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APPUNTI COMPLETI DI MACROECONOMIA, Appunti di Macroeconomia

miei appunti personali di macroeconomia presi interamente a lezione (e perfezionati poi a casa) che mi hanno permesso di preparare l'esame in totale tranquillità e di superarlo con un punteggio massimo (30L).

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 02/07/2024

dumbrunett3
dumbrunett3 🇮🇹

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Scarica APPUNTI COMPLETI DI MACROECONOMIA e più Appunti in PDF di Macroeconomia solo su Docsity! L’attività economica può essere misurata dal livello di produzione aggregata oppure dal PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL); possiamo definire il Pil come il valore di mercato della somma di tutti i beni e servizi finali prodotti in un determinato anno in un determinato paese. “VALORE DI MERCATO”→ ciò implica che tutti i beni/servizi sono valutati (se non specificato diversamente) secondo i prezzi (quindi secondo i loro costi) di mercato. “BENI E SERVIZI FINALI”→ ciò permette di EVITARE il doppio conteggio (di beni e servizi): non viene incluso quindi il valore dei beni intermedi, ovvero qui beni che vengono utilizzati per produrre altri beni. “PRODOTTO IN UN DETERMINATO PAESE”→ ciò significa che il PIL include beni e servizi prodotti in un determinato paese indipendentemente dalla nazionalità dei fattori necessari alla produzione. COME SI MISURA IL PIL? Il valore del Pil di un Paese può essere ottenuto utilizzando 3 distinti metodi: 1- METODO DELLA SPESA→ si tratta della SPESA TOTALE necessaria per acquistare tutti i beni/servizi finali prodotti in un anno in un determinato paese. Troviamo diversi elementi della spesa, quali: a. CONSUMO (C) ovvero gli acquisti di beni/servizi che vengono fatti da parte delle famiglie. b. INVESTIMENTI (I) ovvero gli acquisti di beni/servizi che vengono fatti da parte delle imprese. c. SPESA PUBBLICA (G) ovvero gli acquisti di beni/servizi che vengono fatti da parte dello stato. d. ESPORTAZIONI NETTE (NX) ovvero gli acquisti di beni/servizi che vengono fatti da parte dell’estero. Quindi: PIL (Y)= SPESA (ovvero CONSUMI+ INVESTIMENTI+ SPESA PUBBLICA+ ESPORTAZIONI NETTE)→ PIL= CONSUMI+ INVESTIMENTI+ SPESA PUBBLICA+ ESPORTAZIONI NETTE (PIL è uguale alla somma dei redditi). 2- METODO DEL VALORE AGGIUNTO (ovvero la differenza tra il valore della produzione venduta e il costo dei beni intermedi utilizzati)→ si tratta della SOMMA totale del valore aggiunto generato dalle imprese situate in un determinato paese. 3- METODO DEL REDDITO→ si tratta della SOMMA totale dei redditi percepiti dai fattori della produzione durante un anno in un determinato paese. Indifferentemente dalla metodologia che si sceglie di utilizzare, per il calcolo del Pil, vengono considerate le informazioni della CONTABILITA’ NAZIONALE: essa cerca di tracciare e quantificare i FLUSSI MONETARI tre le diverse parti dell’economia (questi nascono dall’interazione degli agenti nei diversi mercati). Tra gli AGENTI ECONOMICI appena citati possiamo riconoscere: 1. Agenti del SETTORE PRIVATO: a. FAMIGLIE b. IMPRESE 2. Agenti del SETTORE PUBBLICO come le AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE. 3. Agenti del SETTORE ESTERNO ovvero il resto del mondo. Come sappiamo, i governi G, le famiglie C e le imprese I acquistano tutti dei beni e dei servizi dalle imprese (mercati dei beni/servizi); sappiamo anche che le imprese I utilizzano il reddito derivante dalle vendite (parliamo di una rendita e quindi del PIL) per pagare i salari ai lavoratori, le rendite ai proprietari terrieri e i profitti ai proprietari delle imprese (mercati dei fattori). Le imprese però prendono anche prestiti dalle istituzioni finanziarie: quando le imprese si rivolgono al mercato per acquistare beni/servizi, lo fanno per espandersi o per investire in nuovi impianti (I). I consumatori acquistano beni/servizi con il denaro che ricevono dai salari/profitti/ rendite; una parte dei salari/benefici/affitti viene TASSATA (T): ricevendo trasferimenti dal governo (TR), RISPARMIANO il reddito che non consumano (S). Il governo utilizza questi fondi raccolti dalle tasse (T) per spenderli nei servizi pubblici investendo in infrastrutture/istruzione/sanità/ difesa eccetera. Il PIL può nel tempo CAMBIARE per 2 motivi, ovvero: 1. Cambiamento delle QUANTITA’ dei beni/servizi che vengono PRODOTTI. 2. Cambiamento dei PREZZI di questi beni/servizi. Da questo concetto possiamo quindi distinguere 2 tipologie di PIL differenti: a. PIL NOMINALE→ ovvero la somma delle quantità di beni/servizi finali prodotti in un anno moltiplicate per i loro PREZZI CORRENTI (ovvero i prezzi nello stesso anno). b. PIL REALE→ ovvero la somma delle quantità di beni/servizi finali prodotti in un anno moltiplicate per i loro PREZZI COSTANTI (ovvero i prezzi in un anno base). Da un punto di vista CONTABILE, il PIL può essere scomposto da diversi elementi: a. CONSUMO (C) ovvero gli acquisti di beni/servizi che vengono fatti da parte delle famiglie. b. INVESTIMENTI (I) ovvero gli acquisti di beni/servizi che vengono fatti da parte delle imprese e da privati (come ad esempio l’acquisto di nuove abitazioni). c. SPESA PUBBLICA (G) ovvero gli acquisti di beni/servizi che vengono fatti da parte dello stato. d. SALDO ESTERNO (X-IM)→ si tratta delle esportazioni meno le importazioni. e. INVESTIMENTI IN SCORTE (Is)→ si tratta della differenza tra la produzione e le vendite: Se la produzione supera le vendite (eccesso di offerta), allora le imprese accumulano scorte→ Is>0. Se la produzione è inferiore alle vendite (eccesso di domanda), allora Is<0. E’ importante chiarire che l’investimento in scorte ha 2 componenti: la prima è programmata e come tale fa parte della domanda aggregata (la troviamo all’interno di I), la seconda non è programmata e fa parte del PIL (Is= isP+IsNP) e non della domanda aggregata. Quindi nel momento in cui Is è diverso da 0 non siamo assolutamente in una situazione di equilibrio; Il MODELLO REDDITO-SPESA (modello di Keynes) ci permette di studiare il funzionamento del mercato dei beni e dei servizi; ciò detto, è necessario fare delle precisazioni: a. Il livello dei prezzi è FISSO: le imprese sono disposte ad offrire qualsiasi quantità di un bene/servizio ad un prezzo determinato. b. L’economia è CHIUSA, non ha rapporti con l’estero (X=IM=0). c. Il risparmio delle imprese è uguale a zero. d. Non esistono imposte indirette né sovvenzioni alle imprese (Ti/Sb=0). e. Il deprezzamento è uguale a zero. Per cui, tenendo conto di queste considerazioni, possiamo dire che il PIL può essere considerato uguale sia al REDDITO Y (tutto ciò che viene venduto genera un reddito) sia alla SPESA NAZIONALE. La DOMANDA AGGREGATA (Z) di beni/servizi può essere definita come: Il CONSUMO (variabile dipendente dal reddito) C=C(YD) dove YD è il reddito disponibile di un soggetto (che è dato dal reddito Y meno le imposte T); dicendo ciò in maniera più lineare avremmo: a. C0 è il consumo autonomo. b. C1 rappresenta la propensione marginale a consumare ed è sempre un numero compreso tra 0 e 1. L’INVESTIMENTO I=I all’interno di questo modello, è una variabile ESOGENA (indipendente). Il SETTORE PUBBLICO invece come abbiamo visto comprende: 1. La SPESA PUBBLICA (G)=G è una variabile ESOGENA. 2. Le IMPOSTE (T)= TA- TR è anch’essa una variabile ESOGENA (quando parliamo di imposte intendiamo solo quelle dirette). Vediamo quindi tutto questo appena spiegato secondo l’equazione: Possiamo poi inoltre dire che il reddito lordo Y (il reddito disponibile dopo aver pagato le tasse) è UGUALE alla produzione realizzata. Analizziamo adesso la CONDIZIONE DI EQUILIBRIO nel mercato dei beni in cui il reddito è uguale alla domanda aggregata→ Y=Z; per ottenere l’equilibrio quindi ci basta sostituire la funzione di domanda aggregata all’interno dell’equazione: Notiamo come, dato che ci troviamo in una situazione di equilibrio, all’interno della domanda aggregata Z non troviamo Is (gli investimenti in scorte). Mi risolvo la moltiplicazione di C1: porto il C1 moltiplicato per Y a sinistra (dato che si moltiplica per Y che si trova appunto a sinistra) cambiandolo di segno mentre l’altro c1 (risultato dalla moltiplicazione per -T) lo lascio a destra. Infine mi isolo il reddito Y che diventa il così detto MOLTIPLICATORE DELLA SPESA AUTONOMA (o Keynesiano) che ricordiamo è sempre > 1→ il moltiplicatore serve per AMPLIFICARE gli effetti che scaturiranno dalla variazione delle variabili. Ricordiamo che in seguito ad una qualsiasi variazione di qualsiasi elemento della spesa autonoma (che è l’intercetta verticale) sposta la retta verso l’alto o il basso. Analizziamo adesso le condizioni in cui non si ha una condizione di equilibrio (in cui Z=Y e Is=0): ricordiamo che in queste situazioni di NON EQUILIBRIO si può tornare ad una situazione di equilibrio con un aggiustamento dato dalla VARIAZIONE DELLE SCORTE NON PROGRAMMATE Is^NP; abbiamo quindi: 1- ECCESSO DI OFFERTA DEI BENI→ in questa situazione la produzione (e quindi il reddito Y) è maggiore della domanda aggregata Z (e quindi come abbiamo detto IS>0): Accade ovviamente che, per ovviare a ciò, le imprese RIDUCONO la PRODUZIONE (e quindi si riduce anche il reddito Y dato che Y=produzione): 1- ECCESSO DI DOMANDA DEI BENI→ in questa situazione la produzione (e quindi il reddito Y) è minore della domanda aggregata Z (e quindi come abbiamo detto IS<0): Accade ovviamente che, per ovviare a ciò, le imprese AUMENTANO la PRODUZIONE (e quindi si aumenta anche il reddito Y dato che Y=produzione): Vediamo cosa accade nel caso in cui, partendo da una situazione di equilibrio, vi sia un AUMENTO ESOGENO di qualche componente della spesa come ad esempio il CONSUMO AUTONOMO C0: Aumentando il consumo, aumenta conseguentemente anche la domanda aggregata Z, e quindi Z>Y (e quindi, essendo Y=produzione, anche la produzione sarà minore della domanda)→ ci troviamo in una situazione di ECCESSO DI DOMANDA (Is<0). CASO 1 (ricordiamo che questi esempi seguendo il modello di Keynes, hanno come fattori esogeni l’investimento I, le imposte T e la spesa pubblica G)→ vediamo il caso in cui vi sia un AUMENTO della spesa pubblica G (politica espansiva). Inizialmente abbiamo una SITUAZIONE DI EQUILIBRIO: Se il governo aumenta la spesa pubblica, allora ovviamente ΔG>0 (si passa infatti da G0 a G’)→ la domanda aggregata si sposta verso l’ALTO (si passa infatti da Z a Z’) per il valore della variazione di G: questo determina Z’0>Y0. Ci troviamo quindi in questa situazione dove non siamo ancora in equilibrio: dopo la politica in zero vi è infatti un ECCESSO di DOMANDA DI BENI→ la produzione deve aumentare. Aumentando la produzione aumentano di conseguenza anche il reddito Y: ci troviamo nel nuovo punto di equilibrio 1: Analizziamo quindi gli EFFETTI di tale aumento di G (vediamo quindi cosa accade nel punto 1): a. La spesa pubblica G è aumentata portando ad un aumento della produzione e di conseguenza anche del reddito (produco di più, guadagno di più): ciò mi rende più ricco→ aumenta il consumo (essendo più ricco acquisto maggiormente). Possiamo poi fare delle osservazioni→ se pensiamo al fatto che per il governo l’unico modo per ottenere RICAVI è attraverso l’imposizione delle tasse (ovvero le imposte, se dico una cosa o l’altra vale lo stesso) T mentre i COSTI del governo sono rappresentati dalla spesa pubblica G, allora possiamo dire che: profitto governo= T-G (totale costi- totale ricavi). il DEBITO PUBBLICO (deficit) non è altro che un profitto negativo del governo e cioè quando T-G<0. Vediamo la variazione del debito pubblico in base alle politiche che il governo può intraprendere: a. Se il governo RIDUCE LE TASSE allora il debito pubblico AUMENTA. b. Se il governo AUMENTA LE TASSE allora il debito pubblico DIMINUISCE. c. Se il governo AUMENTA LA SPESA PUBBLICA allora il debito pubblico AUMENTA. d. Se il governo DIMINUISCE LA SPESA PUBBLICA allora il debito pubblico DIMINUISCE. e. Se il governo AUMENTA sia la SPESA PUBBLICA che le TASSE (deficit rimane fisso)→ l’aumento della spesa pubblica (visto che ha effetti diretti sulla domanda aggregata) è > dell’aumento delle tasse: ne consegue un aumento della domanda aggregata e quindi della produzione e quindi del reddito. f. Se il governo DIMINUISCE sia la SPESA PUBBLICA che le TASSE (deficit rimane fisso)→ la diminuzione della spesa pubblica (visto che ha effetti diretti sulla domanda aggregata) è > della diminuzione delle tasse: ne consegue una diminuzione della domanda aggregata e quindi della produzione e quindi del reddito. CASO 2 il governo decide di RIDURRE LE IMPOSTE T (politica fiscale espansiva)→ ovviamente partiamo sempre da una situazione di equilibrio che si ha prima di tale intervento del governo: In seguito ad una RIDUZIONE di T, il reddito Y disponibile aumenta (dovendo pagare meno tasse è come se si fosse più ricchi) e di conseguenza aumenta anche il consumo C→ la funzione di domanda aggregata si sposta verso l’alto per il valore della variazione di T. La ΔY rispetto ad una diminuzione di T verrà così calcolata: dopo la politica in zero abbiamo un ECCESSO di DOMANDA DI BENI→ la produzione deve aumentare; quindi le imprese inizieranno ad AUMENTARE la PRODUZIONE, aumentando ancora il reddito ed i consumi e così via sino al raggiungimento di un NUOVO EQUILIBRIO: Un’osservazione complessiva IMPORTANTISSIMA di entrambi questi casi riguarda il fatto che l’EFFETTO SUL PIL di queste variazioni (di G e di T) è molto più grande se vi è un aumento di G piuttosto che ad una diminuzione di T→ questo perché, come abbiamo visto per misurare la ΔY bisogna tenere conto ANCHE di quel -C1 che è quindi < 1(è normale che quindi la ΔY in risposta all’aumento di G sia invece di valori maggiori). Tutto questo avviene perché le TASSE hanno un EFFETTO INDIRETTO sulla domanda aggregata (dopo una variazione delle imposte, non abbiamo subito e direttamente una variazione della domanda aggregata: prima avremmo una variazione del reddito, poi dei consumi ed infine della domanda aggregata)→ diminuendo le tasse ho più reddito disponibile e consumerò però solo una parte del reddito disponibile. Mentre la SPESA PUBBLICA ha un EFFETTO DIRETTO sulla domanda aggregata (alla variazione della spesa pubblica, varia subito di conseguenza anche la domanda aggregata). Possiamo infatti così riassumere le variazioni del reddito in seguito alla variazione di uno degli elementi della spesa autonoma: b. OFFERTA DI DENARO (Ms)→ si tratta della quantità di moneta in circolazione in un determinato periodo di tempo (banalmente non è altro che il denaro che la banca centrale stampa) ed è costituita da 2 elementi principali ovvero dal denaro CIRCOLANTE e dai DEPOSITI di conto corrente bancario. L’offerta di denaro è influenzata dalle politiche delle BANCHE CENTRALI di ciascun Paese (nei Paesi europei vi è la Banca Centrale Europea) e anche dalle BANCHE COMMERCIALI; La banca centrale controlla i TASSI DI INTERESSE attraverso operazioni di acquisti/ vendite nei mercati aperti: è ovvio che, controllando i tassi di interesse, le banche centrali controllano anche l’OFFERTA MONETARIA (ne consegue quindi che le operazioni di mercato aperte che tali banche possono attuare SPOSTANO la curva di offerta). Graficamente l’offerta di denaro può essere rappresentata da una RETTA perfettamente VERTICALE in corrispondenza di una determinata quantità di moneta: Analogamente a quanto avviene in microeconomia, l’EQUILIBRIO DI DENARO (che indicheremo con il punto “E”) si ottiene nel momento in cui la domanda e l’offerta di denaro sono uguali (graficamente si intende quando la curva di domanda di denaro e la retta verticale dell’offerta si intersecano)→ parliamo quindi di TASSO DI INTERESSE DI EQUILIBRIO. Partendo quindi da questa condizione di equilibrio possiamo determinare il TASSO DI INTERESSE DI EQUILIBRIO (i*) detto anche LM: Normalmente gli individui lasciano il denaro nel conto corrente solo per investirlo: ciò significa che se gli individui non vogliono detenere il denaro (sotto forma di moneta), comprano i titoli di stato/ se gli individui non vogliono i titoli, li vendono e altri soggetti che li pagheranno con il denaro → PORTAFOGLIO BILANCIATO tra denaro e titoli di stato. Così come all’interno della produzione (come abbiamo in precedenza visto) vi erano punti di ECCESSO DI DOMANDA e di OFFERTA (ricordiamo che ciò si può vedere solamente dopo aver calcolato il punto di equilibrio), anche in questa situazione di mercato di denaro ciò avviene: 1- Prendiamo il punto A (punto in cui il mio reddito è fisso) e chiediamoci: in questo punto, il prezzo del denaro (ovvero il tasso di interesse i) è molto alto o è molto basso rispetto al prezzo di equilibrio i*? La risposta ovviamente è che il prezzo del denaro in quel punto è molto più ALTO→ parliamo quindi di un ECCESSO DI OFFERTA di denaro (gli individui infatti non compreranno mai un bene che costa di più del suo prezzo abituale). Avendo un eccesso di offerta di denaro, significa che quel denaro in più l’individuo non lo vuole (nel senso che è troppo caro e non può permetterselo): ragionando con quanto detto prima, se un soggetto non vuole il denaro allora in cambio comprerà dei TITOLI DI STATO. Più un soggetto compra titoli di stato, più il prezzo di questi aumenta: aumentando il prezzo dei titoli di stato di conseguenza DIMINUISCE il prezzo dell’altro bene (ovvero diminuisce il tasso di interesse che è tornato ad essere quello di equilibrio i*)→ siamo riusciti a ristabilire l’equilibrio E. 2- Andando avanti a comprare i titoli di stato il prezzo il di questi aumenta e diminuisce il prezzo dell’altro bene (e quindi il tasso di interesse i* si sposta sempre più in basso: individuiamo questo nuovo tasso di interesse diminuito con “ic” che intersechiamo con la curva di domanda trovando il punto C). Facciamo lo stesso ragionamento di prima e ci chiediamo: in questo punto C, il prezzo del denaro (ovvero il tasso di interesse i) è molto alto o è molto basso rispetto al prezzo di equilibrio i*? La risposta ovviamente è che il prezzo del denaro in quel punto è molto più BASSO→ parliamo quindi di un ECCESSO DI DOMANDA di denaro. Avendo un eccesso di domanda di denaro, significa che quel denaro in meno l’individuo lo vuole (nel senso che adesso il bene costa di meno e può permetterselo): ragionando con quanto detto prima, se un soggetto vuole il denaro allora in cambio venderà i propri TITOLI DI STATO. Più un soggetto vende titoli di stato, più il prezzo di questi diminuisce: diminuendo il prezzo dei titoli di stato di conseguenza AUMENTA il prezzo dell’altro bene (ovvero aumenta il tasso di interesse passando da ic a i*)→ così procedendo siamo in grado di ritornare nella situazione di equilibrio E. RIASSUMENDO quindi, in entrambi questi 2 casi, l’equilibrio si raggiunge comprando o vendendo il bene che posso permettermi (nel primo caso ho comprato i titoli di stato poiché potevo permettermeli/ nel secondo caso ho venduto i titoli di stato). Vediamo adesso cosa accade alla DOMANDA DI DENARO se il reddito Y aumenta: come sappiamo questi due elementi sono direttamente proporzionali quindi all’aumentare dell’uno aumenterà anche l’altro (la stessa cosa avviene nel caso di una diminuzione). L’aggiustamento della retta LM è sempre VERTICALE poiché l’unica cosa che il mercato del denaro può controllare è il tasso di interesse i. Ipotizziamo che venga attuata una politica MONETARIA ESPANSIVA (può essere attuata fatta comprando titoli di stato oppure aumentando il coefficiente di riserve obbligatorie)→ questa politica fa aumentare il costo dei titoli di stato mentre fa diminuire il prezzo del denaro (si passa infatti da i0 a i1); ciò fa muovere verso il BASSO la retta LM (si passa dal punto di equilibrio E0 a E1): come possiamo vedere dal grafico, in corrispondenza dei punti di equilibrio, il livello di reddito rimane lo stesso (Y0). Ovviamente il contrario avviene nel caso di una POLITICA MONETARIA RESTRITTIVA (vendita di titoli di stato oppure diminuzione del coefficiente di riserve obbligatorie)→ questa politica fa aumentare il costo dei titoli di stato mentre fa diminuire il prezzo del denaro (si passa infatti da i0 a i1); ciò fa muovere verso l’ALTO la retta LM (si passa dal punto di equilibrio E0 a E1): come possiamo vedere dal grafico, in corrispondenza dei punti di equilibrio, il livello di reddito rimane lo stesso (Y0). Come sappiamo l’EQUILIBRIO si ha nel momento in cui la domanda di denaro è uguale all’offerta di denaro; abbiamo infatti l’equazione della RETTA LM (ovvero i*): a. Il tasso di interesse i ovvero l’intersezione con l’asse i→si ottiene ponendo la y uguale a zero (è come si Ky si annullasse): b. La Y ovvero l’intersezione con l’asse y→ per ricavare la Y basta porre “i” uguale a zero (di conseguenza è come se il -hi si annulla): Graficamente otteniamo questo: Vediamo cosa accade nel caso in cui avessimo uno dei due uguale a zero: a. Se abbiamo y uguale a zero→ è come se avessimo solamente la “i” e quindi di conseguenza, non essendoci alcuna intersezione con l’asse y, la retta LM sarà completamente ORIZZONTALE (ciò significa che saremo completamente INSENSIBILI al reddito Y): b. Se abbiamo i uguale a zero→ è come se avessimo solamente la “Y” e quindi di conseguenza, non essendoci alcuna intersezione con l’asse i, la retta LM sarà completamente VERTICALE (ciò significa che saremo completamente INSENSIBILI al tasso di interesse i): Come sappiamo, nel modello reddito-spesa non vi assolutamente alcun tipo di elemento monetario (infatti non sono presenti tassi di interesse): notiamo come non vi sia alcuna correlazione tra il MONDO FINANZIARIO e il MONDO REALE (del modello reddito-spesa). Ma se la banca centrale (ci troviamo nel mondo finanziario) decide di attuare una qualsiasi politica monetaria (restrittiva/ espansiva) il mondo reale ne risente: dobbiamo quindi tornare nel modello reddito spesa e trovare una maniera per INCLUDERE il tasso di interesse. Con ciò ne deriva che l’INVESTIMENTO è ENDOGENO (non più esogeno) ed è in funzione del tasso di interesse e del reddito: più è alto il tasso di interesse (che la banca ci offre per poter investire) meno si investirà/ più basso è il tasso di interesse (che la banca ci offre per investire) più si investirà. Ovviamente dipende dalla traccia d’esame (potrebbe capitare che l’investimento dipenda solo dal reddito o solo dal tasso di interesse oppure che dipenda dall’investimento autonomo)→ bisogna SEMPRE guardare le equazioni. Vediamo come adesso l’investimento sia formato da elementi aggiuntivi rispetto all’investimento del modello reddito spesa: la DOMANDA AGGREGATA Z infatti adesso presenta questa variabile endogena: Ponendo Z=Y e facendo gli adeguati calcoli abbiamo che: La retta IS si sposta verso DESTRA nel caso in cui la retta della domanda aggregata Z si sposta verso l’ALTO (per politiche fiscali espansive come l’aumento di G o la diminuzione di T/ quando aumenta C0 o I0); al contrario la retta IS si sposta verso SINISTRA nel caso in cui la retta della domanda aggregata Z si sposta verso il BASSO (per politiche fiscali restrittive come l’aumento di T o la diminuzione di G/ quando diminuisce C0 o I0). In macroeconomia è necessario trovare un EQUILIBRIO SIMULTANEO tra il mercato del denaro (rappresentato dalla retta LM) e il mercato dei beni (rappresentato dalla retta IS): il solo punto di equilibrio macroeconomico dove sono in equilibrio sia i beni che la moneta è il punto in cui si intersecano le 2 rette (punto E). Importante fare 2 precisazioni importanti ed utili: ogni singolo punto presente sulla retta LM si trova in EQUILIBRIO DI DENARO ma non in equilibrio dei beni mentre ogni punto presente sulla retta IS si trova in EQUILIBRIO DI BENI ma non in equilibrio di denaro. a. Il PUNTO A→ in questo punto, trovandosi esattamente sulla retta LM, si trova in equilibrio di denaro ma troviamo un eccesso di offerta di beni (a quel livello di prezzo del denaro i0, nessuno comprerebbe niente e abbiamo quindi un eccesso di offerta). Per ovviare a questa situazione di eccesso di offerta di beni e tornare all’equilibrio E, è necessario diminuire la produzione: diminuendo la produzione, diminuisce anche il reddito Y e la domanda di denaro aumentando di conseguenza anche il tasso di interesse tornando così al punto di equilibrio. b. Il PUNTO C→ in questo punto, trovandosi esattamente sulla retta LM, si trova in equilibrio di denaro ma troviamo un eccesso di domanda di beni (a quel livello di prezzo del denaro i0, si comprerebbe moltissimo e abbiamo quindi un eccesso di domanda). Per ovviare a questa situazione di eccesso di domanda di beni e tornare all’equilibrio E, è necessario aumentare la produzione: aumentando la produzione, aumenta anche il reddito Y e la domanda di denaro aumentando di conseguenza anche il tasso di interesse tornando così al punto di equilibrio. c. Il PUNTO B→ in questo punto, trovandosi esattamente sulla retta IS, si trova in equilibrio di beni ma troviamo un eccesso di domanda di denaro (a quel livello di prezzo del denaro i0, si comprerebbe moltissimo e abbiamo quindi un eccesso di domanda) che fa aumentare il tasso di interesse. Visto che in questa situazione la produzione non può essere modificata, bisogna tornare VERTICALMENTE nel punto A (così poi una volta nel punto A dove è possibile modificare la produzione, si può tornare all’equilibrio E). d. Il PUNTO D→ in questo punto, trovandosi esattamente sulla retta IS, si trova in equilibrio di beni ma troviamo un eccesso di offerta di denaro (a quel livello di prezzo del denaro i0, nessuno comprerebbe niente e abbiamo quindi un eccesso di offerta) che fa diminuire il tasso di interesse. Visto che in questa situazione la produzione non può essere modificata, bisogna tornare VERTICALMENTE nel punto C (così poi una volta nel punto C dove è possibile modificare la produzione, si può tornare all’equilibrio E). Nel caso in cui si parlasse di un eccesso di domanda di titoli di stato (domandare titoli di stato significa vendere denaro: offerta) ci troviamo nel punto D in cui appunto vi è un eccesso di offerta di denaro; al contrario nel caso in cui si parlasse di un eccesso di offerta di titoli di stato (offrire titoli di stato significa comprare denaro: domanda) ci troviamo nel punto B in cui appunto vi è un eccesso di domanda di denaro. a. Nel PUNTO ALFA→ non trovandomi su nessuna delle 2 rette non sono in equilibrio: sono infatti in una situazione di eccesso di domanda di beni (perché sono sotto alla retta IS) e di eccesso di offerta di denaro. Dato che è più semplice “aggiustare” il disequilibrio all’interno del mondo del denaro, incomincio passando al punto B: da questo punto poi si passa ad A e potrò aumentare la produzione e tornare al punto di equilibrio E. e. Nel PUNTO SIGMA→ non trovandomi su nessuna delle 2 rette non sono in equilibrio: sono infatti in una situazione di eccesso di offerta di beni (perché sono al di sopra della retta IS) e di eccesso di domanda di denaro (perché sono al di sotto della retta LM). Dato che è più semplice “aggiustare” il disequilibrio all’interno del mondo del denaro, incomincio passando al punto A: da questo punto poi potrò diminuire la produzione e tornare al punto di equilibrio E. b. Nel PUNTO DELTA→ non trovandomi su nessuna delle 2 rette non sono in equilibrio: sono infatti in una situazione di eccesso di offerta di beni (perché sono sopra alla retta IS) e di eccesso di offerta di denaro (perché sono sopra alla retta LM). Da delta mi sposto in A che diventa un punto dove avevamo un eccesso di offerta di beni: ciò diventerebbe un eccesso di domanda di beni ma ciò non è possibile poiché esistono dei punti (come delta appunto) che sono INSTABILI e che non ritornano all’equilibrio. c. Nel PUNTO OMEGA→ non trovandomi su nessuna delle 2 rette non sono in equilibrio: sono infatti in una situazione di eccesso di domanda di beni (perché sono sotto la retta IS) e di eccesso di offerta di denaro (perché sono sopra alla retta LM). Dato che è più semplice “aggiustare” il disequilibrio all’interno del mondo del denaro, incomincio passando al punto C: da questo punto poi potrò aumentare la produzione e tornare al punto di equilibrio E. Dopo la politica in zero ho un ECCESSO di DOMANDA di BENI→ la produzione aumenta, aumenta anche il reddito, la domanda di denaro e di conseguenza anche il tasso di interesse: mi trovo così nel nuovo punto di equilibrio 1: Con una politica fiscale espansiva, nel punto di equilibrio 1,Y aumenta, T essendo esogeno non varia, aumenta G (perché supponiamo che questa politica preveda l’aumento di G), aumentano i consumi C (perché è aumentato il reddito), il deficit pubblico Dy aumenta, S aumenta (essendo aumentato il reddito), gli investimenti I sono INDETERMINATI (nel senso che sia aumentano inizialmente con un aumento del reddito, sia poi diminuiscono con un aumento dei tassi di interesse) per via dell’EFFETTO SPIAZZAMENTO. b. POLITICA FISCALE ESPANSIVA (aumento di G o diminuzione di T) con una retta LM “piatta”→ IS si sposta verso l’alto; dopo la politica, nel punto 0 che prima era in equilibrio, si genera un ECCESSO DI DOMANDA DI BENI→ la produzione aumenta e aumenta anche il reddito e la domanda di denaro: mi trovo così nel nuovo punto di equilibrio 1. adesso, per vedere come la pendenza della retta LM impatti sulla politica fiscale, mi basta partire dalla funzione di domanda Z (dove questa volta ho in più l’equazione dell’investimento di cui Dy è il deficit e Si è l’investimento privato): Con una politica fiscale espansiva, nel punto di equilibrio 1, Y aumenta, T essendo esogeno non varia, aumentano i consumi C, il deficit pubblico Dy aumenta, il risparmio S aumenta (essendo aumentato il reddito) MA questa volta rispetto al caso precedente gli investimenti I NON sono INDETERMINATI ma AUMENTANO (nel senso che non essendoci una variazione del tasso di interesse ma un aumento del reddito, allora aumentano). a. POLITICA FISCALE ESPANSIVA (aumento di G o diminuzione di T) con una retta LM “rigida→ IS si sposta verso l’alto; dopo la politica, nel punto 0 che prima era in equilibrio, si genera un ECCESSO DI DOMANDA DI BENI→ la produzione aumenta e aumenta anche il reddito, la domanda di denaro e di conseguenza anche il tasso di interesse: mi trovo così nel nuovo punto di equilibrio 1. La pendenza di LM in questo caso ha un EFFETTO POSITIVO sulla politica fiscale nel senso che si ha MAGGIORE CREDIBILITA’ sulla politica (la banca centrale quindi cercherà di mantenere i tassi di interesse bassi . adesso, per vedere come la pendenza della retta LM impatti sulla politica fiscale, mi basta partire dalla funzione di domanda Z (dove questa volta ho in più l’equazione dell’investimento di cui Dy è il deficit e Si è l’investimento privato): Con una politica fiscale espansiva, nel punto di equilibrio 1, Y è invariato, T essendo esogeno non varia, i consumi C sono invariati, il deficit pubblico Dy aumenta, MA questa volta rispetto al caso precedente gli investimenti I DIMINUISCONO (nel senso che essendoci un aumento del tasso di interesse, questi cadono: con tassi di interesse alti nessuno investirebbe) e S rimane INVARIATO (perché Y non varia). a. POLITICA FISCALE RESTRITTIVA (aumento di t) con una retta LM “standard→ IS si sposta verso il basso; dopo la politica, nel punto 0 che prima era in equilibrio, si genera un ECCESSO DI OFFERTA DI BENI→ la produzione diminuisce e diminuisce anche il reddito, la domanda di denaro e di conseguenza anche il tasso di interesse: mi trovo così nel nuovo punto di equilibrio 1. La pendenza di LM in questo caso ha un EFFETTO NEGATIVO sulla politica fiscale nel senso che si ha MINORE CREDIBILITA’ sulla politica (la banca centrale non mantiene costanti i tassi di interesse). adesso, per vedere come la pendenza della retta LM impatti sulla politica fiscale, mi basta partire dalla funzione di domanda Z (dove questa volta ho in più l’equazione dell’investimento di cui Dy, di cui la “d” può essere una qualsiasi lettera, è il deficit e Si è l’investimento privato): Con una politica fiscale restrittiva, nel punto di equilibrio 1, Y diminuisce, G essendo esogeno non varia, aumenta T che è invece endogena (perché supponiamo che questa politica preveda l’aumento di T), diminuiscono i consumi C, il deficit pubblico Dy diminuisce, S diminuisce (per via del reddito che diminuisce), gli investimenti I sono INDETERMINATI (nel senso che sia aumentano inizialmente con un aumento del reddito, sia poi diminuiscono con un aumento dei tassi di interesse) per via dell’EFFETTO SPIAZZAMENTO. a. POLITICA FISCALE RESTRITTIVA (aumento di T o diminuzione di G) con una retta LM “piatta”→ IS si sposta verso il basso; dopo la politica, nel punto 0 che prima era in equilibrio, si genera un ECCESSO DI OFFERTA DI BENI→ la produzione diminuisce e diminuisce anche il reddito, la domanda di denaro: mi trovo così nel nuovo punto di equilibrio 1. Con una politica fiscale restrittiva, nel punto di equilibrio 1, Y diminuisce, T essendo esogeno non varia, diminuisce G che è invece endogena (perché supponiamo che questa politica preveda la diminuzione di G), diminuiscono i consumi C, il deficit pubblico Dy diminuisce, S diminuisce (essendo diminuito il reddito), gli investimenti I DIMINUISCONO dato che il reddito è diminuito. b. POLITICA FISCALE RESTRITTIVA (aumento di T o diminuzione di G) con una retta LM “rigida”→ IS si sposta verso il basso; dopo la politica, nel punto 0 che prima era in equilibrio, si genera un ECCESSO DI OFFERTA DI BENI→ la produzione diminuisce e diminuisce anche il reddito, la domanda di denaro e di conseguenza anche il tasso di interesse: mi trovo così nel nuovo punto di equilibrio 1. La pendenza di LM in questo caso ha un EFFETTO NEGATIVO sulla politica fiscale nel senso che si ha MINORE CREDIBILITA’ sulla politica (la banca centrale non mantiene costanti i tassi di interesse). d. Nel punto 1 abbiamo quindi una diminuzione di Y e dei consumi C, il deficit pubblico non varia (dato che non abbiamo fatto alcuna politica fiscale), T e G non variano perché sono esogeni, una diminuzione del tasso di interesse, gli investimenti I sono INDETERMINATI (dato che abbiamo sia una diminuzione del reddito ma dall’altro lato abbiamo anche una diminuzione dei tassi di interesse) e il risparmio S è INVARIATO. Parliamo infatti del concetto del PARADOSSO DEL RISPARMIO che avviene in seguito ad una diminuzione di C0/C1 (propensione marginale al consumo) oppure in seguito ad un aumento di S1 (propensione marginale al risparmio): possiamo però parlare di tale effetto solo SE vi è anche una diminuzione del reddito. d. DIMINUZIONE DI C0 con una retta LM “piatta”→ la IS si sposta verso il basso; quindi dopo l’aumento di C0 nel punto 0 in cui inizialmente vi era una situazione di equilibrio, si genera un ECCESSO DI OFFERTA di BENI: per ovviare a ciò la produzione deve diminuire, di conseguenza diminuisce anche il reddito, la domanda di denaro: si passa quindi al nuovo punto di equilibrio 1 grazie al MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO: e. Nel punto 1 abbiamo quindi una diminuzione di Y e dei consumi C, il deficit pubblico non varia (dato che non abbiamo fatto alcuna politica fiscale), T e G non variano perché sono esogeni, il tasso di interesse rimane invariato, gli investimenti I DIMINUISCONO e il risparmio S è INVARIATO (paradosso del risparmio). e. DIMINUZIONE DI C0 con una retta LM “rigida”→ la IS si sposta verso il basso; quindi dopo l’aumento di C0 nel punto 0 in cui inizialmente vi era una situazione di equilibrio, si genera un ECCESSO DI OFFERTA di BENI: per ovviare a ciò la produzione deve diminuire, di conseguenza diminuisce anche il reddito, la domanda di denaro e il tasso di interesse: si passa quindi al nuovo punto di equilibrio 1 grazie al MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO: f. Nel punto 1 abbiamo quindi che Y è invariato, una diminuzione dei consumi C, il deficit pubblico non varia (dato che non abbiamo fatto alcuna politica fiscale), T e G non variano perché sono esogeni, il tasso di interesse diminuisce, gli investimenti I sono AUMENTATI (dato che il tasso di interesse è diminuito) e il risparmio S è AUMENTATO (perché è diminuito il consumo e il reddito è invariato). Cosa accade invece nel caso in cui a variare fossero gli investimenti I? supponendo che la loro equazione sia I= I0-hi (di cui I0 sono gli investimenti autonomi e i è il tasso di interesse). f. AUMENTO DEGLI INVESTIMENTI→ la IS si sposta verso l’alto; quindi dopo l’aumento di I0 nel punto 0 in cui inizialmente vi era una situazione di equilibrio, si genera un ECCESSO DI DOMANDA di BENI: per ovviare a ciò la produzione deve aumentare, di conseguenza aumenta anche il reddito, la domanda di denaro e il tasso di interesse: si passa quindi al nuovo punto di equilibrio 1 grazie al MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO: a. Nel punto 1 abbiamo quindi un aumento di Y e dei consumi, il deficit pubblico non varia (dato che non abbiamo fatto alcuna politica fiscale), T e G non variano perché sono esogeni, un aumento del tasso di interesse (ciò rende gli investimenti INDETERMINATI poiché inizialmente erano aumentati ma con un > del tasso di interesse questi diminuiscono), il risparmio S è AUMENTATO. g. AUMENTO DEGLI INVESTIMENTI con una retta LM “piatta”→ la IS si sposta verso l’alto; quindi dopo l’aumento di I0 nel punto 0 in cui inizialmente vi era una situazione di equilibrio, si genera un ECCESSO DI DOMANDA di BENI: per ovviare a ciò la produzione deve aumentare, di conseguenza aumenta anche il reddito, la domanda di denaro: si passa quindi al nuovo punto di equilibrio 1 grazie al MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO: Nel punto 1 abbiamo quindi un aumento di Y e del consumo, il deficit pubblico non varia (dato che non abbiamo fatto alcuna politica fiscale), T e G non variano perché sono esogeni, il tasso di interesse rimane invariato (e quindi gli INVESTIMENTI AUMENTANO) e il risparmio S è AUMENTATO (dato che il reddito Y è aumentato). h. AUMENTO DEGLI INVESTIMENTI con una retta LM “rigida”→ la IS si sposta verso l’alto; quindi dopo l’aumento di I0 nel punto 0 in cui inizialmente vi era una situazione di equilibrio, si genera un ECCESSO DI DOMANDA di BENI: per ovviare a ciò la produzione deve aumentare, di conseguenza aumenta anche il reddito, la domanda di denaro e il tasso di interesse: si passa quindi al nuovo punto di equilibrio 1 grazie al MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO: b. Nel punto 1 abbiamo quindi Y e i consumi C che sono invariati, il deficit pubblico non varia (dato che non abbiamo fatto alcuna politica fiscale), T e G non variano perché sono esogeni, il tasso di interesse aumenta, gli INVESTIMENTI AUMENTANO, e il risparmio S è INVARIATO (dato che il reddito è invariato). i. DIMINUZIONE DEGLI INVESTIMENTI→ la IS si sposta verso il basso; quindi dopo l’aumento di I0 nel punto 0 in cui inizialmente vi era una situazione di equilibrio, si genera un ECCESSO DI OFFERTA di BENI: per ovviare a ciò la produzione deve diminuire, di conseguenza diminuisce anche il reddito, la domanda di denaro e il tasso di interesse: si passa quindi al nuovo punto di equilibrio 1 grazie al MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO: Nel punto 1 abbiamo quindi un aumento dei consumi, il deficit pubblico non varia (dato che non abbiamo fatto alcuna politica fiscale), T e G non variano perché sono esogeni, un aumento del tasso di interesse (ciò rende gli investimenti INDETERMINATI poiché inizialmente erano aumentati con un aumento del reddito ma con un > del tasso di interesse questi diminuiscono), il risparmio S è INVARIATO. a. DIMINUZIONE DI C1→ una diminuzione della pendenza della retta Z provoca 2 effetti principali ovvero l’aumento dell’intersezione (la retta Z1 “partirà” più in alto della retta Z) e la diminuzione della pendenza (la retta Z1 sarà più piatta). Ancora nel modello REDDITO-SPESA osserviamo: una diminuzione dei consumi C e della domanda aggregata Z, il reddito diminuisce, gli investimenti e il risparmio S sono esogeni e quindi non variano, G e T essendo ESOGENI non variano. Quindi dopo la diminuzione del C1, nel punto 0 in cui inizialmente vi era una situazione di equilibrio, si genera un ECCESSO DI OFFERTA di BENI: per ovviare a ciò la produzione deve diminuire, di conseguenza diminuisce anche il reddito e si passa quindi al nuovo punto di equilibrio 1 grazie al MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO: “trasferiamoci” adesso nel MODELLO IS-LM: sappiamo che la retta IS segue l’andamento della retta Z e quindi in questo caso la retta IS si sposterà verso SINISTRA facendo perno sulla retta IS0: Nel punto 1 abbiamo quindi una diminuzione dei consumi, il deficit pubblico non varia (dato che non abbiamo fatto alcuna politica fiscale), T e G non variano perché sono esogeni, una diminuzione del tasso di interesse (ciò rende gli investimenti INDETERMINATI poiché inizialmente erano diminuiti con un aumento del reddito ma con una < del tasso di interesse questi aumentano), il risparmio S è INVARIATO per via del PARADOSSO DEL RISPARMIO (crediamo che S sia aumentato avendo < C1 ma dato che è < anche il reddito allora ilo risparmio rimane esattamente lo stesso). Se ad esempio avessimo avuto G ENDOGENO dipendente dal reddito Y: in questo caso, dato che vi è una diminuzione del reddito (siamo quindi in una situazione di crisi), allora G aumenta (dato che sappiamo che un aumento di G porterebbe ad un conseguente aumento del reddito) così si è in grado di risanar tale situazione di crisi; e, visto che G> allora anche il deficit pubblico aumenta (e non rimane invariato come in questo caso): vediamo quindi come il deficit pubblico potrebbe variare anche senza politiche fiscali. Vediamo adesso cosa accade nel MODELLO IS-LM quando vengono attuate delle POLITICHE MONETARIE: a. POLITICA MONETARIA ESPANSIVA (banca centrale compra titoli di stato/ aumenta il coefficiente di riserve obbligatorie)→ come sappiamo, se la banca centrale compra titoli di stati il prezzo di questi aumenta e di conseguenza però vi è una DIMINUZIONE del TASSO DI INTERESSE: vediamo come infatti la funzione di offerta di denaro MS si sposta verso DESTRA. Così come abbiamo visto fin ora, anche in questo caso, spostandoci nel modello IS-LM la retta seguirà lo stesso andamento della funzione di domanda: l’unica differenza è che adesso la retta che si muove non è più la retta IS ma la retta LM (che in questo caso si sposta anch’essa verso DESTRA): Il NUVO punto di EQUILIBRIO ovviamente è rappresentato dall’incontro tra la retta IS e la retta LM1; nel vecchio punto di equilibrio 0 rispetto al punto 2 abbiamo un ECCESSO DI OFFERTA DI DENARO per questo motivo il prezzo del denaro deve necessariamente diminuire (ricordiamo infatti che per fare aggiustamenti nel mondo del denaro ci si può muovere solamente in verticale): mi trovo adesso nel punto 1. Nel punto 1 però vi è un ECCESSO DI DOMANDA DI BENI: posso quindi adesso ragionare come sempre ed agire sulla produzione che ovviamente aumenta, aumentando questa aumenta anche il reddito, la domanda di denaro e il tasso di interesse (mi trovo così finalmente nel nuovo punto di equilibrio 2). Possiamo adesso analizzare gli EFFETTI di tale politica monetaria all’interno del modello IS-LM: abbiamo infatti un aumento di Y e dei consumi C, un AUMENTO degli INVESTIMENTI (di fatti abbiamo un aumento degli investimenti dato sia dall’aumento del reddito da Y0 a Y2 sia da una diminuzione del tasso di interesse da i0 a i2), un AUMENTO del risparmio S (dato da un aumento del reddito) e il deficit rimane invariato. a. POLITICA MONETARIA RESTRITTIVA (banca centrale vende titoli di stato/ diminuisce il coefficiente di riserve obbligatorie)→ come sappiamo, se la banca centrale vende titoli di stati il prezzo di questi diminuisce e di conseguenza però vi è un AUMENTO del TASSO DI INTERESSE: vediamo come infatti la funzione di offerta di denaro MS si sposta verso SINISTRA. Così come abbiamo visto fin ora, anche in questo caso, spostandoci nel modello IS-LM la retta seguirà lo stesso andamento della funzione di domanda: l’unica differenza è che adesso la retta che si muove non è più la retta IS ma la retta LM (che in questo caso si sposta anch’essa verso SNISTRA): Il NUVO punto di EQUILIBRIO ovviamente è rappresentato dall’incontro tra la retta IS e la retta LM1; nel vecchio punto di equilibrio 0 rispetto al punto 2 abbiamo un ECCESSO DI DOMANDA DI DENARO per questo motivo il prezzo del denaro deve necessariamente aumentare (ricordiamo infatti che per fare aggiustamenti nel mondo del denaro ci si può muovere solamente in verticale): mi trovo adesso nel punto 1. Nel punto 1 però vi è un ECCESSO DI OFFERTA DI BENI: posso quindi adesso ragionare come sempre ed agire sulla produzione che ovviamente diminuisce, diminuendo questa diminuisce anche il reddito, la domanda di denaro e il tasso di interesse (mi trovo così finalmente nel nuovo punto di equilibrio 2). Possiamo adesso analizzare gli EFFETTI di tale politica monetaria all’interno del modello IS-LM: abbiamo infatti una diminuzione di Y e dei consumi C, una DIMINUZIONE degli INVESTIMENTI (di fatti abbiamo una diminuzione degli investimenti data sia dalla diminuzione del reddito da Y0 a Y2 sia da un aumento del tasso di interesse da i0 a i2), una DIMINUZIONE del risparmio S (dato da una diminuzione del reddito) e il deficit rimane invariato. Possiamo adesso fare un’osservazione importantissima (nel caso in cui la retta LM sia “standard”): se si muove la retta IS allora gli INVESTIMENTI sono INDETERMINATI mentre se si muove la retta LM allora gli INVESTIMENTI sono DETERMINATI. MERCATO DEL LAVORO: troviamo 2 “attori” principali: 1. Le IMPRESE che DOMANDANO lavoro. 2. I LAVORATORI che OFFRONO lavoro. In Europa i salari sono molto RIGIDI (a differenza di quanto accade ad esempio in America) e rimangono fissi per molti anni (ad esempio non dipendono dall’inflazione). Il SALARIO NOMINALE (w) ovvero il denaro con veniamo pagati; esso viene deciso dai lavoratori ed è dato dalla seguente equazione (CURVA DEI SALARI): Il punto di EQUILIBRIO mi dice la % del tasso di disoccupazione (essa esiste SEMPRE, può aumentare o diminuire ma sarà sempre presente); Un è il tasso di disoccupazione strutturale (cioè appartiene alla struttura economica di riferimento). La CURVA DEI SALARI REALI mi dice che il livello dei prezzi attesi Pe è diverso dal prezzo del paese P (se fossero uguali scomparirebbero dalla formula poiché si semplificherebbero); questa condizione di ERRORE delle aspettative (Pe≠P) è possibile solo nel BREVE PERIODO. Nel LUNGO PERIODO invece tale condizione di errore non è possibile difatti abbiamo il livello dei prezzi attesi che è uguale al prezzo del paese (Pe=p) e pertanto essendo uguale essi si semplificano e abbiamo la nuova CURVA DEI SALARI di LUNGO PERIODO: La stessa identica cosa avviene per il tasso disoccupazione strutturale; nel BREVE PERIODO il livello di disoccupazione è diverso dal livello strutturale (U≠Un) e quindi la disoccupazione può essere maggiore o minore del livello strutturale; di conseguenza anche il livello di produzione sarà diverso dal suo livello strutturale (Y≠Yn) e può quindi aumentare o diminuire. Nel LUNGO PERIODO il livello di disoccupazione è uguale al livello strutturale (U=Un); di conseguenza anche il livello di produzione sarà uguale al suo livello strutturale (Y=Yn)→ la produzione nel lungo periodo si trova AL MASSIMO STRUTTURALE (tutte le risorse sono impiegata al 100%) ed essendo quindi tutte le risorse impiegate al massimo, il N dei lavoratori sarà massimo: la disoccupazione si trova al MINIMO STRUTTURALE. Il governo può attuare diverse POLITICHE STRUTTURALI che sono in grado di aumentare o diminuire il potere dei lavoratori (ovvero la Z): 1. POLITICHE CHE AUMENTANO LA Z (ad esempio il salario minimo)→ con un aumento di Z, la curva del salario si sposta verso DESTRA, Un aumenta e di conseguenza si riduce la produzione Y (essendo diminuito il numero dei lavoratori), il salario nominale aumenta mentre il salario reale W/P rimane INVARIATO (poiché se i salari nominali aumentano, gli imprenditori aumentano i prezzi). Come mai l’impatto sulla disoccupazione è così negativo? Ciò è dato dal fatto che il complesso economico europeo è composto per lo più da piccole imprese che non hanno molti extraprofitti (μ); Facciamo un esempio: se il governo impone il salario minimo, in una piccola impresa ciò si ripercuote sui lavoratori (nel senso che le imprese non sono predisposte a pagare uno stipendio più alto quindi o diminuiscono le ore di lavoro dei dipendenti oppure li licenziano)→ aumento del tasso di disoccupazione. Le imprese quindi essendo in concorrenza perfetta non possono permettersi di abbassare i propri profitti per garantire uno stipendio più alto ai lavoratori (dato appunto dal salario minimo) né tantomeno di alzare i costi per cercare di remunerare il costo maggiore dato dal salario minimo. 2. POLITICHE CHE DIMINUISCONO LA Z (ad esempio vengono chiusi tutti i sindacati)→ con una diminuzione di Z, la curva del salario si sposta verso SINISTRA, Un diminuisce e di conseguenza aumenta la produzione Y (essendo aumentato il numero dei lavoratori), il salario nominale diminuisce mentre il salario reale W/P rimane INVARIATO (poiché se i salari nominali diminuiscono, gli imprenditori diminuiscono i prezzi). Il governo può però modificare il mercato del lavoro anche senza le politiche: il governo infatti può fare ciò controllando i margini di benefici delle imprese µ (il mercato può quindi aumentare o diminuire il potere di mercato delle imprese): 1. SE IL GOVERNO DIMINUISCE µ→ diminuendo µ, il potere di mercato di un’impresa diminuisce, la curva dei prezzi si muove verso l’alto, Un diminuisce e di conseguenza la produzione Y aumenta, il salario reale W/P aumenta (perché essendo diminuito il livello dei prezzi, il tenore di vita è più economico) mentre quello nominale rimane invariato: Questa diminuzione del potere di mercato delle imprese viene fatto nel caso in cui µ>0 e quindi nel caso in cui ci si trovi in una situazione di CONCORRENZA MONOPOLISTICA (che sta facendo quindi extraprofitti): diminuendo il valore di µ la retta va verso l’ALTO (perché essendo diminuito il denominatore, il valore totale della curva dei prezzi aumenta)→ si passa quindi ad una CONCORRENZA PERFETTA in cui µ=0 (di conseguenza il livello dei prezzi scende). Nella REALTA’ però perché i governi non attuano mai tali strategie (che andrebbero a portare dei benefici ai lavoratori)? Perché ai governi “fa comodo” che la gente pensi che l’unica soluzione sia quella di essere tutelata lavorativamente (quindi con interventi che aumentano la Z ma che come abbiamo visto non portano effettivi benefici); questo perché i governi non possono permettersi di rimuovere le grandi imprese dai sistemi di concorrenza monopolistica poiché perderebbero i rapporti con gli imprenditori di tali imprese e il loro giro di affari: il governo quindi lascia che le imprese continuino a produrre con i loro extraprofitti. 2. SE IL GOVERNO AUMENTA µ (ad esempio se 2 grandi imprese si fondono)→ aumentando µ, il potere di mercato di un’impresa aumenta, la curva dei prezzi si muove verso il BASSO, Un aumenta e di conseguenza la produzione Y diminuisce, il salario reale W/P diminuisce (perché essendo aumentato il livello dei prezzi, il tenore di vita è più costoso) mentre quello nominale rimane invariato: Questo aumento del potere di mercato delle imprese viene fatto nel caso in cui µ=0 e quindi nel caso in cui ci si trovi in una situazione di CONCORRENZA PERFETTA: aumentando il valore di µ la retta va verso il BASSO (perché essendo aumentato il denominatore, il valore totale della curva dei prezzi diminuisce)→ si passa quindi ad una situazione di MONOPOLIO in cui µ>0 (di conseguenza il livello dei prezzi sale). Ritorniamo al MODELLO IS-LM e mettiamolo in relazione al mercato del lavoro: Graficamente ci accorgiamo che IS e la curva dei prezzi COINCIDONO (per cui la IS continuerà a muoversi per effetto degli elementi della spesa o di politiche fiscali ma non è condizionata dai prezzi); la curva LM REALE Ms/P si muove per effetto sia delle politiche monetarie sia per il livello dei prezzi: 1. POLITICA FISCALE ESPANSIVA (aumento di G)→ come abbiamo già visto, con un aumento di G la retta IS si sposta verso l’ALTO: passiamo da un primo punto di equilibrio 0 (in cui Y=Yn) ad un nuovo punto di equilibrio 1. Nel punto 0 dopo la politica→ troviamo un ECCESSO DI DOMANDA di BENI: MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO per cui la produzione aumenta, il reddito Y aumenta, la domanda di denaro Md aumenta e di conseguenza aumentano anche i tassi di interesse. Ci troviamo quindi nel punto 1→ il tasso di interesse è aumentato, il reddito Y è aumentato, gli investimenti I sono indeterminati, il consumo C aumenta e il risparmio S aumenta. Il nuovo punto di equilibrio 1 (in cui come possiamo vedere Y>Yn) rappresenta un EQUILIBRIO DI BREVE PERIODO: visto che la produzione è > del suo livello strutturale, il N dei lavoratori è maggiore e di conseguenza la disoccupazione sarà minore del suo livello strutturale (U<Un). Come abbiamo detto, l’aggiustamento parte dall’azione di CONTRATTAZIONE DEI SALARI: se il livello di disoccupazione è basso si contratterà un salario più ALTO→ W aumenta, le imprese avendo dei costi di produzione maggiore, per remunerare ciò, alzano i prezzi di vendita P, ne consegue che i SALDI REALI↓(M/P↑) diminuiscono e quindi la retta LM si sposta verso SINISTRA. Ci troviamo quindi in un nuovo punto di equilibrio 2 di LUNGO PERIODO (dove infatti Y=Yn e U=Un)→ in questo punto (rispetto a 0) abbiamo il reddito Y che rimane invariato, il tasso di interesse che aumenta, gli investimenti diminuiscono (dato che Y invariato e i aumentato), il risparmio S è invariato (dato che Y invariato), il consumo C è invariato (dato che Y non varia) e il DEFICIT aumenta. 2. POLITICA FISCALE ESPANSIVA (diminuzione di T)→ come abbiamo già visto, con una diminuzione di T la retta IS si sposta verso l’ALTO: passiamo da un primo punto di equilibrio 0 (in cui Y=Yn) ad un nuovo punto di equilibrio 1. Nel punto 0 dopo la politica→ troviamo un ECCESSO DI DOMANDA di BENI: MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO per cui la produzione aumenta, il reddito Y aumenta, la domanda di denaro Md aumenta e di conseguenza aumentano anche i tassi di interesse. Ci troviamo quindi nel punto 1→ il tasso di interesse è aumentato, il reddito Y è aumentato, gli investimenti I sono indeterminati, il consumo C aumenta e il risparmio S aumenta. Il nuovo punto di equilibrio 1 (in cui come possiamo vedere Y>Yn) rappresenta un EQUILIBRIO DI BREVE PERIODO: visto che la produzione è > del suo livello strutturale, il N dei lavoratori è maggiore e di conseguenza la disoccupazione sarà minore del suo livello strutturale (U<Un). Come abbiamo detto, l’aggiustamento parte dall’azione di CONTRATTAZIONE DEI SALARI: se il livello di disoccupazione è basso si contratterà un salario più ALTO→ W aumenta, le imprese avendo dei costi di produzione maggiore, per remunerare ciò, alzano i prezzi di vendita P, ne consegue che i SALDI REALI↓(M/P↑) diminuiscono e quindi la retta LM si sposta verso SINISTRA. Ci troviamo quindi in un nuovo punto di equilibrio 2 di LUNGO PERIODO (dove infatti Y=Yn e U=Un)→ in questo punto (rispetto a 0) abbiamo il reddito Y che rimane invariato, il tasso di interesse che aumenta, gli investimenti diminuiscono (dato che Y invariato e i aumentato), il risparmio S diminuisce (dato che Y invariato MA T aumenta), il consumo C diminuisce (dato che Y non varia MA T aumenta) e il DEFICIT aumenta. 3. POLITICA FISCALE CONTRATTIVA (diminuzione di G)→ come abbiamo già visto, con una diminuzione di G la retta IS si sposta verso il BASSO: passiamo da un primo punto di equilibrio 0 (in cui Y=Yn) ad un nuovo punto di equilibrio 1. Nel punto 0 dopo la politica→ troviamo un ECCESSO DI OFFERTA di BENI: MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO per cui la produzione diminuisce, il reddito Y diminuisce, la domanda di denaro Md diminuisce e di conseguenza diminuiscono anche i tassi di interesse. Ci troviamo quindi nel punto 1→ il tasso di interesse è diminuito, il reddito Y è diminuito, gli investimenti I sono indeterminati, il consumo C diminuisce e il risparmio S diminuisce. Il nuovo punto di equilibrio 1 (in cui come possiamo vedere Y<Yn) rappresenta un EQUILIBRIO DI BREVE PERIODO: visto che la produzione è < del suo livello strutturale, il N dei lavoratori è minore e di conseguenza la disoccupazione sarà maggiore del suo livello strutturale (U>Un). Come abbiamo detto, l’aggiustamento parte dall’azione di CONTRATTAZIONE DEI SALARI: se il livello di disoccupazione è alto si contratterà un salario più BASSO→ W diminuisce, le imprese avendo dei costi di produzione minori, per remunerare ciò, diminuiscono i prezzi di vendita P, ne consegue che i SALDI REALI↑ (M/P↓) aumentano e quindi la retta LM si sposta verso DESTRA. Ci troviamo quindi in un nuovo punto di equilibrio 2 di LUNGO PERIODO (dove infatti Y=Yn e U=Un)→ in questo punto (rispetto a 0) abbiamo il reddito Y che rimane invariato, il tasso di interesse che diminuisce, gli investimenti aumentano (dato che Y invariato e i è diminuito), il risparmio S invariato (dato che Y invariato), il consumo C invariato (dato che Y non varia) e il DEFICIT diminuisce. Ci troviamo quindi in un nuovo punto di equilibrio 2 (che coincide con il punto 0) di LUNGO PERIODO dove infatti Y=Yn e U=Un→ in questo punto (rispetto a 0) abbiamo il reddito Y che rimane invariato, il tasso di interesse che è invariato, gli investimenti sono invariati (dato che Y invariato e i è invariato), il risparmio S è invariato (dato che Y invariato), il consumo C è invariato (dato che Y non varia MA T aumenta), il DEFICIT è invariato e P aumenta. Ne consegue quindi che le POLITICHE MONETARIE non hanno effetto sul lungo periodo (rimane tutto invariato), l’unica cosa che avviene è l’aumento dei prezzi P (e quindi dell’inflazione)→NEUTRALITA’ DEL DENARO. 2. POLITICA MONETARIA RESTRITTIVA (la banca centrale vende titoli di stato o aumenta θ)→ come abbiamo già visto, con una politica monetaria restrittiva, l’offerta di denaro Ms diminuisce e quindi la retta LM si sposta verso l’ALTO: passiamo da un primo punto di equilibrio 0 (in cui Y=Yn) ad un nuovo punto di equilibrio 1. Nel punto 0 dopo la politica→ troviamo un ECCESSO DI DOMANDA di DENARO: MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO per cui il prezzo del denaro (i tassi di interesse) deve aumentare: aumentano i tassi di interesse e ci troviamo quindi nel punto α (aggiustamento VERTICALE). Nel punto α ho però un eccesso di offerta di beni: la produzione diminuisce, il reddito diminuisce, la domanda di denaro diminuisce, il tasso di interesse diminuisce→ passo quindi al punto 1. Ci troviamo nel punto 1 (rispetto a 0)→ il tasso di interesse è aumentato, il reddito Y è diminuito, gli investimenti I sono diminuiti, il consumo C diminuisce e il risparmio S diminuisce. Il nuovo punto di equilibrio 1 (in cui come possiamo vedere Y<Yn) rappresenta un EQUILIBRIO DI BREVE PERIODO: visto che la produzione è < del suo livello strutturale, il N dei lavoratori è minore e di conseguenza la disoccupazione sarà maggiore del suo livello strutturale (U>Un). Come abbiamo detto, l’aggiustamento parte dall’azione di CONTRATTAZIONE DEI SALARI: se il livello di disoccupazione è alto si contratterà un salario più BASSO→ W diminuisce, le imprese avendo dei costi di produzione minori, per remunerare ciò, diminuiscono i prezzi di vendita P, ne consegue che LM↓(M↓/P↓) diminuiscono e quindi la retta LM si sposta verso DESTRA. Ci troviamo quindi in un nuovo punto di equilibrio 2 (che coincide con il punto 0) di LUNGO PERIODO dove infatti Y=Yn e U=Un→ in questo punto (rispetto a 0) abbiamo il reddito Y che rimane invariato, il tasso di interesse che è invariato, gli investimenti sono invariati (dato che Y invariato e i è invariato), il risparmio S è invariato (dato che Y invariato), il consumo C è invariato (dato che Y non varia MA T aumenta), il DEFICIT è invariato e P diminuisce. Ne consegue quindi che le POLITICHE MONETARIE non hanno effetto sul lungo periodo (rimane tutto invariato), l’unica cosa che avviene è la diminuzione dei prezzi P (e quindi dell’inflazione)→NEUTRALITA’ DEL DENARO.
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