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Appunti completi di Storia del teatro Medievale e Rinascimentale, Appunti di Storia del Teatro e dello Spettacolo

Trascrizione di ogni parola detta a lezione dalla Professoressa Pagnini.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 20/10/2021

Giulia_Ellie
Giulia_Ellie 🇮🇹

4.5

(20)

21 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti completi di Storia del teatro Medievale e Rinascimentale e più Appunti in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! STORIA DEL TEATRO MEDIEVALE E RINASCIMENTALE 2/11 Nella Poetica Aristotele parla ad ampio raggio della rappresentazione che può essere quella vista ma anche quella ascoltata come quella di un narratore che legge un poema epico. Aristotele per epica si riferisce alla struttura che il poema deve avere quindi la differenza tra epica e rappresentazione teatrale e che il testo teatrale viene rappresentato da persone in azione mentre l’epica è un’azione narrata. Il testo teatrale e in forma dialogica ci sono didascalie ma fondamentalmente si basa Sul dialogo mentre il testo epico si fonda su sequenze che possono essere narrative, psicologiche, introspettive e anche dialogiche. Il teatro quando Aristotele scrive la poetica ricordiamo che ha una funzione pubblica e civica, a teatro sono ammessi tutti anche i servi e le donne. Il teatro a cui si riferisce Aristotele nasce in un contesto religioso, lui dice che la tragedia è nata da quelli che intonano il ditirambo, un componimento dedicato al Dio Dioniso. Tragedia viene da Tp&yoc Che vuol dire capro espiatorio Oppure ci si può riferire agli uomini capra ovvero esecutori dei drammi satireschi. Noi parliamo di spettacolo Che viene dal greco spectare che significa guardare Che vuol dire che lo spettatore è in una posizione di osservazione ed è focalizzato su un livello spaziale preciso che è quello del teatro.spettaculum vuol dire che guardo qualcosa che posta di fronte a me. L'occhio è concentrato su qualcosa che ha la finalità di insegnare qualcosa a chi osserva. L'attore sulla scena non è mai lo stesso perché cambia il suo stato d’animo ma anche il pubblico, l’attore è stimolato da chi ha davanti. Aristotele ci parla anche di come si svolge lo spettacolo teatrale e di chi sono i suoi protagonisti, ricordiamo che parla prevalentemente della tragedia. Un personaggio molto importante sin dall’antichità, forse il più importante nella struttura della tragedia è il coroComposto da attori che entrano in scena in un luogo ben preciso del teatro ovvero l’orchestra, spazio prima semicircolare e poi circolare.si chiama orchestra perché deriva dal termine greco orkesis Che si riferisce specificatamente alla danza quindi l’orchestra è il luogo dedicato alla danza. Il coro non agisce quindi sempre in scena ma danza anche, è un insieme di movimenti che hanno una funzione ben precisa e narrativa. Il coro entra in scena a passo di processione, si chiama parodos L’entrata in scena, di solito c’è un Corifeo che guida tutto questo ed è il punto di riferimento del coro che quando è in scena o sta fermo o compie dei movimenti più o meno accentuati o addirittura si muove in maniera molto esplicita all’interno dell’orchestra. Aristotele considera il coro un personaggio vero e proprio perché aveva anche delle parti declamate. Molto spesso il coro è un insieme di voci che parlano perché devono essere sentiti molto bene per far capire bene uno specifico passaggio del testo, è un amplificazione naturale; oppure il coro può parlare diviso in due gruppi che parlano e rispondono in un dialogo ma il coro soprattutto nella sua funzione classica cioè del movimento ha una funzione narrativa ancora più potente perché senza parlare e con il solo movimento enfatizza la situazione emotiva che si sta creando sulla scena. Aristotele parla ripetutamente della catarsi che in tempi moderni viene considerata come la purificazione dalle passioni e l’idea della purificazione non si addice però al contesto culturale sociale di Aristotele, per lui la catarsi deve essere stimolata esclusivamente dal terrore e dalla pietà, pietà nei confronti di chi pur comportandosi in maniera retta subisce i rovesci del fato senza poterci fare niente. Questi rovesci del fato provocano anche terrore che questo possa accadere anche a noi ed è proprio a questo che si riferisce Aristotele. Aristotele non parla di regole ma quando parla della tragedia viaggia per esempi che sono in particolare Sofocle ed Eschilo, dice che per avere la tragedia ideale secondo lui bisogna fare riferimento all’Edipo re che il canone della tragedia. Non ci sono regole che ci dicono come si debba comporre una tragedia ma le tragedie più mirabili di solito si svolgono nel giro di un giorno e questa è l’unità di tempo che Aristotele non codifica ma che porta come esempio. Una narrazione che deve servire a educare se si disperde in troppi episodi si perde il filo di quello che viene raccontato. Lo stesso vale per l’unità di luogo. Da una indicazione abbastanza generica come questa il 500 codifica tutto questo creando il sistema di regole stringenti. Aristotele scrive il suo trattato la poetica per darci una testimonianza del teatro del suo tempo e per dirci da dove viene la tragedia ma anche l’epica, è un testimone. Aristotele è una delle fonti della storia del teatro fondamentali perché ci racconta cos’era la rappresentazione ai suoi tempi e come si agiva sulla scena, lui analizza le tragedie del repertorio del suo tempo facendo esempi.ci dice che oltre al coro ci sono gli attori in scena, ci dice che in epoca più arcaica ci può essere un attore e il coro E questo può bastare all’azione oppure si possono avere due attori in scena o tre. Il 400 invece è il periodo in cui si rende scientifico il sapere e quindi si prende come regole ciò che ha scritto Aristotele rendendo scientifico anche una disciplina come il teatro, la fonte antica da autorevolezza a una disciplina che al tempo non contava molto. Parte importante della rappresentazione teatrale antica erano anche le macchine, facciamo riferimento soprattutto ai momenti in cui appariva la divinità nella parte superiore della scena attraverso stratagemmi molto rudimentali. L’arrivo del Dio a decretare l’evento infausto genera terrore, Aristotele non apprezza quando il Dio agisce per riportare la normalità in modo del tutto occasionale, non si capisce il nesso logico. Il deus ex macchina per Aristotele vuol dire una risoluzione in bene o in male di una Situazione che l’autore ha difficoltà per far progredire l’azione. È uno stratagemma che Aristotele non apprezza, lo vede come un difetto della struttura teatrale perché risolve le situazioni senza nesso logico. non si faceva riconoscere era anche utile per togliere del discredito da parte dei critici. Questo non avviene per quanto riguarda lo spettacolo ovvero quello delle masse cioè una tipologia di intrattenimento molto diffusa nella società romana, possiamo parlare di teatro solo in casi di rappresentazioni per gruppi ristretti ed elitari che appartengono quindi ad una fruizione più alta. Noi ci concentriamo sulla fascia cronologica dell’età imperiale che comincia con L’instaurazione del governo di Augusto e si conclude con la deposizione di Romolo Augusto nel 476 d.C. detta anche la caduta dell’impero romano d’occidente.il discredito quindi ricade solo sulla figura dell’istrione cioè il professionista che non si occupa di teatro ma di spettacolo e usa il suo corpo come mezzo di comunicazione esclusivo con il pubblico. Notiamo una quasi assenza della parola distanziandosi così dall’actor Che fa dell’uso della parola il punto focale della sua rappresentazione della sua azione, infatti una delle critiche che vengono mosse all’istrione e il fatto che non usi la parola, si demanda tutto un uso del corpo esasperato. L’istrione agisce senza maschera E si mette completamente alla visione dello spettatore, viene criticata l'espressività perché dovevano assumere spesso degli atteggiamenti grotteschi come ad esempio la torsione innaturale del busto e del collo, posizioni non armoniche che lo avvicinano all’indemoniato. Si va contro l’armonia dettata da Dio, il corpo deve essere armonico con l’anima e lo spirito e deve rispettarne la castità, sono tutte critiche che nascono quindi conseguenza del cristianesimo che inizia ad attecchire. Il mercimonio del corpo ancora di più aumenta il discredito verso i personaggi come gli istrioni. La critica agli spettacoli è molto uniforme, come Platone affronta il tema dello spettacolo in uno scritto di politica così i pensatori di questo periodo non scrivono precisamente trattati su questo argomento ma ne parlano diffusamente E questo ci fa capire come fosse un argomento sedimentato nella cultura romana che non si poteva non considerare.l’unico che si occupa esclusivamente di questo è Tertulliano Che scrive proprio un trattato. Nasce a Cartagine intorno al 155 e muore nel 230 d.C., è uno dei primi filosofi cristiani la sua credenza cristiana parte da convinzioni piuttosto temperate per poi arrivare ad assumere caratteri anche molto estremisti, c’è chi lo considera anche un eretico perché nel suo percorso dalla giovinezza alla maturità incrocia molte strade filosofiche diverse che sono anche estreme. Rimane comunque uno dei maggiori pensatori dell’epoca imperiale, ha avuto anche lui Come molti pensatori dell’epoca una giovinezza molto libera per poi convertirsi dopo aver vissuto esperienze mondane. Scrive il De Spectaculis Unico Trattato che noi abbiamo, è il primo trattato sullo spettacolo di cui fa una critica a 360°. Più che un trattato possiamo definirlo un’invettiva contro lo spettacolo morale e moralistica nei confronti dello spettacolo e dello spettatore perché quello che si critica non è solo quello che si vede sulla scena ma soprattutto si critica chi fruisce di questi spettacoli. Agostino fa lo stesso, si deve evitare di andare a vedere gli spettacoli e chi va è Passibile di condanna. Si condanna la visione Perché questi spettacoli non prevedono un coinvolgimento intellettuale, tutto è demandato alla visione agli incerti o culi come li definisce Orazio, questo perché l’occhio è indifeso non ha filtro, non è mediato da un discorso da qualcosa di più alto, da una spiegazione intellettuale. L'occhio disarmato dà libero accesso alle emozioni, l’animo non si difende e quindi le emozioni prendono il sopravvento senza dare possibilità di essere contenute. Altro punto critico è il pericolo dell’immedesimazione, nel testo teatrale tutto viene narrato attraverso la parola, gli unici sentimenti che si possono provare sono quelli della catarsi guidati dalla parola insieme al terrore, chi assiste gli spettacoli invece è coinvolto quindi può anche trasformarsi. Chi entra nel luogo degli spettacoli perde la sua autonomia e acquisisce sensazioni che non sono le sue oppure che sono le sue ma sono latenti, si perdono individualità e coscienza immedesimandosi In quello che vedono. Nel capitolo 10 del trattato si parla della costruzione del teatro di Pompeo e delle finalità di questo edificio perché non era vista di buon occhio all’epoca l'edificazione di un teatro Pompeo decide di mascherare questa edificazione con la destinazione dell’edificio di tipo religioso. Nel luogo teatrale e quelle degli spettacoli si rovescia la morale civica perché i gladiatori al loro ingresso diventano degli idoli, si ammirati nella quotidianità e nel sentore civico sarebbe da deprecare, così come gli attori che mettono in scena personaggi lascivi. È un rovesciamento che va contro ogni morale.chi ammira questi personaggi e deprecabile, è un rovesciamento totale dell’animo umano e questo avviene perché non c’è mediazione perché quando si va a teatro si è sprovvisti di ogni difesa e non si può neanche contenere le emozioni. C'è un cambiamento che non è dovuto a un processo di maturazione interiore ma è provocato da qualcosa di esterno e che non ha filtri... Non c’è niente di sano nella fruizione esclusivamente sensoriale e visiva. Tertulliano offre una soluzione, dice che il cristiano deve godere dello spettacolo del creato ovvero della natura che si pone gratuitamente davanti a tutti, che innalza l’animo alla glorificazione di Dio quindi la contemplazione della natura è l’unico spettacolo di cui può usufruire il cristiano. Molti cristiani hanno contestato questa affermazione di Tertulliano perché infatti la Bibbia è piena di scene di danza dovuti alla contentezza di aver contemplato anche la natura e Dio. Sono queste posizioni che determinano anche la grande attrazione nei confronti degli attori, Qualcosa che viene censurata da un opinione pubblica importante stimola attrazione. Se non ci fosse stata la censura della Chiesa gli attori avrebbero avuto lo stesso interesse? Un altro trattato risale a qualche tempo dopo quello di Tertulliano E presenta lo stesso titolo, l’autore è Novaziano Che riprende molto dal suo predecessore pur essendo meno categorico. Importante è una epistola di Seneca, nato a Cordova nel 4 a.C. è morto a Roma nel 65 d.C., l’epistola di riferimento è quella a Lucilio numero sette. Parla della pericolosità della folla come qualcosa da fuggire Perché fa perdere completamente l’individualità rende una persona diversa. Seneca dice di stare attenti a non fare esperienze che non vorremmo fare perché trascinati dagli altri, dalla folla. Perché della bontà o meno della scelta se ne può discutere in seguito l’importante è che venga da te stesso e non dagli altri perché se la scelta è tua allora è un’occasione di crescita, soprattutto l’errore se non è una tua scelta non ti aiuta a crescere. Per far capire a Lucilio quanto importante mantenersi equilibrati dice che il posto più pericoloso in cui lui sia stato sia stato quello in cui si tiene uno spettacolo, dice di stare lontano dalla folla non tanto per quello che ho visto ma per quello che ha sentito.Lui dice che nulla può essere più dannoso per la virtù che poltrire guardando uno spettacolo, è una sensazione di addormentamento dell’intelletto a favore della visione. 9/11 Ricordiamo che la società romana si definisce società di spettacolo e non di teatro, per la società romana la spettacolarità l’associamo all’edificio teatrale anche se non ospita tragedie... Se dobbiamo parlare di idea di teatro nella società romana dobbiamo riferirci all'edificio teatrale nel quale vengono ospitati spettacoli che non hanno niente a che vedere Con il teatro di parola tipico greco. Cambiano anche gli spazi del teatro rispetto a quello greco non solo dal punto di vista architettonico ma anche strutturale e funzionale: l'orchestra che dava moltissimo spazio il coro cambia la sua funzione, L'orchestra diventa luogo adatto ad ospitare gli spettatori, questo ci fa capire che scompare completamente il coro che perde quindi la sua funzione rispetto a quella che aveva nel teatro di parola Greco. Ricordiamo che sono i romani a inventare la copertura del teatro con dei velari mutuati dal contesto della navigazione, erano infatti delle vele che venivano usate per coprire lo spazio teatrale soprattutto in estate per ripararsi dal caldo. In periodo medievale lo stesso sistema viene recuperato nelle città. La commedia è un genere che resiste di più nella società romana tanto è vero che abbiamo due grandi commediografi che verranno poi presi a modello nell’umanesimo per la costruzione della commedia moderna e sono Plauto e Terenzio.Plauto si dedica ad una commedia di livello più basso e grottesco mentre Terenzio è quello più intellettuale tra i due, dà più spazio alla psicologia dei personaggi e alla bontà dell’intreccio drammaturgico. Entrambi gli autori riprendono il modello greco della commedia e fanno un largo uso degli equivoci anche molto caotici che però soprattutto in Terenzio vengono risolti in maniera anche logica, questo evidenzia la capacità dell’autore di sostenere la drammaturgia in maniera molto autorevole. Non sappiamo quanto questi due commediografi abbiano attinto al modello greco perché a parte qualche esempio di Aristofane della commedia greca non c’è giunto nulla ma dalle parole di Terenzio del prologo di una sua commedia intitolata il punitore di se stesso, l’autore dice di essersi rifatto AI modello dei greci. I personaggi che Terenzio ci illustra sono tipici della cultura romana, questo ci fa capire quanto un testo drammaturgico debba rifarsi alla realtà e alla cultura del tempo, per questo la tragedia diventa un genere di Elite perché soprattutto quella greca non è un modo di inserirsi nella società romana completamente diversa mentre la commedia è quel genere che più si rifà alla realtà E alla quotidianità; è un genere narrativo che più si rifà a questioni pratiche e di tutti i giorni. Secondo la divisione degli storici nel 476 d.C. cade l’impero romano e inizia l’epoca medievale, questo va preso come un riferimento puramente utile alla scansione temporale ma dobbiamo tenere conto che il passaggio tra le varie epoche è frutto di diversi anni e di diverse esperienze, gli eventi storici sono mutazioni di lunghi periodi. Il medioevo È un concetto che non esiste, questa espressione di epoca di mezzo è stata inventata dagli umanisti, è un’invenzione del 1400. Il medioevo è un'epoca che non vede grande diversità dal punto di vista della struttura sociale e politico, gli umanisti cercano di disconoscere questi secoli per tentare di recuperare la cultura degli antichi. Per gli umanisti la cultura antica principalmente quella greca ma in parte anche quella romana di epoca imperiale, cercano di dimenticare gli anni che li separano da questa epoca ovvero il medioevo. La caduta dell'impero romano non è 10/11 Una prima testimonianza interessante riguardo gli istrioni risale al 543 d.C. e ci parla di un personaggio girovago che si spostava di città in città esponendo la propria arte, era un repertorio variabile che non aveva niente di codificato, l'importante per questi Personaggi era riuscire ad attrarre un pubblico per ricevere un compenso. Tutto quello che poteva essere interessante e divertente da vedere poteva essere fonte di guadagno. Questa figura che veniva chiamata Andrea viene rinominato Planus a circulator, Planus vuol dire vagabondo e circolatore più o meno lo stesso significato di girovago, una persona che non ha fissa dimora. La testimonianza dice: un ciarlatano girovago di nome Andrea venne da contrada Italiche portando Con se è un cane fulvo. Quindi questo personaggio aveva la particolarità di presentarsi in scena con un cane fulvo e cieco che dietro suo ordine si cimentava in mirabili spettacoli.la capacità per formativa di questo Andrea era quella di instaurare un rapporto che attirava l’attenzione delle persone. La caratteristica dell’itineranza è tipica dei per former sia dall’età antica romana e perpetua nel tempo fino ai comici dell’arte. La seconda caratteristica è che questi personaggi non hanno un ruolo sociale ben preciso perché non hanno una specializzazione, sanno fare di tutto si pensi agli imbonitori che vendevano anche pozioni, avevano una professione ma non si poteva individuare dal punto di vista sociale, l’idea di non appartenere ad una categoria sociale produttiva ben precisa è un problema. In una società come quella medievale che si preoccupa della corrispondenza tra il nome e la funzione del mestiere e preoccupata che le denominazioni dei mestieri rispettino delle gerarchie sociali il riferimento è importante perché è una società priva di riferimenti, questi professionisti non rispettano nessuna delle regole della società medievale. Ricordiamo che la società medievale ha bisogno di trovare una struttura stabile, tutto deve tornare e se non torna non può essere accettato per questo gli istrioni sono degli outsider. Altro documento importante risale al XIII secolo perché ci dà la testimonianza di qualcosa che era già consolidato, in questa summa de arte cosandi L’anonimo autore ci dà un elenco dei nomi che si potevano dare a questi personaggi, quindi gli istrioni sono menzionati in un elenco multiforme dI Vocaboli tra cui paupers ( mendicanti), debiles, Claudicanti, mutilati, acrobati, gesticolatores e istrioni e tanti altri. Non sono denominazioni che si riferiscono a una persona sola. Terza caratteristica quindi degli istrioni oltre a essere itineranti e dei professionisti c’è la non specializzazione. Per gli istrioni era necessario non essere specializzati perché c’era bisogno di arrivare al maggior numero di persone Così da poter ritardare il più possibile il viaggio a piedi, lungo e pericoloso. La non specializzazione quindi è un elemento di necessità. Quello che la commedia dell’arte porta di nuovo a queste caratteristiche che perpetuano comunque nel tempo e la necessità di aggregarsi, una specie di sindacato di attori che possa portare a dei diritti per gli attori, si chiama commedia dell’arte perché si vuole avvicinare alle altre corporazioni per i mestieri già esistenti.arte vuol dire mestiere Per questo si parla di corporazione di persone che svolgono tutte lo stesso mestiere cioè quello della recitazione, è un modo per adeguarsi ai tempi in cui vivono. Cè chi ha pensato di definire i giullari come tutti quelli che facevano la professione di divertire l’uomo, a una prima analisi potrebbe anche essere accettabile ma in realtà se manca qualcosa che ci fa capire che si tratta di una professione vera e propria e cioè manca la definizione che fa comprendere l’importanza di avere un pubblico.per essere a livello professionale c’è bisogno di un pubblico che deve essere diverso da me e che paghi, e questo quello che conta per la professione dell’attore. C’è un rapporto di distacco totale Tra chi fa il mestiere e il pubblico che lo osserva, non ci deve essere parità tra pubblico e attori. Chi agiva in scena sul teatro veniva chiamato ipocrita che in greco vuol dire colui che risponde, simbolo del dialogo sulla scena; nell’epoca romana questo termine diventa di accezione negativa perché non si parla più di colui che risponde ma chi si attribuìsce Una falsa identità, infatti il giullare o l’attore sono dei falsi perché portano in scena qualcuno che non sono.l’ipocrita e chi parla bene ma sottende qualcosa di falso oppure chi assume false sembianze. Gli attori non solo si immedesimano in qualcuno che non sono ma dicono anche il falso perché il pubblico si immedesima in quello che vede in scena non capendo che è un attore che interpreta qualcuno ma pensa che il personaggio sia realmente lì. Questo è il massimo della bugia. La spettacolarità occidentale parte dal concetto della visione, che ci viene dalla concezione della spettacolarità romana. Nel medioevo non c’è una divisione tra sacro e profano, tutto è molto contaminato nella sfera spettacolare. L'uso del corpo in maniera grottesca quasi animalesca e non armoniosa era oggetto della severa critica della Chiesa, molto spesso nei codici giunti fino a noi si trovano riferimenti a giullari simbolo del fatto che questa figura fosse ben radicata nella società. A un certo punto ci si rende conto che questi personaggi abbiano una capacità comunicativa che servirebbe alla chiesa in un momento di allontanamento del pubblico della Chiesa, la maggioranza della popolazione è analfabeta e l’idea che una liturgia ancora divulgata in latino porta a una difficoltà di comunicazione con i fedeli Che non hanno più interesse a partecipare alla messa perché non capiscono niente. Si decide di utilizzarli perché attraverso le loro capacità performative riescono a diffondere la dottrina anche agli analfabeti, questo si potrebbe fare solamente rendendoli consoni alluogo sacro. San Tommaso infatti dice che se il corpo si usa in maniera giusta con una gestualità molto limitata allora questo lavoro si può fare, così comincia una pseudo purificazione di questo ruolo che entra nella chiesa per aiutare la predicazione. Ed è nelle celebrazioni di momenti liturgici importanti come il Natale o la Pasqua che nascono i drammi liturgici, tipologia spettacolare che nasce dalla rappresentazione di piccoli brani liturgici come ad esempio la visita al sepolcro. Questa capacità per formativa viene utilizzata anche per diffondere la vita dei santi, molto importanti saranno le rappresentazioni sacre che sono momenti popolari che si svolgono fuori dalla Chiesa e all’allestimento dei quali concorreva tutta la popolazione perché volevano rappresentare in maniera chiara e indiscutibile la vita dei santi, erano momenti spettacolari molto importanti. Siccome la vita dei santi si concentra in vari momenti c’è bisogno di rappresentarli tutti in maniera chiara e ad ogni momento della vita del santo va conferita una precisa collocazione spaziale, Per questo si parla di luoghi deputati ai cui estremi si trovavano in riferimento al paradiso e all’inferno, erano tante edicole in cui si muovevano gli attori e gli spettatori si muovevano contestualmente per seguire la scena. Le rappresentazioni religiose venivano allestite nelle piazze delle città, erano costruzioni artificiose che però venivano smontate e una volta finito tutto. La necessità di rappresentare la vita intera distrugge l’idea di unità di luogo di cui parlava Aristotele in maniera non codificata, non esiste neanche l’unità di tempo ed è cade la struttura classica del testo teatrale antico greco. La committenza era sempre religiosa, sacro e profano convivevano in queste rappresentazioni perché si rappresentavano momenti tragici ma anche momenti buffi e dissacranti con lo scopo di alleggerire la situazione. La Chiesa diventa il punto di riferimento della società civile, l’edificio della Chiesa si sostituisce all’edificio dell’imperatore che era il teatro, la Chiesa diventa il sostituto del riferimento politico dell'impero. Il giullare si identifica anche nella morte ovvero nella danza Macabra, Veniva anche visto come una persona capace di irretire le donne e le streghe. facciate di alcuni edifici del Nord Europa e Nord Italia degli affreschi dedicati alla danza della morte. Queste testimonianze ci fanno capire quanto fosse radicata nella società e nelle tradizioni questa pratica. Abbiamo una sequenza di personaggi che si alternano ovvero scheletri e uomini a celebrare l’imminenza della morte nella vita quotidiana. Ci sono uomini di Chiesa,di potere, uomini comuni, C’è la rappresentanza di tutte le gerarchie sociali che vengono associate e accompagnate dalla morte, in questi festeggiamenti all’interno del carnevale ( Forse unico vero momento di democrazia) la Morte incombe per tutti A prescindere dal ceto sociale.memento mori era una frase che veniva spesso ricordata anche nelle liturgie questo vuol dire che siccome la morte arriva per tutti ed è una cosa certa ma non è negativo, deve spronare ad avere un atteggiamento positivo. La morte è l’elemento democratico per eccellenza perché arriva per tutti in maniera indistinta e ci riporta all’essenza naturale che è quella della polvere che si ricongiunge alla terra e porta alla rinascita. I festeggiamenti vedevano queste processioni per le strade della città con l’alternanza di morti e persone mascherate appartenenti al popolo. Ogni rappresentazione di questa danza è accompagnata da una dicitura che probabilmente era la litania che veniva ripetuta durante le processioni E riportava il concetto di imminenza della morte. Anche qui la Chiesa si inserisce in una pratica già esistente e la riadatta per i propri scopi. 16/11 La cultura antropologica rispecchia quella cultura che esiste al di fuori della cultura istituzionale e abbraccia tutte le gerarchie esclusione di quelle più alte perché anche molti appartenenti dalla gerarchia dei nobili erano fondamentalmente analfabeti. Per cultura antropologica intendiamo quella che riguarda tutti gli uomini del tempo ma che non appartengono alle istituzioni. Per comprendere cosa sia questa cultura sotterranea e le relative forme spettacolari che fanno parte del concetto di festa dobbiamo riferirci alla cultura alta. Nel momento in cui le istituzioni si contrappongono alla cultura popolare vengono fuori delle testimonianze come quelle che abbiamo visto ad esempio con Tertulliano n epoca romana, possiamo venire a sapere delle culture popolari grazie all’ostracismo delle istituzioni che scrivono editti e concili che vanno contro queste manifestazioni oppure ne veniamo a conoscenza quando la cultura istituzionale comincia a inglobare determinati modi per formativi che possono aiutare la propria causa. Tutte le gerarchie sociali sono chiamati a collaborar è e a interagire nei momenti di festa che sono i momenti in cui la cultura si riferisce ai cicli della natura e questi momenti vengono recuperati dalla Chiesa e istituzionalizzati come momenti fondamentali della liturgia. Durante la festa si contemplano due momenti: il tempo umano che viene scandito dalle varie ricorrenze della vita e il non tempo che si riferisce al ciclo della natura che si ripete continuamente sempre uguale con l’alternarsi delle stagioni. Nel tempo Della festa questi due tempi si contemplano a vicenda permettendo il rovesciamento è l’abbassamento dei toni, per questo in queste feste si possono avere degli atteggiamenti e delle pratiche che durante il tempo normale non si possono accettare, vediamo ad esempio quello che accade nel carnevale. In questi momenti festivi di rovesciamento trova spazio la tipologia spettacolare per formativa che è la danza macabra. Non è una danza propriamente, è una complessa tipologia spettacolare che fa parte delle tipologie rappresentative di danza isterica cioè momenti in cui chi prende parte a questi eventi trascende da se stesso, regola che troviamo sempre nel carnevale. Si tratta di una festa collettiva che rientra nella cultura antropologica, si insinua in particolare nel periodo del carnevale perché si concentra quasi esclusivamente sul rovesciamento dei ruoli, poteva anche essere seguita durante festeggiamenti Dei morti ma era nel carnevale che questa danza diventa l’esempio più alto della cultura antropologica. Le fonti che ci tramandano questa tipologia spettacolare sono molteplici e ben conservate. Ricordiamo che l’idea della morte è un'idea ancestrale che nasce insieme all’uomo, le uniche certezze che si hanno dal primo momento in cui l’uomo appare sulla terra sono la nascita alla morte che sono strettamente legate tra loro e concorrono a iniziare e terminare il ciclo vitale dell’essere umano; sono due momenti che vanno festeggiati allo stesso modo. La morte fin dai tempi più antichi non viene mai vista come elemento negativo perché conclude il ciclo Vitale che può ricominciare con la reincarnazione oppure l'accoglimento dello spirito da parte di entità più alte e spirituali. Questo concetto non viene mai abbandonato ma nel medioevo riprende vigore perché la scomparsa del potere centrale del dell’impero è la caduta della figura centrale dell’elemento teatrale Fanno sì che ritornino alla luce le tipologie più antropologiche Che erano rimaste sotterrate. Dal momento che si creano dei piccoli microcosmi risaltano ancora di più queste tradizioni antropologiche che non sono mai scomparse. Quello che ci tramanda quindi la pratica della danza macabra sono degli affreschi che si trovano in abbazie e conventi in particolare dell’Italia del Nord e dell’Europa dell’est, troviamo dei veri e propri cicli pittorici di affreschi; è il caso della chiesa di San Nicola a Tallinn Che ci propone una sequenza figurativa e sotto una parte scritta che spiega quello che si vede. Si tratta di una sequenza che ci fa capire che è una tipologia spettacolare amò di processione, è una pratica collettiva eseguita da diversi esponenti della società, salta all’occhio la ricorrenza periodica alternata della morte alternata gli esseri umani. I personaggi della rappresentazione hanno delle movenze corporee che ci fanno capire che personaggi della morte erano interpretati da dei giullari perché la postura che anno non ci fa pensare a persone che Appartengono alla società civile. La compostezza dei personaggi rappresentati si contrappone la scompostezza dei personaggi che rappresentano la morte, non hanno niente di codificato, non sono armonici perché sono interpretati da professionisti che hanno delle capacità gestuali diverse da quelle che sono concesse alle persone normali. Altro sito molto importante per il recupero di testimonianze di queste danze macabre è l’abbazia di Chaise- Dieu. Straordinaria testimonianza e anche l’affresco che si trova nell’oratorio dei disciplinanti a Clusone perché è un ciclo pittorico molto ampio e ben conservato, sono rappresentate tutte le categorie sociali intervallate dalle iconografia della morte che ha sempre un atteggiamento beffardo e con movimenti completamente diversi da quelli composti di altri personaggi, si tratta di atteggiamenti di danza. Questo ciclo è molto importante anche per la didascalia che riporta secondo cui questa pratica sta ricordare l’incombenza della morte per tutti in tempi e modi diversi ma arriva per tutti riporta tutti ad avere lo stesso livello sociale cioè quello della polvere.la morte va vista come un momento che non si può evitare, fondamentale per la conclusione della vita terrena e e che riporta tutti allo stesso livello ovvero quello della polvere. Sempre a Clusone troviamo il trionfo della morte dove viene ricordato che la morte attraverso il suo travestimento da imperatore ricorda che impera su tutti, tutti cercano di ingraziarsela Per cercare di evitare il momento ma in realtà non può accadere perché la morte arriva per tutti. Questa rappresentazione si trova sulla facciata dell’oratorio. Altra rappresentazione della danza macabra si trova a Pinzolo nella chiesa di San Virgilio, la morte elementi scenografici ma sempre che si alterna. Forse la più completa testimonianza si ha nella chiesa di Santa Maria delle lastre a Beram. Tutte le gerarchie sociali sono rappresentate ma dobbiamo ricordare che si potrebbe trattare anche di personaggi mascherati quindi il nobile potrebbe anche non essere realmente un nobile ma un povero travestito, e comunque una tipologia per formativa che porta alla catarsi porta a liberarsi anche l’incombenza della morte, porta ad esorcizzarla. Tra il 1523 e il 1526 Hans Holbein Il giovane realizza 51 disegni con le allegorie della danza macabra, lo fa per dare un’immagine critica della società del suo tempo, recupera una tradizione medievale per recuperare e riportare all’attenzione di chi lo legge le problematiche del suo tempo, è una critica feroce alle istituzioni fatto attraverso le immagini in cui vengono focalizzate tutte le gerarchie sociali e tutte vengono criticate per quello che di male Fanno, in particolare il male viene evidenziato in quelle categorie sociali in cui dovrebbe prevalere il senso del bene cadavere di Tim Burton e ritroviamo la musica tipica della danza della morte anche nella musica come ad esempio la rende Walt Disney nel film fantasia. Se gli umanisti coniano il termine medioevo perché pensano che questo periodo di tempo che li divide dagli antichi sia caratterizzato dall’oscurità e che va dimenticato questo non è sempre così perché la cultura umanistica attinge spesso dallo strato culturale medievale. Ricordiamo che la società medievale è piena di spettacolo vive la quotidianità intrisa di spettacolarità e si riallaccia molto al ciclo della natura per questo si parla di spettacolarità intrinseca in tutti gli uomini medievali perché è molto distaccata dalla cultura ufficiale ma il senso della festa è un qualcosa che a che fare con la quotidianità per questo la cultura medievale non può prescindere dal suo aspetto di spettacolarità. Quest’idea di recuperare anche la cultura del medioevo e di restituire a questa cultura la spettacolarità carnevalesca viene a riproporsi nei primi decenni del 900 ad opera di tanti studiosi, il più importante dei quali Michael Bartim(?) scrive uno straordinario saggio che recupera la cultura del medioevo affermando che fosse molto presente nella cultura umanistica in particolare dal punto di vista della spettacolarità della festa. Il saggio si intitola l’opera di Rablais (?) E la cultura popolare, questo è uno dei più colti umanisti autore della epopea di Gargantua e Pantagruele, opera composta di cinque libri. Si vuole far capire come la tradizione medievale e la cultura festiva del medioevo fossero ancora presenti nella cultura umanistica e quella del 500 che non sono soltanto culture alte ma molte di questi autori si rifanno precisamente all’immaginario medievale trasmettendo questa cultura ai contemporanei e ai posteri. Inizia scrivere questo saggio durante la seconda guerra mondiale ma non viene pubblicato prima del 1965. A noi interessa parlare della parte in cui l’autore si riferisce il carnevale, individua due fondamentali punti, Cerca di riscoprire dei evidenziare tutte le caratteristiche culturali e antropologiche del carnevale che vengono riprese dalla letteratura successiva al medioevo. Dice che il carnevale è una istituzione sociale, è una rappresentazione di tutta la società, è un rito collettivo e partendo da questa riflessione vuole far vedere come questa tipologia che rappresenta l’idea di cultura popolare possa dialogare senza alcun problema con la cultura alta. L'autore va contro una codificazione della cultura e della letteratura rinascimentale che vedeva appunto la letteratura come un qualcosa di alto dal punto di vista culturale, scardinando tutto quello che è stato codificato fino a quel momento. In questo saggio cerca di dare una lettura convincente del significato della parola carnevale, sono state date molte fallimentari interpretazioni dell’origine di questa parola perché si riallacciano quasi tutte alla tradizione cristiana quando invece il carnevale fonda le sue origini con l’apparizione dell’uomo sulla terra. Nel saggio al certo punto analizza la favola di Apuleio l’asino d’oro Alla cui fine la storia si conclude con una processione di carri che si teneva in epoca imperiale e forse anche precedentemente a Roma in un particolare momento festivo che temporalmente si identifica con quello del carnevale e fa derivare questa denominazione da Carrus navalis perché si parla di festeggiamenti nei confronti di Iside è il momento fondamentale di queste festività era l’arrivo della dea su un carro navale ovvero su una nave che veniva attrezzata con delle ruote e correva nelle strade principali della città seguita da un corteo mascherato e sulla nave erano rappresentate le forze del caos presenti prima dell’arrivo della dea Iside che riporta l’ordine. Questo potrebbe essere l’origine della terminologia carnevale in cui è tipica proprio la sfilata dei carri e la presenza delle maschere. Questa è una delle possibilità che possono essere individuate nella origine di questa terminologia di questa festività da cui va esclusa ovviamente l’origine cristiana. B ci propone una visione di questo immaginario festivo medievale e ce lo fa comprendere bene attraverso tantissimi esempi, ci dice per esempio che è una cosa fondamentale è l’idea del riso, Questa visione del riso dissacrante viene utilizzata per comprendere e avvicinarsi a tematiche e cose che non può spiegarsi, in particolare ci si avvicina dei misteri della vita che non possiamo spiegarci. Il riso fin dagli antichi romani è un momento di distrazione importantissimo perché attraverso il riso si può riuscire ad umanizzare delle tematiche incomprensibili e renderle più vicine a noi. Nei momenti di trapasso verso la morte non si facevano cortei tristi ma con te in cui il riso era molto importante cercando di esorcizzare il momento e renderlo più comprensibile. Il momento del funerale non è triste perché si offre alla famiglia che viene a visitare il defunto un momento di convivialità che non ha niente a che fare con la disperazione. Il carnevale quindi serve per riportare gli equilibri e allontanare quei concetti che per noi sono incomprensibili e distrarli e renderli più comprensibile attraverso il riso. Anche tutti i richiami che appartengono alla corporeità sono molto importanti perché attraverso questo prende forma la concezione centrale del corpo umano che in carnevale subisce tutte le trasformazioni possibili, e il trionfo del corpo nonché il trionfo della cultura popolare e il per former è colui che meglio riesce a identificare questa cultura del corpo, quindi il mangiare il bere anche la vita sessuale che sono così espliciti in queste rappresentazioni sono momenti di centralità per quanto riguarda l’importanza della corporeità che uno dei tratti caratteristici che molto si allontana dalla rigidità dalla cultura in posta quotidianamente. Carnevale è un momento in cui viene concesso la riappropriazione della corporeità, uscire da se stessi che però non implica lo scomparire dello spirito ma si può trascendere da se stessi e provare anche sensazioni che nella normalità della vita quotidiana non è permesso provare.quello di questo saggio quindi un recupero molto importante che ci fa capire come la cultura popolare non sia mai scomparso. E il per former è colui che non solo del carnevale ma in tutti gli altri momenti dell’anno esprime questa cultura della corporeità, anche se fuori dal carnevale questo diventa un personaggio da ostracizzare perché fa cose che non possono essere accettate. B ci ricorda come il carnevale sia associata ad una visione collettiva della festa e come la cultura medievale sia la cultura collettiva , Vedremo come questo cambia dal 400 in poi quando la cultura diventa elitaria. Secondo B tutti venivano considerati uguali durante il carnevale, entrano in contatto tutte quelle persone che nella quotidianità erano divise dalle barriere sociali, della casta e dell’età, è la possibilità della contaminazione; l’atmosfera carnevalesca considera più importanti gli aspetti secondari della vita in opposizione A tutti quegli aspetti che nella quotidianità prendono il sopravvento: corpo contro l’intelletto. Durante il carnevale la particolare percezione dello spazio e del tempo permette a tutti gli individui di sentirsi parte della collettività tanto che smettono di essere se stessi ed è a quel punto che attraverso il costume la maschera l’individuo si rinnova, allo stesso tempo raggiunge la consapevolezza della propria unità materiale sensuale e della comunità. Il tempo del carnevale è il tempo in cui l’uomo si rinnova perché può uscire da se stesso e provare esperienze diverse, questo avviene attraverso l’uso della maschera. Nel saggio troviamo degli esempi specifici attraverso cui l’autore ci fa capire che la cultura popolare non è mai morta come ci hanno voluto far credere e tanti autori che sono sempre stati interpretati dal punto di vista elitario non sono stati realmente compresi perché tantissimi autori umanisti rinascimentali ripropongono questa idea della cultura medievale. Questo saggio ha fatto riscoprire la doppia valenza della cultura umanistica rinascimentale che non è un esclusivamente alta ma è sempre contaminata da questa idea della cultura popolare in particolare B ci presenta l’opera di Rablais (?) Che era stato considerato un personaggio minore catalogato anche dai suoi contemporanei come un buffone che si dedicava delle stupidaggini e che metteva nel suo pensiero l’importanza degli istinti naturali e del fare quello che ci pare seguendo le nostre pulsioni, è sempre stato travisato come autore che si dedica a questioni marginali.R è stato uno dei più importanti studiosi umanisti del suo tempo, un uomo di grandissima cultura che per un certo periodo fu anche prelato, intraprese gli studi giuridici e si interessò tantissimo alle lingue antiche che studiava con tanta passione fin da giovane, fece parte dell’ordine dei francescani e poi se ne tolse si scrisse la facoltà di medicina, aveva una cultura straordinaria e scrisse anche dei trattati scientifici molto importanti. Quando R decise di dedicarsi alla scrittura di Gargantua e Pantagruele fu allontanato dagli studiati perché in questa sua trattazione epica straordinaria si dedicò totalmente al recupero della cultura bassa e quindi fu considerato non degno di appartenere all’altro sapere scientifico umanistico. Nonostante avesse fatto gli studi di medicina si contrapponeva fortemente gli studi fatti alla Sorbona che per lui erano insegnamenti troppo rigidi che non praticavano l'elasticità mentale, erano preconcetti che non aiutavano a stimolare l’intelletto. Secondo lui il sapere doveva riferirsi molto la cultura naturale del medioevo e per questo fu molto ostracizzato. Gargantua e Pantagruele sono due giganti quindi l’autore ambienta la sua opera incentrandola su due personaggi mitologici che vivono in epoca contemporanea e che hanno delle avventure straordinarie che si ricollegano alla cultura popolare a partire dal linguaggio molto basso, ci sono situazioni di coppia corporeità molto basse ad esempio il ciclo si conclude con pantagrueliche urina dalla torre della città ed essendo un gigante la alloag Gargantua e Pantagruele sono due giganti quindi l’autore ambienta la sua opera incentrandola su due personaggi mitologici che vivono in epoca contemporanea e che hanno delle avventure straordinarie che si ricollegano alla cultura popolare a partire dal linguaggio molto basso, ci sono situazioni di corporeità molto basse ad esempio il ciclo si conclude con Pantagruele che urina dalla torre della città ed essendo un gigante la allaga sconfiggendo così tutti i nemici. Il bisogno corporeo viene messo in un momento in cui la letteratura viene considerata un qualcosa di più alto. Gargantua e il padre e Pantagruele il figlio, i cinque libri narrano della vita straordinaria di questi due giganti e qui riaffiorano tutte le credenze del carnevale. R èuno dei maggiori testimoni della cultura bassa che si mescola con la cultura alta dell’umanesimo e questo è sempre stato male interpretato anzi non è stato compreso anche dagli studi successivi. Non è vero che gli umanisti hanno voluto dimenticare cancellare il medioevo almeno non in tutti i casi. La cultura alta continua dialogare l'allenamento guerresco risultasse efficace.del teatro e della pratica per formativa si parla come un qualcosa che serve all’educazione del buon cittadino, va quindi praticata in modi virtuosi. In generale l’edificio teatrale greco non si trova all’interno della Polis ma è situato fuori in un contesto naturale che può essere anche molto distante dalla città perché la struttura del teatro greco è fatta in modo che si integri totalmente con l’ambiente circostante. Questo accadeva perché la fruizione del teatro non era quotidiana, ci voleva del tempo per raggiungerlo, lo spettacolo andava in scena in particolare i momenti dell’anno in occasioni speciali. Questi momenti vengono scanditi dal culto religioso, si pensi alle Dionisie, Gli spettacoli hanno una funzione precisa che deve essere ben compreso e alla quale si deve per preparare dal punto di vista intellettuale e psicologico.andare al teatro tutti i giorni diventa occasione di consumo ma non va bene perché il teatro deve essere un’occasione preparata perché non è un’occasione di divertimento ma di educazione civica. Il teatro è occasione di crescita personale, di riflessione e di formazione civica per questo le rassegne teatrali sono organizzate in determinati periodi dell’anno, sono in un preciso luogo e il cittadino sa che deve andare altrove, il viaggio verso il teatro diventa un pellegrinaggio anche esso di formazione. Nel viaggio il cittadino si predispone alla fruizione e alla ricezione dell’educazione, diventa tutto un rituale Che ha la finalità Dell’educazione. È un’occasione di formazione che viene data al cittadino, parte dalla città arriva in teatro nel teatro si compie. Bisogna abbandonare le occupazioni della vita quotidiana e il pellegrinaggio aiuta a fare questo. Il teatro nella cultura spettacolare greca si focalizza sul genere della tragedia, Eschilo Sofocle Euripide sono i maggiori autori di questo genere.la tragedia è il momento più alto dell’educazione, Aristotele nella sua poetica si parla in maniera esauriente di come fosse concepita la tragedia, delle funzioni di questa rappresentazione e del perché dovesse essere rappresentata in determinati modi, quali sono gli elementi drammatici della messa in scena, quali sono gli elementi che compongono questa rappresentazione. La poetica è un trattato scritto da Aristotele forse tra il 334 e il 330 a.C., È diviso in 26 capitoli in cui si fa un compendio dell’arte di quel tempo, e come se Aristotele ci volesse tramandare il senso dell’arte nella sua società infatti parla di tutte quelle arti che possono essere trasmesse dalla poesia e quindi dalla parola. Parla in maniera molto estesa della tragedia, del racconto epico e quindi qualcosa di esclusivamente scritto e in minima parte anche della commedia della quale Aristotele dice che se ne parlerà più avanti ma a noi non è mai arrivata questa parte successiva.oltre a parlare di come deve essere composta la tragedia dal punto di vista letterario ci parla anche di come essa debba essere rappresentata. Quando la poetica di Aristotele venne riscoperta nell’umanesimo diventa il canone imprescindibile della creazione della rappresentazione teatrale, tutti gli autori teatrali che si occupano di rappresentazione non solo in prosa non si possono discostare dai dettami della poetica di Aristotele che diventa il padre della rappresentazione. Si parte dall’analisi di due concetti fondamentali: la mimesi e la catarsi, Questi due fondamenti della rappresentazione rimarranno invariati nel corso dei secoli e dovranno essere Perseguiti dal drammaturgo. Mimesi Vuol dire somiglianza cioè il teatro, la tragedia, deve rappresentare azioni verosimili che devono essere vicine all’esperienza del cittadino, in teatro si deve poter vedere l’imitazione di situazioni che potrebbero anche accadere A chiunque, tutto deve essere adeguato al sentire interiore di chi fruisce dello spettacolo. Aristotele insiste tanto su questo concetto perché vedendo qualcosa al di fuori della normalità il cittadino non impara nulla, non arriva nessun messaggio. Altro concetto fondamentale è l’immedesimazione. Si cerca di avvicinare il più possibile la rappresentazione all’ambito psicologico e della vita quotidiana del cittadino. La mimesi è fondamentale per arrivare allo scopo della rappresentazione teatrale che è la catarsi, si va a teatro per ricevere una purificazione interiore. La vicenda deve essere tragica perché deve stimolare dentro il cittadino la paura degli eventi che possono accadere e attraverso questa paura si può arrivare alla catarsi che è la purificazione dello spirito. La catarsi quindi viene stimolata dall’immedesimazione nelle vicende che vedo a teatro e attraverso di esse si riesce a purificare le passioni e a ritornare psicologicamente rettificato per riprendere la vita quotidiana. Al giorno d’oggi anche piangere davanti a un film può essere un momento di catarsi. Per Aristotele la catarsi non avviene con la commedia. Nella tragedia non troviamo personaggi degradati come accade nella commedia perché sono considerati come inverosimili, sono caricature che non si adattano al modo di essere del cittadino che va a vedere lo spettacolo e quindi ci deve essere un personaggio mediano che subisce nello svolgersi della tragedia un destino avverso per cui lo spettatore viene stimolato ad una immedesimazione tragica che porta alla catarsi. A differenza quindi dello spettacolo greco che educativo per i romani il teatro è un momento di divertimento perché deve distrarre e non deve impegnare dal punto di vista intellettuale. Il teatro alto inteso come in Grecia per la società romana rimane appannaggio di una limitata Elite. Lo spettacolo che prende la totalità della popolazione invece è quello sensitivo non più lo spettacolo intellettuale della catarsi greca. 23/11 Leon Battista Alberti nel suo trattato De Pittura, che parla della prospettiva e la codifica, restituisce la paternità di questa grande reinvenzione a Filippo Brunelleschi. Sebastiano Serlio è uno dei principali codificatori della prospettiva, si rifà ai X libri del De Architettura di Vitruvio, rivisita in chiave moderna i dettami e i fondamenti dell'arte dell'architettura e che si basano sui fondamenti della geometria e della matematica. Serlio nel suo tratta in 7 libri parte dai rudimenti della geometria per poi arrivare piano a piano a trattarne tutti i campi di applicazione come l'architettura. Serlio nasce a Bologna nel 1475 e muore in Francia nel 1554, in Francia perché si trova come pittore alla corte di Francesco I. L'esperienza all'estero trova la resistenza degli artisti autoctoni perché all'epoca gli italiani fino al 600 saranno i massimi conoscitori dell'arte e per questo saranno molto gettonati anche nelle corti estere molto più arretrate. Gli artisti italiani esportano i princìpi del Rinascimento, anche architettonico. Quello di Serlio è uno dei primi trattati che si pone non solo dal punto di vista teorico, quelli precedenti sono tutte restituzioni in chiave moderna dei trattati antichi, mentre Serlio si pone il problema di renderli operativi. Ha successo quindi perché è pratico, serve par lavorare, e ci riesce grazie alla sua esperienza di architetto. Dal primo libro comincia proprio con i rudimenti della geometria, inizia con le definizioni di punto, linea ecc. e questo perché essendo un'arte pratica bisogna conoscerne le basi. Dalla fine del 400 in poi sul frontespizio delle opere si trova tutto ciò che bisogna sapere per capire cosa si va leggere. L'umanesimo e il Rinascimento sono molto pratici da questo punto di vista, deve essere utile all'arte dell'uomo che deve imparare velocemente. L'uomo rinascimentale è attivo e pratico, infatti nel manuale di Serlio ci sono molti disegni. C'è un indice copiosissimo, nel Rinascimento si codifica per dar uno strumento utile al lavoro e ciò che lo rende utile è un indice ben curato perché così si possa ricerca la tematica in fretta, servono trattati di veloce consultazione e pratici. A noi interessa analizzare il libro secondo che parla della prospettiva da associare alle scenografie teatrali, qui prende la codificazione di Vitruvio che per primo stabilisce la divisione delle tre scene teatrali( tragica, comica, satirica). Serlio parla della prospettiva ma la porta a un livello superiore, Alberti individua il fulcro sulla linea dell'orizzonte mentre Serlio, poiché pratica la scenografia teatrale, impone il punto di fuga più in alto, su un piano più indietro. E' una innovazione scaturita dalla sua pratica teatrale. Altra intuizione è la scena che abbia una profondità non solo grazie al fondale dipinto in prospettiva, ma anche attraverso le quinte aggettanti che creano un senso di illusione e di profondità, le quinte sono mobili e permettono il cambio di scena. Il piano delle quinte era stato intuito alla stessa altezza e inclinazione dello spazio dove agiscono gli attori mentre Serlio ha l'intuizione di rendere lo spazio della scena inclinato rispetto a quello dell'azione in modo da rendere la prospettiva ancora più vicina allo spettatore che vede meglio l'effetto prospettico. Altra innovazione di Serlio è quella di concepire le quinte non in maniera piatta ma in modo angolare di modo che la parte angolare faciliti la prospettiva del pannello retrostante e non crea distacco, questo con l'idea di essere veritiero pur essendo effimero. La prospettiva che è dipinta deve essere più veritiera possibile. Si chiamano quinte angolari o a libretto, rima serve a ricordare meglio, potevano essere ascoltate, declamate o recitate ma erano comunque testi educativi che si riferivano quasi sempre ad ambiti religiosi ( vite di santi, momenti della liturgia, episodi della bibbia o evangelici) e servivano a dare un esempio ai giovani e a creare l'ideale del buon cittadino. Tutto rientra nel disegno di Lorenzo. Si spinge affinché questi testi vengano comprati anche dalle famiglie. Le confraternite avevano come pratica in uso la rappresentazione di questi libri ad opera dei giovani. Tutte le altre tipologie rappresentative che riguardano l'ambito religioso si chiamano rappresentazioni sacre che a differenza delle sacre rappresentazioni non hanno un testo scritto, sono quasi esclusivamente spettacoli visivi ( domanda importante da esame). Gli eventi concepiti per aiutare la comprensione di determinati argomenti sacri sono puramente visivi, nella cultura umanista riguardano quasi sempre l'ascensione e l'annunciazione che sono difficili da comprendere, le rappresentazioni sacre servono a spiegare visivamente questi argomenti. La rappresentazione sacra prende un po' il posto del performer medievale che in chiesa mimava la liturgia. Cosimo il Vecchio si affida a Filippo Brunelleschi che è l'architetto più importante della città e che ne rappresenta la magnificenza. Siamo negli anni 30 del 400 e una delle feste più importanti è L'annunciazione, una festa liturgica che la città di Firenze sente in particolare modo tanto che per molti secoli il calendario fiorentino non comincia il 1 di gennaio ma il 25 marzo, festa dell'annunciazione contrariamente alla riforma del calendario gregoriano del 1572, e continua fino al 700 inoltrato. Cosimo il Vecchio comincia da questa festività per farsi notare e lo fa grazie al Brunelleschi, la chiesa della Santissima Annunziata di Firenze è stata edificata proprio per onorare e solennizzare l'Annunciazione, ed è qui che venivano fatte le celebrazioni più importanti di questa festività. Verso il 1400 per evitare di disturbare le liturgie, questa pratica rappresentativa venne spostata nella chiesa di San Felice in Piazza che si trova Oltrarno. In questa chiesa si cominciarono a organizzare le celebrazioni più spettacolari dell'Annunciazione e sappiamo per certo che fu Brunelleschi a occuparsi delle prime rappresentazioni, probabilmente questo accadde nel decennio tra il 20 e il 30. E' una chiesa molto piccola e per fare una rappresentazione efficace bisognava saper sfruttare lo spazio e chi meglio di Brunelleschi? Uno quello dei dogmi del Brunelleschi era quello di usare gli spazi a disposizione senza denaturarli, a creazione non doveva interferire. In questa chiesa Brunelleschi deve sfruttare la verticalità e così inventa un ingegno: in corrispondenza della cupola ne crea una finta in legno da cui si stacca questo marchingegno il tutto manovrato da argani, l'ingegno che si stacca dalla cupola è denominato mazzo che è una pseudo cupola dove sono sistemati dei fanciulli piccoli che rappresentano gli angeli che cantano e ballano; da questo cielo si stacca un altro ingegno a forma di mandorla e detto propio mandorla, raggiunge il palco dove si trova la Madonna per darle l'annuncio, dopo che la Madonna accetta l'angelo ritorna su e si svolge la scena al contrario con la mandorla che torna nel mazzo e così via. Tutto ciò è mascherato da musiche eseguite per coprire il rumore degli argani, macchine usate nei cantieri per sollevare i materiali, per edificare; quindi Brunelleschi mette a frutto le sue competenze pratiche nell'ambito teatrale. L'unica rappresentazione del paradiso era stata data da Dante ed è a lui che Brunelleschi e gli artisti umanisti si fanno per rappresentare i cechi concentrici della sfera celeste. Nel 1565 Vasari lo ripropone per festeggiare il matrimonio di Francesco I. Altro evento straordinario fondamentale tappa dell'incursione della famiglia Medici nella spettacolarità cittadina è il 1439 quando Brunelleschi si occupa dell'Annunciazione nella Basilica di San Marco. Fino a poco fa si pensava che fosse stata allestita nella basilica della Santissima Annunziata ma la prof.ssa Ventrone ne restituisce la giusta collocazione. San Marco diventerà con il tempo il riferimento religioso della famiglia Medici. Il 1439 è un anno importante per Firenze perché Cosimo il Vecchio riesce a far diventare Firenze la sede del Concilio iniziato a Basilea per volere del papa Martino V nel 1421, fa tappa a Ferrara e poi a Firenze. Il concilio si basava sul tentativo di ricopiare la chiesa occidentale con quella orientale. E' un momento fondamentale per la cultura della città e degli umanisti perché con i rappresentati della religione orientale arrivarono in città anche i loro studiosi. Nella cappella dei Magi l'affresco ricorda l'arrivo di queste figure orientali in città. Questi personaggi parlano della questione dell'incarnazione dello Spirito Santo che divide le chiese, allora Cosimo il Vecchio chiede al Brunelleschi di allestire una annunciazione in modo tale da restituire visivamente l'argomento della discussione. A questo evento sono invitati solo i padri conciliare ma comunque ha un grosso riscontro nella popolazione. Cosimo il Vecchio fa ciò per far vedere queste meraviglie create dal Brunelleschi e per ribadire che il tutto è offerto dalla sua famiglia, sono i Medici a dare la possibilità di comprendere e hanno i mezzi per offrire queste meraviglie. Brunelleschi inventa l'unicità del luogo della rappresentazione, fa della chiesa uno spazio teatrale come quello che si vede nella dal del signore. La chiesa di San Marco ha uno spazio diverso e quindi il Brunelleschi sfrutta lo spazio orizzontale della navata anche se l'elemento centrale dell'ingegno rimane l'angelo in quanto elemento di unione tra la il regno del paradiso e quello terreno, è lui il motore della scena. Vengono ricreati i cerchi concentrici del paradiso su un palco al disopra della porta, da qui partono delle corde che permettono all'angelo di attraversare la navata sospeso in aria preceduto dalla colomba fino ad arrivare all'edicola dove è seduta la Madonna. Dopo l'annuncio l'angelo ritorna verso l'empireo ma nello stesso tempo dall'empireo parte una sorta di razzo, una specie palla infuocata, che arriva alla Madonna e non è altro che lo Spirito Santo che incarna Gesù nella donna. Quindi ci son tre corde diverse, una pero ogni personaggio, una per ogni ingegno. C'è sempre il rapporto di uno spettatore osservatore della scena disposta in modo da poter essere osservata da un unico punto di vista. 26/11 Vediamo alcuni esempi delle rappresentazioni in piazza dell'annunciazione. Quella del Beato Angelico ci fa notare la forma concentrica con l'autorità divina seduta al centro con riferimento chiaro alla Mandorla del Brunelleschi, c'è la serie concentrica di angeli che cantano e danzano e poi ci sono le autorità dei santi intorno alla divina manifestazione, ci sono dannati e beati e poi ancora un cerchio di angeli che danzano e cantano. Simile configurazione si trova in un affresco di Andrea Del Buonaiuto. Quindi l'idea che ci sia questo cerchio del Paradiso intorno a cui ci sono gli angeli in festa che danzano sono alla base di queste icnografie. Anche il Cristo Giudice del Beato Angelico è ritratto in questa mandorla, questo tondo e qui ci sono anche le nuvole che rappresentano l'altezza dei cieli. Stesso concetto si ha nella natività del Botticelli in cui si ha una riproposizione in dipinto di quello che era il mazzo brunelleschiano. L'arte medievale ( e rinascimentale) si ispira direttamente alle rappresentazioni che venivano fatte a cui non solo il pittore ma anche l'uomo comune poteva accedere. Cosimo I è il primo rappresentate della mialgia Medici a poter governare la città nel 1539 quando ci sono le sue nozze con Eleonora di Toledo. Prende il potere con una sorta di colpo di stato nei confronti delle altre famiglie potenti. A questo punto si può esternare la politica dei Medici iniziata con Lorenzo il Magnifico ma questa volta senza temere ritorsioni da parte delle altre famiglie. Continua nella legittimazione del potere della famiglia attraverso il programma iconografico e metaforico di Lorenzo ovvero che i Medici sono al potere per le loro qualità morali e le loro capacità. L'associazione tra Ercole e Cosimo I diventa indispensabile. Usa lo spettacolo per esporre questa idea politica di rivendicare il potere, da qui in avanti lo spettacolo si associa alla potenza di chi lo offre ed è lo strumento più importante ed efficace per mostrare il proprio potere; la potenza del principe passa attraverso la magnificenza dello spettacolo. Il principe si fa protettore della arti, quanto più è protettore e divulgatore di arte e artisti tanto più è potente. Lo spettacolo e tutti gli elementi che ne fanno parte diventano il fulcro fondamentale di questa politica. Si organizza subito per Cosimo I un matrimonio importante perché i Medici hanno necessità di imparentarsi con le dinastie vere nobili di Europa o delle corti italiane, il matrimonio diventa un tassello portante per la politica medicea. Nel 1539 Cosimo prende in sposa Eleonora di Toledo figlia del re di Napoli imparentato direttamente con la casa d'Asburgo tramite Carlo V. I Medici arriveranno sul torno di Francia con Caterina e Maria che con la morte del consorte diventeranno reggenti. Anche i Medici aveva tentato con successo di mandare una principessa sul trono di Inghilterra se non fosse stato che il principe ereditario morì. Lo stesso i granduchi prendono in sposa principesse strategiche. L'occasione del matrimonio di Cosimo I va solennizzata con uno spettacolo memorabile. L'apoteosi della sperimentazione spettacolare arriva con lo spettacolo pubblico e con l'opera in musica e le opere della commedia dell'arte. Dal 1539 parte a riflessione che si concentra sullo spettacolo del potere espresso dalla magnificenza dell'allestimento, altro motivo è l'evoluzione dal 1/12 L'esperimento del 1565 è importante: si esce dall'esterno e si entra all'interno, è un primo passo per il recupero do un luogo teatrale interno, di un edificio che porterà alla riprorpsizfone di un luogo teatrale esclusivamente dedicato alle rappresentazioni. Le innovazioni sono tante nell'allestimento del Vasari come l'arco scenico, essendoci il luogo della scena vengono previsti degli spazi appositamente destinati alla rappresentazione, questo spazio è un retropalco che serve di ricovero a chi agisce sulla scena, il prevedere un retropalco, assente nel cortile, ci fa capire che chi agisce sulla scena non è più chi sta anche in sala, quindi abbiamo la presenza di professionisti soprattutto per gli intermedi. L'arco scenico è fondamentale così come lo è quella del sipario, che serve a dare il senso di meraviglia svelando le scene e che era dipinto con una veduta di Firenze. La scena per la commedia rappresenta la piazza di Santa Trinità, uno dei luoghi commerciali di riferimento della città. Gli intermedi sono 6 e si comincia a vedere la sperimentazione più ardita all'interno di questi momenti spettacolari che sempre di più andranno a superare la rappresentazione della commedia stessa. Lo spettacolo del 1565 è un momento fondamentale per la riflessione sullo spettacolo, fautore di questa riflessione è anche lo stesso Francesco che con le sue idee eclettiche fuori dal regime fomenta a sperimentazione. Per l'allestimento di quell'anno Francesco vuole che l'allestimento teatrale ricostruito nel Salone dei 500 subisca una metamorfosi totale, siamo all'interno del alone monumentale e lui vuole che questo luogo cambi il suo aspetto e diventi l'illusone di un luogo aperto, contrario a quello successo a palazzo Medici. Le pareti sono coperte da piante e fiori, vengono persino liberati nella sala degli uccellini veri, il tutto per ricreare qualcosa di molto alchilico che ricalca anche il pensiero filosofico di Francesco. Tutto ciò crea stupefazione. Il 1586 è un anno fondamentale perché c'è a Firenze l'inaugurazione del teatro mediceo. Siamo in una situazione spaziale contigua a Palazzo Vecchio, palazzo del potere mediceo, già Cosimo aveva pensato di affiancare al palazzo del potere tutti gli uffici burocratici del Granducato ( magistrature) ritenendoli fondamentali per la gestione del territorio, questa è la nascita degli Uffizi. Questo edificio fatto a U viene edificato nel quartiere fluviale, molto importante dal punto di vista dei commerci. In questo periodo a famiglia Medici trasferisce la residenza a palazzo Pitti e nello stesso periodo viene commissionato il Corridoio Vasariano che collegava la residenza della famiglia a Palazzo Vecchio, fu realizzato in soli sei mesi. Si ha anche la realizzazione di un salone delle commedie concepito da Cosimo, affidato a Vasari e poi terminato da Vasari. Il salone viene realizzato all'interno degli uffici, è un teatro di corte, privato del principe; nell'ala orientale degli Uffizi viene preso il piano nobile ( primo piano ) e quello sovrastante che oggi equivale al gabinetto disegni e stampe, questi due piani vengono destinati alla costruzione del teatro. Non sappiamo sei fosse previsto sin dalle origini quando Cosimo disse di edificare l'ala degli uffici ma l'idea della realizzazione del salone è abbastanza ravvicinata alla costruzione degli Uffizi, sicuramente appaiamo che Francesco diede un grosso impulso affinché venisse realizzato e infatti viene inaugurato per le nozze di Virginia, la sorella del granduca che va in sposa a un Este. Ha le stesse dimensioni del salone dei 500, l'impianto architettonico è diverso in quanto sala teatrale che deve rimanere fissa. nella pianta vediamo i gradini laterali, il palco del principe, la scena con il retropalco molto grande, è un teatro che nasce con l'intento di sviluppare la scenotecnica. Ci sono le scale che ricordano le scalette dei primi teatri medicei ma non hanno più una funzionalità sono soltanto estetiche, i Medici hanno un grande rispetto per la loro tradizione, hanno una straordinaria cultura del riuso, e il richiamo alla tradizione è improntate per cerare una continuità. La strategia del riuso non è solo economica ma è soprattuto politica, il creare una tradizione che sia anche tangibile e fortifica il potere. La forma della cavea, e lo abbiamo dalle descrizioni che ci sono giunte, è ovoidale. Per la prima volta nella storia del teatro abbiamo un sipario che si alza. I festeggiamenti per Virginia De' Medici non sono particolarmente importanti, tutto è focalizzato sulla rappresentazione teatrale, ci sono degli intermezzi curati anche da Buontalenti, ma l'episodio del 1586 resta improntate perché rappresenta l'inaugurazione del teatro mediceo. L'episodio più straordinario per questo teatro è il 1589, evento che dal punto di vista politico rinnova l'alleanza con la Francia, ferdinando che è il fratello di Francesco dismette gli abiti religiosi e si appresta a vestire gli abiti del granduca dopo la morte del fratello. ferdinando è quello tra gli eredi che più ricalca l'idea politica di Cosimo e riprende le redini idi un governo un po' deviato, nel 1589 sposa Cristina di Lorena, nipote della regina di Francia Caterina De' Medici, per solennizzare la ripresa di un potere politico più centralizzato si decide di fare degli straordinari festeggiamenti che non si concentrano solo con la rappresentanze teatrale che comunque resta l'evento centrale. Viene rappresentata La Pellegrina, una commedia commissionata da Ferdinando agli accademici intronati di Siena, l'autore è Girolamo Bargagli. Sceglie Siena perché vuole che tutti i territori strategici del granducato siano rappresentati in questo suo evento e Siena era un territorio molto importante ma che aveva ostenta una certa indipendenza, per questo veniva nominato il governatore di Siena. Lo spettacolo ribadisce il concetto di come esso sia un modo di esternare il potere della famiglia. Altro messaggio chiaro è dato dall'apparato, il teatro mediceo ridimensiona la sua conformazione dell'arredamento, se Francesco aveva dato questo aspetto della natura selvaggia filosofica, Ferdinando restituisce monumentali alla sala teatrale con uno sguardo all'autorità degli antichi questo perché la funzione dello spettacolo è politica e deve essere chiara a coloro che sono invitati. La lista degli invitati è ponderata, si scelgono persone che comprendono i messaggio che si vuole inviare e che poi riporteranno nei territori di appartenenza, gli ambasciatori degli stati esteri sono i primi ad essere invitati come ad esempio i Gonzaga. vedi la descrizione dei 6 intermedi sul libro della Mamone. Ad allestire il teatro per l'occasione è Buontalenti, artista privilegiato di Francesco e Ferdinando, sa adattarsi alle esigenze politiche del nuovo granduca, i suoi 6 intermedi saranno così esaltanti da offuscare la commedia stessa e verrano eseguiti giorni dopo senza l'innesto della commedia. Buontalenti ha un luogo dove mandare avanti la sperimentazione, un laboratorio che è il teatro mediceo dal 1586 dove sviluppa la sua sperimentazione teatrale che gli permette di arrivare al 1589 agli ingegni straordinari. Tutte le arti funzionali del dato sono alla massima efficienza, persino il sistema di aerazione camuffato dai rosoni in cui ci sono le bocchette d'aria che permettono il ricircolo, anche l'illuminazione non è lasciata al caso. Siamo a pochi anni dalla definitiva codificazione del nuovo gente spettacolare dell'opera in musica, questi sono momenti spettacolari in cui la recitazione è quasi inesistente ma la priorità è data alla musica, al canto e alla danza, sono tipologie spettacolari ibridi, non c'è una disciplina che prevale sulle altre. La nascita dell'opera in musica avviene in ambito mediceo nel 1600. La camerata dei Bardi ha riflettuto a lungo sull'opera in musica, dove tutto quello che viene esposto è fatto attraverso musica e canto. La sperimentazione degli intermedi che sono musica strumentale e danza porta via via alla maturazione di questo nuovo genere e gli intermedi della Pellegrina sono proprio quelli a un passo dalla realizzazione di questo nuovo genere e si capisce quando vengono rappresentati di fila, si capisce che manca soltanto una drammaturgia unitaria. Qui si sfrutta tutto, soprapalco ( che regge le nuvole), sottopalco che permette di sistemare la macchineria scenica. 10/12 Anonimo fiammingo: quadro tra 1574/76. Può essere definito un ritratto di gruppo, ci ritrae una situazione che ha due livelli di lettura, potremmo tracciare una linea ideale da sinistra a destra obliqua. UN livello definisce gli attori, il secondo il pubblico. Il quadro ci vuole rendere un'istantanea della rappresentazione dei comici dell'arte e ce la rende anche attraverso il pubblico. L'ambientazione ci da l'idea di una scenografia ma non sappiamo se sia finta. Gli attori presumibilmente sono la compagnia di Drusiano Martinelli, fratello di Tristano. L'unico personaggio non mascherato è proprio Drusiano Martinelli, il capocomico, che con fare minaccioso sembra controllare quanto succede in scena, il gruppo a sinistra vede le parti comiche della commedia dell'arte: il servo con la maschera quasi animalesca, che ha atteggiamenti sconci e palpeggia la servita ( che poi sarà soprannominata Colombina) questi presentano il livello più basso della comicità e il livello più alto rappresentato dagli innamorati; i due servi insieme ( c'è quello un po' più indietro che sembra estraniato) rappresentano gli Zanni, quello furbo e quello sciocco, e sono la componente comica bassa. Il gruppo al centro invece rappresenta la sfera più alta della commedia dell'arte: due coppie vestiti da abiti sontuosi, sono gli innamorati, quelle parti della commedia dell'arte che non prevedono la maschera e che recitano in una lingua italiana forbita ( di solito il fiorentino), vediamo forse la figura di un capitano che cerca di corteggiare l'innamorata. Il capitano è un personaggio che sta a metà normalmente viene paragonato al miles glorious di Plauto, il combattente che si vanta delle sue esperienze guerresche ma finisce per essere oggetto di scherno per gli altri personaggi. L'altro gruppo ( avanti a destra) vede la maschera del vecchio con la canonica veste rossa e il pizzo, il vecchio sciocco, ruolo ripreso dalla commedia di Plauto e Terenzio. Il vecchio sciocco osserva la scena di seduzione come se non si rendesse conto, tipico del suo ruolo non rendersi conto di quello che succede e delle beffe che gli vengono fatte da tutti, si crede intelligente ma viene sbeffeggiato da tutti. Il personaggio losco non è facilmente identificabile, accanto a lui troviamo il prototipo di Arlecchino, probabilmente proprio Tristano Martinelli, all'epoca del quadro molto giovane che ha il costume rattoppato visto che Arlecchino è uno Zanni molto povero, indossa la maschera e ha pantaloni molta ampi che lasciano scoperta la caviglia e le scarpette molto leggere che denotano la sua caratteristica per formativa, ha un fisico snello, atleti che gli permette di fare in scena delle evoluzioni straordinarie. Arlecchino Tristano Martinelli inaugura la tradizione dello Zanni atletico di quello che recita con il corpo, quello che più di tutti raccoglie la tradizione degli istrioni. Possiamo collocare il quadro in un ambito geografico preciso, Anversa, quando i comici della compagnia arrivarono per una tournée molto importante che li vide ospiti delle famiglie italiane più improntati del luogo e indicazioni ci sono date anche dallo scenario che non è teatrale, il pavimento è quello di una casa, è una sala di questi mercanti molto ricchi residenti ad Anversa che ospitano la rappresentazione. Immagine 2: dipinto di area germanica, segno dell'itineraria dei comici dell'arte che si spostano anche nel nord Europa e non solo in Francia e Spagna. E' la prima rappresentazione di Zanni e Pantalone in Baviera. L'immagine è rappresentata nella scala dei folli. Anonimo fiammingo, Compagnia dei Gelosi: 1585. Vediamo il vecchio con il vestito rosso, il lungo cappotto nero che fa da contrasto alla sua stupidità. La coppia forse sono Francesco e Isabella Andreini. Il servo ha andamento plastico, i pantaloni larghi che gli concedono molta agilità. Francesco Andreini interpreta il capitano, baldanzoso nei suoi momenti che cerca di corteggiare la nobildonna dandosi delle grandi arie, è un personaggio comico che si rifà ai capitani di avventura spagnoli, si può associare anche al Don Chisciotte, in Francia il ruolo di capitano si svilupperà in quello di Scaramouche. Caratteristica del Pantalone della commedia dell'arte è l'attributo sessuale perchè il vecchio il vecchio è quello preso dalla libidine incontrollabile che si rivolge alle giovincelle e quindi il membro accentuato è parte della comicità del personaggio. I oerosnaggi della commedia dell'arte li ritroviamo nelle opere buffe di tutta Europa, è una tradizione che entra nella consuetudine artistica di molti artisti, si pensi al Dongiovanni, nel barbiere di Siviglia Figaro è un servo, uno Zanni che deve fare da tramite perché gli amori si possano coronare. Commedia dell'arte è la professione della recitazione, gli attori avevano il repertorio che spaziava dal tragico al comico e tutte le sfumature nel mezzo, erano abilissimi danzatori. Le compagnie italiane in Francia diventano stabili, si esibiscono all'Hotel de Bourgogne fino al 1697 quando vengono cacciati da Parigi per le varie gelosia in quanto i comici italiani erano più apprezzati di quelli francesi che avevano la sede a La Comedie Francaise. Les Charlatans italien: tipica maschera di Scaramuccia con il cappello floscio, la faccia triste, cappello nero. Straordinaria è la rappresentazione per la strada del comico, davanti a un pubblico occasionale, un palco di fortuna, un siparietto, il musico che è uno Zanni. Il dottore fa coppia con il vecchio, è uno che esibisce paroloni ma fondamentalmente non sa nulla e viene sbeffeggiato. Brighella è lo Zanni astuto. Pulcinella e Arlecchino hanno maschere inferiche. Tartaglia è il servo sciocco, fa i lazzi, il suo era quello del tartagliare cioè entrare in scena e creare scompiglio perché non si capiva quello che diceva. Il lazzo è un momento caratteristico di un personaggio che ogni attore fa suo a seconda delle proprie capacità. La maschera viene associata alla commedia dell'arte nel 700, quando questa viene associata al carnevale. Le fonti della commedia dell'arte: La prima è la raccolta Fossard datata intorno al 1580, è di ambito francese, una delle prime fondamentali finti per ricostruire il viaggio dei comici dell'arte in Francia. Non sappiamo chi ritragga, forse quella di San Ganassa che fu un Francia dal 1571 o la Compagnia del Gelosi nello stesso periodo. Si tratta però di comici italiani. Si pensa che queste incisioni furono fatte realizzare dai comici stessi per promuovere la loro arte, come delle locandine. Tristano Martinelli, Lione, 1601, Dedicato a Maria de’ Medici: prima fonte autoriale della commedia dell'arte. Per solennizzare le nozze le nozze di Maria De' Medici sposa di Enrico IV di Francia viene invitato a corte. E' un libretto surreale come il personaggio, dice che è stato realizzato all'inferno. Non ha nulla di retorico, è un insieme di pagine bianche e di figure con alcune didascalie. Balli di Sfessania di Jacques Callot: artista attivo anche alla corte dei Medici e nei suoi viaggi in Italia può conoscere i comici dell'arte. Il fatto che i comici dell'arte si dedichino solo a commedie deriva dal francese per cui i comici potevano recitare sl quel genere. La sfessania è un viaggio isterico. Ci rappresenta tutti i comici dell'arte, le loro capacità musicali, e performative ma anche a sensualità inscena con gli atteggiamenti ammiccanti che rendevano affascinante la commedia dell'arte. C'è sempre l'elemento musicale, in ogni incisione. Antoine Watteau fu un pittore francese che ritrae la commedia dell'arte a Parigi, ritrae l'idea che i francesi ne avevano nel 700, un'idea romantica. Pierrot forse deriva dallo Scaramuccia, è un personaggio francese, Gilles, ed è un personaggio melanconico, lunatico, oscuro, non dissacrante. Mezzettino è un personaggio poetico, cantante e musicante con la sua famiglia attorno. Si è sempre pensato che questi attori non avessero un testo ma l'improvvisazione non
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