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Appunti completi e dettagliati Lezioni Linguistica per SFP 4 anno - prof. Vito Matranga, Appunti di Linguistica

Appunti completi e dettagliati di tutto il programma di Linguistica per la scuola primaria e dell'infanzia. Essi fanno riferimento alle lezioni sostenute con il prof. Vito Matranga, durante il primo semestre del 4 anno di Scienze della Formazione Primaria, nell'annualità 2023/2024 Esame sostenuto a Gennaio 2024 con eccellente voto. Il file è sufficiente per superare l'esame in maniera egregia, senza incrementare nulla dai libri.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 07/02/2024

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Scarica Appunti completi e dettagliati Lezioni Linguistica per SFP 4 anno - prof. Vito Matranga e più Appunti in PDF di Linguistica solo su Docsity! Linguistica Lun. 2 ottobre. Cosa sono le varietà neolatine / romanze? Come si formano e quali sono? Sono tutte quelle varietà linguistiche che derivano, si sviluppano a partire dal Latino. Romanza = una varietà che deriva dal latino. Neo Latina. ➡Varietà STANDARD che conosciamo = italiano, spagnolo,francese, portoghese, rumeno (varietà rimanze che sono pervenute da varietà parlate, diventando lingue nazionali). Queste hanno seguito un percorso storico socio linguistico per arrivare ad essere varietà riconosciuto in un’intera comunità. ➡Varieta romanze= tra esse abbiamo anche il siciliano dei quartieri , tutte quelle varietà che sono parlate nel territorio dell’ex impero romano, che hanno continuato la forma del latino, ecco che queste sono varietà romanze. I cosiddetti “dialetti”. Esse sono innumerevoli, non si possono contare. Il siciliano ad esempio non è una varietà ma è un insieme di varietà. Chiunque conosce la propria varietà romanza, come comprende le differenze tra territori anche vicini. (Es: riconoscere una persona della propria zona a seconda del suo modo di parlare). Come mai, la varietà del Latino è organizzato in maniera rigida grammaticalmente ma ha dato vita a varietà diverse tra loro? È una lingua ben formata e rigida, ma come mai da una unica, se ne formano tante altre romanze? Tra l’altro non comprensibili o poco comprensibili tra loro. (Es: portoghese e italiano). Attraverso ciò possiamo capire come funzionano le lingue, come si evolvono, in che modo essa cresce e si evolve, matura o alle volte muore. Ecco perché il latino NON è una lingua morta, si è trasformata per differire da quella iniziale, di partenza. È una lingua morta nella forma classica (latino classico di una certa epoca e con certe condizioni). (Latino classico, quello che studiamo, dei grandi studiosi, qualche secolo prima e dopo l’anno 0). E anche in questo periodo storico si riscontravano già differenze tra il latino di quell’epoca e di quella precedente o successiva, il tutto attraverso la scrittura. Attraverso la scrittura si riesce a tramandare il modo di scrivere, le regole, in questo caso gli scrittori di ogni epoca hanno fatto sì che ad oggi potessimo avere testimonianze delle diverse varietà. Anche Manzoni, Dante, Leopardi scrivevano in Italiano, ma un italiano diverso rispetto a quello attuale, e diversi tra loro letterati. Sia per differenza di epoca (secoli), sia per la crescita, l’evoluzione. Di cosa si nutre una lingua per crescere? = dei parlanti, attraverso essi la lingua si evolve. L’ordine diacronico è importante per comprendere come una lingua cresce, muta, attraverso fasi, stati, passaggi. È importante tenerlo presente per capire cosa succede ad una lingua. Ad oggi le testimonianze del latino classico fanno riferimento alle regole dello scritto, non del parlato. Ma anche Cicerone stesso si rende conto di come la lingua scritta a quel tempo differisse da quella parlata quotidianamente. Anche il parlato era diverso nella stessa epoca a seconda del contesto sociale. Anche oggi possiamo vedere le stesse differenze. ➡ La scrittura = il modo di parlare è diverso dal modo di scrivere, anche sulla base delle regole, che nel parlato sono molto meno rigide. Chiaramente anche nella scrittura vi è una differenza tra il formale e l’informale, a seconda del contesto e del destinatario. Dia = attraverso (Mutamento) Diacronia = attraverso il tempo (come muta una lingua attraverso il tempo) Variazione sincronica 🔽 Diamesia = attraverso il mezzo (come cambia una lingua in ragione del mezzo, ad esempio una stessa lingua parlata nello stesso periodo storico ma usata in maniera diversa a seconda del contesto sociale). Diafasia = come cambia la lingua relativamente al contesto Diastrafia = come cambia la lingua a seconda dello status sociale. Diatopia = luogo Un errore di grammatica NON è un errore di comunicazione. Il messaggio arriva. Variante neolatina della Castiglia, il castellano, è diventata poi Spagnolo, ma ancora oggi vi sono diverse varietà romanze, alcune istituzionalizzate (come il Catalano), altre no. Perché le varietà Italo romanze sono diverse dalle varietà ibero romanze? A causa del percorso culturale e linguistico di un territorio che è diverso da un altro. Se si trattasse soltanto di stratificazione, allora spagnolo e italiano sarebbero uguali in quanto gli arabi sono stati in entrambi i territori. Nel momento in cui i parlanti sono arrivati nella penisola iberica, usavano per indicare “più “, la parola “magis “, in Italia invece avevamo la variante Latina “plus”, in quel periodo in cui siamo stati influenzati noi. Epoche diverse, parole diverse, in quanto il latino stesso era in continua evoluzione. Adstrato - momento in cui due lingue vengono a contatto e nessuna delle due prevale sull’altra, ma semplicemente si scambiano informazioni commerciali e linguistico culturali. grammatica, la lingua non cambia più, nel parlato invece, vi sono spesso cambiamenti in quanto vi sono errori frequenti e non si rispettano le regole. Una cosa era il latino che si scriveva , un’altra era quella che si parlava (più avanti si va nel tempo e più è diversa da quella scritta). Un documento cartaceo risalente al 3 secolo d.C., è scritto da un insegnante probabilmente. Nella fine di una sorta di volume che era una delle grammatiche latine in circolazione in quell’epoca. Alla fine del libro, nell’appendice c’è questo documento. OCULUS NON OCLU SPECULUS NON SPECLU MASCULUS NON MASCLU Il maestro avvertiva “guardate, non si dice e non si scrive OCLU ma OCULUS”, lo fa perché normalmente gli allievi scrivevano e pronunciavano in questo modo, non rispettando la terminazione consonantica , inoltre per loro era normale commettere l’errore sistematico della sincope della vocale debole della parola (una vocale che non porta l’accento alla parola). In seguito alla sincope della U di queste parole, lo scrivente e il parlante si ritrovano invece di OCULUS, OCLU. Le parole italiane corrispondenti sono: occhio, specchio, maschio. Hanno in comune la CH, le parole italiane qui di vediamo che vengono dalla forma sbagliata, non da quella corretta. Le varietà romanze non vengono dal latino classico, ma dal latino parlato, cioè dal latino volgare, che non corrispondeva alla forma scritta… quindi dalle forme sbagliate di latino, L’organismo vivente muta, si evolve, grazie allerrore. L’errore è il motore principale del mutamento linguistico. Non però l’errore ortografico, ma il modo in cui noi interpretiamo la lingua e le due regole, che è la condizione per cui quella lingua continui a vivere. Oggi è corretto ciò che un tempo era sbagliato. Perché un errore diventi una regola condivisa,è necessario che l’errore non sia fatto solo da parlanti ritenuti non istruiti… quella forma non buona deve raggiungere parlanti ritenuti colti. Lunedì 9 Ottobre Errori che andrebbero corretti: esempi volta scorsa. Le “CL” diventano “CHI” come CLAVE = CHIAVE o CLAMARE = CHIAMARE In parole come OCULUM la M decade, ma anche la U. Nonostante molte parole italiane derivino dal latino, in tutte hanno seguito un percorso continuo, OCCHIO e non OCULU ha seguito un percorso storico, tanto da stare nella bocca di ogni persona neolatinofona da generazione a generazione. Una parola come OCULISTA viene non dal percorso ininterrotto , ma ha saltato tutto il percorso parlato e proviene dai libri. Non ha subito trasformazioni. Queste parole le chiamiamo DOTTE , perché nel percorso che porta alla formazione dell’italiano, soprattutto nel periodo umanistico , gli scrittori hanno fatto riferimento alle scritture latine prendendo la scrittura per quella che è , adattandola soltanto morfologicamente. Una parte dell’italiano è formato dai latinismi, che sono stati presi dai testi scritti in latino e non dal parlato. Sono stati presi quindi non nella forma pronunciata (dal latino volgare) ma dal latino classico. In Italiano spesso abbiamo una coppia di latinismi (ALLOTROPI) , costituiti dalla stessa parola latina, una attraverso il percorso popolare e un’altra attraverso i testi. ● FREDDO = FRIGIDU(M) (g+i si legge ghi) (c+i si legge chi come in Cicero che si legge chichero) La G e la D accanto, nelle lingue romanze non vanno accanto, non suona naturale. Tra le due, in italiano prevale una. In questo caso è prevalsa la D. Stessa cosa in LATTE = LACTE o NOCTE = NOTTE ecc… su due consonanti consecutive e occlusive, se la seconda prevale sulla prima, si parla di assimilazione Regressiva, altrimenti Progressiva sè prevale la prima alla seconda. ➡Due consonanti diverse e una prevale sull’altra, vi è un’ assimilazione. Freddo e Frigido sono una coppia di allotropi, uno segue il percorso di scrittura (dotto) e uno del parlato (popolare). Le due parole italiane che vengono dall’unica parola latina sono VIZIO e VEZZO. Entrambe vengono da Vitium. Vezzo ha seguito il percorso popolare. Vizio ha seguito il percorso dotto. Nel parlato è più corrente Vizio. Mensa - Messa ➡ entrambi concetti quotidiani, sono una coppia di allotropi, vengono entrambi dalla stessa forma latina. Mensa è dotta (mantiene il nesso ns che spesso scompare) , messa è la forma popolare. Podio (dotta) - Poggio (popolare)➡ allotropi Radio (dotta) - Raggio (popolare)➡ allotropi Le parole che noi pronunciamo, pensiamo che siano la successione delle consonanti e delle vocali così come quando le scriviamo. Pensiamo che quando pronunciamo una frase, articoliamo lettera le lettera (combinazioni foniche tra consonanti e vocali). In realtà non è così , soprattutto quando parliamo quotidianamente con un eloquio veloce. Articoliamo semplicemente bene i punti melodici forti della frase, come le sillabe toniche e le vocali toniche. C’è sempre una sillaba che emerge tra le altre, che si sentono di meno oppure quasi nulla. Esse, quando scriviamo, le rappresentiamo tutte. Ecco che si chiama EROSIONE . Noi scriviamo perché sappiamo qual è la sequenza grafica della parola, là quello che pronunciamo non è lo stesso. Essendo che ciascuna lingua è un sistema e funziona come tale (se qualcosa non funziona quindi, in un sistema, viene eliminato e ci si adatta a quel mal funzionamento cercando una via per adattarsi, risistemarsi, altrimenti si muore…stessa cosa per la lingua). IULIAM PAULUS AMAT = PAOLO AMA GIULIA il significato della frase non cambia, che si scriva così o che si scriva PAULUS IULIAM AMAT o con altre combinazioni, in quanto si sa il significato che ogni parola ha nella frase. Se si perdono le consonanti finali però, ci si regola in base alla posizione delle parole rispetto al verbo. Soltanto il soggetto può stare davanti al verbo. Il complemento deve stare dietro. Qui l’unica possibilità è PAULU AMA IULIA se ho perso un elemento del sistema lingua (come la consonante finale), la lingua deve riorganizzarsi. Da qui nasce SOGGETTO - VERBO - COMPLEMENTO OGGETTO, questo schema viene da una condizione necessaria, è una questione non fonetica o morfologica,ma sintattica. (Se l’accusativo perde la M , nominativo e accusativo diventano uguali, Ecco perché la parola va messa prima o dopo il verbo). Ecco che nascono gli articoli. IL-LA ROSA significava “quella rosa”. Laggettivo dimistrativo oerde la funzione di aggettivo e acquista quello di articolo determinativo, ILLA ROSA significa non più “quella rosa “ ma “La Rosa” Ecco che si ha l’AFERESI. DE AB ANTE = Davanti ● AMERÓ = non viene da AMABO(che sarebbe il futuro in latino). Amare Habeo = significa “amare ho”, ecco che si ha la “o” nel nostro futuro semplice o comunque in generale il futuro semplice nelle varietà romanze. Anche la morte definitiva di una lingua è un processo molto lento. Nello scritto latino si concedeva qualche rivisitazione, come del resto accade ai giorni d’oggi (ad esempio usiamo “lei è” e non “ella è”. Ecco perché il latino medievale scritto è diverso dal latino classico scritto. Questo stesso latino medievale però era ugualmente molto lontano dal latino parlato. La lingua scritta la conosciamo, ma qual era il latino parlato in quell’epoca? Non lo conosciamo, ma abbiamo delle tracce. La lingua parlata si trasforma lentamente, per cui la dicitura “nascita dell’italiano “ o di altre lingue è da abolire. Non nasce nulla dall’oggi al domani, è un processo lungo. Attraverso documenti scritti, possiamo desumere qualche traccia sulla lingua parlata di quel periodo, che era diversa da ciò che troviamo nelle scritture come la letteratura, il diritto, l’amministrazione ecc…. Quello era latino a tutti gli effetti, seguiva ogni regola. “l’indovinello veronese” è il primo documento (testo), in termini storici il più antico, che attesta una varietà di lingua che non possiamo dire rispetti le regole che noi conosciamo. Da qui in poi non chiameremo neanche più “latino volgare” ma solamente “volgare”. ➡Non è arabat, seminabat ecc… ma è araba, seminaba (nell’indovinello) coltivata, compresa e scritta non solo dai toscani ma da tutte le corti italiane? Coltiviamo una lingua che sia comune e che possa soddisfare sul piano della qualità artistica tanto lo scrittore veronese quanto quello fiorentino ecc.? Bisogna individuare un modello di lingua che vada bene per tutti gli scrittori, non una lingua da parlare che quindi unisca i parlanti di tutte le corti italiane..non ci si poneva il problema in quanto si avenano molteplici regni. Ma almeno un filo unico che legasse la letteratura in tutta Italia. Si hanno diverse ipotesi: chi dice che il modello migliore l’abbiamo già ed è quello dei classici di Firenze, come Dante, Petrarca, Boccaccio che ai tempi erano già molto apprezzati come ai giorni nostri. Altri pensavano che il modello letterario potesse essere da un lato la prosa di Boccaccio e la poesia di Dante, ma si volesse unire il tutto alle altre corti, accettando apporti linguistici (parole) che provengono dalle altre corti italiane. Un miscuglio sempre però su base Fiorentina. Anche terza ipotesi partiva da Firenze , con un’altra prospettiva: perché il fiorentino di 200 anni fa e non quello moderno del 500? La lingua attuale non è da meno rispetto a quella di Boccaccio o Dante. ● Alla fine ci si rifá alla prima ipotesi: attenersi esclusivamente al fiorentino di Dante, Petrarca e Boccaccio, il tutto ideato da Pietro Bengo. Egli non vedeva di buon grado la poesia di Dante in quanto egli usava secondo lui, registri della lingua non consoni alla poesia. Usava parole e concetti non considerati consoni per la poesia aulica. Un registro volgare della lingua. Bengo voleva trovare un registro alto, non scendere mai nei registri quotidiani della lingua. Per la Prosa c’era come riferimento Boccaccio senza alcuna discussione. ● La seconda ipotesi fa riferimento a Vincenzo Colli, il calmeta…egli sosteneva che a migliorare il modello fiorentino delle “3 corone” potessero esserci gli scrittori delle altre corti. Bengo non lo faceva. ● La terza ipotesi abbiamo Machiavelli che voleva rifarsi al Fiorentino del 500. Lun. 16 Ottobre. Si inizia a praticare l’Italiano quindi, ma solo dagli intellettuali. Non è una lingua che la popolazione utilizza per comunicare, non ancora. Nelle 3 ipotesi vi è un filo conduttore: il fiorentino. Esso sarà la varietà alla base della nuova lingua che si chiamerà Italiano. Un volgare quindi (fiorentino) , che prima era considerato alla pari di tutti gli altri volgari locali, adesso diventa un modello sovralocale, che accomuna più territori. Cosa accade agli altri volgari? Un volgare è diventato lingua (il fiorentino), tutte le altre saranno chiamate da qui in poi “dialetti” Il fiorentino inizierà ad essere percepita come una lingua (italiano),p, lingua standard dell’Italia, le altre saranno percepite come varietà meno prestigiose. (Lingua e dialetto anche ad oggi connotano un certo tipo di prestigio, una varietà linguistica differente). Lingua= prestigiosa Dialetto= meno importante. ● Codice = sistema di segni regolato da un sistema di regole (come il semaforo: 3 colori e con ognuno di essi delle regole ben definite). ● Varietà linguistiche = anch’esse sono un sistema di segni, regolato da un sistema di regole. In esse non vi è una grammatica ben definita, sono i parlanti a creare le regole. Sotto questo punto di vista (sistema formato da sei giorni con regole precise), l’italiano e un dialetto, sono “la stessa cosa”, per quanto le due parole connotano significato e prestigio diverso. Si attribuiscono inoltre funzioni specifiche a seconda della lingua: ( il dialetto nel colloquiale quotidiano, l’italiano nel formale ecc..). Avendo scelto come modello per la letteratura quelli di🟠 Bembo (prima ipotesi), vi saranno comunque altri autori che utilizzeranno il proprio “volgare”,ormai divenuto dialetto… ecco che si crea la “poesia dialettale” … il resto, si adatterà al nuovo modello linguistico, che sarà già superato (nessuno parlava la varietà di Dante nell’epoca di Machiavelli)… la lingua scelta da Bembo non avrà più parlanti, funziona soltanto negli scritti delle 3 corone. Una lingua non parlata, è una lingua morta, per quanto sia scritta. Non è parlata spontaneamente, non ha parlanti che la rinnovano. Quella di Bembo ha sostituito il latino (varieta gia morta) con un’altra varietà, anch’essa già morta. Bembo ammetteva che se una parola era presente nei testi delle 3 corone fiorentine, andava bene, altrimenti non era considerata utilizzabile. Ciò, si rafforza con l’Accademia della Crusca, che nasce in seguito a questa vicenda, nella seconda metà del 500. Primo vocabolario dell’Accademia della Crusca nel 1612. Quest’istituzione ci darà delle regole sull’uso della lingua, non sara più a libera interpretazione dei parlanti o scriventi. In questa prima edizione non vi era alcuna parola che non provenisse dai testi delle 3 corone. Si ha una lingua controllabile, con delle regole ben rigide. ● Non è solo un problema di regole: il repertorio della lingua ci permette di esprimerci nella poesia o nella prosa, ma nel quotidiano era difficile utilizzare le parole presenti sul vocabolario. Era un lessico aulico, non adatto ad ogni contesto. Ogni contesto presenterá un lessico ben preciso è diverso. Una lingua così ristretta trova difficoltà a diffondersi tra i parlanti. Lingua e cultura sono due facce della stessa medaglia. Quando si parla, si comunica cultura. Per esprimere la cultura, si ha bisogno di una lingua specifica. (Es: l’italiano non sarà capace di esprimere alcuni concetti inerenti a Palermo, se non il dialetto del luogo). (Esempio degli eschimesi: che hanno diversi vocaboli per intendere la neve a seconda delle caratteristiche. Noi abbiamo una sola parola, in quanto è un qualcosa di lontano dalla nostra cultura). ● Standard tedesco = meno differenze tra parlato e scritto Il parlante tedesco viene a contatto con la propria varietà parlata attraverso anche la Bibbia, con Martin Lutero. Essa non viene solamente scritta e letta ma anche parlata, spiegata. In Italia e in Germania gli alfabetizzati erano comunque pochi. Ma in Germania potevano avere accesso alla lingua, attraverso l’ascolto. In Italia invece no. (La lingua di Dante e Petrarca si utilizza nella scrittura, quindi solamente coloro che avranno accesso alla lettura, alla scrittura e quindi alla cultura, potranno utilizzarla.) La persona analfabeta che sente la lingua, la può adoperare, anche erroneamente nei contesti quotidiani. Quindi farla evolvere. Ecco che questa lingua era viva. La nostra era già morta, perché trasmessa solo attraverso la letteratura. ● Standard francese = viene preferito il francese di Parigi, città che deteneva il potere economico, politico, culturale e adesso anche linguistico. Percorso diverso rispetto alla Germania e all’Italia. Il francese era parlato da tutti a prescindere dalle classi sociali e i contesti: era una lingua viva. Lezione Martedì 17 Otto. Dominio= contesto in cui è usata una varietà linguistica Il dominio familiare ad esempio può essere gestito dall’italiano o dal dialetto, quello scolastico è gestito dall’italiano è così via. Per sviluppare perché una lingua si adegui ai diversi domini, una lingua ha bisogno di adattarsi al dominio stesso, creando condizioni che consentano ai parlando di usare quella varietà facendo riferimento ai concetti tipici del dominio. Garantire che i parlanti che utilizzano un tipo di dominio, possano comunicare. Si ha un modello linguistico, una varietà destinata a coprire domini sempre più ampi della comunicazione. Essa deve elaborare il proprio codice, il proprio lessico: trovare le parole adatte che il parlante può usare per comunicare all’interno del dominio. Galileo Galilei amplia il vocabolario della lingua, includendo nuovi concetti. Man mano saranno attribuite all’italiano alcune funzioni che prima non aveva: dalla prospettiva esclusivamente letteraria si passa ad altri domini, chiaramente perché ciò avvenga passa molto tempo. Ad esempio i codici civili che per essere scritti per la prima volta in italiano dovranno aspettare l’era Napoleonica, alcuni secoli. Dalla scelta del modello all’applicazione del modello quindi occorre sempre molto tempo. Questa lingua continua però a vivere ancora solo nelle opere scritte, di carattere letterario, scientifico, amministrativo, ma pur sempre nella scrittura e non tra i parlanti, pur essendo passati circa 250 anni. L’italiano non si adegua ancora al parlato. Aspettiamo perché ciò accada, il 1734 perché una lezione in un’aula universitaria venga erogata in italiano (non da un letterato) - Università di Napoli, Antonio Genovese, lezione di economia, non più in latino ma in italiano. Unità d’Italia : 1861 - 19esimo secolo - qui le cose iniziano a cambiare, questa è una data di passaggio. Per la prima volta l’esperienza che abbiamo visto di frammentazione, di dispersione, nella storia dell’Italia come territorio e dell’italiano, nonché delle lingue parlate nel territorio, per la prima volta invertono il percorso. Quando l’Italia si purifica sul piano politico si ha convergenza verso qualcosa di comune. Cambia definitivamente la prospettiva linguistica. “Fatta l’Italia bisognava fare l’italiano” che era diverso da Nord e Sud, si avevano ➡ Cosa si porta a scuola? Bisogna creare vocabolari. Si istituisce un premio per redigere vocabolari dialettali (spiegare la parola in dialetto e dare il corrispettivo in italiano) a chi avesse fatto il lavoro migliore, es:(Siciliano-Italiano, Milanese-Italiano ecc…). Il terzo premio lo vince un siciliano. I vocabolaristi lasciano i loro mestieri per dedicarsi a questa traduzione, (preti, medici, persone che sanno scrivere e leggere bene, conoscono bene l’italiano e abbracciano la prospettiva italianista di fornire strumenti a chi vuole imparare italiano). Queste erano le premesse. Facilitare l’apprendimento dell’italiano. La maggior parte di questi vocabolaristi si preoccupava a volte esplicitamente, a volte in maniera non scritta ma sottintesa, di conservare attraverso la scrittura il dialetto, nella consapevolezza che da lì a poco l’italiano avrebbe sostituito completamente i dialetti, registrando parole che tra qualche anno non sarebbero più state utilizzate. Chiaramente in questi vocabolari si trova il lessico dialettale che fa parte del loro contesto socio economico e culturale, non quello contadino ad esempio. Per gli studiosi di oggi questi vocabolari sono comunque uno strumento prezioso per comprendere il dialetto in quel periodo. Giuseppe Pitrè (medico) a Palermo, una serie di volumi che raccontano la vita del popolo siciliano in diversi ambiti. Con la preoccupazione di chi diventerà un demologo (chi studia la cultura popolare) , ha la prospettiva di preservare ciò che era destinato a scomparire. La scuola come istituzione deputata all’istruzione: l’istruzione può avvenire attraverso lo strumento che è la lingua. Ci si istruisce a partire dalla lingua, che permette di comunicare. Si va a scuola per istruirsi ma contemporaneamente si apprende l’italiano. La legge c’è, ma solo il 2,5% conosce l’italiano…mancano i maestri. La maggior parte di coloro che entrano in classe sono dialettofoni. L’idea era prendere tutti i dialettofoni e istruirli in Toscana all’italiano,oppure prendere toscani e portarli nelle aule dei territori italiani. I toscani parlavano fiorentino, ma parlare una lingua non significa saperla insegnare… ecco che la prospettiva scolastica è indebolita. Sia dall’alto (non ci sono docenti) ma anche dal basso ( non ci sono discenti)l.. chi andava a scuola? Chi aveva interesse? In quel periodo la prospettiva di un popolano era l'immobilità sociale. Non serviva come ad oggi andare a scuola per migliorare il proprio status sociale, la propria condizione di vita in ambito economico e sociale... Ricordiamo i Malavoglia di Verga. Alla fine dell 800 e ai primi anni del 900 abbiamo l’immobilismo sociale come piaga: il figlio del contadino farà il contadino. L’italiano non serve per questi lavori, soprattutto se va abbandonato il dialetto, che era essenziale invece, per questi lavori popolani. Vi era un impedimento di dinamiche verticali (migliorare la propria condizione attraverso la scuola,l’istruzione , la cultura. La società garantiva coloro che avevano già uno status sociale alto). A scuola probabilmente andavano parte di coloro che la lingua italiana la conoscevano già. Lun. 23 Ottobre. Perché una lingua si possa diffondere deve soddisfare alcune condizioni sociali e avere alcune caratteristiche. Le condizioni: - Firenze non aveva più la potenza economica e culturale che avrebbe potuto garantire un percorso di diffusione spontanea. Essa è una città come le altre nel periodo pre e post unità d’Italia. - Le condizoni delle scuole: non potevano garantire i docenti e neanche la presenza e la motivazione all’apprendimento degli italianI. Anche la chiesa aveva dei dubbi su quest’istruzione di massa, non perché voleva impedirlo ma proprio perché non pensava si potessero avere risultati istruendo i popolani in quanto la nuova lingua poteva essere solo alla portata di giovani nati in condizioni di benessere. Ad oggi parleremmo di prospettiva classista, in realtà in queste sue parole vi era un qualcosa di vero. Tutto ciò viene colto dal primo linguista moderno: Ascoli Graziadio Isaia (padre della linguistica moderna in Italia). Ciò, porterà alla linguistica moderna. Egli darà status, dignità, discenza alla linguistica. Studierà e analizzerà la situazione linguistica in Italia non basandosi sui testi scritti ma su un metodo ben preciso, che necessità di osservazioni fatte sul campo: dati empirici che è possibile consultare e su cui fare analisi. Si ha un rapporto scientifico, cioè la possibilità di essere confortato dai dati. ● Si forma la prima rivista scientifica chiamata “archivio glottologico italiano” e nel proemio del primo numero, fine 800, pochi dopo L’Unità d’Italia ditalia, torna il problema della questione della lingua, percependo il fatto che una lingua non deve essere imposta, che essa per poter circolare e diffondersi ha bisogno di alcune condizoni non linguistiche ma sociali… la disparità tra nord e sud doveva essere debellata, perché la disparità economica significava anche disparità culturale. Per far circolare la stessa lingua, deve circolare la stessa cultura e la stessa condizione socio economico e culturale. Vi sara disparità linguistica finché vi sara disomogeneitá culturale ed economica. ● Non si combattono i dialetti, non si può e,imitare dal territorio l’uso dei dialetti… finché almeno non si converge verso una unica cultura, non si può eliminare la specificità culturale, essi non devono essere eliminati, anzi, bisogna partire da essi per costruire e diffondere la lingua. Saranno vivi finché sarà viva una certa cultura. ● Non sarà la scuola a far conoscere la lingua… essa non circola con la grammatica delle scuole, ma circola se circola se circolano le idee trasmesse attraverso quella lingua. Fare discutere con l’italiano, garantisce che arrivino le idee e arrivino in quella lingua. Più si diffonde la lingua e più si diffondono le idee. Non si ha più focus sulla scuola e sulla letteratura. Giornalisti ad esempio: con loro circolerà la lingua. Operai della cultura = chi fa circolare un’idea, un’opinione, una notizia. L’uso dell’italiano aveva altre problematiche, oltre l’opposizione ai dialetti: l’eccessivo timore nei confronti dell’uso regolare della lingua con le sue regole…una lingua che ai tempi circolava solamente in maniera aulica. La lingua o è letteraria, simile a quella dei grandi scrittori, o non è. Atteggiamento reverenziale nei confronti della regola. Il timore di sbagliare e il bisogno di usare una lingua che sia nei registri alti. È la lingua che deve adattarsi all’esigenza del parlante o il contrario? Il parlante ha paura dell’uso dell’italiano. La nuova lingua non ha alcuna condizione perché possa essere utilizzata nel quotidiano. L’italia era fondata sul lavoro a quel tempo, almeno fino al secondo dopo guerra: pescatori, contadini, pastori. La maggior parte degli italiani viveva di attività primaria. La varietà che garantiva queste attività era il dialetto, la varietà locale…perché qualcosa cambi, devono cambiare queste condizioni sociali. La maggioranza viveva nelle campagne o nelle piccole città e condividevano la stessa lingua nonché le stesse abitudini in quanto praticavano gli stessi mestieri. Non vi era quindi la necessità di cambiare. Già a partire dal fine 800 e primi del 900, si ha l’ industrializzazione con la formazione di agglomerati urbani attraverso l’immigrazione e l’urbanizzazione.. si ha lo spopolamento dalle campagne alle città, spostamento di uomini prima contadini o pastori in altri contesti, per più alte prospettive. Si aveva la possibilità di migliorare il proprio status sociale ed economico. Si parte per gli Stati Uniti, Venezuela, Argentina, Brasile, aree lontane dalla loro cultura, per svolgere nuove attivita. Si ha quindi la necessità di conoscere e utilizzare una nuova lingua, per poter parlare non solo con coloro che provenivano da altre zone dell’Italia, ma il punto chiave non era il farsi capire, si sarebbe comunque trovato modo di capirsi.. stando in un luogo diverso dalla città di provenienza, in cui si incontrano molte altre persone nuove, si osservano nuovi fattori: coloro che possedevano posizioni lavorative più alte, conoscevano l’italiano. Per arrivare a quelle condizioni e liberare i figli dalla condizione di marginalità economica e sociale lasciata in paese, bisogna avere cultura e studiare. Per la prima volta grazie all’istruzione si possono avere condizioni economiche e sociale migliori. Adesso c’è un motivo per istruirsi. Il dialetto insegna, ma non è abbastanza. Tenendo conto che queste stesse persone sono per lo più dialettofoni e analfabeti, questa situazione continuerà per decenni creando lo stereotipo che il dialettofono sia analfabeta. Questa è l’immagine che si avrà di colui che parla dialetto, che sarà posto ai margini della società. Questa emigrazione verso gli Stati Uniti creerá difficoltà allo stato stesso in quanto lo stato non può interagire con loro in nessuna lingua, dato l’analfabetismo. Ecco perché nel 900, dagli Stati Uniti si ha una legge chiamata “Literacy act” che impediva ai migranti di entrare se non avevano un minimo di istruzione. Questa legge viene rinnovata fino agli anni 20. Chi voleva partire per gli Stati Uniti, quindi, doveva avere un minimo di istruzione, anche qui si ha la necessità di istruirsi. Questa fu una grande spinta per l’italiano. Le campagne si spopolano e aumenta l’affluenza verso le città, la condizione nuova di urbanizzazione che aprirà un nuovo percorso anche agli italiani. Intanto l’Italia che sviluppa l’industria, il commercio e i servizi, uscirà man mano dalla prospettiva esclusivamente letteraria e amministrativa per abbracciare a nuove elaborazioni concettuali (nuovi concetti) la lingua italiana. (“‘Italiano si approccia a nuovi settori, si proietta verso le attività secondarie e i servizi, e regredisce man mano tutta l’esperienza delle attività primarie). Particolarmente nel campo dell’agricoltura, che si rinnova. ● Perdita dell’uso del dialetto ● Perdita di parti del dialetto (parole dialettali) Sono cose diverse. Si perdono parole dialettali perché si perde l’uso, quel concetto che sta dietro la parola non si usa più, non serve. Esempio: da aratura a trazione animale ad Ricordiamo il Carosello, negli spot vi erano tutti artisti , attori teatrali soprattutto, in grado per professione di parlare una varietà standard di italiano. Con la TV commerciale si ha il consumismo, per la prima volta colui che vede la Tv, si sente parte del pubblico. Ci si rispecchia in ciò che si vede. Dalla Paleo-Tv pedagogistica e didattica alla Neo-Tv che rispecchia la società odierna. (Umberto Eco) LA DIALETTOFONIA LO SDOGANAMENTO DEL DIALETTO In questo processo di diffusione dell’italiano, il dialetto persiste come un difetto. “Diventa da qualcosa da combattere, ad un bambino da proteggere”-cit Eco. La nostra lingua primaria quindi, fino a poco tempo fa è stata il dialetto. Questa trasmissione del dialetto da una generazione all’altra, ad un certo punto viene interrotta: i bambini devono parlare italiano così da poterlo utilizzare a scuola per un buon successo scolastico. Ad oggi potremmo affermare come due lingue siano meglio di una e che quindi non sia necessario abbandonare una lingua in favore di un’altra, dato che le capacità intellettive di un bambino sono migliori se esso è abituato a gestire due prospettive linguistiche. Oggi si punta al bilinguismo(e automaticamente biculturalismo). Esso agevola lo sviluppo intellettivo del bambino. Il dialetto non impedisce quindi l’apprendimento dell’italiano ma lo agevola. Ecco che si hanno anche delle sanzioni per coloro che utilizzano il dialetto, per mortificarne l’uso, in particolare a scuola. Le famiglie si vedono costrette a non trasmetterlo. Qualcuno inizia a capire che non è questo il percorso migliore per completare la diffusione linguistica in società. Gli intellettuali, saranno coloro che capiranno che la prospettiva intrapresa (Pasolini = parlava di suicidio della civiltà contadina) non poteva funzionare (rinunciare alla propria cultura). 1975 - ci si inizia a lamentare della scomparsa delle lucciole (elemento fondamentale del paesaggio contadino dell’epoca). Metaforicamente, stava scomparendo un elemento fondamentale del paesaggio italiano: la scomparsa della cultura contadina, uccisa da una prospettiva che portava ad una cultura globalizzante. A partire dalla seconda metà degli anni 70 del 900 si ha una nuova prospettiva in merito all’italiano. Musica, cinema, letteratura.. nel 1978 abbiamo “ L’albero degli zoccoli” , che racconta le vicende reali del mondo contadino nel Bergamasco, realtà trascurata nella corsa dell’industrializzazione… questo film si racconta in perfetto dialetto del posto ed è stato recitato non da attori professionisti ma da attori di strada. Si ha la dimostrazione che qualcosa sta cambiando nei confronti del dialetto. Torna la prospettiva culturale che per molto tempo era stata derisa e non riconosciuta. 1981 - pubblicazione dell’album di De Andrè, un intero album in dialetto genovese. La prospettiva del dialetto, a partire dal basso, inizia a cambiare, si ha un percorso che porterà allo sdoganamento del dialetto (come dice Alberto Sobrero).. Esso inizia a non fare più paura. Si inizia ad usare con una certa reverenza delle classi più alte non pensando che si possa sostituire all’italiano. Si usa nel cinema, nella letteratura, nella musica e in seguito, anni dopo, anche nella televisione da cui per molto tempo è stato bandito. Per quale ragione il dialetto non fa più paura ? Perché buona parte degli italiani hanno acquisito totalmente la lingua italiana…. Non c’è piu una correlazione tra uso del dialetto e basso livello di istruzione, il dialetto non è più sinonimo di ceto sociale basso e scarsa istruzione. L’italiano è diventata una varietà esclusiva.. Si aveva un alto tasso di dialettofonia in corrispondenza ad un alto numero di lavoratori nelle attività primarie. Man mano che decrescono le attività primarie, decresce la dialettofonia. Alcuni studiosi pensavano che il dialetto sarebbe scomparso entro 30 anni, ciò non è avvenuto. È vero che con l’aumento delle attività secondarie e terziarie è aumentata l’italofonia, ma una buona parte di parlanti continua a mantenere entrambe: si perde la dialettofonia esclusiva (pochi saranno coloro che continueranno a usare solo il dialetto), ma si avrà una quota alta di italofonia esclusiva e un’altra quota alta di italofonia e dialettofonia allo stesso tempo… in posti come la Sicilia in particolar modo, non è mai scomparso. Permane ai giorni d’oggi e diventa cultura da proteggere. Non ci si può più associare a persone poco istruite nel momento in cui utilizziamo il dialetto. Esso non avrà la stessa funzione che ha avuto per le generazioni passate ( i nostri nonni vivevano di dialetto, noi no), ma esso serve a farci riconoscere come cittadini di questa cultura siciliana e in particolar modo palermitano. (Come dimostro , ostento questo mio essere palermitano? Attraverso il dialetto). Lun. 13 Nov. IL RAPPORTO FRA LE VARIETÀ DEL REPERTORIO LINGUISTICO IL REPERTORIO Repertorio linguistico = (una lista, nell’ accezione comune) termine che dal punto di vista linguistico fa riferimento ai termini che si conoscono,anche in riferimento ad altre lingue conosciute. Distinguiamo il repertorio linguistico personale e repertorio comunitario. Ci concentriamo sul secondo. ● Repertorio linguistico comunitario - serie di varietà linguistiche/ dialetti che ciascun parlante ha a disposizione per comunicare con i membri della comunità a cui appartiene. Esso quindi può cambiare. Non tutti gli italiani presentano le stesse varietà e non tutti le gestiscono allo stesso modo. In Italia abbiamo minoranze linguistiche, come quelle di confine, rimaste all’interno dello stato a seguito di vicende belliche… comunità di lingua originariamente tedesca, rimasti nei confini italiani e che gestiscono repertori linguistici diversi. Essi gestiscono quindi varietà italiane e tedesche. Sono plurilingue e presentano un repertorio linguistico diverso rispetto alla media italiana. Minoranze croate nel Molise, Catalano ad Alghero ecc… vi sono poi persone che presentano un repertorio esclusivamente dialettale o esclusivamente italiano. Quando parliamo di repertorio linguistico, escludiamo tutte queste eccezioni e facciamo riferimento ad un repertorio medio. IL BILINGUISMO Repertorio linguistico e comunità linguistica = sono legati tra loro. ● Bilinguismo = presenta un’accezione comune e una tecnica. Fa riferimento ad una comunità di parlanti che ha a disposizione più varietà. Noi siamo bilingue dato che utilizziamo l’italiano e il dialetto. In quanto essi presentano due codici diversi. (Codice = sistema di segni regolato da grammatica.). Le due lingue non sono messe sullo stesso piano. Presentano percezione diversa dagli stessi parlanti della comunità e presentano utilizzo diversi. Non sono alternative l’una dell’altra. Ricorriamo ad entrambe a seconda del contesto. ● Stabiliamo lo status: come il parlante percepisce le varietà. Noi attribuiamo valore diverso, sappiamo che la lingua italiana è percepita come varietà più alta rispetto al dialetto… esso non si abolisce ma presenta meno prestigio. (Come esempio abbiamo la comunità arabofona, che presenta un arabo diverso nel Corano, il classico, e un altro utilizzato dalle comunità, come il Maghreb e il Mashreb che utilizzano varietà locali come il tunisino, il marocchino ecc. Anche qui l’arabo classico ha uno status più alto. Le funzioni comunicative però sono ripartite completamente… il classico si utilizza esclusivamente per gli scritti formali, inerenti alla religiosità. L’arabo locale si utilizza nelle funzioni del parlato, nel quotidiano. Non è possibile invertire i domini. Qui vediamo la differenza con la nostra cultura. Ripartizione rigorosa delle funzioni. LA DIGLOSSIA ● Diglossia = bilingue. Questo termine assume un concetto tecnico. Una comunità è diglossica se le due varietà del bilinguismo hanno uno status diverso, una alta e una bassa, e se la varietà alta è riservata esclusivamente al formale e sè quella bassa e riservata esclusivamente al quotidiano, senza possibilità di invertire i ruoli. Funzioni separate. L’Italia lo è stata fino alla metà degli anni 50/60, in cui a casa nessuno parlava italiano, nonostante esso si stesse diffondendo sempre di più anche tra coloro che erano meno istruiti. Quotidianamente , nei contesti sociali, si parlava in dialetto. In epoca medievale il latino classico era la varietà che viveva esclusivamente nell’ambito della scrittura. A casa non si parlava in latino, ma nella varietà volgare. Vediamo quindi il rapporto di diglossia tra latino e volgare. Tra la fine del 400 e i primi del 500 si concepisce l’idea di avere una lingua comune, l’italiano, per funzione esclusivamente letteraria. Ecco che la scrittura ripartisce i domini tra latino e italiano. Il latino inizia a perdere dominio. Perderà la funzione letteraria, poi amministrativa (periodo di Napoleone)… man mano perderà funzioni. Si continuerà però a parlare la stessa varietà (prima latino volgare, poi volgare e poi dialetti). Ad oggi al latino è rimasta solo la funzione ecclesiastica e non ● Corde vocali: se l’aria passa in eccesso, non produce alcun suono. Il suono esce grazie alla vibrazione, saremo noi poi a modulare questa vibrazione attraverso tutto l’apparato fonatorio, dalla faringe al naso, alla bocca, ai denti, alla lingua. Nasce come onda semplice, essa tocca ogni organo a partire dalla laringe, sbattendo in tutti i muscoli, anche nelle guance. Da semplice, diventa complessa. Può avere più picchi, non solo uno. Ogni volta che sbatte si forma un picco. Si ripropone sempre alla stessa maniera, e quindi periodica. Un suono è periodico complesso, un rumore è complesso (in quanto ha molti picchi )ma NON periodico. Ogni vocale avrà la propria curva complessa e periodica. ➔ PIANO ACUSTICO , rappresentato dal segnale acustico del parlante. L’onda emessa dall’essere umano. ➔ PIANO ARTICOLATORIO (quella su cui ci concentreremo) = nella distinzione tra consonante e vocale, da un punto di vista articolatorio, immaginiamo che l’onda sonora prodotta dalla laringe, va dai polmoni verso le uscite per raggiungere la condizione di depressione esterna. (Tende naturalmente a raggiungere l’esterno). Si va verso la cavità orale. L’onda quando arrivata lì è già complessa perché incontra parti molli che interagiscono con l’onda originaria. Complessa quindi, ma comunque periodica. Perché sia periodica anche all’esterno, quindi rimanga così per tutto il percorso, è necessario che l’asserzione della cavità orale non sia molto ridotta. L’onda deve passare in un canale sufficientemente ampio da non rompere la periodicità. (Ciò, lo regoliamo attraverso l’apertura mascellare e attraverso la lingua , alzarla, abbassarla ecc: ciò ci consente di articolare i suoni). Immaginiamo una linea chiamata linea vocalica. Tutto ciò che viene messo sopra questa linea e mantiene una sezione sufficientemente ampia, l’onda sonora continua ad uscire periodica. Si articolano quindi vocali. Se con la lingua si crea un punto di stretta, il canale diventa più stretto e l’aria che passa, non è più periodica. Si rompe la periodicità, perché si crea un punto di stretta che consente all’aria, a parità di pressione, di strofinare gli organi in questione: la punta della lingua e la parte posteriore degli incisivi. Tra essi si crea una strettoia. Più stretto è il passaggio, più forte è il rumore che si sente. L’aria si sente se si ha un tratto più stretto, se si ha un tratto più ampio, a parità di pressione, essa non si sente in quanto sfrega in maniera leggera nel tratto che sarà più grande. Si ha una parità di pressione di aria, che sia canale stretto o ampio. ● La “i” e la “s” presentano la stessa aria che sbatte tra la punta della lingua e i denti, posteriormente. Poi scende e defluisce all’esterno. Stesso movimento quindi, per entrambe le lettere. ● Timbro = una i è diversa dalla a per timbro diverso. Questa è una parola tecnica. Timbro di una vocale significa “il tipo di vocale”. Come si riproducono e come si articolano e come si classificano i vari timbri? La lingua nel punto maggiore di spinta produce la i. Se la lingua si ammassa verso la parte posteriore, si articola la vocale u. Con la a, la lingua si ammassa nella parte più bassa, quasi distesa nel fondo della cavità. Nella e, la lingua è più bassa e spinta in avanti. (Si ha una “e” aperta). Se si spinge un po’ più avanti, si ha una “e” chiusa. Tra la parte più bassa e quella più alta, si hanno infinite vocali. Nessuna sarà uguale all’altra dal punto di vista fisico e acustico. Tutto ciò che si produrrà in una zona sarà però una a, una e, una i , una o oppure una u. Palato = parte dura, andando più in giù si ha la parte molle. Le anteriori le chiameremo palatali. Le posteriori le chiameremo velari. Meglio chiamarle posteriori e anteriori perché ciò sarebbe internazionale. Trapezio : primo criterio di tassonomia, categorizzazione. Si dice già a quale categoria appartiene una vocale, se anteriore, posteriore o centrale. La “i” appartiene alle anteriori, come la “e” aperta. La u è una vocale posteriore. Anche la O aperta lo è. Ə = swha Lun. 20 Novembre. In ragione dell’ampiezza mascellare e dell’altezza della lingua, possiamo combinare la proiezione verso la parte anteriore e posteriore…. Attraverso questi 2 criteri minimi, possiamo classificare le vocali. Nel trapezio si ripresenta esattamente ciò che avviene nella cavità orale. Combinato con l’altezza (spingere in avanti la lingua prima che questa oltrepassi la linea vocalica e diventi consonante), abbiamo la vocale di maggiore chiusura anteriore. L’anteriore alta corrisponderà alla i. La parte mediana si divide in medio alta e medio bassa. ● Fricativo = quando friziona l’aria. Un esempio è la F o la S. Suoni che usano la tecnica della frizione, cioè costruire un punto di stretta e far passare l’aria attraverso quel punto. Si hanno 3 parametri che bisogna tenere in considerazione. ● Modo di articolazione ● Punto di articolazione ● Tratto di sonorità che individuano un solo tipo di consonante. Usando questi 3 parametri, possiamo definire ogni consonante al mondo. Bisogna specificare come è prodotta una consonante e qual è il punto di articolazione (si può avere sia occlusiva che fricativa). Altro parametro però è la sonorità. Nello stesso punto e con lo stesso modo, si possono produrre due diversi suoni consonantici, in ragione del fatto che possiamo o no, attivare le corde vocali. (Sonora o sorda) S = sorda Z = sonora Mettendo le dita nella laringe, si può notare una vibrazione con la Z è l’assenza di essa nella S. La fonetica si occupa non di fonemi ma di FONI. Qui stiamo classificando i FONI consonantici. La fonologia si occupa di FONEMI DISTINGUIAMO: ● palato (parte anteriore più dura) ● velo palatino (parte più morbida) ● ugola (parte pendula interna alla cavità orale) ● la lingua si suddivide in Apice, dorso e radice. ● se diciamo alveolari, facciamo riferimento alla punta della lingua. Consonanti: ● Palatali ● Alveolari ● Velari (anche dette apico alveolari) Labbra: ● Labio dentali ➔ Lingue occidentali come lo svedese che hanno la consonante iniettava (un rumore, simile a quando noi ci spaventiamo… prodotto dall’ ingoiare l’aria dall’esterno verso l’interno. Tutti i suoni articolati dopo il velo palatino, in Italia non li abbiamo. (Ugulari, faringali, laringali…) che invece vediamo ad esempio nell’arabo. I MODI CON CUI POSSIAMO PRODURRE UN FONO CONSONANTICO: le principali sono suono occlusivo (diffuse in tutte le lingue del mondo come P, D ecc) e i suoi fricativi… ● La M, N sono nasali, la bocca è completamente serrata e il suono esce dal naso. L’emissione dell’aria avviene attraverso esso. Le nasali bisogna combinarle con i punti di articolazione. ● La R è vibrante, vibrazione quasi identica a quella delle corde vocali. La punta della lingua ostruisce la fuoriuscita dell’aria negli alveoli… articolazione quindi apico alveolare. ● La L è una laterale… presenta come punto di articolazione gli alveoli. Articolazione apico alveolare. L’aria esce dai lati. ● Approssimanti = la loro articolazione e in prossimità della linea vocalica, appena subito dopo il superamento della linea vocalica. Come la i dei dittonghi. ● Z di zio o di zero, qui la Z è momentanea nella tenuta e continuativa nel rilascio… qui il punto di articolazione è apico alveolare. L’aria essendo che il rilascio è lento, passa facendo frizione. Pronunciamo una fricativa, UN UNICO SUONO CON UN GESTO PIÙ COMPLESSO. Come se volessimo pronunciare una T ma senza esplodere, piuttosto rilasciando. Esce fuori quindi una “ts” che unite, formano una Z dura. Si inizia quindi con il movimento della T per finire con il movimento della S. Questi suoni complessi si chiamano affricati. Gli affricati vengono segnati da un digramma = due segni. Il primo occlusivo, il secondo fricativo. Noi ne abbiamo 4 in italiano affricate: due sonore e due sorde. Il problema del dittongo Nel fiorentino sillaba aperta e chiusa determinano il dittongamento della vocale. Tanto che in Italiano noi abbiamo da PEDE = Piede Da TERRA = NON tierra ma TERRA. Ecco perché diciamo che l’italiano è creato sulla base del fiorentino. LE SILLABE O SONO CHIUSE O SONO APERTE. LA CHIUSURA O L’APERTURA IMPLICA🟠 📍È importante capire qual è la sillaba tonica di una parola. Sillaba aperta = la vocale dittonga Sillaba chiusa = la vocale non dittonga. Dittongo Non sempre diamo valore fonologico noi, particolarmente alla I o alla U. Queste lettere non sempre hanno un valore fonetico o fonologico nell’italiano, spesso sono diacritici. (Se le sillabe sono 3, anche le vocali devono essere 3… ma non sempre è così, come nell’esempio della parola MANGIARE che scomposta è MAN GIÀ RE. Il nucleo qui é la A. La I è un espediente grafico per evitare che la G accanto alla A si legga GA. La I è un espediente grafico (ha valore diacritico) messo lì per evitare che il segno G venga letto male. ● Valore diacritico = segno qualunque che mi permette di modificare i segni che stanno accanto , sopra ecc… un segno che si aggiunge ad un altro segno per modificarne il riferimento fonico. La I di mangiare è in aggiunta e va a specificare le condizioni della G. ● Es: nella parola CIAO anche la I è un valore diacritico. Ciò si nota anche dalla pronuncia che non è C I A O, ma C A O, con la C letta in un determinato modo, grazie alla presenta appunto della I. PIE/DE = La prima e, è tonica. La seconda e , è atona. La I possiamo chiamarla semiconsonante, ma comunque non è una vocale. Come si vede dalla foto, le vocali se la parola si trascrive, sono due. La I non è uan vocale. Stessa procedura con BUO/NO, non BU/O/NO. La I e la U di BUONO e di PIEDE sono approssimanti. Il nucleo di due forme vicine alla vocale é un dittongo, che viene dalla e breve Latina, in sillaba aperta che in toscano dittonga. SEI POI ● Entrambe presentano una sola sillaba. Le I, nella prospettiva del dittongo, non sono comunque vocali. ● Ci sono dittonghi detti ascendenti (stiamo salendo, la pressione va dal basso verso l alto.. si parte dalla base , “si parte piano, per aumentare la velocità”, come accade in PIEDE ) e dittonghi detti discendenti, (qui siamo già sulla massima pressione, quindi bisogna “andare verso sotto”, discendendo, come nella parola SEI, POI). Ascendente = unione di una semi vocale o vocale approssimata + una vocale Discendente = unione di un approssimante (semi vocale) e una vocale. Due vocali nella stessa sillaba quindi, una di queste con valore diacritico. ● IATO = Quando due vocali si incontrano e presentano entrambe una funzione, nessuna é diacritica. Come nel caso della parola PO/E/TA che presenta 3 sillabe e 3 vocali. DIFFERENZA TRA IATO E DITTONGO ● Iato= Unione di due vocali che fondano due sillabe diverse ● Dittongo= unione di due vocali, una delle quali (la seconda) non fonda sillaba. G + A =⬆ dza (come quando pronunciamo GIÁ 🟠prendere come riferimento tabella sopra della lezione precedente che spiega tutte le consonanti🟠 Consonanti retroflesse⬆ le D provenienti da LR latino non sono pronunciate con la punta della lingua verso gli alveoli ma sono occlusive che si articolano con la punta della lingua TRA gli alveoli. Come quando noi in siciliano CAVALLO lo pronunciamo CAVADDRU. ● Materia fonica = tutto ciò che posso riprodurre (es: i suoni come “shhh” *quando chiediamo di fare silenzio* ● Sostanza fonica= suoni che molte lingue usano per creare parole ● Fonetica = studia tutti i foni consonantici e vocalici (suoni) che hanno la possibilità di essere utilizzati in qualche lingua del mondo. Sono FONI. Suoni linguistici. ● [ta n go] il suono della n si trova nella gola.(apico alveolare) Per questo non possiamo scrivere TANGO con la N. Una persona che non parla la nostra lingua leggerebbe la N. Invece il segno in questione sarà questo… una n con la codina.🔽 CONTINUUM E GRADATUM (approfondire con file esempi) Continuum = La realtà linguistica di può interpretare meglio con un continuum, esso è il continuo, ciò che possiamo definire soltanto nei termini delle due posizioni estreme. Si può raggiungere un punto da un altro punto pienamente riconoscibile attraverso un continuum o attraverso un gradatum. (Il continuum si riferisce ad una scala , appunto, continua, una serie di elementi che variano in maniera graduale, mentre gradatum fa riferimento ad un qualcosa che si trova ad un livello distinto rispetto ad un’altra, non vi è un cambiamento continuo e graduale ma si parla di un livello ben distinto). Es: nei colori dell’arcobaleno vi è un continuum, noi etichettiamo 7 colori ma tra uno e l’altro vi sono infiniti colori. Noi con uno sforzo cognitivo interpretiamo un punto intermedio tra giallo e rosso, chiamato “arancione”. Anch’esso però è un’infinità di colori. Questa è la definizione di continuum. Tra le varietà estreme che possiamo riconoscere, vi sono una serie di condizioni intermedie… le due etichette dipendono dalla nostra esperienza e che configurano una parte di questo spettro che non sempre è interpretato dagli altri alla stessa maniera. Parliamo di un colore diverso quando si hanno più elementi che creano una “differenza rispetto ad un altro colore”.⬇ L’italiano regionale che cos’è? È una varietà di italiano che non ha tutti gli elementi che caratterizzano l’italiano che chiamiamo standard. Ma l’italiano regionale non è uno, è un agglomerato di diversi tipi di italiano regionale. Es: sono andata dal carnezziere per del tritato posandolo sulla lastra della cucina / Andai dal carnezziere per del capoliato posandolo sulla balata della cucina. In entrambi i casi si parla di italiano, ma le parole presenti nella seconda frase, sono utilizzate solo da una parte di italiani. Entrambe sono italiano, quindi entrambe fanno parte del colore arancione ad esempio, ma il primo è un arancione, il secondo è una sfumatura di esso. Parole italiane, ma non condivise da tutti gli italiani. Tutti gli italiani parlano una varietà che parlando di colori, parlano dal rosso in giù , verso l’arancione, utilizzando più o meno regionalismi. Quindi si avranno “colori/tratti più o meno forti”. Ad esempio un testo di 50 parole in cui la maggior parte sarà regionale, oppure una sola regionale. Tra ciò che è e non è regionale, si ha un asse infinita di esperienze in cui noi ci poniamo. Regionale = una varietà di italiano che risente del sostrato dialettale, non per forza però di tutta la regione,… magari facendo riferimento ad una buona fetta della regione ma non a tutta. Ogni parola detta da più persone cambia grazie alla curva melodica, cioè la distribuzione degli accenti all’interno della frase , dal ritmo e dall’intonazione. ● Prosodìa standard = eliminazione, neutralizzazione di tutti i punti che caratterizzano la provenienza di un parlante. Essa fa riferimento al ritmo, all’intonazione nel linguaggio parlato, a tutte quelle caratteristiche che fanno si che una persona possa essere riconoscibile sentendola parlare. L’italiano regionale è l’unica varietà parlata in Italia, anche dalle persone colte, sul piano della fonetica ma non solo, anche sull’uso di parole, tratti sintattici DIFFERENZA GEO SINONIMIA DA REGIONALISMO Geo Sinonimia = significati identici espressi da significanti diversi, perché distribuiti diversamente nel territorio. Es: spigola / branzino, sono sinonimi, geo parole, di pari valore nel vocabolario italiano. Al nord si usa branzino, al sud si dice spigola. Anche nei supermercati quel reparto pesce abbiamo scritto “ spigola / branzino “ , si ha consapevolezza di geo sinonimi. Es: affittare/ locare/ pigionare parole dell’italiano con pari dignità. Affittare del nord Italia, locare al sud. Pigionare si usa in Toscana. Es: anguria / cocomero / melone. Sono geo sinonimi, non sono regionalismi (quota di termini che vive in aree circoscritteo da piccole città o da macro aree o da regioni. Es: carnezzeria non è un geo sinonimo, perché circoscritto da poche zone della Sicilia… è un regionalismo). Sinonimia assoluta = non esiste. ➡Deafricazione delle fricate palatali = nel meridione. C e G subiscono deafricazione. Da C a SC (spesso diciamo portascenere non portacenere. Forbisci e non forbici). Mar. 12 Dic. La sonorizzazione delle consonanti post nasali, è un tratto diatopico in quanto è il riflesso di tratti che fanno parte di un certo dialetto appartenente ad un’area ben precisa. Ha anche un impegno diastratico… (es: non tutti i parlanti di Agrigento, dicono parole come “agrigendo “). I più anziani probabilmente lo attivano, i più giovani no. Bisogna comprendere quale sia il parametro diastratico. Tratto diatopico = coinvolge i parlanti di un’area delimitata, (es: quattro detto in siciliano)… chiaramente utilizzato da persone che abitano in aree precise della Sicilia. Il meno istruito, o i più anziani.. non tutti sistematicamente i parlanti si comportano così, ecco perché parliamo di tratto diatopico, che incrocia però il tratto diastratico. L’italiano standard presenta S sonore e sorde, sonorizzare la S sempre, si pensa che significhi avere una pronuncia migliore, in realtà non è altro che imitare i dialetti del nord. Come anche utilizzare la e chiusa, sempre utilizzata nel meridione. Ciò accade perché molte pubblicità e agenzie varie che promuovono prodotti e che arrivano a noi, sono tutti al nord. Rafforzamento fono sintattico - es: una casa / tre - ccase Alcuni bisollabi, provocano il rafforzamento della consonante della parola che segue. Questo non avviene solo in Sicilia, ma in tutta Italia da La Spezia/ Rimini , Toscana compresa, in giù. Pronunciare ad esempio a-ppiedi non è un tratto regionale, è previsto dallo standard italiano. (Es: è-vvero, è-ppure, ho-ssete). Si applica quindi spontaneamente, è una regola. Le parole che portano l’accento nell ultima sillaba come caffè, giacchè. (Es: cosìssia, perchènno) ecc… provocano il rafforzamento della consonante che segue. Anche questa, regola dell’italiano standard. Rafforzamento fono sintattico. Anche parole come “ogni - ttanto”. ● Ciò che non è comune : “da” non provoca rafforzamento da noi (es: da - soli). In Toscana invece utilizzano il rafforzamento (da-ssoli/ da-nnoi). Una parola come “davvero “ proviene dalla forma dialettale Toscana ma essendo proveniente dalla forma scritta, l’abbiamo introdotta anche noi nel nostro parlato. Se invece una parola non è scritta, non la acquisiamo. La regola del rafforzamento fono sintattico, non si applica nel settentrione. I parlanti settentrionali meno istruiti, che hanno meno contatto con la forma scritta della parola, sono coloro che tendono a pronunciare brevi anche le consonanti lunghe (es: beelo). Per loro del settentrione, rappresenta un tratto diatopico ma anche diastratico in quanto inerente a coloro che sono meno istruiti. Il settentrionale capisce che alla doppia (L) facciamo riferimento ad un allungamento. Ma coloro che sono poco o meno istruiti, parole come “pesce”, “prosciutto” che presentano naturalmente un allungamento, non lo utilizzano, perché si pensa che il prolungamento sia un tratto dialettale. In realtà non è così ed è un tratto inerente all’italiano standard.
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