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appunti completi di italiano 5 anno, Appunti di Italiano

appunti completi di italiano 5 anno liceo linguistico. da verga fino agli autori della resistenza, paradiso di dante compreso.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 02/07/2024

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Scarica appunti completi di italiano 5 anno e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Nella seconda metà dell’Ottocento i progressi tecnologici portano a una crescita economica straordinaria, si susseguono scoperte scientifiche e tecnologiche talmente importanti che questo periodo viene definito “seconda rivoluzione industriale”. In questo contesto l’Italia porta a compimento il processo di unificazione nel 1861 e inizia ad affrontare i problemi del nuovo Stato unitario, come la diffusione di una lingua comune, l’industrializzazione attraverso una politica protezionistica (che fa però aumentare il divario tra nord e sud e favorisce l’immigrazione) e una politica coloniale sul continente africano. In molte aree del meridione si sviluppano bande di briganti che, protetti dalla gente del posto, compiono rapine, ricatti, estorsioni ai danni dei nobili locali e delle forze dell’ordine. Il brigantaggio, causato da un forte malessere sociale, viene fronteggiato dall’esercito. Lo scontro si protrae per anni durante i quali le regioni del sud vengono sottoposte a un vero e proprio stato d’assedio. I parlamentari Franchetti e Sonnino dedicano un’inchiesta alla Sicilia: La Sicilia nel 1876. Questa indagine indica le cause del malessere sociale del Mezzogiorno e propone di favorire lo sviluppo agrario e di riformare il sistema fiscale. L’inchiesta denuncia inoltre lo sfruttamento dei minori e analizza il fenomeno della mafia. I governi italiani non mettono però in atto efficaci strategie operative e la questione meridionale, il profondo divario scoio- economico e culturale tra nord e sud, va aggravandosi. L’età del Positivismo Con lo sviluppo tecnico ed economico si affermano le teorie positivistiche ed evoluzionistiche, che influenzano anche le discipline storiche e letterarie. La cultura europea della seconda metà dell’Ottocento è dominata dal Positivismo, una corrente di pensiero che si inserisce nel contesto storico e sociale delle rivoluzioni industriali formulata da Claude-Henri de Saint-Simone e August Compte. È fondato sull’osservazione dei fatti e sulla verifica empirica delle teorie e pone la scienza come unica forma corretta di conoscenza. Auguste Compte è il padre del positivismo. Egli ritiene che il metodo scientifico dev’essere esteso ai più vari campi del sapere e dell’attività umana. Pone così le basi di una moderna scienza della società, la sociologia. La prospettiva culturale del positivismo è all’origine di nuove correnti letterarie che si incentrano sull’analisi della società: il realismo e il naturalismo in Francia, il verismo in Italia. Fra le teorie scientifiche elaborate, ha un ruolo centrale l’Evoluzionismo di Charles Darwin, secondo cui i diversi organismi sono regolati da una continua evoluzione che da stadi inferiori conduce a stadi superiori. Darwin sostiene la teoria, che documenta nell’opera L’origine delle specie (1859), secondo cui gli esseri viventi sono il risultato di una graduale evoluzione da poche forme di vita a una sempre più complessa diversificazione delle specie. Darwin afferma che le specie viventi sono soggette a un costante processo di adattamento dovuto a diversi fattori —> enuncia così la legge della selezione naturale, in base alla quale gli individui dotati di mutazioni più vantaggiose sopravvivono e si riproducono, mentre quelli più deboli progressivamente scompaiono —> lotta per la sopravvivenza. Realismo Corrente artistica sviluppatasi negli anni 40 dell’Ottocento in Francia con Stendhal e Balzac. Questi autori rappresentano l’intera società del periodo, dagli strati più umili a quelli più alti, e descrivono personaggi e ambienti strettamente collegati con l’epoca storica di riferimento. I canoni del realismo saranno applicati da Flaubert, il quale segnerà il passaggio al Naturalismo. Egli ritiene che lo scrittore deve affrontare la psicologia dei suoi personaggi con impersonalità e analizzare gli elementi sociali e ambientali che determinano le loro azioni. Il compito dello scrittore è descrivere ambienti, paesaggi, situazioni, senza far affiorare sentimenti personali. Naturalismo Corrente letteraria che nasce in Francia nella seconda metà dell’Ottocento. Gli scrittori naturalisti ritengono che l’arte sia l’applicazione dei criteri scientifici al comportamento umano. I personaggi degli scrittori naturalisti provengono soprattutto dal proletariato urbano, degradato dal lavoro e dall’alcol, e il romanzo ha funzione di analisi e denuncia della loro condizione evoluta. I naturalisti hanno una visione positiva e credono nella possibilità di una società evoluta. Émile Zola, teorico del movimento letterario del naturalismo francese, spiega che il naturalismo ricerca le cause del male sociale. Nel saggio Il romanzo sperimentale (1880), egli espone i principi del naturalismo. - Lo scrittore moderno deve basarsi sul criterio dell’impersonalità: deve ritrarre le situazioni in modo oggettivo, adottando il punto di vista dei personaggi e facendoli esprimere con il loro linguaggio popolare. - Viene impiegata una prosa asciutta per rappresentare con imparzialità uno spaccato di vita. - L’argomento è tratto dalla società contemporanea dell’autore: i personaggi appartengono in prevalenza alle classi sociali più povere ed emarginate. - Le azioni dei personaggi sono una conseguenza dei fattori genetici, dell’ambiente sociale da cui provengono e dal periodo storico in cui vivono. - Il narratore si limita ad esporre i fatti, raccontati in terza persona secondo il punto di vista dei personaggi. Verismo I temi principali delle novelle sono: l’amore, vissuto soprattutto come passione erotica, spesso estremo e irrazionale e destinato a sfociare nella violenza; l’interesse economico; l’esclusione sociale. Rosso Malpelo Verga prende spunto dall’inchiesta Il lavoro dei fanciulli nelle zolfatare siciliane di Franchetti e Sonnino, contenuta nel libro La Sicilia, 1876, e si ispira a un dibattito molto attuale nella società dell’epoca, quello sulle condizioni di lavoro nelle miniere e sullo sfruttamento del lavoro minorile —> si ispira a un problema sociale di attualità e si schiera dalla parte dei più deboli, dei vinti. La novella inizia con la presentazione del personaggio di Malpelo, un giovane che lavora in una cava di sabbia siciliana e che è ritenuto da tutti essere malvagio a causa dei suoi capelli rossi. Per questo motivo il giovane è malvoluto dalla sua famiglia, che si vergogna di lui, e maltrattato dai suoi compagni di lavoro. In risposta a questo Malpelo vive completamente isolato. Nel racconto si dice che lo tenevano a lavorare lì solo perché il padre era morto nella cava in seguito al crollo di una parete. Viene descritta la morte del padre, a cui Malpelo è presente. Tutti gli uomini giunti in soccorso rinunciano subito a salvarlo, giudicando l’impresa impossibile, e solo Malpelo continua a scavare inutilmente per tirarlo fuori dalle macerie. Tornato al lavoro dopo la morte del genitore, Malpelo è ancora più solitario e i compagni si accaniscono di più su di lui. Gli vengono affidati tutti i lavori più duri e pericolosi e il ragazzo sfoga la sua rabbia contro un vecchio asino. A questo punto entra in scena un altro personaggio, il giovane Ranocchio, zoppo dopo un incidente. Malpelo inizia a tormentare il ragazzo, ma in questo comportamento si cela il suo modo di essergli amico e di prepararlo per il mondo. Viene descritto anche un ritorno a casa del protagonista, che si reca dalla madre e la sorella. Le due, però, si vergognano di lui e non vedono l’ora che torni alla cava a lavorare. In questo momento viene ritrovato il cadavere del padre, evento che sconvolge moltissimo Malpelo. Il ragazzo prende i vestiti del genitore e inizia a custodirli con gelosia. La scia di morti, però, non è finita: anche l’asino che Malpelo usava picchiare viene trovato morto e il suo cadavere viene mangiato dalle bestie. Il protagonista porta Ranocchio a vedere la scena per dargli una lezione sulla vita, ma il ragazzino non vivrà mai la vita a cui Malpelo lo sta preparando: Ranocchio, infatti, si ammala e Malpelo fa appena in tempo ad andare a trovarlo prima che muoia. Nel finale Malpelo viene mandato in esplorazione in una zona pericolosa della cava e non fa più ritorno, presumibilmente morto nel labirinto dei cunicoli. La novella è narrata da un narratore popolare che racconta i fatti già narrati. Esso rappresenta la voce di tutto il popolo, un coro, il punto di vista della comunità. Ci troviamo quindi di fronte a un narratore inattendibile alle cui parole non si può credere perché non riporta la verità, ma un punto di vista distorto. L’utilizzo di questo punto di vista non comporta l’adesione dell’autore a ciò che viene detto. L’autore è completamente assente e regredisce adottando il punto di vista dei personaggi. Malpelo è un emarginato, rifiutato dalla famiglia e dai compagni di lavoro. La sua diversità si riconosce in un particolare fisico, i suoi capelli rossi in cui il popolo vede un segno di malvagità. Per Malpelo la vita si configura come un’eterna lotta per la sopravvivenza dominata dalla legge del più forte. Lo vediamo anche negli insegnamenti che dà a Ranocchio, con il quale intrattiene un rapporto ambiguo tra l’amicizia e il bullismo. Il fine è far capire a Ranocchio che la vita è una lotta in cui dominano il male e l’ingiustizia. Dalla vicenda di Ranocchio, così come dal rapporto con la famiglia, emerge un contrasto forte tra amore e violenza nel personaggio di Malpelo. La concezione della vita di Malpelo è priva di speranza. Per questo motivo egli decide di non ribellarsi contro le ingiustizie che subisce perché gli sembrano inevitabili. A volte sogna un destino diverso, ma subito ne comprende l’impossibilità e torna alla realtà. Il suo destino è quello del padre, sia nella vita che nella morte. Nel finale Malpelo si trasforma, per coloro che rimangono, in un fantasma che vaga nella cava, in una leggenda paurosa. In questo pessimismo assoluto e senza uscita, che porta Malpelo ad affermare che «se non fosse mai nato sarebbe stato meglio», vediamo lo stesso pessimismo di Verga. L’autore impone al protagonista della vicenda la propria concezione del mondo.  I Malavoglia 1881 Il primo romanzo dei cinque progettati del ciclo I Vinti. Il ciclo ha lo scopo di rappresentare le conseguenze del progresso sui diversi ceti sociali, dai più umili ai più ricchi, per i quali la ricerca del meglio riguarda esclusivamente la lotta per i bisogni materiali. Verga ritiene che il progresso, considerato globalmente, faccia sperare in una liberazione sempre più ampia dell’umanità dalla fame e dalle malattie. Se analizzato più da vicino però, si scopre che vi è una presenza vastissima di “vinti”, coloro che hanno voluto tentare di migliorare la propria condizione materiale o posizione sociale e sono rimasti travolti dalla fiumana del progresso, e quindi sono condannati al fallimento e alla sofferenza. I Malavoglia: ritrae il desiderio di un maggiore benessere in una comunità arcaica, il villaggio siciliano di pescatori di Aci Trezza, e le perturbazioni da esso provocate. Mastro-don Gesualo: il movente delle aspirazioni di progresso è l’avidità di ricchezze. Duchessa di Leyra (si arresta al primo capitolo): Isabella, figlia di Mastro-don Gesualdo, diviene duchessa in seguito al matrimonio con un nobile squattrinato. L’onorevole Scipioni (incompiuto): avrebbe dovuto ritrarre il mondo della politica e avere come protagonista l’ambizioso figlio illegittimo di Isabella. L’uomo di lusso (incompiuto): avrebbe dovuto essere la sintesi di tutti i vizi precedenti e avrebbe dovuto rappresentare l’ambiente raffinato di certi artisti dediti al lusso. Lo scrittore verista non ha più il compito di manifestare i valori e gli ideali della società, bensì si trova ai margini della società e deve osservare e testimoniare con un atteggiamento neutrale le esistenze degli sconfitti e degli emarginati. — > L’opera ha le caratteristiche sia del romanzo che quelle dello studio sociale: lo scrittore sceglie di interpretare e spiegare la realtà, facendone una ricostruzione intellettuale e scientifica. Il romanzo narra le vicende di una famiglia di pescatori, I Toscano, soprannominati I Malavoglia, che vive ad Aci Trezza. È composta da padron ‘Ntoni (il nonno), Bastianazzo (padre), la Longa (moglie di Bastianazzo), e i figli ‘Ntoni, Luca, Mena, Alessi, Lia. La famiglia possiede una casa, detta del nespolo, e una barca, chiamata con sarcasmo Provvidenza. La famiglia compra indebitandosi un carico di lupini da rivendere a Catania. Durante il viaggio verso la città però, la Provvidenza naufraga provocando la morte di Bastianazzo e la perdita dei lupini. Iniziano da qui una serie di sventure e padron ‘Ntoni per pagare il debito è costretto a vendere la casa di famiglia. ‘Ntoni, che va a cercare fortuna a Trieste, torna più povero di prima e si da al contrabbando e accoltella don Michele, che corteggia Lia. ‘Ntoni viene quindi condannato a 5 anni e Lia esce disonorata agli occhi di tutti, quindi lascia il paese e finisce per fare la prostituta a Catania. L’unico capace di riscattarsi sarà Alessi, l’ultimo dei fratelli, che ricostruirà lo spirito della famiglia riscattando la casa del nespolo e sposando Nunziata. ‘Ntoni esce dal carcere e ritorna a casa, ma si rende conto di non potervi più restare perché ha disonorato i valori della famiglia. Se ne andrà per sempre. Il romanzo è costruito attraverso molteplici punti di vista. Inoltre, comincia in medias res: il narratore mostra i personaggi in azione, senza fare in precedenza un loro ritratto, in modo che la loro fisionomia emerga dai gesti e dalle loro parole o attraverso il modo in cui sono visti e interpretati dalla collettività. Le Novelle rusticane 1881-1883 Ottiene una borsa di studio grazie alla quale riesce a proseguire la facoltà di Lettere di Bologna (che perderà per aver partecipato a una manifestazione contro il ministero della Pubblica Istruzione e sarà costretto a interrompere l’università). Sviluppa idee anarco-socialiste e partecipa a manifestazioni politiche, in seguito alle quali viene condannato a tre mesi di carcere —> esperienza che mette in crisi le sue idee e lo porta a elaborare una visione del socialismo basata sulla fratellanza e sulla solidarietà tra le classi. Riprende gli studi e ne consegue la laurea, iniziando poi a insegnare greco e latino. Vince il concorso di poesia Latina di Amsterdam (premio prestigioso che riceverà altre 12 volte). Viene nominato titolare di letteratura italiana all’università di Bologna (subentrando a Carducci) e assume sempre di più la funzione di poeta-vate. Nel 1911 (50 anni dall’Unità d’Italia) pronuncia il discorso La grande proletaria si è mossa, nel quale sostiene l’impresa coloniale in Libia come mezzo per risollevare l’Italia dall’arretratezza economica. Muore a Bologna nel 1912. Pascoli è sostanzialmente un conservatore, seguace del socialismo ma senza un impianto rivoluzionario. Esprime due valori fondamentali della cultura di fine Ottocento: il patriottismo e il culto della famiglia. Le idee e la poetica È un poeta fondamentalmente simbolista, considera la poesia superiore alla conoscenza scientifica e le affida la funzione di cogliere la corrispondenza tra i diversi aspetti della realtà e di intuire il significato profondo delle cose. In Pascoli si riflette quella crisi della scienza che caratterizza la cultura di fine secolo, segnata dall’esaurirsi del Positivismo e dell’affermarsi di tendenze spiritualistiche e idealistiche. Anche in lui insorge una sfiducia nella scienza e ritiene che al di là dei confini limitati raggiunti dall’indagine scientifica si apre l’ignoto, il mistero, l’inconoscibile —> da cui ne dedica la concezione della poesia come rivelazione dell’ignoto. Per la sua formazione culturale positivista Pascoli valorizza la realtà concreta e l’esprimerla con esattezza linguistica; egli però non crede che la scienza sia l’unica possibile forma di conoscenza e privilegia piuttosto la vista simbolica, carica di significati soggettivi e allusivi —> il poeta sa cogliere il mistero che avvolge la realtà. Pascoli è il poeta delle piccole cose, descrizioni, paesaggi naturali e contenuti umili —> simboli della realtà che si cela al di là delle apparenze sensibili. - Utilizza un lessico preciso e tecnico, ma sempre ricercato e raffinato. - Rinnova le strutture tradizionali con assonanze, onomatopee e una musicalità frantumata. - Fa corrispondere l’interpretazione varia della realtà allo sperimentalismo linguistico. Nel saggio in prosa Il fanciullino, 1897, egli descrive la sua poetica. Egli afferma che in ogni uomo si cela un fanciullino, capace di guardare con stupore e con meraviglia quanto lo circonda. Gli uomini comuni, quando diventano adulti, perdono la particolare sensibilità dell’infanzia, che invece rimane nel poeta. Pascoli sostiene che, per cogliere il reale, si deve retrocedere verso un linguaggio infantile, in cui il suono assume maggiore forza e significato. Un fanciullino è colui che vede le cose come per la prima volta, con ingenuo stupore e meraviglia, senza pregiudizi: riesce così a guardare oltre. L’atteggiamento irrazionale e intuitivo consente quindi una conoscenza profonda della realtà, permette di cogliere l’essenza segreta delle cose. —> Il poeta appare come un “veggente”, dotato di una vista più acuta di quella degli uomini comuni, colui che può spingere lo sguardo oltre alle apparenze sensibili, esplorare il mistero. Pascoli ritiene che la poesia, che lui definisce “pura”, proprio perché spontanea e disinteressata, può avere effetti di suprema utilità morale e sociale. Il poeta- fanciullo ha le caratteristiche del veggente simbolista, ma può svolgere anche il ruolo di poeta-vate. Myricae La raccolta Myricae è il risultato di vent’anni di attività di Pascoli. L’edizione definitiva, pubblicata nel 1900, contiene 156 componimenti. L’opera è divisa in 15 sezioni, ciascuna delle quali raggruppa componimenti con la stessa forma metrica. Il titolo Myricae significa “tamerici”, piante cespugliose delle regioni mediterranee—> richiama l’idea di una poesia umile, attenta ai sentimenti comuni e alle piccole cose. Una trasformazione degli oggetti in visioni poetiche, capaci di creare emozioni e di far riflettere sul significato dell’esistenza. Le liriche, per lo più brevi, sono ambientate nella campagna romagnola della natia San Mauro: descrivono con rapide immagini i fenomeni naturali e la quotidiana fatica del lavoro dei campi, a cui spesso fanno da sottofondo inquietudini e suggestioni simboliche che rimandano all’idea della morte. Usa un linguaggio poetico multiforme che mostra numerosi aspetti sperimentali e innovativi. Il poeta usa la metrica tradizionale, ma l’arricchisce con una musicalità nuova, data dalle onomatopee e dal valore simbolico dei suoni —> fonosimbolismo. Il linguaggio è analogico, la sintassi è frantumata in frasi brevi e spesso nominali (successione di semplici sostantivi), il lessico è preciso, a volte tecnico, e rompe con i termini aulici della lirica tradizionale. Non c’è una prospettiva unica, i punti di vista si moltiplicano e i particolari prevalgono sull’insieme, per comunicare solo l’angoscia dell’individuo e il mistero insolubile del mondo e dell’esistenza. La sua poetica si fonda sul significato simbolico degli oggetti e sulla frammentarietà delle immagini: offre al lettore una percezione inedita della realtà in modo tale che le cose umili acquistano imprevisti significati simbolici. I temi: - La presenza incombente della morte: l’omicidio del padre e i lutti familiari lasciano una profonda traccia nella sensibilità di pascoli e provocano in lui la convinzione che la morte incombe su tutto e che la vita è mistero e angoscia. - La natura: alla morte oppone immagini, suoni e colori rasserenanti, che però contengono un segno di morte. La contemplazione della natura produce messaggi ambivalenti, di vita e di morte. - Il “nido”: rifugio dalle minacce e dalle inquietudini della vita. Temporale Lo scenario descritto dal poeta appare come un bozzetto impressionistico. Si sente da lontano un brontolio nel cielo, l’orizzonte da una parte è rosso, al tramonto, mentre dall’altra è nero. In mezzo vi sono degli stracci di nubi chiare. Nel nero si scorge un casolare di colore bianco, il quale evoca l’ala di un gabbiano. Estremamente importanti sono le percezioni sensoriali: il componimento si apre proprio con una sensazione uditiva, il “bubbolio” prodotto dall’accostarsi del temporale. Altrettanto importanti sono le immagini visive. Particolare risalto è dato ai colori, che contribuiscono a suscitare le sensazioni, oltre che a presentare il fenomeno al lettore come se lo stesse percependo lui stesso: l’orizzonte rosseggia, il cielo è nero come la pece a monte, … All’interno della poesia si vengono a creare una rete di simboli, le corrispondenze segrete della natura, che il poeta ha il compito di decifrare e interpretare: - Il casolare su cui incombe il temporale rimanda al nido, la sua famiglia, su cui si è abbattuto il male del mondo. - L’ala rimanda a un’idea di protezione. Il riferimento è di nuovo al nido familiare. Un altro simbolo che evoca è quello del volo come liberazione dalle sofferenze di vita. - I colori hanno una valenza simbolica: il rosso e il nero evocano male e angoscia, mentre il bianco indica speranza. Figure retoriche: Resta legato al regime fascista ma viene escluso dalla politica attiva. Viene nominato principe di Montenevoso su proposta di Mussolini e trascorre l’ultima parte della sua vita a Gardone Riviera, nella villa-museo del vittoriale dove muore nel 1938. D’Annunzio sperimenta tutti i generi letterari e possibilità stilistiche molto diverse. Le Laudi 1899-1903 Il progetto è quello di compiere un’opera poetica in sette libri dedicati ciascuno al nome di una stella delle Pleiadi, ammasso stellare nella costellazione del Toro. L’opera, Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi, rimane però incompiuta (non scriverà mai gli ultimi due libri).  Alcyone È il terzo libro del ciclo delle Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi, comprende 88 composizioni distribuiti in 5 sezioni.  L’opera è il diario lirico di una vacanza estiva del poeta che va dalla primavera sulle colline del Fiesole ai primi segni dell’autunno in Versilia.  D’Annunzio celebra la bellezza della natura, la fusione panica con essa e l’energia generata dalle forze terrestri.  L’io lirico coglie i richiami segreti della natura circostante attraverso i sensi: la descrive con termini antropomorfi oppure si assimila ad essa. D’Annunzio entra in contatto diretto con gli elementi naturali, in una dimensione di metamorfosi e di panismo.  Si parla di panismo dannunziano: compie un processo di umanizzazione della natura e di naturalizzazione dell’uomo.  In Alcyone utilizza tutte le possibilità dell’espressione poetica per esprimere la molteplicità e la varietà della natura con un gusto estetizzante. Utilizza parole dal valore fonico ed evocativo che rivelano i suoni e le corrispondenze misteriose della natura. Pone attenzione al trattamento sonoro del linguaggio, che trasforma la stessa lettura in un’esperienza sensoriale.  Il lessico tende alla musicalità e utilizza un linguaggio arcaico. Le suggestioni musicali sono ottenute da giochi di rime e di consonanze, anafore, iterazioni, allitterazioni. Usa anche l’analogia per evocare nascoste corrispondenze tra oggetti, sensazioni e stati d’animo.  La sintassi é breve e spesso priva di verbi reggenti. Il ritmo rompe con la metrica tradizionale per ricercare unicamente la musicalità. Utilizza la strofa libera e il verso libero e di varia lunghezza.  La sera fiesolana La lirica è costituita da tre strofe di 14 versi di varia lunghezza intercalate da un ritornello di laudi in tre versi liberi, di cui il primo verso rima con l’ultimo della strofa precedente. Le tre strofe descrivono in tre quadri diversi i tre momenti della sera (fine del pomeriggio, sera, inizio della notte). - Prima strofa: Il poeta si rivolge alla donna amata e le descrive ciò che vede, sperando che le sue parole le giungano fresche come il fruscio delle foglie di gelso e dolci come la pioggerella primaverile. L’attenzione è rivolta alla campagna toscana contemplata dal colle del Fiesole nelle ore della sera: il paesaggio acquista riflessi argentei poco prima del sorgere della luna. La prima lauda introduce il motivo dell’acqua e sviluppa i dati visivi. - Seconda strofa: ricorda che durante la giornata ha piovuto, ed elenca tutte le piante su cui la pioggia è caduta. Nella seconda lauda continua il motivo della vegetazione, percepita attraverso le sensazioni olfattive. - Terza strofa: introduce il tema del mistero della natura, che il mormorio delle sorgenti dell’Arno e il dolce profilo delle colline sembrano comunicare all’uomo. Gli ultimi versi descrivono la fine della sera e il suo graduale dissolversi nella notte con il luccichio delle prime stelle. Gli elementi tematici della lirica sono l’umanizzazione del paesaggio (panismo d’annunziano), che appare animato da volontà e sentimento, e il valore della parola poetica che, grazie a una corrispondenza misteriosa, consente di svelare il messaggio segreto della natura. L’io del poeta si fa natura e la natura a sua volta si personifica. Lo stato d’animo dell’io lirico si rispecchia nella natura, sentita come una fraterna compagna dell’esistenza. L’uomo e la natura si intrecciano inevitabilmente in più punti, tramite l’antropomorfizzazione e la naturalizzazione. La lirica non presenta uno sviluppo logico-discorsivo, ma procede attraverso accostamenti di immagini che fluiscono con una catena ininterrotta di analogie. D’Annunzio richiama spesso la sfera tematica sacro-religiosa, tramite l’utilizzo di riprese esplicite al componimento “Cantico delle creature” di San Francesco (es. Fratelli olivi), in modo da rendere una visione della religione cattolica sotto una luce esteta. La pioggia nel pineto La lirica, pubblicata nel 1903, appartiene alla sezione centrale della raccolta Alcyone, dedicata all’estate. È composta da 4 strofe di 32 versi liberi ciascuna. L’ultimo verso di ogni strofa è costituito dal nome Ermione. Mentre passeggia nella pineta di Marina di Pisa insieme a una donna, Ermione, il poeta è sorpreso dalla pioggia. Essi si ritrovano soli e intimi nel pineto, sotto l’acqua che cade e che crea un’atmosfera surreale. La tematica dominante è quella del panismo, ovvero della completa fusione dell’uomo con la natura. Inoltre, nella lirica si intrecciano i temi della metamorfosi (i due si fondono gradualmente con lo spirito stesso del bosco) e della musicalità. Il poeta chiede alla sua compagna di fare silenzio per poter contemplare i rumori dell’acqua e della natura. La sinfonia dei suoni li conduce gradualmente in una dimensione di sogno, entro la quale avvengono i riti metamorfici: entrambi si fondono con la natura. Il lessico è semplice ma costellato di termini ricercati e di registro alto. Le rime sono libere, la parola è usata per la sua musicalità più che per il significato, e la corrispondenza parola-natura è realizzata in un accordo di suoni, di rime interne, assonanze, consonanze, allitterazioni, termini onomatopeici. Il piacere, 1889 Per la stesura del romanzo, D’Annunzio trae spunto dalla frequentazione della nobiltà romana. Il romanzo è caratterizzato da una forte spinta esteta affiancata da un marcato edonismo: il culto del bello viene esteso dall’arte all’esistenza. Il protagonista del romanzo, Andrea Sperelli, è un gentiluomo che vive nel palazzo Zuccari in piazza di Spagna a Roma, frequenta il mondo dell’alta nobiltà, fatto di feste galanti e di corse di cavalli. Egli dedica la propria vita alla bellezza, alla cultura raffinata, nella costante ricerca del piacere, e vuole “fare la propria vita come si fa un’opera d’arte”. L’arte è il valore supremo e tutti gli altri valori, compresi quelli morali, le sono subordinati. Andrea però ha una volontà debole e l’estetismo diventa in lui una forza distruttiva, che lo porta alla solitudine e alla sconfitta nel rapporto affettivo con le donne. Andrea Sperelli è un dandy, è l’alter ego di d’Annunzio, che trasferisce nel personaggio molto delle proprie passioni e aspirazioni ma anche insoddisfazioni. Il romanzo è composto da 30 capitoli ripartiti in 4 libri. Lo sviluppo non segue l’ordine cronologico degli avvenimenti narrati, ma procede per flashback e frammenti che mescolano passato e presente, anche all’interno dei singoli episodi, in modo da poter fare estese e dettagliate digressioni sull’ambiente e gli scenari in cui si muove l’aristocrazia romana elegante e corrotta; e una minuziosa indagine interiore del protagonista. Due personaggi femminili: Elena, la donna fatale, evoca Elena di Troia, la cui bellezza fu causa di terribili sciagure; Maria, la donna Angelo, richiama la purezza della vergine. Trionfo della morte 1889-1894 Rappresenta la transazione dal mito dell’esteta a quello della teoria del superuomo di Nietzsche. Non rappresenta ancora la piena realizzazione del pensiero filosofico di Nietzsche. D’Annunzio ne valorizza il rifiuto del conformismo borghese e la negazione di ogni principio egualitario. Il romanzo è formato da 24 capitoli ripartiti in 6 libri. La narrazione è in terza persona. declino della borghesia e il disagio dell’individuo schiacciato da un potere in cui non riesce a riconoscersi. —> si dà voce a una borghesia in crisi I principali interpreti sono Mann, Kafka, Musil, Hess.  Si tratta di artisti che si struggono perché vivono questa allontananza dal mondo borghese. Kafka esprime la solitudine dell’uomo, che si sente solo perché vive una realtà assurda. Con lui viene emerge la figura dell‘anti eroe, oppresso da un destino angoscioso cui non riesce a ribellarsi e vittima dell’alienazione della moderna società industriale. Rinunciano al proprio ruolo e soccombono —> inetti.  La letteratura registra un disagio esistenziale del primo novecento e prevale un senso di dolore.  Nel panorama italiano il disagio esistenziale e l’angoscia dell’uomo borghese senza più certezze vengono interpretati dai crepuscolari e dai vociani. La poesia assume un ruolo centrale. Al posto della narrativa subentrano forme di scrittura in prosa ispirate alla poesia per i temi che affrontano e per la raffinatezza stilistica e musicale, come la prosa lirica, la prosa d’arte, o la poesia in prosa. Questo sentimento di incertezza e angoscia trova spazio nella poesia e si manifesta nel movimento del Crepuscolarismo o dei cosiddetti “vociani”, in autori come Saba, Ungaretti, Montale. Crepuscolarismo I principali esponenti sono Guido Gozzano, Sergio Corazzini e Mario Moretti. Si sviluppa nei primi decenni del novecento e raggiunge la sua massima espressione nel 1911.  Elementi comuni tra i poeti: l’incapacità di dare identità e significato all’esistenza e la scelta di isolamento e auto compatimento. Emerge un’atmosfera di malinconia la quale richiama la luce morente del crepuscolo. Gli stati d’animo espressi sono la tristezza, la malattia, la noia esistenziale.  Vengono descritti ambienti e oggetti quotidiani, oggetti semplici e poveri, definiti da Gozzano “buone cose di pessimo gusto”.  La poetica è caratterizzata da lessico comune ricco di espressioni quotidiane alternato talvolta da parole più colte, ritmo lento e monotono, versi liberi e non musicali, rime imperfette lontane dall’armonia, tono prosastico. Essi non trattano temi sociali e non si assegnano un’identità definita, al contrario dichiarano di non voler essere poeti. Introducono la figura dell’antieroe e dell‘inetto, in contrapposizione al superuomo di D’Annunzio. I vociani Gruppo di poeti che prende il nome dalla rivista “La Voce” con cui collaborano. Il frammentismo lirico dei vociani rifiuta le esperienze poetiche passate.  Giuseppe Prezzolini fonda e dirige la rivista “La Voce” nei primi decenni del novecento, con un programma incentrato sul rinnovamento morale e sulla presa di coscienza politico-sociale dei letterati. Nel 1914 la redazione viene affidata a Giuseppe De Robertis che da alla rivista un’impronta letteraria ispirata alla poetica del frammento lirico.  Gli esponenti sono Rebora, esprime le lacerazioni dell’io e gli aspetti irrazionali della psiche umana attraverso un linguaggio espressionista violento, Sbarbaro, che esprime il disagio esistenziale e il dolore per l’impossibilità di trovare un senso nella vita, con un linguaggio comune e prosastico e toni discorsivi, e Campana, pone al centro delle sue liriche gli spazi infiniti, l’ansia, il viaggio come un’esigenza e aspirazione a liberarsi, introduce l’orfismo, per fornire alla parola poetica un potere rivelatore con il canto, utilizza versi liberi di varia lunghezza. Questi creano una tendenza artistica. Elementi comuni: inquietudine, centralità dell’epoca e il rifiuto dell’estetismo, autobiografismo, frammentismo, espressionismo stilistico caratterizzato da una scrittura dura e realistica Le riviste: Nel novecento offrono agli intellettuali un luogo di aggregazione e di confronto di idee e concezioni poetiche.  “La voce” fondata a Firenze nel 1908, permette agli intellettuali italiani di definire il proprio ruolo sociale, permette l’integrazione tra politica e cultura e da spazio a intellettuali di diversi orientamenti. Da voce ai problemi del tempo e fa conoscere le nuove poetiche europee del simbolismo e del decadentismo. Con la prima guerra mondiale la rivista entra in crisi, ma con De Robertis, nuovo direttore, diventa un laboratorio per le nuove esperienze poetiche e narrative.  “Lacerba” fondata a Firenze nel 1913 da due ex membri de ”La voce”. Assume un carattere artistico-letterario di appoggio all’avanguardia futurista. L’arte è inizialmente estranea ai problemi concreti. L’orientamento poi cambia e la rivista assume un carattere interventistico.  “La Ronda” fondata a Roma (19-23), aspira all’autonomia dello scrittore dalla politica. L’attenzione è rivolta alle avanguardie, in particolare il futurismo.  “Solaria” fondata a Firenze (26-36) è quella che esercita la maggiore influenza letteraria. Assume un valore di riscatto morale nei confronti della dittatura.  Questo trova espressione per quanto riguarda la poesia nel movimento del crepuscolarismo —> idea del crepuscolo, della penombra, della giornata che volge al termine. Corrente letteraria che si sviluppa principalmente in Piemonte. I letterati condividono un senso di lacerazione, malinconia, nostalgia e un desiderio di prendere le distanze dalla realtà, si tratta di un malessere però lieve. La poetica comprende oggetti semplici e poveri, che Gozzano chiama buone cose di pessimo gusto. Allude alla piccola borghesia che vorrebbe essere ma non è, il kitsch di chi non può permettersi.  Gli esponenti del crepuscolarismo sono Guido Gozzano, Palazzeschi, Govoni. Gozzano nasce a Torino nel 1883. Ha una vita molto breve, muore giovane nel 1916, di tubercolosi —> nella sua poetica c’è anche il senso della malattia, dell’ospedale. Non conclude gli studi. Studia Zola, Nietzsche, legge e conosce D’Annunzio. Collabora con la stampa, quotidiano. Gli avvenimenti biografici rilevanti per la sua produzione letteraria sono i legami tormentati con le donne e il viaggio in India fatto nella speranza di guarire dalla tubercolosi.  Il suo testo di riferimento è la raccolta I colloqui, una sorta di prosa lirica nella quale proietta se stesso, contenente le liriche più rappresentative del movimento crepuscolare. Il tono è colloquiale e volutamente semplice, il linguaggio prosastico e quotidiano. Lo stile è caratterizzato da un’ironia garbata, per alleggerire lo struggimento, la rassegnazione. Da voce al mondo piccolo borghese, che accede alle buone cose di pessimo gusto, imitazioni, perché non può permettersi le cose della nobiltà ma aveva il desiderio di emulare la nobiltà. LA SIGNORINA FELICITA OVVERO LA FELICITÀ 1909 Felicita è una giovane donna di media borghesia con cui questo avvocato (in cui Gozzano si proietta), il protagonista, ha una relazione.  Questa vive nella villa amarena, trasandata e trascurata, che ricorda gli antichi fasti di una borghesia ormai decaduta, che vorrebbe ma non può.  È un poemetto, un poema breve, ibrido tra poesia e prosa. Ha un tono prosaico ma talvolta vi è la ricerca della bella parola. Stile imperiale.  Senso del ricordo, nostalgia, malinconia. È tutto un pensare a ciò che è accaduto.  Signorina felicita—> anafora Tosti il caffè, cuci—> la donna viene ripresa in una delle azioni più prosaiche, da voce alla quotidianità. Attività domestiche semplici. D’un autunno addietro —> crepuscolarismo. Non è ancora inverno ma non è più estate. Villa amarena è ormai un edificio vetusto, triste e inabitato, con stanze vuote. Odore d’ombra e odore di passato.  La signorina felicita è quasi brutta, priva di lusinga e di piacevolezza, ma è buona. Ha gli occhi di un azzurro di stoviglia e un riso largo. —> semplificazione ostentata Inclito collegio= inteso come un maestoso insieme di persone —> ironia. (giocano a carte). Inizia a pensare alla vita che avanza, è tutto greve di malinconia: una malinconia leggera che non diventa mai uno struggimento logorante, anche attraverso l’uso dell’ironia, anche un po’ cinica. Luigi Pirandello 1867-1936 Nasce ad Agrigento nel 1867 da una ricca famiglia di orientamento politico antiborbonico. Il padre lo indirizza verso gli studi tecnici, con il progetto di introdurlo nella gestione delle miniere di zolfo di proprietà della famiglia. Mostra però una passione e attitudine per la letteratura. Dopo il diploma nel 1886, labora nell’impresa paterna ma contemporaneamente frequenta la facoltà di Legge e di Lettere all’università di Palermo e nel frattempo inizia a scrivere poesie che vengono inserite nella sua prima raccolta, Mal giocondo. Abbandona poi l’esperienza lavorativa e segue gli studi a Roma alla facoltà di Lettere. Si sposta poi in Germania dove si laurea in Filologia romanza. Torna a Roma dove Luigi Capuana lo mette in contatto con l’ambiente culturale della città. Qui inizia a scrivere romanzi, inizia a collaborare con giornali e riviste. Nel 1894, su pressione del padre, sposa la figlia di un socio di affari, Maria Antonietta Portulano, la quale dote viene investita nelle miniere della famiglia. I capitali investiti vengono poi persi nel 1903 a causa di una frana un una delle zolfare della famiglia che provocano un grave crollo nervoso alla moglie, danneggiando definitivamente il suo grave equilibrio psichico. deformazioni fisiche che ne riflettono la scissione psicologica. Quando comprende la propria condizione esistenziale, l’uomo può reagire in tre modi: passivamente, ironicamente e drammaticamente. La reazione passiva è quella dei deboli che si rassegnano alla maschera che li imprigiona, incapaci di ribellarsi. La reazione umoristica è caratteristica di chi non si rassegna, ma poiché non se ne può liberare si camuffa e mostra di accettare le convenzioni sociali solo per ridicolizzare. La reazione drammatica è quella di chi, sopraffatto dall’esasperazione, si chiude in una solitudine disperata che lo porta al suicidio o alla pazzia. L’uomo è quindi dissociato e, per il suo continuo divenire è nello stesso tempo “uno, nessuno e centomila”: è uno perché è quello che di volta in volta crede di essere; è nessuno perché, dato il suo continuo cambiamento, è incapace di fissarsi in una personalità né si riconosce nella forma che gli altri gli attribuiscono; è infine centomila perché ciascuno di quelli che lo avvicinano lo vede a proprio modo ed egli assume tante forme o apparenze quante quelle che gli vengono attribuite. La modernità di Pirandello si manifesta nell’intuizione razionalistica dell’oltre: questo approccio consiste nell’acquisire una consapevolezza critica della realtà in modo da coglierne l’assurdità. La realtà non ha più consistenza oggettiva ma diviene un gioco illusorio che si frammenta in modo diverso, in quanto ognuno di noi ha una visione soggettiva della vita e una verità individuale. Di conseguenza non c’è una verità assoluta, ma tante verità quante sono le persone —> teoria delle molteplici verità. Inoltre, il fatto che ciascun individuo sia chiuso all’interno della propria verità rende impossibile stabilire un’autentica comunicazione con gli altri, e ciò genera incomunicabilità. Ciò accresce la solitudine e l’alienazione. (Società di massa = insieme eterogeneo di individui che corrono il rischio di omologarsi, l’individualità viene schiacciata —> spersonalizzazione dell’individuo). Novelle per un anno 1957 Pirandello compone 251 racconti, raccolti in 15 volumi, sotto il titolo di Novelle per un anno, con il progetto, rimasto incompiuto, di dedicarne una a ogni giorno dell’anno. Queste rivelano l’amplissimo campionario di temi e motivi della scrittura pirandelliana e vengono distinte in tre fasi principali di composizione: - Novelle siciliane: testi scritti prima del 1908 che subiscono l’influenza del realismo e del verismo. - Novelle cittadine: i protagonisti sono personaggi dalla vita apparentemente anonima di fronte a una società che li respinge, di cui diventano vittime. Le novelle surreali: in cui si accentua il tema dell’assurdità dell’esistenza. Le novelle sono brevi: ogni volta presentano un personaggio o un particolare caso, che richiedono un’inchiesta problematica sul senso della vita. Le trame, gli esordi strani e le conclusioni sconvolgenti, mostrano con immediatezza il caos del mondo. La struttura è affidata alla casualità e a situazioni assurde che capovolgono ogni ordine cronologico. Il fu Mattia Pascal 1904 Con questa opera Pirandello anticipa la poetica dell’umorismo. I temi principali sono la contrapposizione tra apparenza e realtà, la disgregazione dell’io, il problema dell’identità personale. Nei primi due capitoli viene descritta la figura di Mattia Pascal, il protagonista del romanzo. Mattia vive a Miragno, immaginaria località di campagna nella Liguria di Ponente, con il padre, ricco proprietario, una madre affettuosa e il fratello. Alla morte del padre, i beni di famiglia sono affidati al disonesto amministratore Batta Malagna, che si impossessa dell’intero patrimonio. Mattia, per vendicarsi, seduce Romilda Pescatore, dalla quale Malagna vorrebbe un figlio, ma nel frattempo mette incinta anche Oliva, la moglie di Malagna, fino ad allora creduta sterile. Malagna riconosce il figlio, ma Mattia è costretto a nozze riparatrici con Romilda. —> la vita familiare del protagonista diventa insostenibile, perché ha una moglie non amata e una suocera insopportabile, inoltre, le sue condizioni economiche peggiorano, anche se trova lavoro presso la biblioteca Boccamazza. Diventa padre di due gemelle che però ben presto muoiono, contemporaneamente alla madre di Mattia. Per sfuggire all’oppressione decide di andare in America. Decide di recarsi al casinò di Montecarlo dove vince una grossa somma. Sulla via del ritorno legge sul giornale la notizia del ritrovamento di un cavere, che la moglie ha identificato come il suo. Decide allora di cambiare identità e costruirsi una nuova vita. —> prende il falso nome di Adriano Meis e si stabilisce in una pensione a Roma. Qui si innamora di Adriana, la figlia del proprietario Anselmo Paleari. Ben presto però la mancanza di un’identità anagrafica si rivela un problema: non può sposare Adriana e non può denunciare un furto subito. Decide quindi di simulare il suicidio di Adriano Meis e tornare ad essere Mattia Pascal. Scopre però che tutto è cambiato: la moglie si è risposata e ha avuto una figlia, il suo posto di bibliotecario è stato occupato, la gente del paese lo evita. Così, privo di un’identità, si rifugia nella vecchia biblioteca dove inizia a scrivere la storia di Mattia Pascal, del quale ogni tanto va a visitare la tomba. Il romanzo pone il problema esistenziale della ricerca di sé stessi e della propria identità e dell’irrisolvibile contrasto tra essere e apparire. Mattia è il paradosso vivente del non senso dell’esistenza: nel passaggio da un’identità all’altra, nella ricerca vana di sé stesso, perde qualsiasi certezza sul significato della vita e persino su sé stesso. Nel romanzo i fatti hanno scarso rilievo in relazione al personaggio, impegnato ad analizzare se stesso. Come Zeno Cosini, presenta un personaggio che non può fare altro che lasciarsi vivere, privo di forti passioni e dai comportamenti imprevedibili e incoerenti. Mattia Pascal vive in una condizione di estraneità rispetto alla vita, in un tempo immobile e in uno spazio morto. La narrazione comincia a vicenda conclusa e segue un percorso circolare che ricollega l’ultimo capitolo al primo. La storia è narrata dallo stesso protagonista: l’io narrante è mattia che ha già vissuto i fatti e scrive le sue paradossali memorie e racconta l’io narrato, Mattia più giovane —> il narratore- protagonista è inattendibile, sottolinea l’enigma della propria identità. Il narratore non ha più alcuna certezza e sostiene che nulla ha senso: la verità crolla, e per questo la struttura del romanzo tradizionale è inadeguata a rappresentare l’attuale condizione umana. Usa uno stile parlato e il linguaggio è fortemente espressivo. La forma è quella del soliloquio: Mattia parla tra sé e sé. Temi: - Caso = tenta la fortuna e vince. Per Pirandello, l’uomo non possiede alcuno strumento per influenzare la fortuna, che per sua natura è imprevedibile e incontrollabile. - Inettitudine = Mattia fallisce nella capacità di intervenire sugli avvenimenti. L’inettitudine del personaggio esprime lo smarrimento dell’uomo nei confronti di un mondo sempre più incomprensibile. - Il doppio e la crisi d’identità = Mattia Pascal continua a esistere nella sua mente negando un’esistenza autentica ad Adriano Meis. Ha creato solo un doppio, perdendo sé stesso. Non riesce a cancellare Mattia Pascal nemmeno con l’operazione che fa scomparire una delle sue caratteristiche fisiche più evidenti, l’occhio strabico, indizio del malessere del personaggio e della sua inclinazione a sdoppiarsi. - La vita familiare = vista come una trappola, prigione dalla quale evadere. - Progresso tecnico= considerato la causa del degrado delle città. La crisi d’identità di Mattia Pascal è strettamente collegata alla modernità, all’alienazione. Uno, nessuno e centomila 1926 Il romanzo è articolato in 8 libri, ciascuno dei quali diviso in capitoli brevi. La struttura è analoga a quella del Fu Mattia Pascal, la narrazione è condotta in forma di soliloquio dal protagonista e inizia quando i fatti sono già avvenuti. Temi: relativismo, l’incomunicabilità, la cristallizzazione delle forme, la disgregazione dell’io, la perdita dell’identità. Moscarda, il protagonista del romanzo, ha una forte volontà di liberazione dalla “forma”: si ribella all’identità sociale assegnata dagli altri e si spoglia di tutte le maschere, scoprendo il libero fluire della “vita”. Cresce in una famiglia di imprenditori, commercianti. L’impresa del padre fallisce, ha un tracollo, quindi in giovane età in modo pragmatico lascia gli studi e inizia a lavorare in banca, finché sposa livia veneziani, una cugina lontana, molto giovane, ricca, di famiglia di imprenditori di successo. Inizia a lavorare con il suocero e si dimostra un imprenditore di successo (era conosciuto come imprenditore). Avrà una vita da benestante. Morirà per un incidente stradale (possedeva una macchina, cosa rara per l’epoca). Esordisce con due romanzi, “una vita” 1892 e “senilità” 1898, che pubblica a sue spese. Però non ottengono successo, quindi per 20 anni rinuncia a scrivere. Scriverà poi la coscienza di Zeno che pubblica a proprie spese nel 1923, che fa leggere a james Joyce, suo maestro di inglese. Joyce si offre di dare visibilità al suo romanzo, che viene accolto positivamente dalla critica internazionale, inizia ad avere successo e viene pubblicato nel 1923. Anche Montale lo appoggia per quanto riguarda la pubblicazione in italia.  Il fratello della moglie aveva fatto delle sedute psicanalitiche in Austria e si appassiona alla psicanalisi di Freud: nasce il romanzo La coscienza di Zeno, non d’avanguardia ma moderno, aveva tanti elementi di novità, ad esempio il tema dell’inettitudine, è introspettivo ed è una lunga pausa riflessiva, formato da una serie di soliloqui; inattendibilità del narratore; il tempo (la scrittura segue il flusso della coscienza), è diviso per capitoli ed ogni capitolo si riferisce a un tema. La formazione di Svevo è caratterizzata da diversi contributi: Darwin, Marx, l’irrazionalismo di Nietzsche e di Schopenhauer e le teorie psicoanalitiche di Freud. La poetica Letteratura e vita sono inseparabili. Le esperienze e i sentimenti che rappresenta nelle opere sono vissuti in prima persona. Per lui la letteratura è strumento di analisi, ricerca interiore, pratica privata con funzione terapeutica: scrivere gli permette di dare valore esistenziale a valori e avvenimenti che altrimenti sarebbero destinati ad essere dimenticati. Per Svevo la letteratura offre all’uomo la possibilità di riflettere su sé stesso e di comprendere il significato della vita. Il tema che unifica i romanzi di Svevo è l’inettitudine, l’incapacità di vivere la vita. L’inetto avverte l’impulso al piacere ed è spinto ad agire da pulsioni inconsce e da istinti, ma poi si trova bloccato dall’intervento della ragione e della volontà. Nei primi due romanzi la malattia dell’inettitudine è presentata come segno di inferiorità e di sconfitta esistenziale; nella Coscienza di Zeno essa diviene invece disponibilità alla trasformazione. Al centro della ricerca dello scrittore vi è lo smascheramento delle finzioni della coscienza. Nei primi due romanzi (una vita e senilità) questo ruolo è affidato alla voce narrante, il narratore è esterno alla vicenda, entra nei pensieri più intimi dei protagonisti e ne conosce gli autoinganni. La Coscienza di Zeno è invece una confessione in prima persona sullo sfondo di una terapia psicanalitica: il confine tra menzogna e verità è incerto, Zeno si rivela un narratore inattendibile. Una vita 1892 Alfonso Nitti, si trasferisce a Trieste dove inizia a lavorare in banca, ma vorrebbe diventare scrittore. Vive in una camera in affitto presso la modesta famiglia Lanucci. È frustrato dalla squallida realtà della sua esistenza contrapposta alle sue fantasie. L’avvocato Macario lo invita a dell’e serate letterario, dove conosce la figlia del principale, Annetta, anche lei aspirante scrittrice. A lungo la corteggia e la seduce. Questa accetta di sposarlo ma dopo la prima notte d’amore, Alfonso non prova la gioia immaginata e fugge nel paese natale, con la scusa della malattia della madre. Torna in città dove subisce le conseguenze del suo allontanamento. Date le dimissioni in banca, invia ad Annetta una lettera che viene interpretata come un ricatto. Il fratello lo sfida a duello, ma poco prima dello scontro Alfonso si suicida. Alfonso Nitti è depresso sia dalla società borghese che dai propri conflitti psicologici tendenti all’autoinganno —> rappresenta la crisi sociale e individuale della società borghese. Si sente inferiore ma anche superiore e questi due complessi gli impediscono di cogliere la realtà e di avere una comunicazione autentica con gli altri. Svevo fa confluire il naturalismo e gli aspetti sociali in un romanzo psicologico, in cui prevale l’analisi delle caratteristiche del protagonista. Senilità 1898 Emilio Brentani è un impiegato triestino con ambizioni letterarie. Vive un’esistenza grigia insieme alla sorella Amalia. Anche se ha 35 anni sente i sintomi di una “senilità” precoce, una condizione di vecchiaia psicologica. Conosce Angiolina, una donna di facili costumi, e diventa suo amante. Questa diventa una passione cui Emilio non riesce a sottrarsi, nonostante i tradimenti dell’amante. Chiede allora consiglio allo scultore Stefano Balli. Emilio scopre che la sorella ama in segreto Balli. La delusione di questa passione amorosa vissuta dalla donna solo nella propria immaginazione, la porterà a drogarsi con l’etere, poi alla malattia e alla morte. Emilio allontana da sé Angiolina e, ormai solo, coltiva il ricordo di quell’amore, idealizzando Angiolina che si contrappone all’immagine della sorella. Solo così sarà possibile per Emilio affrontare il viaggio verso la vera senilità. Svevo rappresenta le condizioni dell’intellettuale piccolo-borghese, le sue frustrazioni nella nuova realtà della società di massa, attraverso l’analisi psicologica del protagonista, Emilio Brentani, di cui racconta e analizza le sconfitte, gli autoinganni, le vane giustificazioni. È psicologicamente immaturo, non sa guardare lucidamente in sé stesso, è incapace di affrontare la realtà. La coscienza di Zeno 1923 La prefazione che apre il romanzo s’immagina sia scritta dal Dottor S. Zeno Cosini, su consiglio del medico, ha trascritto alcuni avvenimenti della propria vita, allo scopo di interpretare e comprendere le ragioni di alcuni suoi comportamenti, ma poi ha interrotto la terapia psicoanalitica. Il dottore per vendetta decide di pubblicare il racconto autobiografico di Zeno senza la sua approvazione. Il dottor S avverte il lettore delle menzogne di Zeno, che narrerà di sé e della propria malattia in prima persona. Nel preambolo, Zeno in prima persona accenna al faticoso lavoro di recupero del proprio passato e alle difficoltà incontrate nel rapporto psicoanalitico. 1. Il fumo: Zeno ricorda i fallimentari tentativi per liberarsi dal vizio del fumo, rievoca i trucchi usati per continuare a fumare: si è anche fatto rinchiudere in una clinica, dalla quale poi è fuggito. 2. La morte di mio padre: segue il ricordo dell’agonia del padre, che sul letto di morte alza un braccio e compie un movimento involontario che si trasforma in uno schiaffo che colpisce Zeno, il quale lo interpreta come indirizzato a lui. Lo schiaffo lascia non risolto il conflitto con la figura paterna e condiziona la psiche del protagonista. 3. La storia del mio matrimonio: Zeno frequenta la ricca famiglia Malfenti: il signor Malfenti sostituisce la figura del padre e Zeno, rifiutato dalle prime due figlie, si accontenta di sposare Augusta, meno attraente ma che si rivelerà la moglie ideale. 4. La moglie e l’amante: Zeno intreccia una relazione con Carla. Ma per difendere la serenità della famiglia decide di chiudere questo rapporto. 5. Storia di un’associazione commerciale: Zeno lavora nell’impresa commerciale del cognato, Guido Speier. Guido, in seguito a un tracollo finanziario, si suicida, mentre Zeno riesce a salvare l’impresa e la situazione economica della famiglia. Tuttavia, continua a soffrire di disturbi psicosomatici, malattie provocate da disagi psicologici. 6. Psico-analisi: ultimo capitolo che viene scritto come un diario alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia. Decide quindi di abbandonare la terapia psicoanalitica, considerandola inutile, perché la salute è una condizione soggettiva, mentre la malattia è il riflesso di un male universale. Forse solo una purificazione cosmica (Prima guerra mondiale) sarà in grado di eliminare la debolezza e la malattia dell’umanità. La coscienza di Zeno è profondamente influenzata dalle teorie di Bergson e di Freud. Svevo vuole analizzare la propria nevrosi, sia la malattia psichica di Zeno Cosini, simbolo di una più vasta nevrosi del mondo contemporaneo. Il romanzo comincia dallo scioglimento e racconta avvenimenti continuamente interrotti da divagazioni mentali. Il protagonista scrive le proprie memorie seguendo il libero flusso dei ricordi. Alla frantumazione dell’unità psicologica del personaggio, corrispondono quindi incroci e sovrapposizioni di piani temporali, un tempo misto che non è né passato ne presente, ma una sintesi. Il tempo è L’opera è vista anche come un romanzo psicologico in versi, perché Saba racconta sé stesso, i propri sentimenti e le proprie vicende esistenziali. Saba ha una completa accettazione nei confronti della vita, ne registra la gioia e il dolore, la purezza e la corruzione.  Prevale la città di Trieste, incrocio di popoli e di culture, ricca di vita ma riservata e diffidente. La città rispecchia la contraddittorietà del poeta. Con la città il poeta ha un rapporto di attrazione e repulsione. Attraverso questa, Saba si immerge nella vita di tutti e riscopre nell’umiltà le ragioni autentiche dell’esistenza. Il dolore è sentito da Saba come personale e allo stesso tempo universale. Il poeta accomuna gli animali e gli uomini nel medesimo destino di sofferenza. Questo dolore comune apre anche a un senso di uguaglianza e di solidarietà fraterna tra gli uomini.  Saba vive un’infanzia tormentata, segnata dall’assenza del padre e da un difficile rapporto con la madre. Viene affidato a una balia, ricordata come madre lieta, allegra ed estroversa, al contrario della madre, madre desta, fredda e riservata.  La scrittura è uno strumento attraverso cui Saba cerca di manifestare e rielaborare le sue ansie e inquietudini, nel tentativo di ricavarne sollievo. Si avvicinerà poi alla psicoanalisi che gli offrirà l’occasione di affrontare temi e situazioni con un approccio psicanalitico. Nelle poesie dedicate alla figlia Linuccia invece, emerge la serenità degli affetti famigliari.  La capra La lirica è costituita da tre strofe irregolari di endecasillabi e settenari, chiusi da un quinario e liberamente rimati. Il quadro è semplice e comune, umile nel suo realismo. Il poeta si imbatte in una capra solitaria: è legata, sazia d’erba e bagnata bela sul prato. Eppure, questi poverissimi dati esprimono un altissimo significato morale ed umano. Dapprima egli risponde al belato, per gioco, successivamente nel beato sofferente della capra il poeta riconosce una consonanza con la sofferenza propria e di tutti gli esseri viventi. I temi principali della lirica sono la solitudine dell’uomo e il riconoscimento di una fraternità universale nel dolore. GIUSEPPE UNGARETTI  È il primo letterato italiano ad avere una formazione internazionale.  Nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888, da genitori di Lucca negli anni più prosperi, i genitori erano lì per ultimare il canale di Suez, si sposta poi a Parigi, dove frequenta l’università Sorbona, dove segue le lezioni di Henri Bergson, frequenta gli ambienti intellettuali dell’Avanguardia ed entra in contatto con Apollinare, a Milano, e successivamente ancora in Brasile.  Tornato in Italia all’inizio della Prima guerra mondiale, aderisce al movimento interventista capeggiato da Mussolini e, quando l’Italia entra in guerra nel maggio del 1915, si arruola come soldato semplice di fanteria e combatte. Aderisce poi al fascismo. Inizia anche un percorso di riflessione spirituale che lo avvicina alla religione cattolica. Ottiene successo internazionale, viene invitato dal governo brasiliano a insegnare letteratura italiana all’università di San Paolo. Torna in Italia dove, prese le distanze dal fascismo, ottiene la cattedra di letteratura moderna e contemporanea all’Università di Roma.  Nel 1969 viene stampata l’edizione completa della sua opera poetica Vita di un uomo, che comprende tutte le raccolte precedenti. Muore a Milano nel 1970.  Ungaretti era interventista, da una parte si sente sradicato e cerca un’identità nazionale, dall’altra parte pensa che l’esperienza individuale sia una manifestazione dell’esperienza collettiva. Davanti all’orrore sviluppa un atteggiamento di totale rifiuto alla guerra e natura la consapevolezza della precarietà umana. Nasce in lui una vera e propria solidarietà universale, condivide fraternamente il dolore del mondo travolto dalla guerra.  Ungaretti concepisce la poesia come indagine con lo scopo di raggiungere la verità della vita. La poesia è una forma di conoscenza e rivelazione e il poeta ha il compito di esprimere questi frammenti di verità, attraverso simboli. Le poesie di Ungaretti sono caratterizzate dalla frantumazione del verso libero, la sinteticità del contenuto, estrema scarnificazione della parola, questo perché non c’era tempo in trincea, doveva usare pochissime parole necessarie per esprimere le sue riflessioni. La poesia dev’essere scarna ed essenziale ed ha il compito di riportare alla luce ciò che è sepolto nell’abuso dell’inconscio. Come i simbolisti francesi, Ungaretti ritiene che la parola sia strumento di conoscenza, dev’essere essenziale ed espressiva, libera da ogni ricercatezza stilistica. D’altra parte, come l’Avanguardia espressionista, tende alla deformazione drammatica e angosciosa della realtà, esprimendo angoscia esistenziale ed esasperazione emotiva dell’io. Successivamente Ungaretti si interessa alla tradizione poetica italiana, utilizza forme metriche più regolari, ma nelle sue poesie resteranno la ricerca di un linguaggio idoneo a esprimere il mistero dell’uomo, sia la forza evocativa della parola come possibilità di comunicazione. Per questo Ungaretti influenzerà le successive esperienze poetiche del Novecento.  L’Allegria 1942 (versione definitiva) La maggior parte dei testi di questa raccolta nasce in trincea come un diario di fronte, diario di guerra, di morte, eppure colmo di slancio vitale.  La raccolta comprende 70 liriche ed è suddivisa in 5 sezioni: Ultime, contiene i testi precedenti all’esperienza della guerra; Il porto sepolto, include le 33 liriche scritte sul fronte carsico e ha come motivo centrale la ricerca della poesia; Naufragi; Girovago, scritte sul fronte francese; Prime, comprende i testi comporti successivamente alla guerra, il titolo allude a una nuova stagione poetica.  I temi della raccolta sono l’esperienza della guerra, lo stato di sospensione tra la vita e la morte, l’angoscia della morte incombente e il desiderio vitale di infinito, il bisogno di sentirsi in armonia con la natura, la scoperta di una possibile fraternità con gli altri uomini. L’allegria dei naufragi e il porto sepolto, titoli di due raccolte e due sezioni dell’allegria ma anche di due liriche. L’ossimoro della prima composizione esprime la concezione che ha Ungaretti della vita. Con “naufragi” si intendono gli eventi tragici (sia storici la guerra, che individuali, i dolori e gli insuccessi”. L’”allegria” corrisponde allo slancio vitale, alla capacità dell’uomo di superare positivamente le delusioni. Il porto sepolto indica il mistero dell’esistenza. Egli attraverso l’esperienza della guerra e della morte vuole decifrare il mistero della vita e poi offrirlo attraverso la poesia, per poter far fiorire la vita. Soldati La poesia è composta da due settenari disposti su 4 versicoli —> la frantumazione dell’esistenza si rispecchia nella frammentazione delle unità liriche. L’intero componimento si regge su un’unica metafora introdotta dal “come” ed è costruito attraverso la similitudine tra la condanna dei soldati in trincea e la fragilità delle foglie. Il verbo impersonale “Si sta” non allude a una condizione individuale, ma a quella di una massa anonima di soldati. Il poeta accosta analogicamente le foglie d’autunno alla loro precaria condizione: essi sono indifesi, lontani dagli affetti familiari e costretti a convivere con la morte. L’immagine delle foglie che cadono dal ramo evoca la caducità dell’esistenza: gli uomini sono simili a foglie che un soffio di vento può spazzare via. Veglia La lirica è costituita da due strofe irregolari di versi liberi. Ungaretti descrive l’esperienza di veglia notturna accanto a un soldato mordo. È un’esperienza tanto dura e tragica, ma al tempo stesso Ungaretti ricorda l’amore per la vita, messa a rischio dalla guerra. A far da sfondo alla scena, una luna che dall’alto guarda i corpi dei soldati inermi. Il tema è quello della guerra, in particolare la Prima guerra mondiale, di cui egli stesso fu protagonista, intesa come tragedia personale e collettiva. In trincea, sul fronte del Carso, il poeta passa tutta la notte accanto a un suo compagno morto, dal viso sfigurato e con le mani irrigidite. Egli lo descrive con la bocca digrignata, fissata in una smorfia di dolore, rivolta verso la luna, simbolo della giovinezza e della nuova vita. —> di fronte a una scena di morte a all’atrocità e all’inutilità della guerra, il poeta reagisce con un attaccamento ancora più intenso e profondo alla vita. Sentimento del tempo 1943 Raccolta che comprende i testi composti negli anni Venti, quando in Italia si afferma il fascismo. Nella poesia viene imposto un ritorno all’ordine e gli scritti recuperano i valori della tradizione.  La raccolta viene ampliata e corretta due volte dopo la prima edizione. Nel 1943 Ungaretti pubblica l’edizione definitiva, costituita da 70 liriche, suddivise È profondamente presente la sconfitta, lo “scacco”, un pessimismo attivo. Egli vede la possibilità di riscatto da dolore. Questo impegno morale spinge alla ricerca di un varco che permetta di scorgere la verità (velo di Maya), un’improvvisa rivelazione del significato della vita.  Montale riflette sui problemi esistenziali con una poetica degli oggetti, che tende a lasciar parlare le cose. Il poeta guarda oggetti e paesaggi nella loro dimensione fisica e metafisica, nel loro essere cosa è contemporaneamente emblema della condizione umana di sofferenza.  Nelle Occasioni utilizza la poesia delle cose, che rappresenta le emozioni mediante oggetti e situazioni reali. Qui il male di vivere traduce il dramma  dell’intellettuale che vive con turbamento le vicende politiche, il totalitarismo del regime fascista, e trova rifugio nella letteratura. Montale vuole condividere la percezione angosciosa della realtà e si interroga sul senso dell’esistere e del morire.  Nei suoi scritti egli fa risalire il proprio malessere esistenziale alla coscienza della perenne negatività dell’esistenza. Da questo inadattamento psicologico deriva l’allegorismo di Montale, fa una rappresentazione allegorica del mondo, volta a cogliere la disarmonia tra l’io e il mondo è a cercare un varco che liberi l’io dal suo destino di sofferenza.   La produzione di Montale attraversa varie fasi. Montale utilizza parole asciutte, che descrivono gli oggetti con esattezza, predilige un discorso colloquiale, che fonde elementi lessicali di origine letteraria con quelli del quotidiano, il ritmo è lento.  Ossi di seppia 1925, in forma definitiva nel 1928 Prima raccolta poetica di Montale, comprende 61 liriche. Il titolo contiene il programma poetico di Montale, un’immagine che manifesta l’aspirazione del poeta a un’oggettività inorganica.  La raccolta può essere vista come itinerario di formazione poetica a sfondo autobiografico ed è suddivisa in quattro sezioni: Movimenti, 13 liriche vicine alla musicalità del simbolismo; Ossi di seppia, 22 liriche che hanno come temi centrali la disarmonia tra l’uomo e la natura la legge di dolore dell’osso di seppia. Utilizza la poetica dell’oggetto e racconta i propri stati d’animo attraverso i correlativi oggetti, è una poesia secca e asciutta, come l’esistenza umana; Mediterraneo, 9 liriche in cui domina il Made che è l’elemento positivo e unificante; Meriggi e ombre, 15 liriche con la comparsa di una figura femminile che protegge l’io lirico.  I temi trattati sono il male di vivere, la vita come aridità e mancanza di certezze; la ricerca del varco; il miracolo laico che permette di vedere la verità; l’indifferenza come riparo dal dolore; l’amore attraverso l’immagine di figure femminili; il dramma dell’incomunicabilità e dello scorrere del tempo. Domina il paesaggio ligure delle Cinque Terre nella stagione estiva. Le ore del meriggio, in cui il sole brucia e abbaglia, sono quelle più ricorrenti. Domina il silenzio, o rumori inquietanti e stridenti, che evocano la condizione esistenziale di sofferenza dell’uomo. L’aridità del paesaggio richiama uno stato d’animo di disagio e, solo dal mare, giunge una speranza di salvezza. Per Montale non c’è nessuna via di fuga dall’angoscia dell’esistenza. Questa negatività esistenziale porta il poeta a sostenere che anche i momenti di gioia vissuti nel passato lasciano vuoto e solitudine.  Domina un’aspra musicalità. Alla poetica degli oggetti corrisponde un lessico quotidiano e preciso, suoni aspri e antimelodici, il tono è colloquiale e comprende momenti di sottile ironia.  Le occasioni, l’edizione definitiva pubblicata nel 1960 Il titolo richiama momenti casuali e quotidiani, illuminazioni fulminee in cui Montale coglie il significato dell’esistenza.  È suddivisa in 4 sezioni:  1 sezione, 17 liriche descrittive, con impressioni e ricordi di viaggi. C’è uno sfondo storico dell’antisemitismo e appaiono figure femminili. Donne travolte dal dolore che resistono grazie a oggetti-amuleto che le proteggono dal male e dalle disgrazie.  2 sezione, Mottetti, 20 liriche dedicate al motivo dell’amore e della donna assente, Clizia (Irma Brandeis). Le apparizioni della donna assumono un valore salvifico per il poeta. 3 sezione, costituita dal poemetto in tre parti Tempi di Bellosguardo. Tratta delle Sbarbaro e della storia e della guerra incombente, che tende a sgretolare i valori culturali.  4 sezione, 17 liriche, ripropone il paesaggio ligure, intrecciato a quello toscano, il rapporto tempo-memoria. I ricordi di momenti felici vissuti con una donna assente portano il poeta al disorientamento esistenziale e alla mancanza di certezze. La serenità si verifica essere un’attesa delusa e senza speranza.  Il linguaggio poetico è più chiuso è difficile rispetto a quello delle liriche precedenti. Il tono è colloquiale ma lo stile diviene più ricercato, la parola cela significati allegorici e la comprensione diventa complicata, la sintassi è complessa e la metrica tradizionale. La bufera e altro, 1960 La bufera rimanda alla guerra mentre e altro si riferisce agli avvenimenti successivi alla guerra.  L’opera è suddivisa in 7 sezioni: Finisterre, 15 liriche, il titolo rimanda a una località della Bretagna, che indica u l’uomo lontano, com’è lontana Clizia. Nello stesso tempo evoca la fine del mondo, in riferimento agli orrori del conflitto mondiale. Al motivo della guerra si unisce la possibilità di salvezza, rappresentata dalla donna amata; Dopo, 4 liriche, dove affronta temi legati alle vicende storiche e vicende private; Intermezzo, 1 lirica e 2 testi in prosa, oltre agli elementi di quotidianità vi sono le figure di Clizia e di Volpe, un’anti-Clizia che simboleggia la passione erotica contrapposta all’esperienza intellettuale e morale; Silvae, 11 liriche di temi vari e occasionali, Clizia è intermediaria far l’uomo e il divino e il poeta le affida la missione di messaggera di speranza per tutti gli uomini; Madrigali privati, 8 liriche dedicate a Volpe e ai motivi della passione erotica; Conclusioni provvisorie, 2 liriche che offrono una testimonianza del modello umano e civile in un mondo minacciato dalla distruzione finale.  Vi è una radicale critica negativa al mondo contemporaneo.  La struttura contiene un filo narrativo che intreccia eventi privati e avvenimenti storici. Satura 1971 Il titolo richiama la varietà di un antico piatto latino colmo di primizie da offrire agli dei, è un genere satirico-letterario, caratterizzato da un linguaggio semplice, vicino al parlato. È un diario poetico di 102 liriche divise in 4 sezioni: Xenia I, Xenia II, = doni per gli amici, Satura I, Satura II.  Montale scrive i 28 Xenia come doni memoriali per la moglie Mosca, i brevi componimenti richiamano semplici momenti di vita famigliare. Mosca è dotata di un’innata saggezza istintiva, per cui guida il poeta senza lasciarsi ingannare dalle apparenze, è timida e gracile, miope.  I limoni Nel titolo si racchiude già il senso della poesia. I limoni sono gialli, colore che emana energia, vivacità, sono mediterranei, un profumo aspro. Legame con la natura.  Poeti laureati, consacrati, di tradizione, incoronati con la corona d’alloro. Egli non vuole far parte di questi. I quali poeti laureati trattano soltanto i temi angelicati, puri, lontani dalla quotidianità. (Allegoria) Montale è il poeta degli orti, ama l’impoetico.  (È tutta un’allegoria) Io, per me, (rafforzativo) la sua poesia invece è fatta di strade che finiscono nei fossi pieni di erba, dove ci sono le pozzanghere, dove ci sono dei ragazzotti che prendono quelle poche anguille.  Continua questa descrizione di un paesaggio allegorico. Lui ama le viuzze che scendono tra i ciuffi delle canne (si parla sempre di acqua stagnante) e finiscono di nuovo negli orti, antagonisti dei giardini.  In mezzo a tutto questo ci sono gli alberi dei limoni. Le foglie sono sempre verdi anche di inverno, ricco di clorofilla, un bel verde.  Non è la strada che sale di Trieste ma qui scende.  Meglio se lo strepito degli uccelli finisce nell‘azzurro del cielo, perché a questo punto si sente di più il sussurro dei rami amici. (Sussurro di una natura in silenzio ma che comunica). In un ariaferma, potrebbe essere d’estate. E l’odore dei limoni che non sa staccarsi da terra, è fortissimo, non va via facilmente, soprattutto è legato al paesaggio ligure.  Questo profumo, che lui chiama odore, emana una dolcezza inquieta (ossimoro). In questo silenzio quasi per miracolo tace anche la guerra, non ci sono più conflitti queste passioni divertite (che si rivolgono altrove, distratte) sono distratte dal profumo dei limoni. E a questo punto anche a noi poveri, i poeti non laureati, tocca un momento di grande soddisfazione, ed è l’odore dei limoni. In questi momenti di silenzio, quando il vociare degli uccelli svanisce, si placano le passioni, e si percepisce l’odore dei limoni, sembra che le cose siano lì per dire esattamente cosa sono, a dire i suoi segreti, fanno cadere le inibizioni, si spera a quel punto di scoprire quella natura indifferente, l’anello che non tiene, sono tutti correlativi aggettivi, e finalmente sembra che si entri nella verità.  E quando il giorno languisce, sta imbrunendo, lo sguardo inizia a guardarsi intorno e cercare la verità, frugare con gli occhi, la mente indaga, mentre questo profumo dilaga. Entra un po’ nella psicologia, racconta cosa accade in questo momento di epifania. Questa primavera ferita (dalla presenza di Hitler qui a Firenze) va bene finché riesca a far morire la morte che incarna il messo infernale (Hitler). Iterazione Ricorre il termine gelo.  Guarda in cielo Clizia è il tuo destino, tu che conservi immutato il tuo amore nonostante le vicende avrebbero potuto cambiarti. Immagine di lei di una persona positiva, buona, religiosa.  Una storia di augurio. Tu che hai questo bene dentro di te, il poeta si augura che possa rimanere tale.  Forse le sirene, i rintocchi (allude alle parate), che salutano i mostri (i dittatori) durante un convegno notturno di diavoli, spiriti dannati, e si confondono con il suono delle campane di festa per Hitler, quello che liberato scende dal cielo per vincere il male. Senza le ali che hanno le falene. Allude agli sbarchi degli alleati in meridione.  Chiude positivo, con la speranza che questi campi dei mostri infernali si confondano con il suono che scende dall’alto, dove sta la donna, e che questo porti una luce.  C’è l’immagine di una parata celebrativa, la descrive con immagini visive e sonore, che diventa quasi una sorta nera. Opposto a questo panorama tenebrino c’è l’amore per Clizia, l’alba di un futuro migliore, gli affetti che ti salvano.  L’azione salvifica. Ho sceso, dandoti il braccio Fa parte di satura, è stata composta per la moglie Drusilla Tanzi, chiamata Mosca Esprime il senso di vuoto provato per la perdita della compagna.  Dandoti il braccio è un’allegoria, rimanda a un altro significato = al tuo fianco.  Milione di scale è un’iperbole ma anche allegoria, indica il percorso, gli anni trascorsi insieme. Il tempo trascorso secondo l’orologio è stato lungo ma quello vissuto breve. Adesso non ha più bisogno della quotidianità che l’ha accompagnato (i viaggi), non ha più nemmeno gli scorni. Vive tutto con minore intensità.  Ribadisce che non ha mai creduto che la realtà fosse quella tangibile. —> ricerca della verità, di un senso dell’esistenza.  Scetticismo.  Pupille= sineddoche. Era la sua guida. L’ha accompagnato nella vita ed era lei che lo guidava.  Il lessico si avvicina al parlato quotidiano. Vuoto esistenziale causato dalla scomparsa della moglie.  PIER PAOLO PASOLINI Nasce a Bologna nel 1922. Si sposta numerose volte perché il padre è ufficiale di carriera. Durante la guerra vive a Casarsa, nel Friuli, il paese natale della madre. Il fratello Guido partecipa alla Resistenza con il Patto d’Azione, viene quindi ucciso dai partigiani comunisti. Questa vicenda segna profondamente Pasolini. Si laurea in lettere a Bologna scrivendo una tesi su Pascoli. Si iscrive al Pci, comincia a insegnare alla scuola media, ma inseguito a pregiudizi legati alla sua omosessualità viene denunciato per corruzione di minori e atti osceni in luogo pubblico. Viene assolto dalle accuse ma perde comunque l’insegnamento e viene espulso dal partito comunista.  Circondato da un clima di ostilità lascia Casarsa e si sposta insieme alla madre a Roma, dove lavora come insegnante e si dedica all’attività di scrittore e giornalista.   Nel 1955 il domando Ragazzi di vita gli procura fama ma anche un processo per pornografia dove viene nuovamente assolto.  Compie numerosi viaggi. In Italia lavora come regista e collaboratore di quotidiani e riviste. Così riesce a far conoscere la sua opinione, anticonformista, in campo sia letterario che politico e sociale.  Nel 1975 viene ucciso da Pino Pelosi. Le circostanze della morte non sono mai state chiarite fino in fondo. Pasolini si dedica alla poesia e alla narrativa come al cinema e alla critica di costume.  Ragazzi di vita 1955 Pasolini contrappone le pulsioni vitali del popolo alle contraddizioni della società capitalista e alle speculazioni economiche. Ambientato nella periferia di Roma, le borgate, alla fine della seconda guerra mondiale. Racconta l’esistenza di ragazzi delle borgate, emarginati, spinti alla prepotenza, all’inganno, al cinismo. Nella lotta per la sopravvivenza sono costretti alla fame e al furto. L’ultimo capitolo è dominato dal tema della morte. Amerigo si suicida, Genesio annega nel fiume, Piattoletta brucia vivo a causa di uno scherzo. Questi ragazzi sono condannati alla violenza che spesso si ritorce contro di loro, una vita di miseria e di emarginazione.  Viene prediletto il gergo romanesco che rende la realtà delle borgate. base, ma la riconquisti con una cultura alta. La cultura media è sempre corrotta (volume Satura, 1971). ITALO CALVINO 1923-1985 Mamma sarda, laureata in scienze naturali e assistente di botanica all’università di Pavia. Nasce a Cuba, dove il padre lavorava come agronomo in una stazione botanica sperimentale. Sarà sempre legato a San Remo. Nel corso della vita viaggerà moltissimo anche in luoghi esotici.  La sua conoscenza è profondamente intrisa di cultura scientifica. I suoi genitori erano scienziati e la mamma fu la prima donna ad ottenere una cattedra di botanica. Il papa era un agronomo di fama internazionale. (Terra, piante). Proprio per questo il padre viene chiamato a Cuba dove nasce Calvino ma rientrano subito in italia, a San Remo, nel 25.  Riceve una educazione laica, scientifica, razionalistica. Ha un rapporto con la natura strettissimo. Frequenta il liceo classico e poi si iscrive all’università di botanica a Torino. Nel 43 però in Italia viene istituita la repubblica di salo, con iscrizione obbligatoria. Egli rifiuta e si iscrive al partito comunista, partecipa alla lotta partigiana, nelle brigate di garibaldi. Entra nelle file del partito e partecipa alla Resistenza.  Nel frattempo, comprende il suo talento letterario e si iscrive poi alla facoltà di lettere di Torino dove si laurea in letteratura inglese.  Prende le distanze dal partito comunista nel 56 a causa della denuncia dei crimini di Stalin e della repressione sovietica degli ungheresi con i carri armati, pur rimanendo sempre un uomo di sinistra.  Abbandona la milizia diretta ma mantiene l’interesse per la dimensione sociale della letteratura.  Esordisce nella narrativa con il romanzo breve neorealista Il sentiero dei nidi di ragno, sostenuto da Pavese e da Natalia Ginzburg. Viene pubblicato dalla casa editrice Einaudi nel 1947, dove lavorerà per un periodo. Il romanzo è incentrato sull’esperienza della lotta partigiana, narra la resistenza attraverso lo sguardo di un ragazzino che trasfigura gli eventi in prospettiva fiabesca. Calvino vuole dare un significato esistenziale all’esperienza della Resistenza. Inizia a viaggiare, è un conoscitore del mondo. Sposa a L’Avana Esther Judith Singer, traduttrice presso organismi internazionali, da cui ha una figlia, Abigail.  Si stabilisce poi a Parigi. Ma anche a New York, Spagna, Argentina. Raggiunge anche l’Iran, che si chiamava all’epoca Persia.  In Italia collabora con il corriere e la repubblica, fondata da poco da Scalfari, suo compagno di banco al liceo.  Muore a causa di un ictus a Siena.  Lui dice che è l’incrocio di due razze taciturne (origini). È un uomo estremamente ironico. Vuole evitare della retorica. Reinventa in modo avventuroso è un po’ fantastico.  Esordisce con una testimonianza, esordio neorealista, il sentiero dei nidi di ragno. Seguono poi il visconte dimezzato, il barone rampante, negli anni 50, Marcovaldo 63, 20 racconti centrati sulla sua figura e sulla sua famiglia, anche qua viene visto tutto dagli occhi di questo ragazzo è tramite una vena tragicomica, città invisibili. Critica la società del benessere. Società industriale delle prime aziende.  Sempre con distacco ironico, talvolta comico.  La sua produzione narrativa presenta due componenti fondamentali: la razionalità scientifica, la tensione fantastica. Fa interagite il razionalismo con il gusto per l’evasione nel fiabesco, trovando un punto di incontro tra queste due prospettive nell’atteggiamento di distacco dalle vicende e dai personaggi descritti.  La razionalità si riflette anche sullo stile dell’autore, nella ricerca di essenzialità e semplicità espressiva.  Calvino indaga le contraddizioni della società contemporanea partendo da una concezione sociale e pedagogica del lavoro di scrittore.  Il suo obiettivo è trovare risposte laiche e razionali alla negatività del presente, per questo conduce una costante ricerca conoscitiva sulla condizione umana.  A partire dagli anni 50 si allontana dal realismo e analizza la nuova realtà industriale e le profonde trasformazioni della società italiana. Tratta temi come la condizione alienata dell’uomo contemporaneo, la lotta per la sopravvivenza nella realtà complessa di una città industriale e di una organizzazione sociale che tende a schiacciare i più deboli. Compie una descrizione freddamente oggettiva della realtà.  Entra poi in contatto con la cultura francese e si avvicina alle discipline scientifiche. Impiega in letteratura i metodi e i linguaggi della scienza e spiega in chiave fantascientifica la natura è l’universo. Il sentiero dei nidi di ragno 1947 Cate, una giovane amata in passato e madre di Dino, del quale forse Corrado è il padre. La donna fa parte di un gruppo di partigiani e Corrado, anche se antifascista, non riesce a farsi coinvolgere nelle loro azioni. Cate e i suoi compagni vengono catturati, Dino va quindi in cerca dei partigiani e Corrado torna nel suo paese nelle Langhe. Durante il viaggio scopre gli orrori della guerra e comprende che la guerra non si può ignorare, a chi scampa alla morte resta la vergogna di essere vivo.  La luna e i falò 1950 Pavese, adulto, rivive i sentimenti, i luoghi, i personaggi della giovinezza, ed esprime la solitudine dell’intellettuale.  Il romanzo fonde il Realismo, che si esprime negli eventi storici (la Resistenza, i soldati trovati morti nelle campagne), con il simbolismo mitizzante, che si risolve nell’ispirazione del protagonista a ritrovare l’armonia del mondo infantile, nella ricerca delle proprie radici e della propria autenticità attraverso il ritorno al paese natio. Il romanzo si incentra sul tema del ritorno. Ritornato al paese, il protagonista Anguilla si rende conto che quei luoghi non sono più quelli di un tempo, la guerra ha lasciato tracce su tutto. Di fronte al vuoto del presente si mostra la luna, simbolo del ciclico ripetersi della natura e testimone dimuna vita spesso segnata dalla violenza. La vicenda si chiude con la rievocazione della morte di Santa, che Anguilla ha lasciato bambina, fucilata dai partigiani come spia e poi bruciata, e con nuovi falò, che bruciano per fecondare la terra e far nascere dalla cenere l’erba nuova. Il romanzo si apre con la narrazione da parte del protagonista Anguilla di ritorno nei luoghi della giovinezza, dopo aver fatto fortuna in America, dove visse 20 anni. M tutto è cambiato. È un vecchio compagno Nuto, diventato un uomo con un carattere solido e positivo, a raccontagli i cambiamenti e a rievocare fatti e riti di un passato lontano, come i falò che illuminavano le colline. Beppe Fenoglio. Nasce 1922 ad Alba, Piemonte. Si iscrive alla facoltà di lettere a Torino ma non si laurea. Nel 1944 si unisce alla resistenza. Dopo la guerra vive con moglie e figlia lontano dagli ambienti editoriali e politici, continuando la composizione delle sue opere e le traduzioni dall’inglese, alternando il lavoro di corrispondente estero. Muore a Torino nel 1963. Nelle sue opere prevalgono i temi del mondo contadino delle Langhe e la resistenza, entrambi connotati da una concezione drammatica della vita. L’intera opera di Fenoglio è un’analisi della violenza che incombe sul destino degli uomini e domina i rapporti umani.  Una questione privata 1963 Racconta la fine di un amore che si intreccia con la tragedia della guerra. Milton, studente universitario, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, si aggrega alla formazione partigiana che opera sulle colline di Alba. Durante una ricognizione, si ritrova nella villa in cui ha frequentato e amato Fulvia, una ricca ragazza torinese che trascorreva lì le vacanze estive. Viene a sapere che negli ultimi tempi, Fulvia aveva frequentato Giorgio Clerici, un suo amico. Il protagonista è tormentato dal dubbio che Fulvia abbia avuto una relazione con il suo amico, quindi parte alla ricerca di Giorgio, anch’egli impegnato nella lotta partigiana. Giorgio è stato fatto prigioniero dai fascisti, allora Milton tenta invano di ottenere il rilascio mediante uno scambio con un fascista da lui catturato. Dopo aver ucciso il suo prigioniero, continua nella sua indagine, finché finisce in un rastrellamento dei fascisti, dai quali viene ferito a morte. Fenoglio evita un lessico quotidiano e colloquiale mentre ricerca una forma dolente. Mescola termini letterari e dialettali delle Langhe, forma neologismi, inserisce termini o frasi in lingua inglese.  MORAVIA 1907-1990 Nasce nel 1907 a Roma. Si ammala di una grave forma di tubercolosi ossea, che lo costringe a interrompere gli studi. Costretto all’immobilità si dedica alla lettura e alla successiva stesura del romanzo Gli indifferenti. 1941 si sposa con Elsa Morante, da cui si separa nel1962. Convive poi con la scrittrice Dacia Maraini, infine sposerà la giornalista spagnola Carmen Llera solo alla morte di Morante. È stato anzitutto un romanziere, ma la sua produzione comprende anche testi teatrali, saggi, reportage all’estero. Si pone nei confronti del mondo con realismo critico e individua nella noia e nell’indifferenza i mali profondi della borghesia contemporanea. Il suo è un realismo esistenziale, che indaga il carattere assurdo e contraddittorio del reale e i meccanismi psicologici della noia e dell’alienazione. La tecnica narrativa di Moravia è fondata sulla registrazione dei fatti e sulla descrizione dei meccanismi della vita quotidiana. Utilizza un linguaggio preciso ed essenziale, privo di ricercatezze formali. Gli indifferenti 1929 Rappresenta il vuoto morale e il cinismo della borghesia nei primi anni del regime fascista. Affronta anche temi esistenziali della crisi dell’io e della solitudine dell’uomo. Mette a nudo l’ipocrisia della società borghese. Esalta una borghesia decaduta. Ambientato nell’epoca fascista, una fase ancora di ordine. NSi lasciano vivere, sono inetti. I valori tradizionali si sgretolano. Punta il dito contro la borghesia vuota, che subisce il fascismo. Aveva destato un certo scandalo: la borghesia viene denudata della sua vanità e descritta in tutto il suo squallore morale. Questo proprio anche nei confronti della dittatura. La vedova Maria grazia e due figli ventenni, Carla e Michele, vivono a Roma in un’elegante Villa, ma la loro ricchezza è in declino, anche per le manovre dell’arrivista Leo Merumeci, amante di Maria grazia, con il quale è pesantemente indebitata. Come garanzia gli cede un’ipoteca sulla Villa. Egli rivolge le attenzioni alla figlia Carla, che per noia di lascia sedurre. Michele avverte la degradazione in cui è precipitata la sua famiglia ma, vittima dell’indifferenza e di un superficiale egocentrismo, non riesce a intervenire. Decide di intervenire e uccidere Leo ma fallisce: dimentica di caricare la pistola. La storia si chiude con amara ironia, senza che niente sia mutato: Leo sposa Carla, che non lo ama, Michele e Maria grazia si rassegnano a vivere un’indifferente normalità.  ELSA MORANTE L’isola di Arturo Romanzo di formazione, vede la formazione di questo ragazzo. Ambientato nell’isola di Procida. Tema dell’ipocrisia. Il padre omosessuale lo nasconde sempre. Un altro tema è quello del viaggio, quelli che fa il padre (che poi si scopre vada solo a Napoli dall’amante) viaggi sognati da questo ragazzino. Tema dell’infatuazione, scoperta, la rabbia. Un altro tema è quello della religiosità bigotta. Rapporto mancato dei genitori, la mamma manca: cresce da solo, la sua unica figura di riferimento affettava è Silvestro. Tema della gelosia, incapacità di amare, e incapacità di comprendere il mondo femminile.  Vince il premio strega proprio con l’isola di Arturo che esce nel 1957. La storia Ambientata a Roma durante l’occupazione tedesca, durante la Seconda guerra mondiale e l’immediato dopoguerra. L’intento dell’autrice è di raccontare la storia della gente umile e semplice, in contrapposizione alla Storia, fatta di conquiste, soprusi e devastazioni. Morante ricostruisce l’intreccio storico e vi inserisce fatti e personaggi di invenzione, con lo scopo di evidenziare il drammatico conflitto tra i potenti che determinano il corso della storia, e gli umili che la subiscono. La sua visione è assolutamente pessimistica. La protagonista, Ida Ramundo, una maestra di origine ebrea è il simbolo della vittima, sopraffatta e perdente in quanto ebrea, lo è anche come donna (rimasta vedova con un figlio, Nino, violentata da un soldato tedesco), e come madre (sia Useppe, figlio dello stupro, sia Nino muoiono prematuramente). Si chiama la storia perché c’è una Storia che è quella ufficiale, e poi c’è quella delle masse semplici, di Ida, degli umili, delle borgate romane. Sceglie un narratore onnisciente, un linguaggio accessibile.  CARLO LEVI 1902-1975 Nasce a Torino da una famiglia borghese di origine ebraica. I suoi interessi si volgono verso la scrittura e soprattutto la pittura. Aderisce al movimento antifascista Giustizia e Libertà, per cui sarà arrestato, con l’accusa di sospetta attività antifascista e successivamente condannato al confino in un paese Lucano, Basilicata, esperienza che racconterà nel romanzo Cristo si è fermato a Eboli.  Cristo si è fermato a Eboli 1945 Ambientato nel periodo fascista. Viene narrata l’esperienza del confino. Sulla base di questa esperienza analizza la società rurale lucana, chiusa un una
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