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LINGUA E LETTERATURE ISPANOAMERICANE I - APPUNTI COMPLETI- (Angela Di Matteo), Dispense di Letteratura Ispanoamericana

All'interno di questa dispensa viene affrontato il programma 2022/2023 del corso Lingue e Letterature Ispanoamericane I ( Angela Di Matteo) di Uni Roma3. All'interno non solo troverete appunti presi durante TUTTE le lezioni ma anche analisi di ogni singolo libro trattato all'interno del corso. Sono presenti moltissime immagini e foto di alcune dispense da studiare separatamente per l'esame finale. Oltretutto, se all'interno della dispensa viene fatto qualche riferimento a un pezzo del testo analizzato, negli appunti viene riportato insieme alla sua spiegazione. Spero vi siano utili, e se li avete reputati ottimi o buoni appunti, vi chiedo per favore di lasciare qualche commento e recensione.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 08/07/2023

Shadoafter25
Shadoafter25 🇮🇹

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Scarica LINGUA E LETTERATURE ISPANOAMERICANE I - APPUNTI COMPLETI- (Angela Di Matteo) e più Dispense in PDF di Letteratura Ispanoamericana solo su Docsity! La Letteratura ispanoamericana è una questione linguistica e non geografica. È la produzione letteraria ( che comprende romanzo, poesia, cronache di viaggio ecc.) dei paesi americani di lingua spagnola.  America latina comprende le lingue romanze (che derivano dal latino e dal greco: spagnolo, francese, rumeno, italiano, portoghese).  America ispanica è l’America in cui si parla lo spagnolo.  Il Messico (dal punto di vista geografico)America del nord La letteratura registra il mondo che ha intorno e da un’altra visione i quello che vede (come uno specchio). Tutti gli avvenimenti non possono essere visti in maniera cronologicamente uguale. OBBIETTIVO DEL CORSO: L’incontro con l’altro Altro= con la A maiuscola perché è un mondo a me sconosciuto con il quale entro in contatto per la prima volta. Questo incontro può essere meraviglioso o spaventoso, nasce in ogni caso dagli SGUARDI. (Pag.6-7 La conquista dell’America del 1492): Perché si è scelta la scoperta dell’America? Perché annuncia e affonda la nostra attuale identità. SCOPERTAè un termine neutro ed è un termine più positivo che “conquistare”. È un qualcosa che ha a che vedere con me e non con l’altro. Gli europei, gli spagnoli e i portoghesi quando arrivano nelle Americhe mettono in atto un processo di sostituzione culturale violentissima, che si mette in atto in diversi modi:  Fisicamente ( es. quando gli europei uccidono i capi politici e religiosi, in questo modo le persone indigene perdono le persone di riferimento. Perciò è una vera e propria eliminazione fisica)  Con il lavoro forzato (persone obbligate a lavorare per l’impero spagnolo)  Attraverso la cultura= vengono imposte 3 cose: la religione cattolica, la lingua e il sistema culturale (la politica, il cibo, gli abiti e le immagini) Attraverso le immagini viene cambiata la visione/ il loro modo di vedere le cose. ”Scoprire” è un azione eurocentrica= non guardo l’altro per ciò che è, ma partendo da me. Colombo scopre Le Americhe senza sapere della loro esistenza, infatti era convinto di aver scoperto Le Indie. Inizia a chiamarle così e in questo modo fa un atto violento: poiché con una sola parola sta annullando l’identità delle persone che abitavano fino a quel momento in quel posto. Le annienta soprattutto culturalmente (es. gli Indios). Da questo incontro/scontro nascono le letterature ispanoamericane: Sono importanti perché non nascono con obbiettivi letterali(Pubblicati nel 500):  Il diario di Colombo “Giornale/diario di bordo” è il diario che Colombo scrive durante i suoi viaggi.  “Cartas de relación” di Hernán Cortés Lettere che scrive ai re di Spagna per aggiornarli sulle sue opere di conquista  “Historia general de las cosas de Nueva España” di Bernardino de Sahagún L’opera del missionario. È un testo importante perché è scritto in due lingue: in spagnolo e in Náhuatl (lingua degli aztechi) poiché si parla della conquista dell’attuale Messico. Qui c’è un vero incontro tra la lingua di chi arriva e la lingua autoctona. Quello che sappiamo al giorno d’oggi degli Aztechi lo dobbiamo principalmente a Bernardino de Sahagún, che ci racconta non soltanto la conquista ma anche la vita delle persone che erano lì. Chi ha difeso gli indigeni?- Bartolomé de Las Casas. -Nasce a Sevilla nel 1474 e viene definito “l’apostolo delle Indie”. Viaggia nel 1502 nelle Americhe per la prima volta e inizia la guerra contro l’Encomienda= ovvero un grande inganno, dove può sembrare che si trovi una grande possibilità di distribuire la popolazione in dei territori per convertirli, ma in realtà li schiavizzavano. Sulla carta: Distribuzione delle anime da convertire Nella pratica: Uso dei corpi da rendere schiavi Lui si scaglia contro questo sistema e riesce a fare un esperimento (può amministrare il territorio e decide di mettere come amministratori dei coloni spagnoli pacifici), ma a causa di una rivolta il suo progetto viene abolito, poiché è un progetto che non rientra nel concetto di colonizzazione spagnola. Nel 1536 viene chiamato a Madrid per difendersi e scusarsi per le sue azioni e per tutti i problemi che si erano creati davanti a Carlo V, per questo scrive un testo “Brevísima relación de la destrucción de las Indias” (1552). La cosa preoccupante è che si parla già di “distruzione”, nonostante non ci fossero ancora i processi rapidi che abbiamo al giorno d’oggi. De Las Casas ha sempre sostenuto l’indigeni, sostenendo allo stesso tempo la sua dignità umana. Li viene addirittura dedicata una città (nello stato del Chiapas troviamo “San Cristóbal de Las Casas“) che inizialmente si chiamava “Villa real”, una volta essere diventata più grande diventa “Ciudad real”. San Cristóbal= perché è il nome spagnolo di Colombo De Las Casas= Perché Bartolomé de La Casas diventa vescovo della città. Questo ci fa capire quanto lui abbia lottato per la liberazione degli indigeni. Colombus Day ringraziamento al giorno in cui Colombo ha scoperto l’America Per molti, come Argentina, Cile o Messico è El Día de la Raza e si commemora il primo incontro tra gli Europei e i nativi americani. In America latina il termine “Raza” significa orgoglio e appartenenza. Significa stravolgere il significato dominante del Colombus Day, si cerca in qualche modo di riprendersi quel nome e quel territorio (capovolgere attraverso il linguaggio un significato) Per altri paesi, invece, come il Venezuela o il Nicaragua è il Día de la Resistencia Indígena, teso a valorizzare le tradizioni e la cultura degli abitanti autoctoni e a commemorare la resistenza dei nativi contro i conquistadores. In SpagnaEl Día de la Hispanidad Viene percepito come un giorni di unione, di alleanza , la lingua che unisce i popoli. Grazie a ciò possiamo notare come grazie allo scenario storico- culturale cambiano i significati. Colombo voleva ripercorrere i passi di Marco Polovoleva trovare una nuova rotta per andare in Asia, ma alla fine trova l’America. Fa 4 spedizioni: 1° viaggio (1492)= Arrivo a Hispaniola (attualmente territorio di Haiti, Repubblica domenicana ), Bahamas, Cuba 2° viaggio (1493-1493)=Guadalupa, isole Vergini, Puerto Rico, Haiti, Cuba, Giamaica 3° viaggio (1498-1500)=Trinidad, e TERRAFERMA (fiume Orinoco, in Venezuela) 4° viaggio (1502-1504)=Haiti, America centrale In tutti i viaggi non raggiunge mai la consapevolezza di non aver trovato l’Asia. Colombo era un gran navigatore ma non uno “scopritore”, perché si scopre ciò che non si conosce mentre Colombo va alla ricerca di conferme che dimostrino le sue conoscenze pregresse. Non cerca l’ignoto ma solo dei segni e delle conferme. Todorov dice che Colombo è un ermeneuta.  Ermeneutica= disciplina dell’interpretazione dei testi antichi. Colombo inizia a interpretare tutto quello che vede in base alle sue conoscenze precedenti (la bibbia, i testi classici), “viaggia con occhi già pieni” ParadossoColombo inaugura l’inizio della modernità ma in realtà è profondamente medievale. Proprio per questo motivo in tutti i suoi diari (uno per ogni spedizione) continua ad insistere su varie cose: es. dove ci sono i pappagalli, i posti caldi=oro, ricchezza. Colombo basa tutta la sua interpretazione del nuovo mondo su 3 sfere: (Base del suo sapere americano) 1-Naturale La natura (quello che lui vede-es. i pappagalli) 2-Divina I testi sacri 3-Umana Lui sostiene che anche gli indigeni con cui lui parla gli confermano le cose che lui sta riportando. Ma c’è un inganno: perché loro non capiscono la lingua, non parlano la stessa lingua. Alejo Carpentier: “El reino de este mundo”(1949) È un romanzo che rappresenta i caposaldi della letteratura cubana, questo prologo è fondamentale perché in questo romanzo l’autore racconta delle rivolte da parte degli schivi neri ad Haiti (da una parte Haiti e dall’altra Repubblica Domenicana). Haiti è il primo stato a raggiungere l’indipendenza. (dalla Francia nel 1804). : (cosa pensa Carpentier) È un manifesto, un trattato letterario di quello che lui chiama la teoria del “Real maravilloso”= un’esperienza che si può vivere solo sul suolo americano, che ci concretizza nel raggiungimento di uno stato limite della coscienza, bisogna avere fede (credere in quello che si sta vedendo). Prima di scrivere, lui fa un viaggio a Haiti e viene rapito da questa meraviglia della natura che è in contrapposizione con l’idea di stupore artificiale dei surrealisti (perché esiste soltanto dei quadri ma non c’è nella realtà, non si può toccare, è finzione), invece afferma che in America lo si può toccare ma per farlo bisogna fare un atto di fede. na da cucire sopra un tavolo da autopsia, generatore dei cucchiai di ermellino, delle chiocciole nel taxi pio- voso, della testa di leone sull’inguine di una vedova, delle esposizioni surrealiste. O, ancora, il meraviglioso letterario: il re della Giulietta di Sade, il supermaschio di Jarry, il monaco di Lewis, gli espedienti da brividi del romanzo nero inglese: fantasmi, sacerdoti murati, licantropie, mani inchiodate sul portone di un castello. Ma, a forza di voler suscitare senza tregua il mera- viglioso, i taumaturghi diventano burocrati. Invocato tramite formule risapute che fanno di certi dipinti una monotona accozzaglia di orologi molli, di manichini da sarta, di vaghi monumenti fallici, il meraviglioso si blocca fra ombrelli o aragosta o macchina da cucire, o qualsiasi altra cosa, sopra un tavolo da autopsia, den- tro una stanza triste, in un deserto di rocce. Povertà. immaginativa, diceva Unamuno, è imparare codici a memotria, E oggi esistono codici del fantastico, basati sul principio dell’asino divorato da un fico, proposto dai Canti di Maldoror come suprema inversione della realtà, cui dobbiamo molti «bambini minacciati da usignoli», o i «cavalli che divorano uccelli» di André Masson. Ma si tenga presente che quando André Mas- son ha voluto disegnare la foresta tinica, con l’ incredibile viluppo del scena promiscui; del soggetto h: pittore, meno n impotente davanti al foglio bianco. Ed Wifredo Lam, e insrgnazci la magia della vegetazione tropi- cale, la sfrenata Creazione di Forme della nostra natu- ra — con tutte le sue metamorfosi e simbiosi —, in qua- dri monumentali di un’espressività unica nella pittura cui testa scagliò un calamaio. Victor Hugo, tanto sfruttato dai contabili del meraviglioso, credeva negli spettri, perché era sicuro di aver parlato, a Guernesey, col fantasma di Léopoldine. A Van Gogh bastava aver fede nel Girasole, lan fissarne la rivelazione su una te- non è mai stato tterario, noioso, mei protrarsi, quanto certa letteratura onirica «acco- ce acquista, allora, un significato gregariamente po- tico —, che si hi del pre- stidigitatore ‘coni a mpe- sua» o dell’escatologic arsi di certi esisten- esi ti | e artisti che lodano il sadismo senza praticarlo, che ‘ammirano il supermaschio per impotenza, che invoca- no spettri senza credere che rispondano ai richiami, sette letterarie, gruppi vagamente filosofici, con parole d’ordine e arcane finalità — mai raggiunte —, senza che siano capaci di concepire una mistica valida né di abbandonare le piti meschine consuetudini per giocarsi l’anima sulla temibile carta di una fede. Tutto questo mi fu particolarmente chiaro durante o soggiorno a , ritrovandomi a contatto uo: tidiano con quello che potremmo chiamare il meraviglioso. To mi muovevo su una terra dove » artamintansiosi di libertà avevano creduto nei poteri licantropici di Mackandal, al punto che quella fede collettiva aveva prodo:to un miracolo il giorno della sua esecuzione. Conoscevo già la storia prodigiosa di Bouckman, l’iniziato giamaicano. Ero stato alla Cita- contemporanea'. Dinanzi alla sconcertante povertà immaginativa di un Tanguy, per esempio, che da ven- ticinque anni dipinge sempre le stesse larve petrose sotto lo stesso cielo grigio, mi viene voglia di ripetere una frase che inorgogliva i surrealisti della prim’ora: Vous qui ne voyez pas, pensez à ceux qui voient. Ci sono ancora troppi «adolescenti che trovano piacere nel violentare i cadaveri di belle donne appena morte» (Lautréamont), senza che si rendano conto che il me- raviglioso consisterebbe nel violentarle vive. Il fatto è che molti dimenticano, travestendosi da maghi d’ac- catto, che il nei santi non può guarire grazie ai miracoli dei santi, né chi non è un Chisciotte può entrare, a fondo, nel mondo dell’ Amadigi di Gaula 0 di Tirante il Bianco. Prodigiosamente fededegne si rivelano certe frasi di Rutilio nei Travagli di Persile e Sigismonda, sugli uomi- ni trasformati in lupi, perché ai tempi di Cervantes si credeva che esistesse gente affetta da mania lupina. Del pari il viaggio del personaggio, dalla Toscana alla Norvegia, sopra il mantello di una strega. Marco Polo credeva che certi uccelli volassero reggendo elefanti fra gli artigli, e Lutero vide in faccia il demonio sulla * Si noti con quanto americano prestigio si distaccano, nella loro profon- dla arigiaai, Ie opere i Wifredo Lam de, e mele di pcs agio numero speciale - una panoramica dell'arte plastica moderna - pubblicato el 1946 da «Cahiers d'Arto, delle La Ferrière, opera senza precedenti architettoni- ci, annunciata unicamente dalle Prigioni immaginarie del Piranesi. Avevo respirato l'atmosfera creata da Henri Christophe, monarca di incontenibili brame, molto più sorprendente di tutti i re crudeli inventati dai surrealisti, assai inclini a tirannie immaginarie, ma non vissute. Di continuo mi scontravo col reale _tueavizlioro. Na pensavo mene che quelle presenai e persistenza del reale-meraviglioso non fosse privile- gio solo di Haiti, bensi dell’America.inte- ra, dove non si è ancora finito di fissare, per esempio, un inventario di cosmogonie. Il reale-meraviglioso lo si trova di continuo nelle vite di uomini che hanno in- scritto date nella storia del Continente e che hanno la- sciato cognomi ancora portati: dai cercati tana dell'Eterna Giovinezza, di noa, fino a certi ribelli antesignani o a certi eroi mo- derni delle nostre guerre di indipendenza di mitologi- co tratto come la colonnella Juana de Azurduy. Mî è sempre sembrato significativo il fatto che, nel 1870, certi dotti spagnoli si fossero ancora lanciati, partendo da Angostura, alla ricerca di El Dorado e che, ai tempi della Rivoluzione Francese — viva la Ragione e l'Es- Menéndez, di Compo- sere Supremo! —, Fran stela, avesse vagato per le terre della Patagonia cercan- do la Città a dei Cesari. Affrontando secondo @in’altra ottica il problema, constateremmo che, se nel l'Europa occidentale il folclore delle danze, per esem- gio, ha perse ogni carattere magico o evocatore, rara è la danza collettiva, in America, che non racchiuda un profondo senso rituale e che non dia luogo a tutto un processo iniziatore: è il caso dei balli della sarterta cu- bana o la prodigiosa versione negroide della festa del “(…)per la verginità del paesaggio, per la formazione, per l’ontologia, per la compresenza dell’indiamo e del negro, per la Rivelazione che costituì la sua recente scoperta, per i fecondi meticciati che favorì, l’America è molto lontana dall’aver esaurito la sua fonte di mitologie” Nella meraviglia noi Europei abbiamo costruito un mito: il mito dell’America/ Il mito dell’Americano. All’interno di questo Real Maravilloso è difficile distinguere ciò che è reale da ciò che è mitologico, perché la meraviglia travolge. trincerato nel suo palazzo in fiamme morì combattendo da solo contro tutto un esercito, e due disastri aerei sospetti e mai chiariti tolsero la vita a un altro presidente dal cuore generoso, e a un militare democratico che aveva ristabilito la dignità del suo popolo. Ci sono state 5 guerre e 17 colpi di stato, e venne alla luce un diabolico dittatore che in nome di Dio compì il primo etnocidio latinoamericano del nostro tempo. Nel frattempo, venti milioni di bambini latinoa- mericani sono morti prima di compiere un anno, più di quanti ne sono nati in Europa dal 1970. Gli scomparsi a causa della repressione sono quasi 120 mila, che è come se oggi non si sapesse dove siano finiti tutti gli abitanti di Upsala. Numerose donne incinte arrestate partorirono nelle prigioni argentine, però si ignora addirittura l’identità e dove siano finiti i loro figli, che furono dati in adozione clandestina o internati in orfanotrofi da parte delle autorità militari. Per non voler che le cose continuassero in questo modo, morirono circa 200 mila donne e uomini in tutto il continente, e più di 100 mila morirono in tre piccoli e caparbi paesi dell’ America Cen- trale, Nicaragua, El Salvador e Guatemala. Se ciò fosse avvenuto negli Stati Uniti, la cifra proporzionale sarebbe di 1 milione e 600 mila morti violente in quattro anni. Dal Cile, paese di tradizioni di ospitalità, sono fuggite un milione di persone: il 12% della sua popolazione. Dall’ Uruguay, una minuscola nazione di due milioni e mezzo di abitanti che viene considerato il paese più civilizzato del continente, se ne è andato in esilio un cittadino su cinque. La guerra civile in El Salvador dal 1979 ha provocato un rifugiato ogni 20 minuti. Il paese che si sarebbe potuto costruire con tutti gli esiliati e gli emigrati forzati dell’ America Latina, avrebbe una popolazione maggiore di quella della Norvegia. Oso pensare che cosa sia questa incredibile realtà, e non solo la sua espressione letteraria, che quest'anno ha meritato l’attenzione dell’ Accademia Svedese delle Lettere. Poeti e mendicanti, musicisti e profeti, guerrieri e malan- drini, tutte le creature di quella realtà smisurata: abbiamo dovuto chiedere molto poco all’im- maginazione, perché la sfida maggiore per noi è stata l'insufficienza delle risorse convenzionali per rendere credibile la nostra vita. Questo è, amici, il nodo della nostra solitudine. E se queste difficoltà, la cui natura condividiamo, ci ostacolano, non è difficile capire che i talenti razionali di questa parte del mondo, estasiati nella contemplazione della propria cultura, si siano trovati senza un metodo valido per interpretarci. È comprensibile che insistano nel valutarci con lo stesso metro col quale valutano se stessi, senza ricordare che i danni non sono uguali per tutti, e che la ricerca della propria identità è tanto difficile e tanto sanguinosa per noi come lo fu per loro. A volte l'Europa venerabile sarebbe più comprensiva se tentasse di vederci nel suo proprio pas- sato. Si dovrebbe ricordare che a Londra occorsero 300 anni prima che si potessero costruire le sue mura, e altri 300 per avere un vescovo; che Roma fu avvolta dalle tenebre dell'incertezza per 20 secoli prima che un re etrusco la introducesse nella storia; e che ancora nel XVI secolo i pacifici svizzeri di oggi, che ci allietano con i loro leggeri formaggi e i loro orologi impavidi, insanguinavano l’Europa come soldati di fortuna. Anche nell’apogeo del rinascimento, 12 mila lanzichenecchi al soldo degli eserciti imperiali saccheggiarono e devastarono Roma, e passa- rono a fil di spada otto mila dei suoi abitanti. Non pretendo incarnare l’illusione di Tonio Kròger, i cui sogni di unione fra un nord casto e un sud appassionato esaltò Thomas Mann 53 anni fa in questa sala. Però credo che gli Europei dalla mente lucida, quelli che lottano anche qui per una grande patria più umana e più giusta, potrebbero altari meglio se riconsiderassero a fondo il modo di vederci. La solidarietà coni nostri sogni ci farà sentire meno soli, fino a quando non si concretizzeranno con atti di soste- gno concreto ai popoli che hanno l’illusione di avere una propria vita nella distribuzione del mondo. L'America Latina non vuole, né ha alcuna ragione di essere una pedina senza libero arbitrio, né ha nulla di chimerico se i suoi programmi d'indipendenza e originalità diventino un’aspira- zione dell'Occidente. Ciononostante, i progressi della navigazione che hanno diminuito grande- mente la distanza fra la nostra America e l'Europa, sembra che in cambio ne abbiano aumentato la distanza culturale. Perché l'originalità che ci sì riconosce senza riserve nella letteratura ce la si nega con ogni tipo di sospettosità nei nostri difficilissimi tentativi di cambiamento sociale? Perché pensare che la giustizia sociale che gli europei progressisti tentano di imporre nei propri paesi non possa essere anche un obiettivo latinoamericano con metodi distinti in condizioni differenti? No: la violenza e lo smisurato dolore della nostra storia sono il risultato di ingiustizie secolari e amarezze inenarrabili, e non un complotto ordito a 3 mila leghe da casa nostra. Ma molti dirigenti e pensatori europei lo hanno creduto, con l'infantilismo di nonni che abbiano dimenticato le fruttuose follie della loro giovinezza, come se non fosse possibile altro destino che vivere alla mercé dei due grandi signori del mondo. Questa, amici miei, è la dimensione della nostra solitudine. Malgrado ciò, davanti all’oppressione, al saccheggio e all’abbandono, la nostra risposta è la vita. Né i diluvi né le pestilenze, né le carestie né i cataclismi, e neppure le guerre eterne attraverso i secoli dei secoli sono riusciti a ridurre il vantaggio tenace della vita sopra la morte. Un vantaggio che aumenta e accelera: ogni anno ci sono 74 milioni di nascite in più rispetto alle morti, una grande quantità di nuovi esseri viventi tale da aumentare di sette volte ogni anno la popolazione di New York. La maggioranza di loro nasce nei paesi con meno risorse, com- presi, naturalmente, quelli dell’ America Latina. In cambio, i paesi più prosperi sono riusciti ad accumulare sufficiente potere di distruzione per annientare cento volte non solo tutti gli esseri umani che esistono oggi, ma la totalità degli esseri viventi che sono passati attraverso questo sfortunato pianeta. In un giorno come quello di oggi il mio maestro William Faulkner disse in questa aula: «Non posso ammettere la fine dell’uomo». Non mi sentirei degno di occupare questo posto che fu suo se non fossi pienamente consapevole che la colossale tragedia di cui egli rifiutò di ammettere l’esistenza trentadue anni fa è ora, per la prima volta dall’inizio dell'umanità, niente di meno che una semplice possibilità scientifica. Davanti a questa terrificante realtà che deve essere sembrata una semplice utopia per tutto il tempo dell’esistenza dell’uomo, noi, inventori di racconti, che crediamo a tutto, ci sentiamo autorizzati a credere che non sia troppo tardi per impegnarci a creare un’utopia contraria. Una nuova e impetuosa utopia della vita, dove nessuno possa decidere per gli altri circa la forma della sua morie, dove di vero sia certo l’amore e sia possibile la felicità, e dove la stirpe condannata a cento anni di solitudine abbia finalmente e per sempre, una seconda opportunità sulla terra. Lo Yucatan è nel 1518 la prima regione del Messico dove gli spagnoli sbarcano. In questa zona gli spagnoli entrano in contatto con la popolazione dei Maya. Il governatore di Cuba Diego Velázquez de Cuéllar ordina un’altra spedizione con Hernán Cortés in Veracruz (è la seconda regione nella quale arrivano-nel 1519 parte da Cuba). Da questi due contatti apprendono l’esistenza dell’impero Aztecha ed entrano all’interno del loro territorio. 1519-1521= Conquista del Messico, che dalla conquista si chiamerà “Nueva Espana” (possedimento della corona spagnola). L’Area dei Maya è un’area trasnazionale: poiché i Maya appartengono non solo al Messico ma anche al Guatemala. E quando gli spagnoli arrivano non hanno a che fare solo con gli spagnoli, ma anche con questa zona che dal 1943 viene chiamata grazie al filosofo e antropologo tedesco Paul Kirchoff: La Mesoamerica. La Mesoamerica= zona culturale a cui appartengono gli stati del Messico, Guatemala, Honduras, Belize, ElSalvador, Nicaragua e CostaRica. Dove troviamo le popolazioni mesoamericane (tracui:mayas, teotihuacanos, mexicas, zapotecos, mixtecos, olmecas) Troviamo molte culture diverse tra loro ma tratti culturali in comune:  Tecnica agricola  Mais (riguarda tutta la sfera della cultura, organizza la struttura del tempo, si formano indumenti, bibite e cibi. Es tortillas)  Sistema numerico calendariale  Sistema di scrittura pittografica  La cosmovisione  Il gioco della palla  Il concetto di Nahual= totem, l’idea che alla nascita ognuno di noi abbia uno spirito guida. Teotihuacan (La città degli dei)= sito archeologico dove ci sono le piramide della luna e del sole e si trova a pochi kilometri dalla Città del Massico. I Teotihuaconos= popolazione di seconda mano, conosciuti attraverso le rovine archeologiche e non attraverso delle testimonianze. Il nome che hanno non è effettivamente il loro vero nome, il nome gli e l’hanno dato gli Atzechi, che scoprono le piramidi ma non trovano la popolazione, perché si era già estinta. Mexicas o Aztecas? Aztechi=è un nome in proprio, il termine corretto dovrebbe essere “Mexicas” (pronuncia: mescicas) La 2° nominazione nasce da una leggenda fondazionale di questo popolo. Leggenda: Dal nord del Messico questa popolazione di lingua Nahuatl (popolazione Nahua) scende verso il centro perché la divinità Huitzilopochtl aveva dato loro il compito di fondare la loro città lì dove fosse apparso un segno. Questo viaggio/migrazione dura centinaia d’anni. Il luogo da cui veniva questa popolazione è una città mitica chiamata Aztlan, da qui il nome Aztechi. Il segno era “dove l’aquila si poggia sul cactus”= trovano il segno in Valle de Anáhuac e fondano la loro città: Mexico-Tenochtitlan ovvero “città ricca di fichi d’india”. Il racconto di questa migrazione è descritta all’interno di un codice: Tira de la Peregrinación è un codice mesoamericano (scrittura pittografica), un rotolo lunghissimo dove viene raccontato questo viaggio (dalla città di Aztlán nel Valle de Anáhuac) Tezcatlipoca Coatlicue Coatlicue= statua imponente, “colei che ha una gonna di serpenti”, è la dea madre. I serpenti raffigurano una rinascita continua (si muore, si nasce all’infinito). Il mito racconta che: Coatlicue viveva sul monte Coatepec, un giorno stava spazzando questa montagna e un gomitolo di piume le è caduto sul ventre, lei lo ha riposto all’interno della sua gonna ed è rimasta incinta. Sua figlia Coyolxauhqui (“colei che ha il viso adornato con campanelli”), si arrabbia e lei che era la dea della luna, scopre che la madre è incinta da un padre misterioso e si scaglia contro la madre per ucciderla, esattamente in quel momento però nasce Huitzilopochtli, che esce dal ventre della madre e fa a pezzi la sorella, che nel momento in cui viene fatta a pezzi, nascono le stelle. La fa a pezzi con un “serpente de fuego en las manos” e vestito già da combattente *Huitzilopochtli è quel dio che aveva detto “fondere la vostra città dove l’aquila si poggia sul cactus” La loro poesia /letteratura nasce vincolata al testo scritto. Domanda corso: Esiste la letteratura pre-ispanica? (prima dell’arrivo degli spagnoli) Risposta: è complessa, perché esiste una produzione che appartiene al mondo dell’oralità, perché queste popolazione hanno in comune non la scrittura alfabetica ma la scrittura pittografica, che non veniva usata per quella che è l’arte e la letteratura ma si usava l’oralità. Al giorno d’oggi sappiamo che c’è stato un’enorme poeta: Nezahualcoyotl: “El tlatoani poeta” Figlio di:  IxtlilxochitlI, tlatoanidi Texcoco  Matlacihuatl, sorella di Chimalpopoca, tlatoanidella città di Tenochtitlan Perciò è il nipote degli imperatori Mexicas. La sua poesia e la sua arte sono rimasti nella storia culturale del Messico fino ad oggi, proprio per questo lo troviamo anche sulle banconote. DIFRASISMO Figura retorica che consiste nell’accostamento di due sostantivi per riferirsi a un concetto astratto. in mixtli-in ayahuit! (nube y niebla): presencia de la divinidad In xochitl in cuicatl flor y canto: poesia iAlegréos! Alegraos con las flores que embriagan, las que estàn en nuestras manos. Que sean puestos ya los collares de flores. Nuestras flores del tiempo de Iluvia, fragantes flores, abren ya sus corolas. Por alli anda el ave, parlotea y canta, viene a conocer la casa del dios. Sélo con nuestras flores nos alegramos. Sélo con nuestros cantos perece vuestra tristeza. Oh sefiores, con esto, vuestro disgusto de disipa. Las inventa el dador de la vida, las ha hecho descender el inventor de si mismo, flores piacenteras, con ellas vuestro disgusto se disipa. Estoy triste Estoy triste, me aflijo, yo, el sefior Nezahualcéyoti. Con flores y con cantos recuerdo a los principes, a los que se fueron, a Tezozomoctzin, a Quaquauhtzin. En verdad viven allà en donde de algun modo se existe. iOjalà pudiera yo seguir a los principes, Ilevarles nuestras flores! iSi pudiera yo hacer mios los hermosos cantos de Tezozomoctzin! Jamàs perecerà tu nombre, i0h mi sefior, tù, Tezozomoctzin! Asi, echando de menos tus cantos, me he venido a afligir, sélo he venido a quedar triste, yo a mi mismo me desgarro. He venido a estar triste, me aflijo. Ya no estàs aqui, ya no, en la regién donde de alguin modo se existe, nos dejaste sin provisiòn en la tierra, por ésto, a mi mismo me desgarro. e li chiede un segno. Allora lui torna indietro e chiede questo segno a la donna, li dice di andare a raccogliere delle rose, il problema è che si trovano in montagna ed è pieno Dicembre. Juan riesce però a trovare queste rose (1° miracolo) e le mette dentro la sua tilma (il suo abito), va dal vescovo e nel momento in cui dispiega la sua tilma appare quest’immagine (c’è un’apparizione). Da un primo fenomeno di acculturazionei messicani fanno di questa immagine una bandiera autoctona (sia perché la Virgen de Guadalupe parla la lingua degli oppressi (il Nahuatl) sia perché non è una madonna bianca, per questo il suo soprannome è “Morenita”). =metafora per dire “esercito” Gli spagnoli riducono in schiavitù le popolazioni indigene attraverso: “La carta de requerimiento”= questo documento è stato letto nel momento in cui il delegato del re approdava sul territorio della Nuova Spagna. Li Li chiede di prendere in considerazione quello che sta per leggere, c’è una richiesta di sottomissione al papà e ai re di Spagna (Re Ferdinando e Regina Isabella) così da non essere ridotti in schiavitù. Il problema? Nessun indigeno capisce quello che viene detto poiché non conoscono la lingua spagnola. Per questo questa “Carta de requerimiento” è una vera e propria giustificazione politica. Nessuno capisce quello che c’è scritto per questo nessuno si sottomette di propria volontà tutti vengono ridotti in schiavitù.  Opinione di Bartolomé de las Casas: Bartolomé de las Casas= dice che è un insulto verso la chiesa stessa, perché questo ha a che vedere solo con il potere politico ed economico e non con la fede. Questi metodi ci portano alla destrutturazione della società indigena alcune cose sopravvivono ma hanno perso il loro significato e il loro legame l’uomo con l’altro. Quali sono le condizioni che hanno reso possibile la conquista?  Cortés alleanze, armi, malattie Alleanze= si rende conto che ci sono una serie di popolazioni che vogliono liberarsi dell’imperatore (perciò si allea con i nemici del suo nemico) Armi= sono meglio armati (cannoni, cavalli, costruiscono briganti). I Mexica invece non conoscono la lavorazione dei metalli per questo le loro frecce e canoe sono meno utili e veloci. Malattie= IL VAIOLO (arma inconsapevole), infatti portano malattie che sterminano le popolazioni che non le conoscono. Ma manca un elemento: la risposta da parte della cultura Mexica L’elemento chiave che ha permesso tutto questo è una mancata resistenza al nemico. In un primo momento gli spagnoli sono così diversi che li vedono come una natura divina, per questo non sono sulla difensiva ma quasi li accolgono. Quando si rendono conto delle loro vere intenzioni ormai la popolazione Mexica ha perso il proprio spirito combattivo (hanno perso i loro dei) = LOS DIOS HAN MUERTO. Tutto il sistema spirituale non riesce più a parlare con gli dei, che hanno abbandonato questa popolazione. I segni per Montezuma= cerca il futuro ma perde la comunicazione a un certo punto. Cerca nei segni tutto quello che non ha (es. I giorni del calendario Atzeca che hanno sempre un significato). Lui cerca delle profezie anche se non ci sono.  Valuta gli uomini e le loro capacità, non come Colombo. Non c’è una svalutazione ma un valutazione, perché deve conoscere e studiare il proprio nemico.  In questo caso non c’è una meraviglia ma un’analisi (sguardo critico).  In comune con Colombo, troviamo l’uso dell’analogia.  Studia anche i pericoli del nemico, di quali animali si cibano, quali materiali hanno a disposizione e quali usano per vestirsi (arte piumaria).  Studia le capacità dell’uomo a livello di medicina (riconoscimento delle capacità dell’altro)  Si reputa ignorante perché è lui che non sa i nomi, al contrario di Colombo che definisce gli altri ignoranti.  Il fatto che lui stia elencando queste cose prova il fatto che hanno una cultura.  Non c’è una meraviglia, c’è uno studio, un rispetto verso l’altro e le sue capacità. Lei è la chiave di tuttoè grazie a lei che si realizza la conquista. Malinalli diventa anche l’amante di Cortés e ha un figlio con lui che si chiama Martín. Cortés però, non solo la nomina una sola volta nella José Clemente Orozco fa parte di quella generazione di muralisti di cui fa parte anche Diego Rivera (marito di Frida Khalo). Questo affresco è una delle rappresentazione iconiche di Cortés e Malinche. Una delle differenze che troviamo all’interno è proprio il colore della pelle. La unione di Malinche con Cortés è molto importante, perché da vita alla differenza di pelle: al Mestizaje (meticciato) ovvero l’unione non solo simbolica ma anche fisica, che da vita a Martín = a una nuova razza/etnia (quella messicana). Due mondi che si uniscono. Bernal Díaz del Castillo, sempre in “Historia verdadera de la conquista de la Nueva España” tesse le lodi di questa donna, sostiene che è una donna intelligentissima, che sa parlare tre lingue ed è la chiave che rende possibile la conquista, eppure Cortés parla di lei solo una volta nella “Quinta carta de Relación” ma dopo la conquista del Messico, l’abbandona. Questo perché Cortés non vuole far vedere che ha ricevuto un grande supporto da parte di una donna e vuole prendersi il merito di tutto. Bernal Díaz del Castillo chiama a un certo punto Cortés “Capitan Malinche”, come se Cortés e Malinalli fossero la stessa persona. Quando passa il periodo dell’indipendenza, lei passa come “La Traditrice”, perché ha aperto la strada a Cortés, raccontando tutti i segreti della popolazione Mexica e rendendo possibile in questo modo la conquista. Ma la rilettura contemporanea ci dimostra che lei ha agito solo e unicamente per il proprio bene e per quello del suo popolo. Tanto che dopo la conquista e la nascita di Martín, Cortés la fa sposare con un altro uomo (con cui avrà una figlia di nome Maria) e perciò non la prende in moglie ma la usa soltanto.  La prima espressione del meticciato è l’unione tra Cortés e Malinche  Martín Cortés è il prodotto del meticciato  Il primo prodotto culturale del meticciato è La Madonna de Guadalupe Perché? Perché ha la pelle morena (tanto che viene soprannominata Morenita), il nome è di origine spagnolo ma parla Nahuatl (questo lei appare all’indigeno Juan Diego parla con lui in Nahuatl), ma questo veggente aveva già avuto una sorta di processo di meticciato perché Juan Diego= era un indigeno neofita (recentemente convertito). Ma da un primo tentativo di acculturazione, l’immagine della Madonna di Guadalupe diventa un prodotto che i Messicani usano per identificarsi. Perciò i Messicani capovolgono quello che era partito come un processo violento di imposizione religiosa come un processo di identificazione culturale. Meticciato= ibridazione, mescolanza, trasculturazione. Dopo 10 anni, dopo Malinalli, appare la madonna e dice: Questo gli dice la Madonna di Guadalupe a Juan Diego dopo che sostiene di non essere in grado di compiere la sua missione. Lei è la Madonna delle disperazioneche promette riscatto e salvezza. La madonna di Guadalupe e Malinalli La Madonna di Guadalupe viene messa a paragone con Malinalli, perché Malinalli viene vista per tanto tempo come “La Traditrice” ( la “Chingada”=la fottuta). Però in realtà lei è stata usata da Cortés e la violenza che vive gli porta via ogni nome, la propria identità. La La Madonna di Guadalupe= è la madre degli orfani (dopo che gli dei sono morti e la popolazione indigena è rimasta orfana) Spiegazioni di nomi di oggetti importanti che si possono trovare dentro il romanzo e che non sono stati tradotti: In tutto questo c’è una ritualità (es. il cioccolato che era considerata la bevanda degli dei). Questa è una riproduzione del pennaccio di Montezuma e anche questo (insieme all’arte plumaria) ritorna nel romanzo. Huipil= è un indumento tradizionale delle donne che serve a “tessere la propria storia”. Frida Khalo riprende gli abiti tradizionali del Sud del Massico che noi ritroviamo all’interno del romanzo “La voce dell’acqua”. Metate= In italiano lo conosciamo come il “Mortaio”, è fatto di pietra e serve per rendere in polvere il mais. Nel metate si fa la farina di mais (con il quale si possono ricavare le bibite e la tortilla). Il mais= A livello culturale è alla base della vita. Sono importantissimi anche le pannocchie e la milpa (ovvero il campo di mais che stava a significare “sostento per la famiglia”). Si mangiano anche i funghi del mais che si trovano attorno alla pannocchia, si staccano, si vendono e si cucinano (si chiamano “Huitacoche”). Analisi capitolo 4 (pag.65-66-67)  Laura Esquivel introduce il tema della lingua  Troveremo parole come: -Popol Vuh è il testo sacro dei Maya (viene chiamato “la bibbia dei Maya): è quel testo che contiene la cosmogonia (ovvero tutte le leggende), come ad esempio “L’uomo nato dal mais” (dove si narra che gli dei hanno provato a far nascere gli uomini dal legno, dalla terra ma poi questi uomini morivano, finché non gli hanno fatti nascere dal mais). La questione dei maya è molto importante perché Malinalli vive con i Maya e viene venduta e fatta schiava da loro.  Dopo che Cortés la nomina “La Lengua”, la prima cosa che Esquivel fa è quella di descrivere l’umanità di Malinalli, che ha difficoltà nella lingua.  C’è questo disegno di Malinalli come una donna “vipera” che ha permesso la conquista, che ha tradito il proprio popolo. Qui invece troviamo la descrizione di una Malinalli “umana”, dei suoi sentimenti. Questa è una delle strategie utilizzate in quello che verrà chiamato poi “Il nuovo romanzo storico” dove non c’è più l’oggettività degli eventi ma si va a cercare la micro storia (ovvero quegli aspetti privati del personaggio che non hanno a che fare con la Macro storia ma con la vita personale di questa persona).  Qui Esquivel ci dice che Malinalli ha paura, è smarrita, non sa bene come gestire la situazione.  Troviamo una rivoluzione culturale vista dal punto di vista di una donna (Esquivel riscrive la conquista attraverso un ottica di genere). La storia non viene raccontata dal Conquistatore uomo ma dall’indigena Donna. “Ma com’è possibile rinchiudere in una sola parola Ometéol, colui che non ha forma, il signore che non nasce che non muore , colui che l’acqua non può bagnare, il fuoco non può bruciare, il vento non può spostare e la terra non può coprire? Impossibile”  Una parola sola non può contenere un dio (questa è una vera difficoltà). È tutto in movimento e secondo lei una parola sola non è in grado di contenere tutto questo, questo è il grande problema di Malinalli non la traduzione in sé. È una questione culturale (es. Come metto l’universo dentro 4 lettere? È impossibile). La concezione Mexica e Cristiana È completamente diversa:  La concezione cristiana si basa sulla trinità: Padre (creatore), Figlio (l’amato) e Spirito santo (l’amore che unisce il padre con il figlio).  La concezione Mexica è una concezione duale: c’è sempre un maschile e un femminile, una luce e un’ombra che si incontrano e creano una fertilità da questo incontro. Per quello lei chiede “Chi è la moglie di Dio”, Dio non ha moglie. Lei sostiene che senza moglie non possa nascere ne la vita ne la luce. Senza ventre non può esserci Dio. Chiedere dov’è la madre di Dio significa vedere tutto da un punto di vista femminile. Non può esistere nessuno senza una madre (è impossibile per Malinalli). Questo significa che la scrittrice prende posizione. Questo è un racconto della storia del passato attraverso la voce delle vinte con eccezioni di genere e di chi ha perso la guerra. “La voce dell’Acqua” “La voce di Malinche” --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- L’elemento del sangue: Un’altra simbologia cristiana che troviamo insieme all’acqua è il sangue:  Il sangue nella simbologia cristiana: transostazazione ( momento durante la messa dove il pane e il vino diventano il corpo e il sangue di cristo) Sangue come simbolo del sacrificio (dio che muore una volta sola per l’uomo)  Per i Mexica invece troviamo l’elemento del sangue nei sacrifici umani (dove è l’uomo che muore per dio).Nella cultura Mexica veniva scelte le persone reputate degne di essere sacrificate sulle pietre sacrificali perché il sangue di quella persona andava ad alimentare la divinità. Era un’offerta. L’analogia è nell’essere alimento La differenza è che cristo non ha bisogno di sacrifici, è lui il sacrificio. Differenza tra Malinalli e i Mexica: (pag.68-69) Malinalli è alla ricerca di una spiritualità ed è contro i sacrifici umani. Cerca una divinità e non conta se sia cristiana e Mexica. Lei inizia già a mettere in atto il meticciato con le sue parole, ancora prima di dare alla luce Martin. Fa lei il vero incontro con l’altro. C’è un dialogo con la cultura dell’altro. Lei ascolta l’altro e prende ciò che gli piace senza però perdere la sua identità. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Elemento della Nudità nel capitolo 5  X Malinalli= occasione d’incontro con l’anima dell’altro  X Cortés= si sente disarmato, privato di tutto trova una debolezza nella nudità. Lei è la più forte perché anche se nuda non si sente sola e senza potere. Uno degli aspetti che troviamo è l’acqua come elemento di purificazione, che unisce tutto (l’acqua del corpo-le lacrime-, l’acqua piovana, l’acqua dei fiumi, l’acqua di Texcoco o l’acqua di questo bagno di purificazione simile a un battessimo). Per fare questo bagno bisogna spogliarsi: -Colombo vede gli indigeni nudi e pensa che siano privi di cultura -Cortés, invece, ha paura di spogliarsi. Perciò la vera forte è Malinalli, che quando è nuda non si sente sola e senza potere ma se stessa. In questo momento lui ragiona come Colombo perché nella nudità trova una debolezza. Poi Cortés racconta di essere rimasto affascinato dalla bellezza di Cholula (che vuole conquistare) e c’è un elemento che abbiamo visto nella seconda lettera di Cortés: le moschee. La finzionalizzazione della storia: Esquivel racconta avvenimenti storici attraverso la finzionalizzazione della storia tipica del romanzo: “Finzionalizzazione della storia” Laura Esquivel Non racconta la storia per ciò che è ma per come sarebbe potuta essere (ci racconta una storia vero-simile). C’è un riscatto della voce di una figura che è stata considerata subalterna per tanto tempo (ovvero qualcuno che è “sotto” a livello gerarchico). La storia non è oggettiva ma soggettiva (dal punto di vista dei vincitori). Es 2. Con la Virgen de Guadalupe si passa da Acculturazioneidentificazione culturale (nasce una divinità che si accorda con la nuova etnia meticcia) Questa idea di intreccio la vediamo soprattutto alla fine del romanzo: Analisi pag. 189 “ <<Cambieranno forma i nostri riti, sarà diverso il nostro idioma, altre le nostre preghiere, diverso il nostro modo di comunicare>>, le disse Tonantzin, <<ma gli antichi dei, gli inamovibili, gli dei del vicino e dell’insieme, quelli che non hanno né fine né principio, cambieranno soltanto forma.>> Qui è Tonantzin a parlare e ci comunica che lei stessa sta per cambiare forma, sta per trasformarsi nella Madonna di Guadalupe. Si può cambiare forma ma lo spirito rimarrà sempre lo stesso. C’è un’idea di resistenza culturale. ------------------------------------------------ Analisi pag.191-192 “Questo io ti chiedo, grande signora. Rafforza lo spirito della nuova razza che con occhi nuovi si guarda nello specchio della luna, affinché sappia che la sua presenza su questa terra è un promessa adempiuta dell’universo: una promessa di pienezza, di vita, di redenzione e d’amore.” “Tutto ciò era il Messico, e Malinalli lo sapeva”. -C’è un riferimento a quest’idea di meticciato (la Madonna di Guadalupe che si poggia su una mezzaluna) “Quel giorno, dopo aver seppellito il suo passato sul monte Tepeyac, Malinalli ritrovò sé stessa e seppe di essere dio, eterna e mortale a un tempo”. Unificazione del personaggio umano alla divinità . Lei si affida e unisce a Tonanzindiventa terra, mortale e dio allo stesso tempo; è voce e silenzio insieme; è colei che si marca del grande tradimento e purificazione insieme. NUOVO ROMANZO STORICO Romanzo storico racconta gli avvenimenti storici rispettando la Storia e la cronologia (la linea temporale). Il nuovo romanzo storico assomiglia al romanzo storico ma si può permettere di non rispettare la linea del tempo, fa dei salti attraverso anticipazioni o flashback. Può presentarci una molteplicità di linee. Possono esserci due tipologie di personaggi:  Personaggi che hanno fatto la storia: che appartengono alla storiografia ufficiale (ovvero ciò che viene tramandato all’interno delle istituzioni- nelle scuole ad esempio)  Persone sconosciuti a noi, minori. Viene raccontata:  La microstoria = quello che ha a che vedere con le emozioni della storia, il punto di vista del personaggio. Quindi troviamo il verosimile che ci permette di riempire i buchi della storia ufficiale con le storie perdute e l’aggiunta di nuovi personaggi. La storia ufficiale deriva dai vincitori: gli occidentali, gli spagnoli, gli europei, GLI UOMINI. La storia ufficiale è PARZIALE perché contiene solo il punto di vista dei vincitori. Tutto questo risponde a quello che noi chiamiamo la FINZIONALIZZAZIONE DELLA STORIA (l’idea di ficción). Non c’è un tradimento della storia ma un andare a riempire con nuove voci i silenzi della storia ufficiale. I personaggi silenziati vengono chiamati “subalterni”= ovvero personaggi che non hanno trovato voce nella storia ufficiale e quando si da voce a questi personaggi li si ridà il diritto di parola (es. stessa cosa che ha fatto Esquivel con Malinalli). Grazie a tutto questo questi personaggi riescono a raccontare la propria soggettività per questo è una rivoluzione. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Dorme Le epigrafi (citazioni) sono considerate un elemento para-testuale. La 1° epigrafe di “Dorme” è di Suor Juana Inés de la Cruz  figura importante di una suora vissuta nel 1600 in Nueva España (viene considerata “La Dante messicana). Prima di essere suora era donna molto intelligente e colta che non voleva sposarsi e per questo motivo è stata costretta a entrare in convento. Scrive trattati di filosofia e poesie che vengono messe sotto accusa dall’acquisizione, lei subisce un processo per eresia ma riesce a vincerlo. Tutti i suoi scritti vengono fatti bruciare. Lei è omosessuale, l’amante della vice regina in Nueva España. Nei suoi scritti parla dell’anima e dice che non ha genere, racconta che ci si può innamorare di chiunque senza avere a che fare con il genere. All’interno del convento scriveva ma anche lì sarà isolata e saranno fatti bruciare molti dei suoi scritti. Per fortuna alcuni si sono salvati e abbiamo una testimonianza di un’opera di filosofia che si chiama “Primero sueno”racconta di un viaggio dell’anima, aldilà del genere del corpo. Questo libro inizia con una citazione di Suor Juana Inés de la Cruz che dice: “Credevo io di fuggire da me stessa, ma povera me, me stessa mi son portata dietro portandomi il mio nemico maggiore” Trama: La protagonista è una donna che non accetta i dogmi di genere della sua società, è una donna che cambia identità a livello di professione (es. un giorno è un pirata e un giorno una principessa, un giorno un uomo e un giorno una donna). Lei cambia d’animo non per tradire la propria identità ma per aprire una molteplicità all’interno della libertà. Sesso= biologico Genere= culturale violenza e la scomparsa di donne. Usano il filo per parlare, per occupare le strade e per urlare attraverso testi tessuti (su questi ricami c’è la loro storia). Malinche ricama il proprio hupil (scrittura pittografica) e perciò anche qui ritorna l’idea del ricamo. “La tela è un pezzo di mondo” Negli apparati para-testuali scopriamo che in questo libro esiste un glossario: dove non ci sono alcune parole presenti all’interno del testo che però non si possono tradurre per questo abbiamo una perdita (es. Nite- Uica _ pag.9) troviamo questo fatto anche all’interno del romanzo “L’arcano”. Il mondo indigeno non è traducibile nella sua interezza. 1° capitolo: GLI ABITI Siamo nella seconda metà del 1571 e il vice re della Nuova Spagna ha condannato alla forca il conte Urchisa. I suoi amici rapiscono un pirata e sostituiscono il corpo così da salvare il conte Urchisa e mandare alla forca quest’altra persona (pensando che fosse Monsieur Fleurcy), ma questo commerciante francese/ pirata in realtà è Claire vestita da uomo. Dopo averla rapita la lasciano da sola all’interno di una cella con l'india «dalle mani tiepide» (la chiama così perché l’india li tocca il volto con le sue mani tiepide ed è perciò il primo pensiero che ha su di lei) che la spoglia e scopre che in realtà è una donna, ma non la denuncia anzi nasce una relazione quasi di sorellanza. In un secondo momento li vengono affidate tutte connotazioni che in Nuova Spagna la avrebbero assicurata alla forca: pirata, francese, contrabbandiere, probabile ebreo ecc. <<Lei vede ciò che non vorrei essere>> È una lotta contro i ruoli di genere NON una lotta contro il genere. “Ho voglia di piangere, è morto l’unico figlio che volevo avere , me lo hanno ucciso nel mio stesso corpo, mi hanno fatto dormire così che non potessi difendere il mio rampollo. Io, sì, io sono il mio stesso figlio. Sono Claire divenuta maschio.” C’è un combattimento interiore, invisibile nel corpo di questa donna ed esteriore (quello degli abiti) 2° capitolo: MORTE ALTRUI Ci sono:  Indicazioni di tempo e spazio Nuova Spagna 19 Agosto 1571  Capiamo che è stata drogata e che non poteva gridare (incapacità fisica)  Fino a questo momento non sapevamo il vero nome del personaggio  L’india usa l’acqua del lago Texcoco (acqua eterna, intatta, mai usata dagli spagnoli, mai stata sporcata dai cavalli degli spagnoli)  Claire viene rinnovata dall’interno, l’acqua sostituisce il sangue è ciò che le permetterà di non morire sulla forca (simile al rito del battesimo che vediamo con Malinche)  C’è un cambio di società Il corpo di Claire diventa una metafora della società (lei è occidentale ma le viene donata l’acqua sacra) Metafora con gli spagnoli  un acqua che non è sporca dagli spagnoli (per via della loro scarsa igiene)  Valore dell’acqua come cultura stessa (le sta dando una cultura non inquinata dalla violenza)  Gli spagnoli hanno ucciso c on la conquista anche il lago= la natura è morta Per questo decide di salvare Claire, sia per un atto di sorellanza ma anche perché intravede in lei la nuova razza, una generazione di donne. Claire vestita da Conte Orchisa si salva dalla forca, tutti credono che lei sia morta ma non lo è. Per scapare la obbligano a vestirsi da donna (la cosa strana è che in questo momento per lei vestirsi con abiti femminili la fa sentire parte di un travestimento, cosa che non succede quando indossa abiti maschili). Lei non vuole ma sa che deve farlo per forza per poter scappare senza essere riconosciuta. -Gli abiti sono una comunicazione dell’interiorità, il problema è la lettura della società e della costruzione sociale. Gli abiti sono visti come luogo di negoziazione di libertà e identità e ciò diventa simbolo della negoziazione culturale della colonia. Bisogna leggere e capire tutto questo con degli occhi contemporanei. Il Guatemala è uno dei produttori più importante di tessuti. Dentro la tela c’è la storia delle persone. I Mapuche= una delle popolazioni indigene attualmente vive che si trovano sia in Argentina che in Cile. Il territorio occupato dai Mapuche si chiama Wallmapu. I tessuti Mapuche raccontano l’identità= testo come identità Grazie ai tessuti abbiamo un’economia basata sull’identità e sui prodotti del luogo. : Cile: In Cile si sviluppa durante il periodo delle dittature un’arte tessile in risposta alla dittatura: vengono create quelle che prendono il nome di Arpilleras. Arpilleras ovvero dei tessuti/ fazzoletti dove le donne raccontano in delle immagini quello che non possono dire per via delle censure diventano dei tessuti testimoniali. Colombia: Esiste un archivio digitale dei tessuti testimoniali. Il lavoro intorno ai tessuti permette anche di ritrovare un proprio tessuto sociale. All’interno di questi progetti le donne cucendo creano dei collettivi che a riparo dal conflitto armato, permette loro di ricostruire un’identità sociale. 2° storia= ci collega al mondo di “Dorme” perché si parla degli eventi precedenti al viaggio di John Hawkins, che è un corsaro, un pirata. John Hawkins ha inaugurato l’ingresso degli inglese nella tratta degli schiavi africani. 3° storia= si sviluppa intorno alla spedizione guidata da Pedro Menéndez de Avilés nel 1565. Questo blocco viene narrato in prima persona da Pedro, che da primo corsaro diventerà il primo governatore della Florida e sarà colui che fonderà il primo sistema di trasporto dell’oro americano. 4° storia= riguarda l’ultima notte di agonia di Filippo II (1598). LA DIFFICOLTA’ DEL ROMANZO La difficoltà di questo romanzo è che in questo romanzo troviamo un insieme di fili che sono apparentemente sembrano svincolati tra di loro. L’autore sceglie questi 4 elementi in un modo molto particolare. L’autore è appassionatissimo di storia e per scegliere quali eventi specifici da usare per il suo romanzo fa una specie di esperimento: prende 100 anni di storia e scrive i 100 eventi più importanti di questo secolo, li metti in una scatola, li mischia e ne pesca quattro. Costruire una storia in base al caso è molto difficile perché l’autore si ritrova ad avere quattro sezioni storiche da dover mettere insieme, eppure la storia riesce a costruire una sorta di mosaico ben amalgamato. Il caos sembra solo apparentemente appartenere a questo romanzo perché in realtà le storie si legano perfettamente fra di loro, perché si passa da L’estetica deL caos L’estetica deLL’arcipeLago L’ISOLA CHE “SI RIPETE” Le Antille= sono delle isole che per l’autore diventano una metafora del suo ordine narrativo. L’autore nel saggio “La isla que se repite” sostiene che le Antille fosse un’isola che si ripete all’infinito. Vuole sottolineare l’idea della ripetizione (dell’isola che si ripete), ma allo stesso tempo non sta parlando di un’isola specifica ma dell’idea di un qualcosa che si ripete (simbolo come insieme). C’è un’idea, un’isola Centro impossibile da raggiungere, poiché mitologica, un’idea di ripetizione. L’arcipelago è un meta-arcipelago (un arcipelago dentro un altro arcipelago) ed è per questo motivo privo di un centro. È un movimento, è un cibo, è una danza, è un mestizaje. Parla di un mito visto da due punti di vista. Il Caribe mette insieme l’invenzione del “El Dorado” (leggenda americana secondo il quale esistesse una città fatta interamente d’oro, quando in realtà si parlava di una tradizione indigena dove un uomo si cospargeva d’oro) con il ritrovamento (hallazgo). È come se il Caribe fosse un modo di essere e perciò quest’idea dell’isola che si ripete è metafora stessa della struttura del libro (un qualcosa che torna e che si mischia). En esta re-lectura (la de hoy) propongo, por ejemplo, partir de algo màs concreto, de algo ficilmente comprobable: un «hecho» geogràfico. Especfficamente, el hecho in- discutible de que las Antillas constituyen un puente de islas que conecta, de «otra ma- nera», Suramérica con Norteamérica. Este accidente geogràfico le confiere a toda el irea, incluso a sus focos continentales, un caràcter de archipiélago, es decir, un con- junto discontinuo (éde qué?): espacios vacfos, voces deshilachadas, conexiones, sutu- tas, viajes de la significacién. Este archipiélago, al igual que otros, puede verse como una isla que se «repite» a si misma. He destacado la palabra «repite» porque quiero dar- le el sentido inquietante con que sucle aparecer en el discurso post-estructuralista, don- de toda repeticién entrafia necesariamente una diferencia y un aplazamiento. éCual se- ria entonces la isla que se repite, Jamaica, Aruba, Puerto Rico, Miami, Haiti, Recife? Ciertamente, ninguna de las que conocemos. Ese origen, esa isla-centro, es tan impo- sible de alcanzar coo aquella hipotética Antillia que reaparecia una y otra vez, siempre de manera fugitiva, en los portulanos de los cosmégrafos. Esto es asf porque cl Caribe es un meta-archipiélago (jerarquia que tuvo la Hélade y también el gran archipiélago malayo), y en tanto meta-archipiélago tiene la virtud de carecer de limites y de centro. Asi, el Caribe desborda con creces su propio mar, y su #/ima Tul puede hallarse en un suburbio de Bombay, en las bajas y rumorosas riberas del Gambia, en una fonda cantonesa hacia 1850, en un tempio de Bali, en una vieja taberna de Bristol, en un a)- macén comercial de Burdeos en los tiempos de Colbert, en un molino de viento junto al Zuyder Zee, en la discoteca de un barrio de Manhattan, en la sawdade existencia] de una cancién portuguesa. Pero, entonces, équé es lo que se repite? Tropismos, series de tropismos, de movimientos en una direckién, digamas un gesto danzario, un hondo sen- tido de la improvisacién, el gusto por determinados alimentos (por ejemplo: los gran- des flujos del arroz, del plàtano, del frijol, del aji y la yuca), la expresién poli-ritmica, el mestizaje, las formas sincréticas, la alta jerarqufa de la cultura popular, los modos de alejarse y acercarse al mundo de Occidente (recuérdese que, como dijo Malaparte, el Volga nace en Europa), la experiencia socio-econémica de la plantacién, en fin, pa- ralelismos aqui y alli, contradicciones aquf y alla. Pero de todo eso se ha escrito ya demasiado. En realidad el Caribe es eso y mucho ms. Lo que hemos dicho no bastaria para considerarlo un meta-archipiélago, ni cosa que se le parezca. El Caribe es algo verdaderamente sofisticado y eficaz: el iltimo de los meta-archipiélagos. Si alguien exigiera una explicacién visual, una grafica de lo que es el Caribe, lo remitiria a la Via Lactea, el flujo de plasma transformativo que gira parsimoniosamente en là béveda de nuestro globo, que dibuja sobre éste una cartogra- fia «otra» que se modifica a si misma a cada instante, objetos que nacen a la luz mien- tras otros desaparecen cn el seno de las sombras: produccién, intercambio, consumo, mdquina (son palabras que vienen a la mente). No hay nada maravilloso en esto, ni siquiera poético; ya se verà. Hace un par de pérrafos, cuando proponfa una re-lectura del Caribe, sugert partir del hecho indiscuti- ble de que las Antillas constituyen un puente de islas que conecta, de «otra manera», Suramérica con Norteamérica; es decir, una maquina que conecta la narrativa de la biis- queda de El Dorado con la narrativa del hallazgo de El Dorado; o también, si se quie- re, el discurso de la utopfa con el discurso de la historia, o bien, el discurso del deseo con el discurso del poder. Destaqué las palabras «otra manera» porque si tomamos como conexién de ambos sub-continentes el enchufe centroamericano, los resultados serian mucho menos productivos y un tanto ajenos a este trabajo. En realidad, tal en- chufe sélo adquiere importancia objetiva en los mapas de la geografia, de la geo-poli- tica, de las estrategias militares y financieras del momento actual. Son mapas de orden pragmdtico que todos conocemos, que todos llevamos por dentro, y por lo tanto po- demos referir a una primera lectura del mundo. Las palabras «otra manera» son las hue- Ilas de ini intenci6n de significar este texto como producto de una re-lectura, de «otra» lectura. En ésta, el enchufe que verdaderamente cuenta es el que hace la maquina Ca- ribe, cuyo flujo, cuyo sonido, cuya presencia, atraviesa los mapas de las grandes con- tingencias de la historia universal, de los cambios magistrales del discurso econémico, de los vastos choques de razas y de culturas. Proprio per questo il primo capitolo della storia inizia con la storia di Filippo II, che però cronologicamente è il quarto e ultimo blocco. Bisogna ragionare in termine simbolici per leggere in generale la letteratura. Per questo parliamo di multi-focalizzazione perché per via di queste numerose e diverse “isole”, abbiamo di conseguenza molti punti di vista, un insieme di voci. Questo ampiamento della storia ci permette di leggere il passato con gli occhi di oggi. È come se le fonti storiche prendessero vita all’interno del testo letterario.  Antonio Rojo è anche uno sceneggiatore e questo si può percepire all’interno del romanzo, soprattutto nel primo capitolo, dove attraverso il punto di vista di una mosca, ci sembra di essere all’interno di una sceneggiatura di un film. Se ci lasciamo accompagnare è come se fossimo degli intrusi all’interno di questa stanza dove troviamo Filippo II nel suo letto di morte. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- La componente meticciata nei caraibi è:  indigena e spagnola di origine africana ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- LA NAVE NEGRIERA Le persona provenienti dall’Africa venivano prese, schiavizzate e messe su queste navi come dei deportati (Auschwitz). Non tutti arrivavano vivi durante la traversata quindi per i commercianti di esseri umani (inglesi, francesi e olandesi) era importante riuscire a caricare il numero più alto di persone possibili perché sicuramente una percentuale di loro non sarebbe arrivata viva a fine della traversata perché  Le condizioni igieniche che erano nulle  Le condizioni di sopravvivenza erano molto difficili Come faccio a mettere insieme una grande quantità di persone senza che queste persone si ribellino? Attraverso quella che viene chiamata la DESTRUTTURAZIONE. Destrutturazione= vengono isolati e mettendo insieme persone di tribù diverse, non possono parlare la stessa lingua e perciò non possono allearsi o ribellarsi. tutto- oggetti, terre e persone), anche per questo motivo troviamo la questione dei nomi (come nella “Voce dell’acqua” e “Dorme”): -Chiama tutte Doña Antonia (per via del suo nome)= questo equivale all’appropriarsi di qualcuno attraverso un nome. “Quando Antón Babtista arrivò a Jaraguá con i ribelli di Roldán, non trovò Antonia (…) Antón si strinse nelle spalle, e per risarcirsi prese per moglie un’altra nipote di Behechio, che chiamò anche lei Donna Antonia” (pag.170) Non si tradisce la storia creando un personaggio fittizio ma non usando la giusta violenza. Capitolo 5: (pag.23) La caratteristica narrativa di questo capitolo è che è scritto in 1° persona (parla il genero di Menéndez de Avilés)= multi-focalizzazione. -Cerca di convincere il lettore (come se stesse facendo una confidenza) e questo porta ad avere una certa intimità con il lettore -Troviamo l’estetica dell’arcipelago (che si perde tra le isole ma che poi si ritrova). IMPORTANZA DEL TITOLO: A pag. 207, nel saggio di Stefano Tedeschi, ci viene data un’informazione molto importante: Il titolo nasce con un equivoco da parte di un cartografo. Lentilles = Lenticchie. Già il titolo è un gioco. Ma se noi immaginiamo un mare con delle lenticchie sembra proprio un arcipelago. È questo il gioco: prendere un equivoco e farne un simbolo. Da Antille= lenticchie (che sembrano delle isole nel mare) Ci si perde anche nel titolo ma ci si ritrova alla fine. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- IN SINTESI: Si parte da una Estetica del caos Estetica dell’arcipelago Che si manifesta nel:  Contenuto= attraverso molteplici linee temporali e personaggi.  Struttura= attraverso la non consequenzialità delle linee temporali e alla multi- focalizzazione di questi personaggi. È l’incarnazione del nuovo romanzo storico: dove ci sono personaggi storici ma anche l’umanizzazione del personaggio. Il Protagonista-narratore (anonimo) è un orfano spagnolo di 15 anni. Si imbarca per una spedizione diretta verso il Rio della Plata e che parte dalla Spagna. Durante una perlustrazione viene catturato da una tribù indigena antropofaga, la quale uccide i suoi compagni (le cui carni vengono mangiate) mentre lui venne risparmiato e trattenuto. È un romanzo storico ma anche un memoriale. Il vero nome è El entenado (l’orfano/fratellastro) Essere «entenado» significa non avere origini, né «hogar»: questo suo status sociale gli permette di nascere nuovamente. Il Rio della Plata Il Rio della Plata è un luogo ricco simbolico e ricco di memoria. È un fiume che è anche mare perché è dove sfociano i due fiumi Uruguay e Paraná e che congiunge le coste dell’Uruguay e dell’Argentina. È la porta d’accesso nella parte del sud per i territori. È conosciuto nella nostra epoca contemporanea per essere il Mediterraneo Sudamericano, ovvero un mare che contiene sul fondale i corpi dei desaparecidos. Dal 1976 al 1983 c’è stata la dittatura in Argentina. Dove molte persone, che senza motivo, venivano rapiti e fatti sparire lanciandoli dagli aerei (per questo vengono chiamati “i desaparecidos”). In questo romanzo ci troviamo in un’epoca diversa, siamo nell’epoca della conquista ma torna nuovamente il discorso dell’acqua un’acqua che rivela e che nasconde. Proprio durante il periodo della dittatura le mamme e le nonne scendono in piazza a reclamare i loro figli/ nipoti scomparsi ed è così che nasce:  LAS MADRES DE PLAZA DE MAYO (fondata nel 1977)  LAS ABUELAS DE PLAZA DE MAYO (fondata nel 1977) Dove si cercano i figli delle prigioniere. Questo perché una volta aver messo incinta una donna (violentata durante il rapimento) il violentatore era convinto che i bambini non avessero colpa e perciò o li davano a delle famiglie che volevano adottare un bambino oppure lo tenevano con sé (atto di appropriazione). Per questo nella maggior parte dei casa, i bambini frutti di questa violenza e crudeltà non sanno cosa è successo alle loro madri e non conoscono la loro vera origine. Lo scopo di queste due associazioni è proprio quello di andare alla ricerca di figli e nipoti che sono stati vittime di questa situazione per potergli spiegare chi sono in realtà. Cos’è l’Arcano? Questo romanzo parla della storia di un marinaio che si imbarca su una nave che va verso il nuovo mondo. “El entenado” è sinonimo di “fratellastro” “Arcano” il romanzo viene chiamato così perché in questo c’è un mistero (in realtà ce ne sono ben 3). La storia assume un ruolo fondamentale perché la figura di questo marinaio è riconducibile alla storia reale di Francisco del Puerto (ma in realtà noi non sappiamo come si chiama il protagonista). Nel 1516 parte a seguito di una spedizione verso il Sud America e capitanata da Juan Diaz de Solis. C’è uno sfondo storico al quale l’autore si ispira. La struttura= è quello di un memoriale (raccolta di racconti di Francisco raccontati ormai da anziano). Racconta di un viaggio in cui ha vissuto un’esperienza incredibile, insieme a tutto l’equipaggio, fatto prigioniero da una tribù indigena (Colastiné), dove sarà l’unico a sopravvivere. Saer definisce il romanzo metaforico, che si divide in un:  Viaggio di andata  Viaggio di ritorno (Pag. 128) “Una parola qualunque, la più comune, che adoperiamo più volte al giorno, comincia a suonare strana, si stacca dal suo significato, e diventa puro rumore”  Inizia a distaccarsi dalla propria lingua  Va a smontare la sua struttura culturale per comprendere la cultura dell’altro (questa è la destrutturazione) Nella 2° parte del viaggio sente di avere questa missione. Dimentica la propria lingua e poi piano piano deve rimpararla. (Pag. 108-109) “Una notte, in una taverna, delle persone che si ubriacavano al tavolo accanto, dopo la cena, attaccarono, non ricordo come, discordo con me (…) Quando si avvide che conoscevo il latino, il greco, e che non ignoravo né Terenzio né Plauto, mi propose di unirmi a loro (…)”  Incontra una compagnia di attori, che affascinati dalle sue conoscenze e dalla sua esperienza in mezzo agli indigeni (che era vista più come un mito tra gli uomini in quel periodo) lo inglobano all’interno della compagnia. “Mi impegnai a scrivere per loro una commedia e a mostrarmi nei teatri, rappresentando ilo ruolo di me stesso. Nei miei versi la verità era esclusa e se, per distrazione, ne filtrava una piccola parte, il vecchio (…) me la faceva eliminare” “A me avevano riservato, come attributo naturale un’entità vuota, il ruolo di me stesso” Lui però durante gli spettacoli si sente un’entità vuota vive il dissidio interiore di un’identità divisa. Per questo motivo la sua diventa un’identità anfibia (ovvero si trova in mezzo alle due sponde culturali) C’è questo tentativo di farsi conosce dagli indigeni.  C’è uno shock al ritorno= vede tutto con occhi nuovi, alcune cose li sembrano bestiali Fallisce negli obbiettivi del protagonista e nel raccontare ciò che ha vissuto. (Pag. 110-111) “Qualche volta, di proposito, cambiavo il senso delle mie battute, travisandole fino a trasformarle in frasi vuole e assurde, con la speranza che il pubblico reagisse (…) ma quell’espediente non modificava affatto il comportamento delle folle” Il pubblico non lo ascolta come se fosse un testimone anzi prendono tutto come una commedia e allora lui decide di cambiare le battute ma il pubblico continua a ridere e basta. Facendo questo il pubblico non li sta dando la possibilità di raccontare davvero la sua esperienza e tutto quello che ha vissuto. (Pag.113) “Un giorno, dopo lo spettacolo, stanco di tanta falsità, decisi di lasciare la compagnia (…) ci venne in mente che il nipote, quasi mio coetaneo, poteva interpretare la mia parte, assumendo, naturalmente, la mia identità, mentre io mi impegnavo a cambiare nome e a non scrivere nessun’altra opera di teatro sulle mie avvenute” Decide di abbandonare la compagnia, ma la compagnia deve andare avanti e perciò lo sostituiscono con il nipote del capo ma con la condizione di avere la sua identità, perciò il nostro protagonista è obbligato a dover cambiare nome e perciò è costretto, in un certo senso, ad abbandonare quel poco che era rimasto della sua identità. L’importanza della parola “Orfano”: In questo romanzo la parola “Orfano” è molto simbolica perché se si legge attentamente il romanzo ci si rende conto che in tutti i momenti di questa avventura, quando nel nostro protagonista, nasce un briciolo di speranza di appartenenza a un qualcosa o a qualcuno, li viene tolto tutto e diventa di nuovo “orfano”. 1. Prima del viaggio è convinto di possedere un’identità, una cultura e un linguaggio ma tutto questo durante i 10 anni con gli indigeni cambia drasticamente. 2. Quando poi si sta abituando alla sua nuova vita, gli indigeni decidono di rimandarlo indietro, verso quel paese e quella cultura che non gli appartiene più da tempo. 3. Infine, quando riesce a trovare un modo per poter essere finalmente il testimone della sua avventura e vita è costretto ad andarsene e ad abbandonare nuovamente la sua identità. Perciò quali sono gli arcani? Il 1° arcano Perché l’hanno risparmiato? Il 2° arcano Che cosa significa la parola “defghi”? Il 3° arcano Ma chi è lui? (Il protagonista) È un uomo di frontiera: dopo tutti questi avvenimenti lui continua a viaggiare e mette insieme più sponde culturali. Il fattore di “insieme” lo troviamo anche nella struttura del libro.
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