerge la forma senza ornamento. Rintrona il tema della forma. All'interno del Deutsche Werkbund c'è stata la figura di Pazaurek, direttore del museo di arti applicate di Stoccarda. 1010/12, in pieno funzionalismo, ha l'idea di dedicare un'ala del museo agli oggetti di cattivo gusto, c'è per la prima volta l'idea che se si vuole combattere la mancanza di gusto sentimenti come Emma Bovary. È impossibile fare dell'eccezione una norma. Broch dice che Wagner è il modello di quello che chiama Kitsch geniale. Il Romanticismo è questa continua scissione tra l'aspirazione all'assoluto e la prosaicità del quotidiano. È qui che nasce il DNA dell'uomo Kitsch, colui che aspira a un assoluto che la vita quotidiana gli nega. La borghesia ottocentesca sublima le proprie pulsioni nell'esaltazione della passione romanzata. Questa dimensione di pulsioni trattenute ma che restano nell'inconscio viene compensata dal kitsch, quindi si sublimano le pulsioni che nella realtà vengono negate. – Un sistema chiuso: quanto detto prima porta alla dogmatizzazione della grammatica estetica già definita, cioè l'incontro del sentimentalismo con la tecnica dell'effetto. – Nerone e Hitler : chiamare in causa Nerone significa ascrivere al kitsch una dimensione sovra storica e non solo moderna. Ogni epoca ha avuto il suo kitsch, e ogni epoca conosce il suo kitsch quando avviene la fatale sostituzione tra etica ed estetica. Secondo Broch Nerone è la sintesi assoluta del dilettante e dell'esteta ( colui che feticizza il bello, rende autonoma la bellezza rispetto alla realtà). Solo se sono un esteta senza etica posso suonare il liuto davanti a Roma che brucia. In Nerone Broch vede un elemento che c'è anche in Hitler e cioè concepire la storia come una enorme performance, pratica artistica ed estetica, cioè Nerone estende al quotidiano quella che era una eccezione nella Roma antica promuovendo la falsa libertà del consenso estetizzato ( non un vero consenso politico) e poi trasforma il dibattito pubblico in una grande arena. Per Broch Nerone promuove la falsa libertà di un consenso che non è frutto di una maturazione politica ma che si ottiene tramite effetti scenografici. E questo produce la trasformazione del dibattito pubblico in una arena e non in un confronto. La proiezione di Nerone è Hitler, incarnazione del Kitsch moderno, dove etica ed estetica si scindono. Quando una epoca perde i propri valori e si riconosce in disvalori si entra in una epoca kitsch. Hitler ha le stesse ossessioni di Nerone ( arte, purgare la storia con il fuoco) distruggono la storia per costruire il futuro estetico (?). ma hanno anche la stessa psicologia. Tutto questo innesca la domanda sull'essenza stessa dell'arte in Broch. Scrive nel 1947:” Un minio di valori etici doveva essere celato da un masismo di valori estetici, che però non erano e non potevano essere più tali, giacchè un valore estetico privo di una base etica è l'esatto contrario di se stesso, è cioè il kitsch”.nel 1945 scrive “ La morte di Virgilio”, scritto durante gli anni dell'esilio americano, in cui Broch racconta le ultime 18 ore di vita di Virgilio, racconta ( secondo la leggenda) la sua agonia e a un certo punto riporta che in punto di morte Virgilio abbia detto ai suoi amici:” bruciate l'Eneide” . Il capolavoro della cultura romana, un capolavoro incontestabile. Quando Virgilio cerca di convincere i suoi amici a bruciare l'Eneide compare l'imperatore Ottaviano Augusto che omaggia il poeta morente e si oppone al rogo del poema perché celebra l'impero e questa bellezza non può essere cancellata. Posiamo vedere Broch in Virgilio e l'imperatore come Hitler. Broch sottolinea che la bellezza non può vivere senza l'applauso, ha bisogno del consenso come la politica, la vera arte invece non cerca ciò anzi spesso incontra il rifiuto. Qui il bello è parallelo alla dimensione politica, e tutto questo allontana dal bene comune che l'arte deve perseguire. Virgilio quindi capisce che alla fine la sua vita è stata inutile, l'Eneide è stato un atto di ricerca di consensi. L'arte davanti al dolore degli altri, davanti ai problemi irrisolvibili della storia si ritrae sennò diventa kitsch nella sua arroganza di voler spiegare la realtà mascherando. Il kitsch non può che essere una supplenza della vera arte. Ernst Bloch: in un suo libro scritto nel 35 ( Eredità di questo tempo), mentre era in esilio anche lui, descrive la banalità del male e cioè la borghesia piccola che fu ammaliata e si riconobbe in Hitler. Anche lui parla dell'uomo kitsch, del kitsch interiore:” Il kitsch interiore, un ceto che vive mentendo a se stesso e mentendo agli altri, che non solo vuole il kitsch, ma in gran parte lo incarna”. In questo testo Bloch, nella seconda edizione degli anni 60, parla di un episodio simbolo per lui del 900, cioè quello che accadde il 18 luglio del 37 a Monaco di Baviera. Fu inaugurata la casa dell'arte, e in questo grande museo era riunita tutta la grande arte nazista, cioè la bellezza feticizzata ( come direbbe Broch). Poi però il ministro della cultura Goebbez (?) decise di allestire lì vicino il padiglione dell'arte degenerata delle avanguardie. Quindi si confrontarono queste due tipologie di arte. Nel 62 Bloch, nella seconda edizione, commenta questo evento. L'arte delle avanguardie è degenerata perché promuove una umanità che non deve essere promossa, il diverso, il deforme deve essere cancellato perché non soddisfa i criteri di feticizzazione del bello. A un certo punto, assorbite le critiche al kitsch di Broch, c'è una serie di autori della Scuola di Francoforte che vede nel kitsch la parodia della catarsi una falsa liberazione estetica. Se in Broch il kitsch era un elemento di crisi etica, qui diventa attore politico nelle democrazie. Il kitsch opera attraverso un imperativo: l'arte deve emozionare, se non emoziona allora c'è il brutto, anche questa è una feticizzazione. La catarsi che usa queste gabbie di retorica emotiva invece che processo di liberazione, si muta in parodia, in caricatura di se stessa e diventa un finta emancipazione, diventa atto repressivo. Tutte le categorie della poetica di Aristotele ( azione, immedesimazione, piacere nel vedere la rappresentazione, il piacere) vengono depotenziate e semplificate, sempre reiterate. Tutto questo è il modo in cui, secondo questi autori, le democrazie capitaliste e liberali privano la massa di atteggiamento critico. Già in Schiller si parlava di questi temi, Schiller nel 1793 parla del patetico in opposizione al tragico nel suo scritto “ Sul patetico”. Ad esempio il cappottino rosso in Schindler's list è una rappresentazione della tecnica dell'effetto inserito nel cinema, qui la bella rappresentazione è un processo attraverso cui la massa si immedesima in ciò che guarda. E se ci si immedesima emotivamente non c'è più distanza critica e allora alcuni autori cercano di decostruire la logica della bella rappresentazione. Tra di Essi Brecht, si basano su tre princìpi: scardinare il potere dell'immedesimazione, debellare la seduzione dell'emozione e comprendere la forza ideologica di questi processi. Bertol Brecht nei suoi scritti promuove la drammaturgia non aristotelica, al teatro aristotelico, un teatro emotivo e catartico, egli risponde con un teatro dialettico cioè epico e critico. Anche qui il bersaglio è Wagner che ha creato una sorta di iper opera aristotelica. Egli all'immedesimazione vuole rispondere con l'effetto di straniamento perché solo nella distanza vi è atteggiamento critico. Brecht ci dice che i “ sentimenti” non sono mai neutri, la gestione dei sentimenti ( anche della massa ) è potere. Adorno: protagonista della scuola di Francoforte. Egli è convinto che il kitsch sia una ideologia estetizzata, il peso dell'analisi va verso l'ideologia e non l'estetica. Nel 32 scrive un piccolo frammento dedicato alla musica e afferma:” il momento sociale gli è costitutivo in modo essenziale. Tutto il kitsch è essenzialmente ideologia”. Ideologia è un termine ripreso da Marx e cioè è il modo in cui una società si auto rappresenta, l'ideologia è la componente con cui una società interpreta se stessa e la realtà. Ciò comporta che :” il kitsch non designa semplicemente un lavoro mal indirizzato”. Anche Adorno emigra negli USA con l'avvento del nazismo, e il suo incontro con la cultura americana è uno shock che sarà sintetizzato in un famoso capitolo che si chiama l'industria culturale all'interno del suo libro intitolato La dialettica dell'illuminismo. L'industria culturale è una formula che posiamo rendere sinonimica al kitsch. L'industria culturale è quel sistema che produce dimensioni culturali ( cinema, teatro, canzoni, romanzi ecc..) che non mettono mai in discussione la realtà sociale, si omologano allo status quo e non hanno mai una tensione critica. Adorno elenca alcune caratteristiche dell'industria culturale / kitsch: – è una poetica del cliché – è l'assolutizzazione dell'imitazione – è la riproposizione del sempre uguale mascherato da idea, novelty e surprise – qualcosa che sia insieme “arcinoto e mai esistito “ ( proporre il vecchio come se fosse nuovo). Qui Adorno ha in mente cinema e popular music. – È amusement, divertimento, godimento distratto ( non interesse critico) – è apologia della società poiché “ divertirsi significa essere d'accordo” – produce la pseudo individualità come soggetto e il surrogato come opera Per esemplificare questo Adorno analizza la musica e introduce la nozione di ascoltatore emotivo che ascolta tutto nei termini del tardo romanticismo e dei prodotti da esso derivati che sono foggiati per soddisfare i bisogni dell'ascolto emotivo, essi ascoltano musica perché sia consentito loro di piangere; è una catarsi che tiene le masse in riga. 29/11 una sorta di contro movimento all'interno dei processi sociali del capitalismo. È un processo che ottiene due risultati da un punto di vista estetico: 1. Disinteresse per il contenuto, quindi l'astrattismo favorisce ciò perché in un quadro non ci sono contenuti mimetici 2. Concentrazione sul medium, sul mezzo che viene adottato ( come la pittura) L'arte modernista è un meta linguaggio, cioè un linguaggio artistico che riflette sui propri mezzi. Quindi il meta linguaggio indaga non il cosa ma il come, un'arte che si sofferma sui propri mezzi espressivi e già qui abbiamo un elemento contro il sentimentalismo del kitsch. L'avanguardia dice Greenberg, attiva un discorso operativo sull'arte, cioè il soggetto dell'arte è l'arte stessa, questo è il modernismo. La cultura di massa invece cerca nell'arte elementi che sono rinvenibili nella vita. La retroguardia racconta quello che comunemente ci commuove. Greenberg parla di alfabetizzazione universale che possiamo far coincidere con l'industria culturale di Adorno: tutto ciò che noi definiamo commerciale, che ribadisce stereotipi. Greenberg dice:” Il kitsch utilizzando come materia prima i simulacri degradati e accademizzati della vera cultura, gradisce e coltiva questa insensibilità che è la fonte stessa del suo profitto. Il kitsch è meccanico e opera scendo formule. Il kitsch è esperienza vicaria e false sensazioni, il kitsch muta a seconda dello stile, ma resta sempre lo stesso. Il kitsch è la sintesi di tutto quanto c'è di spurio nella vita del nostro tempo”. Il kitsch quindi attira l'avanguardia e la commercializza, la inserisce nei musei e nei libri di storia. Greenberg prende in esame l'arte di Repin ( si legge Riepin), esponente del realismo pittorico. Perché in generale le persone apprezzano più Repin di Picasso? Il contadino russo che guarda questi dipinti vi riconosce “ una istantanea familiarità”, si trova a casa,c'è una immediata riconoscibilità di un mondo; a differenza di Pollock o Picasso, qui c'è continuità tra arte e vita e scambia questo agio per bellezza; c'è una sintonia emotiva, c'è il fatto che il quadro racconta una storia. Ma l'arte moderna è una arte che non deve raccontare storie dice Greenberg, si deve sancire un divorzio tra arte e vita. Riepin è quello che il contadino vuole mentre i valori espressi da Picasso sono ricavati in un secondo momento come risultato della riflessione sull'impressione immediata lasciata dai valori plastici. In Picasso c'è un secondo momento necessario perché la riconoscibilità dell'immagine è venuta meno e quindi devo ricomporre colori e forme dell'immagine. La pop art è contemporaneamente riconoscibile ma allo stesso tempo c'è un secondo livello che attiva e che Greenberg non vi riconosce. Mentre il realismo proprio perché disattiva lo sforzo critico è lo stile usato dalla propaganda politica. Questa forza di immedesimazione fa si che il realismo renda il kitsch un dispositivo perfetto per la comunicazione politica istantanea. Il kitsch, dice Greenberg, è funzionale al sistema mercato e alle dittature, i totalitarismi che usano l'arte di propaganda. Greenberg aggiunge nelle ristampe una nota finale in cui chiede scusa a Repin perché ammette di non conoscere la sua arte nel momento della scrittura pur non rinnegandole dal punto di vista teorico. Il problema di Greenberg non è il realismo ma come esso scivoli in quella continuità di arte e vita che crea meccanismi distorti. Harold Rosenberg nel 58 indaga il kitsch all'interno di quella che ormai sta assumendo le caratteristiche del pop culture. Nel 57 esce una mega antologia in cui sono raccolti gli interventi sulla cultura di massa, si intitola Mass Culture. L'America quindi diventa il luogo privilegiato del dibattito. Tocqueville nel 1830 va negli USA e scrive un libro “ la democrazia in America” in cui analizza i sistemi delle istituzioni, il potere americano ma poi giunge anche ad analizzare la costruzione, la genesi della cultura di massa che ci sarò nel 900. Egli individua tre grandi generatori della cultura di massa: – Il potere dell'opinione pubblica – Luoghi comuni estetici – Industria dei beni culturali Potere dell'opinione pubblica: l'opinione pubblica divulga quello che il pubblico già conosce, non c'è conflitto. Tocqueville capisce che il riunire pochi valori culturali già confezionati intorno a degli stereotipi sempre spendibili non porta conflitto. Il mondo sociale quindi ti obbliga a pensare in una certa maniera, non ammette differenze. Luoghi comuni estetici: ricercano bellezze facili. In un mondo dominato dalla logica del profitto e dell'utile si ricerca la rappresentazione di valori spirituali attraverso l'ampollosità Industria dei beni culturali: egli non è contro all'uguaglianza ma contro l'uniformità culturale che porta a una falsa libertà delle scelte. Il luogo comune orienta questi processi. Il kitsch mensch è la proiezione novecentesca dell'americano medio. Ci si accorge lentamente che non ci sono élite e massa ma si può confluire in entrambe le dimensioni. Alloway, importante critico d'arte britannico, è stato uno dei primi a utilizzare le parole pop art, e cerca di definire la popular culture, una dimensione un po' identificabile come cultura di massa. Egli cerca di indagare e definire cosa sia, il consumo della popular culture, dice, è fondamentalmente un'esperienza sociale. Il pop è una rete di messaggi e oggetti che condividiamo con gli altri, è un'arte sui segni e sui sitemi dei segni. In questo dibattito il kitsch può avere determinate caratteristiche secondo Rosenberg: quando il kitsch si intellettualizza, ma anche opporsi fortemente al kitsch è un kitsch amplificato. Egli dice anche che il kitsch è l'arte che segue delle regole stabilite ( lo dice anche Greenberg), in una epoca in cui tutte le regole sono messe in dubbio da ogni artista. 30/11 Macdonald è stato un intellettuale americano degli anni 50-60 e aveva come bersaglio la cultura middle brow, quella media che dopo la Guerra inizia a essere comune in tutte le persone. Non c'è più distinzione di classe per via della scolarizzazione novecentesca che crea questa sorta di terreno comune e nasce un grande problema: se a maggiore accesso culturale che la scuola consente corrisponde un aumento critico dei soggetti. Egli per circa 15 anni si interroga sul Midcult, introducendo un terzo polo rispetto ai due di Greenberg. Il Midcult per lui è ad esempio la dimensione in cui Freud è definito in manualetti di psicologia, la cultura diventa spendibile. Il kitsch testimonia una falsa democratizzazione dei contenuti complessi. Macdonald dice che la cultura di massa crea degli adulti bambini e dei bambini adulti con genitori e figli che hanno gli stessi gusti. Egli non è interessato a decostruire la cultura di massa che ai suoi occhi è quello che noi oggi chiamiamo trash, ma è quella cultura che ambisce a qualcosa di più, appunto il midcult. Entrambe le dimensioni di mass cult e midcult hanno la stessa impostazione e cioè le reazioni del fruitore sono già dentro l'opera, è un'opera che non offre autonomia al fruitore. Un po' come Repin e Picasso con il secondo che ci costringe ad una seconda riflessione a differenza del primo che ci dà risposte già nell'opera. Gli elementi formali diventano il contenuto, un eccesso di informazione. Questo eccesso non può che giungere alla caricatura formale, il naturale che diventa pittoresco e quindi c'è quell'elemento di finzione che possiamo osservare ad esempio nelle ville della Florida tutte uguali che devono emanare una perenne idea di vacanza. Macdonald dice che quindi non è solo un problema di cuore ma anche di cervello. L'idea che il kitsch sia una questione di cervello gli viene suggerita da Kubrik. Chi produce il kitsch non lo fa per calcolo ma perché ci crede, il calcolo presuppone che tu sappia che questo è kitsch. L'identificazione tra produttore e fruitore del kitsch è ancora una volta Norman Rockwell che illustra il mondo nel Saturday Evening Post. Egli illustrava i piccoli sentimenti, l'etica rurale, l'aspirazione al benessere, illustra valori condivisi e pacificati. Emerge una sorta di sostrato, di fondamenta del piccolo sogno americano di provincia come esempio massimo di autore che ha lo stesso gusto del pubblico. Nasce quindi il kitsch come auto consenso, auto legittimazione. Da una parte abbiamo quindi la cultura alta del modernismo che viene depotenziata costantemente mentre la cultura bassa, il mass cult/ trash, viene o evitata ( etichettata come immondizia culturale) oppure viene ripresa attraverso una maschera che maschera la sua volgarità. Il midcult è una ibridazione in cui abbiamo da una parte il rifiuto della complessità e dall'altra il travestimento della volgarità. Macdonald vede in Hemginway un esempio di tutto ciò definendo il Vecchio e il mare una lettura facile. Altro esempio è quello del romanzo di Torton Wilde(?) in cui racconta tutti i problemi della cittadina in cui il protagonista con la pipa guarda il pubblico e porta a galla lo straniamento di Brecht che però perde la sua dinamica critica confermando l'empatia dell'opera. Il midcult possiede le qualità essenziali del masscult me le nasconde pudicamente con una foglia di fico culturale. Nel Masscult il trucco è scoperto: piacere alle folle con ogni mezzo. Ma il Midcult contiene un duplice tranello: finge di rispettare i modelli dell'alta cultura mentre in effetti li annacqua e li volgarizza. Il midcult è una logica della simulazione culturale. Macdonald dice che il trash è meno pericoloso del midcult o del kitsch perché sappiamo che il trash è tale, che è un momento che finisce lì mentre nel midcult c'è una dimensione che per molti più in là dei contenuti culturali veicolati da esso non si va. C'è il pericolo di avere il midcult come unico orizzonte culturale. A ereditare il doppio magistero di Greenberg e Macdonald e a introdurli in Italia è Umberto Eco che insieme a Gillo Dorfles è stato l'intellettuale che ha contribuito maggiormente a rendere attivo all'interno del dibattito culturale la categoria del kitsch. Eco affronta il kitsch due volte: la prima nel 1964 in Apocalittici e integrati e la seconda volta 10 anni dopo quando va negli USA come visiting professor alla San Diego university e redige ogni settimana un resoconto pubblicato su L'Espresso e raccolto due anni dopo, incluso nel libro Dalla periferia dell'impero, che ha come titolo Viaggio nell'iperrealtà. soggettività) 1964 Eco: Apocalittici e integrati 1968 Dorfles: Il kitsch. Antologia del cattivo gusto ( il kitsch è analizzato nelle sue specificità di testo letterario, cinema, religione e così via, tutti gli aspetti del quotidiano in cui il kitsch può affermarsi) 1971 Moles: Il kitsch. L'arte della felicità ( cerca di individuare le morfologie caratterizzanti del kitsch senza dare giudizi). Ci si rende conto che il kitsch ormai è una categoria culturale, esplicita una funzione sociologica di fondo, cioè la capacità di mostrarci cosa sia la società in quegli anni che è la società di massa. Ludwig Giesz ( si legge Ghis): quattro punti fondamentali del suo testo che in Italia non è stato tradotto e quindi non ha avuto molta fama. 1. Unire la fenomenologia degli oggetti a un'estetica antropologica 2. concetto di godimento del kitsch 3. sentimentalizzazione o idillizzazione delle “ situazioni limite” 4. Due esotismi: spaziale e temporale Problema principale è far comunicare l'analisi del soggetto con cosa devo dare per capire il kitsch, la fase metodologica. Il primo esito metodologico è quello di andare oltre, non osservare più il kitsch nella contrapposizione tra arte e non arte. Il kitsch non è confrontare Raffaello con il dilettante della domenica. Occorre indagare le condizioni di possibilità soggettive che rendono il kitsch possibile. Il kitsch non è una quesitone di pedagogia popolare, cioè dire alle persone se qualcosa è kitsch o meno, ma il kitsch è falsificazione dell'esistenza. È sempre stato introdotto l'inautentico parlando del kitsch ma Giesz parla di falsificazione dell'esistenza, una dimensione più globale e per giustificare questo si rifa a una serie di filosofi per parlare di universalità del kitsch. Il kitsch diventa il modo con cui noi ogni giorno veniamo a patto con noi stessi nella banalità del quotidiano. Il kitsch rivela quello che altri autori di matrice esistenzialistica hanno nominato in maniera diversa nelle loro opere. Il kitsch vuole negare o non vedere la finitezza dell'umano, la sua problematicità. Nietzsche dice Geisz aveva visto questo attraverso la retorica dei “ sentimenti scheletriti” di persone che si rifanno ad argomenti di amore e patria con ampia retorica. Kierkegaard vedeva una dimensione di negazione della disperazione e questo è kitsch. La malafede di Sartre, l'inautentico di Heidegger, La menzogna esistenziale di Jaspers. Quindi il kitsch è quella menzogna che noi attiviamo per stare al mondo. Se noi passiamo dall'oggetto al soggetto emerge il godimento come caratterizzazione dell'esperienza estetica. Il Genus ( ghenus) è il modo in cui Giesz si focalizza sul soggetto, non conta l'oggetto sia esso il capolavoro o il souvenir ma l'esperienza che ne fa il soggetto. Giesz recupera il testo di un estetologo tedesco del 1913 di Geiger: Contributi alla fenomenologia del godimento estetico. Crea una scissione tra piacere e godimento. Il godimento del bello è una sfera minore a livello quantitativo del godimento estetico e ancora minore del godimento generale. Geiger dice che si può godere anche di cose non belle mentre il godimento estetico ( riprendendo Kant) è quella distanza che si frappone tra l'io e l'oggetto, quello che Kant chiamava la contemplazione. Geiger dice che tutti i godimenti estetici sono godimenti di contemplazione. Il godimento estetico è un godimento nella contemplazione non interessata della pienezza dell'oggetto ( Geiger). Il giudizio estetico è una esperienza in cui acquisiamo interesse del nostro disinteresse ( Giesz). Il godimento estetico è sempre disinteressato e contemplativo mentre il godimento kitsch è interessato alla propria contemplazione ( mi dico che sono colto perché apprezzo Goya ad es. oppure Guardo la D'Urso e mi definisco intelligente a ritenerla trash). Il godimento generico è sempre interessato all'oggetto mentre il godimento kitsch è ibrido, sfrutta del godimento generico l'interesse ( sapore della bistecca) e sfrutta del godimento estetico la dimensione pseudo contemplativa e disinteressata. Il godimento kitsch si colloca tra la trascendenza del godimento estetico e l'immanenza del godimento in generale. Tutto ciò si mostra nel sentimentalismo, nella tendenza al lacrimevole cioè quando si emoziona della propria commozione. 1/12  Secondo Geisz la dimensione di lacrima è il depotenziare le situazioni limite che sono una formula che viene introdotta da un filosofo, maestro di Geisz, Karl Jaspers, per indicare quelle situazioni in cui la nostra coscienza, la nostra soggettività, perde il controllo, cioè quelle dimensioni che pongono in discussione la nostra essenza profonda rispetto alla vita ( amore, morte, rapporto con il divino), cioè sono tutte quelle situazioni che crea discontinuità rispetto al quotidiano. Secondo Geisz il kitsch trasforma queste situazioni in una esperienza patetica, abbellisce questa situazione e tutto questo eliminare gli elementi inquietanti della vita, secondo Geisz si formula attraverso due esotismi che definiscono la cornice del kitsch: spaziale e temporale. Entrambi vivono nell'esperienza del turismo di massa, dove tutto ciò che ci è estraneo viene ricondotto a una logica della familiarità e non ci inquieta più, l'eccessivamente ignoto e l'eccessivamente familiare si ibridano. L'esotismo spaziale: tutto ciò che l'uomo non sa gestire e spesso la natura è così, riconduce il disagio a una dimensione di rimozione, il minaccioso viene tolto ( in Heidi le alpi non sono più minacciose). L'esotismo temporale si ha quando l'antico viene ricondotto a una logica di facile esperienza quotidiana: l'Egitto a Las Vegas che diventa un hotel o borghi italiani che diventano outlet. Il souvenir è l'oggetto che racchiude questi due esotismi, si viaggia per avere dei ricordi in cui la massa non è più una categoria sociale, il kitsch non più categoria estetica ma entrambi diventano categorie umane. Alto autore che indaga questi fenomeni negli stessi anni e condivide con Geisz molte impostazioni è Gillo Dorfles, estetologo italiano che, con Eco, ha introdotto il kitsch in Italia in maniera anche problematica. Dorfles scrive " Antologia del cattivo gusto" in cui unisce la soggettività kitsch su cui Geisz aveva insistito alla classica attenzione agli oggetti, quindi una impostazione al contempo antropologica e attenta alla fenomenologia degli oggetti. Per Dorfles ad esempio non è il capolavoro in sé il problema ma gli atteggiamenti stereotipati che abbiamo di fronte ad essi. Dorfles pone il problema della non autenticità che possiamo riscontrare nell'oggetto e nel soggetto, da una parte abbiamo l'attenzione a caratteristiche morfologiche dell'oggetto kitsch e dall'altra un'attenzione a quei comportamenti soggettivi che noi abbiamo in quello che D. dice essere una esperienza kitsch. Il turismo è spesso fonte di esperienza kitsch. Nell'oggetto D. dice che abbiamo a che fare con una falsificazione intenzionale, ritorna l'elemento di una Podielka, di una dimensione di surrogato e possiamo intravederla in almeno tre tipologie: degradazione dell'opera, feticizzaione del surrogato e trasposizione di medium. Nel soggetto invece il comportamento mal funzionante del gusto si dà nell'assenza di distanza estetica, nell'assenza del disinteresse kantiano, quando si attivano dimensioni di deformazione del nostro atteggiamento verso l'oggetto del nostro gusto e il questa deformazione è manifestata dal sentimentalismo e dalla fruizione aberrante.  Degradazione dell'opera e feticizzazione del surrogato: per esempio Shakesperare che diventa la confezione del Bacio Perugina, qui abbiamo una decontestualizzazione dell'opera a fini commerciali, l'opera viene abbassata a confezione di una merce. Spesso questi sono gli unici incontri che noi facciamo con l'opera d'arte. Questa degradazione dell'opera è parallela al suo contrario, qui è l'opera che si abbassa mentre all'opposto c'è il surrogato che viene feticizzato. E' un processo complementare se non addirittura sovrapponibile: la copia che si innalza. Laddove l'unità viene concepita come riproducibile, si affaccia il kitsch. Spesso questa categoria di oggetti è quella con cui molte persone identificano il kitsch.  Trasposizione del medium: quando un'opera nata con un medium ben preciso viene trasposta in un altro medium artistico. E' un processo molto complesso dal punto di vista mimetico. Ad esempio quando un'opera letteraria diventa un film. Secondo Dorfels accade un impoverimento ineluttabile, cioè nel film " I peccati di madame Bovary" vengono presi solo gli aspetti più spinosi della vita della protagonista mentre nel romanzo hanno una collocazione più problematica, c'è una sorta di impoverimento, di semplificazione dove li elementi più spendibili vengon sfruttati. Lotte Aisner (?), una critica cinematografica, scrive sull'antologia di Dorfles che tutti i film storici o biografici hanno del kitsch. I cinema diventa il mezzo privilegiato di questa malfunzionalità di trasposizione del medium perché secondo lei il cinema si adegua meglio alla diffusine del surrogato.  Poi abbiamo la dimensione di un'autenticità della soggettività, l'assenza di distanza critica. La prima è il sentimentalismo: abbiamo l'immanenza sentimentale di ogni risposta estetica, cioè quando si pensa che gli esperienza estetica debba tradursi in un sentimento che ci coinvolge. La seconda è la fruizione aberrante, Dorfles elenca 3 modalità:  1. Idiosincrasia verso l'arte: non è solo l'odio verso le muse, coloro che non provano interesse verso l'arte ma è più una cosa simile all'ascoltatore risentito di Adorno. Cioè quando non ci più una arte specifica mentre ne apprezziamo altre. Si ha anche quando autori maturi non apprezzano autori giovani della stessa arte.  2. Disattenzione: relega il capolavoro o l'opera d'arte in una dimensione di opacità. Ad esempio se vado in un museo e sto al cellulare o se sono al supermercato e in sottofondo c'è Mozart. 
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved