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appunti completi diritto canonico, Appunti di Diritto Canonico

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Tipologia: Appunti

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Scarica appunti completi diritto canonico e più Appunti in PDF di Diritto Canonico solo su Docsity! Diritto canonico L’ordinamento canonico, che è l’ordinamento giuridico della chiesa, è l’unico che ha una continuità storica da 2000 anni a questa parte. Non vi è nessun ordinamento giuridico che abbia la continuità che ha l’ordinamento della Chiesa. È un ordinamento giuridico che è un utile riferimento. Il diritto canonico affonda le sue radici nel diritto romano, è l’erede più diretto dell’ordinamento giuridico romano. Il diritto canonico è l’ordinamento giuridico della Chiesa e questo ordinamento giuridico è molto elastico: necessariamente deve coniugare l’unità con la varietà. Il codice di diritto canonico è per tutta la Chiesa Romanica latina; ma da altra parte abbiamo anche una necessaria varietà dovuta al fatto che essendo universale non è limitata a un territorio specifico, si confronta con culture giuridiche e antropologiche differenti, e richiede un adattamento a quella situazione specifica. Avremo quindi un diritto canonico particolare di un determinato luogo, perché è all’esigenza di quel determinato territorio. Certe norme nascono da un’esigenza universale e i singoli territori della Chiesa hanno spesso un loro diritto particolare di adattamento al diritto universale alla realtà concreta di quel territorio. Unità da un lato e varietà dall’altra. “Polmone della chiesa latina e polmone della chiesa orientale”, lo diceva l’apostolo Paolo, sono sempre chiese cattoliche ma di rito o orientale o latino, infatti ci sono due codici. La chiesa ambrosiana ovviamente rientra nel rito latino, mentre la chiesa per esempio ucraina appartiene al genus chiesa cattolica orientale, con dei riti e tradizioni giuridiche diverse. Nella chiesa latina la scelta del vescovo è fatta direttamente dal pontefice, nella chiesa cattolica orientale invece il vescovo viene eletto dal sinodo (incontro collegiale della chiesa orientale) e il papa conferma la nomina. Nel matrimonio il ministro del sacramento del sacramento sono i due sposi, il sacerdote è semplicemente un testimone particolare, il diritto canonico prevede anche la possibilità di sposarsi con soli testimoni; per la chiesa orientale invece è necessario il sacerdote. Il diritto canonico ha un suo fondamento principale nel diritto divino: cos’è il diritto divino? È l’insieme di quegli elementi giuridici che hanno Dio per creatore o promulgatore. Il diritto divino è il criterio ultimo di legittimazione di ogni norma. Ogni norma dell’ordinamento canonico è vigente e vincolante nella misura in cui è conforme al diritto divino. La norma è vincolante se è conforme al diritto divino. Solo questa è razionale= norme conforme alla ratio divina e ai principi fondamentali del diritto canonico in materia. Quando si stava elaborando il vigente codice di diritto canonico che venne promulgato nell’83, si pensava di ideare anche una legge fondamentale della Chiesa, lex ecchlesia fundamentali, sorte di costituzione formale della Chiesa. Come disse Graziano: il diritto divino è quello contenuto nell’antico e nel nuovo testamento ius divinum est quod in legem et evangelio continetur. Abbiamo un diritto divino naturale e uno positivo. Qual è la differenza? Non vi è nessuna differenza dal punto di vista contenutistico, la differenza sta nelle modalità di conoscenza dei contenuti del diritto divino. (differenza di modalità conoscitive e di apprendimento). Diritto divino naturale è il diritto divino che possiamo apprendere con il semplice uso della ragione, qualsiasi uomo anche non credente e non battezzato può comprendere i principi fondamentali del diritto divino. I contenuti del diritto divino naturale possono essere percepiti con il semplice uso della ragione es. alcuni dei comandamenti principali: non uccidere, non rubare… Sono principi diffusi in tutte le culture a prescindere che quelle culture a prescindere dal fatto che quella cultura abbia conosciuto il cristianesimo: qualsiasi ragione umana può formalizzare questi principi. Ma naturalmente la ragione può sbagliare o può non comprendere fino in fondo le ragioni ultime di una norma di diritto divino, ed è per questo che queste norme sono si conoscibili dalla ragione però Dio ha voluto anche rivelarle in maniera positiva all’uomo. (diritto positivo=norma promulgata dal legislatore). Il diritto divino si conosce attraverso la rivelazione: quanto dio dice di sé stesso, secondo graziano il diritto divino è contenuto nella sacra scrittura e nella tradizione, queste sono le due grandi fonti. Se si prende ad esempio un concilio, in questo caso il secondo concilio vaticano ecumenico ovvero universale conclusosi nel 1965 con documenti ufficiali approvati dal pontefice. Uno di questi è LA COSTITUZIONE DOGMATICA EI VERBUM dove troviamo i due modi di trasmissione della parola di dio, sacra tradizione che trasmette integralmente la parola di dio attraverso gli apostoli e sacra scrittura che comprende antico e nuovo testamento. La chiesa recepisce ed interpreta sia la sacra scrittura sia la sacra tradizione. Il diritto divino deve essere quindi applicato, il legislatore crea le norme conformi al diritto divino. Come si arriva alle fonti del diritto canonico? Il diritto canonico in senso stretto non aveva un unico corpus normativo, vi erano molte fonti sia di diritto particolare sia universale ma non vi era una raccolta unitaria di norme ma molti canones (regole) che regolavano la vita della chiesa. Ma vi era appunto una legislazione molto variegata con alcune caratteristiche peculiari, molte norme venivano emanate ad esempio come frutto occasionale, si creava una norma per risolvere una data fattispecie giuridica ma non vi era una unitarietà di norme, talvolta vi era una discrepanza tra le varie norme. Nel primo millennio ci fu una grande prodizione normativa ma poco organica. Il primo che cercò di dare organicità fu il monaco bolognese GRAZIANO vissuto a cavallo della metà del dodicesimo secolo, tentò una prima collezione organica delle norme canoniche, chiamata CONCORDIA DISCORDANTIUM CANONUM. Graziano riuscì nella sua opera di coordinamento delle fonti canoniche anche inserendovi testi di diritto romano, armonizzò le fonti canoniche con quelle del diritto romano. Graziano venne posto da dante tra gli spiriti sapienti nel paradiso in quanto seppe armonizzare i due fori, seppe usare lo strumento assai tecnico del diritto romano, utile strumento interpretativo e normativo. la sua opera ebbe grandissima diffusone diventando la base del diritto canonico ma senza mai assumere un valore ufficiale, non fu mai approvato o promulgato come norma universale della chiesa, era un grandissimo strumento tecnico di risoluzione dei problemi ma non assunse mai il valore di norma ufficiale all’interno della chiesa. Iniziò ad elaborarsi da parte dei pontefici delle prime raccolte di norme, inizialmente le “CINQUE COMPILAZIONI ANTICHE” la terza ebbe un valore ufficiale, la prima nella storia del diritto canonico “liber tertius” Successivamente il pontefice Gregorio 9 emano un’altra raccolta ufficiale, una compilazione che assumeva come base le 5 compilazioni antiche. Questa raccolta assunse il nome di LIBER EXTRA, perché è extra decreto di Graziano, o DECRETALI DI GREGORIO IX, le decretali sono dei responsa date dal pontefice ai vescovi su un dato problema che non riuscivano a risolvere, il destino di tali decretali fu quella di diventare principio universale nel momento in cui furono scritte nei decretali di Gregorio IX, diritto che nasce dalle esigenze concrete della vita. Anche la maggior parte delle cinque compilazioni sono composte di lettere decretali. Con le decretali abbiamo un diritto basato sulle esperienze quotidiane che da vita a un principio che poi diventa universale. Dopo il liber extra ci furono altre varie raccolte di carattere ufficiale per integrare ulteriormente il liber extra: 1.     Liber sextus di Bonifacio VIII nel 1298 2.     Le clementine nel 1317 che furono promulgate da Giovanni XXII ma disposte da papa Clemente V dopo il concilio di Vien 3.     Raccolta di decretali del 1325 da Giovanni XXII chiamate EXTRA VAGANTES Tutte queste raccolte furono poi riunite in un unico corpus normativo “CORPUS IURIS CANONICI” che comprende tutti questi testi e anche il decreto di graziano. Ufficialmente promulgato nel 1570 da Gregorio XII. Divenne così la fonte principale del diritto canonico, non un codice ma una raccolta di testi. Fino al 1900 non ci fu un vero e proprio codice, solo all’inizio del ‘900 si inizia a pensare a un codice. La prima versione del codice di diritto canonico fu promulgata da Benedetto XV nel 1917 entrando in vigore nel 1918, era composto da 5 libri. 1.     Il primo riguardava le norme generali 2.      Il secondo riguardava le persone all’interno della chiesa. 3.     Il terzo libro riguardava la res 4.     Il libro quarto riguarda il diritto processuale 5.     Il quinto libro riguarda le sanzioni Vi erano poi le norme dei concili e il diritto particolare, non riportate nel codice di diritto canonico. 7/10/2021 Diritto positivo. La tradizione come fonte: i Concili (modo di esercitare solennemente la potestà da parte del collegio episcopale), Ecumenici (tutti i vescovi) o locali. Il nuovo codice, cui lavori preparatori iniziarono nel 67, alla luce di alcuni principi fondamentali che avrebbero dovuto regolare la riforma del codice del 17. Alla luce di questi principi fondamentali e di quasi 20 anni di lavori e consultazioni, nozze, schemi, fu infine promulgato da Giovanni Paolo II nell’83 (con la costituzione apostolica sacre discipline leges), il 25 Gennaio, entra in vigore il 7 novembre dello stesso anno. Il nuovo codice non è una semplice revisione del codice del 17, ma è una completa rivisitazione delle norme data dalla necessità di tenere conto dei nuovi principi enucleati dal Concilio Vaticano II. Giovanni Paolo II, dice che il codice di diritto canonico è una sorta di traduzione nel linguaggio canonista (quindi giuridico) della disciplina promulgata dal Concilio Vaticano II del 1965. Corpus normativo nuovo. Nuovo codice che vale solamente per la chiesa cattolica latina, quella orientale avrà un suo codice specifico. Chiesa cattolica di rito latino segue questo corpus normativo. Non riguarda la chiesa universale. È importante ricordare come il codice di diritto canonico non prevale su altre norme specifiche della chiesa universale, quali per esempio le norme concordatarie, ovvero pattiziamente stabilite tra stato e organismo politici. Struttura nuovo codice Il codice precedente era composto di 5 libri (norme generali, persone nella chiesa, le res anche spirituali, glia ultimi due libri: processi nella chiesa e diritto canonico) Il nuovo codice è composto di 7 libri, 1752 canoni. Le norme contenute nel codice di diritto canonico sono CANONI e no articoli. Le norme possono essere suddivise in paragrafi e no commi. 7 libri: - 1) Dedicato alle fonti del diritto e anche ai soggetti di diritto, si tratta delle singole norme (legge, consuetudine) e anche dei soggetti nella chiesa (persona fisica e giuridica) - 2) Approfondisce in maniera particolare il concetto di persona fisica e persona giuridica e tratta anche della costituzione gerarchica della chiesa, alla luce dei principi del vaticano (principio di uguaglianza coniugato con quello di diversità funzionale) - 3) Funzione di insegnare della Chiesa, insegnamento cattolico in tutte le sue forme - 4) disciplina dei 7 sacramenti e degli altri atti di culto divino, i sacramenti non più considerati una res per quanto spirituali ma vengono regolati in un corpus, in un libro specifico del codice - 5) beni temporali della chiesa. La chiesa utilizza beni materiali (edifici, parrocchia, oratorio, e beni mobili e immobili) per raggiungere finalità spirituali. Il diritto del libro quinto detta quelle norme che permettono che i beni materiali devono essere effettivamente utilizzati per le modalità disposte nella chiesa, che non vi sia un uso improprio di quei beni che sono strumento. Molte di queste norme hanno anche un loro rilievo nel diritto civile. - 6) dedicato al diritto penale canonico: la chiesa ha un suo diritto penale, la chiesa ha il potere di sanzionare i fedeli per reati specifici previsti dall’ordinamento canonico. Il libro VI è stato recentemente modificato dal pontefice per una più efficace tutela dei diritti e per una più efficace coerenza della funzione punitiva della Chiesa. Il diritto penale di Giovanni Paolo II decentrava molto, lasciava ampio spazio al diritto particolare (della chiesa in Giappone, stati uniti..). Si è vista la necessità di ridurre questo decentramento. Il comune o la provincia non possono dettare norme penalisticamente rilevanti. Ha subito una profonda riforma ad opera di papa Francesco - 7) è dedicato ai vari processi che si svolgono nella Chiesa, la chiesa ha anche tribunali che esercitano il potere giudiziario a livello periferico ma anche centrale. Successivamente al codice di diritto canonico, sempre Giovanni Paolo II ha promulgato anche un codice per le chiese orientali, il Codice dei Canoni delle Chiese orientali. Il 18 ottobre 1990 Giovanni Paolo II ha promulgato il codice dei canoni delle chiese orientali che costituisce il codice comune a tutte le chiese cattoliche diverse dalla chiesa cattolica latina. Nella chiesa cattolica: codice di diritto canonico che regola la vita della chiesa latino, e codice dei canoni delle chiese orientali che regola la vita delle chiese diverse da quella cattolica latina. Lezione 14/10/2021 1983 è stato promulgato il nuovo codice di diritto canonico, che è davvero una nuova codificazione che rinnova la precedente alla luce del Concilio Vaticano II. È una traduzione in linguaggio canonistico della dottrina del concilio vaticano II. Diritto costituzionale canonico. La chiesa è stata fondata da Cristo, da Gesù. I vangeli sono 4: Matteo, Marco, Luca, Giovanni. Lettura del capitolo 16 del Vangelo di Matteo. Viene riportata la situazione in cui Cristo pone delle domande ai suoi discepoli. “voi chi dite che io sia..” loro rispondono… “tu sei Pietro e su questa pietra edificherai questa chiesa”. Cristo fonda la Chiesa ponendo come base gli apostoli. La chiesa che nel Concilio Vaticano II, nella lumen gentium (documento del Concilio), luce delle genti (Cristo), in questo documento la chiesa fondata da Cristo viene definita come strumento di salvezza spirituale, viene definita come sacramento. Caratteristica dei sacramenti di essere segno e strumento: da un lato significano la grazia e l’aiuto spirituale e dall’altro lo danno effettivamente questo aiuto spirituale. Il Concilio Vaticano II definisce anche la chiesa stessa come sacramento: come segno e strumento di salvezza del genere umano. La chiesa rappresenta la salvezza, in quanto formato da quello strumento di salvezza formato da Cristo e al contempo fornisce gli strumenti per potersi salvare. Ultimo canone di diritto canonico: 1752 la forma in cui è espresso è una specie di colpo d’ali che senso e significato alla codificazione canonica, una forma: “… avendo presente la salvezza delle anime che deve essere sempre nella Chies ala legge suprema.” Tutte le norme di diritto canonico sono orientate al bene e alla salvezza delle anime, la chiesa stessa ha questa finalità. Sempre nella lumen gentium si afferma che la Chiesa ha una struttura specifica, la chiesa è popolo, comunità e società. Si afferma sempre nella lumen gentium che il popolo di Dio: ha principio di uguaglianza e principio di varietà. Principio di uguaglianza= tutti i battezzati sono ugualmente chiamati alla pienezza della vita cristiana e sono ugualmente fedeli nella Chiesa, non si è superiormente fedeli perché sei papa, sacerdote o suora. Canone 208 base del diritto di uguaglianza è il battesimo, aver ricevuto il battesimo. Canone 204 Tutti i fedeli, quindi, hanno i medesimi diritti e i medesimi doveri. Principio gerarchico: la Chiesa è una realtà gerarchica. Per volontà di Dio e non per decisione umana esiste nella Chiesa una gerarchia dotata del potere e della missione ricevuti da Cristo per insegnare la dottrina della fede. Il principio di varietà: questo trova il suo fondamento sia nei sacramenti sia in altri atti giuridicamente rilevanti. Il sacerdote è come tutti noi, tuttavia assume anche ulteriori diritti e doveri legati a quella specifica condizione giuridica di cui è stato investito. La diversità di funzioni all’interno della Chiesa si realizza in primo luogo con i sacramenti, ma anche con altri atti come, per esempio, i membri della Chiesa che assumono la qualifica tecnica di clerici, clericus, gli altri che non ricevono il sacramento dell’ordine vengono chiamati laici nel senso tecnico del termine canone 207 il laico nel diritto canonico significa il semplice battezzato, e non come nel parlare comune che significa quello neutro che non è religioso. Poi il canone 207 prosegue: nella chiesa ci sono anche un insieme di fedeli che non sono né chierici e né laici, bensì religiosi ossia persone che si vincolano particolarmente alla chiesa mediante voti o altri vincoli sacri, impegnandosi quindi con una solenne promessa, a vivere i cosiddetti consigli evangelici (povertà, castità, obbedienza) es. le suore, i salesiani, le salesiane. Tenendo presente che alcuni religiosi possono anche essere chierici. Chi si vincola mediante vincolo sacro non è più laico ma religioso. Tutte questi però sottintendono il ruolo di fedele. E poi ci sono doveri e diritti specifici delle tre condizioni giuridiche, questi non annullano quelli di fedeli ma si aggiungono a questi ultimi. Costituzione gerarchica della Chiesa Aspetto fondamentale del principio di varietà è il principio gerarchico  per diritto divino esiste nella chiesa una gerarchia per amministrare la dottrina. Ha una forma piramidale ben chiara, non più con quella forte divisione per status del codice del 17: a questo riguarda canone 129 afferma in maniera chiara che il principio gerarchico nella Chiesa è essenzialmente prerogativa di colore che possono esercitare una potestà, ossia i chierici. Fondamento della gerarchia della CHIESA è la ricezione del sacramento dell’ordine, solo chi lo ha ricevuto è abilitato a esercitare atti di giurisdizione, e quindi a configurare gerarchicamente la chiesa stessa. Ha un’origine sacramentale: si basa sul potere conferito a Pietro e agli altri apostoli. Potestà che è un potere di ordine e potere di giurisdizione. Capacità giuridica di produrre effetti nella sfera giuridico canonico di altri soggetti si distingue in potere di ordine e potere di giurisdizione - Potestà d’ordine (ricevere il sacramento dell’ordine): abilita alla amministrazione dei sacramenti e si trasmette mediante ordinazione sacerdotale. Alcuni sacramenti però possono essere amministrati da chi non ha ricevuto sacramenti dell’ordine: matrimonio, per esempio, i ministri sono i due sposi, il sacerdote è un semplice testimone che riceve quel consenso matrimoniale in nome della chiesa, ma pur semplice testimone. Vi sono alcuni casi di matrimonio celebrato in assenza di un ministro di culto. Lo stesso vale anche per il battesimo, ministro ordinario del battesimo è chi ha ricevuto il sacramento dell’ordine ma in casi straordinari chiunque può amministrare il sacramento del battesimo, può essere fatto anche da un non cattolico, purché abbia intenzione di fare ciò che vuole la chiesa, perché questo è un sacramento fondamentale per la fede cattolica. Matrimonio in maniera ordinaria, battesimo in maniera straordinaria Si chiama sacramento dell’ordine perché la situazione giuridica a cui esso da luogo è composta da 3 gradi e chi lo riceve in qualunque grado diventa chierico. Gradi che vanno assolutamente rispettati (uno non può ricevere il terzo grado se prima non ha ricevuto il primo): i gradi sono diaconato, presbiterato, episcopato. Ognuno dei 3 gradi comporta specifici diritti e doveri. Esempio: la potestà d’ordine abilita all’amministrazione dei sacramenti: il diacono può amministrare alcuni sacramenti, non tutti però, non può celebrare eucarestia; solo chi ha ricevuto il sacerdozio può amministrare l’eucarestia. Ogni grado dell’ordine abilita all’amministrazione di alcuni sacramenti nello specifico. Avere ricevuto la potestà d’ordine non significa poter esercitare atti di potestà di giurisdizione, atti di governo. - Potere di giurisdizione: l’esercizio giuridico del potere ricevuto per via sacramentale, la potestas giurisdizionis, richiede una successiva determinazione canonica dell’autorità competente. Io ricevo sacramento dell’ordine posso potenzialmente esercitare atti di governo, questa potenzialità per essere attuale è necessario un ulteriore atto dell’autorità canonica competente, che mi abiliti all’esercizio della potestà di giurisdizione. Come viene conferito il potere di giurisdizione? Mediante questa ulteriore determinazione canonica che prende il nome di missione canonica o atto di conferimento di un ufficio ecclesiastico: è qualunque incarico costituito stabilmente determinato da disposizione sia divina sia ecclesiastica da esercitarsi per un fine spirituale. Gli uffici sono conferiti mediante un procedimento speciale di designazione cella persona che si chiama: provvista canonica atto mediante cui viene conferito a una persona un ufficio ecclesiastico, l’atto con cui la persona può esercitare la potestà di cui già gode. Quali sono i modi di designazione? E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. [19]A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Cristo fonda la chiesa ponendo come base l’apostolo Pietro. Il pontefice è successore di Pietro. A Pietro vengono date le chiavi del regno dei cieli, le azioni di Pietro sono azioni che vengono direttamente da Cristo. Anche il codice di diritto canonico, la prima definizione del romano pontefice: vicario di Cristo, colui che fa le veci di Cristo. Il pontefice della chiesa cattolica, quindi, rappresenta Cristo in terra. Il pontefice è vicario di Cristo e anche successore di Pietro, e succede a titolo personale. Il pontefice è vescovo di Roma, ed è pontefice in quanto vescovo di Roma. A Roma Pietro morì martire e vescovo. Il romano pontefice è capo del collegio episcopale. È una potestà ordinaria: la sua potestà di giurisdizione è annessa all’ufficio stesso di romano pontefice. E una potestà suprema: non vi è nessuna autorità nella chiesa sopra il romano pontefice, se non il diritto romano positivo, è una potestà piena, ovvero riguarda ogni materia e ogni persona all’interno della Chiesa, è universale, e immediata, ovvero può esercitare sempre il suo potere. Può avocare a sé qualunque negozio all’interno della Chiesa. Designazione del romano pontefice. Il romano pontefice viene eletto, vi è una elezione. L’elettorato attiva spetta al collegio dei cardinali, quelli che dono in comunione con la chiesa di Roma e che non abbiano superato gli 80 anni. L’elettorato passivo spetta in linea teorica a qualunque battezzato di sesso maschile. L’elezione deve essere accettata dal romano pontefice. È altresì necessario che il pontefice sia consacrato vescovo. Canone 332: Il Romano Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l'elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale. Di conseguenza l'eletto al sommo pontificato che sia già insignito del carattere episcopale ottiene tale potestà dal momento dell'accettazione. Che se l'eletto fosse privo del carattere episcopale, sia immediatamente ordinato Vescovo. Chi viene eletto papa può anche non essere vescovo, tuttavia se non è vescovo deve immediatamente essere consacrato vescovo. Perché ha potestà di pontefice in quanto vescovo. Al vertice della gerarchi ecclesiastica abbiamo wuinfi la figura del romano pontefice, successore di Pietro , vescovo di Roma. Vi è tuttavia una norma che potrebbe confonderci canone 330 Come, per volontà del Signore, san Pietro e gli altri Apostoli costituiscono un unico Collegio, per analoga ragione il Romano Pontefice, successore di Pietro, ed i Vescovi, successori degli Apostoli, sono tra di loro congiunti. Canone 336:  Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale permane ininterrottamente il corpo apostolico, insieme con il suo capo e mai senza il suo capo, è pure soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale. Dal combinato disposto da queste due norme vediamo come vi dia nella chiesa un altro organo dotato di suprema potestà: il collegio episcopale È dotato di piena e suprema potestà nella chiesa ma sempre co il pontefice e mai senza, è soggetto di suprema potestà nella misura in cui il papa è a capo di questo collegio. È un’altra modalità di esercizio da parte del pontefice del potere supremo all’interno della chiesa. Il collegio episcopale è un organo collegiale, un organo composto da una pluralità di persone (mentre il romano pontefice è un organo unipersonale). I membri di questo collegio sono tutti vescovi, la prima condizione necessaria è che i vescovi abbiano ricevuto la consacrazione episcopale, è altresì necessario che il vescovo consacrato sia in comunione gerarchica con il romano pontefice e con gli altri membri del collegio, deve sussistere quella che chiamiamo quella comunione gerarchica tra romano pontefice e altri membri del collegio. Appartiene al collegio apostolico chi è consacrato vescovo. Il collegio episcopale succede organicamente agli apostoli, mentre la successione del papa a Pietro è di tipo personale. Il collegio episcopale con il romano pontefice e mai senza, hanno piena potestà all’interno della chiesa Cattolica. Condizione per esercizio della potestà del collegio è la presenza del romano pontefice che approva azione. Le modalità di esercizio da parte del collegio episcopale sono 2: Azione solenne: avviene attraverso i concili, concretamente attraverso concilio ecumenico, (ossia assise di tutti i vescovi convocati dal romano pontefice) che è una riunione di tutti i vescovi del mondo, ed è la modalità attraverso cui il collegio esercita in maniera solenne la sua potestà I concili ecumenici sono modalità solenne del concilio episcopale, ma è una modalità rara nel corso della storia della chiesa, fino ad ora abbiamo avuto solamente 21 consigli ecumenici: l’ultimo è stato il Concilio Vaticano II conclusosi nel 1965 - §2. Esercita la medesima potestà mediante l'azione congiunta dei Vescovi sparsi nel mondo, se essa come tale è indetta o liberamente recepita dal Romano Pontefice, così che si realizzi un vero atto collegiale. - Azione ordinaria: qualora il romano pontefici collochi ad azione collegiale i vescovi di tutto il mondo oppure apporvi una determinata azione approvato dai vescovi sparsi nel mondo. Per essere atto di suprema potestà della Chiesa deve essere recepito dal romano pontefice. Si sottolinea ancora il fatto come la potestà del collegio è condizionata dal fatto che la sua azione sia percepita dal romano pontefice I vescovi in comunione con la Chiesa di Roma sono membri di diritto al concilio ecumenico della chiesa di Roma e partecipano al diritto con voto deliberativo. È il romano pontefice che convoca il concilio ecumenico e che stabilisce anche le materie che d3vono essere trattate nel concilio ecumenico stesso compete a lui determinare le questioni che devono essere trattate nel concilio stesso. Votano e approvano le decisioni del concilio stesso, tuttavia queste non hanno forza obbligante. Le decisioni acquisiscono forza obbligante quando siano approvate dal Romano Pontefice. Se il romano pontefice non da la sua approvazione, assieme ai padri conciliali, il documento non si ritiene approvato. Non si ritiene approvato un documento fino a che non lo abbia approvato il romano pontefice. I documenti vengono approvati dal concilio episcopale e dal romano pontefice, una volta approvati collegialmente, vengono confermato singolarmente dal romano pontefice e promulgati dallo stesso. Lo stesso vale per gli atti approvati in maniera ordinaria dal collegio episcopale, anche in questo caso li atti episcopali devono avere la conferma e la promulgazione dal parte del romano pontefice. La conferma e la promulgazione del pontefice vale tanto per gli atti solenni tanto per gli atti non solenni, per azione indetta dal romano pontefice o da lui recepita liberamente. Vescovo= canone 368 Le Chiese particolari, nelle quali e dalle quali sussiste la sola e unica Chiesa cattolica, sono innanzitutto le diocesi, alle quali, se non consta altro, vengono assimilate la prelatura territoriale e l'abbazia territoriale, il vicariato apostolico e la prefettura apostolica e altresì l'amministrazione apostolica eretta stabilmente. Il vescovo è colui che ha ricevuto il sacramento dell’ordine nel grado dell’episcopato, terzo livello, è in comunione gerarchica con gli altri membri. Il sacramento dell’ordine produce un carattere indelebile, una persona consacrata vescovo è sempre vescovo, anche se scomunicato, se abbandona la chiesa di Roma… Come il battesimo, il quale produce nell’anima un carattere indelebile, gli effetti teologici propri di quel battesimo. Il vescovo è colui a cui avviene affidata la cura pastorale della protezione del popolo di Dio distinzione tradizionale della Chiesa: vescovi titolare e vescovi diocesani. Nella chiesa per antica tradizione risalente ai concili del primo millennio sono proibite le ordinazioni cosiddette absulute, ossia consacrate vescovo senza essere destinata a un ufficio particolare, è necessario che abbia un titolo di ordinazione. Non tutti i vescovi però sono diocesani, ovvero non a tutti viene affidata la protezione popolo di Dio, vi sono anche vescovi che vengono ordinati per altre funzioni all’interno della chiesa. Vi sono vescovi che quindi che non esercitano la natura pastorale, a cui non viene affidata chiesa. Si viene a formare una sorta di fictio, alla persona che viene consacrata vescovo con un ufficio che non è quello diocesano, viene affidata la cura pastorale di una diocesi che non esiste più, una diocesi estinta. Viene affidato il titolo di quella diocesi= vescovi titolari. Es. africa del nord una volta era un territorio molto cristiano, con molte diocesi e molti fedeli cattolici, poi per le vicende storiche, per le invasioni barbariche e successivamente islamica, la presenza cattolica è diminuita notevolmente fino a scomparire e ci sono delle diocesi che oggi non. Esistono più, però quando un sacerdote viene consacrato vescovo, gli viene affidato un titolo: titolare della diocesi di Cartagine. Vescovi diocesani= posto al capo di una diocesi. Vescovi titolare= vescovi a cui viene affidato un titolo, una diocesi che non esiste più. La elezione dei vescovi è una ibera collazione del pontefice romano. Il romano pontefice nomina liberamente i vescovi diocesani o titolare, fermo restando che vi è tutto un lungo lavoro preparatorio da parte delle conferenze episcopali e delle ambasciate della santa sede di selezione dei candidati che possono essere più idonei ad assumere magistero episcopale. Normalmente, quindi, vi è la libera nomina, preceduto da lavoro preparatorio. Canone 377  Il Sommo Pontefice nomina liberamente i Vescovi, oppure conferma quelli che sono stati legittimamente eletti. Normalmente la scelta avviene per libera collatio, libera scelta. Vi sono dei casi di elezione, è eletto e poi è confermato dal pontefice. Se l’elezione ricade su un soggetto idoneo, il pontefice deve conferire il titolo mediante la conferma della elezione stessa. Vi sono poi casi in cui il vescovo viene presentato si propone al romano pontefice la persona da nominare, vincolante se il proposto ha tutti i requisiti di idoneità, e il romano pontefice è obbligato a concedere il titolo giuridico che si chiama istituzione. Es. quello di due vescovi francesi, quello di Metz e di Strasburgo, spetta al presidente della repubblica francese il diritto di presentare i candidati, per queste due diocesi, in quanto per queste spetta ancora il concordato di Napoleone, il rimano pontefice deve istituire il candidato se idonee presentato dal presidente, in quanto successore ideale del primo console in un paese laico come la Francia, in realtà ci sono dei vincoli che neanche in Italia ci sono ancora. Quello che accade nella realtà che il presidente si accordi con la santa sede in modo informale per un candidato idoneo. Nomina, elezione, presentazione. Vescovo diocesano= posto a caso di una chiesa particolare. La chiesa che è universale è normalmente suddivisa in circoscrizioni delimitate normalmente secondo il criterio territoriale, circoscrizioni che prendono il nome di chiese particolari. Canoni 368=  Le Chiese particolari, nelle quali e dalle quali sussiste la sola e unica Chiesa cattolica, sono innanzitutto le diocesi, alle quali, se non consta altro, vengono assimilate la prelatura territoriale e l'abbazia territoriale, il vicariato apostolico e la prefettura apostolica e altresì l'amministrazione apostolica eretta stabilmente. Le diocesi possono essere raggruppate in province e regioni ecclesiastiche che rispetto le regioni amministrative, ma non sempre è così. Un organo collegiale assai importante dell’azione pastorale dei vescovi sono le conferenze episcopali, ossia l’assemblea dei vescovi di una nazione o di un territorio che esercitano alcune funzioni pastorali a vantaggio di alcuni fedeli di quel territorio. Sono un istituto in sé stesse permanente, nei quali i vescovi esercitano in modo congiunto il loro compito pastorale. Abbiamo la conferenza episcopale, per esempio, per i paesi scandinavi, oppure baltici (Lituania, Lettonia, Estonia). È un organismo territorialmente limitato. Delle conferenze episcopali fanno parte i vescovi di un determinato territorio. La conferenza episcopale viene eretta dal romano pontefice e gode di diritto pubblico di diritto canonico. Ha funzioni amministrative e legislative: può emanare provvedimenti che abbiano carattere vincolante, cosiddetti decreti generali. Può legiferare solamente nelle materie in cui lo dispone il diritto universale, ossia ambiti in cui il diritto canonico rinvia a normative specifiche, oppure se riceve un mandato speciale della santa sede, sia su richiesta della conferenza episcopale stessa, sia a moto proprio. Es. il codice di diritto canonico riguarda la chiesa cattolica di rito latino; prevede alcune norme specifiche in bianco: prevede che il contenuto specifico della norma stia stabilito dal diritto promulgato dalle conferenze episcopali, è conveniente che determinate materie siano regolate in maniera specifica da ogni territorio nello specifico il codice di diritto canonico si astiene e rinvii alle conferenze episcopali. Es. età minima per matrimonio il diritto universale risponde che sia competente la conferenza episcopale. La conferenza episcopale esercita una potestà su determinate materie. Perché siano vincolanti, e quindi emanati validamente, è necessario che siano approvati da almeno i 2/3 dei membri che appartengono alla conferenza episcopale con voto deliberativo. Inoltre, devono ottenere, per essere validi ed efficaci, la recognitio della Santa Sede: è una condicio iuris, una condizione di diritto che per volontà del supremo legislatore della Chiesa è richiesta per la validità, senza recognitio i decreti sono privi di forza obbligante. La promulgazione richiede necessariamente la recognitio della Santa sede, è elemento essenziale e condicio sine qua non della promulgazione stessa. Funzione della recognitio verificare che i principi contenuti siano conformi al diritto universale. Oltre a una competenza legislativa le conferenze episcopali hanno anche una competenza in ambito dottrinale, possono emanare atti aventi valore di magistero autentico della chiesa atti pastorali dottrinali. Funzione del modus docendi, funzione di insegnare della chiesa. 1) Affinché questi atti siano considerati di magistero autentico è necessario che siano approvati in maniera unanime dall’assemblea della conferenza episcopale. 2) Se non si raggiungesse l’unanimità ma almeno i 2/3 ha votato a favore, il documento può essere considerato di dottrina autentica ecclesiale se accede la recognitio della santa Sede. Potere in materia normativa e materia dottrinale. Hanno poi altre competenze: stipulare accordi con lo Stato. canone 3: l’accordo prevede che la conferenza episcopale possa stipulare accordi su determinate materie, con i competenti organismi dello Stato. In Italia come in altre nazioni le competenze episcopali hanno capacità di stipulare accordi con i competenti organismo dello stato. Es. con ministero dell’istruzione vincola lo stato italiano quanto la chiesa cattolica in Italia. Ente ecclesiastico civilmente riconosciuto. Sistema delle fonti di diritto canonico Profili della norma canonica. Non c’è una definizione di norma nel codice di diritto canonico. Questo solitamente, secondo tradizione romanistica, si astiene dal dare definizioni. Abbiamo la legge universale e particolare. Nel diritto canonico la consuetudine ha pieno diritto normativo, e ha valore primario. Il diritto canonico conosce anche l’atto normativo singolare, la norma singolare. La definizione di norma che diede a suo tempo Tommaso d’Aquino= lui è stato uni dei più grandi filosofi e teologi della chiesa cattolica, ha vissuto nel XIII secolo, professore a Parigi. Lui dedicò molto spazio nelle sue riflessioni al concetto di legge, e ritornano nel codice di diritto canonico= rationis ordinatio ad bonum commune ab eo qui uram communitatis habet promulgare. La norma è un ordine ragionevole. Cosa vuol dire razionale? Non vuol dire solo conforme a ragione ma per la tradizione canonica significa la congruenza della norma con il diritto divino, con la ratio divina, con il diritto divino naturale e positivo. La razionalità comporta non solo a congruenza con la norma, consuetudine, atto singolare; ma anche con quanto il diritto ecclesiastico classico ha definito il nervus disciplinea ecclesiae, principi fondamentali della disciplina canonica della materia che norma viene a modificare, completare, precisare. Ratio è anche conformità con i fondamentali principi canonici in materia che la norma viene a regolamentare. Ma significa anche conformità della norma inferiore con quella superiore. Se prendiamo il canone 135  La potestà legislativa si deve esercitare nel modo stabilito dal diritto, e quella di cui gode nella Chiesa il legislatore al di sotto dell'autorità suprema, non può essere validamente delegata, se non è disposto esplicitamente altro dal diritto; da parte del legislatore inferiore non può essere data validamente una legge contraria al diritto superiore. Non può essere emanata una legge inferiore contraria a una superiore. La norma emanata dalla conferenza episcopale o a un vescovo deve essere congruente a una norma emanata dal romano pontefice o dal concilio ecumenico rispetto alla norma universale. Nella chiesa vi è un organismo, pontificio consiglio per i testi legislativi, che è una specie di ministero di Giustizia vaticano, che ha anche non solo competenze amministrative ma anche una potestà giudiziaria in quanto è chiamato a valutare la congruenza di una norma inferiore con quella superiore. La costituzione apostolica è una delle forme che assume la legge, quella pastor bonus, riguarda la struttura e il funzionamento della curia romana. Art 135 pastor bonus: a richiesta degli interessati, esso (pontificio consiglio per i testi legislativi) decide che le leggi particolari e i decreti generali emanati da legislatori al di sotto della suprema autorità siano conformi alle leggi universali della chiesa. Quindi decide se una legge emanata da un legislatore inferiore è congruente da una legge di un legislatore superiore. Quello che si richiede è la ricerca del bene comune, un bene comune che nella chiesa coincide con la legge suprema di salvezza delle anime. La legge suprema è nella chiesa il bene delle anime. Qualunque norma deve essere promulgata dai soggetti competenti. Nel genus norma rientra: legge, consuetudine, e atto singolare. La legge. È un atto del potere legislativo, ontologicamente il potere è unitario nella chiesa. Ci sono atti. Devono essere approvati sempre dal romano pontefice col collegio episcopale. La legge è l’atto del potere legislativo. Competenze: Legge universale: papa e collegio episcopale Legge particolari: vescovo o altri soggetti. Il codice quando parla non da definizione di legge ma insiste molto sul concetto di promulgazione. Can. 7 - La legge è istituita quando è promulgata. Nel canone 7 ripropone il principio già presente nel decreto di Graziano per cui la legge è istituita quando è promulgata. La legge deve essere emanata dall’autorità competente, ufficio ecclesiastico dotato di potestà legislativa, gli organi dotati di potestà esecutiva non sono legittimasti ad emanare norme, il fine fondamentale della promulgazione è quello di sancire in maniera inequivoca sia il fatto dell’esistenza della legge, sia l’esatto tenore del disposto normativo. Il fine di tale promulgazione: rendere pubblica legge e fissare il fatto dell’esistenza della legge e il testo della legge stessa. Una volta promulgata nessuno ha l’onere di portare in giudizio il contenuto della norma stessa. Il giudice deve applicare la legge anche quando non chiamata in causa dalle parti; si presuppone conosca la legge. La promulgazione come avviene? Per le leggi universali avviene con la pubblicazione della legge stessa nella gazzetta ufficiale della Chiesa, acta apostolicis sedis, atti apostolici della sede apostolica. Ci possono essere anche forme straordinarie. In Italia la gazzetta ufficiale esce ogni giorno, una legge viene promulgata mediante pubblicazione su questa. Non c’è problema di tempestività di conoscenza della legge stessa. Nell’ordinamento canonico la gazzetta ufficiale ha una cadenza mensile, ma ci possono essere leggi che sono di urgente applicazione e non possono aspettare un mese per essere conosciute: in questo caso possono essere stabilite diverse modalità di promulgazionepubblicazione nel quotidiano della santa sede, che è l’osservatore romano. Molte leggi sono state pubblicate in questo come forma di pubblicazione, poi verranno anche pubblicate nella gazzetta, ma in forma straordinaria vengono pubblicate prima nell’osservatore romano. Dalla loro promulgazione nella gazzetta decorre poi la vacatio legis. Le leggi non obbligano immediatamente, a meno che non sia stabilito dal diritto, ma è necessario un tempo di vacatio legis la cui finalità e rendere opportuno e facile la ricezione della legge e l’adozione nella vita giuridica della chiesa dei nuovi criteri entrati in vigore. Solitamente per le leggi universali la vacatio legis è di 3 mesi Il legislatore può prevedere un tempo più ampio o più breve o addirittura che la norma abbia vigenza immediata dal momento della pubblicazione, e quindi la pubblicazione efficacia della norma coincidano, vigenza e immediata. Pubblicazione promulgazione ed efficacia della norma coincidono. Promulgazione del diritto particolare. Questo viene stabilito dai singoli ordinamenti giuridici particolari delle chiese che determinano le modalità. Es. decreti generali della conferenza episcopale italiana la promulgazione avviene mediante pubblicazione nel notiziario ufficiale della conferenza episcopale vacatio legis qui è di 1 mese. Promulgazione coincide con la pubblicazione nel codice canonico. Nel codice canonico vale il principio della non retroattività della legge a meno che la legge non disponga diversamente, in liea di principio però è irretroattiva Canone 9 Le leggi riguardano le cose future.  Le leggi riguardano le cose future, non le cose passate, a meno che non si disponga nominatamente in esse delle cose passate. Tuttavia, a volte può essere necessario modificare situazione giuridiche createsi nel tempo, ecco che le leggi possono riguardare anche fatti passati, queste norme non possono essere presunte, ma dalla norma deve risultare chiaramente la volontà di applicare gli effetti a fatto già avvenuti prima dell’entrata in vigore della legge stessa. La legge in sé stessa non vale per il passato; tuttavia, possono esserci casi eccezionali che devono essere espressamente previsti dal diritto. Se la persona commette delitto nella chiesa e questo è sanzionato gravemente dalla legge e un’altra legge lo sanziona meno grave questo ha diritto ad essere sanzionato secondo la sanzione meno grave anche se non più in vigore. la legge posteriore è abrogatrice o derogatrice della precedente se la legge posteriore lo regola espressamente o se regola per intero la medesima materia. Se vi è un dubbio a riguardo non si presume la deroga bensì la coesistenza degli atti normativi che devono coesistere. Spesso il diritto canonico rinvia alle leggi civili vigenti in quel determinato territorio. Canone 1290 Le norme di diritto civile vigenti nel territorio sui contratti sia in genere sia in specie, e sui pagamenti, siano parimenti osservate per diritto canonico in materia soggetta alla potestà di governo della Chiesa e con gli stessi effetti, a meno che non siano contrarie al diritto divino o per diritto canonico si preveda altro, e fermo restando il disposto del can. 1547. Abbiamo una canonizzazione delle leggi civili. Il diritto canonico astenendosi dal regolare una determinata materia rinvia al diritto civile perché questa siano applicate anche in diritto canonico. Tuttavia, le leggi civili una volta recepite dal diritto canonico, una volta canonizzate, devono essere da un lato osservate secondo i medesimi effetti che hanno nell’ordinamento civile, dall’altro percepite come pienamente canoniche. Il diritto canonico in materia contrattuale rinvia al diritto civile quelle norme devono essere osservate all’interno del diritto canonico con effetti civili ma sono considerate norme pienamente canoniche. Abbiamo un rinvio tale per cui l’ordinamento canonico recepisce diritto civile con suoi effetti, tuttavia, questa norma diviene pienamente canonica. Canonizzazione. Il legislatore canonico si astiene dal dettare norme per una specifica materia rinviando alle leggi dello stato perché queste siano applicate anche in ambito canonico canonizzazione del diritto civile, quella che il diritto internazionale privato chiamerebbe tecnica del rinvio 4/11/2021 Nel diritto canonico la consuetudine canonica ha valore normativi primario, quella che per il diritto civile italiano è una semplice fonte suppletoria, nel diritto canonico è una norma generale, avente lo stesso valore della legge. Questo ad alcune condizione che servano a rendere certa e conoscibile e vincolante la consuetudine. La consuetudine deve essere conosciuta e vissuta e considerata vincolante, altrimenti non si può parlare di consuetudine in senso stretto del termine. Tipo di consuetudine: - Secundum legem: è una consuetudine che è interpretativa della norma, che è conforme a un atto legislativo e costituisce le modalità attraverso cui il popolo di Dio vive quella determinata norma. - Preter legem: e una consuetudine che non va contra la legge, non è secondo la norma, ma come dice il termine, crea una norma in un ambito già non precedentemente regolato - Contram legem: contraria a una norma, consuetudine abrogatrice o derigatrice della legge positiva. Il diritto canonico conosce la forma abrogativa della consuetudine. Requisiti della consuetudine: si afferma che la consuetudine deve essere introdotta da una comunità di fedeli: ci deve essere una collettività che introduce la consuetudine. Non può essere introdotta da una sola persona o da due persone. Norma che nasce dalla comunità stessa, nasce dalla base. Il canone 23 richiede poi un requisito: Ha forza di legge soltanto quella consuetudine, introdotta dalla comunità dei fedeli, che sia stata approvata dal legislatore, a norma dei canoni che seguono. Si richiede che la consuetudine sia approvata dal legislatore. Che tipo di consenso si richiede da parte del legislatore? Vi sono due modalità di espressione di consenso: - Espresso (o espresso): io legislatore approvo esplicitamente la consuetudine di questa comunità di fedeli. Si approva in modo particolare una consuetudine. Si tratta di una legge basata sulla sensibilità del legislatore sugli usi dei fedeli di una determinata comunità. Trasforma la norma consuetudinaria in norma legislativa: il legislatore fa sua la consuetudine trasformandola in legge, cambia il titolo di obbligatorietà della norma di comportamento. Con approvazione specifica il romano pontefice fa suo l’atto formulato da un dicastero della curia romana, la stessa cosa si può dire con l’approvazione espressa del legislatore. - Legale: si presume che ogni consuetudine abbia l’assenso del legislatore se presenta i requisiti richiesti dal codice di diritto canonico: a prescindere dal fatto che l’autorità dotata di potere legislativo nella chiesa, abbiano o meno conoscenza dell’uso della comunità su cui si fonda la consuetudine. È una approvazione presunta. Se si da intervento esplicito del legislatore, questa approvazione espressa trasforma la norma in norma legislativa. La norma consuetudinaria è solo quella approvata in maniera legale dal legislatore. Quali sono i requisiti stabiliti dal legislatore? - Una consuetudine non può essere contraria al diritto divino, limite di ogni norma canonico è la sua congruenza con il diritto divino naturale e positivo. Una norma contraria al diritto divino non può essere considerata tale. - Razionalità della norma: già nelle decretali di Vittorio IX c’è questa caratteristica. Si intende non solo la congruenza con la ratio divina ma anche con le linee fondamentali della disciplina canonico della materia che la consuetudine viene a modificare, completare, precisare… anche una congruenza con le linee fondamentali dell’ordinamento. Canone 24 Nessuna consuetudine, che sia contraria al diritto divino, può ottenere forza di legge. Il legislatore può anche respingere la consuetudine, e queste vengono considerate irrazionali. Quando il legislatore riprova espressamente una consuetudine questa deve essere considerata irrazionale. - Non ogni comunità può introdurre una consuetudine normativamente vincolante, se non è osservata da una comunità capace di ricevere una legge. Le consuetudini devono essere osservate: da un lato da una comunità capace di ricevere una legge (soggetto passivo della norma) dall’altro la comunità deve avere anche l’intenzione di introdurre diritto. L’animus comunitatis richiesto deve essere positivamente creatore di diritto Animus inducendi iuris - Decorso del tempo: i canonisti classici parlano di prescrizione della consuetudine, per indicare il decorso del tempo. Così come per l’usucapione vi è una prescrizione acquisitiva del diritto, con la consuetudine vi è una prescrizione che crea un diritto oggettivo, contribuisce a creare la norma consuetudinaria. È necessario che decorra un determinato periodo di tempo. Per quanto riguarda le consuetudini preter legem (colma lacuna di legge) o contra legem (contraddizione al diritto di legge)  queste ottengono forza di legge se osservate per almeno 30 anni continuativi. Ci sono leggi che si cautelano contro possibili consuetudini future: una legge può contenere una clausola che proibisca le consuetudini future abrogatrici o derigatrici della norma stessa. TUTTAVIA Il codice dice che anche se si cautelano tuttavia una consuetudine che sia centenaria, o vissuta da tempo immemorabile, può prevalere contro la legge stessa. Solo in questo caso può prevalere la consuetudine sulla la legge. La consuetudine è equi ordinata alla legge, e per derogare a questa deve avere determinati requisiti. L’importanza della consuetudine ci fa comprendere l’importanza dei fedeli nella comunità. Il diritto canonico conosce anche, in maniera eccezionale, l’esistenza di norme singolari di diritto oggettivo: ossia quella caratteristica di diritto canonico, ma anche del diritto generale, che è la generalità della norma, in diritto canonico trova eccezione: esistono norma singolari. Qui il diritto canonico è determinato. Privilegio: è una legge privata concessa con benevola intenzione: un atto del legislatore destinato a un soggetto concreto che avendo il valore di diritto oggettivo attribuisce al destinatario situazioni giuridiche attive, diritti e doveri, di cui chi beneficia del privilegio non sarebbe titolare se il legislatore non fosse intervenuto a modificare in tal senso l’ordinamento ecclesiale. Con il privilegio si attribuiscono a un determinato soggetto diritti e doveri che per la condizione giuridica di quel soggetto non gli competerebbero. Sempre concesso con benevola intenzione per favorire determinati soggetti dell’ordinamento. Questa è una legge particolare che modifica l’ordinamento avendo un destinatario concreto. Es. nomina dei vescovi spetta al romano pontefice, quello dei parroci al vescovo della diocesi; tuttavia, ci sono dei soggetti che per privilegio godono di diritto di presentazione, ossia hanno il diritto di presentare il soggetto destinato a ricoprire la titolarità di quell’ufficio ecclesiastico, soggetti estranei all’ordinamento canonico.  Francia: ha il privilegio di presentare il vescovo di un posto. Nella diocesi di Milano una famiglia nobile di Milano ha privilegio di presentare parroco, e se il soggetto ha requisiti richiesti il vescovo ha obbligo di concedere l’ufficio. Atti amministrativi singolari. La legge e la consuetudine sono atti che creano diritto oggettivo, che si riferiscono al potere legislativo. Accanto agli atti con funzione legislativa, abbiamo atti propri della finzione esecutiva (fermo restando che in diritto canonico i soggetti che coprono uffici capitali godono della pienezza dei poteri legislativi, esecutivi e giudiziari, per molti atti non sempre è perfettamente distinguibili da quale potere vengano). Abbiamo atti proprio della funzione amministrativa. Il codice canonico dedica poche norme alla teoria generale dell’atto amministrativo dedicando molto più spazio ai singoli atti amministrativi. L’atto amministrativo è atto di potestà esecutiva, si tratta di atti prodotti da chi nella chiesa è dotato da potestà esecutiva. L’atto amministrativo ha normalmente un destinatario singolare, può essere anche collettivo purché determinato. Es. es. atto amministrativo che riguarda un parroco; oppure atto amministrativo che riguarda una diocesi. Questo è sottoposto al principio di legalità: l’atto amministrativo in quanto tale non può essere contrario alla legge, deve essere sempre secundum legem; anche se vi sono alcuni atti amministrativi che per eccezione si allontanano questo principio di legalità. Questi atti sono atti terminali di un processo amministrativo: il diritto canonico non conosce una legge sul procedimento amministrativo (una legge che regoli la formazione dell’atto amministrativo) tuttavia vi sono regole per la formazione dei singoli atti. Il legislatore non si astiene dal vociferare ma demanda questo agli esercenti amministrativi. Necessità di una fase introduttoria il processo amministrativo deve sorgere per la sollecitazione di qualcuno: o soggetto interessato, o motu proprio, ovvero assunto d’ufficio dall’autorità competente. Vi sono alcuni atti amministrativi che chiedono per forza una iniziativa di parte, una iniziativa del soggetto interessato all’emanazione dell’atto amministrativo stesso Dopo una fase iniziativa abbiamo una fase istruttoria: fase nella quale il soggetto competente a emanare l’atto raccoglie l’elementi necessari per potere dare la risposta positiva o negativa o per potere procedere alla redazione dell’atto. Fase decisoria: che può essere negativa, positiva, di rinvio. L’atto amministrativo è in un decreto scritto. - Contenuto dell’atto - Causa - Forma Soggetto. È l’autore dell’atto, è colui che pone l’atto. Il codice talvolta indica questo soggetto autorità competente. Deve essere un soggetto legittimamente costituito (?) dotato di potestà esecutiva che sia anche competente in ordine al caso concreto. Il soggetto dell’atto amministrativo deve avere legittimamente ottenuto l’investitura a potestà ecclesiastica di potere. Questo deve godere di potestà ordinaria o delegata che perdura fino a quando non avvenga la sua perdita o sospensione. Deve essere una autorità dotata di potestà esecutiva: cioè che agisce esercitando la potestà esecutiva con competenza in ordine al caso concreto. (Canoni 134-136 in avanti) Questo significa che l’essere dotato di potestà esecutiva è condizione necessaria ma non sufficiente. L’autore dell’atto deve essere autorità esecutiva e al contempo competente. La competenza può essere: riferita a una materia, riferita a un luogo (territoriale), riferita a persone (personale), può essere competenza funzionale, ovvero affidata alla potestà esecutiva gerarchicamente superiore. Contenuto dell’atto stesso: quanto viene disposto mediante l’atto amministrativo. Possiamo distinguere: - contenuto essenziale dell’atto , ovvero contenuto che l’atto amministrativo deve necessariamente aver e perché senza questi elementi essenziali, quando sarebbe disposto non verrebbe all’esistenza, e tale contenuto essenziale deve anche essere esplicito. - Contenuto implicito : si fa riferimento a quegli elementi clausole che si intendono inclusi pur non essendo di un’esplicita funzione. - Contenuto eventuale : vi sono determinati disposizione che quando vengono inserite nell’atto modificano la sua efficacia, ovvero l’efficacia del contenuto essenziali non necessariamente vengono inserite nell’atto—> si chiamano clausole eventuali accessorie ed = condizione, temine e modo Come deve essere il contenuto? Deve essere possibile, lecito e determinato. Possibile= sia da un punto di vista materiale che giuridico, questo perché nessuno è tenuto all’impossibile. Lecito= da un punto di vista morale e giuridico Determinato= se fosse indeterminato il contenuto determinerebbe l’inefficacia dell’atto. Causa dell’atto Perché viene emesso l’atto amministrativo? Viene emesso per il soddisfacimento del bene pubblico della chiesa. Possiede una relazione radicale con il bene pubblico a cui deve tendere in ogni caso. Il bene pubblico è la causa giustificante e legittimante dell’atto amministrativo, ma è anche finalità concreta dell’atto amministrativo. Non può essere emesso arbitrariamente dall’autorità, devono ricorrere dei presupposti oggettivi affinché esso possa essere legittimamente posto. Se si tratta di atto amministrativo regolata (disciplinata da norme giuridiche) il diritto garantisce l’esistenza di questa causa, perché garantisce che la finalità dell’atto sia propenso al bene della collettività della chiesa. L’amministratore si limita a far applicare la norma dopo aver verificato i presupposti. Occorre tenere anche conto del fine soggettivo dell’autore dell’atto.--> quando siamo in materia di attività discrezionale, il fine oggettivo dell’autore dell’atto deve essere in accordo con la causa dell’atto per non incorrere in un rischio di deviazione di potere. Quando si parla di attività discrezionali affinché l’atto sia legittimo è necessario che il fine soggettivo dell’esecutore dell’atto corrisponda anche al fine oggettivo. Forma dell’atto Forma di emissione o di esteriorizzazione dell’atto= i requisiti esterni che la manifestazione di volontà deve avere. Canone 37 codice= la forma scritta è un requisito essenziale per tutti gli atti che riguardano il foro esterno, ma anche affinché se ne possa dare prova. Fa eccezione a questa regola gli atti amministrativi singolari dati nel foro interno. Conseguenza della mancanza di forma scritta. Il codice non dice nulla a riguardo, allora si va a guardare cosa dice la specifica norma: se questa pone la forma scritta a pena d’inefficacia, nullità… dell’atto, allora la mancanza di forma scritta produrrà quelle conseguenze 11/11/2021 Tipologie di atto amministrativo. Decreto singolare= atto amministrativo emessa dalla competente autorità esecutiva che ha un contenuto o decisorio o provvedimentale. Il contenuto può essere o una decisione oppure può essere il conferimento di un ufficio. O decisione o provvista canonica. Il decreto in sé stesso non richiede necessariamente una petizione, quindi una iniziativa da un soggetto interessato, ma è un provvedimento che normalmente viene emesso d’ufficio. Il canone 48 quando fissa questo limite negativo, ossia che la decisione non deve supporre per sua natura una richiesta, è tuttavia un po' impreciso; effettivamente è difficile dire quali sono gli atti che richiedono necessariamente una petizio e a quelli che non la richiedono. Normalmente non richiede una petizione, tuttavia, non è contrario che possa essere richiesto. Probabilmente il legislatore quando afferma che il decreto non richiede petizione voleva affermare diversamente dal riscritto: che è un atto amministrativo che richiede necessariamente una petizio. In diritto canonico il rescritto è una risposta scritta a qualcuno che richiede qualcosa. Il canone 59 Per rescritto s'intende l'atto amministrativo dato per iscritto dalla competente autorità esecutiva, per mezzo del quale, di sua stessa natura, su petizione di qualcuno, viene concesso un privilegio, una dispensa o un'altra grazia. Si chiede qualcosa che per stretto diritto non è richiesto. Il legislatore ha delineato la figura del rescritto quale atto amministrativo emanato su richiesta di parte il cui oggetto è limitato alla concezione di un privilegio, una dispensa, un’altra grazia. Se io fedele ritengo che qualcosa mi sia dovuto per diritto, per esempio ritengo che ho il diritto a poter ottenere la autorizzazione per insegnare la religione nella scuola pubblica statale, e quindi non per grazia autorità amministrativo non mi risponderà con rescritto ma con decreto. Il decreto per sua natura non richiede richiesta, ma se richiedo qualcosa che mi è dovuto secondo diritto, questa mi deve essere concesso secondo, comunque, decreto e non rescritto. Ci sono decreti che possono essere richiesti di parte il cui contenuto non sia a titolo di grazia ma perché si ritiene che qualcosa mi sia dovuta per diritto.  ho il titolo secondo diritto al rilascio dell’autorità necessaria. La forma del decreto è una forma scritta che deve contenere le motivazioni della decisione stessa. Canone 48 Per decreto singolare s'intende un atto amministrativo emesso dalla competente autorità esecutiva, mediante il quale secondo le norme del diritto è data per un caso particolare una decisione o viene fatta una provvisione, le quali per loro natura non suppongono una petizione fatta da qualcuno. Il codice è un po' contraddittorio: richiede o no petizione? Silenzio amministrativo Canone 57§1. Tutte le volte che la legge impone di dare un decreto oppure da parte dell'interessato viene legittimamente proposta una petizione o un ricorso per ottenere il decreto, l'autorità competente provveda entro tre mesi dalla ricezione della petizione o del ricorso, a meno che la legge non disponga un termine diverso. §2. Trascorso questo termine, se il decreto non fu ancora dato, la risposta si presume negativa, per ciò che si riferisce alla proposta di un ulteriore ricorso. §3. La presunta risposta negativa non esime la competente autorità dall'obbligo di dare il decreto, e anzi di riparare il danno eventualmente causato, a norma del can. 12 La legittima autorità se non risponde entro 3 mesi della richiesta si presuppone che la risposta sia negativa e si può presentare ricorso all’autorità superiore. Rescritti Sono atti amministrativi, atto amministrativo dato per scritto, per mezzo del quale è concesso un privilegio, una dispensa o una grazia su richiesta della persona interessata. Il contenuto del rescritto è un atto grazioso. Io richiedo all’autorità ciò che reputo un bene per me anche se questo bene non mi è dovuto secondo diritto. Es: Un religioso chiede una dispensa per non vivere in comunità e vivere da solo; persona cattolica può sposarsi con un non cattolica e ha bisogno della licenza del vescovo. Il contenuto del rescritto può anche essere un privilegio: ma non si contraddice un po' il legislatore? Il privilegio è una legge privata concessa con benevola intenzione. L’autorità esecutiva può emanare una norma per quanto singolare? C’è contraddizione, in senso stretto è errato dire che l’autorità esecutiva può emanare un rescritto. Una legge privata non può essere emanata da un’autorità esecutiva--> il canone 59 va letto nel suo combinato disposto con il canone 76 Il privilegio, ossia una grazia in favore di determinate persone, sia fisiche sia giuridiche, accordata per mezzo di un atto peculiare, può essere concesso dal legislatore come pure dall'autorità esecutiva cui il legislatore abbia conferito tale potestà. Prevede la competenza in tema di privilegio dell’autorità legislativa oppure dell’autorità esecutiva a cui il legislatore abbia conferito questa potestà. Il privilegio può essere emanato da un’autorità amministrativa solamente se questa autorità esecutiva goda per delega legislativa di potestà legislativa. Un rescritto può essere emanato o da autorità esecutiva o legislativa a cui il legislatore abbia conferito potestà legislativa. Altro tipo di atto amministrativo Dispensa Istituto caratteristico del diritto canonico che permette di adattarsi alle diverse situazioni. Il diritto canonico ha una maggiore capacità di adattamento alle diverse situazioni. Mentre il privilegio crea una nuova situazione di diritto oggettivo ampliando la capacità giuridica di agire del soggetto, la dispensa agisce in negativo: libera il soggetto dagli obblighi di una determinata legge. La dispensa è un rilassamento dell’efficacia della legge in un caso particolare  relaxatio legis in caso particolaris. L’autorità amministrativa può liberare un soggetto dall’obbligo della legge. Eccezion fatta per le rare ipotesi di esercizio della potestà vicaria del pontefice: il pontefice esercitando la potestà di vicario di Cristo può dispensare dalla legge della perpetuità del vincolo, può sciogliere un vincolo matrimoniale. Ripercorrere momenti. Chi si ritiene leso da un atto amministrativo: può presentare ricorso in via gerarchica o giurisdizionale. - Prima di ricorrere autorità superiore è necessario presentare supplicatio (richiesta a chi ha emanato l’atto affinché lo modifichi. Se entro 30 gg non risponde  ricorso amministrativo alla legittima autorità superiore - Ricorso amministrativo: l’autorità valuta e decide la causa che può essere presentata per qualsiasi motivo di legittimità. - L’autorità che decide l’atto ha ampio potere discrezionale: può revocare, modificare, sostituirlo, reformatio in pegnus (gode di ampio potere discrezionale) - La descrizione può essere oggetto di ulteriori ricorsi o presso altre autorità o presso autorità ancora superiore. Ricorsi canonici Accanto al ricorso in via gerarchica vi è un ricorso in via giurisdizionale. La chiesa non conosce un sistema di tribunali amministrativi, ma vi è un solo tribunale con competenze in senso stretto amministrativo. Ha competenza a valutare anche un ricorso proposto dalla parte. Il procedimento contenzioso amministrativo incontra però dei limiti. Il primo è l’oggetto: gli unici atti impugnabili sono i provvedimenti emessi da un dicastero della curia romana e che non sia approvata in forma specifica dal romano pontefice. L’approvazione in forma specifica comporta un’avvocazione, e gli atti del romano pontefice non possono essere impugnati. Se prendiamo il codice di diritto canonico: canone 1404 La prima Sede non è giudicata da nessuno. Il papa è il giudice supremo e può essere giudicato solo da Dio. La prima sede non può sottostare a nessuno riguarda sia le decisioni che egli fa proprie con la propria approvazione Legittimazione a proporre ricorso: vi sono alcuni requisiti della legittimazione: perché vi sia legittimazione attiva nel proporre ricorso anche in via giurisdizionale, l’interesse che si presume leso deve essere personale, diretto e attuale e tutelato dalla legge. Il ricorso gerarchico può essere proposto all’autorità superiore per qualsiasi giusto motivo. Canone 1737 Chi sostiene di essere onerato da un decreto, può ricorrere al Superiore gerarchico di colui che ha emesso il decreto, per un motivo giusto qualsiasi; il ricorso può essere presentato avanti all'autore stesso del decreto, il quale lo deve immediatamente trasmettere al Superiore gerarchico competente. La discrezionalità del superiore è molto ampia, come ampi sono i motivi di possibile ricorso. Il superiore può giudicare anche per motivi di appropriatezza del danno, e il superiore può anche riconoscere risarcimento del danno. Rimedio che può essere impugnato per qualsiasi morivo, rimedio a critica generale concesso a far valere qualsiasi forma giuridica dell’atto. Il superiore può giungere anche a un completo riesame del provvedimento indicato. È possibile un sindacato di mera legittimità, i motivi per cui può essere impugnato l’atto sono solo di legittimità e non di merito. Può essere impugnato solo per violazione o per falsa applicazione della legge.  sia in procedendo sia in decernendo. In procedendo: nel procedimento seguito per emanare il provvedimento. Se il titolare dell’atto amministrativo non segue il procedimento previsto per quel tipo di atto vi può essere una violazione di legge. La legittimità può essere in procedendo, nel procedimento seguito per emanare il procedimento. La illegittimità può essere anche individuata nell’atto amministrativo stesso, nel momento in cui riconduco il fatto a una norma errata. Vi può essere illegittimità nel momento in cui il fatto stesso è ricondotto a una norma errata. L’errore di diritto può essere nel provvedimento o nel corso di diritto che precede il provvedimento. Se il ricorso viene accolto, il giudice nel supremo tribunale dell’assegnatura apostolica, dichiarerà nullo l’atto: sentenza dichiarativa. Questo con la conseguenza che l’atto sarà inefficace ex tunc, dal momento dell’emanazione dell’atto stesso. È un’azione rescissoria, il cui effetto specifico, ovvero quello tipico, è la dichiarazione di nullità di un atto invalido con effetto retroattivo. Art 123 paragrafo 2 pastur bonus (legge sulla curia romana emanate dal Giovanni Paolo II) La parte istante oltre al giudizio di illegittimità può richiedere anche la riparazione dei danni arrecati con l’atto illegittimo. Attribuisce alla assegnatura apostolica competenze per giudicare sui danni causati da atto illegittimo. L’assegnatura apostolica ha anche una lex propria, nei quali viene dettagliata le modalità di proporre ricorso, vi è un intero capitolo dedicato alla riparazione dei danni. Valuta nel merito il danno provocato dall’atto amministrativo illegittimo. Il ricorso deve essere posto entro 30 gg da quando è stato emesso dal dicastero della curia romana (per pastor bonus); mentre la legge propria prevede 60 gg di tempo Art 74 legge propria della assegnatura apostolica.  CONTRASTO DI LEGGE Quale norma prevale? Prevale la legge propria della assegnatura apostolica. Entrambe gli atti normativi sono atti pontifici quindi vi è una equi-ordinazione di norme. In questo caso si ha una abrogazione implicita della norma precedente, formalmente non abrogata perché è legge speciale e quindi prevale su quella generale, e poi perché la legge successiva sostituisce quella precedente. Canone 20 La legge posteriore abroga la precedente o deroga alla medesima, se lo indica espressamente, o è direttamente contraria a quella, oppure riordina integralmente tutta quanta la materia della legge precedente; la legge universale però non deroga affatto al diritto particolare o speciale, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto. Qui abbiamo sia norma speciale sia norma direttamente contraria a quella precedente Art 74 della costituzione apostolica prevale su 123 pastur bonus 60 gg utili non compresi i giorni festivi o di vacanza. L’assegnatura apostolica con sentenza di tipo declaratorio se atto valido o invalido, se nullo ci sono effetti dichiaratori. L’assegnatura apostolica può giudicare anche di altre controversie amministrative se sono differite ad esse direttamente dal pontefice. Es conflitti di competenza tra i dicasteri. L’assegnatura apostolica decide quali dei due dicasteri è competente ad emanare un atto. Nel momento in cui l’atto viene annullato, il diritto canonico non conosce un annullamento con rinvio ad un altro tribunale, e la parte se ha interesse deve richiedere emanazione di un nuovo atto amministrativo, per esempio a un dicastero della curia romana. Anche per quanto concerne il ricorso il via giurisdizionale innanzi alla assegnatura apostolica, il diritto canonico cerca di appropriarsi al principio secondo cui il diritto canonico cerca di evitar il processo. Prima di presentare ricorso, il dicastero della curia romana può cercare anche una sorte di arbitrato con la parte che si ritiene lesa. Questa possibile composizione extragiudiziale non è obbligatoria in questo caso. Perché non si è creato un sistema di tribunali locali, come pure richiesto, e si è sviluppato solo uno centrale? Creare un sistema di giustizia amministrativa locale avrebbe comportato una sorta di diminuzione dell’autorità del vescovo: nel momento in cui ho sistema locale in cui posso impugnare atti del vescovo per qualsiasi motivo e senza togliere nulla alla retta amministrazione della giustizia, ci sarebbe il rischio di un ricorso eccessivo alla giustizia amministrativa che finirebbe per esautorare l’autorità del vescovo all’interno della chiesa. 18/11/2021 Resta da esaminare  soggetti di diritto dell’ordinamento canonico . Diritti dei soggetti all’interno dell’ordinamento canonico. La tutela dei diritti è anch’essa uno dei punti che avrebbero dovuto pilotare la previsione del codice di diritto canonico. Soggettività. Nell’ordinamento canonico abbiamo sia il soggetto persona fisica sia soggetto come persona morale: persona fisica e giuridica. Si conosce anche la soggettività senza personalità: conosce dei centri di imputazione di diritti e dovere che sono soggetti a pieno titolo dell’ordinamento. Non c’è una necessaria coincidenza tra soggettività e personalità. In questi ultimi decenni si è sviluppata una legislazione che ha portato allo sviluppo l’esistenza di soggetti senza personalità. Nell’ordinamento nostro: soggettività senza personalità partiti politici e sindacati. Il nostro ordinamento è andato a modificare ampiamente la nostra costituzione. La normativa adesso non si richiede più: non si richiede più che un ente giuridico debba essere eretto a persona giuridica per accettare eredità Lo stesso avviene nell’ordinamento giuridico della chiesa: abbiamo soggetti che non sono eretti in persona giuridica senza personalità. Persona fisica È soggetto dell’ordinamento canonico il battezzato, colui che riceve il battesimo. Normalmente la regola è che il soggetto come persona fisica sia il battezzato. O comunque con un battesimo che è riconosciuto valido dalla chiesa cattolica (anglicani, luterani). Una persona fisica è incorporata nella chiesa di Cristo mediante battesimo ed è istituita persona. I non battezzati non sono privi di ogni diritto nella chiesa, tuttavia, chi gode di pieno diritto è il battezzato. Anche al non battezzato vengono riconosciuti alcuni diritti. (catecumeno= persona adulta che si prepara a ricevere il battesimo, anche lui ha alcuni diritti e dovere all’interno della chiesa). La piena capacità giuridica si acquista con il battesimo. Homo: persona umana senza specificazione sessuale. Vior= maschio Mulier= moglie Capacità d’agire. Non sempre coincide con la capacità giuridica. Anche il diritto canonico conosce dei limiti alla capacità d’agire. Per il diritto canonico il diritto di voto si ha 18 anni. Per quanto riguarda i minorenni, il codice di diritto canonico stabilisce che sotto i 7 anni non sono responsabili delle proprie azioni, mentre compiuti i 7 anni si considerano responsabili delle proprie azioni, si presume che la persona abbia l’uso della ragione, presunzione che ammette prova contraria. Il minore non è tenuto ad “adempiere i precetti posti dalle norme canoniche di diritto umano ecclesiastico” a meno che la legge non disponga espressamente in modo diverso. Le norme sul digiuno per la quaresima vincolano i minorenni al compimento del 14esimo anno. È equiparato al minore, all’infante, anche chi pur avendo compiuto la maggior età è privo dell’uso della ragione. Il codice di diritto canonico attuale distingue tra persona giuridica e persona morale. Sono considerate persone morali la chiesa cattolica e la santa sede apostolica. Sono considerate persone morali quei soggetti Ci sono alcuni diritti e dovere propri dei fedeli laici: catalogo dei diritti e dovere dei fedeli laici. Secolari laici: comune fedele che non è né chierico né religioso, che ha una sua specifica votazione all’interno della chiesa. Secolari: significa orine temporale, aggettivo tecnico del diritto canonico. Il codice del 1917 parlando di diritti e doveri dei laici, aveva pochissime norme, unico vero diritto che avevano era quello di ricevere i sacramenti, questo ricordando ancora una volta una forte concezione della chiesa superata dal concilio vaticano II. Primo diritto e dovere: evangelizzazione Canone 225 I laici, dal momento che, come tutti i fedeli, sono deputati da Dio all'apostolato mediante il battesimo e la confermazione, sono tenuti all'obbligo generale e hanno il diritto di impegnarsi, sia come singoli sia riuniti in associazioni, perché l'annuncio divino della salvezza venga conosciuto e accolto da ogni uomo in ogni luogo; tale obbligo è ancora più urgente in quelle situazioni in cui gli uomini non possono ascoltare il Vangelo e conoscere Cristo se non per mezzo loro. Ogni cristiano solo per il fatto di essere cristiano ha diritto e dovere di annunciare il vangelo L’apostolato= esercizio non può essere imposto ma neanche impedito. Accanto a questo: santificazione della realtà terrene missione specifica del laico, quello che lo caratterizza in modo radicale. La lumen gentium Tra queste realtà temporali he i fedeli laici devono sanificare: famiglia E anche all’edificazione del popolo di Dio. Canone 226 I laici che vivono nello stato coniugale, secondo la propria vocazione, sono tenuti al dovere specifico di impegnarsi, mediante il matrimonio e la famiglia, nell'edificazione del popolo di Dio. Questo non è un dovere in senso stretto e giuridico, ma è un dovere morale. Giuridicamente la dimensione religiosa della famiglia si concreta in una triplice libertà: - Libertà dei genitori: educazione dei figli - Libertà dei figli e coniugi: per quanto attiene alla libertà religiosa - Libertà religiosa nei confronti dello stato. §2. I genitori, poiché hanno dato ai figli la vita, hanno l'obbligo gravissimo e il diritto di educarli; perciò spetta primariamente ai genitori cristiani curare l'educazione cristiana dei figli secondo la dottrina insegnata dalla Chiesa. Soggetto primario della educazione dei figli è la famiglia, lo stato e la chiesa hanno funzione meramente sussidiaria: di intervento laddove la famiglia termine le proprie competenze. È loro diritto e dovere educare i propri figli. Diritto da far valere nei confronti dello stato, ma è anche un dovere. È una delle pochissime norme che si occupa del diritto di famiglia. Il codice di diritto canonico si occupa molto del matrimonio ma poco di ciò che è il rapporto famigliare, la famiglia nel suo sviluppo. Pochissime sono le norme di diritto di famiglia all’interno del codice canonico. Il diritto di famiglia nel codice di diritto canonico è essenzialmente diritto matrimoniale: se dobbiamo parlare di diritto di famiglia dobbiamo ricostruire una disciplina. Accanto ai diritti e dovere dei laici abbiamo i dritti e doveri dei ministri sacri e quelli dei religiosi. Diritto di associazione Diritto molto importante, diritto proprio dei fedeli laici e di tutti i fedeli, quello di poter aderire a una associazione o di fondare essi stessi una associazione. Il codice di diritto canonico, semplificando rispetto a quello del 1917, categorizza e qualifica le associazioni in due grandi categorie: pubbliche e private. - Pubbliche : erette dall’autorità ecclesiastica Canone 301 1. Spetta unicamente all'autorità ecclesiastica competente erigere associazioni di fedeli che si propongano l'insegnamento della dottrina cristiana in nome della Chiesa o l'incremento del culto pubblico, oppure che intendano altri fini il cui conseguimento è riservato, per natura sua, all'autorità ecclesiastica. §2. L'autorità ecclesiastica competente, se lo giudica opportuno, può erigere associazioni di fedeli anche per il conseguimento diretto o indiretto di altre finalità spirituali alle quali non sia stato sufficientemente provveduto mediante iniziative private. §3. Le associazioni di fedeli erette dall'autorità ecclesiastica competente si chiamano associazioni pubbliche. Diventano persone giuridica pubblica, e i beni dell’associazione sono considerati beni ecclesiastici in senso tecnico del termine. L’attività negoziale di questi beni è sottoposta a specifica regolamentazione. Agisce in nome della chiesa per i fini per cui è stata istituita. - Associazioni private di fedeli: sono lodate o raccomandate dall’autorità ecclesiastica competente, e sono associazioni riconosciute ma non erette in persona giuridica; oppure possono anche essere erette in persone giuridiche private. In un caso come nell’altro sono centro di imputazione di effetti giuridici, e quindi i loro statuti devono essere approvati dall’autorità ecclesiastica competente. È necessaria la approvazione degli statuti recognitio (termine utilizzato per indicare l’esame che effettua la santa sede sui decreti generali in una conferenza episcopale per verificarne la conformità con il diritto universale). Gli statuti delle associazioni private anch’essi devono essere riconosciuti: deve essere verificata la congruità dello statuto con il diritto universale della chiesa. Gli statuti devono essere recogniti dall’autorità ecclesiastica competente. Le associazioni private e pubbliche possono essere o non essere qualificate con il termine “cattolica” Un’associazione non può assumere il nome cattolica se non vi è consenso dell’autorità ecclesiastica competente. Associazione pubblica di fedeli, o anche privata non può chiamarsi cattolica se non autorizzata. Aggettivo qualificativo come identificativo di un patrimonio religioso e culturale garantisce l’entità stessa dell’ente. Università cattolica si chiama così perché autorizzata dalla santa sede ad utilizzare questa terminologia. Recentemente la santa sede ha revocato la qualifica di cattolica ad alcune università che si erano allontanate da alcuni insegnamenti la loro attività non è più coerente con il magistero ecclesiale stesso. Quando l’entità religiosa viene meno la santa sede lo avverte e quindi la istituzione non può essere qualificata come cattolica. Non può agire più in nome della chiesa. 25/11/2021 Funzione di santificare nella chiesa Il codice di diritto canonico si suddivide in vari libri e uno di questi libri è sulla funzione di santificare della Chiesa. È quella attività che viene esercitata dalla chiesa che ha una più diretta relazione con la realtà sacramentale: come la chiesa amministri dei mezzi non patrimoniali ma spirituali per santificare i fedeli attraverso la liturgia e attraverso i sacramenti attraverso i sacramenti realizzati nella liturgia. Parte della funzione di santificare della chiesa: i sacramenti I sacramenti sono segni sensibili istituiti da Cristo per santificare i fedeli. Sono delle realtà materiali e sensibili che realizzano la grazia che significano: non soltanto dono un simbolo ma compiono quello che significano, il loro significato. I sacramenti, sono 7, sono essenzialmente spirituali che hanno una loro specifica disciplina canonistica.  vediamo regolamentazione giuridica dei sacramenti. Il sacramento per significare la grazia che attribuisce deve essere valido, e il diritto stabilisce le posizioni validità e liceità dei sacramenti. Differenza tra stabilità e liceità: il diritto canonico conosce questa differenza: - Un atto è valido quando possiede tutti i requisiti per essere integro e produrre effetti suoi propri. In mancanza di questi requisiti, l’atto è invalido, non produce effetti. Così lo stesso anche per i sacramenti: tutti i sacramenti hanno alcuni requisiti di validità, senza i quali non sono validi e non producono effetti loro propri. - Accanto a questo abbiamo requisiti per la liceità: il sacramento in sé stesso è valido ma è contrario a norme imperative, costituisce violazione dell’ordinamento non tale da causare annullamento dell’atto stesso. Es: 1) matrimonio celebrato tra cattolico e non battezzato è invalido se non c’è dispensa dell’autorità ecclesiastica competente.  la dispensa è un requisito di validità del sacramento stesso. 2) Caso in cui cattolico sposa un anglicano (altra religione) non si richiede dispensa bensì licenza, se questi due si sposano senza licenza il matrimonio è valido ma illecito e quindi produce comunque i suoi effetti. Autorità competente a valutare questo è: romano pontefice o collegio episcopale (concilio ecumenico) suprema autorità della chiesa. Poiché i sacramenti sono gli stessi per tutta la chiesa appartengono al deposito divino della chiesa. Necessità di omogeneità per la regolamentazione a riguardo. A certe condizioni stabilite dal diritto si potrebbe anche fare illiceità di sacramento. Il diritto canonico universale riconosce la possibilità che le conferenze episcopali stabiliscono età diversa per la lecita legittimazione del matrimonio per esempio--> 18 anni. Tuttavia, questa condizione è quella liceità del matrimonio. Se due parti con età inferiori a 18 anni contraggono matrimonio canonico, quel matrimonio sarà lecito e valido. Competenza esclusivamente delegata dal legislatore supremo della chiesa. Possiamo dire che il codice di diritto canonico, il legislatore universale è competente a determinare condizioni di liceità e validità dei singoli sacramenti. In ogni sacramento si distinguono alcuni elementi: Ogni sacramento ha una propria forma, materia e ministro  si richiede la presenza di questi 3 elementi per tutti e 7 i sacramenti. Il diritto stabilisce quali sono le condizioni necessarie di forme, di materia, e di ministro del sacramento stesso. - Forma : è la modalità attraverso cui viene amministrato il sacramento. Logicamente è una forma specifica e chiara, perché gli effetti del sacramento sono spirituali. Es: battesimo: forma “io ti battezzo nel nome del padre del figlio e dello spirito santo”. Se io uso un’altra forma il battesimo non è valido. Ogni forma è conforme alla natura di quel sacramento specifico. Per ricevere gli effetti del sacramento, il desiderio di riceverlo è produttivo di effetti del sacramento stesso. Elementi fondamentali del battesimo. Ogni celebrazione del battesimo ha una sua forma, un suo ministro e una sua materia. Ha una sua forma ordinaria che è quella prescritta dai libri liturgici: vi sono alcuni libri nei quali è contenuta la procedura sacramentale tramite cui è amministrato battesimo. Come forma si segue quanto prescritto dai libri liturgici, tuttavia in caso di urgente necessità (caso di morte del battezzante), l’unica caratteristica che deve essere rispettata è quella della forma del sacramento (io ti battezzo nel nome del padre…) Il ministro ordinario del battesimo: Vescovo, presbitero, o diacono titolari delle condizioni di ministri ordinari in quanto compete a loro specifico ufficio amministrare battesimo, fermo restando che vi è una preferenza per il parroco  canone 530 Le funzioni affidate al parroco in modo speciale sono le seguenti:  1) amministrare il battesimo; 2) amministrare il sacramento della confermazione a coloro che sono in pericolo di morte, a norma del can. 883, n. 3;  3) amministrare il Viatico e l'unzione degli infermi, fermo restando il disposto del can. 1003, §§2 e 3, e impartire la benedizione apostolica;  4) assistere al matrimonio e benedire le nozze;  5) celebrare i funerali;  6) benedire il fonte battesimale nel tempo pasquale, guidare le processioni fuori della chiesa e impartire le benedizioni solenni fuori della chiesa;  7) celebrare l'Eucaristia più solenne nelle domeniche e nelle feste di precetto. Abbiamo ministri ordinari e ministro ordinario preferenziale: parroco della famiglia che ha generato il battezzando, oppure il parroco del domicilio di chi vuole essere battezzato. Ci soni dei ministri straordinari Qualora mancasse ministro ordinario, es. in missione, la chiesa è universale e ha a che fare con territori in cui la presenza dei sacerdoti non è forte come qui in Italia. In questo caso l’ordinario dell’uomo può concedere che altre persone possano amministrare in maniera ordinaria validamente e lecitamente il battesimo. Ministri straordinari In caso di necessità, chiunque può amministrare validamente e lecitamente il battesimo purché abbia intenzione di fare ciò che fa la chiesa. Canone 861 . Ministro ordinario del battesimo è il Vescovo, il presbitero e il diacono, fermo restando il disposto del can. 530, n. 1. Quilibet homo= qualunque persona purché abbia intenzione di fare quello che fa la chiesa (può essere ebreo, islamica…). Questo perché sacramento del battesimo è necessario per la salvezza e per ricevere tutti gli altri. Il sacramento del battesimo è sacramento che imprime carattere, è capace di ricevere battesimo solo la persona non ancora battezzata. Qualora il sacramento sia ricevuto da un adulto è necessario che adulto richieda esplicitamente sacramento volontà esplicita= positivo atto di volontà. Cosiddetta intenzione abituale di ricevere battesimo. L’intenzione abituale si distingue da quella attuale. Intenzione abituale è quella espressa una volta e mai ritrattata voglio battezzarmi e non revoca mai questa decisione. Per battezzarsi è sufficiente questa intenzione abituale, non è necessario che ripeta la sua volontà di battezzarsi, ma è sufficiente che lo abbia espressa una volta senza revocarla. Accanto a questa la prassi della chiesa, è che i genitori provvedono a battezzare i bambini appena nati (dovere per i genitori cristiani), fondato dalla necessità della vita soprannaturale per la salvezza. Non è solo obbligo giuridico, ma anche morale ed è anche una conseguenza logica dell’essere cristiano e dell’appartenere alla chiesa di Cristo È logico che i genitori desiderino che i figli partecipino a questa salvezza. La ratio della disciplina del battesimo dei bambini si fonda sul fatto che la vita soprannaturale non è effetto della volontà del soggetto. Per battezzare lecitamente un bambino è necessario il consenso dei genitori, consenso richiesto solo per la liceità del sacramento e non per la validità dello stesso. Esigenza che nasce dal diritto naturale stesso quella di battezzare il proprio figlio. In caso di pericolo di morte del bambino è valido e lecito il battesimo amministrato anche contro la volontà dei genitori Il bambino dei genitori cattolici in pericolo di morte è amministrato anche senza consenso dei genitori. 30/11/2021 Funzione strumentale del diritto È la modalità attraverso cui il diritto salvaguardia la modalità del sacramento. Vi sono alcuni elementi comuni a tutti i sacramenti per la loro validità: presenza di un ministro (ordinario o straordinario), forma (attraverso cui si amministra il sacramento stesso per la sua validità) materia (sacramenti come segni sensibili, istituiti da Cristo per trasmettere la grazia che egli significa). Abbiamo visto come ci sono dei diritti fondamentali dei fedeli di ricevere sacramenti, però tale richiesta deve essere consapevole. Vi sono poi dei sacramenti che non possono essere ripetuti o dei sacramenti che non possono andare con alcuni status (matrimonio con sacerdote). Battesimo poi come porta di tutti gli altri sacramenti. Sacramento del matrimonio Per la chiesa cattolica questo è un sacramento: un segno istituito per consacrare i fedeli. È uno dei 7 sacramenti istituiti da Gesù Cristo per sacrificare i fedeli. Canone 1055: Il patto matrimoniale con cui l'uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla generazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento. Abbiamo un punto fondamentale: il matrimonio non è una novità del cristianesimo, non è una invenzione del cristianesimo sacramento di diritto divino positivo. “Cristo ha elevato il matrimonio alla dignità di sacramento” = il matrimonio è un istituto di diritto divino naturale, comune a tutta l’umanità, astrazione fatta che questa comunità sia o non sia battezzata o cristiana  quella che era una cosa naturale con Gesù cristo è diventata una possibilità di grazia. Il matrimonio è realtà di diritto naturale elevata da Cristo alla realtà di sacramento. La chiesa non ha inventato il matrimonio ma ha preso l’istituto naturale elevato da Cristo alla dignità di sacramento Sarà sacramento solamente quel matrimonio che è matrimonio per diritto naturale, non tutte le unioni matrimoniali possono essere dignificate dal sacramento. È necessario che il matrimonio abbia delle caratteristiche che se vengono a mancare non possono costituire il sostrato a cui può aderire la grazia: es. per celebrare eucarestia è necessario che il pane sia pane e il vino sia vino, per battesimo è necessario che ci sia acqua, altrimenti non è valido e lecito come sacramento. Istituto di diritto naturale che possiamo qualificare come matrimonio è: relazione tra uomo e donna, fedele ed esclusiva di amore frutto di un impegno iniziale, che poi è un impegno per tutta la vita: un matrimonio naturale che presenti queste caratteristiche può essere elevato da Cristo come sacramento. Una distinzione caratteristica, che si ritrova anche nel diritto canonico, è il fatto che distinguiamo matrimonio atto e matrimonio rapporto: - Atto : momento in cui le parti assumono impegno - Rapporto : matrimonio in fatto La distinzione tra i due momenti è meramente intellettuale. Se l’atto è nullo il rapporto è nullo, se l’atto è invalido anche il rapporto è invalido. Vi può essere un vero rapporto matrimoniale solo se vi è un vero atto matrimoniale Canone 1055 §2. Pertanto tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento. In questa seconda parte del canone viene sancito il principio della inseparabilità tra contratto e sacramento nel matrimonio Se per il diritto quel contratto è invalido, allora è invalido anche il sacramento: diritto civile come anche presupposto. Per i cristiani, tra i battezzati, ogni matrimonio è sacramento, non si può parlare di un matrimonio naturale. È sacramento non solo l’atto matrimoniale ma anche il rapporto matrimoniale sacramento non è solo la celebrazione del matrimonio, la cerimonia, è sacramento tutta la vita matrimoniale. Se la validità dell’atto è presupposto dell’esistenza del sacramento, è altrettanto vero che è il sacramento non solo il momento costitutivo del rapporto, ma tutto il rapporto matrimoniale è da considerare sacramentale, produttrice di grazia. Il sacramento non produce effetti soprannaturale della grazia in modo automatico, ma è sempre necessaria la collaborazione e la buona disposizione di chi riceve il sacramento buona parte degli effetti dipendono dalla volontà positiva di chi riceve il sacramento. L’efficacia del sacramento dipende sia dalla valida amministrazione del sacramento stesso, ma in buona parte anche dalle buone disposizioni di chi riceve il sacramento: vi sono alcune condizioni che impediscono ala sacramento di produrre effetti costituiscono un vero hobex, ovvero un vero ostacolo, affinché il sacramento sia produttivo della grazia che gli è proprio. Rimosso l’ostacolo il sacramento torna a produrre grazia. Es: se gli sposati sono in stato di peccato, la grazia non viene prodotta, quando si confessano allora la grazia del sacramento fruisce nella sua pienezza. Anche per il matrimonio come per gli altri sacramenti, abbiamo un diritto naturale particolare: ius connubi, il diritto a contrarre il matrimonio, che è un diritto naturale della persona umana. Trattandosi di un diritto naturale sono necessari condizioni gravi per restringere questo diritto: le norme che disciplinano questo devono essere interpretate in senso restrittivo Canone 1058 Tutti possono contrarre il matrimonio, se non ne hanno la proibizione dal diritto Es. incompatibilità della persona giuridica= incompatibilità di sacerdozio con lo ius connubi; posizione giuridica del religioso che ha votato coto pubblico di castità. Nel momento in cui questa realtà da spirituale diventa anche materiale, e uomo e donna si uniscono, in quel momento il pontefice non ha nessuna potestà matrimonio consumato non può essere sciolta da nessuna potestà umana e da nessuna causa, eccetto la morte. Si tratta di una dispensa pontificia: si chiama così perché la dispensa è una relaxatio legis in caso particolaris: venir meno dell’efficacia della norma in caso particolare.  la norma dice che il matrimonio è indissolubile, l’accezione, e quindi la dispensa, riguarda proprio il fatto che sia eccezione e che questo possa essere sciolto per una giusta causa su richiesta di una o entrambi le parti, tramite un procedimento che è un decreto amministrativo, ma in realtà è più giudiziario che amministrativo. Il romano pontefice qui agisce sa come giudice che come amministratore: nel processo vengono sentite le parti sia sulla causa per cui viene richiesta la dispensa sia sul fatto che il matrimonio sia valido e non consumato, come premessa per il rilascio della dispensa. C’è poi altre due ipotesi di scioglimento del matrimonio: Privilegio petrino e privilegio paolino Il privilegio è una legge a titolo particolare concessa un soggetto per il bene dello stesso. - Privilegio petrino: dispensa - Privilegio paolino: risale al magistero di San Paolo, questa dottrina è contenuta completamente nella lettera che San Paolo scrisse ai Corinzi nel cap 7. Consiste nella possibilità di sciogliere matrimonio contratto tra due non battezzati, quando uno di loro, convertitosi alla fede cristiana, riceve il battesimo, mentre l’altro non riceve il battesimo (continua ad essere tecnicamente un infedele). Matrimonio tra due non battezzati tra i quali uno solo riceve battesimo (dopo che è avvenuto matrimonio) mentre l’altro continua a non essere battezzato, e la parte non battezzata deve rifiutarsi di coabitare con la parte battezzata, oppure, pur avendo la intenzione di coabitare, non è disposta a farlo sine contumelia creatoris: pacificamente senza peccare (senza offendere il creatore) Con contumelia creatoris: si intende il pericolo di peccato di quello non battezzato. Come si scioglie questo matrimonio? Si scioglie con la celebrazione di un nuovo matrimonio applicazione del privilegio rende possibile al coniuge cristiano di contrarre nuovo matrimonio risultando sciolto dal vecchio nel momento in cui si contrae il nuovo matrimonio. Perché si autorizzi il coniuge cristiano e celebrare matrimonio bisogna verificare che l’altro coniuge non voglia ricevere battesimo (magari lo vuole ricevere) e che non voglia coabitare sine contumelia creatoris (che non voglia abitare con la parte battezzata pacificamente). In questo caso si interpella la parte non battezzata e gli si domandano le sue intenzioni Quindi comporta lo scioglimento del matrimonio con il solo fatto della celebrazione del matrimonio successivo. - Privilegio petrino: si basa sulla potestà pontificia, si basa sul potere ministeriale del pontefice. Ipotesi rara nei nostri territori: conversione al cristianesimo di una donna poliandrica o di un uomo poligamico. Marito che ha più mogli e si converte al cristianesimo: che succede? nel matrimonio cristiano c’è la caratteristica essenziale della monogamia. La legge prevede che si sciolgano tutti i vincoli coniugali e ne rimanga solo uno: un uomo che ha più mogli deve sciogliere tutti i vincoli matrimoniali e ne resta una. Solitamente è al prima in ordine temporale che ha contratto matrimonio che rimane. Lo stesso vale per donna poliandrica. Volendo ricapitolare abbiamo: unità e indissolubilità nel matrimonio. Tuttavia, questa regola fondamentale può subire alcune eccezioni (dispensa pontificia del matrimonio non consumato); inoltre abbiamo privilegio paolino (matrimonio tra due non battezzati, uno si battezza l’altro no, quello battezzato si risposa); privilegio petrino (uomo o donna con più partner per sua cultura e religione che si converte al cristianesimo e quindi scioglie i vincoli matrimoniali che ha e ne rimane uno). Tema del consenso matrimoniale Il matrimonio nasce con il consenso delle parti, e quindi la teoria consensualistica ha finito per prevalere su quella corporalista. Il vincolo matrimoniale nasce dal consenso, che è l’elemento più decisivo dell’atto coniugale, è quello che contiene la sua vera e propria efficacia causale. Il consenso non può essere supplito in nessun modo dall’ordinamento giuridico. Nessuna potestà umana può supplire questo consenso. La legge umana non può ritenere valido un matrimonio se esiste un qualche vincolo che lo rende nullo. Canone 1057 §2. Il consenso matrimoniale è l'atto della volontà con cui l'uomo e la donna, con patto irrevocabile, dànno e accettano reciprocamente se stessi per costituire il matrimonio. Il consenso è atto della volontà e inoltre è soggetto alla razionalità. La ragione deve presentare alla volontà l’oggetto da volere. È necessario ovviamente che entrambe le parti abbiano la conoscenza dell’oggetto dell’atto di volontà stesso e che entrambe le parte siano informate. Oggetto del consenso qual è? Sono l’uomo e la donna nella loro coniugalità: l’uomo in quanto sessualmente determinato e la donna in quanto sessualmente determinata. Per messo dell’atto (patto) coniugale, la donna si da come sposa all’uomo e l’uomo alla donna, nella reciproca accettazione in qualità di coniugi. Ogni sacramento ha un suo oggetto specifico, nel matrimonio questo è il corpo stesso degli sposi nella sua coniugalità. Le loro naturali capacità vissute in relazione con le finalità del matrimonio. Questo consenso può essere scambiato tra persone capaci in ambito del diritto, devono essere persone giuridicamente valide, persone che abbiano capacità di agire in ambito matrimoniale. Consenso deve essere manifestato però tra persone giuridicamente abili e capaci. Dobbiamo distinguere da un lato la capacità di agire, e dall’altro la presenza di fatti che possono essere persone di fatto incapaci di ricevere matrimonio: casi in cui ius connubi può essere limitato vi sono alcuni fatti e ostacoli che rendono la persona inadatta a contrarre matrimonio. Elementi oggetti che impediscono alla persona di contrarre matrimonio e la rendono inabile: impedimenti. Impedimento rende inabile la persona, ovvero incapace di contrarre matrimonio. Solo l’autorità suprema della chiesa può formalizzare eventuali patti che rendono inabili una persona a contrarre matrimonio. Gli impedimenti possono essere di diritto umano o di diritto divino e alcuni impedimenti possono essere dispensati ed altri no. Es. impedimento derivante al voto di castità può essere dispensato, perché umano e non divino. Quali sono gli impedimenti? - Impedimento di età : impedimento di diritto umano ma stabilito dal diritto per salvaguardare la validità del vincolo coniugale davanti a soggetti non idonei a produrre frutti del matrimonio. Il diritto ha dovuto stabilire età che ammette pubertà, è un criterio giuridico per salvaguardare la sostanza. Per questo ne è ammessa la dispensa: 14 anni per la donna, 16 per uomo fermo restando che la conferenza episcopale può dettare una età maggiore solo per la liceità del matrimonio, ma per la validità rimangono le età dette prima. Liceità: si richiede il compimento del diciottesimo anno di età, fermo restando che si può dispensare da questa in presenza di determinate cause. 9/12/2021 Per contrarre matrimonio è richiesta una certa capacità: capacità di agire. Abbiamo poi degli impedimenti legali che limitano la stessa capacità, impediscono la valida e lecita celebrazione del vincolo matrimoniale. Alcuni di questi elementi sono di diritto divino, altri di diritto umano: alcuni sono dispensabili altri no. Abbiamo poi altri impedimenti alla formazione del vincolo matrimoniale: - di diritto divino naturale : impedimento di vincolo o di legame contrae invalidamente il matrimonio chi è legato al vincolo di matrimonio precedente anche se non consumato questo impedimento non può venire meno per dispensa ma cessa solamente con la morte dei coniugi. - Impedimento di disparitas cultus : impedimento di matrimonio tra un battezzato e un non battezzato. Matrimonio celebrato tra due persone una delle quali sia stato battezzato nella chiesa cattolica e l’altra non battezzata. Chi non è battezzato non appartiene alla religione cattolica, condizione che risulta incompatibile con la tradizione cattolica: pericolo per la fede e l’educazione dei figli. La fede è considerata esigenza dello stesso diritto divino: è per questo che il legislatore ha previsto questo impedimento al matrimonio. anche il non battezzato, quello che tecnicamente è infedele, continua ad essere titolare di un diritto fondamentale riconosciutogli anche dalla chiesa, ius connubi; questo impedimento è dispensabile, può essere dispensato da parte del vescovo: bilanciando i due diritti l’ordinamento ritiene che l’ordinario della diocesi possa dispensare il cattolico, colui che è stato battezzato, a sposarsi anche con un non battezzato. Questo ad alcune specifiche condizioni però. Si richiede la licenza per un matrimonio battezzato in un altra chiesa e un cattolico. Ma per il matrimonio tra battezzato e non battezzato è invalido, è nullo. Requisiti perché possa essere contratto matrimonio: innanzitutto, la parte cattolica deve essere battezzato nella chiesa cattolica e deve essere accolta dalla chiesa cattolica in caso venga da un’altra fede cristiana non in piena comunione con la chiesa cattolica. Parte non cattolica: deve essere battezzata in chiesa non cattolica ma il cui battessimo deve essere ritenuto valido in chiesa cattolica (battesimo anglicani o luterani, non è ritenuto valido il battesimo dei testimoni di Geova). Vi sono poi delle condizioni per cui la dispensa può essere rilasciata dall’ordinario del luogo: - la parte cattolica deve essere disposta ad allontanare tutti i pericoli della fede e deve promettere di fare quanto in suo potere perché gli eventuali figli siano battezzati ed educati nella fede cattolica - la parte non cattolica deve essere informata di questa promessa fatta dalla parte cattolica, in modo tale che la parte non cattolica sia pienamente consapevole dell’impegno assunto dalla parte cattolica. - Si ritiene che la parte cattolica e non cattolica siano istruiti sui fini del matrimonio e del dover di non escludere questi fini e proprietà essenziali. Si deve prendere l’impegno di non escludere i fini del matrimonio. Una volta assunti questi impegni, in presenza di una giusta e ragionevole causa, l’ordinario del luogo può rilasciare la dispensa. Queste stesse promesse, l’educazione dei figli, la comunicazione dell’impegno assunto dalla parte cattolica, queste condizioni sono le stesse necessarie perché il vescovo conceda licenza in caso di matrimonio misto matrimonio tra cattolica e un battezzato in una confessione cristiana diversa dalla cattolica in cui battesimo sia riconosciuto valido dalla fede cattolica. (anglicani, luterani, valdesi) Nel caso di matrimonio tra un cattolico e un cristiano non cattolico non si richiede una dispensa del vescovo, e quindi il matrimonio sarebbe comunque valido, ma si ritiene una licenza del vescovo - omicidio del coniuge avvenga con la cooperazione di entrambe, cooperazione fisica o morale: impedimento si da anche qualora la parte libera di stati non abbia ucciso materialmente lei ma l’altra parte abbia per esempio assoldato un sicario cooperando così moralmente all’uccisione; o abbia contribuito in altri modi all’uccisione. È necessario affinché si configuri questa situazione l’intuiti matrimoni. Impedimenti di parentela . Alcuni strumenti tecnici che il diritto apporta a pena dell’unità famigliare. Obiettivo principale di questi impedienti è di proteggere la dignità della famiglia e che le relazioni famigliari non si snaturino trasformandoli in relazioni sessuali  possono essere di diritto divino dispensabili e non. È indispensabile: È nullo il matrimonio tra tutti gli ascendenti e discendenti in linea retta sempre impedimento. Nella linea collaterale il matrimonio è nullo sino al quarto grado incluso. Linea retta chi sono: Nonni, Padre, madre, figli, figli dei figli… Questi non sono mai dispensabili: non può mai essere concessa dispensa Nella linea collaterale: il matrimonio è nullo fino al quarto grado Canone 108-109 Can. 108 - §1. La consanguineità si computa per linee e per gradi. §2. Nella linea retta tanti sono i gradi quante le generazioni, ossia quante le persone, tolto il capostipite. §3. Nella linea obliqua tanti sono i gradi quante le persone in tutte e due le linee insieme, tolto il capostipite. Can. 109 - §1. L'affinità sorge dal matrimonio valido, anche se non consumato, e sussiste tra il marito e i consanguinei della moglie, e parimenti tra la moglie e i consanguinei del marito. §2. Si computa in maniera tale che coloro che sono consanguinei del marito, siano affini della moglie nella medesima linea e grado, e viceversa. Zio e nipote: consaguinei di 3° Quarto sono i cugini Non posso dispensare tra fratelli, ma posso dispensare dal 3 grado in poi. In linea retta non vi è possibilità di dispensa In linea collaterale: il matrimonio è nullo fino al quarto grado incluso La dispensa spetta all’ordinario della diocesi, ma non si dispensa mai ne il lenea retta, ne in linea collaterale sino a secondo grado tra fratelli. Canone 1078 §3. Mai si dà dispensa dall'impedimento di consanguineità nella linea retta o nel secondo grado della linea collaterale. Impedimento di pubblica onestà Caso in cui matrimonio sia stato celebrato e poi dichiarato nullo. Per il diritto sono nulle e invalide le nozze del primo grado della linea retta tra l’uomo e le consanguinee della donna e viceversa. Se il matrimonio è nullo l’uomo non può sposare la sorella di quella che fu moglie, né la moglie può sposare il fratello di quello che fu suo marito. È un impedimento di diritto umano, dispensato dall’ordinario, quindi dispensabile. Abbiamo poi un altro impedimento di diritto divino naturale. Caso in cui una delle parti, o entrambi le parti siano incapaci a compiere l’atto matrimoniale: impedimento di impotenza sia assoluta che relativa: deve essere antecedente al matrimonio, perpetua e certa. Se l’impedimento di impotenza è dubbio il matrimonio non deve essere dichiarato nulla. La sterilità non è causa di diritto di invalidità del matrimonio. Ci troviamo innanzi a impedimenti di diritto divina naturale che non è dispensabile. La sterilità, incapacità a generare, non è causa di invalidità del matrimonio; a meno che non si rientra nella fattispecie del dolo matrimoniale: una parte nasconde all’altra il fatto che è sterile. Ma la sterilità in quanto tale non è causa di invalidità del vincolo. Riassumiamo: impedimento di diritto umano o di diritto divino: possono essere dispensati, alcuni dei quali la dispensa è riservata alla santa sede (pubblico perpetuo di voto, impedimento di sacro ordine, impedimento di delitto) riservati alla santa sede. Tutti gli altri, per la loro dispensa la competenza è dell’ordinario della diocesi. Va tenuto presente che in caso di urgenza, quindi in caso di pericolo di morte, l’ordinario della diocesi può dispensare da tutti gli impedimenti, anche quelli riservati alla santa sede, tranne l’impedimento proveniente dal sacro ordine del presbiterato e dell’episcopato. La dispensa del sacramento dell’ordine nei gradi del presbiterato ed episcopato è riservato alla santa sede anche in caso di pericolo di morte. Addirittura, nel caso in cui non si possa ricorrere all’ordinario, la dispensa può essere accordato dal parroco o dal sacerdote o diacono che assiste al matrimonioTranne presbiterato o diaconato. Ancora una volta si avverte l’attenzione della chiesa per le circostanze concrete. 14/12/2021 Capacità soggettiva giuridica nel contrarre matrimonio. 16 anni per uomo e 14 per donna. Il consenso matrimoniale è la causa efficiente del matrimonio stesso: nasce perché le parti esprimono liberamente le loro libertà. Non è soltanto un qualsiasi atto di volontà. Il codice si occupa del consenso in maniera negativa: incapacità e vizi di esprimere un valido consenso. Incapacità consensuale del vincolo matrimoniale. Chi è incapace di esprimere un valido consenso? Canone 1095: Sono incapaci a contrarre matrimonio:  1) coloro che mancano di sufficiente uso di ragione;  2) coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente;  3) coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio. Prima fattispecie e tipo giuridico: amentia Coloro che mancano di sufficiente uso di ragione: coloro che sono incapaci di comprendere caso si “amentia”. Quindi che al momento di espressione del consenso è incapace di intendere e volere: non è necessario che sia una incapacità permanente, ma la figura si estende anche a chi nel momento di prestare consenso, soffre di una qualche alterazione psichica che provoca alla persona una mancanza di padronanza su sé stesso (ubriachezza, droga, alcool oppure malattia psichica). Se per motivo strutturale o alterazione psichica dovuta a un elemento esterno in quel momento si sia incapaci. Seconda fattispecie giuridica: defectus discretioni iudici coloro che difettano e che mancano gravemente di discrezione di giudizio sui diritti e doveri essenziali da accettare reciprocamente. Nel matrimonio è la stessa persona in quanto uomo o donna a donarsi a titolo di credito ed è l’altra parte che accetta a tale diritto la donazione: tutto questo richiede ovviamente un grado di maturità superiore non soltanto al semplice uso di ragione ma anche a molte altre attività che si pongono in essere. Se il contraente o entrambi mancano di una capacità di discernere quali sono i diritti e doveri fondamentali che nascono dal matrimonio in maniera grave, allora il consenso è nullo. Se vi è grave mancanza di conoscenza di diritto e dovere fondamentali si verifica questa situazione. Si presume dalla pubertà che le parti abbiano la discrezione di giudizio sufficiente per prestare un consenso valido, si ammette prova contraria ovviamente. Il matrimonio gode del favore di diritto: quindi nel dubbio il matrimonio si presume valido gli elementi di validità finiscono per prevalere su quelli di invalidità. Tutta la disciplina del matrimonio è orientata a salvaguardare lo stesso matrimonio. Sembrerebbe che il matrimonio possa essere dichiarato nullo per qualsiasi avvenimento accada: non è così è un contratto che si presume essenzialmente valido, e il diritto è fatto per salvaguardare la validità del matrimonio stesso. Incapacità di decidere liberamente: la libertas electionis Terza fattispecie giuridica: impossibilità ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio “ob causas natura psichicea”, per causa di natura psichica. Impossibilità di assumere obblighi che nascono con il matrimonio (indissolubilità, educazione dei figli…) per motivi psichici: il legislatore accoglie come causa di nullità del vincolo una serie di anomalie psichiche che, senza privare il soggetto dell’uso di ragione, ne impedirgli in modo chiaro e diretto l’uso della discrezione di giudizio dell’oggetto del consenso, tuttavia determinano ne soggetto una impossibilità psicopatologica ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio. Ci troviamo di fronte alla incapacità di attuare la decisione presa. La causa psichica fa si che il soggetto non possa assumere gli obblighi propri del matrimonio: sono quelle malattie psichiche, individuate dal punto di vista medico, che senza privare dell’uso di ragione il soggetto, lo rendono incapace di assumere gli obblighi matrimoniale che nascono dal vincolo matrimoniale stesso. Malattie: satirismo, ninfomanie, una serie di malattie psichiche ben determinate dalla scienza giuridica che impediscono di assumere obblighi (per esempio obbligo di fedeltà nel satirismo). Valutazione effettuata in stretta relazione tra perito e giudice: il perito è necessario per determinare la malattia ma è solo il giudice canonico che deve valutare l’impossibilità del soggetto di mantenere e rispettare obblighi matrimoniali. Hanno valore solamente le malattie psichiche, e anomali psichica, sussistenti al momento della celebrazione del matrimonio. Non hanno valore le eventuali anomalie psichiche sopravvenute successivamente alla stipulazione del vincolo matrimoniale. In definitiva è incapace a contrarre matrimonio: colui che è incapace di intendere e di volere, coloro che mancano di discrezione di giudizio, coloro che per motivi psichici sono incapaci di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio (unità e fedeltà coniugale). Vizi del consenso. il codice di diritto canonico ricorda che la conoscenza necessaria per contrarre matrimonio in realtà è minima. Canone 1096: Perché possa esserci il consenso matrimoniale, è necessario che i contraenti almeno non ignorino che il matrimonio è la comunità permanente tra l'uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole mediante una qualche cooperazione sessuale. §2. Tale ignoranza non si presume dopo la pubertà. Non ogni azione di dolo rende invalido il matrimonio. Gli elementi che identificano questa fattispecie sono: il soggetto deve cadere in errore sulla qualità dell’altro contraente; perché se nonostante tutte le machinationes la persona non erra non si può invocare il dolo. L’errore deve essere conseguenza diretta dell’inganno ordito dolosamente, deve essere l’azione cosciente di una terza diretta a determinare l’errore mediante inganno intenzionale per sposarsi, il dolo esige coscienza e libertà. Chi agisce deve essere cosciente dell’effetto ingannevole che la propria condotta può provocare al contraente. Può essere un’azione ma anche una omissione. La finalità dell’inganno ovviamente è quella di ottenere il consenso matrimoniale. L’oggetto del dolo, e la qualità su ciò si inganna non deve essere una qualità qualsiasi ma una qualità dell’altro contraente che di per sé potrebbe perturbare gravemente la comunità di vita coniugale: qualità oggettivamente grave e deve riguardare il consorzio di vita coniugali. Parlando degli impedimenti matrimoniali abbiamo parlato anche della impotenza (incapacità di compiere atto sessuale) che rende invalido, mentre la sterilità non rende invalido il matrimonio. Tuttavia, qualora la parte nasconda all’altra la sterilità, e lo nasconda per ottenere il consenso matrimoniale, quindi lo nasconde dolosamente, in questo caso il matrimonio è invalido. Mentre nei precedenti non si fa riferimento a una qualche specifica qualità, in questo caso si richiede che la qualità sia una qualità che per sua natura possa perturbare gravemente il consorzio di vita coniugale. Anche il dolo può essere causa di nullità del matrimonio. Canone 1098  Chi celebra il matrimonio, raggirato con dolo, ordito per ottenerne il consenso, circa una qualità dell'altra parte, che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale, contrae invalidamente. Fin’ora abbiamo parlato dell’errore di fatto. L’errore può essere di fatto, quando riguarda la persona e le sue qualità, ma abbiamo anche l’errore di diritto, errore che ricade sulle proprietà del matrimonio o sulla sua dignità sacramentale. L’errore di diritto non produce invalidità (errore sull’unità, indissolubilità e dignità). Se il mio intelletto si inganna ma questo errore rimane nell’intelletto senza determinare la volontà allora il matrimonio è valido, è invalido qualora questo errore determini la volontà quando non rimanga limitato all’intelletto (errore semplice) ma incide su quell’atto che consiste nel prestare il consenso determinando la volontà. Nel caso dell’errore semplice: matrimonio valido Errore che determina la volontà: matrimonio invalido. Es. se mi sposo perché ritengo che il matrimonio si possa sciogliere, la mia volontà è determinata dalla possibilità che si possa sciogliere (quando in realtà è indissolubile) quel matrimonio è nullo. L’errore sull’unità e indissolubilità è dignità del matrimonio e sulla sacralità non invalida il matrimonio a meno che non abbia determinato la volontà. Il contraente vuole un matrimonio che sia privo per atto esplicito e volontario delle proprietà, dell’indissolubilità, dignità… in quanto tale l’atto è invalido. Canone 1099  L'errore circa l'unità o l'indissolubilità o la dignità sacramentale del matrimonio non vizia il consenso matrimoniale, purché non determini la volontà. La simulazione è una fattispecie molto simile, solo che in questa viene esperito un atto di volontà che esclude queste proprietà: so che ci sono queste proprietà e le escludo. Mentre per quello che abbiamo detto finora vengono escluse determinate caratteristiche per una falsa percezione della realtà. Violenza (tipico vizio della volontà). Molto spesso la violenza è unita al timore. Il matrimonio celebrato per violenza è nullo. La violenza che deve essere distinta dal timore elimina la vera volontà: in particolare elimina la libertà consensuale necessaria per contrarre vero matrimonio. La violenza fisica è una coazione materiale esercitata sul soggetto per ottenere la sua volontà matrimoniale. Il soggetto viene fisicamente obbligato a esprimere una volontà. Questa è una fattispecie rara. La persona esprime si, perché le viene scrollata la testa per esprimere si (voleva fare lo spiritoso). In questo caso ovviamente il matrimonio è nullo per mancanza di consenso. Sempre invalidante è il timore, che è una situazione di costernazione di animo del soggetto determinata dalla coazione psicologica o morale, per liberarsi dalla quale il soggetto si vede obbligato a contrarre matrimonio. Il diritto canonico evidenzia che questo timore esterno potrebbe essere anche non intenzionale, diversamente dal dolo. La coazione morale in linea di principio non impedisce che vi sia consenso ma lo vizia causando invalidità del matrimonio quando la situazione alterata del soggetto presenta alcuni requisiti specifici: timore grave, e la gravità implica che l’azione sia oggettiva sia oggettiva; deve essere incuso dall’esterno (non deve nascere da cause intrinseche come immaginazione o suggestioni…); deve essere la causa che determina il consenso la parte ritiene che per liberarsi da quel timore unica possibilità è sposarsi Es. non mi sarei sposato se non ci fosse stato questo timore timore antecedente. Mentre se il timore non costituisce la causa si chiama timore concomitante, e il matrimonio in questo caso è valido. Mi sposo con timore= matrimonio valido Mi sposo per timore= matrimonio invalido Caso del timore reverenziale Indica il timore di un male in cui gioca un ruolo particolare lo stato di subordinazione del soggetto rispetto a chi incute timore (padre figlio, tutore pupillo). In questo caso vale: mi sposo altrimenti i miei genitori ne possono subire un grave turbamento. Rientra nella fattispecie vista: se effettivamente io ritengo che l’unico modo per sfuggirne sia sposarmi, il matrimonio è invalido. È invalido purché ci sia un consenso originato da un reale turbamento d’animo in chi subisce le minacce, e di conseguenza la scelta del matrimonio senza queste minacce non sarebbe verificata. Simulazione di matrimonio È la falsa espressione della volontà ed è una espressione volutamente falsa. Ci sono sempre due negozi: - il negatio simulato - negotio dissimulat nel diritto canonico si presume che la volontà espressa sia conforme a quella interiore. Il consenso interno dell’animo si presume conforme alle parole o ai segni adoperati per celebrare il matrimonio. Il matrimonio: gaudet favosor iuris: si presume che sia valido perché si presume che la volontà sia conforme alla volontà interiore. Tuttavia, il matrimonio è invalido se positivamente, con un positivo atto di volontà, le parti escludono o totalmente il matrimonio (totale) o un elemento fondamentale del matrimonio (simulazione parziale) es. mi sposo ma escludo la indissolubilità del matrimonio. La simulazione può essere sia unilaterale che bilaterale: -unilaterale: è una sola parte che lo esclude - lo escludono entrambe le parti Per il diritto canonico il matrimonio è nullo sia per simulazione parziale totale e unilaterale. Per il diritto civile la simulazione unilaterale (riserva mentale) si appone. Condizione Il matrimonio contratto sotto condizione, come nel diritto civile, anche nel diritto canonico è nullo. Non può celebrarsi matrimonio contratto sotto condizione propria. Ti sposo se smetti di bere. Il matrimonio in questo caso è nullo. Condizione impropria Quando evento è futuro ma certo oppure quando un evento malgrado sia già passato non si sappia. Ti sposo se spunto sole domani, oppure se sei figlio legittimo (e io non lo so e quindi appongo questa condizione). In questo caso il matrimonio è valido e produce effetti a secondo che esista o meno la condizione. 8/02/2022 Parlavamo dei vizi del consenso. Per poter instaurare un valido matrimonio occorre che le parti abbiano una certa conoscenza dell’istituto matrimoniale, sappiano cioè almeno nei suoi elementi essenziali a che cosa dirigono le loro volontà. Non ci si può impegnare validamente se non si ha un minimo di conoscenza del contenuto dell’impegno che si intende assumere, del complesso dei diritti e dei doveri che dal matrimonio derivano. Qual è il problema che si pone? è quello di definire cosa i nubendi debbano conoscere in ordine al matrimonio, qual è quel grado di conoscenza di quell’istituto che essi devono possedere per prestare un valido consenso. A questo proposito si potrebbe pensare che la risposta a questo interrogativo possa essere che i nubendi debbano conoscere gli elementi essenziali del matrimonio, cioè avere una idea di matrimonio corrispondete a quella delineata dai canoni 1055 e seguenti. Bisogna considerare che il matrimonio è un istituto di diritto naturale. E pertanto deve essere alla portata di tutti gli uomini e di tutte le donne, anche di quelle che non hanno avuta nessuna istruzione e non sono in grado di pervenire a certi livelli di conoscenza. Anche a questi deve essere riconosciuto il diritto ad accedere allo stato matrimoniale. in ogni persona che si accosta al matrimonio, anche senza una visione chiara di cosa il matrimonio significhi, si è ritenuto di poter individuare una intentio generalis, ovvero una propensione di fondo indirizzata a porre in essere il matrimonio così come comunemente voluto e accettato da tutti gli uomini. Essendo il matrimonio un istituto profondamente inserito nell’originario ordinamento della società umana vi è verso questa una naturale inclinazione che porta ogni uomo e ogni donna a cogliere il suo nucleo spontaneo e caratterizzante. Anche da parte di chi non arriva a conoscere questo istituto in maniera puntuale si può riscontrare una visione massima al matrimonio. Quella intentio generalis di cui parlavamo poco fa non può esserci laddove manchi anche quel minimo di conoscenza intuitiva del matrimonio. Per questa ragione che il diritto canonico, ai fini della validità del matrimonio, che vi sia un minimo di conoscenza, delineando così una serie di elementi che identificano il matrimonio e lo distinguiamo da ogni altro tipo di istituto, a ciò provvede il canone 1096 del codice Perché possa esserci il consenso matrimoniale, è necessario che i contraenti almeno non ignorino che il matrimonio è la comunità permanente tra l'uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole mediante una qualche cooperazione sessuale. §2. Tale ignoranza non si presume dopo la pubertà. Consortium permanents= unione delle sorti questo sta a significare che i nubendi devono concepire il concetto di una partecipazione comune di una sorte. In cui l’uomo e la donna si trovano in una condizione di reciproca parità. Questo è quello che è richiesto che si debba avere nella minima conoscenza. Da esso si ricava che il consortium totius vitae è caratterizzato da due finalità essenziali: il bene dei coniugi e la educazione della proleBonum coniugum e bonum prolis. La sacralità del matrimonio non può essere non considerata come un ulteriore semplice elemento inconsistente e irrilevante ma deve essere caratterizzata come una qualità fondamentale che investe il matrimonio nella sua integrità. Si può dunque concludere che il canone 1101 quando fa riferimento alla simulazione parziale fa riferimento a una categoria che ricomprende almeno 5 ipotesi derivanti dall’esclusione di una delle proprietà essenziali: unità bonum fidei, indissolubilità sacramenti, oppure simulazione parziale derivante dall’esclusione di uno dei due elementi essenziali esclusione bomun coniugum o esclusione bomun prolis, dall’esclusione della sacramentalità del matrimonio - Esclusione bomun fidei Questo ricomprende l’esclusione del carattere monogamico del matrimonio, il nubendo non accetta questo dato istituzionale dei matrimoni ma vuole porre in essere un matrimonio poligamico che consenta una pluralità di mogli poligamia o una pluralità di mariti pluriandrìa. La proprietà dell’unità del matrimonio è intesa dalla dottrina anche come vincolo di fedeltà specifica tra i coniugi, ovvero vincolo che non consente di dividere con altre persone il rapporto matrimoniale; dunque, è nullo o invalido, non annullabile. Contrae invalidamente anche chi non intende impegnarsi alla fedeltà verso l’altro coniuge, ovvero chi contrae matrimonio riservandosi la libertà di avere relazioni extraconiugali. L’estensione del concetto di fedeltà tra i coniugi anche alla procreazione conduce a ritenere nullo anche il matrimonio di chi si propone, pur restando fermo l’obbligo di fedeltà sessuale, di generare un figlio con una persona diversa dal proprio coniuge ricorrendo alla procreazione artificiale eterologa. La nullità del matrimonio non dipende da una semplice propensione verso l’infedeltà, ma deriva da un atteggiamento più radicale di colui che non intende sentirsi vincolato alla fedeltà coniugale, che vuole un matrimonio aperto quindi diverso da quello inteso dalla chiesa. Esclusione del bonum sacramentum: indissolubilità del matrimonio Questa ipotesi di nullità è quella che oggi viene invocata più spesso dinnanzi ai tribunali ecclesiastici nelle cause matrimoniali, per via della diffusione della mentalità divorzista. Questa ipotesi ricorre quando uno o entrambi i nubendi si accostano al matrimonio non accettando di porre in essere un vincolo perpetuo; quindi c’è nel nubende una volontà di accedere a un normale matrimonio, ma anziché considerare perpetuo questo impegno tale vincolo viene inteso come destinato a cadere o a sciogliersi al verificarsi di determinati evento o al venir meno di certe aspettative. Fino al momento in cui il coniuge o nubende prestano il consenso vi è l’intento di ricorrere al divorzio. Anche qui occorre una volontà positiva. Esclusione della indissolubilità può sorgere in conseguenza di un convincimento radicato nella persona contrario all’indissolubilità, purché tale convincimento contrario non rimanga a livello puramente teorico ma sia tradotto in partica con un atto di volontà. Questa ipotesi si verifica quando un nubendo o entrambi si avviano al matrimonio in uno stato di necessità, si crea così uno stato di conflitto interiore che si risolve accettando una sorta di matrimonio di prova: proponendosi di divorziare qualora quelle perplessità o timori dovessero effettivamente realizzarsi. Es. si pensi a un matrimonio preceduto da un lungo periodo di fidanzamento iniziato in giovane età, ad un certo punto il nubendo conseguono una stabilità economica e decidono di dare inizio ai preparativi, ma con il passare degli anni si accorgono che sono maturati e cambiati rispetto a quando avevano iniziato rapporti di fidanzamento. Uno dei due vorrebbe mettere in discussione questo rapporto ma non ha il coraggio di farlo e reprime questo suo stato d’animo, pur sapendo che sta per fare un passo sbagliato. Inconsciamente si tranquillizza dicendo che comunque c’è divorzio e se le cose vanno male ognuno può riprendersi la sua libertà. Esclusione del bonum coniugum: esclusione del bene dei coniugi Ipotesi di simulazione è di diretta derivazione conciliare, l’intima comunità di vita e amore tra uomo e donna che il vaticano II ha indicato come modello di matrimonio non può sussistere quando i nubendi intendono impostare la loro vita matrimoniale su basi che non prevedono una compartecipazione di sentimenti e affetti. Chi esclude il bonum coniugum esclude l’amore coniugale che porta uomo e donna a donarsi l’uno all’altro e ad essere desiderosi del reciproco bene e felicità. Questa ipotesi non ha avuto grande successo applicativo questo perché alcune di queste ipotesi tendono ad essere trattate come ipotesi di simulazione totale, non è però mancato in qualche sentenza il tentativo di costruire un perimetro e circoscrivere un ambito più specifico di applicazione di questa figura di simulazione totale. Così la giurisprudenza ha ritenuto di poter dichiarare l’annullamento nel caso di un vedovo che avesse sposato una donna che lo aiutasse nelle faccende domestiche. Il chiacchiericcio del paese lo aveva indotto a sposarla ma il suo vero intendo era quello di servirsi di lei come faceva prima, continuando il vincolo con la moglie defunta. Esclusione del bomun prolis: esclusione della generazione della prole La strutturazione del matrimonio prevede la sua naturale apertura verso la generazione della prole, che non può essere rifiutata dai nubendi perché in tal caso il matrimonio verrebbe a mancare di un requisito essenziale. Ciò si verifica quando i nubendi con un atto positivo di volontà escludono i figli senza limiti di tempo. In questo caso la giurisprudenza ricorre a una sottile distinzione: - Esclusione del diritto alla prole - Esclusione dell’esercizio del diritto alla prole La nullità del matrimonio non è stata ritenuta valere nel caso di un matrimonio celebrato con voto di castità in ambedue gli sposi, esempio Giuseppe e Maria. In questo caso i due sposi non escluderebbero il diritto alla generazione della prole, ma escluderebbero di esercitare in concreto tale diritto  ragione per cui la giurisprudenza non li considera nulla va trovata nel fatto che non si pongono in contrasto con il matrimonio voluto dalla chiesa ma rappresentano una relazione più intensa tra di essi. Se l’esclusione perpetua della prole viene a coincidere con la stessa esclusione del diritto alla prole, più delicato il caso di una esclusione temporanea. In questo caso se l’ordinazione del matrimonio alla prole è pure limitata o impoverita non resta però pregiudicata in modo tale da comportane la nullità. Questa regola è valida soltanto in linea di massima, vi è qui una presunzione suscettibile di prova contraria. La nullità invece è più facilmente riscontrabile quando l’esclusione della prole avviene in maniera condizionata: avere un figlio solo al raggiungimento di una determinata stabilità economica. In questi casi la generazione della prole è rimandata a un tempo indeterminato essendo subordinata a una condizione che può anche non venire mai in esistenza. Questo criterio di esclusione del diritto e dell’esercizio del diritto ha dato adito a problemi di caratteri applicativi, criterio astratto difficilmente calabile nella natura umana. Dottrina e giurisprudenza hanno cercato di individuare altri criteri. La rota romana ha cercato di elaborare il concetto di fecondità ontologica e strutturale insita in ogni atto matrimoniale, cioè che deve essere sempre mantenuto se non si vuole denaturare il matrimonio. Questa fecondità ontologica rimane salvaguardata laddove i nubendi pur escludendo per un certo periodo o in certe condizioni la prole mantengono sempre la disponibilità ad accertare la procreazione di un figlio, per accertare questo particolare importanza assumono l’analisi delle cause che hanno indotto a limitare la prole a dell’altro il comportamento die coniugi. La dottrina e la giurisprudenza hanno affermato che una semplice precarietà di condizioni economiche che porta la coppia a non volere subito figlio non costituisce causa di nullità del matrimonio. Mentre costituisce nullità colui che si rifiuta di avere un figlio fino a quando non abbia verificato che si sia istaurata una armoniosa qualità di vita. Comportamenti: non può essere sintomo di una chiusura radicale della procreazione l’uso di contraccettivi con l’intenzione di ottenere procreazione responsabile che tenga conto di condizioni soggettive o oggettive. Non può essere considerato nullo il matrimonio quando i coniugi accettano con gioia una gravidanza imprevista e non voluta. Si avrà nullità quando il soggetto è ricorso scrupolosamente ai mezzi contraccettivi oppure quando il nubendo di fronte a una gravidanza imprevista non hanno avuto alcuna remora a procedere all’aborto. 17/02/2022 Esclusione dell’educazione della prole . Bonum prolis non si limita alla sola generazione biologica, ma si estende anche all’educazione dei figli e alla cura materiale e spirituale di questi. In dottrina si è posto un problema: la dottrina tradizionale era concorde nel ritenere contrario al bonum prolis, e quindi motivo di nullità, ad esempio l’intenzione di uccidere o mutilare la prole  la dottrina sicura sulla nullità: ma negli ultimi anni dottrina incerta= era dottrina riguardo ad altri casi: nei casi di abbandono della prole, affidandolo alla carità del prossimo, atteggiamento non del tutto contrario al bonum prolis, i genitori in questi casi non avrebbero escluso ogni cura riguardo ai figli, volendo comunque che essi fossero allevati anche se da altri. Ma a prescindere da questi casi ciò che è certo è che l’esclusione dell’educazione della prole si pone in contrasto con una componente del matrimonio e ne provoca la nullità. Altro problema che si è posto in dottrina: è possibile equiparare alle ipotesi di prima potesse essere ipotesi in cui si escludesse l’educazione religiosa esclusa che questa possa avere effetto invalidante. Questo perché il matrimonio è un istituto di diritto naturale che deve essere assicurato a tutti e dunque, deve essere assicurato anche a coloro che non appartengono alla chiesa. Ultima ipotesi di simulazione parziale: esclusione del valore sacramentale del matrimonio Bisogna comunque tenere presente che la fede e la convinzione religiosa e la consapevolezza del valore sacramentale del matrimonio non costituiscono presupposto necessario per la sua valida celebrazione: questo perché il matrimonio è un istituto di diritto naturale. Il fatto che il matrimonio cristiano sia anche un sacramento non cambia la sua sostanza di istituto di diritto naturale, semmai ne comporta un arricchimento e quindi è da considerarsi pienamente valido il matrimonio di colui che pur essendo battezzato non sa o non crede che il matrimonio sia un sacramento. Diverso è il caso in cui il nubendo si affianca al matrimonio con una posizione di contrarietà rispetto alla parte sacramentale del matrimonio: non si limita solo a disconoscere e limitare questo aspetto ma lo rifiuta espressamente, non volendo che questo produca questo particolare effetto spirituale nei suoi confronti. Per tutte le ipotesi di simulazione affinché ci sia invalidità occorre atto positivo di volontà, e il matrimonio celebrato con intenzione di escludere questo aspetto non acquista efficacia di sacramento e non può sorgere validamente neppure nel suo aspetto contrattuale poiché per principio tra i battezzati non ci può essere un valido contrato matrimoniale che non sia allo stesso tempo sacramento. Questo è il Principio della inscindibilità tra contratto e sacramento un unico giudice chierico che, ove sia possibile, si associ due assessori di vita specchiata, esperti in scienze giuridiche o umane, approvati dal Vescovo per questo compito; allo stesso giudice unico competono, salvo che risulti diversamente, le funzioni attribuite al collegio, al preside o al ponente. I giudici dei tribunali ecclesiastici, diocesani, in genere devono essere chierici. Tuttavia le conferenze episcopali possono permettere che in caso di necessità anche dei laici possano essere nominati giudici, anche donne. L’impiego di donne laiche si ha quando si tratta di ricoprire l’ufficio di difensore del vincolo di notaio e di cancelliere, anche le donne possono svolgere queste funzioni ma non che le svolgano in maniera privata. Anche le donne possono svolgere la funzione di assessori e uditori che coadiuvano i giudici nella assunzione delle prove. A Milano il tribunale ecclesiastico è in piazza Fontana. Al posto dei singoli tribunali diocesani, possono essere costituiti, per trattare di tutte le materie, o solo di determinate materie, da più vescovi diocesani insieme un unico tribunale interdiocesano, tra 2 o più diocesi, o un tribunale regionale, composti rispettivamente o da giudici interdiocesani o da giudici regionali che vengono nominati per ricoprire questo ufficio. Promotore di giustizia Deve essere costituito presso ogni tribunale ecclesiastico per svolgere il suo compito di tutela del bene pubblico, nel processo penale ma anche in quello contenzioso nel quale si siano prospettate questioni relative al bene pubblico. Nell’ambito del processo matrimoniale il suo ruolo si riduce nel potere/dovere di iniziare la causa di nullità, accusando il matrimonio, nel caso in cui la notizia di tale nullità sia stata divulgata e vi sia inerzia dei coniugi --> caso veramente raro. Difensore del vincolo, defensor vinculi Questa figura deve essere nominata presso ogni tribunale ecclesiastico e interviene nelle cause nelle quali si discute della nullità o dello scioglimento di un matrimonio. Quale è la funzione di questo? Se i coniugi accusano il matrimonio il difensore del vincolo lo difende. Nell’ambito della materia matrimoniale il difensore deve proporre tutto ciò che può dedursi contro la nullità o lo scioglimento del matrimonio. Soprattutto nei casi in cui agisca una sola delle parti e sia difesa sa un avvocato che sostiene la tesi dell’invalidità il vero contraddittorio si istaura tra attore/attrice e suo avvocato che si chiama patrono vs difensore del vincolo, che ha la stessa posizione delle parti private e dei loro avvocati. Si avrà nullità degli atti processuali quando il difensore del vincolo non è stato citato a intervenire nelle cause matrimoniali, ove si richiede la sua presenza per la formazione di quegli atti che comportano la sua necessaria partecipazione. Questa ipotesi di nullità può essere sanata quando il difensore del vincolo, pur non essendo stato citato, è intervenuto di fatto o quando egli abbia potuto vedere gli atti di causa prima della emissione della sentenza, presentando ad esempio le sue osservazioni. Il codice attuale, a differenza di quello del 1917, con riguarda a questa figura ne esaltava una certa superiorità rispetto alle parti private, per certi aspetti e poteri esso si distaccava dalle parti private. Oggi non è più così anche se qualche retaggio è rimasto della vecchia normativa. Es. mentre il diritto dell’avvocato di essere presente all’escussione dei testi può essere limitato dal giudice, nessuna limitazione può essere imposta invece al difensore del vincolo. Inoltre, nella fase dibattimentale il difensore del vincolo può replicare alle risposte delle parti private e dei loro avvocati; quindi, può avere “l’ultima parola” in questa fase. Di recente, 2005, una istruzione, dignitas connubi, ha attribuito anche al difensore del vincolo altra funzione: vigilare che le perizie si fondino sull’antropologia cristiana e siano eseguite in modo scientifico. Quali sono i requisiti per potere essere nominati difensore del vincolo o promotore di giustizia? Funzioni che sono ricoperti da soggetti di integra fama che abbiano un dottorato o almeno la licenza in diritto canonico e che abbiano iustitia e zelo, che si siano distinti per prudenza e amore della giustizia. La nomina viene in genere effettuata dal moderatore del tribunale, e cioè dal vescovo per il tribunale diocesano e dal metropolita per i tribunali regionali. Notaio, notarius Presenza indispensabile presso i tribunali. Funzionario del tribunale che redige i verbali delle udienze, verbali, e che da a questi fede pubblica in diritto canonico. Svolge le stesse funzioni che il cancelliere svolge nei tribunali dello stato. Nella prassi italiana questa funzione è generalmente affidata a persone di sesso femminile, anche per i notai ecclesiastici si richiede buona fame e probi costumi, e anche la conservazione del segreto sulle vicende processuali di cui si occupano. Avvocati e procuratori Anche nel diritto canonico si distingue la figura del procuratore, che ha la funzione di rappresentare la parte in giudizio, e dell’avvocato che presta per la parte stessa la difesa tecnica. In genere le due figure di fatto coincidono con la figura del patrono che assume la rappresentanza e la difesa della parte. Da ogni parte può essere costituito un solo procuratore mentre per la difesa tecnica possono essere nominati più avvocati. In Italia la conferenza episcopale determina anche le tariffe forensi e le spese giudiziali. Per assumere la funzione di procuratore, presso i tribunali ecclesiastici, non sono previsti particolari requisiti tranne che la maggiore età e la buona fama, non è richiesto nemmeno che il procuratore appartenga alla chiesa cattolica. L’avvocato invece deve essere cattolico, salvo facoltà del vescovo di ammettere non cattolici, e deve essere esperto in diritto canonico, è necessaria anche l’approvazione del vescovo diocesano o del moderatore del tribunale regionale. Particolari requisiti sono richiesti per la nomina degli avvocati per i tribunali pontifici. L’assistenza di un avvocato è obbligatoria in campo penale, non nell’ambito del giudizio contenzioso, ivi compreso quello matrimoniale. Mentre da un lato sussiste il diritto della parte a scegliere liberamente il proprio avvocato, se difendersi personalmente o no, in alcuni casi però l’assistenza è obbligatoria, anche quando sorgano questioni relative a minori o quando si controverta su questioni inerenti al bene pubblico, fatta eccezione per le questioni matrimoniali. Di fatto mentre in alcuni luoghi, come in Italia, nell’ambito delle cause di nullità matrimoniale, almeno la parte che agisce è assistita da un avvocato di fiducia o di ufficio o pubblico), negli altri paesi l’avvocato interviene quando si tratti di cause di particolare difficoltà. Questo perché la chiesa è sparsa su tutta la terra e la difesa in questi giudizi è assicurata da sacerdoti. 22/02/2022 Processo matrimoniale canonico, quello ordinario, è una forma speciale di processo, infatti si trova nel codice dove c’è la parte dei codici speciali, inserito nella parte 3 del titolo primo, capitolo 1 del libro settimo del codice, dal canone 1671 al 1691canoni hanno subito delle modifiche con motu proprio da papa Francesco nel 2015. Canone 1671: si ricava il principio secondo cui le cause di nullità matrimoniale dei battezzati ricadono per diritto proprio sotto la competenza dei tribunali ecclesiastici § 1. Le cause matrimoniali dei battezzati per diritto proprio spettano al giudice ecclesiastico. Mentre paragrafo 2: si ricava che le cause relative agli effetti civili e matrimoniali spettano al giudice civile. § 2. Le cause sugli effetti puramente civili del matrimonio spettano al magistrato civile, a meno che il diritto particolare non stabilisca che le medesime cause, qualora siano trattate incidentalmente e accessoriamente, possano essere esaminate e decise dal giudice ecclesiastico  In Italia gli effetti civili e matrimoniali vengono definiti dai tribunali dello stato nel contesto delle cause di separazione o di divorzio. Per quanto riguarda il foro ecclesiastico, quindi l’individuazione del tribunale ecclesiastico competente bisogna sottolineare che al romano pontefice spettano come diritto esclusivo, quelle cause di nullità matrimoniale in matrimoni canonici di coloro che esercitano la suprema autorità nello stato la ragione di questa riserva evita situazioni di imbarazzo e/o di sospetta parzialità in cui si troverebbe un tribunale ecclesiastico che dovesse giudicare la validità di un matrimonio contratto da un monarca o dal capo di stato nel quale quel processo si svolge. Come individuare il tribunale competente? Tra tutti i tribunali di prima istanza competenti occorre che la parte interessata, l’attore, si rivolga volta per volta al tribunale localmente competente per quel caso concreto. Per individuare il foro competente ci sono dei criteri di competenza a cui corrispondono tre tribunali competenti nel canone 1672 codice canonico: individua 3 criteri di competenza, la causa matrimoniale è competente: 1) Tribunale del luogo in cui il matrimonio è stato celebrato, forum loci contractus. 2) Tribunale in cui uno o entrambe le parti hanno o quasi il domicilio canonico. 3) Tribunale del luogo in cui di fatto si deve raccogliere la maggior parte delle prove. I tre tribunali sono relativi, concorrenti ed equivalenti fra di loro e alternativi alla facoltà di scelta tra le parti; Tuttavia, in ogni caso è sempre necessario che sia salvaguardato il principio di prossimità tra le parti e il giudice, Questo principio non riguarda solo la vicinanza geografica tra chi richiede la nullità e il tribunale a cui si rivolge ma deve essere inteso come criterio che consenta di favorire il più possibile sia l’intervento del giudizio del convenuto sia a garantire una modalità di azione finalizzata a rendere il processo il più comprensibile e chiaro per tutti i soggetti interessati. E se entrambi le parti si rivolgono a due tribunali diversi? In questo caso il codice canonico ci dà la soluzione con il criterio della prevenzione in base al quale ha diritto di giudicare la causa quel tribunale che per primo ha citato legittimamente la parte convenuta. Non chi è stato adito per primo, ma chi per primo ha citato il convenuto. Oltre a questa cause riservate in prima istanza al sommo pontefice e tribunali pontifici ve ne possono essere altre ma il canone 1417 prevede che in virtù del primato del romano pontefice qualunque fedele può introdurre presso la santa sede e i suoi tribunali qualsiasi causa incluse quelle matrimoniali di primo grado e in sede di appello. Alla citazione viene allegata anche una copia del livello, così facendo il convenuto potrà scegliere se effettivamente oppure, se rimettersi ai motivi indicati dall’attore, oppure restare indifferente. In alcuni casi il diritto canonico prevede anche che il giudice che emana il decreto di citazione possa decidere, se ricorrono gravi cause, di non far conoscere il livello al convenuto, finché questi non abbia deposto in tribunale. Il decreto di citazione è importante perché con questa si ha l’avvio ufficiale della causa, ovvero la sua pendenza. Inizia quell’iter procedurale che si concluderà con una sentenza. Vi sono anche dei casi in cui la pendenza del processo potrà interrompersi: tipico caso morte della parte= causa potrà comunque essere riassunta, es dagli eredi o da chi ne ha interesse. Altro motivo di interruzione o sospensione del giudizio venir meno del tutore o curatore di una delle parti i quali, affinché la causa possa continuare, dovranno essere sostituiti. Altro motivo di sospensione= quando nella fase istruttoria emerge il dubbio probabile che il matrimonio non sia stato consumato. In tale caso il tribunale, se le parti sono d’accordo, sospende la causa e compie l’istruttoria per la concessione da parte del romano pontefice della dispensa di matrimonio rato e non consumato, trasmettendo gli atti, unitamente alla domanda di dispensa di una dei coniugi e anche al parere del vescovo, alla sede apostolica. L’istanza si può estinguere per perensione= senza che esista valido impedimento per 6 mesi non sia stato posto in essere alcun atto processuale. Tale perensione è dichiarata d’ufficio dal giudice. Altra ipotesi di estinzione= rinuncia (alla domanda) per istanza l’attore può rinunciare all’istanza in ogni stato e grado del giudizio a condizione che tale rinuncia sia sottoscritta dall’attore o dal suo procuratore e purché questa rinuncia sia notificata o comunicata all’altra parte, la quale deve accertarla e non deve ad essa opporsi. Se il convenuto si oppone alla rinuncia allora la causa proseguirà fino alla sentenza. L’attore può anche rinunciare a singoli atti del processo potrà rinunciare ad alcune delle richieste istruttorie avanzate. Di questa facoltà dell’attore di rinunciare all’istanza l’attore può avvalersi anche quando nel corso della fase istruttoria appaia evidente e certa l’impossibilità che in base alle prove raccolte il giudice possa raggiungere quella certezza morale necessaria per emettere una sentenza di nullità. Quindi l’attore, anziché procedere verso uno scontato esito negativo, comprende che la sentenza sarà a favore della validità del vincolo, preferisce far cessare l’istanza. Una volta avviata la funzione giudiziaria, attraverso la citazione, l’istanza prende corpo e il processo inizia a svolgersi prima che siano definiti compiutamente i termini della controversia possono sorgere determinate questioni preliminari. Quindi il giudice dovrà ad esempio verificare che sia stato effettuato il deposito cauzionale per le spese di giustizia, o dovrà deliberare l’accoglimento totale o parziale della richiesta di gratuito patrocinio, avanzato dalle parti non abbienti. Altra questione preliminare: nomina della parte convenuta qualora questo possa supporsi incapace. Di regola, l’esatta definizione dei termini della questione, si realizza attraverso il cosiddetto decreto di concordanza del dubbio. Questo decreto fa seguito a quelle contrastanti richieste e risposte delle parti espresse sia nel livello con l’attore sia dal convenuto. Il vicario giudiziale, trascorsi 15 gg dalla citazione procede alla concordanza del dubbio entro i successivi 10 gg, fissandone con decreto la formula. Quando il giudice stesso lo ritiene opportuno, perché si tratta di una causa particolarmente complessa, può convocare le parti dinanzi a sé per procedere in contradditorio tra le stesse alla concordanza del dubbio. Nello stesso decreto di concordanza del dubbio, il giudice dovrà anche stabilire se la causa dovrà trattarsi con procedimento ordinario o processo brevior. (Solitamente, quando viene emesso il decreto di ammissione del livello, con lo stesso decreto si fa anche ammissione. Solitamente i decreti sono due: decreto di concordanza del dubbio e di ammissione del livello Perché solitamente il tribunale ecclesiastico regionale lombardo con il decreto di ammissione del livello fa anche la citazione del convenuto quindi un unico decreto.) Il vicario giudiziale potrà stabilire come la causa si dovrà trattare. Se la causa dovrà essere trattata con processo ordinario, il giudice provvederà a ordinare il turno di giudici che dovrà trattare la causa. Il decreto di concordanza del dubbio dovrà essere notificato alle parti, le quali hanno 10gg di tempo per ricorrere al collegio nel caso di processo ordinario. La questione oggetto del processo deve risultare chiara dalla formula del dubbio. Occorre specificare per quali capi/motivo/motivi si dubita della validità del matrimonio. Il dubbio può quindi essere così formulato: se consti nel caso di specie della nullità del matrimonio per timore incusso all’attore o per l’errore dell’attore stesso su una qualità della controparte Perché è importante il decreto di concordanza del dubbio? Una volta definito il dubbio i termini della controversia non possono più essere modificati, se non si richiede un rinnovo della concordanza del dubbio da farsi mediante decreto del giudice e solo per gravi motivi, una volta ascoltate le ragioni delle parti. Come può comportarsi il convenuto una volta ricevuta la citazione? La parte convenuta pur essendo stata citata potrebbe restare indifferente: potrebbe non rispondere e non comparire. Il giudice, dopo aver verificato che la parte abbia ricevuto la convocazione, la dichiarerà assente o contumace e disporrà che comunque la causa abbia corso fino alla sentenza nonostante tale assenza. La parte dichiarata assente, potrà sempre far valere le sue azioni intervenendo nel giudizio e presentando le sue prove e le sue ragioni. Alla parte contumace dovranno comunque essere notificati alcuni atti del giudizio: sentenza definitiva e la formula del dubbio. Con questo abbiamo esaurito una fase di carattere introduttiva. Iniziamo la fase istruttoria. Caratterizzata dalla presenza della iniziativa officiosa del giudice, ovvero dagli ampi poteri che il giudice esercita di ufficio, la fase istruttoria è quella fase del processo destinata alla acquisizione delle prove in base alle quali il giudice potrà decidere la causa da emettere nella sentenza. L’istruttoria è formata da una serie di principi. 1) Prevalenza del principio inquisitorio su quello dispositivo: una volta introdotta la causa il giudice può procedere d’ufficio giungendo anche a supplire la carente negligenza delle parti nel richiedere o fornire mezzi di prova 2) Predominanza della scrittura sulla oralità: gli atti del giudizio devono essere redatti per iscritto anche quando, nella raccolta delle testimonianze, ad esempio, è ammesso l’uso di un registratore, anche in questo caso le testimonianze devono comunque essere trascritte e sottoscritte da chi depone. 3) Limitata pubblicità di processo degli atti: la nuova codificazione però ha innovato rispetto alla previgente del 17. Il codice dell’83 introduce il principio della pubblicità sia con riguardo alla semplice raccolta dei mezzi di prova sia con riguardo alle risultanze istruttorie. 4) Sono previste alcune limitazioni a questo principio nel codice dell’83, ad esempio all’interrogazione delle parti, o all’esame dei testi e dei periti, sono ammessi il difensore del vincolo, i patroni delle parti, se intervenuto anche il patrono di giustizia ma non alle parti. Questi soggetti possono anche prendere visione degli atti ancora prima che venga disposta l’istruttoria. Le parti, una volta conclusa la raccolta del materiale probatoria delle prove, devono essere messi in grado dal giudice di venirne a conoscenza insieme con i loro avvocati, che possono anche ottenerne copia, conoscenza prevista a prova di nullità. In che modalità le parti vengono messi a conoscenza del materiale probatorio raccolto? Il giudice emette il decreto di pubblicazione degli atti In alcuni casi il giudice può limitare questo diritto di prendere conoscenza: stabilendo che in determinate circostanze si debba procedere all’esami delle parti e dei periti senza l’assistenza degli avvocati e dei procuratori, sia disponendo che allo scopo di evitare gravissimi inconvenienti, che qualche atto non si debba far conoscere a nessuno, contemperando queste esigenze con il diritto di difesa del convenuto. Regola secondo la quale incombe sull’attore l’onore di portare le prove a dimostrazione di ciò che asserisce. Non hanno bisogno di prova i fatti presunti dal diritto, ovvero i fatti che sono affermati da una delle parti e che siano ammessi dall’altra. Onore delle prove incombe sull’attore e tale onore è particolarmente gravoso nel diritto canonico, questo perché vige la presunzione di validità del matrimonio stesso, non sarà semplice vincere tale presunzione di validità, tenendo conto che in caso di incertezza il tribunale dovrà decidere per la validità del vincolo. Se l’attore non riesce a superare questa presunzione con le prove addotte il tribunale dichiarerà valido il matrimonio. Nel diritto canonico non esistono predeterminati limiti di ammissibilità delle prove, nel diritto canonico e nel processo matrimoniale canonico la prova è libera. Canone 1527 Possono essere addotte prove di qualunque genere, che sembrino utili per esaminare la causa e siano lecite. §2. Se una parte fa istanza perché una prova rifiutata dal giudice venga ammessa, il giudice definisca la cosa con la massima celerità. Il giudizio sulla utilità spetta al giudice, il quale deve raggiungere la certezza morale circa la nullità del matrimonio, solo così lo potrà dichiarare nullo. Possiamo distinguere diverse tipologie di prove: - Prove dirette - Prove indirette - Prove piene - Prove non piene - Prove giudiziali Prove extragiudiziali Prove dirette Tipico esempio medico non può essere costretto a esibire documenti che violino il segreto professionale. Qualora un documento sia comune ad entrambe le parti ma in possesso di una sola si esse, il giudice può ordinare a quest’ultima l’esibizione del documento comune, e trarne argomenti di prova dal fatto che la parte a cui è stato dato ordine (ordinata) non esegua ordine e non adduca vari argomenti. (quando il rifiuto non è accompagnato da una valida giustificazione) Prova significativa: prova peritale o perizia Questo importante mezzo di prova trova la sua regolamentazione sia nel codice sia nella istruzione dignitas connubi. All’opera del perito si ricorre ogni qual volta che per la prova di un fatto, e per l’adeguata conoscenza di questo fatto, è necessario utilizzare determinate condizioni scientifiche o peculiari criteri di carattere tecnico posseduti da alcuni soggetti. La perizia è finalizzata a conoscere la vera natura di un fatto e di una cosa. Particolare importanza assume la perizia nelle cause di nullità matrimoniale perché il codice prevede che nelle cause, ad esempio, in materia di impotenza o difetto di consenso per malattia mentale o per anomalia di natura psichica, il giudice, in questi specifici casi, si serve dell’opera di uno o più periti a meno che ciò appaia evidentemente inutile per esempio quando incapacità per vizio di mente sia evidente. La perizia è una prova posta nella disponibilità del magistrato, del giudice. Nominando il perito, il giudice acquisisce un prezioso aiuto, tuttavia è chiaro che limita in qualche misura anche la sua libertà di decisione. Questo perché? Il giudice se richiede la perizia dovrà adeguarsi a questa. Tuttavia, ciò non è proprio del tutto vero perché il giudice si dice “peritus peritorum”, sempre il signore delle controversie, non necessariamente quindi dovrà adeguarsi alla perizia. Ma ovviamente se non possiede cognizioni tecniche dovrà tenere conto della stessa e non potrà ignorarla. Nei casi particolarmente difficile e dubbi circa la nullità e validità del matrimonio accusato il giudice può nominare anche plurimi periti. Ciò che però è importante sottolineare è che spetta al giudice istruttore nominare i periti o il perito e ciò lo può fare d’ufficio, udite le parti, oppure anche su proposta delle parti stesse, oppure accettare perizie già fatte da altri periti. Come avviene la nomina del perito? Il giudice nomina il perito, notifica alle parti il nome del perito e ciò per consentire alle parti di opporre eventuali eccezioni. Se è vero che la facoltà di nomina del perito spetta al giudice nel processo, è anche vero che le parti possono affiancare al perito d’ufficio propri periti privati o periti di parte, i quali devono essere approvati anch’essi dal giudice. Cosa deve fare il perito nominato dal giudice? Una volta che il giudice ha nominato il perito, ne ha notificato il nome alle parti, anche in base alle allegazioni he le parti hanno fatto nei propri scritti difensivi, il giudice con un proprio decreto fissi i singoli punti (quesiti) sui quali il perito dovrà svolgere la sua opera. Il perito dovrà precisare il tipo di malattia di cui è afflitto il soggetto da periziare e l’incidenza di questa malattia sulla sua capacità sessuale e psichica. Per fare ciò al perito dovranno essere trasmessi atti di causa e documenti di causa a sussidio della sua attività, ovvero affinché egli possa svolgere correttamente il suo compito. La perizia non può protrarsi all’infinito e al perito il giudice dovrà assegnare un termine entro il quale espletare la perizia e depositare la relazione peritale. Ogni perito, sia che sia uno o più di uno dovrà presentare la propria relazione, se sono più di due ognuno dovrà presentare la sua relazione. Come giunge il perito a svolgere la sua relazione? nella relazione il perito dovrà indicare chiaramente come abbia proceduto ad identificare le persone da periziare, secondo quale metodo, e secondo quale criterio abbia espletato il mandato ricevuto, su quali fonti e documenti o altri elementi egli si sia basato e soprattutto quali sono le ragioni che fondano le sue conclusioni. Il giudice ha la facoltà di convocare i periti in tribunale qualora abbia necessità di chiarimenti, anche le parti ovvero i patroni possono partecipare all’udienza in cui verrà acquisita la perizia. Per l’opera espletata il perito avrà diritto a un onorario. Chi può essere nominato perito? tutti quei soggetti che possiedano i necessari requisiti, titoli di studio, che siano iscritti negli appositi albi, se esistono, persone che godano di buona fama, persone che non si pongano manifestamente in contrasto con i principi cattolici. Officiato stabilmente presso il tribunale= può trattarsi di persone che collaborino una tantum o ad esperimentum. Talvolta unitamente al libello viene prodotta (è la prassi) le parti producono una perizia previa che può essere ad esempio di carattere medico, per essere più credibile nella propria domanda. Altri mezzi di prova possono essere: accesso e la ricognizione giudiziale. Possono essere disposte dal giudice quando egli ritenga opportuno o necessario accedere a un luogo o ispezionare qualcosa. Tipico esempio di prova indiretta: presunzioni Costituiscono mezzo di prova tanto nel processo canonico quanto in quello civile. Una presunzione è una congettura, una supposizione probabile, di una cosa incerta. Mezzo di prova che viene offerta attraverso un procedimento logico con il quale in base all’esperienza comune, o a una valutazione, si arriva a quella supposizione probabile dell’esistenza di un fatto. La presunzione è il tipico esempio di prova indiretta, se viene operata dal giudice viene definita presunzione hominis, se p stabilita dalla legge si definisce presunzione iuris. Nel campo del diritto matrimoniale esistono importanti presunzioni del diritto, ovvero stabilite dalla legge es. si presume che nella celebrazione del matrimonio il consenso esteriore sia conforme alle parole e ai gesti utilizzati per esprimerlo. Si presume che il matrimonio sia stata consumato quando i coniugi hanno coabitato dopo la celebrazione. Le presunzioni di diritto possono a loro volta essere: - Presunzioni iuris tantum= hanno effetto di liberare semplicemente la parte dall’onore della prova (senza impedire che l’altra parte possa offrire prova contraria) per la quale risultano favorevoli. - presunzioni iuris et de iure= presunzioni per cui non è ammessa la prova contraria. L’istruzione dignitas connubi ha introdotta una regola specifica in materia di presunzioni, in basse alla quale il giudice non deve formulare presunzioni discordanti da quelle elaborate dalla giurisprudenza della rota romana. Chiuso il tema mezzo di prova. Ritorniamo alla fase istruttoria: come si chiude? Si chiude sempre con un decreto: decreto di pubblicazione degli atti Con questo si rende possibile a tutti i protagonisti del processo di avere un quadro completo di tutte le prove che sono state raccolte sino a quel momento. Questo decreto in genere esaurisce la fase istruttoria ma tuttavia può anche non segnare la definitiva conclusione della stessa. Perché? perché il codice prevede che la parti, dopo aver preso contezza delle risultanze probatorie fino a quel momento raccolte, possono proporre al giudice un supplemento di istruttoria. Se il giudice acconsente si darà luogo a una nuova pubblicazione degli atti È stabilito anche che dopo l’emanazione del decreto di conclusione della causa è possibile ammettere altre prove a determinate condizioni: - che vengano sentite le parti - ci sia un grave motivo 1) non sussistono pericoli di frode e processuale o subornazione (io vado dal mio testimone e gli dico “devi dire questo” 2) ci sia il rischio che non ammettendo quella prova la sentenza possa risultare ingiusta per carenza o inattendibilità delle altre prove 3) trattandosi di prova documentale la parte che doveva produrli non abbia potuto farlo prima di questo momento perché era impedito a farlo non per sua colpa 3/03/2022 Esaurita la fase istruttoria e raccolte le prove, qualora le parti in causa dichiarino di non avere più nulla da addurre, oppure il tempo che il giudice da alle parti per addurre scada, o se il giudice dovesse ritenere la causa sufficientemente istruita, il giudice con sua decreto dichiara conclusa la causa  decreto di conclusione della causa. Con questo decreto si chiude la fase istruttoria e si apre la fase di discussione della causa, nella quale sia le parti private, sia il difensore del vincolo devono svolgere le loro difese e presentare le rispettive osservazioni entro il termine assegnato dal tribunale. Queste osservazioni sono redatte per iscritto e assumono nome diverso a seconda che siano presentati dalle parti e dal difensore del vincolo. Le osservazioni delle parti o dei patroni assumono il nome di restrictus, quelli del difensore del vincolo animadversationes. Queste osservazioni vengono scambiate tra le parti: il tribunale provvede a comunicare alle parti le osservazioni del difensore del vincolo e così viceversa. Una volta avvenuto lo scambio degli scritti difensivi e delle osservazioni, è dato a tutti i partecipanti del processo il diritto di replica e per gravissimi motivi anche il diritto di contro revoca. Solo a difensore del vincolo è concesso il diritto di avere ultima parola con ulteriore risposta. È anche previsto la possibilità che con il consenso delle parti il tribunale disponga il luogo della trattazione scritta e la possibilità di discuterne in modo orale davanti al tribunale. Si apre ultima fase che è quella DECISORIA. Le cause di nullità matrimoniali sono decise con sentenza da un tribunale collegiale (3). Abbiamo parlato di terna giudicante. Di questo collegio di tre giudici fanno parte il presidente, il giudice che funge da relatore o anche “ponente” che è colui che dirige la sentenza e il giudice istruttore, colui a cui è stata affidata l’istruttoria. La terna giudicante si riunirà per decidere la causa nel giorno e nel luogo fissati dal presidente. Ogni giudice partecipa a questa udienza portando con sé anche per iscritto le proprie conclusioni circa il merito della controversia corredati dalle ragioni di diritto e di fatto. Queste conclusioni, che ogni giudice dovrà portare per iscritto in udienza, si chiamano “votum”. L’appello va posto con atto scritto o anche oralmente dalle parti o dai rispettivi patroni entro il termine di 15 gg utili da quando si ha avuta notizia della pubblicazione della sentenza. l’appello va proposto davanti al giudice che ha emesso la sentenza (giudice ad quod /ad que) manifestando la volontà di appellare al tribunale superiore. Appello può essere fatto per iscritto o oralmente. Se è fatto oralmente il notaio del tribunale deve redigerlo alla presenza dello stesso appellante. Se la parte non indica a quale tribunale l’appello dia diretto l’appello si presume fatto al tribunale regionale d’appello competente. Se entrambe le parti interpongono appello a tribunali diversi la competenza appartiene al tribunale superiore. Altro principio espresso dal codice è quello secondo cui l’appello presentato dal solo attore giova anche alla parte convenuta. Se una delle parti popone appello solo per un capo della sentenza, l’altra parte ha tempo per imporre un appello incidentale sugli altri capi non appellati. Ha tempo 15 gg dopo la notifica dell’appello principale. Se la parte appellante non specifica il capo della sentenza? L’appello si intende fatto contro tutti i capi contenuti nella sentenza. L’appello proposto davanti al giudice ad quo dovrà entro un mese essere continuato presso il giudice ad quem (giudice d’appello) prosecuzione dell’appello. Dopo proposto dovrà essere per forza anche perseguito. Per proseguire l’appello è necessario e sufficiente che la parte che ha appellato la sentenza richieda il ministero del giudice superiore affinché riformi la sentenza, la alleghi e indichi anche le ragioni dell’appello sia in diritto che in fatto. Nel frattempo, una volta interposto l’appello, sarà il giudice ad quo che trasmetterà gli altri al giudice di appello. Decorsi i 15 gg per l’interposizione dell’appello, o i 30 per la prosecuzione davanti giudice d’appello, l’appello di considera abbandonato. Tra le due fattispecie c’è una diversità - se non è interposto appello questo non è mai venuto in essere - se è interposto appello e manca la prosecuzione alcuni dicono che può dirsi “abbandonato” l’appello proposto ha di norma valore sospensivo= sospende efficacia e esecuzione del provvedimento appellato. Procedimento? Fasi dell’appello sono le stesse del processo di primo grado. Può accadere che questo schema subisca qualche complicazione, perché in casi eccezionali può essere che in appello sia richiesto un nuovo capo di nullità. In questo caso occorrerà inserire tale capo nella concordanza del dubbio e si dovrà svolgere l’istruttoria su questo nuovo capo. Secondo alcuni altro mezzo di impugnazione: revisione della causa. Nella tradizione canonistica le sentenze sullo stato delle persone non passano mai ingiudicate. le sentenze di nullità non è di annullamento: nel diritto canonico non esiste annullamento. Non è ammesso il mezzo di impugnazione straordinaria della restitutio in integrum perché presuppone che la sentenza sia passata in giudicata, ma è ammessa la possibilità di ottenere la revisione della causa. Questa deve però fondarsi su nuovi e gravi argomenti e non può essere giustificata se vengono ripresentati sempre gli stessi motivi, in questo ultimo caso la richiesta di revisione verrebbe già respinta subito nella fase in cui vengono vagliati la gravità degli argomenti. L’istanza di revisione può essere presentata in qualsiasi tempo al tribunale di terzo grado, e a differenza dell’appello la revisione non è idonea a sospendere l’esecuzione della sentenza dichiarativa di nullità, salvo che il tribunale superiore in casi eccezionale conceda la sospensione. Occorre che l’istanza venga proseguita allegando entro il termine perentorio di 30 gg della proposizione, allegando i nuovi e gravi elementi di prova. Il tribunale si pronuncerà sull’ammissibilità dell’istanza entro un mese dall’esibizione di queste prove. Querela di nullità. Rimedio che ha origini storiche antiche e può essere esperito in via generale per far fronte a gravi vizi formali e processuali che hanno investito l’iter processuale della sentenza ma anche per il caso della manifesta ingiustizia della decisone. Mentre per questi ultimi casi nel corso della storia si è adattato restituzio in integrum, la querela della nullità fu ridotta a pochi casi. Per l’ingiustizia della decisione, l’operatività fu ridotta ai primi casi quella della violazione formale. La restitutio in integrum non viene utilizzata. Il codice vigente ma anche quello dell’83 categorizza due tipologie di nullità della sentenza - nullità sanabili - nullità insanabili Nullità insanabili sono 8= la sentenza è affetta da nullità insanabile: - se è stata emanata da un giudice assolutamente incompetente - Se è stata emanata da un soggetto che difetti di giurisdizione nel tribunale in cui la causa è stata definita - Il giudice che ha emanato la sentenza lo abbia fatto sotto l’influsso di gravi minacce. - Che manchi il presupposto dell’istanza di parte o che il giudizio si è istaurato nei riguardi di ciascun convenuto - Manchi in almeno una delle parti la capacità o la legittimazione processuale. - Che vi sia un difetto di mandato in chi ha agito in nome altrui - Che sia stato negato a una delle parti il diritto di difesa - Che la controversia non sia stata definita neppure parzialmente. Nel caso di nullità insanabile la querela di nullità può essere proposta nel termine di 10 anni di pubblicazione della sentenza, se ciò però avviene come azione; senza limite di tempo se avviene come eccezione. Es. se io agisco contro una persona  eccezione, questa persona mi eccepisce azione, blocca azione: eccezione. Nullità sanabili Motivi di nullità sanabile sono 6 - Quando la sentenza non è stata emanata dal numero prescritto di giudici. - Quando la sentenza non rechi motivazione (difetto di motivazione) - Quando la sentenza non reca sottoscrizione - Quando la sentenza non reca anno mese luogo giorno in cui è stata emanata - Quando la sentenza si fonda su atto giudiziario nullo, la cui nullità non sia stata sanata. - Quando la sentenza sia stata pronunciata contro una parte dichiarata assente, qualora questa parte provi di essere stata impedita a partecipare da un motivo legittimo che non ha potuto dimostrare prima Legittima la parte interessata a proporre la nullità entro 3 (non lo so) mesi dalla pubblicazione della sentenza. Azione può essere proposta dalle parti, dal difensore… (bo) La sentenza nulla non può essere appellata è possibile proporre querela di nullità insieme all’appello. Chiuso processo di primo grado ordinario. Nel 2015 dopo i sinodi di quel periodo, il papa con motu proprio riforma il processo matrimoniale. Il pontefice introduce una procedura di nullità più breve: PROCESSO BREVIOR Il papa è stato indotto a introdurre tale procedura valorizzando una serie di principi che possiamo individuare in 5 principi: - La celerità - La semplicità - La prossimità del giudice alle parti - L’economicità - Sollecitudine della chiesa. La procedura breve è caratterizzata da una concentrazione degli adempimenti istruttori all’esito dei quali le emissioni della sentenza è demandata al vescovo diocesano. (celerità semplicità e prossimità). Il vescovo è titolare della funzione giudiziaria nella sua diocesi, insieme alle altre 2. Esercita tale funzione sia personalmente sia in via vicaria. La novità, relativamente alla funzione giurisdizionale del vescovo, consiste in una maggiore valorizzazione della sua funzione e della sua responsabilità quale giudice nato dei fedeli. Il recupero del ruolo del vescovo è espressione sia della vicinanza del giudice alle parti ma anche della celerità del procedimento. Il principio della prossimità è soddisfatto dal coinvolgimento del vescovo stesso in quanto questo è pastore dei due coniugi. Il principio della celerità si esprime in una maggiore rapidità degli adempimenti processuali già a partire dai presupposti che legittimano l’azione in questa tipologia di processo 8/03/2022 Lezione scorse terminato processo ordinario e visto impugnazioni. Abbiamo iniziato a vedere il processo breve, introdotto da papa Francesco nel 2015 con il motu proprio mitis iudex Principi sui quali si basano le nuove norme: celerità, semplicità, prossimità del giudice alle parti, l’economicità e sollecitudine alla chiesa. Si tratta di un processo sommario, caratterizzato dalla rapidità e dalla maggiore concentrazione degli adempimenti processuali rispetto al giudizio ordinario, e questa maggiore rapidità si realizza già a partire dai presupposti necessari per l’avvio del processo brevior. Procedimento di tipo giudiziale a cognizione sommaria che può introdursi esclusivamente al verificarsi di alcune condizioni formali e sostanziali individuate dal canone 1683 del codice. Allo stesso Vescovo diocesano compete giudicare le cause di nullità del matrimonio con il processo più breve ogniqualvolta: 1° la domanda sia proposta da entrambi i coniugi o da uno di essi, col consenso dell’altro; 2° ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione più accurata, e rendano manifesta la nullità. Potremmo dire che sono di cognizione del vescovo solo quei casi di nullità più evidente, quei casi di nullità immediatamente dimostrabile. Nel caso di vescovo che non ha autorità superiore, se non solo il romano pontefice, si appellerà al vescovo stabilmente designato o alla rota romana Canone 1687 § 3. Contro la sentenza del Vescovo si dà appello al Metropolita o alla Rota Romana; se la sentenza è stata emessa dal Metropolita, si dà appello al suffraganeo più anziano; e contro la sentenza di altro Vescovo che non ha un’autorità superiore sotto il Romano Pontefice, si dà appello al Vescovo da esso stabilmente designato. § 4. Se l’appello evidentemente appare meramente dilatorio, il Metropolita o il Vescovo di cui al § 3, o il Decano della Rota Romana, lo rigetti a limine con un suo decreto; se invece l’appello è ammesso, si rimetta la causa all’esame ordinario di secondo grado. Paragrafo 4 studialo. Quanto alla querela di nullità, tale mezzo di impugnazione può essere esperita. 10/03/2022 Processo matrimoniale breve terminato Ulteriore strumento per interpretare il codice era il regolamento. Altra tipologia di processo matrimoniale PROCESSO DOCUMENTALE Processo amministrativo in materia documentale. Processo documentale può comunque definirsi processo, perché anche in questa tipologia di processo è assicurata alle parti la possibilità del contraddittorio. Possiamo anche dire che questa tipologia di processo sostanzialmente, anche se non formalmente, è un processo di carattere amministrativo. Questo perché sono comunque assicurate alcune formalità tipiche del processo giudiziario, non tutte. Delle formalità tipiche del processo, in questa fattispecie processuale restano solo il momento della citazione (momento inziale) e l’emanazione della sentenza da parte del giudice (momento finale). Nel processo ordinario, l’organo giudicante era un organo collegiale composto da 3 giudici. In questa tipologia di processo vi è un giudice unico. Anche questa è una procedura semplificata rispetto al processo ordinario, e questa procedura per potersi svolgere richiede alcune condizioni: - Richiede che la pretesa nullità non si fondi su un difetto o vizio del consenso. - L’asserita nullità dipenda dalla sussistenza di un impedimento dirimente o da un difetto di forma o dal difetto di un valido mandato procuratorio nel caso di un matrimonio che procura e tutte queste condizioni risultino in modo certo da un documento contro il quale nessuno abbia sollevato eccezioni o obiezioni. Nell’ipotesi dell’impedimento o del difetto di forma deve risultare con certezza che non sia stata concessa dispensa. Differenza tra impedimento dirimente e impedimento impediente? Impedimento dirimente rende il matrimonio nullo. Impedimento impediente rende il matrimonio illecito, ma non nullo  atto con cui si può superare impedimento= licenza Dispensa= atto con cui si supera matrimonio dirimente. Nel codice vigente non è portata questa distinzione, ma la categoria degli impedimenti impediente esiste ancora. Un esempio di questo età. In realtà ha una duplice natura (dirimente e impediente) chi contrae al di sotto dei 14 o 16 contrae invalidamente. Tuttavia, in virtù di una norma ci potrebbe essere situazione di illiceità. Chi contrae (donna 13 uomo 17) il matrimonio è invalido. Chi contrae (donna 14 uomo 16) valido per la chiesa ma è illecito affinché sia lecito occorre licenza dell’ordinario del luogo. Pronuncia all’esito del processo documentale è ammesso appello sia dal difensore del vincolo, sia dalla parte che si ritiene gravata. Anche in seconda istanza (appello) l’accertamento è condotta da un giudice che con l’intervento del difensore del vincolo e sentite le parti deciderà la conseguenza. Perché si chiama documentale? Perché si basa su un documento. Quali sono i vizi del consenso? E come si suddividono i vizi e impedimenti matrimoniali? La nullità del matrimonio può essere dichiarata per vizi che riguardano la capacitas o vizi che riguardano il consenso matrimoniale. Consenso: simulazione Vizi relativi alla forma: forma ordinaria e straordinaria del matrimonio. PROCESSO AMMINISTRATIVO Una deroga al processo ordinario è il processo amministrativo. Il diritto canonico prevede anche il caso in cui la dichiarazione di nullità matrimoniale è pronunciata sulla base di un procedimento amministrativo speciale. Chi è il giudice competente? Il congresso del supremo tribunale dell’assegnatura apostolica che decide con decreto esecutivo. Nel processo ordinario l’assegnatura ricordiamo che ha poteri limitati. Questa procedura in via amministrativa viene adottata quando vi è la certezza morale della nullità matrimoniale, ovvero quando questa unità matrimoniale risulti lampante ed evidente, senza che sia necessaria una più approfondita discussione o indagine e quando il caso oggetto dell’istanza sia pervenuto al tribunale apostolico nella sua funzione di alta vigilanza sulla retta amministrazione della giustizia. Questa tipologia di processo è rara in occidente. È una tipologia processuale che è più comune nei paesi di missione dove le articolazioni giurisdizionali della chiesa possono essere più carenti o manca del tutto. In questa tipologia di processo matrimoniale in via amministrativa decide un organo: congresso formato dal prefetto dell’assegnatura apostolica, dal segretario, da un referendario, dal difensore del vincolo e dal promotore di giustizia. Il congresso deicide con decreto definitivo, quindi. Non tutti i mezzi di impugnazione possono essere esperiti. Contro questo decreto è possibile esperire il rimedio della revisione della causa. Secondo alcuni autori, sarebbero anche ammissibili tutti quei rimedi esperibili avverso i decreti amministrativi. Effetti del matrimonio, in via molto generica: DIRITTI E DOVERI NASCENTI DAL CONIUGIO (rapporto matrimoniale) separazione tra coniugi e scioglimento del matrimonio. Effetti del matrimonio Questa materia non presenta molto interesse dal punto di vista giuridico canonico. Specialmente in un’epoca come la nostra il diritto civile è solito dare un’accurata regolamentazione delle conseguenze giuridiche e diritti e doveri che derivano dallo stato coniugale. Il nuovo codice si limita solo a sottolineare alcuni aspetti fondamentali, quali ad esempio il principio della parità dei coniugi e il reciproco diritto/dovere di mantenere la convivenza coniugale che connota normalmente la vera unione coniugale. Lo stesso codice di diritto canonico prevede tuttavia che una causa legittima possa esentare i coniugi da questa ultima obbligazione, ovvero dovere di convivenza, e quindi rendere giustificata la separazione, ovvero cessazione della convivenza coniugale. Questo pur restando inalterato il vincolo che unisce i coniugi. Cause legittime La principale causa legittima di separazione è l’adulterio. Il legislatore pur raccomandando a ciascun coniuge di non rifiutare il perdono alla parte adultera e quindi di non troncare la vita coniugale, riconosce tuttavia il diritto di far venire meno la convivenza nel caso di adulterio. Si tratta di una ipotesi di separazione perpetua, nel senso che essa non è destinata a cessare con il ravvedimento della parte adultera, potendo cessare solamente se il coniuge non adultero decida di ammettere quello adultero nuovamente alla vita coniugale. Solo se il coniuge non adultero rinuncia al suo ius separationis, diritto di ottenere separazione. Tuttavia, il legislatore canonico ha previsto molteplici condizioni perché l’adulterio possa effettivamente fare sorgere nel coniuge innocente lo ius separationis occorre che il coniuge non adultero non abbia perdonato la colpa tacitamente o espressamente. Occorre poi che il coniuge non adultero non abbia acconsentito all’adulterio, cioè non abbia dato motivo alla parte adulta di commettere l’adulterio. Occorre anche che il coniuge che esercita lo ius separationis non abbia a sua volta commesso adulterio. Per il diritto canonico due coniugi che si tradiscono vicendevolmente restano obbligati a vivere sotto lo stesso tetto coniugale. Anche questa materia, tuttavia, ha perso gran parte della sua rilevanza per il diritto canonico, ed è ormai lasciata alla competenza del diritto civile che predispone anche tutta una serie di tutele in materia di rapporti economici e anche dei doveri dei coniugi riguardo ai figli in caso di separazione. Il codice prevede che al di fuori dell’adulterio la separazione è giustificata quando uno dei due coniugi compromette gravemente il bene sia spirituale sia corporale dell’altro coniuge o della prole, oppure rende altrimenti troppo dura la vita coniugale. Canone 1153 §1. Se uno dei coniugi compromette gravemente il bene sia spirituale sia corporale dell'altro o della prole, oppure rende altrimenti troppo dura la vita comune, dà all'altro una causa legittima per separarsi, per decreto dell'Ordinario del luogo e anche per decisione propria, se vi è pericolo nell'attesa. §2. In tutti i casi, cessata la causa della separazione, si deve ricostituire la convivenza coniugale, a meno che non sia stabilito diversamente dall'autorità ecclesiastica. Una formulazione del genere si presta a ricomprendere le più disparate cause che potrebbero giustificare la separazione. Gli studiosi hanno tentato di dare un perimetro alla norma. Si è detto che in ogni caso deve trattarsi di cause imputabili specificamente a uno dei coniugi. Il diritto canonico, a differenza di molti ordinamenti civili, si è incentrato, in questa materia, sul principio che la separazione può essere legittimamente disposta soltanto a titolo di colpa, in presenza di un comportamento contrario ai doveri propri dello status matrimoniale. La stessa congregazione dell’ex santo uffizio era arrivata a ritenere regolarmente consumato il matrimonio che aveva visto la consumazione quando uno dei coniugi era riuscito a compiere la copula coniugale usando mezzi afrodisiaci tali da togliere l’uso della ragione all’altro coniuge. Anche la giurisprudenza confermava questa visione materiale della copula coniugale. Infatti, riteneva consumato il matrimonio anche nel caso di un atto di violenza compiuto dall’uomo nei confronti della donna. Anche l’autorevole dottrina non si distingueva in questa scia negativa, infatti giungeva alla conclusione che la consumazione del matrimonio esigeva esclusivamente un fatto esterno e quindi l’esistenza di un fatto meramente esterno rendeva perfetta la copula coniugale. Ecco perché il codice vigente fa riferimento a “modo umano”.  sottolinea che il matrimonio viene consumato solo quando i coniugi agiscono in modo consapevole e volontario. I documenti del Consilio sono 16 e il codice viene dopo, e da alcuni viene considerato come il 17esimo documenti. Il codice dell’83 non possiamo non guardarlo se non in parallelo al concilio vaticano II Espressione “umano modo” si presta anche a significato più ampio e si è osservato che l’umanità costituisce senz’altro qualcosa di più della mera volontarietà dell’atto coniugale, e che non potrebbe essere considerato umano il comportamento di chi agisce con odio e volontà di vendetta e intento di nuocere all’altro coniuge, e dunque che atto umano andrebbe più propriamente inteso come atto conferme alla dignità umana dei due coniugi. Atto che sia espressione della libera e spontanea donazione di sé all’altro, non unione qualsiasi e fugace, ma atto coniugale caratterizzato dall’elemento unitivo e dalla sua attitudine a trasmettere la vita. Per ottenere lo scioglimento del matrimonio, oltre alla mancata consumazione, occorre una giusta causa. Questo comporta una certa discrezionalità del soggetto che dovrà emettere una dispensa una valutazione. L’ordinamento canonico non riconosce ai coniugi il diritto allo scioglimento del matrimonio non consumato, ma soltanto una aspettativa di ottenere dal pontefice una dispensa, una concessione graziosa (grazia) che liberi dall’impegno assunto con la prestazione del consenso coniugale. La sede può anche rifiutare la concessione della dispensa, e quindi lo scioglimento del matrimonio. Es. la santa sede ha respinto la richiesta di scioglimento in un caso in cui i coniugi, pur non avendo consumato il matrimonio avevano comunque avuto un figlio  inseminazione artificiale. Questo perché la santa sede ha ritenuto che concedere la dispensa per questa situazione potesse creare scandalo o disorientamento nella comunità di battezzati. 15/03/2022 Matrimonio rato (matrimonio tra battezzati) e non consumato. Possibilità di scioglimento del matrimonio non rato, tra persone che non hanno ricevuto il battesimo e che non partecipano a quella grazia sacramentale che rende la loro unione matrimoniale così come concepita dalla chiesa. Il matrimonio, a prescindere che sia canonico o meno, è un istituto di diritto naturale, e l’indissolubilità di cui gode per diritto naturale il matrimonio non rato non può però arrivare a compromettere una serie di valori ritenuti di grado più elevato come ad esempio quelli riguardanti l’acquisizione, il mantenimento, l’accrescimento della fede cristiana in vista del fine supremo dell’ordinamento canonico che è la salus animarum. Quindi lo scioglimento in questi casi può essere giustificato solo in favorem fideim, solo quando si tratta di salvaguardare l’attaccamento alla vera fede. Nell’ambito di quest’unica ragione giustificatrice, il diritto canonico conosce diverse ipotesi di scioglimento. La prima ipotesi più antica che affonda le sue radici nella sacra scrittura è il cosiddetto privilegio paolino. Accanto a questa ipotesi ve ne sono altre che si sono andate progressivamente affermando nella storia della chiesa. Tuttavia, queste altre ipotesi diverse dal privilegio paolino si possono accumunare sotto un unico ombrello, questo per il fatto che sono tute direttamente ricollegabili alla suprema potestà del romano pontefice, ovvero a quella speciale potestà del tutto personale e non delegabile che compete al romano pontefice quale vicario di cristo in terra. Privilegio paolino La radice nelle sacra scritture su cui affonda questo è la prima lettera ai Corinzi capitolo 7 versetti 12-16 Agli altri dico io, non il Signore: se un nostro fratello ha la moglie non credente e questa consente a rimanere con lui, non la ripudi; 13 e una donna che abbia il marito non credente, se questi consente a rimanere con lei, non lo ripudi: 14 perché il marito non credente viene reso santo dalla moglie credente e la moglie non credente viene resa santa dal Prima lettera ai Corinzi p. Filippo Clerici e p. Silvano Fausti Trascrizione non rivista dagli autori 2 marito credente; altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi. 15 Ma se il non credente vuol separarsi, si separi; in queste circostanze il fratello o la sorella non sono soggetti a servitù; Dio vi ha chiamati alla pace! 16 E che sai tu, donna, se salverai il marito? O che ne sai tu, uomo, se salverai la moglie? Questa ipotesi di scioglimento di matrimonio mira a favorire quelle persone che dopo il matrimonio hanno abbracciato la religione cristiana, ma si vedono ostacolate o impedite nel loro cammino di fede dal comportamento dell’altro coniuge rimasto fuori dalla chiesa. Quindi: due coniugi si sposano, dopo il matrimonio uno di questi si converte e l’altro ostacola il coniuge a coltivare la sua fede. Si verifica una situazione in cui il bene della fede, quale valore superiore e strettamente connesso alla salvezza delle anime, viene a porsi in netto contrasto con l’indissolubilità, e dunque il primo dei valori, ovvero il bene della fede, prevale sull’indissolubilità giustificando il venir meno del vincolo coniugale. L’applicazione del privilegio paolino è subordinata al sussistere di precisi presupposti: - Deve trattarsi di un matrimonio celebrato tra due non battezzati - Occorre che uno dei due coniugi riceva il battesimo, anche in una confessione non cattolica - Che l’altro coniuge non battezzato non voglia più coabitare o con il coniuge battezzato oppure non voglia più coabitare con il coniuge non battezzato senza tenere un comportamento che risulti offensivo verso Dio, e quindi tale da pregiudicare i doveri morali e spirituali cui è tenuto il coniuge battezzato. In presenza di questa situazione di pregiudizio per la fede, purché non ne sia egli stesso colpevole, il coniuge battezzato acquista il diritto di passare a nuove nozze liberandosi dal precedente vincolo coniugale Il carattere di privilegio risulta evidente dal fatto che in questi casi non occorre provvedimento specifico che disciolga il vincolo coniugale ma si attua direttamente con la celebrazione di un successivo matrimonio da parte del battezzato; infatti, è soltanto il battezzato che ha diritto di godere del privilegio e decidere se utilizzarlo o meno. L’altra parte continuerà a restare vincolata al matrimonio sino a quando il coniuge non si determini a passare a nuove nozze. la situazione che giustifica l’operare del provvedimento paolino deve comunque essere accertata e a tal fine è previsto un procedimento sommario che consiste in una formale interpretazione, rivolta alla parte non convertita con la quali si chiede alla parte non convertita se anch’essa voglia ricevere il battesimo o se voglia coabitare con la parte battezzata pacificamente “sine contumelia creatoris”. Se la parte non battezzata risponde negativamente o non risponde entro il tempo stabilito nella interpellazione il battezzato acquista il diritto di contrare nuove nozze. L’interpellazione va eseguita di regola dall’autorità dell’ordinario (del luogo del coniuge convertito) ma qualora ciò non sia possibile può ritenersi lecito anche che l’interpellazione sia fatta proprio dal coniuge convertito in forma privata, a condizione che l’interpellazione e il suo esito risultino legittimamente in foro esterno. In alcuni casi l’interpellazione può essere anche omessa per dispensa dell’ordinario del luogo a condizione che da un processo extragiudiziale o sommario risulti che l’interpellazione non sia possibile o che sarebbe del tutto inutile farla. 17/03/2022 Scioglimento di matrimonio. Abbiamo suddiviso questa ipotesi in scioglimento rato e non rato. Accanto al privilegio paolino, in seguito ad alcuni provvedimenti pontifici del 1500 soprattutto emanati da alcuni pontefic,i si vennero a delineare diversi altre ipotesi di scioglimento del matrimonio. È vero che il matrimonio non rato non è sacramentale ma è comunque istituto di diritto naturale, ma quella indissolubilità di cui poggia il matrimonio non poteva prevaricare alcuni caratteri superiori come la fede. Anche in questi casi l’intento dei padri del 500 era quello che agevolare la conversione alla fede cristiana, eliminando quegli ostacoli che la permanenza in una situazione matrimoniale avrebbe potuto compromettere quel cammino verso la fede cristiana. Queste nuove e ulteriori ipotesi erano ricondotte però alla potestà del romano pontefice, il quale si riteneva che potesse intervenire sul vincolo coniugale anche in assenza dei presupposti tipici del P.P. L’intento di Paolo nel 1500 era diretto specialmente verso le missioni. Il codice del 17 fa un passo in più: estende a tutta la chiesa queste particolari concessioni pontificie e il nuovo codice dell’83 non solo le conserva nelle loro linee essenziali, ma le ha anche precisate e vi ha anche apportato qualche ulteriore ampliamento. Prima ipotesi di scioglimento. Ipotesi di poligamia Il poligamo, o la donna che ha più mariti, che si converte al cattolicesimo dovrebbe continuare, a rigore, a convivere soltanto con la prima moglie. Questo perché i matrimoni con le successive mogli sono da considerarsi nulli, questo per l’impedimento di legame derivante dal primo matrimonio. Se però questa condizione è particolarmente “dura”, ovvero difficoltosa per il marito, una volta battezzato, può scegliersi di tenere una qualunque delle successive mogli e celebrare con lei nuovamente il matrimonio, celebrazione che scioglie automaticamente il vincolo matrimoniale che lo unisce con il primo. E le altre mogli? Il codice prevede che le altre mogli debbano essere “dimesse” o allontanate. Il codice preveda anche che l’ordinario abbia cura che queste non sia abbandonate a sé stesse ma che si provveda alle loro necessità secondo giustizia, carità cristiana, ed equità naturale. Altra particolare ipotesi di scioglimento fu introdotta da Gregorio XIII nella seconda metà del 1500. questa ipotesi fu introdotta per quelle popolazioni africane o sudamericane che avevano cominciato a essere colpite da deportazioni ai fini di schiavitù. Questa fattispecie è stata mantenuta con opportune modificazioni anche dalla nuova codificazione. Anche oggi, anche la società moderna, purtroppo conosce ancora situazioni del genere. Il legislatore ha previsto che se uno dei due coniugi infedeli si converte, ricevendo il battesimo nella chiesa cattolica, ma non può riprendere la coabitazione con l’altro coniuge a causa di prigionia o persecuzione, canoni che si legano a questo tema, nell’articolazione della normativa ma anche nei concetti di base, rappresenta un radicale cambiamento rispetto alla normativa previgente. La riforma emanata da Papa Francesco è entrata in vigore l’8 dicembre 2021 e ha prodotto un cambio di prospettiva circa il modo di concepire il diritto penale nella chiesa. Possiamo dire che il sistema penale canonico ha cambiato completamente volto. La revisione dl codice è stata frutto di una lunga elaborazione. la revisione del codice XI del codice ha avuto origine già dal 2007 per volontà di Benedetto XVI ed è proseguita durante l’attuale pontificato nella convinzione che fosse necessaria una riforma per rispondere alle mutate esigenze della comunità ecclesiale. Esigenze mutate per la quali la legislazione dell’83 appariva del tutto inadeguata. Per comprendere le direttive del nuovo assetto canonico occorre risalire ai presupposti da cui esso è originato, ai motivi e ai principi che lo hanno ispirato. Motivi e principi erano già presenti nella prima bozza del testo che fu presentato che risale al 2011 (pontificato di benedetto XVI) principi che poi vengono codificati nel Pascite gregem dei di papa Francesco. I lavori di revisioni del libro VI hanno avuto origine nella prima decade del terzo millennio quando sono iniziati ad emergere con grosso clamore comportamenti scandalosi, alle quali i pastori della chiesa non sempre sono stati in grado di porvi efficaci soluzioni. Le cause di questa inadeguatezza della normativa previgente erano molteplici. Era diffusa all’interno della comunità ecclesiale una convinzione erronea che riteneva la carità pastorale incompatibile con il ricorso alle misure penale considerate da evitare. La prima motivazione era che era diffusa all’interno della comunità la convinzione che carità e ricorso penale erano incompatibile e che il ricorso alle misure penali erano da evitare. La seconda motivazione era da ricercare nel fatto che il libro VI del codice dell’83, gli strumenti forniti in questi libri si rivelarono poco adatti ad arginare i comportamenti delittuosi tempestivamente. Nel 2010 la congregazione per la dottrina della fede fu costretta ad intervenire per disposizione di papa Benedetto con nuove norme al fine di reprimere i delitta gravioram esplosi nella chiesa; i quali anche per via dell’attenzione generale che avevano suscitato avevano provocato uno sconcerto in tutta la comunità ecclesiale  i papi poi hanno posto misure sanzionatorie le quali senza entrare in contraddizione con la misericordia dessero consistenza all’impianto penale della chiesa mirando ad un cambiamento di rotta. La revisione del libro VI non si è limitato semplicemente al riordino della materia in modo marginale o settoriale ma ha compiuto una vera e propria riforma radicale. Su 89 canoni del libro VI, che sono rimasti invariati nel numero, ben 63 canoni sono stati modificati e altre 9 sono stati traferiti. Solo 17 canoni sono rimasti immutati ma oggi sono calati all’interno di un quadro assolutamente innovativo. La revisione ha riguardato anche i diversi titoli che compongono il libro VI: 9 titoli sono stati modificati, 10 sono rimasti immutati ma anch’essi in un quadro assolutamente nuovo. L’intento riformatore del legislatore è stato ancorato a una serie di principi: tra questi principi troviamo quello secondo cui il diritto penale canonico non era semplicemente considerato come qualcosa da esporre in vetrina, ma era considerato come strumento da utilizzare al bisogno nel rispetto di tutte le garanzie apprestate per il reo. Questo intendimento del legislatore di fare del diritto penale uno strumento effettivo di governo ha investito tutti e tre gli ambiti del diritto penale: costitutivo, applicativo e estintivo della pena. La riforma del diritto penale canonico è indirizzata a tutto il popolo di Dio chiamato ad osservare il nuovo diritto penale canonico. Il quale persegue, oltre che una via generale della salvezza delle anime, tre fini specifici: - ripristinare le esigenze di giustizia infranta dai delitti - Emendare il reo mediante il suo ravvedimento in ordine al reato commesso - Riparare gli scandali provocati dal reo e gli eventuali danno dal medesimo causati. Se è vero che il nuovo diritto penale canonico è indirizzato a tutto il popolo di Dio in un certo senso il nuovo diritto penale canonico ha i più diretti destinatari nei vescovi e negli altri superiori ecclesiastici: questo perché su questi soggetti incorre la responsabilità della sua corretta e puntuale applicazione. L’assetto revisionato del codice in materia penale è caratterizzato da una certa continuità nei confronti della precedente normativa, ma anche da una sua certa originalità. La continuità emerge negli elementi prevalentemente esteriori (come il numero di canoni) ma la novità emerge sotto il profilo sostanziale. La riforma ha provveduto a eliminare tutte quelle disposizioni che suonavano come una dissuasione dal ricorrere al diritto penale; ha ridotto anche l’ambito di discrezionalità dell’autorità ecclesiastica nel combinare le sanzioni penali trasformando spesso queste ultime da facoltative a obbligatorie e da indeterminate a determinate. Ha anche allargato il ventaglio delle pene espiatorie prevedendo tipologie più dettagliate; ha aumentato le fattispecie delittuoso formulandone un quadro più completo con l’inclusione anche dei delicta gravioram anche se questi seguono un percorso procedurale speciale affidato alla congregazione per la dottrina della fede. Il legislatore della riforma ha accorpato i crimini che risultavano affini dal punto di vista contenutistico inserendo i vari titoli in modo razionale. Il nuovo diritto penale canonico ha acquisito concezioni e prospettive sanzionatorie del tutto nuove. Si è voluta però superare l’idea dell’antiteticità tra giustizia e carità, le quali nell’intendimento del legislatore vanno armonizzate, debbono trovare una sintesi nel messaggio cristiano e nella funzione salvifica affidata da Cristo alla chiesa. Il diritto canonico è un diritto fondato su basi proprie e non derivato da fattori culturali esterni dal popolo di Dio ne un diritto mutato da sistemi secolari. Se questa affermazione vale per il diritto canonico in generale vale anche per il diritto penale canonico in particolare, i fondamenti di quest’ultimo vanno ricercato nel diritto divino oltre che nel diritto naturale stabilito dal creatore. Non si può però ignorare che i principi che scaturiscono dalla tradizione cristiana non sono sufficienti a regolare la disciplina della chiesa in modo sistematico. Per raggiungere questa finalità occorre anche tenere presenta la realtà concreta nella quale il diritto si inserisce per servirsi della tecnica giuridica per dare risposte adeguate e al passo con i tempi che sono sempre nuove. Possiamo dire che il diritto penale canonico è frutto di una lunga e continua gestazione e sviluppo. Per comprendere le diverse novità che questa riforma apporta al sistema penale canonico si dovrebbe partire dalla sacra scrittura in avanti. Ma non abbiam o tempo ricostruzione dal codice del 17. Il codice del 17 dedicava al diritto penale il libro V “dei delictis e penis. La normativa del 17 si articolava in 3 parti: le prime due parti del libro V del 17 erano quelle più rilevanti poiché dettava i principi sui quali ruotava tutta la disciplina. Questa disciplina era fatta discendere da un principio dettato dal canone 2214 par 1 del codice del 17: “è diritto della chiesa nativo proprio e da chiunque indipendente reprimere i delitti dei suoi sudditi con pene spirituali e temporali”. Nel codice del 17 non si poteva trascurare una finalità pastorale che affondava le sue radici nel concilio di Trento, il quale è stato il concilio più importante della chiesa dopo il concilio vaticano II. La materia penale nel codice del 17 è qualificata come diritto pubblico: la potestà coattiva poteva essere esercitato solo da chi svolge nella chiesa uffici di governo. La sanzione penale nel codice del 17 non è ritenuto il principale mezzo per fare osservare la disciplina ecclesiastica. Nel caso di violazione delle leggi canoniche il codice del 17 il più delle volte non prevede irrogazione di pene, preferendo altri strumenti alle pene. Tra le specificità del vecchio codice del 17 in materia penale possiamo segnalarne alcune: - La costituzione delle sanzioni penali è di competenza sia del potere legislativo sia esecutivo mediante il precetto penale. Quanto al momento applicativo, oltre che per via giudiziale, le pene nel codice del 17 possono essere inflitte anche per via amministrativa. - La funzione principale della pena è di carattere medicinale: in tal caso essa assume la configurazione di una censura, questa deve essere preceduta da una ammonizione canonica a seguito0 della quale non è escluda l’eventuale contumacia del reo, quando la contumacia cessa la censura deve essere rimessa. - Al principio di legalità formale sono ammesse anche delle eccezioni in nome della legalità sostanziale: il superiore competente a motivo della gravità della trasgressione commessa può punire anche quando la violazione di legge non preveda una pena, dovendo egli mirare al bene sovrannaturale dei soggetti appartenenti alla comunità ecclesiastica. Il III libro del codice canonico del 17 era dedicato alle pene e ai singoli delitti “de poenis singulia delictis” In un primo momento il sistema penale del 17 fu giudicato dai commentatori in modo molto positivo perché per la prima volta dava chiarezza e ordine a una normativa particolarmente complessa sviluppatasi negli anni precedenti in forma molto caotica. Tuttavia, nel corso del secolo 20esimo questa normativa mostrò limiti e inadeguatezza soprattutto perché si mostrò non al passo con le esigenze ecclesiali del tempo. Le critiche al sistema penale della chiesa si fecero dure durante il Concilio Ecumenico Vaticano II: si giunse proporre la soppressione del diritto penale nella chiesa nella convinzione che questo fosse inutile e controproducente. In seno al concilio alcune voci all’interno di questo si fecero portatori dell’idea che l’esercizio dell’autorità ecclesiastica si sarebbe dovuto limitare a misure di carattere pastorale riportando il diritto penale nell’alveo delle misure penitenziarie o disciplinari. Questo dibattitto intorno al diritto penale ha prodotto delle conseguenze anche nella formulazione dei 10 principi direttivi della revisione del codice del 17 questi principi che hanno portato al codice dell’83 sono frutto del concilio vaticano II. Questi principi furono sottoposti da Paolo VI al sinodo dei vescovi che li approvò nel 1967. Questi 10 principi sono particolarmente importanti e questa si evince dalla loro incorporazione nella prefazione del codice dell’83 e dalla qualifica che Giovanni Polo II diede ad essi considerandoli come una sorte di decalogo fatto proprio dal legislatore canonico. I 10 capisaldi che portarono al codice dell’83 rifiutarono la proposta di sopprimere il diritto penale canonico 22/02/2022 Si arrivò addirittura a proporre l’abolizione del diritto penale canonico ritenuto in contrasto tra giustizia e misericordia. Quando sono stati elaborati i 10 principi di riforma del codice, questi avevano rigettato questa idea, ma fu riaffermata la importanza del diritto penale canonico. Quali sono state le diverse tappe che hanno condotto alla riforma? Vediamo la tecnica legislativa del codice dell’83.
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