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Appunti completi e integrati video-lezioni Diritto industriale, Appunti di Diritto Industriale

Vendo gli appunti presi tramite le video-lezioni, comprendenti sia integrazioni del libro sia esempi fatti dal Professore. Gli argomenti trattati sono: brevetti, marchi, diritto d'autore (con software, banche dati, design), IGP e DOP e concorrenza sleale. Voto esame orale: 30

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 17/07/2020

Ddmischief
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Scarica Appunti completi e integrati video-lezioni Diritto industriale e più Appunti in PDF di Diritto Industriale solo su Docsity! DIRITTI DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE Definizione diritto industriale: è l’abbreviazione di un’espressione più ampia, ovvero di quella di diritto della proprietà industriale. La materia si occupa in generale di tutte le attività economiche, di tutte le attività svolte da un’impresa, di qualunque settore essa appartenga, e si affaccia sul mercato proponendo al mercato propri prodotti/servizi. Definizione “proprietà industriale”: il diritto di proprietà è il diritto assoluto di cui gode un soggetto titolare di un potere e ha a disposizione di una signoria su un certo bene. Il concetto di proprietà nel diritto industriale assume un connotato diverso, ma è corretto parlare di proprietà perché si esaminano dei beni che sono oggetto non di un diritto di proprietà in senso tradizionale, ma di un diritto che ha in comune con il diritto tradizionale di proprietà la sua caratteristica essenziale, ovvero di essere un diritto esclusivo. Il diritto industriale è relativo alla creazione e alla disciplina di diritti esclusivi su determinate entità create o utilizzate dalle imprese nello svolgimento della loro attività economica. Questi beni, in senso lato, sono beni che nascono grazie ad uno sforzo creativo dell’ingegno umano. Art 1.2 Convenzione d’Unione di Parigi 20 marzo 1883: «La protezione della proprietà industriale ha per oggetto i brevetti d'invenzione, i modelli d'utilità, i disegni o modelli industriali, i marchi di fabbrica o di commercio, i marchi di servizio, il nome commerciale e le indicazioni di provenienza o denominazioni d'origine, nonché la repressione della concorrenza sleale». Ha costituito un’unione tra tutti gli stati aderenti (oggi sono quasi tutti gli stati del mondo), i quali hanno deciso di fissare e garantirsi reciprocamente un livello adeguato di protezione della proprietà industriale. • Brevetti di invenzione e modelli di utilità: sono gli strumenti giuridici con cui viene creata una esclusiva su determinate innovazioni di tipo tecnico. Uno dei più forti strumenti nella gara concorrenziale per l’impresa è dato dalla capacità di innovare o di dotarsi di innovazioni che rendono i prodotti/servizi dell’impresa più efficienti, al passo con i tempi e più economici, più dotati di caratteristiche che inducono i consumatori a preferire quei prodotti/servizi rispetto ad altri. L’innovazione di tipo tecnico viene protetta con un sistema di diritti esclusivi che sono creati attraverso i brevetti di invenzione e i modelli di utilità. • Disegni e modelli industriali: si parla di innovazioni relative all’aspetto estetico, o comunque di presentazione del prodotto o del suo packaging à una parte importante della gara concorrenziale oggi si gioca sulla capacità di progettare un industrial design appetibile per il consumatore e che possa indurlo a preferire quel prodotto dato il particolare design. Il diritto della proprietà industriale costituisce delle esclusive a favore di chi abbia realizzato un dato design: tale soggetto potrà essere l’unico a poterlo sfruttare nell’attività economica, escludendo i terzi. • Marchi di fabbrica o di commercio, i marchi di servizio, il nome commerciale: si tratta di una parte ampia del diritto industriale, che è quella dei “segni distintivi”: sono i segni con cui l’imprenditore identifica sul mercato i propri prodotti/servizi à permette al consumatore di compiere delle scelte d’acquisto guidato dalla presenza di un determinato segno, che contraddistingue il prodotto/servizio e che permette al consumatore di comprendere quali sono le caratteristiche di quel prodotto/servizio e da quale imprenditore proviene/è offerto sul mercato. • Indicazioni di provenienza o denominazioni d’origine: è il campo delle “produzioni tipiche”. La parte della proprietà industriale che protegge le indicazioni di provenienza e le denominazioni d’origine dei prodotti tipici serve a riservare in esclusiva ai produttori di questi prodotti e ai consorzi di tutela, lo sfruttamento del nome che identifica il prodotto tipico. • Repressione della concorrenza sleale: non si parla di un diritto di proprietà industriale, ma di regole di comportamento/condotta sul mercato che sono necessarie affinchè i diritti di proprietà industriale siano rispettati, affinchè le imprese possano competere sul mercato in un regime di correttezza, onestà, evitando di conquistare clientela a scapito di dei concorrenti, con mezzi illeciti e disonesti/scorretti. L’oggetto del diritto industriale sono sempre le creazioni dell’ingegno umano; l’impresa si affaccia sul mercato, compete sul mercato e mira a prevalere nella gara concorrenziale proprio grazie alla capacità di dotarsi di creazioni, di innovazioni, di elementi attrattivi per il consumatore, che siano in grado di conferirle quel vantaggio competitivo che porta il consumatore a preferire i prodotti/servizi di quell’impresa. L’impresa può conseguire questo risultato (prevalere nella gara concorrenziale) attraverso creazioni e innovazioni, agendo su due versanti: 1. Versante interno all’impresa: l’impresa cerca di dotarsi di strumenti per prevalere nella gara concorrenziale e tipicamente si dota di tali strumenti innovando o sfruttando innovazione acquisita, nel campo tecnologico (fornire un prodotto altamente tecnologico) e sul piano della presentazione del prodotto/servizio (piano di capacità di innovare il design del prodotto). 2. Versante esterno della comunicazione con il pubblico/mercato: intervengono i segni distintivi (principale strumento di comunicazione col pubblico) e anche il design, che nella misura in cui diventa un design appetibile che orienta le scelte di acquisto del consumatore, può a sua volta essere considerato uno strumento di comunicazione al mercato. CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE (10 febbraio 2005 n°30) È uno strumento normativo che ha raggruppato in un unico testo di legge tutte le norme in tema di proprietà industriale che prima erano sparse in leggi diverse. Art 1. Codice della proprietà intellettuale: «Ai fini del presente codice, l'espressione proprietà industriale comprende marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, segreti commerciali e nuove varietà vegetali». Qui emergono anche alcune ulteriori realtà che sono emerse nel corso del tempo e non erano state considerate nella Convenzione d’Unione di Parigi, ovvero le topografie dei prodotti a semiconduttori, segreti commerciali e le nuove varietà vegetali. DIRITTI D’AUTORE E DIRITTI CONNESSI Il diritto d’autore ha avuto una tradizione diversa da quella della proprietà industriale. Convenzione di Unione di Berna (CUB) del 9 settembre 1886 per la protezione delle opere letterarie ed artistiche à mentre la proprietà industriale era stata inclusa e regolata nel 1883 nella CUP, al diritto d’autore è stata dedicata una diversa convenzione. Anche questa convenzione era d’unione, ovvero istitutiva di un’unione di stati che condividevano dei principi base sulla tutela dei diritti d’autore. Anche alla base di questa convenzione, c’era il concetto che le opere protette con il diritto d’autore dovessero esserlo con il sistema delle esclusive, ovvero creando un diritto volta a cercare questo giusto bilanciamento à tutelare l’innovazione con dei diritti esclusivi, ma nella misura e non oltre la misura in cui questa tutela è funzionale ad un buon corretto funzionamento del mercato; al tempo stesso, si vuole evitare che il monopolio sia troppo ampio, e quindi prevedere che oltre i confini dell’esclusiva ci sia una completa area di libertà, dove gli altri operatori del mercato sono liberi di operare a vantaggio anche dei consumatori. Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea: art. 17.2 della Carta: «La proprietà intellettuale è protetta». È protetta, ma sempre in un’ottica di coordinamento e di bilanciamento con altri diritti fondamentali, tra cui quello di iniziativa economica degli altri operatori del mercato e quello dei consumatori. Il diritto industriale disciplina molta parte del momento operativo della vita dell’impresa (innovazione interna – comunicazione al mercato). BREVETTI: principi fondamentali INVENZIONE E BREVETTO Il campo in cui si colloca questa disciplina è quello delle innovazioni di tipo tecnologico. L’innovazione tecnologica è uno strumento competitivo, in quanto mette chi la detiene in condizione di offrire prodotti e servizi tendenzialmente più appetibili al mercato. Ma l’innovazione tecnologica è anche uno strumento di vantaggio per la collettività che vuole beneficiare dei frutti del progresso tecnico. Dal punto di vista imprenditoriale (quindi dal pov dell’impresa che innova, che investe in R&S per creare innovazione al suo interno o per acquisire dall’esterno una innovazione creata da altri), il problema principale che si pone, in una prospettiva giuridico/legale, è quella della tutela di questa innovazione. La tutela è necessaria perché: • Da un lato l’impresa deve poter avere una ragionevole prospettiva di guadagno à l’impresa può ragionevolmente compiere delle scelte di investimento in R&S se ha una prospettiva di rientro di questi investimenti e di fare profitto con i frutti della ricerca. • Al tempo stesso, dal pov della collettività, vi è l’esigenza/interesse del pubblico ad avere a disposizione i frutti di una tecnologia in costante progresso à è necessario che l’impresa deve essere incentivata a investire nella R&S. Il problema pratico dell’innovazione tecnologica è che si tratta di una creazione per sé non proteggibile con gli strumenti classici della proprietà e del possesso. • Le innovazioni/creazioni sono tutte costituite da beni “immateriali” (il concetto innovativo, il logo o parola che costituiscono il marchio…), che si estrinsecano in un prodotto tangibile, ma in sé l’idea innovativa che sta alla base delle entità è un’idea immateriale. Del diritto privato la prima forma di tutela di un bene è quella del possesso esclusivo (privato cittadino che detiene/ha il possesso di un determinato bene e detenendolo lo sottrae alla disponibilità degli altri) à questo non è possibile per un bene immateriale (invenzione/marchio): non ho strumenti fattuali/modi pratici di auto-tutela concreta per impedire che chiunque copi quel marchio/invenzione e la replichi nei suoi prodotti, mettendo sul mercato dei prodotti-copia. • Essendo beni immateriali, hanno un’altra caratteristica che ne rende difficile la tutela, ovvero: sono beni suscettibili di un uso plurimo-simultaneo à non c’è un bene tangibile tutelabile con il possesso in esclusiva. È possibile proteggerli solo attraverso strumenti di creazione legale: vengono create per legge delle esclusive, ovvero stabilendo per legge che quel bene è riservato/può essere utilizzato solo da chi ha diritto di averlo (l’inventore) e stabilendo altresì che chi non rispetta questo divieto/esclusiva, può essere soggetto a sanzioni à in termini pratici, può essere chiamato in giudizio davanti ad un giudice che lo punirà per aver violato l’esclusiva altrui ed irrogherà delle sanzioni a suo carico: • Ordine di cessare la condotta illecita • Pagamento delle somme di denaro a risarcimento dei danni provocati con la violazione e come deterrente rispetto a possibili violazioni future BREVETTO PER INVENZIONE: strumento creato dalla legge con cui si assicura a chi realizza un’invenzione di tipo tecnico un diritto di esclusiva sull’invenzione stessa. Si parla di un’invenzione di tipo tecnico: i brevetti per invenzione riguardano esclusivamente il mondo della tecnica; altri tipi di innovazione in settori diversi, non sono oggetto di brevetto à sono protette ma da strumenti diversi da quelli del brevetto. Solitamente queste invenzioni non tecniche sono protette attraverso la disciplina dei segreti aziendali e del know-how, e per le innovazioni di tipo estetico anche attraverso la disciplina dei modelli e disegni registrati e non, e del diritto d’autore. L’innovazione è il dato di fatto: ovvero il conseguire un’innovazione tecnica; il dato giuridico è il brevetto: è lo strumento legale di tutela che interviene sul dato di fatto (invenzione, il bene protetto) per proteggerlo. INVENZIONE: soluzione originale di un problema tecnico à ci sono due concetti centrali della materia brevettuali: • Problema tecnico: è costituito da qualunque ostacolo/difficoltà che richiede una soluzione (i.e. problema dell’eccessivo surriscaldamento di un macchinario durante il suo utilizzo) • Soluzione originale del problema tecnico: è l’apporto originale dell’inventore à l’inventore interviene e riesce a capire in modo originale/inventivo come risolvere il problema tecnico (i.e. l’inventore mette a punto un dispositivo che evita il surriscaldamento o costruisce il macchinario in modo diverso che risolve il problema del surriscaldamento). Non necessariamente l’invenzione, per essere protetta come brevetto, deve essere una soluzione originale di un problema risolto per la prima volta: ovvero, è possibile che un problema tecnico sia stato risolto in un certo modo, ma questo non esclude che l’inventore possa trovare una diversa/miglior soluzione di quel problema à per avere un valido brevetto, non è richiesto che l’inventore risolva un problema prima mai risolto. Molte volte, si assiste a situazioni in cui il problema è già risolto e l’invenzione consiste nel risolverlo in maniera più efficiente. Unendo il dato di fatto (invenzione) e il dato giuridico (brevetto), si ha un diritto di esclusiva di matrice legale sul dato di fatto (sul bene immateriale costituito dall’invenzione). DIRITTO D’ESCLUSIVA: diritto di sfruttamento esclusivo dell’invenzione. Il titolare del brevetto è l’unico soggetto che può utilizzare l’invenzione, sia nel senso che può decidere in autonomia se e come sfruttare l’invenzione, sia nel senso che può vietare a tutti i terzi di sfruttare l’invenzione senza il suo consenso. L’esclusiva ha: 1. Una componente positiva: è il diritto pieno del titolare di decidere in autonomia se e come sfruttare l’invenzione à il titolare, avendo un’esclusiva, può compiere tutte le scelte strategiche di sfruttamento dell’invenzione, quindi può decidere ad esempio se sfruttarla direttamente (utilizzarla direttamente per offrire propri prodotti o servizi) oppure può decidere di monetizzare il valore del brevetto vendendolo ad un terzo (tipico di brevetti conseguiti da enti di ricerca/università che non svolgono un’attività imprenditoriale sul mercato). Si può procedere ad uno sfruttamento del brevetto tramite una politica di licenza: è un modo molto comune per sfruttare i vantaggi economici/competitivi che il brevetto conferisce. 2. Una componente negativa: è quella tipica di tutti i diritti assoluti caratterizzati dalla facoltà di escludere terzi dal godimento di un dato bene à in questo caso, l’aspetto negativo è il diritto di vietare a tutti i terzi di sfruttare l’invenzione senza il suo consenso. FUNZIONI DEL BREVETTO Parlando di funzioni ci riferiamo alle finalità perseguite dal legislatore nel creare e nel disciplinare l’istituto brevettuale. La legge deve avere degli scopi, deve perseguire delle finalità non solo nell’interesse del singolo, ma possibilmente nell’interesse della collettività. • Stimolo del progresso tecnico: incentivo all’innovazione derivante dall’esistenza di un diritto di esclusiva che assicura al titolare un profitto monopolistico ed evita che gli investimenti in ricerca e sviluppo siano vanificati dallo sfruttamento dell’invenzione da parte di terzi. Questo si collega al fatto che l’invenzione è un bene immateriale, e non può essere protetta con i sistemi tipici del possesso: è un bene immateriale che ha bisogno di una protezione giuridica per poter essere tutelato. • Divulgazione dell’invenzione brevettata: il testo del brevetto illustra l’idea inventiva e rivela informazioni tecniche che accrescono il patrimonio collettivo di conoscenze, favorendo ulteriori innovazioni. Il vantaggio per la collettività consiste nel fatto che senza questa tutela brevettuale, la collettività si troverebbe in una situazione nella quale di quella innovazione non potrebbe beneficiare, perché quell’innovazione non esisterebbe à il dato è prettamente economico: l’imprenditore non investirebbe ingenti somme nella ricerca se il risultato non possa essere brevettato e quindi protetto, ovvero se sapesse che può essere copiato da altri a costo 0 e immesso nel mercato: vi deve essere un ritorno economico (ROI + profitto). Stimolo al progresso tecnico: vi è il caso in cui l’esame del prodotto finito posto sul mercato non consente di risalire all’idea inventiva che sta alla base del prodotto: è il caso in cui il cosiddetto reverse engeneering (ingegneria che non parte dalle materie prime per arrivare al prodotto finito, ma parte dal prodotto finito e lo scompone per risalire al modo in cui il prodotto è fatto) non è possibile à di solito avviene nel campo della chimica, quando il prodotto immesso sul mercato è ottenuto con una formula complessa, con un processo di sintesi così elaborato che non è possibile risalire dal prodotto finito all’idea inventiva (formula chimica ed i processi per ottenere il prodotto). In tal caso l’invenzione sarebbe essere protetta attraverso il segreto commerciale: solo lo strumento brevettuale dà la certezza a chi ha investito in ricerca di avere un monopolio sul risultato della ricerca, e di escludere i terzi per legge dallo sfruttamento di questo risultato. La legge deve garantire che vi siano le condizioni per il successo imprenditoriale, creando il sistema brevettuale, garantendo anche che vi sia, a beneficio della comunità, un incentivo ad investire in ricerca. Quindi si parla di “stimolo al progresso tecnico” perchè senza l’esclusiva (sicurezza di una possibilità di guadagno sull’invenzione) l’investimento in ricerca non verrebbe compiuto. Il brevetto ha anche una funzione fondamentale di divulgazione e accrescimento delle conoscenze tecniche: questo perché nel descrivere l’invenzione nella domanda di brevetto, ovvero nel dire che cosa ha inventato e che cosa desidera che sia protetto, l’inventore fornisce una serie di non la si può sfruttare à l’inventore per ottenere il brevetto deve descrivere in modo chiaro e completo la sua invenzione nel testo della domanda di brevetto. Definizione della sufficiente descrizione: una descrizione è sufficiente solo se un terzo, esperto del settore tecnico in cui si colloca l’invenzione, leggendo il testo del brevetto è in grado di comprendere in che cosa consiste l’invenzione e come la si può mettere in pratica; solo in questo caso si ha un’effettiva divulgazione dell’invenzione e il sistema funziona. CONCLUSIONI Come si articola la “logica di scambio” tra inventore e collettività: • L’inventore rivela nella domanda di brevetto la sua invenzione e ottiene in cambio la sicurezza di una tutela esclusiva di ragionevole durata, tendenzialmente sufficiente a remunerarlo e a dargli un adeguato vantaggio competitivo. L’inventore deve dare in cambio la conoscenza che ha ottenuto per arrivare a quell’idea inventiva, quindi deve descrivere in modo attuabile la sua invenzione nella domanda di brevetto. • La collettività, in cambio dell’esclusiva conferita al titolare del brevetto (=sacrificio: pagano dei prodotti con un prezzo più alto, dovuto anche alle tutele brevettali), ottiene il vantaggio di un incremento di conoscenze (rivelate dalla domanda di brevetto) e di un generale miglioramento dei prodotti o dei servizi offerti sul mercato grazie all’innovazione stimolata dal brevetto; • Al tempo stesso i terzi concorrenti del titolare del brevetto trovano nei limiti inderogabili (i.e. limiti temporali) alla tutela previsti dalla legge la garanzia che il titolare non godrà di una tutela eccessiva, ossia di una ingiustificata sovra-protezione con effetti distorsivi del mercato. Brevetti: entità brevettabili OGGETTO DEL BREVETTO Nella materia dei diritti esclusivi di proprietà intellettuale, l’architettura della legge ha dei tratti comuni: nel senso che, il legislatore procede in questo modo: 1. TIPO DI ENTITÀ PROTEGGIBILE: delinea quali sono le entità che possono essere protette in base a quella branca della proprietà intellettuale à identifica tipologicamente le creazioni che possono essere protette in base ad una determinata disciplina. Nel caso dei brevetti, ciò che può essere protetto sono le invenzioni di carattere tecnico. 2. IDENTIFICAZIONE REQUISITI DI VALIDITÀ: ovvero caratteristiche che queste entità devono possedere per “meritare” nel caso concreto la protezione: non basta che un’entità appartenga alla tipologia prevista, occorre che abbia anche determinate caratteristiche. Nei brevetti, ad esempio, non tutte le invenzioni di tipo tecnico sono brevettabili, ma solo quelle che raggiungono un certo grado di originalità. 3. AMBITO DELL’ESCLUSIVA: una volta arrivati ad avere una valida esclusiva, la legge precisa quali sono i contenuti di questa esclusiva, ovvero disciplina quali sono le facoltà attribuite in esclusiva al titolare della privativa/esclusiva e quali sono le attività alle quali l’esclusiva non si estende. à identifica da un lato ciò che il titolare può fare in esclusiva, ovvero i modi in cui può disporre della sua esclusiva, e da un lato identifica ciò che è lecito o illecito da parte dei terzi. Ovvero, una volta identificata l’esclusiva sappiamo quando i terzi compiono un’attività che interferisce con questa esclusiva e ne costituisce una violazione (contraffazione= violazione di un diritto esclusivo di proprietà intellettuale) e quando invece i terzi hanno una condotta perfettamente lecita in quanto non interferente con l’esclusiva. 4. POSSIBILI FENOMENI PATOLOGICI: le discipline dei diritti di proprietà intellettuale prevedono delle norme sulle “nullità e decadenze”, ovvero fenomeni patologici che portano ad una cancellazione del diritto esclusivo. Le cause di nullità si hanno quando si riscontra, dopo la concessione di un titolo di proprietà intellettuale che non doveva essere concesso in quanto non vi erano i requisiti per concederlo (presenza di vizi originari). Le cause di decadenza sono fattori sopravvenuti nel corso della vita dell’esclusiva che sono incompatibili con il proseguire nel tempo dell’esclusiva à questi fatti pongono un termine all’esclusiva. In entrambi i casi si ha la perdita del diritto esclusivo: nel caso di nullità il diritto si perde dall’inizio, come se non fosse mai esistito, mentre nel secondo caso il brevetto è valido fino ad un certo momento e cessa di esistere nel momento in cui si verificano determinati fatti sopravvenuti. Le convenzioni che fissano i principi base del brevetto: • A livello internazionale: la Convenzione d’Unione di Parigi (1883) e gli Accordi TRIPs (1994). • A livello Europeo, ci sono la Convenzione sul brevetto Europeo (1973) che è più dettagliata e ampia della Convenzione di Parigi e dei TRIPs. A questa convenzione si è allineata la nostra legislazione italiana (codice della proprietà industriale). Possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni di ogni settore della tecnica, a condizione che siano nuove, implichino un’attività inventiva e siano atte ad avere un’applicazione industriale (art. 45.1 Codice della Proprietà Industriale - c.p.i.; art. 52.1 Convenzione sul Brevetto Europeo - CBE). Si tratta di una norma che costituisce una sorta di riassunto di tutto ciò che viene dopo in tema di entità brevettabili e di requisiti di validità. • Ambito dell’individuazione delle entità brevettabili: il riferimento a «ogni settore della tecnica», ciò ha diverse valenze: 1.1. È materia di brevetto l’innovazione di carattere tecnico. 1.2. “Ogni settore”: significa che non ci sono settori della tecnica per i quali non è possibile la brevettazione à significa che tutte le innovazioni di natura tecnica, in qualunque settore si collochino, possono essere oggetto di brevetto. Questa norma ha un significato forte per il settore delle biotecnologie, in particolare per il settore della ricerca sul vivente, nel senso che in questo settore vi erano posizioni ideologiche molto forti contro la brevettabilità della ricerca sul vivente (campo biotecnologico = ricerca sul genoma umano): si sono posti dei limiti di carattere etico alla brevettazione, ma in sé le innovazioni in questo settore possono aspirare al brevetto. 1.3. Significa anche che le innovazioni non tecniche - ad esempio, innovazioni in campo estetico (proteggibili con disegni e modelli e diritto d’autore) o di natura commerciale (proteggibili con know-how riservato) - non sono proteggibili con un brevetto. • Ambito dei requisiti di validità: “a condizione che..” Tipi di brevetto: • Brevetti di prodotto: questa innovazione può riguardare sia la creazione di un nuovo prodotto, con una data funzione (i.e. composto chimico) • Brevetti di procedimento: procedimenti di fabbricazione: quando servono a fabbricare un prodotto e procedimenti di lavorazione quando si tratta di lavorare un prodotto già esistente. • Brevetti di nuovo uso: non sono una vera e propria terza categoria di brevetti, ma si collegano ai brevetti di prodotto e riguardano i casi in cui un prodotto è già noto/conosciuto ma viene individuato un nuovo uso del prodotto in questione. Per questa ipotesi la legge precisa che già sia noto il prodotto in sé, non esclude che possa essere ri- brevettato in funzione del nuovo uso à non è un’estesa della prima tutela, si costituisce una “nuova” invenzione meritevole di tutela, che riguarda solo il nuovo uso e non il prodotto in sé in quanto già noto. La distinzione tra le due è imposta dalla legge e da essa dipende l’applicazione di particolari regole e l’ambito di estensione del brevetto, ovvero il contenuto del diritto di esclusiva. La definizione dell’invenzione come soluzione originale di un problema tecnico impone di affermare che è essenziale, affinchè sia brevettabile, l’indicazione dell’uso cui il prodotto o il procedimento di nuova realizzazione sono destinato à problema per le invenzioni di prodotto. LE INVENZIONI DERIVATE: Si presentano come derivazione da una precedente invenzione à sono invenzioni: 1. Perfezionamento: tale invenzione offre una soluzione, in forme diverse, di un problema tecnico già risolto da una precedente invenzione. 2. Combinazione: realizza un risultato tramite il coordinamento nuovo ed originale di elementi e mezzi già conosciuti. 3. Traslazione: applica ad un settore diverso un’invenzione nota in un altro settore, traendone un risultato nuovo e originale. LE INVENZIONI DIPENDENTI: Quando l’attuazione di una invenzione richiede l’uso di un prodotto o di un procedimento coperto da un brevetto anteriore à sono le invenzioni di perfezionamento e di combinazione, mentre sono escluse quelle di traslazione. L’attuazione della innovazione dipendente integra contraffazione del precedente brevetto, e quindi può essere legittimata solo dal consenso del titolare del brevetto precedente. Il titolare dell’invenzione dipendente viene favorito dalla legge tramite la regola che gli consente di ottenere una licenza obbligatoria per l’attuazione della precedente invenzione, se il titolare del relativo brevetto non concede una licenza volontaria. Prima categoria: ENTITÀ CHE NON SONO CONSIDERATE INVENZIONI Le entità non brevettabili possono essere distinte in due categorie. 1. Entità che non sono considerate invenzioni (art. 45.2 e seguenti, c.p.i. e art. 52.2 CBE), ovvero sono entità che il legislatore non considera invenzioni intese come soluzioni di problemi tecnici: sono attività che non fanno parte del mondo della tecnica e per questo motivo non posso essere considerate delle invenzioni. 1.1 Scoperte, teorie scientifiche e metodi matematici: si tratta di mere teorie/metodi astratti/principi/leggi della fisica che sono sì frutto di un esercizio intellettuale di chi le ha concepite/scoperte, ma in sé non hanno un’applicazione tecnica, ovvero non sono la soluzione ad un problema tecnico à vi è un apporto di conoscenza, che però non è stata ancora impiegata a risolvere un problema tecnico. 1.2 Piani, principi e metodi per attività intellettuali, per gioco o per attività commerciale, programmi per elaboratore (software): meri principi astratti di metodi per svolgere attività riconducibili all’ingegno umano ma non dotate di una valenza tecnica. Vi è un riferimento esplicito all’attività commerciale: inventare una strategia commerciale vincente è rilevante ma non si colloca nel mondo della tecnica, quindi non è brevettabile. Sono sempre brevettabili i procedimenti micro-biologici e i prodotti ottenuti attraverso procedimenti micro-biologici: sono quindi brevettabili i micro-organismi e i relativi procedimenti. Procedimenti essenzialmente biologici di produzione di animali o vegetali: non sono brevettabili, ma lo sono i procedimenti per la produzione di animali o vegetali che non siano essenzialmente biologici à sono procedimenti in cui l’intervento dell’operatore umano svolge un ruolo essenziale. È consentita la brevettazione di procedimenti essenzialmente biologici che hanno obiettivi diversi dalla produzione di animali o vegetali. Sono però brevettabili [art. 45.5 c.p.i. e art. 53, lett. b) e c), CBE] (da leggere in corrispondenza dell’articolo sopra): 1. Procedimenti microbiologici e prodotti ottenuti mediante questi procedimenti: quindi significa che il metodo in sé, inteso come serie di passaggi, non è brevettabile, ma i macchinari, gli strumenti, le sostanze etc che servono per applicare il metodo, possono essere brevettati (i.e. pinza chirurgica di nuova concezione può essere brevettata) à tutto quello che serve per attuare il metodo è brevettabile. 2. Prodotti, in particolare sostanze o composizioni, per l’uso di uno dei metodi indicati dagli artt. 45.4 c.p.i. e 53 CBE. REQUISITI DI VALIDITÀ DEL BREVETTO Il brevetto deve essere concesso solo ad innovazioni che effettivamente meritino i 20 anni di esclusiva di monopolio; non devono essere “premiate” innovazioni che, anche se tali, sono di poco rilievo. Per essere validamente brevettabile un’invenzione (o «trovato») deve presentare i requisiti di: 1. Industrialità (art. 49 c.p.i. e art. 57 CBE) 2. Novità (artt. 46 e 47 c.p.i. e artt. 54 e 55 CBE) 3. Attività inventiva (originalità) (art. 48 c.p.i. e art. 56 CBE) 4. Liceità [art. 50 c.p.i. e art. 53, lett. a), CBE] Requisito della sufficiente descrizione: perché il brevetto sia valido occorre inoltre una sufficiente descrizione dell’invenzione nel testo del brevetto stesso (art. 51 c.p.i. e art. 83 CBE) à così può essere compresa ed essere messa in atto (beneficio per la comunità). Se il brevetto non contiene una descrizione sufficiente, il brevetto è nullo: la sanzione è la perdita del brevetto. I primi 4 requisiti attengono intrinsecamente all’invenzione, ovvero riguardano caratteristiche che l’invenzione in sé deve avere per poter essere brevettata. Il requisito della sufficiente descrizione non riguarda l’invenzione in sé, ma al modo di scrivere/redigere la domanda di brevetto in modo da rendere chiaro in che cosa consiste l’invenzione (si pone sul piano della chiarezza espositiva del contenuto dell’invenzione). INDUSTRIALITÀ art 49 cpi L’invenzione è atta/idonea ad avere un’applicazione industriale se il suo oggetto può essere fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di industria (art. 49 c.p.i. e art. 57 CBE), compresa quella agricola à chiarimento che serve a farci vedere che per “industrialità” non si intende solo qualcosa che attiene ad un’attività qualificabile con industriale. Con “industrialità” ci si riferisce da una parte ad un’attività economica, dall’altra ad un’innovazione che all’interno di un’attività economica si presta ad avere un’applicazione di tipo tecnico. Applicazione industriale: applicabilità tecnica per la soluzione di un problema tecnico dell’innovazione all’interno di qualsiasi attività economica industriale/agricola etc. “Se il suo oggetto può essere..” - Fabbricalità industriale “Fabbricato”: brevetto di prodottoà la fabbricabilità industriale implica la ripetibilità del processo di fabbricazione per un numero non finito di volte con risultati costanti. Esige che l’invenzione si proponga con scopo tecnicamente raggiungibile, quindi non sarebbe brevettabile l’invenzione che si prefigge uno scopo teoricamente irraggiungibile. • Utilizzabilità industriale “Utilizzato”: esige che l’invenzione funzioni secondo il suo scopo, riuscendo a conseguire realmente e costantemente il risultato promesso à sarebbe prima di industrialità l’invenzione che, pur proponendosi di conseguire un risultato teoricamente raggiungibile, non è però di fatto in grado di ottenerlo. Perché si fa questa distinzione? Questa norma ci dice che l’idea innovativa alla base dell’invenzione deve mettere capo in modo prevedibile, costante, ripetibile ad un certo prodotto o al risultato di un certo procedimento. à Non è dotato del requisito dell’industrialità un prodotto/procedimento la cui attuazione non è sicura ma dipende dalla pura casualità. ESEMPIO: vogliamo brevettare un certo composto chimico; il brevetto descrive il modo di ottenere questo composto chimico, rivendica la protezione sul composto ma poi emerge che il fatto che si arrivi o meno a quel composto è aleatorio: manca una sicurezza di applicabilità dell’invenzione, in quanto è lasciata al caso. Due accezioni di industrialità: - Per aversi industrialità occorre che l’oggetto del brevetto sia tecnicamente realizzabile e che possa essere riprodotto (o «funzionare») con caratteri costanti. L’invenzione non deve essere in contrasto con leggi della fisica: l’esempio classico è il “moto perpetuo”, che non esiste à se voglio brevettare un prodotto/procedimento che è in contrasto con le leggi della fisica, manca di nuovo l’industrialità perché quell’oggetto/procedimento non è oggettivamente realizzabile secondo le leggi naturali. - L’industrialità non coincide né con l’utilità, né con la materialità dell’invenzione: anche se molte invenzioni hanno un carattere utile e materiale, questi elementi non sono necessari per avere industrialità. 1. Materialità: significa che l’idea inventiva si estrinseca in un oggetto materiale. Può esserci un’invenzione che non riguarda un’oggetto materiale: i.e. un processo per disperdere la nebbia oppure l’applicazione di una legge fisica per controllare e misurare l’andamento di un processo industriale, queste invenzioni non hanno materialità e si esauriscono nell’ottenere un dato utile tecnico di controllo senza che diventi un prodotto à si ha un’invenzione brevettabile anche se non si ha materialità. 2.Utilità: si intende il semplice fatto che l’invenzione funziona e che serva a risolvere un problema tecnico à l’invenzione deve poterlo per forza fare, altrimenti non è un’invenzione. Quando si dice che non è necessaria un’utilità, si intende che non è necessaria l’utilità comparativa, ovvero un vantaggio apportato dall’invenzione rispetto alle conoscenze note. Significa che in teoria è brevettabile anche una idea di soluzione originale di un problema tecnico che, rispetto allo stato di conoscenza esistente, comporti un regresso della conoscenza, o non dà dei vantaggi rispetto alle conoscenze già esistente. Il problema è che l’invenzione non avrebbe un mercato e un valore commerciale. La legge non preclude la brevettazione di un’idea inventiva per il solo fatto che non dia un’utilità comparativamente maggiore. Il problema dell’utilità: Al requisito dell’industrialità viene agganciato il problema dell’utilità dell’invenzione, intenso come: • Utilità comparativa: l’invenzione deve essere più utile dei trovati già noti e abbia rendimenti maggiori • Esigenza di indicazione dell’uso cui l’invenzione è destinata La regola cardine è: ciò che si vuole brevettare, per poter essere brevettato, deve avere un’applicazione tecnica. Il problema dell’industrialità è molto diffuso nel campo delle invenzioni bio-tecnologiche à i.e. quando si deve brevettare il genoma di un virus in funzione della produzione di vaccini, un problema è il fatto che il virus è soggetto a mutazioni, quindi quel genoma può avere delle varianti rispetto alla sequenza genomica rivendicata nel brevetto à si risolve il problema dicendo che, se l’oggetto del brevetto è materia vivente, si considera comunque soddisfatto il requisito di industrialità finchè le mutazioni si mantengono in un range scientificamente accettabile. NOVITÀ art 46 e 47 cpi Definizione: un’invenzione è nuova se non è compresa nello stato della tecnica à il senso generale della norma è di stabilire che una invenzione/ciò che si assume essere un’invenzione deve essere diversa da una conoscenza già esistente (art. 46 e 47 c.p.i. e art. 54 e 55 CBE). La novità quindi deve essere assoluta e universale. I fatti distruttivi della novità sono: predivulgazioni e anteriorità. Anteriorità: conoscenze, brevettate o non, diffuse in qualunque modo in Italia o all’estero, anteriormente alla data di deposito della domanda di brevetto, siano esse note o meno all’inventore. Costituiscono anteriorità: 1. Domande di brevetto anteriori e già pubblicate (quindi rese note al pubblico) 2. Descrizioni delle invenzioni fatte in pubblicazioni scientifiche o tecniche 3. Vendita, offerta d vendita, pubblicità ed esposizione del prodotto che incorpori l’invenzione, permettendo agli altri di comprendere in cosa consiste l’invenzione 4. Le domande di brevetto italiane o europee che siano ancora segrete. Il fatto distruttivo della novità non è la pura esistenza di una anteriorità, bensì la sua accessibilità al pubblico. Per quanto riguarda le anteriorità costituite da un uso anteriore altrui, esse producono distruzione della novità solo se si tratta di un uso che provoca accessibilità al pubblico dell’invenzione stessa à se invece l’uso anteriore si svolge in segreto, esso non impedisce la successiva brevettazione; ma al primo utilizzatore viene concesso il diritto di preuso. L’esame della novità si svolge confrontando l’invenzione con ciascuna delle anteriorità à si ha assenza di novità solo se si ha coincidenza totale tra l’invenzione ed una delle anteriorità. Se cosa si tratta. Nel caso della descrizione orale, ad esempio nel convegno scientifico, ciò che rileva è che ci sia un pubblico di esperti che riescano a capire il significato di quello che il relatore sta dicendo e farlo proprio: la descrizione orale consente l’accessibilità se è fatta a persone in grado di comprendere il significato tecnico della descrizione, di farlo proprio e di trasmetterlo. Se voglio dimostrare che una conoscenza è entrata a far parte dello stato della tecnica tramite una descrizione orale, non posso limitarmi a dire che c’è stata la descrizione, ma devo dar prova che è stato fatta verso un pubblico che l’ha recepita e compresa, altrimenti non è rilevante perché non è accessibile. 5.DEROGA ALLA REGOLA DELL’ACCESSIBILITÀ: è una deroga che vale solo per il giudizio di novità. Esiste per legge un periodo iniziale di 18 mesi, a partire dal momento del deposito di domanda del brevetto, in cui la domanda di brevetto è segreta, ovvero non è pubblica, ovvero non accessibile. Dopo questo periodo è pubblica ed accessibile; questo comporta che se in questi 18 mesi un altro soggetto deposita una domanda di brevetto sulla stessa invenzione, a rigore, la prima domanda di brevetto non è accessibile e quindi non toglie novità à quindi si avrebbero 2 brevetti sulla stessa invenzione. La legge vuole evitare questo esito, ma non vuole introdurre uno strappo rilevante alla regola dell’accessibilità à ha introdotto questa norma secondo la quale, eccezionalmente, in modo fittizio, si considerano pure comprese nello stato della tecnica, anche se non sono ancora accessibili, ai soli fini del giudizio di novità, le domande di brevetto italiano e le domande di brevetto europeo designanti l’Italia che siano ancora segrete (non pubblicate) al momento del deposito della successiva domanda di brevetto (art. 46.3 c.p.i.; art. 55 c.p.i. per le domande internazionali; artt. 54.3 e 139 CBE). La regola è che le domande anteriori, ancora segrete, si considerano in via fittizia parte dello stato della tecnica, ma solo se sono domande di brevetto destinate a portare ad una brevettazione nel/con efficacia nel territorio italiano. Se invece sono domande di brevetto ancora segrete, ma estere, non rivendicanti protezione in Italia, non si considerano parte dello stato della tecnica. Per ottenere protezione brevettuale in Italia ci sono 3 strade: 1. Brevetto nazionale italiano 2. Brevetto nazionale depositato all’ufficio dei brevetti europeo a Monaco di Baviera, che rivendichi una protezione per il territorio italiano 3. Domanda internazionale (unica) depositata in base ad un accordo di cooperazione in materia di brevetti: si fa un deposito unico che si ramifica negli uffici nazionali degli stati in cui si vuole protezione Ma le domande di brevetto anteriori fanno parte o no dello stato della tecnica? Bisogna distinguere il periodo in cui le domande sono segrete e il periodo in cui le domande vengono pubblicate. Se si è nel secondo periodo, non ci sono problemi: la domanda è accessibile e quindi fa parte dello stato della tecnica. Se invece la domanda è ancora segreta, si deve andare a vedere se è una domanda che rivendica una protezione nel territorio italiano: se sì, in via fittizia, si ritiene che anche quella domanda segreta faccia parte dello stato della tecnica. Se invece la risposta è no, magari c’è una domanda anteriore segreta nazionale francese e quindi destinata a dare protezione in quel territorio, quella domanda ancora segreta non viene considerata nello stato della tecnica. Quindi la norma evita una doppia brevettazione ma solo nello stesso territorio: se ho domanda segreta francese e una domanda segreta italiana, la legge tollera che vi siano due brevetti (in Italia e in Francia), sulla stessa cosa in capo a titolari diversi, ma non è considerato un problema perché sono due territori diversi. COSA SIGNIFICA “ESSERE COMPRESO NELLO STATO DELLA TECNICA”: Per stabilire se l’invenzione è compresa nello stato della tecnica (e quindi è priva di novità) si deve confrontare l’invenzione con ciascuna delle anteriorità presa singolarmente. “Compresa nello stato della tecnica” vuol dire “identica ad una anteriorità presente nello stato della tecnica”: il giudizio di novità è un giudizio di identità. Se l’invenzione coincide con una delle anteriorità manca la novità: identità tra invenzione e anteriorità. Nel giudizio di novità, le anteriorità non si combinano a mosaico: è un giudizio uno ad uno, non si uniscono/sommano le anteriorità. Si individuano le anteriorità ed una alla volta si fa il confronto à se nessuna coincide, la novità c’è e poi si valuta l’originalità. Due possibili nozioni di «identità»: - Identità «fotografica»: perfetta e integrale sovrapposizione, in tutte le caratteristiche, tra il trovato e l’anteriorità; l’anteriorità deve menzionare tutte le caratteristiche. L’anteriorità esplicita la caratteristica. - Identità sostanziale: vi è identità anche quando certe caratteristiche del trovato, pur non essendo menzionate nell’anteriorità, sono implicite in quest’ultima. Si ritengono «implicite» le caratteristiche che un esperto del settore ricaverebbe «direttamente e in modo non ambiguo» dall’esame dell’anteriorità. L’anteriorità non esplicita la caratteristica ma la fa ricavare in modo implicito e quindi si deve considerare identica. PREDIVULGAZIONE: oltre che nel caso di una anteriorità che coincide con l’invenzione, la novità manca in caso di predivulgazione. L’appartenenza allo stato della tecnica non deriva da un’anteriorità di terzi, ma deriva dal fatto che è stato l’inventore stesso che ha predivulgato la sua invenzione, rendendola accessibile al pubblico, prima di depositare la domanda di brevetto. Il problema della predivulgazione è lo stabilire quando effettivamente l’inventore ha avuto una condotta che comporta l’accessibilità al pubblico dell’invenzione prima del deposito della domanda di brevetto à la comunicazione deve essere fatta a persona in grado di comprendere l’informazione e di trasmetterla (altrimenti non c’è accessibilità del pubblico all’informazione stessa). La comunicazione dell’invenzione tra persone tenute al segreto per legge o per contratto – i.e. tra i membri di un team di ricerca - non è considerata predivulgazione e non fa venir meno la novità. Se però un soggetto tenuto al segreto rivela l’invenzione all’esterno, a persone non tenute al segreto, vi è predivulgazione e la novità viene meno. Se per errore o dolo un soggetto tenuto al segreto rivela l’invenzione all’esterno, a persone non tenute al segreto, la predivulgazione scatta (ovvero quando c’è l’acquisizione di conoscenza da parte di un soggetto esterno alla cerchia della segretezza) e la novità viene meno. Due ipotesi in cui la novità si conserva, nonostante la predivulgazione: - Se la predivulgazione «risulta direttamente o indirettamente da un abuso evidente» ai danni di chi chiede il brevetto e il richiedente deposita la domanda di brevetto entro sei mesi, la predivulgazione è ritenuta irrilevante e non toglie la novità [art. 47.1 c.p.i. e art. 55.1, lett. a), CBE] à è difficile stabilire che cosa sia un abuso evidente, in quanto non ci sono delle sentenze che aiutano a capirlo. - La stessa regola vale per la predivulgazione «avvenuta in esposizioni ufficiali o ufficialmente riconosciute ai sensi della Convenzione concernente le esposizioni internazionali, firmata a Parigi il 22 novembre 1928, e successive modificazioni» [art. 47.2 c.p.i. e art. 55.1, lett. b), CBE] à se il titolare ha bisogno di mostrare il suo prodotto ad una fiera/esposizione e non fa in tempo a brevettarlo prima dell’esposizione, gli si dà la possibilità di esporre in fiera e di brevettarlo dopo anche se l’ha mostrato prima. Il limite è che non vale per tutte le fiere, ma vale solo esposizioni ufficiali o ufficialmente riconosciute ai sensi della Convenzione del 1928 à sono quelle organizzate da enti pubblici o con la partecipazione con lo stato. ORIGINALITÀ Dopo aver stabilito se l’invenzione è dotato del requisito della novità e averlo stabilito positivamente, si deve valutare se l’invenzione è anche originale. La logica di questo requisito risiede in una considerazione che si collega allo scambio tra inventore e collettività: il premio della tutela monopolistica 20ennale del brevetto deve essere riservato ad un’invenzione che sia propriamente tale, ovvero solo ad una novità, una nuova creazione che non sia banale/scontata e sia riservata a qualcosa che compia un vero e proprio salto inventivo, che vada oltre il normale divenire della tecnica ed apporti un risultato innovativo di una certa rilevanza. La legge non richiede che questo salto inventivo sia di un livello particolarmente elevato: ci deve essere, deve andare oltre al normale divenire della tecnica, ma non è richiesto il “colpo di genio”, ovvero che sia un’invenzione rivoluzionaria o con un elevatissimo livello di creatività. Un’invenzione è originale, ossia implica un’attività inventiva, se, per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica (art. 48 c.p.i. e art. 56 CBE). “Evidente”: deve essere un qualcosa di non evidente per una persona esperta del ramo, rispetto allo stato della tecnica à un’invenzione ha questo requisito quando non è evidente/ovvia per un esperto del ramo rispetto alle conoscenze presenti nello stato della tecnica. Mentre il giudizio di novità è un giudizio oggettivo (ovvero si confronta il trovato che si vuole brevettare con ogni anteriorità reperita nello stato della tecnica, una per una, e si fa un giudizio di identità per capire se è identico o meno), questo requisito è discrezionale, nel senso che si traduce in una valutazione “soggettiva” di evidenza o di non evidenza per un esperto del ramo à comporta un margine di discrezionalità. Questo requisito è stato oggetto di un’elaborazione amplissima volta a cercare di fissare per ognuno dei concetti di cui il requisito si compone, dei criteri certi di valutazione. - Il set di conoscenze da prendere come riferimento per la valutazione è costituito dallo “stato della tecnica”. - Lo stato della tecnica nel giudizio di originalità è costituito esclusivamente da ciò che è materialmente/realmente accessibile al pubblico - Ai fini del giudizio di originalità nello stato della tecnica non sono comprese le domande di brevetto anteriori ancora segrete (art. 48 c.p.i. e art. 56 CBE) - Per il resto valgono, per determinare lo stato della tecnica rilevante ai fini del giudizio di originalità, le stesse regole esaminate in relazione al giudizio di novità. NB: lo stato della tecnica è su base mondiale e la data rilevante è costituita dallo stato della tecnica formatosi fino al giorno prima della data del deposito della domanda di brevetto, o se viene rivendicata la priorità, dal giorno prima della data di priorità. FASI DEL GIUDIZIO DI ORIGINALITÀ: 1. Individuazione del settore in cui l’invenzione si colloca 2. Ricostruzione della figura del tecnico medio (persona esperta del ramo), quanto a conoscenze e capacità margini per alternativi/soluzioni creative à non c’è stata attività inventiva, si è seguita l’unica strada possibile e si è arrivati all’unica soluzione possibile. MODO DI VALUTAZIONE DELL’ORIGINALITÀ DALL’UFFICIO EUROPEO BREVETTI: I criteri di valutazione dell’Ufficio Europeo Brevetti, quando deve decidere della concessione di un brevetto e quindi deve compiere un’analisi dei requisiti di originalità, utilizza una “strada” diversa, e sono progressivamente stati seguiti anche dai Giudici italiani. Un criterio non esclude l’altro, possono anche essere applicati entrambi. 1.Problem and solution approach: 1. Individuazione dell’anteriorità più vicina (closest prior art): cioè si individua l’anteriorità prossima alla soluzione che si vuole brevettare; “più vicina” va inteso in senso tecnico, non in senso temporale. Parlando di “salto inventivo”, ovvero di un vuoto da colmare tra stato della tecnica e innovazione che si vuole brevettare, l’anteriorità più vicina è quella per cui questo spazio è più corto, quindi il salto è più breve. 2. Formulazione del problema tecnico oggettivo risolto dal trovato (objective technical problem): si individua oggettivamente qual è il problema tecnico risolto dal brevetto. 3. Valutazione, tenendo conto di tutte le anteriorità nello stato della tecnica, circa l’esistenza di insegnamenti che avrebbero spinto il tecnico medio, di fronte al problema tecnico oggettivo, a procedere, partendo dall’anteriorità più vicina, verso il conseguimento del trovato e lo avrebbero portato a conseguirlo à ci si chiede se il tecnico medio, posto davanti al problema tecnico oggettivo da risolvere, e prendendo come punto di partenza la priorità più vicina e unendola alle altre anteriorità presenti nello stato della tecnica, se il tecnico medio sarebbe arrivato all’invenzione. Se la risposta è sì, allora vi è ovvietà. La principale differenza tra questo criterio e quello italiano consiste nel fatto che, nel nostro, le anteriorità rilevanti vengono considerate nel loro complesso, mentre nell’approccio europeo si individua una sola anteriorità di riferimento e poi si combinano le altre anteriorità con questa di riferimento à le anteriorità si possono combinare tra di loro (combinazione a mosaico), mentre nel giudizio di novità le anteriorità vengono confrontare one to one. È dalla combinazione di queste anteriorità che può derivare una evidenza (ovvietà) del trovato: bisogna chiedersi se, per il tecnico medio, sarebbe stato possibile già compiere questa combinazione e arrivare alla soluzione brevettata. Valutazione ex ante e non ex post: ci si deve porre dal punto di vista del tecnico medio alla data di deposito della domanda di brevetto (o alla data della priorità), senza considerare conoscenze ed altri elementi posteriori a questa data. Se valutiamo sulla base dello stato della tecnica posteriore un’invenzione ottenuta anni fa, l’invenzione risulta scontata e banale, per questo ci si deve porre dal punto di vista ex ante, ovvero se era scontata e banale quando è stata depositata la domanda. Bisogna ragionare nel modo in cui avrebbe ragionato il tecnico esperto dell’epoca. Approccio could-would: la mancanza di originalità presuppone che nello stato della tecnica e nelle conoscenze esistenti vi fossero degli elementi che avrebbero spinto in modo necessario il tecnico medio verso la soluzione del problema tecnico nel modo brevettato. Questo perché astrattamente, si potrebbe ragionare, dal punto di vista dello stato della tecnica, in due modi: • Lo stato della tecnica avrebbe messo il tecnico medio in condizioni di arrivare alla soluzione? (could) à se si adotta questa regola, è difficile che sia originalità perché sono molto di più i casi in cui il tecnico avrebbe potuto fare qualcosa. • Ma lo avrebbe (would) effettivamente fatto? à l’originalità è più facilmente riconosciuta, perché i casi in cui il tecnico avrebbe potuto fare qualcosa non escludono l’originalità, anche se poi non l’avrebbe effettivamente fatta. Non conta ciò che il tecnico medio avrebbe astrattamente potuto fare (could); conta solo ciò che il tecnico medio avrebbe effettivamente fatto (would), perché vi erano insegnamenti nello stato della tecnica che lo spingevano a farlo. Manca l’originalità solo nei casi in cui gli insegnamenti esistenti nello stato della tecnica e la situazione esistente al momento della domanda di brevetto, effettivamente avrebbe (would) spinto il tecnico medio verso il raggiungimento della soluzione brevettata à SOLO in questo caso manca l’originalità. Could senza would non esclude l’originalità. LICEITÀ art 50 cpi Definizione liceità: non possono essere brevettate le invenzioni la cui attuazione è contraria all’ordine pubblico o al buon costume [art. 50.1 c.p.i. e art. 53, lett. a), CBE]. Il concetto di ordine pubblico e di buon costume sono delle clausole generali: si tratta di una norma di chiusura, di salvaguardia per evitare che vengano concessi brevetti su entità inaccettabili in quanto in contrasto con valori fondamentali: • Ordine pubblico: fa riferimento all’insieme di regole/principi fondamentali perché vi sia continua un ordinamento giuridico, quindi una collettività organizzata secondo regole di diritto à è in contrasto con l’ordine pubblico tutto ciò che si pone in conflitto con i principi fondamentali su cui si regge la collettività organizzata. • Buon costume: fa riferimento a principi di ordine etico/morale che sono imprescindibili à è in contrasto col buon costume quando si hanno realtà che pongono dei problemi etici/morali insuperabili. “Attuazione contraria”: la legge riferisce il contrasto all’ordine pubblico e al costume non all’invenzione in sé, ma alla sua attuazione; si deve andare a vedere uno scenario in cui l’invenzione viene messa in opera, se viene messa in opera vi sarebbe questo contrasto à l’applicazione pratica dell’invenzione porterebbe a questo contrasto. Si ritiene che il divieto operi solo per le invenzioni per cui non è pensabile neppure un uso lecito (es: sostanze tossiche il cui unico possibile utilizzo reca danni alla salute). Se invece è possibile almeno un uso lecito, l’invenzione può essere brevettata (es: dispositivo per scassinare una serratura che può essere lecitamente usato da un fabbro in casi di emergenza). In ogni caso l’attuazione dell’invenzione non può essere considerata contraria all’ordine pubblico o al buon costume per il solo fatto di essere vietata da una disposizione di legge o amministrativa [art. 50.2 c.p.i. e art. 53, lett. a), CBE] à significa che può capitare che una certa invenzione non possa essere attuata perché la legge o una regola amministra lo vietano, o subordinano questa attuazione a una preventiva autorizzazione. Se anche l’attuazione dell’invenzione è subordinata ad autorizzazione o a limiti legali, ciò non osta di per sé al riconoscimento della validità del brevetto à se almeno un uso lecito dell’invenzione è possibile, il fatto che quell’uso lecito sia soggetto a limitazioni o autorizzazioni, non esclude la liceità dell’invenzione e quindi la validità del brevetto. SUFFICIENTE DESCRIZIONE L’invenzione deve essere descritta in modo sufficientemente chiaro e completo perché ogni persona esperta del ramo possa attuarla: art. 51.2 c.p.i. e art. 83 CBE. Solo quando questo concetto inventivo può essere compreso e replicato, vi è una sufficiente esposizione e divulgazione di quel concetto. L’esperto del ramo deve saper attuare l’invenzione sulla base della semplice lettura del testo brevettuale: la domanda è “un tecnico medio, sempre al momento del deposito della domanda di brevetto, leggendo il testo brevettuale depositato, è in grado di comprendere e replicare l’invenzione?” se la risposta è sì, allora la sufficiente descrizione esiste. Se non vi è la sufficiente descrizione, il brevetto non può essere concesso: se viene concesso, è nullo. Modalità di redazione e requisiti della descrizione: art. 21.3 d.m. 13 gennaio 2010, n. 33 (Regolamento di attuazione del c.p.i.) e regola n. 42 del Regolamento di attuazione della CBE. Nella descrizione occorre: 1. Specificare il campo della tecnica a cui l'invenzione fa riferimento: così da poter individuare l’esperto del ramo così da utilizzarlo come parametro di validità del brevetto. 2. Indicare lo stato della tecnica preesistente, per quanto a conoscenza dell'inventore, che sia utile alla comprensione dell'invenzione ed all'effettuazione della ricerca, fornendo eventualmente i riferimenti a documenti specifici; 3. Esporre l'invenzione in modo tale che il problema tecnico e la soluzione proposta possano essere compresi; 4. Descrivere brevemente gli eventuali disegni; 5. Descrivere in dettaglio almeno un modo di attuazione dell'invenzione, fornendo esempi appropriati e facendo riferimento ai disegni, laddove questi siano presenti; 6. Indicare esplicitamente, se ciò non risulti già ovvio dalla descrizione o dalla natura dell'invenzione, il modo in cui l'invenzione può essere utilizzata in ambito industriale. Corollari tratti dalla norma: sono i criteri pratici che vengono applicati dai giudici/uffici quando si deve valutare se la descrizione del brevetto è adeguata. • Anche per valutare la sufficienza della descrizione si fa riferimento al parametro dell’esperto del ramo • Il problema tecnico e la soluzione del problema tecnico devono essere perfettamente comprensibili, ma devono essere comprensibili ad un esperto del settore. L’esperto del ramo deve essere in grado, sulla base della descrizione, di comprendere l’idea inventiva e di attuarla. • Non è necessario inserire nella descrizione informazioni che fanno parte delle conoscenze possedute dall’esperto del ramo (e che quindi l’esperto non ha bisogno di leggere nel brevetto). • La descrizione non è sufficiente se non contiene informazioni senza le quali l’esperto del ramo non è in grado di attuare l’invenzione o la cui mancanza fa sì che l’esperto debba procedere a ricerche e sperimentazioni per arrivare ad attuare l’invenzione (c.d. «onere eccessivo»; «undue burden»). Vi può essere insufficienza di descrizione anche quando le informazioni sono troppo ampie e non danno una guida precisa all’esperto. • È necessario ma anche sufficiente indicare uno dei modi di attuazione dell’invenzione; non è obbligatorio indicare il modo migliore e più efficiente («best mode»). • L’applicazione industriale del trovato deve essere esplicitata nella descrizione, a meno che essa non sia già evidente à ovvero il modo in cui concretamente, nel mondo della tecnica, l’invenzione può essere attuata. rigetto del brevetto, contro il quale il richiedente ha una possibilità di appello davanti alle commissioni di ricorso istituite in seno all’Ufficio Europeo. Un’importante differenza del sistema del brevetto europeo rispetto a quello del brevetto nazionale è che, mentre il brevetto italiano una vola concesso può essere contestato solo davanti al giudice, il brevetto europeo, una volta concesso, può essere contestato davanti allo stesso Ufficio Europeo dei brevetti, nel termine di 9 mesi dalla concessione à è il cosiddetto procedimento di opposizione: per 9 mesi dopo la concessione, ogni soggetto interessato ha la possibilità di chiedere, con una procedura di opposizione davanti all’Ufficio Europeo, la revoca del brevetto concesso. Si tratta di un riesame nel merito dei requisiti di validità. Un vero e proprio contraddittorio tra terzo, titolare del brevetto e Ufficio, il quale decide se confermare il brevetto, revocarlo o mantenerlo in forma più ristretta. Anche le decisioni di opposizione possono essere impugnate davanti alle commissioni di ricorso dell’Ufficio Europeo. In ogni caso, che ci sia o meno la procedura di opposizione, se alla fine dall’Ufficio Europeo esce un brevetto concesso, chi ha interesse può comunque, anche se c’è stata l’opposizione, fare causa di nullità davanti al giudice (principio costituzionale degli stati di diritto: i soggetti possono sempre rivolgersi al giudice per far valere le proprie ragioni, anche dopo un provvedimento istituzionale; in Italia ciò è sancito dall’art. 117 c.p.i – la concessione di un titolo di proprietà industriale, quale che sia ed in ogni caso, anche se ha superato varie fasi amministrative, può essere sempre sottoposta al giudice chiedendogli di valutare se quel titolo sia valido o no). La procedura di opposizione, rispetto alle cause di nullità, ha il vantaggio di poter essere fatta in modo unitario, centralizzato, davanti all’Ufficio europeo, per cui il brevetto potrà essere cancellato nella sua interezza, altrimenti si può andare stato per stato con le azioni di nullità; 3.BREVETTO PTC (Patent Cooperation Treaty, ossia Trattato in materia di cooperazione in materia di brevetti, risalente al 1970 e sottoscritto a Washington): è un brevetto che si ispira all’idea di una procedura di concessione centralizzata ma rispetto al brevetto europeo, il brevetto PTC, anche detto brevetto internazionale, la procedura di concessione non arriva fino al rilascio del brevetto ma si arresta dopo la fase preliminare. Chi deposita una domanda di brevetto internazionale, nella quale dovrà indicare gli Stati per cui vuole protezione, si rivolge ad un Ufficio internazionale competente per il rilascio di brevetti internazionali PTC, l’Ufficio valuta la regolarità della domanda, compie o fa compiere ad uffici da lui delegati le ricerche di anteriorità, può emettere un parere preliminare di validità e qui la procedura centralizzata cessa. A questo punto L’Ufficio internazionale ramifica la domanda a tutti gli uffici nazionali designati e quindi invia la domanda con tutti i documenti acquisiti fino a quel momento ad ogni ufficio competente per ogni territorio per cui il richiedente ha chiesto protezione; da questo momento in poi, le procedure smettono di essere coordinate tra loro e a livello nazionale ogni ufficio procede per conto proprio, sulla base della ricerca di anteriorità e dell’esame preliminare di validità già svolti in sede internazionale. Pertanto, alla base della domanda di un brevetto PTC si può designare l’Ufficio Europeo dei brevetti e poi, presso di esso, designare determinati stati membri o rivendicare direttamente la protezione in Italia, come risulta all’art.55 del c.p.i; 4.BREVETTO EUROPEO CON EFFETTO UNTIARIO (Regolamento UE n.1257 del 2012): esiste sulla carta ma non è ancora operativo. L’idea di fondo dell’UE è stata quella di stipulare un accordo con l’Ufficio Europeo dei brevetti, in forza del quale si è previsto che l’UE attribuisca all’Ufficio Europeo il potere di concedere, se il richiedente lo vuole, un cosiddetto brevetto europeo con effetto unitario, ossia un brevetto europeo che non è un fascio di brevetti nazionali, ma un brevetto unitario sovranazionale per il territorio degli stati dell’UE che hanno aderito a questo sistema. Il progetto è stato rallentato da questioni logistiche, vi ha avuto impatto la Brexit, ci sono stati intoppi nella ratifica del progetto in Germania e quindi al momento non si sa sé e quando questo tipo di brevetto diventerà una realtà. L’Ufficio Europeo continua e continuerà a rilasciare i brevetti europei tradizionali e assommerà a questa competenza, se questo sistema entrerà in vigore, quella di concedere un brevetto unitario. Dal fatto che spesso si è parlato di Ufficio competente a rilasciare un brevetto per un certo territorio, emerge un altro principio cardine della materia della proprietà intellettuale, che è il principio di territorialità: esclusiva conferita da un diritto di proprietà intellettuale, in particolare da un titolo come il brevetto, esistente e con effetti solo nel territorio per cui è competente l’ufficio preposto al rilascio di quella privativa, motivo per cui, in forza di tale principio, un brevetto italiano sarà efficace solo in Italia, un brevetto europeo lo sarà nei paesi europei per cui è stata richiesta protezione, una serie di brevetti rilasciati in sede di brevetto PTC sarà efficace solo negli stati per cui è stata chiesta protezione. La differenza tra il brevetto PTC e quello europeo non è solo quella inerente alla completezza della procedura, ma vi è anche una differenza di tipo territoriale: il brevetto europeo è circoscritto a stati europei, mentre il brevetto PTC è di portata mondiale, ossia a tale sistema vi aderiscono paesi da ogni parte del mondo à è molto utile quando gli Stati d’interesse per cui si vuole protezione non sono solo europei; è usato per brevetti in Asia, Nord America e, in generale, nelle giurisdizioni in cui è più massiccio il n° di brevetti richiesti. STRUTTURA DEL BREVETTO Principali parti del brevetto, secondo regole uniformi a livello mondiale. Tutti i brevetti sono scritti in questo modo: - Dati identificativi del titolare, dell’inventore, dell’eventuale rappresentante del titolare (se nominato) - Titolo dell’invenzione (utile anche per rintracciarla nelle banche dati) e riassunto (abstract dell’idea inventiva) - Eventuale rivendicazione di priorità - Descrizione - Rivendicazioni - Eventuali disegni Regola di unitarietà del brevetto: ogni brevetto deve avere ad oggetto una sola invenzione (art. 161 c.p.i). La Convenzione di Monaco adotta una regola un po’ più permissiva: il brevetto deve avere ad oggetto una sola invenzione o anche più invenzioni tra le quali esiste un legame tale che costituiscono un solo concetto inventivo generale (art. 82 CBE). Caso classico: un concetto inventivo generale è dato da una ricerca all’esito della quale si raggiungono 2 invenzioni, ossia un certo prodotto ed il procedimento per fabbricarlo. In base alla legge italiana, formalmente dovremmo depositare due domande di brevetto, mentre nel caso del brevetto europeo potremmo depositare un’unica domanda sulle 2 invenzioni perché il concetto inventivo generale di cui sono espressione è il medesimo, da una ricerca inventiva sono emersi due risultati tutelabili tra loro strettamente connessi. Nella pratica, siccome le invenzioni di un certo rilievo sono quasi tutte contenute in brevetti europei, questa differenza è molto ridimensionata. A ridimensionarla contribuisce anche il fatto che si ritiene che solo durante la procedura di brevettazione il mancato rispetto di queste regole possa essere rilevato dall’Ufficio, ma che se quest’ultimo non rileva il mancato rispetto di queste regole, il brevetto viene concesso e a quel punto il mancato rispetto delle regole diventa irrilevante, ossia non è una causa di invalidità del brevetto concesso. Questo perché si ritiene che la norma abbia una finalità fiscale, di allocare il pagamento delle tasse a brevetti riguardanti una cosa sola e che non si paghino tasse uniche per un contenitore di molteplici invenzioni diverse. Se, invece, l’Ufficio rileva il mancato rispetto di queste regole, il titolare ha 2 possibilità: 1) restringere il brevetto ad una sola invenzione o ad un solo concetto inventivo generale, escludendo tutto il resto dalla protezione brevettuale 2) depositare per le altre invenzioni/concetti inventivi delle domande separate à scissione del brevetto depositato come unico in tante domande di brevetto, ciascuna delle quali si stacca da quel tronco comune e concerne una sola invenzione. Queste domande ulteriori si chiamano domande divisionali, proprio perché risultano dalla divisione di un’unica domanda originaria e, regola di favore per il titolare del brevetto, le domande divisionali conservano la data di deposito della domanda originaria, per cui beneficiano del fatto che lo stato della tecnica verrà valutato non alla data di deposito della domanda divisionale ma a quella della prima domanda. Estratto di un brevetto italiano: nella 1° pagina ci sono gli elementi sopra descritti, ossia il n° di brevetto, l’Ufficio in cui la domanda è stata depositata, la data di deposito della domanda (dalla quale decorrono i 20 anni di protezione), il titolare, nome e indirizzo del mandatario (consulente brevettuale che ha curato la redazione della domanda), il titolo dell’invenzione, gli inventori e una rivendicazione di priorità (à i 20 anni di protezione decorrono dalla data di deposito della domanda ma lo stato della tecnica sarà quello di un anno prima, ossia si hanno i 12 mesi della priorità). La regola generale è che l’inventore è anche il soggetto legittimato ad essere titolare del brevetto ma ciò non avviene quando gli inventori operano alle dipendenze di una società che ha assunto un team di ricerca. Il dipendente conserva il suo diritto morale ad essere riconosciuto come inventore del trovato; il titolare dei diritti patrimoniali sull’invenzione è il soggetto committente o datore di lavoro autonomo o dipendente. In fondo c’è la data di concessione del brevetto, che però è poco rilevante. Nel modulo di deposito c’è il richiedente, il titolo dell’invenzione, l’abstract, il breve riassunto, i disegni principali e nella parte successiva la descrizione dell’invenzione, che è quella parte ampia, corposa del testo brevettuale nella quale l’inventore descrive compiutamente, secondi i criteri visti, la propria invenzione. Ci sono punti fissi della descrizione: una parte in cui si dice il settore della tecnica in cui si colloca l’invenzione, una in cui si dice qual è il problema tecnico da risolvere, una in cui si richiama lo stato della tecnica esistente ed infine la vera e propria spiegazione dell’invenzione. Nella pratica, il ricorrere ad un consulente brevettuale per redigere la domanda di brevetto è fortemente consigliato perchè l’inventore conosce molto bene la sua invenzione ma può essere che non abbia le competenze professionale del consulente nel sapere come strutturare e descrivere la domanda di brevetto. DIRITTI DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE Definizione diritto industriale: è l’abbreviazione di un’espressione più ampia, ovvero di quella di diritto della proprietà industriale. La materia si occupa in generale di tutte le attività economiche, di tutte le attività svolte da un’impresa, di qualunque settore essa appartenga, e si affaccia sul mercato proponendo al mercato propri prodotti/servizi. Definizione “proprietà industriale”: il diritto di proprietà è il diritto assoluto di cui gode un soggetto titolare di un potere e ha a disposizione di una signoria su un certo bene. Il concetto di proprietà nel diritto industriale assume un connotato diverso, ma è corretto parlare di proprietà perché si esaminano dei beni che sono oggetto non di un diritto di proprietà in senso tradizionale, ma di un diritto che ha in comune con il diritto tradizionale di proprietà la sua caratteristica essenziale, ovvero di essere un diritto esclusivo. Il diritto industriale è relativo alla creazione e alla disciplina di diritti esclusivi su determinate entità create o utilizzate dalle imprese nello svolgimento della loro attività economica. Questi beni, in senso lato, sono beni che nascono grazie ad uno sforzo creativo dell’ingegno umano. Art 1.2 Convenzione d’Unione di Parigi 20 marzo 1883: «La protezione della proprietà industriale ha per oggetto i brevetti d'invenzione, i modelli d'utilità, i disegni o modelli industriali, i marchi di fabbrica o di commercio, i marchi di servizio, il nome commerciale e le indicazioni di provenienza o denominazioni d'origine, nonché la repressione della concorrenza sleale». Ha costituito un’unione tra tutti gli stati aderenti (oggi sono quasi tutti gli stati del mondo), i quali hanno deciso di fissare e garantirsi reciprocamente un livello adeguato di protezione della proprietà industriale. • Brevetti di invenzione e modelli di utilità: sono gli strumenti giuridici con cui viene creata una esclusiva su determinate innovazioni di tipo tecnico. Uno dei più forti strumenti nella gara concorrenziale per l’impresa è dato dalla capacità di innovare o di dotarsi di innovazioni che rendono i prodotti/servizi dell’impresa più efficienti, al passo con i tempi e più economici, più dotati di caratteristiche che inducono i consumatori a preferire quei prodotti/servizi rispetto ad altri. L’innovazione di tipo tecnico viene protetta con un sistema di diritti esclusivi che sono creati attraverso i brevetti di invenzione e i modelli di utilità. • Disegni e modelli industriali: si parla di innovazioni relative all’aspetto estetico, o comunque di presentazione del prodotto o del suo packaging à una parte importante della gara concorrenziale oggi si gioca sulla capacità di progettare un industrial design appetibile per il consumatore e che possa indurlo a preferire quel prodotto dato il particolare design. Il diritto della proprietà industriale costituisce delle esclusive a favore di chi abbia realizzato un dato design: tale soggetto potrà essere l’unico a poterlo sfruttare nell’attività economica, escludendo i terzi. • Marchi di fabbrica o di commercio, i marchi di servizio, il nome commerciale: si tratta di una parte ampia del diritto industriale, che è quella dei “segni distintivi”: sono i segni con cui l’imprenditore identifica sul mercato i propri prodotti/servizi à permette al consumatore di compiere delle scelte d’acquisto guidato dalla presenza di un determinato segno, che contraddistingue il prodotto/servizio e che permette al consumatore di comprendere quali sono le caratteristiche di quel prodotto/servizio e da quale imprenditore proviene/è offerto sul mercato. • Indicazioni di provenienza o denominazioni d’origine: è il campo delle “produzioni tipiche”. La parte della proprietà industriale che protegge le indicazioni di provenienza e le denominazioni d’origine dei prodotti tipici serve a riservare in esclusiva ai produttori di questi prodotti e ai consorzi di tutela, lo sfruttamento del nome che identifica il prodotto tipico. • Repressione della concorrenza sleale: non si parla di un diritto di proprietà industriale, ma di regole di comportamento/condotta sul mercato che sono necessarie affinchè i diritti di proprietà industriale siano rispettati, affinchè le imprese possano competere sul mercato in un regime di correttezza, onestà, evitando di conquistare clientela a scapito di dei concorrenti, con mezzi illeciti e disonesti/scorretti. L’oggetto del diritto industriale sono sempre le creazioni dell’ingegno umano; l’impresa si affaccia sul mercato, compete sul mercato e mira a prevalere nella gara concorrenziale proprio grazie alla capacità di dotarsi di creazioni, di innovazioni, di elementi attrattivi per il consumatore, che siano in grado di conferirle quel vantaggio competitivo che porta il consumatore a preferire i prodotti/servizi di quell’impresa. L’impresa può conseguire questo risultato (prevalere nella gara concorrenziale) attraverso creazioni e innovazioni, agendo su due versanti: 1. Versante interno all’impresa: l’impresa cerca di dotarsi di strumenti per prevalere nella gara concorrenziale e tipicamente si dota di tali strumenti innovando o sfruttando innovazione acquisita, nel campo tecnologico (fornire un prodotto altamente tecnologico) e sul piano della presentazione del prodotto/servizio (piano di capacità di innovare il design del prodotto). 2. Versante esterno della comunicazione con il pubblico/mercato: intervengono i segni distintivi (principale strumento di comunicazione col pubblico) e anche il design, che nella misura in cui diventa un design appetibile che orienta le scelte di acquisto del consumatore, può a sua volta essere considerato uno strumento di comunicazione al mercato. CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE (10 febbraio 2005 n°30) È uno strumento normativo che ha raggruppato in un unico testo di legge tutte le norme in tema di proprietà industriale che prima erano sparse in leggi diverse. Art 1. Codice della proprietà intellettuale: «Ai fini del presente codice, l'espressione proprietà industriale comprende marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, segreti commerciali e nuove varietà vegetali». Qui emergono anche alcune ulteriori realtà che sono emerse nel corso del tempo e non erano state considerate nella Convenzione d’Unione di Parigi, ovvero le topografie dei prodotti a semiconduttori, segreti commerciali e le nuove varietà vegetali. DIRITTI D’AUTORE E DIRITTI CONNESSI Il diritto d’autore ha avuto una tradizione diversa da quella della proprietà industriale. Convenzione di Unione di Berna (CUB) del 9 settembre 1886 per la protezione delle opere letterarie ed artistiche à mentre la proprietà industriale era stata inclusa e regolata nel 1883 nella CUP, al diritto d’autore è stata dedicata una diversa convenzione. Anche questa convenzione era d’unione, ovvero istitutiva di un’unione di stati che condividevano dei principi base sulla tutela dei diritti d’autore. Anche alla base di questa convenzione, c’era il concetto che le opere protette con il diritto d’autore dovessero esserlo con il sistema delle esclusive, ovvero creando un diritto volta a cercare questo giusto bilanciamento à tutelare l’innovazione con dei diritti esclusivi, ma nella misura e non oltre la misura in cui questa tutela è funzionale ad un buon corretto funzionamento del mercato; al tempo stesso, si vuole evitare che il monopolio sia troppo ampio, e quindi prevedere che oltre i confini dell’esclusiva ci sia una completa area di libertà, dove gli altri operatori del mercato sono liberi di operare a vantaggio anche dei consumatori. Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea: art. 17.2 della Carta: «La proprietà intellettuale è protetta». È protetta, ma sempre in un’ottica di coordinamento e di bilanciamento con altri diritti fondamentali, tra cui quello di iniziativa economica degli altri operatori del mercato e quello dei consumatori. Il diritto industriale disciplina molta parte del momento operativo della vita dell’impresa (innovazione interna – comunicazione al mercato). BREVETTI: principi fondamentali INVENZIONE E BREVETTO Il campo in cui si colloca questa disciplina è quello delle innovazioni di tipo tecnologico. L’innovazione tecnologica è uno strumento competitivo, in quanto mette chi la detiene in condizione di offrire prodotti e servizi tendenzialmente più appetibili al mercato. Ma l’innovazione tecnologica è anche uno strumento di vantaggio per la collettività che vuole beneficiare dei frutti del progresso tecnico. Dal punto di vista imprenditoriale (quindi dal pov dell’impresa che innova, che investe in R&S per creare innovazione al suo interno o per acquisire dall’esterno una innovazione creata da altri), il problema principale che si pone, in una prospettiva giuridico/legale, è quella della tutela di questa innovazione. La tutela è necessaria perché: • Da un lato l’impresa deve poter avere una ragionevole prospettiva di guadagno à l’impresa può ragionevolmente compiere delle scelte di investimento in R&S se ha una prospettiva di rientro di questi investimenti e di fare profitto con i frutti della ricerca. • Al tempo stesso, dal pov della collettività, vi è l’esigenza/interesse del pubblico ad avere a disposizione i frutti di una tecnologia in costante progresso à è necessario che l’impresa deve essere incentivata a investire nella R&S. Il problema pratico dell’innovazione tecnologica è che si tratta di una creazione per sé non proteggibile con gli strumenti classici della proprietà e del possesso. • Le innovazioni/creazioni sono tutte costituite da beni “immateriali” (il concetto innovativo, il logo o parola che costituiscono il marchio…), che si estrinsecano in un prodotto tangibile, ma in sé l’idea innovativa che sta alla base delle entità è un’idea immateriale. Del diritto privato la prima forma di tutela di un bene è quella del possesso esclusivo (privato cittadino che detiene/ha il possesso di un determinato bene e detenendolo lo sottrae alla disponibilità degli altri) à questo non è possibile per un bene immateriale (invenzione/marchio): non ho strumenti fattuali/modi pratici di auto-tutela concreta per impedire che chiunque copi quel marchio/invenzione e la replichi nei suoi prodotti, mettendo sul mercato dei prodotti-copia. • Essendo beni immateriali, hanno un’altra caratteristica che ne rende difficile la tutela, ovvero: sono beni suscettibili di un uso plurimo-simultaneo à non c’è un bene tangibile tutelabile con il possesso in esclusiva. È possibile proteggerli solo attraverso strumenti di creazione legale: vengono create per legge delle esclusive, ovvero stabilendo per legge che quel bene è riservato/può essere utilizzato solo da chi ha diritto di averlo (l’inventore) e stabilendo altresì che chi non rispetta questo divieto/esclusiva, può essere soggetto a sanzioni à in termini pratici, può essere chiamato in giudizio davanti ad un giudice che lo punirà per aver violato l’esclusiva altrui ed irrogherà delle sanzioni a suo carico: • Ordine di cessare la condotta illecita • Pagamento delle somme di denaro a risarcimento dei danni provocati con la violazione e come deterrente rispetto a possibili violazioni future BREVETTO PER INVENZIONE: strumento creato dalla legge con cui si assicura a chi realizza un’invenzione di tipo tecnico un diritto di esclusiva sull’invenzione stessa. Si parla di un’invenzione di tipo tecnico: i brevetti per invenzione riguardano esclusivamente il mondo della tecnica; altri tipi di innovazione in settori diversi, non sono oggetto di brevetto à sono protette ma da strumenti diversi da quelli del brevetto. Solitamente queste invenzioni non tecniche sono protette attraverso la disciplina dei segreti aziendali e del know-how, e per le innovazioni di tipo estetico anche attraverso la disciplina dei modelli e disegni registrati e non, e del diritto d’autore. L’innovazione è il dato di fatto: ovvero il conseguire un’innovazione tecnica; il dato giuridico è il brevetto: è lo strumento legale di tutela che interviene sul dato di fatto (invenzione, il bene protetto) per proteggerlo. INVENZIONE: soluzione originale di un problema tecnico à ci sono due concetti centrali della materia brevettuali: • Problema tecnico: è costituito da qualunque ostacolo/difficoltà che richiede una soluzione (i.e. problema dell’eccessivo surriscaldamento di un macchinario durante il suo utilizzo) • Soluzione originale del problema tecnico: è l’apporto originale dell’inventore à l’inventore interviene e riesce a capire in modo originale/inventivo come risolvere il problema tecnico (i.e. l’inventore mette a punto un dispositivo che evita il surriscaldamento o costruisce il macchinario in modo diverso che risolve il problema del surriscaldamento). Non necessariamente l’invenzione, per essere protetta come brevetto, deve essere una soluzione originale di un problema risolto per la prima volta: ovvero, è possibile che un problema tecnico sia stato risolto in un certo modo, ma questo non esclude che l’inventore possa trovare una diversa/miglior soluzione di quel problema à per avere un valido brevetto, non è richiesto che l’inventore risolva un problema prima mai risolto. Molte volte, si assiste a situazioni in cui il problema è già risolto e l’invenzione consiste nel risolverlo in maniera più efficiente. Unendo il dato di fatto (invenzione) e il dato giuridico (brevetto), si ha un diritto di esclusiva di matrice legale sul dato di fatto (sul bene immateriale costituito dall’invenzione). DIRITTO D’ESCLUSIVA: diritto di sfruttamento esclusivo dell’invenzione. Il titolare del brevetto è l’unico soggetto che può utilizzare l’invenzione, sia nel senso che può decidere in autonomia se e come sfruttare l’invenzione, sia nel senso che può vietare a tutti i terzi di sfruttare l’invenzione senza il suo consenso. L’esclusiva ha: 1. Una componente positiva: è il diritto pieno del titolare di decidere in autonomia se e come sfruttare l’invenzione à il titolare, avendo un’esclusiva, può compiere tutte le scelte strategiche di sfruttamento dell’invenzione, quindi può decidere ad esempio se sfruttarla direttamente (utilizzarla direttamente per offrire propri prodotti o servizi) oppure può decidere di monetizzare il valore del brevetto vendendolo ad un terzo (tipico di brevetti conseguiti da enti di ricerca/università che non svolgono un’attività imprenditoriale sul mercato). Si può procedere ad uno sfruttamento del brevetto tramite una politica di licenza: è un modo molto comune per sfruttare i vantaggi economici/competitivi che il brevetto conferisce. 2. Una componente negativa: è quella tipica di tutti i diritti assoluti caratterizzati dalla facoltà di escludere terzi dal godimento di un dato bene à in questo caso, l’aspetto negativo è il diritto di vietare a tutti i terzi di sfruttare l’invenzione senza il suo consenso. FUNZIONI DEL BREVETTO Parlando di funzioni ci riferiamo alle finalità perseguite dal legislatore nel creare e nel disciplinare l’istituto brevettuale. La legge deve avere degli scopi, deve perseguire delle finalità non solo nell’interesse del singolo, ma possibilmente nell’interesse della collettività. • Stimolo del progresso tecnico: incentivo all’innovazione derivante dall’esistenza di un diritto di esclusiva che assicura al titolare un profitto monopolistico ed evita che gli investimenti in ricerca e sviluppo siano vanificati dallo sfruttamento dell’invenzione da parte di terzi. Questo si collega al fatto che l’invenzione è un bene immateriale, e non può essere protetta con i sistemi tipici del possesso: è un bene immateriale che ha bisogno di una protezione giuridica per poter essere tutelato. • Divulgazione dell’invenzione brevettata: il testo del brevetto illustra l’idea inventiva e rivela informazioni tecniche che accrescono il patrimonio collettivo di conoscenze, favorendo ulteriori innovazioni. Il vantaggio per la collettività consiste nel fatto che senza questa tutela brevettuale, la collettività si troverebbe in una situazione nella quale di quella innovazione non potrebbe beneficiare, perché quell’innovazione non esisterebbe à il dato è prettamente economico: l’imprenditore non investirebbe ingenti somme nella ricerca se il risultato non possa essere brevettato e quindi protetto, ovvero se sapesse che può essere copiato da altri a costo 0 e immesso nel mercato: vi deve essere un ritorno economico (ROI + profitto). Stimolo al progresso tecnico: vi è il caso in cui l’esame del prodotto finito posto sul mercato non consente di risalire all’idea inventiva che sta alla base del prodotto: è il caso in cui il cosiddetto reverse engeneering (ingegneria che non parte dalle materie prime per arrivare al prodotto finito, ma parte dal prodotto finito e lo scompone per risalire al modo in cui il prodotto è fatto) non è possibile à di solito avviene nel campo della chimica, quando il prodotto immesso sul mercato è ottenuto con una formula complessa, con un processo di sintesi così elaborato che non è possibile risalire dal prodotto finito all’idea inventiva (formula chimica ed i processi per ottenere il prodotto). In tal caso l’invenzione sarebbe essere protetta attraverso il segreto commerciale: solo lo strumento brevettuale dà la certezza a chi ha investito in ricerca di avere un monopolio sul risultato della ricerca, e di escludere i terzi per legge dallo sfruttamento di questo risultato. La legge deve garantire che vi siano le condizioni per il successo imprenditoriale, creando il sistema brevettuale, garantendo anche che vi sia, a beneficio della comunità, un incentivo ad investire in ricerca. Quindi si parla di “stimolo al progresso tecnico” perchè senza l’esclusiva (sicurezza di una possibilità di guadagno sull’invenzione) l’investimento in ricerca non verrebbe compiuto. Il brevetto ha anche una funzione fondamentale di divulgazione e accrescimento delle conoscenze tecniche: questo perché nel descrivere l’invenzione nella domanda di brevetto, ovvero nel dire che cosa ha inventato e che cosa desidera che sia protetto, l’inventore fornisce una serie di non la si può sfruttare à l’inventore per ottenere il brevetto deve descrivere in modo chiaro e completo la sua invenzione nel testo della domanda di brevetto. Definizione della sufficiente descrizione: una descrizione è sufficiente solo se un terzo, esperto del settore tecnico in cui si colloca l’invenzione, leggendo il testo del brevetto è in grado di comprendere in che cosa consiste l’invenzione e come la si può mettere in pratica; solo in questo caso si ha un’effettiva divulgazione dell’invenzione e il sistema funziona. CONCLUSIONI Come si articola la “logica di scambio” tra inventore e collettività: • L’inventore rivela nella domanda di brevetto la sua invenzione e ottiene in cambio la sicurezza di una tutela esclusiva di ragionevole durata, tendenzialmente sufficiente a remunerarlo e a dargli un adeguato vantaggio competitivo. L’inventore deve dare in cambio la conoscenza che ha ottenuto per arrivare a quell’idea inventiva, quindi deve descrivere in modo attuabile la sua invenzione nella domanda di brevetto. • La collettività, in cambio dell’esclusiva conferita al titolare del brevetto (=sacrificio: pagano dei prodotti con un prezzo più alto, dovuto anche alle tutele brevettali), ottiene il vantaggio di un incremento di conoscenze (rivelate dalla domanda di brevetto) e di un generale miglioramento dei prodotti o dei servizi offerti sul mercato grazie all’innovazione stimolata dal brevetto; • Al tempo stesso i terzi concorrenti del titolare del brevetto trovano nei limiti inderogabili (i.e. limiti temporali) alla tutela previsti dalla legge la garanzia che il titolare non godrà di una tutela eccessiva, ossia di una ingiustificata sovra-protezione con effetti distorsivi del mercato. Brevetti: entità brevettabili OGGETTO DEL BREVETTO Nella materia dei diritti esclusivi di proprietà intellettuale, l’architettura della legge ha dei tratti comuni: nel senso che, il legislatore procede in questo modo: 1. TIPO DI ENTITÀ PROTEGGIBILE: delinea quali sono le entità che possono essere protette in base a quella branca della proprietà intellettuale à identifica tipologicamente le creazioni che possono essere protette in base ad una determinata disciplina. Nel caso dei brevetti, ciò che può essere protetto sono le invenzioni di carattere tecnico. 2. IDENTIFICAZIONE REQUISITI DI VALIDITÀ: ovvero caratteristiche che queste entità devono possedere per “meritare” nel caso concreto la protezione: non basta che un’entità appartenga alla tipologia prevista, occorre che abbia anche determinate caratteristiche. Nei brevetti, ad esempio, non tutte le invenzioni di tipo tecnico sono brevettabili, ma solo quelle che raggiungono un certo grado di originalità. 3. AMBITO DELL’ESCLUSIVA: una volta arrivati ad avere una valida esclusiva, la legge precisa quali sono i contenuti di questa esclusiva, ovvero disciplina quali sono le facoltà attribuite in esclusiva al titolare della privativa/esclusiva e quali sono le attività alle quali l’esclusiva non si estende. à identifica da un lato ciò che il titolare può fare in esclusiva, ovvero i modi in cui può disporre della sua esclusiva, e da un lato identifica ciò che è lecito o illecito da parte dei terzi. Ovvero, una volta identificata l’esclusiva sappiamo quando i terzi compiono un’attività che interferisce con questa esclusiva e ne costituisce una violazione (contraffazione= violazione di un diritto esclusivo di proprietà intellettuale) e quando invece i terzi hanno una condotta perfettamente lecita in quanto non interferente con l’esclusiva. 4. POSSIBILI FENOMENI PATOLOGICI: le discipline dei diritti di proprietà intellettuale prevedono delle norme sulle “nullità e decadenze”, ovvero fenomeni patologici che portano ad una cancellazione del diritto esclusivo. Le cause di nullità si hanno quando si riscontra, dopo la concessione di un titolo di proprietà intellettuale che non doveva essere concesso in quanto non vi erano i requisiti per concederlo (presenza di vizi originari). Le cause di decadenza sono fattori sopravvenuti nel corso della vita dell’esclusiva che sono incompatibili con il proseguire nel tempo dell’esclusiva à questi fatti pongono un termine all’esclusiva. In entrambi i casi si ha la perdita del diritto esclusivo: nel caso di nullità il diritto si perde dall’inizio, come se non fosse mai esistito, mentre nel secondo caso il brevetto è valido fino ad un certo momento e cessa di esistere nel momento in cui si verificano determinati fatti sopravvenuti. Le convenzioni che fissano i principi base del brevetto: • A livello internazionale: la Convenzione d’Unione di Parigi (1883) e gli Accordi TRIPs (1994). • A livello Europeo, ci sono la Convenzione sul brevetto Europeo (1973) che è più dettagliata e ampia della Convenzione di Parigi e dei TRIPs. A questa convenzione si è allineata la nostra legislazione italiana (codice della proprietà industriale). Possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni di ogni settore della tecnica, a condizione che siano nuove, implichino un’attività inventiva e siano atte ad avere un’applicazione industriale (art. 45.1 Codice della Proprietà Industriale - c.p.i.; art. 52.1 Convenzione sul Brevetto Europeo - CBE). Si tratta di una norma che costituisce una sorta di riassunto di tutto ciò che viene dopo in tema di entità brevettabili e di requisiti di validità. • Ambito dell’individuazione delle entità brevettabili: il riferimento a «ogni settore della tecnica», ciò ha diverse valenze: 1.1. È materia di brevetto l’innovazione di carattere tecnico. 1.2. “Ogni settore”: significa che non ci sono settori della tecnica per i quali non è possibile la brevettazione à significa che tutte le innovazioni di natura tecnica, in qualunque settore si collochino, possono essere oggetto di brevetto. Questa norma ha un significato forte per il settore delle biotecnologie, in particolare per il settore della ricerca sul vivente, nel senso che in questo settore vi erano posizioni ideologiche molto forti contro la brevettabilità della ricerca sul vivente (campo biotecnologico = ricerca sul genoma umano): si sono posti dei limiti di carattere etico alla brevettazione, ma in sé le innovazioni in questo settore possono aspirare al brevetto. 1.3. Significa anche che le innovazioni non tecniche - ad esempio, innovazioni in campo estetico (proteggibili con disegni e modelli e diritto d’autore) o di natura commerciale (proteggibili con know-how riservato) - non sono proteggibili con un brevetto. • Ambito dei requisiti di validità: “a condizione che..” Tipi di brevetto: • Brevetti di prodotto: questa innovazione può riguardare sia la creazione di un nuovo prodotto, con una data funzione (i.e. composto chimico) • Brevetti di procedimento: procedimenti di fabbricazione: quando servono a fabbricare un prodotto e procedimenti di lavorazione quando si tratta di lavorare un prodotto già esistente. • Brevetti di nuovo uso: non sono una vera e propria terza categoria di brevetti, ma si collegano ai brevetti di prodotto e riguardano i casi in cui un prodotto è già noto/conosciuto ma viene individuato un nuovo uso del prodotto in questione. Per questa ipotesi la legge precisa che già sia noto il prodotto in sé, non esclude che possa essere ri- brevettato in funzione del nuovo uso à non è un’estesa della prima tutela, si costituisce una “nuova” invenzione meritevole di tutela, che riguarda solo il nuovo uso e non il prodotto in sé in quanto già noto. La distinzione tra le due è imposta dalla legge e da essa dipende l’applicazione di particolari regole e l’ambito di estensione del brevetto, ovvero il contenuto del diritto di esclusiva. La definizione dell’invenzione come soluzione originale di un problema tecnico impone di affermare che è essenziale, affinchè sia brevettabile, l’indicazione dell’uso cui il prodotto o il procedimento di nuova realizzazione sono destinato à problema per le invenzioni di prodotto. LE INVENZIONI DERIVATE: Si presentano come derivazione da una precedente invenzione à sono invenzioni: 1. Perfezionamento: tale invenzione offre una soluzione, in forme diverse, di un problema tecnico già risolto da una precedente invenzione. 2. Combinazione: realizza un risultato tramite il coordinamento nuovo ed originale di elementi e mezzi già conosciuti. 3. Traslazione: applica ad un settore diverso un’invenzione nota in un altro settore, traendone un risultato nuovo e originale. LE INVENZIONI DIPENDENTI: Quando l’attuazione di una invenzione richiede l’uso di un prodotto o di un procedimento coperto da un brevetto anteriore à sono le invenzioni di perfezionamento e di combinazione, mentre sono escluse quelle di traslazione. L’attuazione della innovazione dipendente integra contraffazione del precedente brevetto, e quindi può essere legittimata solo dal consenso del titolare del brevetto precedente. Il titolare dell’invenzione dipendente viene favorito dalla legge tramite la regola che gli consente di ottenere una licenza obbligatoria per l’attuazione della precedente invenzione, se il titolare del relativo brevetto non concede una licenza volontaria. Prima categoria: ENTITÀ CHE NON SONO CONSIDERATE INVENZIONI Le entità non brevettabili possono essere distinte in due categorie. 1. Entità che non sono considerate invenzioni (art. 45.2 e seguenti, c.p.i. e art. 52.2 CBE), ovvero sono entità che il legislatore non considera invenzioni intese come soluzioni di problemi tecnici: sono attività che non fanno parte del mondo della tecnica e per questo motivo non posso essere considerate delle invenzioni. 1.1 Scoperte, teorie scientifiche e metodi matematici: si tratta di mere teorie/metodi astratti/principi/leggi della fisica che sono sì frutto di un esercizio intellettuale di chi le ha concepite/scoperte, ma in sé non hanno un’applicazione tecnica, ovvero non sono la soluzione ad un problema tecnico à vi è un apporto di conoscenza, che però non è stata ancora impiegata a risolvere un problema tecnico. 1.2 Piani, principi e metodi per attività intellettuali, per gioco o per attività commerciale, programmi per elaboratore (software): meri principi astratti di metodi per svolgere attività riconducibili all’ingegno umano ma non dotate di una valenza tecnica. Vi è un riferimento esplicito all’attività commerciale: inventare una strategia commerciale vincente è rilevante ma non si colloca nel mondo della tecnica, quindi non è brevettabile. Sono sempre brevettabili i procedimenti micro-biologici e i prodotti ottenuti attraverso procedimenti micro-biologici: sono quindi brevettabili i micro-organismi e i relativi procedimenti. Procedimenti essenzialmente biologici di produzione di animali o vegetali: non sono brevettabili, ma lo sono i procedimenti per la produzione di animali o vegetali che non siano essenzialmente biologici à sono procedimenti in cui l’intervento dell’operatore umano svolge un ruolo essenziale. È consentita la brevettazione di procedimenti essenzialmente biologici che hanno obiettivi diversi dalla produzione di animali o vegetali. Sono però brevettabili [art. 45.5 c.p.i. e art. 53, lett. b) e c), CBE] (da leggere in corrispondenza dell’articolo sopra): 1. Procedimenti microbiologici e prodotti ottenuti mediante questi procedimenti: quindi significa che il metodo in sé, inteso come serie di passaggi, non è brevettabile, ma i macchinari, gli strumenti, le sostanze etc che servono per applicare il metodo, possono essere brevettati (i.e. pinza chirurgica di nuova concezione può essere brevettata) à tutto quello che serve per attuare il metodo è brevettabile. 2. Prodotti, in particolare sostanze o composizioni, per l’uso di uno dei metodi indicati dagli artt. 45.4 c.p.i. e 53 CBE. REQUISITI DI VALIDITÀ DEL BREVETTO Il brevetto deve essere concesso solo ad innovazioni che effettivamente meritino i 20 anni di esclusiva di monopolio; non devono essere “premiate” innovazioni che, anche se tali, sono di poco rilievo. Per essere validamente brevettabile un’invenzione (o «trovato») deve presentare i requisiti di: 1. Industrialità (art. 49 c.p.i. e art. 57 CBE) 2. Novità (artt. 46 e 47 c.p.i. e artt. 54 e 55 CBE) 3. Attività inventiva (originalità) (art. 48 c.p.i. e art. 56 CBE) 4. Liceità [art. 50 c.p.i. e art. 53, lett. a), CBE] Requisito della sufficiente descrizione: perché il brevetto sia valido occorre inoltre una sufficiente descrizione dell’invenzione nel testo del brevetto stesso (art. 51 c.p.i. e art. 83 CBE) à così può essere compresa ed essere messa in atto (beneficio per la comunità). Se il brevetto non contiene una descrizione sufficiente, il brevetto è nullo: la sanzione è la perdita del brevetto. I primi 4 requisiti attengono intrinsecamente all’invenzione, ovvero riguardano caratteristiche che l’invenzione in sé deve avere per poter essere brevettata. Il requisito della sufficiente descrizione non riguarda l’invenzione in sé, ma al modo di scrivere/redigere la domanda di brevetto in modo da rendere chiaro in che cosa consiste l’invenzione (si pone sul piano della chiarezza espositiva del contenuto dell’invenzione). INDUSTRIALITÀ art 49 cpi L’invenzione è atta/idonea ad avere un’applicazione industriale se il suo oggetto può essere fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di industria (art. 49 c.p.i. e art. 57 CBE), compresa quella agricola à chiarimento che serve a farci vedere che per “industrialità” non si intende solo qualcosa che attiene ad un’attività qualificabile con industriale. Con “industrialità” ci si riferisce da una parte ad un’attività economica, dall’altra ad un’innovazione che all’interno di un’attività economica si presta ad avere un’applicazione di tipo tecnico. Applicazione industriale: applicabilità tecnica per la soluzione di un problema tecnico dell’innovazione all’interno di qualsiasi attività economica industriale/agricola etc. “Se il suo oggetto può essere..” - Fabbricalità industriale “Fabbricato”: brevetto di prodottoà la fabbricabilità industriale implica la ripetibilità del processo di fabbricazione per un numero non finito di volte con risultati costanti. Esige che l’invenzione si proponga con scopo tecnicamente raggiungibile, quindi non sarebbe brevettabile l’invenzione che si prefigge uno scopo teoricamente irraggiungibile. • Utilizzabilità industriale “Utilizzato”: esige che l’invenzione funzioni secondo il suo scopo, riuscendo a conseguire realmente e costantemente il risultato promesso à sarebbe prima di industrialità l’invenzione che, pur proponendosi di conseguire un risultato teoricamente raggiungibile, non è però di fatto in grado di ottenerlo. Perché si fa questa distinzione? Questa norma ci dice che l’idea innovativa alla base dell’invenzione deve mettere capo in modo prevedibile, costante, ripetibile ad un certo prodotto o al risultato di un certo procedimento. à Non è dotato del requisito dell’industrialità un prodotto/procedimento la cui attuazione non è sicura ma dipende dalla pura casualità. ESEMPIO: vogliamo brevettare un certo composto chimico; il brevetto descrive il modo di ottenere questo composto chimico, rivendica la protezione sul composto ma poi emerge che il fatto che si arrivi o meno a quel composto è aleatorio: manca una sicurezza di applicabilità dell’invenzione, in quanto è lasciata al caso. Due accezioni di industrialità: - Per aversi industrialità occorre che l’oggetto del brevetto sia tecnicamente realizzabile e che possa essere riprodotto (o «funzionare») con caratteri costanti. L’invenzione non deve essere in contrasto con leggi della fisica: l’esempio classico è il “moto perpetuo”, che non esiste à se voglio brevettare un prodotto/procedimento che è in contrasto con le leggi della fisica, manca di nuovo l’industrialità perché quell’oggetto/procedimento non è oggettivamente realizzabile secondo le leggi naturali. - L’industrialità non coincide né con l’utilità, né con la materialità dell’invenzione: anche se molte invenzioni hanno un carattere utile e materiale, questi elementi non sono necessari per avere industrialità. 1. Materialità: significa che l’idea inventiva si estrinseca in un oggetto materiale. Può esserci un’invenzione che non riguarda un’oggetto materiale: i.e. un processo per disperdere la nebbia oppure l’applicazione di una legge fisica per controllare e misurare l’andamento di un processo industriale, queste invenzioni non hanno materialità e si esauriscono nell’ottenere un dato utile tecnico di controllo senza che diventi un prodotto à si ha un’invenzione brevettabile anche se non si ha materialità. 2.Utilità: si intende il semplice fatto che l’invenzione funziona e che serva a risolvere un problema tecnico à l’invenzione deve poterlo per forza fare, altrimenti non è un’invenzione. Quando si dice che non è necessaria un’utilità, si intende che non è necessaria l’utilità comparativa, ovvero un vantaggio apportato dall’invenzione rispetto alle conoscenze note. Significa che in teoria è brevettabile anche una idea di soluzione originale di un problema tecnico che, rispetto allo stato di conoscenza esistente, comporti un regresso della conoscenza, o non dà dei vantaggi rispetto alle conoscenze già esistente. Il problema è che l’invenzione non avrebbe un mercato e un valore commerciale. La legge non preclude la brevettazione di un’idea inventiva per il solo fatto che non dia un’utilità comparativamente maggiore. Il problema dell’utilità: Al requisito dell’industrialità viene agganciato il problema dell’utilità dell’invenzione, intenso come: • Utilità comparativa: l’invenzione deve essere più utile dei trovati già noti e abbia rendimenti maggiori • Esigenza di indicazione dell’uso cui l’invenzione è destinata La regola cardine è: ciò che si vuole brevettare, per poter essere brevettato, deve avere un’applicazione tecnica. Il problema dell’industrialità è molto diffuso nel campo delle invenzioni bio-tecnologiche à i.e. quando si deve brevettare il genoma di un virus in funzione della produzione di vaccini, un problema è il fatto che il virus è soggetto a mutazioni, quindi quel genoma può avere delle varianti rispetto alla sequenza genomica rivendicata nel brevetto à si risolve il problema dicendo che, se l’oggetto del brevetto è materia vivente, si considera comunque soddisfatto il requisito di industrialità finchè le mutazioni si mantengono in un range scientificamente accettabile. NOVITÀ art 46 e 47 cpi Definizione: un’invenzione è nuova se non è compresa nello stato della tecnica à il senso generale della norma è di stabilire che una invenzione/ciò che si assume essere un’invenzione deve essere diversa da una conoscenza già esistente (art. 46 e 47 c.p.i. e art. 54 e 55 CBE). La novità quindi deve essere assoluta e universale. I fatti distruttivi della novità sono: predivulgazioni e anteriorità. Anteriorità: conoscenze, brevettate o non, diffuse in qualunque modo in Italia o all’estero, anteriormente alla data di deposito della domanda di brevetto, siano esse note o meno all’inventore. Costituiscono anteriorità: 1. Domande di brevetto anteriori e già pubblicate (quindi rese note al pubblico) 2. Descrizioni delle invenzioni fatte in pubblicazioni scientifiche o tecniche 3. Vendita, offerta d vendita, pubblicità ed esposizione del prodotto che incorpori l’invenzione, permettendo agli altri di comprendere in cosa consiste l’invenzione 4. Le domande di brevetto italiane o europee che siano ancora segrete. Il fatto distruttivo della novità non è la pura esistenza di una anteriorità, bensì la sua accessibilità al pubblico. Per quanto riguarda le anteriorità costituite da un uso anteriore altrui, esse producono distruzione della novità solo se si tratta di un uso che provoca accessibilità al pubblico dell’invenzione stessa à se invece l’uso anteriore si svolge in segreto, esso non impedisce la successiva brevettazione; ma al primo utilizzatore viene concesso il diritto di preuso. L’esame della novità si svolge confrontando l’invenzione con ciascuna delle anteriorità à si ha assenza di novità solo se si ha coincidenza totale tra l’invenzione ed una delle anteriorità. Se cosa si tratta. Nel caso della descrizione orale, ad esempio nel convegno scientifico, ciò che rileva è che ci sia un pubblico di esperti che riescano a capire il significato di quello che il relatore sta dicendo e farlo proprio: la descrizione orale consente l’accessibilità se è fatta a persone in grado di comprendere il significato tecnico della descrizione, di farlo proprio e di trasmetterlo. Se voglio dimostrare che una conoscenza è entrata a far parte dello stato della tecnica tramite una descrizione orale, non posso limitarmi a dire che c’è stata la descrizione, ma devo dar prova che è stato fatta verso un pubblico che l’ha recepita e compresa, altrimenti non è rilevante perché non è accessibile. 5.DEROGA ALLA REGOLA DELL’ACCESSIBILITÀ: è una deroga che vale solo per il giudizio di novità. Esiste per legge un periodo iniziale di 18 mesi, a partire dal momento del deposito di domanda del brevetto, in cui la domanda di brevetto è segreta, ovvero non è pubblica, ovvero non accessibile. Dopo questo periodo è pubblica ed accessibile; questo comporta che se in questi 18 mesi un altro soggetto deposita una domanda di brevetto sulla stessa invenzione, a rigore, la prima domanda di brevetto non è accessibile e quindi non toglie novità à quindi si avrebbero 2 brevetti sulla stessa invenzione. La legge vuole evitare questo esito, ma non vuole introdurre uno strappo rilevante alla regola dell’accessibilità à ha introdotto questa norma secondo la quale, eccezionalmente, in modo fittizio, si considerano pure comprese nello stato della tecnica, anche se non sono ancora accessibili, ai soli fini del giudizio di novità, le domande di brevetto italiano e le domande di brevetto europeo designanti l’Italia che siano ancora segrete (non pubblicate) al momento del deposito della successiva domanda di brevetto (art. 46.3 c.p.i.; art. 55 c.p.i. per le domande internazionali; artt. 54.3 e 139 CBE). La regola è che le domande anteriori, ancora segrete, si considerano in via fittizia parte dello stato della tecnica, ma solo se sono domande di brevetto destinate a portare ad una brevettazione nel/con efficacia nel territorio italiano. Se invece sono domande di brevetto ancora segrete, ma estere, non rivendicanti protezione in Italia, non si considerano parte dello stato della tecnica. Per ottenere protezione brevettuale in Italia ci sono 3 strade: 1. Brevetto nazionale italiano 2. Brevetto nazionale depositato all’ufficio dei brevetti europeo a Monaco di Baviera, che rivendichi una protezione per il territorio italiano 3. Domanda internazionale (unica) depositata in base ad un accordo di cooperazione in materia di brevetti: si fa un deposito unico che si ramifica negli uffici nazionali degli stati in cui si vuole protezione Ma le domande di brevetto anteriori fanno parte o no dello stato della tecnica? Bisogna distinguere il periodo in cui le domande sono segrete e il periodo in cui le domande vengono pubblicate. Se si è nel secondo periodo, non ci sono problemi: la domanda è accessibile e quindi fa parte dello stato della tecnica. Se invece la domanda è ancora segreta, si deve andare a vedere se è una domanda che rivendica una protezione nel territorio italiano: se sì, in via fittizia, si ritiene che anche quella domanda segreta faccia parte dello stato della tecnica. Se invece la risposta è no, magari c’è una domanda anteriore segreta nazionale francese e quindi destinata a dare protezione in quel territorio, quella domanda ancora segreta non viene considerata nello stato della tecnica. Quindi la norma evita una doppia brevettazione ma solo nello stesso territorio: se ho domanda segreta francese e una domanda segreta italiana, la legge tollera che vi siano due brevetti (in Italia e in Francia), sulla stessa cosa in capo a titolari diversi, ma non è considerato un problema perché sono due territori diversi. COSA SIGNIFICA “ESSERE COMPRESO NELLO STATO DELLA TECNICA”: Per stabilire se l’invenzione è compresa nello stato della tecnica (e quindi è priva di novità) si deve confrontare l’invenzione con ciascuna delle anteriorità presa singolarmente. “Compresa nello stato della tecnica” vuol dire “identica ad una anteriorità presente nello stato della tecnica”: il giudizio di novità è un giudizio di identità. Se l’invenzione coincide con una delle anteriorità manca la novità: identità tra invenzione e anteriorità. Nel giudizio di novità, le anteriorità non si combinano a mosaico: è un giudizio uno ad uno, non si uniscono/sommano le anteriorità. Si individuano le anteriorità ed una alla volta si fa il confronto à se nessuna coincide, la novità c’è e poi si valuta l’originalità. Due possibili nozioni di «identità»: - Identità «fotografica»: perfetta e integrale sovrapposizione, in tutte le caratteristiche, tra il trovato e l’anteriorità; l’anteriorità deve menzionare tutte le caratteristiche. L’anteriorità esplicita la caratteristica. - Identità sostanziale: vi è identità anche quando certe caratteristiche del trovato, pur non essendo menzionate nell’anteriorità, sono implicite in quest’ultima. Si ritengono «implicite» le caratteristiche che un esperto del settore ricaverebbe «direttamente e in modo non ambiguo» dall’esame dell’anteriorità. L’anteriorità non esplicita la caratteristica ma la fa ricavare in modo implicito e quindi si deve considerare identica. PREDIVULGAZIONE: oltre che nel caso di una anteriorità che coincide con l’invenzione, la novità manca in caso di predivulgazione. L’appartenenza allo stato della tecnica non deriva da un’anteriorità di terzi, ma deriva dal fatto che è stato l’inventore stesso che ha predivulgato la sua invenzione, rendendola accessibile al pubblico, prima di depositare la domanda di brevetto. Il problema della predivulgazione è lo stabilire quando effettivamente l’inventore ha avuto una condotta che comporta l’accessibilità al pubblico dell’invenzione prima del deposito della domanda di brevetto à la comunicazione deve essere fatta a persona in grado di comprendere l’informazione e di trasmetterla (altrimenti non c’è accessibilità del pubblico all’informazione stessa). La comunicazione dell’invenzione tra persone tenute al segreto per legge o per contratto – i.e. tra i membri di un team di ricerca - non è considerata predivulgazione e non fa venir meno la novità. Se però un soggetto tenuto al segreto rivela l’invenzione all’esterno, a persone non tenute al segreto, vi è predivulgazione e la novità viene meno. Se per errore o dolo un soggetto tenuto al segreto rivela l’invenzione all’esterno, a persone non tenute al segreto, la predivulgazione scatta (ovvero quando c’è l’acquisizione di conoscenza da parte di un soggetto esterno alla cerchia della segretezza) e la novità viene meno. Due ipotesi in cui la novità si conserva, nonostante la predivulgazione: - Se la predivulgazione «risulta direttamente o indirettamente da un abuso evidente» ai danni di chi chiede il brevetto e il richiedente deposita la domanda di brevetto entro sei mesi, la predivulgazione è ritenuta irrilevante e non toglie la novità [art. 47.1 c.p.i. e art. 55.1, lett. a), CBE] à è difficile stabilire che cosa sia un abuso evidente, in quanto non ci sono delle sentenze che aiutano a capirlo. - La stessa regola vale per la predivulgazione «avvenuta in esposizioni ufficiali o ufficialmente riconosciute ai sensi della Convenzione concernente le esposizioni internazionali, firmata a Parigi il 22 novembre 1928, e successive modificazioni» [art. 47.2 c.p.i. e art. 55.1, lett. b), CBE] à se il titolare ha bisogno di mostrare il suo prodotto ad una fiera/esposizione e non fa in tempo a brevettarlo prima dell’esposizione, gli si dà la possibilità di esporre in fiera e di brevettarlo dopo anche se l’ha mostrato prima. Il limite è che non vale per tutte le fiere, ma vale solo esposizioni ufficiali o ufficialmente riconosciute ai sensi della Convenzione del 1928 à sono quelle organizzate da enti pubblici o con la partecipazione con lo stato. ORIGINALITÀ Dopo aver stabilito se l’invenzione è dotato del requisito della novità e averlo stabilito positivamente, si deve valutare se l’invenzione è anche originale. La logica di questo requisito risiede in una considerazione che si collega allo scambio tra inventore e collettività: il premio della tutela monopolistica 20ennale del brevetto deve essere riservato ad un’invenzione che sia propriamente tale, ovvero solo ad una novità, una nuova creazione che non sia banale/scontata e sia riservata a qualcosa che compia un vero e proprio salto inventivo, che vada oltre il normale divenire della tecnica ed apporti un risultato innovativo di una certa rilevanza. La legge non richiede che questo salto inventivo sia di un livello particolarmente elevato: ci deve essere, deve andare oltre al normale divenire della tecnica, ma non è richiesto il “colpo di genio”, ovvero che sia un’invenzione rivoluzionaria o con un elevatissimo livello di creatività. Un’invenzione è originale, ossia implica un’attività inventiva, se, per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica (art. 48 c.p.i. e art. 56 CBE). “Evidente”: deve essere un qualcosa di non evidente per una persona esperta del ramo, rispetto allo stato della tecnica à un’invenzione ha questo requisito quando non è evidente/ovvia per un esperto del ramo rispetto alle conoscenze presenti nello stato della tecnica. Mentre il giudizio di novità è un giudizio oggettivo (ovvero si confronta il trovato che si vuole brevettare con ogni anteriorità reperita nello stato della tecnica, una per una, e si fa un giudizio di identità per capire se è identico o meno), questo requisito è discrezionale, nel senso che si traduce in una valutazione “soggettiva” di evidenza o di non evidenza per un esperto del ramo à comporta un margine di discrezionalità. Questo requisito è stato oggetto di un’elaborazione amplissima volta a cercare di fissare per ognuno dei concetti di cui il requisito si compone, dei criteri certi di valutazione. - Il set di conoscenze da prendere come riferimento per la valutazione è costituito dallo “stato della tecnica”. - Lo stato della tecnica nel giudizio di originalità è costituito esclusivamente da ciò che è materialmente/realmente accessibile al pubblico - Ai fini del giudizio di originalità nello stato della tecnica non sono comprese le domande di brevetto anteriori ancora segrete (art. 48 c.p.i. e art. 56 CBE) - Per il resto valgono, per determinare lo stato della tecnica rilevante ai fini del giudizio di originalità, le stesse regole esaminate in relazione al giudizio di novità. NB: lo stato della tecnica è su base mondiale e la data rilevante è costituita dallo stato della tecnica formatosi fino al giorno prima della data del deposito della domanda di brevetto, o se viene rivendicata la priorità, dal giorno prima della data di priorità. FASI DEL GIUDIZIO DI ORIGINALITÀ: 1. Individuazione del settore in cui l’invenzione si colloca 2. Ricostruzione della figura del tecnico medio (persona esperta del ramo), quanto a conoscenze e capacità margini per alternativi/soluzioni creative à non c’è stata attività inventiva, si è seguita l’unica strada possibile e si è arrivati all’unica soluzione possibile. MODO DI VALUTAZIONE DELL’ORIGINALITÀ DALL’UFFICIO EUROPEO BREVETTI: I criteri di valutazione dell’Ufficio Europeo Brevetti, quando deve decidere della concessione di un brevetto e quindi deve compiere un’analisi dei requisiti di originalità, utilizza una “strada” diversa, e sono progressivamente stati seguiti anche dai Giudici italiani. Un criterio non esclude l’altro, possono anche essere applicati entrambi. 1.Problem and solution approach: 1. Individuazione dell’anteriorità più vicina (closest prior art): cioè si individua l’anteriorità prossima alla soluzione che si vuole brevettare; “più vicina” va inteso in senso tecnico, non in senso temporale. Parlando di “salto inventivo”, ovvero di un vuoto da colmare tra stato della tecnica e innovazione che si vuole brevettare, l’anteriorità più vicina è quella per cui questo spazio è più corto, quindi il salto è più breve. 2. Formulazione del problema tecnico oggettivo risolto dal trovato (objective technical problem): si individua oggettivamente qual è il problema tecnico risolto dal brevetto. 3. Valutazione, tenendo conto di tutte le anteriorità nello stato della tecnica, circa l’esistenza di insegnamenti che avrebbero spinto il tecnico medio, di fronte al problema tecnico oggettivo, a procedere, partendo dall’anteriorità più vicina, verso il conseguimento del trovato e lo avrebbero portato a conseguirlo à ci si chiede se il tecnico medio, posto davanti al problema tecnico oggettivo da risolvere, e prendendo come punto di partenza la priorità più vicina e unendola alle altre anteriorità presenti nello stato della tecnica, se il tecnico medio sarebbe arrivato all’invenzione. Se la risposta è sì, allora vi è ovvietà. La principale differenza tra questo criterio e quello italiano consiste nel fatto che, nel nostro, le anteriorità rilevanti vengono considerate nel loro complesso, mentre nell’approccio europeo si individua una sola anteriorità di riferimento e poi si combinano le altre anteriorità con questa di riferimento à le anteriorità si possono combinare tra di loro (combinazione a mosaico), mentre nel giudizio di novità le anteriorità vengono confrontare one to one. È dalla combinazione di queste anteriorità che può derivare una evidenza (ovvietà) del trovato: bisogna chiedersi se, per il tecnico medio, sarebbe stato possibile già compiere questa combinazione e arrivare alla soluzione brevettata. Valutazione ex ante e non ex post: ci si deve porre dal punto di vista del tecnico medio alla data di deposito della domanda di brevetto (o alla data della priorità), senza considerare conoscenze ed altri elementi posteriori a questa data. Se valutiamo sulla base dello stato della tecnica posteriore un’invenzione ottenuta anni fa, l’invenzione risulta scontata e banale, per questo ci si deve porre dal punto di vista ex ante, ovvero se era scontata e banale quando è stata depositata la domanda. Bisogna ragionare nel modo in cui avrebbe ragionato il tecnico esperto dell’epoca. Approccio could-would: la mancanza di originalità presuppone che nello stato della tecnica e nelle conoscenze esistenti vi fossero degli elementi che avrebbero spinto in modo necessario il tecnico medio verso la soluzione del problema tecnico nel modo brevettato. Questo perché astrattamente, si potrebbe ragionare, dal punto di vista dello stato della tecnica, in due modi: • Lo stato della tecnica avrebbe messo il tecnico medio in condizioni di arrivare alla soluzione? (could) à se si adotta questa regola, è difficile che sia originalità perché sono molto di più i casi in cui il tecnico avrebbe potuto fare qualcosa. • Ma lo avrebbe (would) effettivamente fatto? à l’originalità è più facilmente riconosciuta, perché i casi in cui il tecnico avrebbe potuto fare qualcosa non escludono l’originalità, anche se poi non l’avrebbe effettivamente fatta. Non conta ciò che il tecnico medio avrebbe astrattamente potuto fare (could); conta solo ciò che il tecnico medio avrebbe effettivamente fatto (would), perché vi erano insegnamenti nello stato della tecnica che lo spingevano a farlo. Manca l’originalità solo nei casi in cui gli insegnamenti esistenti nello stato della tecnica e la situazione esistente al momento della domanda di brevetto, effettivamente avrebbe (would) spinto il tecnico medio verso il raggiungimento della soluzione brevettata à SOLO in questo caso manca l’originalità. Could senza would non esclude l’originalità. LICEITÀ art 50 cpi Definizione liceità: non possono essere brevettate le invenzioni la cui attuazione è contraria all’ordine pubblico o al buon costume [art. 50.1 c.p.i. e art. 53, lett. a), CBE]. Il concetto di ordine pubblico e di buon costume sono delle clausole generali: si tratta di una norma di chiusura, di salvaguardia per evitare che vengano concessi brevetti su entità inaccettabili in quanto in contrasto con valori fondamentali: • Ordine pubblico: fa riferimento all’insieme di regole/principi fondamentali perché vi sia continua un ordinamento giuridico, quindi una collettività organizzata secondo regole di diritto à è in contrasto con l’ordine pubblico tutto ciò che si pone in conflitto con i principi fondamentali su cui si regge la collettività organizzata. • Buon costume: fa riferimento a principi di ordine etico/morale che sono imprescindibili à è in contrasto col buon costume quando si hanno realtà che pongono dei problemi etici/morali insuperabili. “Attuazione contraria”: la legge riferisce il contrasto all’ordine pubblico e al costume non all’invenzione in sé, ma alla sua attuazione; si deve andare a vedere uno scenario in cui l’invenzione viene messa in opera, se viene messa in opera vi sarebbe questo contrasto à l’applicazione pratica dell’invenzione porterebbe a questo contrasto. Si ritiene che il divieto operi solo per le invenzioni per cui non è pensabile neppure un uso lecito (es: sostanze tossiche il cui unico possibile utilizzo reca danni alla salute). Se invece è possibile almeno un uso lecito, l’invenzione può essere brevettata (es: dispositivo per scassinare una serratura che può essere lecitamente usato da un fabbro in casi di emergenza). In ogni caso l’attuazione dell’invenzione non può essere considerata contraria all’ordine pubblico o al buon costume per il solo fatto di essere vietata da una disposizione di legge o amministrativa [art. 50.2 c.p.i. e art. 53, lett. a), CBE] à significa che può capitare che una certa invenzione non possa essere attuata perché la legge o una regola amministra lo vietano, o subordinano questa attuazione a una preventiva autorizzazione. Se anche l’attuazione dell’invenzione è subordinata ad autorizzazione o a limiti legali, ciò non osta di per sé al riconoscimento della validità del brevetto à se almeno un uso lecito dell’invenzione è possibile, il fatto che quell’uso lecito sia soggetto a limitazioni o autorizzazioni, non esclude la liceità dell’invenzione e quindi la validità del brevetto. SUFFICIENTE DESCRIZIONE L’invenzione deve essere descritta in modo sufficientemente chiaro e completo perché ogni persona esperta del ramo possa attuarla: art. 51.2 c.p.i. e art. 83 CBE. Solo quando questo concetto inventivo può essere compreso e replicato, vi è una sufficiente esposizione e divulgazione di quel concetto. L’esperto del ramo deve saper attuare l’invenzione sulla base della semplice lettura del testo brevettuale: la domanda è “un tecnico medio, sempre al momento del deposito della domanda di brevetto, leggendo il testo brevettuale depositato, è in grado di comprendere e replicare l’invenzione?” se la risposta è sì, allora la sufficiente descrizione esiste. Se non vi è la sufficiente descrizione, il brevetto non può essere concesso: se viene concesso, è nullo. Modalità di redazione e requisiti della descrizione: art. 21.3 d.m. 13 gennaio 2010, n. 33 (Regolamento di attuazione del c.p.i.) e regola n. 42 del Regolamento di attuazione della CBE. Nella descrizione occorre: 1. Specificare il campo della tecnica a cui l'invenzione fa riferimento: così da poter individuare l’esperto del ramo così da utilizzarlo come parametro di validità del brevetto. 2. Indicare lo stato della tecnica preesistente, per quanto a conoscenza dell'inventore, che sia utile alla comprensione dell'invenzione ed all'effettuazione della ricerca, fornendo eventualmente i riferimenti a documenti specifici; 3. Esporre l'invenzione in modo tale che il problema tecnico e la soluzione proposta possano essere compresi; 4. Descrivere brevemente gli eventuali disegni; 5. Descrivere in dettaglio almeno un modo di attuazione dell'invenzione, fornendo esempi appropriati e facendo riferimento ai disegni, laddove questi siano presenti; 6. Indicare esplicitamente, se ciò non risulti già ovvio dalla descrizione o dalla natura dell'invenzione, il modo in cui l'invenzione può essere utilizzata in ambito industriale. Corollari tratti dalla norma: sono i criteri pratici che vengono applicati dai giudici/uffici quando si deve valutare se la descrizione del brevetto è adeguata. • Anche per valutare la sufficienza della descrizione si fa riferimento al parametro dell’esperto del ramo • Il problema tecnico e la soluzione del problema tecnico devono essere perfettamente comprensibili, ma devono essere comprensibili ad un esperto del settore. L’esperto del ramo deve essere in grado, sulla base della descrizione, di comprendere l’idea inventiva e di attuarla. • Non è necessario inserire nella descrizione informazioni che fanno parte delle conoscenze possedute dall’esperto del ramo (e che quindi l’esperto non ha bisogno di leggere nel brevetto). • La descrizione non è sufficiente se non contiene informazioni senza le quali l’esperto del ramo non è in grado di attuare l’invenzione o la cui mancanza fa sì che l’esperto debba procedere a ricerche e sperimentazioni per arrivare ad attuare l’invenzione (c.d. «onere eccessivo»; «undue burden»). Vi può essere insufficienza di descrizione anche quando le informazioni sono troppo ampie e non danno una guida precisa all’esperto. • È necessario ma anche sufficiente indicare uno dei modi di attuazione dell’invenzione; non è obbligatorio indicare il modo migliore e più efficiente («best mode»). • L’applicazione industriale del trovato deve essere esplicitata nella descrizione, a meno che essa non sia già evidente à ovvero il modo in cui concretamente, nel mondo della tecnica, l’invenzione può essere attuata. rigetto del brevetto, contro il quale il richiedente ha una possibilità di appello davanti alle commissioni di ricorso istituite in seno all’Ufficio Europeo. Un’importante differenza del sistema del brevetto europeo rispetto a quello del brevetto nazionale è che, mentre il brevetto italiano una vola concesso può essere contestato solo davanti al giudice, il brevetto europeo, una volta concesso, può essere contestato davanti allo stesso Ufficio Europeo dei brevetti, nel termine di 9 mesi dalla concessione à è il cosiddetto procedimento di opposizione: per 9 mesi dopo la concessione, ogni soggetto interessato ha la possibilità di chiedere, con una procedura di opposizione davanti all’Ufficio Europeo, la revoca del brevetto concesso. Si tratta di un riesame nel merito dei requisiti di validità. Un vero e proprio contraddittorio tra terzo, titolare del brevetto e Ufficio, il quale decide se confermare il brevetto, revocarlo o mantenerlo in forma più ristretta. Anche le decisioni di opposizione possono essere impugnate davanti alle commissioni di ricorso dell’Ufficio Europeo. In ogni caso, che ci sia o meno la procedura di opposizione, se alla fine dall’Ufficio Europeo esce un brevetto concesso, chi ha interesse può comunque, anche se c’è stata l’opposizione, fare causa di nullità davanti al giudice (principio costituzionale degli stati di diritto: i soggetti possono sempre rivolgersi al giudice per far valere le proprie ragioni, anche dopo un provvedimento istituzionale; in Italia ciò è sancito dall’art. 117 c.p.i – la concessione di un titolo di proprietà industriale, quale che sia ed in ogni caso, anche se ha superato varie fasi amministrative, può essere sempre sottoposta al giudice chiedendogli di valutare se quel titolo sia valido o no). La procedura di opposizione, rispetto alle cause di nullità, ha il vantaggio di poter essere fatta in modo unitario, centralizzato, davanti all’Ufficio europeo, per cui il brevetto potrà essere cancellato nella sua interezza, altrimenti si può andare stato per stato con le azioni di nullità; 3.BREVETTO PTC (Patent Cooperation Treaty, ossia Trattato in materia di cooperazione in materia di brevetti, risalente al 1970 e sottoscritto a Washington): è un brevetto che si ispira all’idea di una procedura di concessione centralizzata ma rispetto al brevetto europeo, il brevetto PTC, anche detto brevetto internazionale, la procedura di concessione non arriva fino al rilascio del brevetto ma si arresta dopo la fase preliminare. Chi deposita una domanda di brevetto internazionale, nella quale dovrà indicare gli Stati per cui vuole protezione, si rivolge ad un Ufficio internazionale competente per il rilascio di brevetti internazionali PTC, l’Ufficio valuta la regolarità della domanda, compie o fa compiere ad uffici da lui delegati le ricerche di anteriorità, può emettere un parere preliminare di validità e qui la procedura centralizzata cessa. A questo punto L’Ufficio internazionale ramifica la domanda a tutti gli uffici nazionali designati e quindi invia la domanda con tutti i documenti acquisiti fino a quel momento ad ogni ufficio competente per ogni territorio per cui il richiedente ha chiesto protezione; da questo momento in poi, le procedure smettono di essere coordinate tra loro e a livello nazionale ogni ufficio procede per conto proprio, sulla base della ricerca di anteriorità e dell’esame preliminare di validità già svolti in sede internazionale. Pertanto, alla base della domanda di un brevetto PTC si può designare l’Ufficio Europeo dei brevetti e poi, presso di esso, designare determinati stati membri o rivendicare direttamente la protezione in Italia, come risulta all’art.55 del c.p.i; 4.BREVETTO EUROPEO CON EFFETTO UNTIARIO (Regolamento UE n.1257 del 2012): esiste sulla carta ma non è ancora operativo. L’idea di fondo dell’UE è stata quella di stipulare un accordo con l’Ufficio Europeo dei brevetti, in forza del quale si è previsto che l’UE attribuisca all’Ufficio Europeo il potere di concedere, se il richiedente lo vuole, un cosiddetto brevetto europeo con effetto unitario, ossia un brevetto europeo che non è un fascio di brevetti nazionali, ma un brevetto unitario sovranazionale per il territorio degli stati dell’UE che hanno aderito a questo sistema. Il progetto è stato rallentato da questioni logistiche, vi ha avuto impatto la Brexit, ci sono stati intoppi nella ratifica del progetto in Germania e quindi al momento non si sa sé e quando questo tipo di brevetto diventerà una realtà. L’Ufficio Europeo continua e continuerà a rilasciare i brevetti europei tradizionali e assommerà a questa competenza, se questo sistema entrerà in vigore, quella di concedere un brevetto unitario. Dal fatto che spesso si è parlato di Ufficio competente a rilasciare un brevetto per un certo territorio, emerge un altro principio cardine della materia della proprietà intellettuale, che è il principio di territorialità: esclusiva conferita da un diritto di proprietà intellettuale, in particolare da un titolo come il brevetto, esistente e con effetti solo nel territorio per cui è competente l’ufficio preposto al rilascio di quella privativa, motivo per cui, in forza di tale principio, un brevetto italiano sarà efficace solo in Italia, un brevetto europeo lo sarà nei paesi europei per cui è stata richiesta protezione, una serie di brevetti rilasciati in sede di brevetto PTC sarà efficace solo negli stati per cui è stata chiesta protezione. La differenza tra il brevetto PTC e quello europeo non è solo quella inerente alla completezza della procedura, ma vi è anche una differenza di tipo territoriale: il brevetto europeo è circoscritto a stati europei, mentre il brevetto PTC è di portata mondiale, ossia a tale sistema vi aderiscono paesi da ogni parte del mondo à è molto utile quando gli Stati d’interesse per cui si vuole protezione non sono solo europei; è usato per brevetti in Asia, Nord America e, in generale, nelle giurisdizioni in cui è più massiccio il n° di brevetti richiesti. STRUTTURA DEL BREVETTO Principali parti del brevetto, secondo regole uniformi a livello mondiale. Tutti i brevetti sono scritti in questo modo: - Dati identificativi del titolare, dell’inventore, dell’eventuale rappresentante del titolare (se nominato) - Titolo dell’invenzione (utile anche per rintracciarla nelle banche dati) e riassunto (abstract dell’idea inventiva) - Eventuale rivendicazione di priorità - Descrizione - Rivendicazioni - Eventuali disegni Regola di unitarietà del brevetto: ogni brevetto deve avere ad oggetto una sola invenzione (art. 161 c.p.i). La Convenzione di Monaco adotta una regola un po’ più permissiva: il brevetto deve avere ad oggetto una sola invenzione o anche più invenzioni tra le quali esiste un legame tale che costituiscono un solo concetto inventivo generale (art. 82 CBE). Caso classico: un concetto inventivo generale è dato da una ricerca all’esito della quale si raggiungono 2 invenzioni, ossia un certo prodotto ed il procedimento per fabbricarlo. In base alla legge italiana, formalmente dovremmo depositare due domande di brevetto, mentre nel caso del brevetto europeo potremmo depositare un’unica domanda sulle 2 invenzioni perché il concetto inventivo generale di cui sono espressione è il medesimo, da una ricerca inventiva sono emersi due risultati tutelabili tra loro strettamente connessi. Nella pratica, siccome le invenzioni di un certo rilievo sono quasi tutte contenute in brevetti europei, questa differenza è molto ridimensionata. A ridimensionarla contribuisce anche il fatto che si ritiene che solo durante la procedura di brevettazione il mancato rispetto di queste regole possa essere rilevato dall’Ufficio, ma che se quest’ultimo non rileva il mancato rispetto di queste regole, il brevetto viene concesso e a quel punto il mancato rispetto delle regole diventa irrilevante, ossia non è una causa di invalidità del brevetto concesso. Questo perché si ritiene che la norma abbia una finalità fiscale, di allocare il pagamento delle tasse a brevetti riguardanti una cosa sola e che non si paghino tasse uniche per un contenitore di molteplici invenzioni diverse. Se, invece, l’Ufficio rileva il mancato rispetto di queste regole, il titolare ha 2 possibilità: 1) restringere il brevetto ad una sola invenzione o ad un solo concetto inventivo generale, escludendo tutto il resto dalla protezione brevettuale 2) depositare per le altre invenzioni/concetti inventivi delle domande separate à scissione del brevetto depositato come unico in tante domande di brevetto, ciascuna delle quali si stacca da quel tronco comune e concerne una sola invenzione. Queste domande ulteriori si chiamano domande divisionali, proprio perché risultano dalla divisione di un’unica domanda originaria e, regola di favore per il titolare del brevetto, le domande divisionali conservano la data di deposito della domanda originaria, per cui beneficiano del fatto che lo stato della tecnica verrà valutato non alla data di deposito della domanda divisionale ma a quella della prima domanda. Estratto di un brevetto italiano: nella 1° pagina ci sono gli elementi sopra descritti, ossia il n° di brevetto, l’Ufficio in cui la domanda è stata depositata, la data di deposito della domanda (dalla quale decorrono i 20 anni di protezione), il titolare, nome e indirizzo del mandatario (consulente brevettuale che ha curato la redazione della domanda), il titolo dell’invenzione, gli inventori e una rivendicazione di priorità (à i 20 anni di protezione decorrono dalla data di deposito della domanda ma lo stato della tecnica sarà quello di un anno prima, ossia si hanno i 12 mesi della priorità). La regola generale è che l’inventore è anche il soggetto legittimato ad essere titolare del brevetto ma ciò non avviene quando gli inventori operano alle dipendenze di una società che ha assunto un team di ricerca. Il dipendente conserva il suo diritto morale ad essere riconosciuto come inventore del trovato; il titolare dei diritti patrimoniali sull’invenzione è il soggetto committente o datore di lavoro autonomo o dipendente. In fondo c’è la data di concessione del brevetto, che però è poco rilevante. Nel modulo di deposito c’è il richiedente, il titolo dell’invenzione, l’abstract, il breve riassunto, i disegni principali e nella parte successiva la descrizione dell’invenzione, che è quella parte ampia, corposa del testo brevettuale nella quale l’inventore descrive compiutamente, secondi i criteri visti, la propria invenzione. Ci sono punti fissi della descrizione: una parte in cui si dice il settore della tecnica in cui si colloca l’invenzione, una in cui si dice qual è il problema tecnico da risolvere, una in cui si richiama lo stato della tecnica esistente ed infine la vera e propria spiegazione dell’invenzione. Nella pratica, il ricorrere ad un consulente brevettuale per redigere la domanda di brevetto è fortemente consigliato perchè l’inventore conosce molto bene la sua invenzione ma può essere che non abbia le competenze professionale del consulente nel sapere come strutturare e descrivere la domanda di brevetto. A chi spetta il diritto al rilascio del brevetto? Spetta all’inventore e ai suoi aventi causa (art. 63.2 c.p.i.; art. 60.1 CBE). Il diritto è alienabile e trasmissibile (art 63.1, art 60.1 CBE): l’inventore, che ha diritto al brevetto, può cedere questo diritto ad altri. 1 DI NATURA MORALE (diritto morale): diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione (art. 62 c.p.i.; art. 62 CBE) à è un diritto morale, non è il diritto al rilascio del brevetto per poter sfruttare economicamente l’invenzione, è solo il diritto al che si sappia pubblicamente che quel soggetto/gruppo di soggetti sono gli autori dell’invenzione à interesse morale (diritti della personalità). Il diritto morale è inalienabile e non trasmissibile: non può essere ceduto, non si trasmette per successione ereditaria, non è rinunciabile. Dopo la morte dell’inventore è ancora tutelabile, gli eredi potranno intervenire per tutelare il diritto ma come soggetti che agiscono al posto dell’inventore, solo per proteggere il diritto sorto quando era in vita à possono farlo valere in giudizio al posto dell’inventore defunto, ma non viene trasmesso a loro. INVENZIONI DEI DIPENDENTI La problematica è: chi è titolare dei diritti sull’invenzione conseguita? Questi diritti spettano non al dipendente, ma al datore di lavoro che ha messo a disposizione i mezzi e gli strumenti per la ricerca, e che ha commissionato tale ricerca. Art 62 cpi diritti morali: il dipendente inventore è sempre titolare del diritto morale sull’invenzione (perché i diritti morali sono inalienabili e non trasferibili). REGOLE PARTICOLARI PER I DIRITTI PATRIMONIALI à Il c.p.i. disciplina tre ipotesi: 1. Invenzione di servizio (art. 64.1 c.p.i.): caso classico di un soggetto che viene assunto e specificatamente retribuito per svolgere attività inventiva, oppure nel caso in cui nel contratto di lavoro è scritto specificatamente che il dipendente viene assunto per svolgere un’attività inventiva e la sua retribuzione è volta specificatamente a compensare l’attività inventiva che svolgerà. Se il dipende ottiene l’invenzione, la regola è che: il diritto al brevetto spetta al datore di lavoro e nessun compenso ulteriore è dovuto al dipendente (la retribuzione del dipendente ha già coperto l’attribuzione al datore dei frutti della ricerca). 2. Invenzione d’azienda (art. 64.2 c.p.i.): l’invenzione è realizzata dal dipendente nell’esecuzione del rapporto di lavoro (svolge le mansioni per cui è stato assunto, e nel svolgerle arriva all’invenzione); tuttavia il dipendente non è assunto per svolgere attività inventiva e non è a tal fine specificamente retribuito. In questo caso il diritto al brevetto spetta sempre al datore di lavoro (perché l’invenzione è il risultato dell’esercizio delle mansioni del dipendente), ma il dipendente ha diritto a un «equo premio» (perché non è stato assunto e retribuito specificatamente per svolgere quell’attività inventiva), ossia al pagamento di una somma di denaro: deve essere proporzionata al valore dell’invenzione. Per calcolare la somma di denaro: il valore dell’invenzione viene calcolato sul: - Valore monetario: valore di mercato del brevetto (commisurato a quanto terzi pagano o sarebbero disposti a pagare per sfruttare il brevetto su licenza à royalty della licenza: ) - Valori % dei meriti del dipendente/inventore: sul valore di mercato si calcola una % (in Italia si usa il “criterio della formula tedesca”) ottenuta, ad esempio, andando a vedere le mansioni del dipendente (se le attività erano vicine a mansioni inventive, se è stato aiutato da altri etc). Questa % viene applicata al valore dell’invenzione e dà la misura dell’equo premio. 3. Invenzione occasionale (art. 64.3 c.p.i.): l’invenzione non è realizzata dal dipendente nell’esecuzione del rapporto di lavoro e non è collegata alla sua attività lavorativa; essa però rientra nel campo di attività del datore di lavoro à è l’ipotesi di un soggetto che si trova in una società di ricerca, che ha delle mansioni lontane dall’ambiente della ricerca, ma nel suo tempo libero, al di fuori delle mansioni lavorative, arriva ad un’invenzione che rientra nel campo di attività del datore di lavoro. In questo caso il diritto al brevetto spetta al dipendente (perché l’innovazione non è stata realizzata attraverso le mansioni del dipendente), ma il datore di lavoro ha un diritto di opzione per l’acquisto del brevetto o per la concessione di una licenza, a fronte del pagamento di un corrispettivo al dipendente à il datore ha questo diritto perché l’invenzione rientra nel campo di attività del datore di lavoro. È una situazione in cui il brevetto in partenza spetta al dipendente, ma il dipendente non può opporsi se il datore, pagando, lo vuole acquistare o sfruttarlo in licenza. Art. 64.6 c.p.i: se il dipendente lascia l’azienda del datore di lavoro e successivamente deposita una domanda di brevetto su una invenzione rientrante nel campo di attività dell’ex datore, qualora la domanda sia depositata entro un anno da quando il dipendente ha lasciato l’azienda, si presume fino a prova contraria (che è onere del dipendente fornire) che l’invenzione sia stata conseguita quando ancora il dipendente lavorava nell’azienda dell’ex datore e che perciò si applichino le norme dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 64 c.p.i. Quindi il problema si pone quando il dipendente raggiunge l’invenzione, non lo comunica, lascia l’azienda e solo dopo essersi dimesso deposita la domanda di brevetto à il dipendente deposita la domanda di brevetto di un’invenzione che è stata conseguita prima. Ciò che il dipendente effettivamente realizza dopo aver lasciato l’azienda dell’ex datore di lavoro, spetta all’ex-dipendente, proprio perché non è più dipendente e quindi se raggiunge un’invenzione per conto proprio, al datore non spetta nulla perché è un’attività successiva del dipendente. Il caso considerato è che il dipendente consegua l’invenzione prima di licenziarsi, ma la brevetta dopo perché l’ha tenuta segreta à la legge semplifica il compito del datore di recuperare il brevetto, stabilendo che fino a prova contraria, fino ad un anno da quando il dipendente ha lasciato l’azienda, si presume che l’invenzione per cui il dipendente ha chiesto il brevetto, se rientra nel campo di attività dell’ex datore, sia stata conseguita prima che il dipendente lasciasse l’azienda. Dopo un anno il datore può sempre recuperare il brevetto, ma non avrà la norma dell’onere che lo semplifica: decorso l’anno, l’ex datore deve dimostrare che l’invenzione era stata conseguita prima. Che cosa può fare il datore di lavoro quando ha la prova/presunzione che il brevetto spetti a lui e non al dipendente? • Il datore può scegliere una strada di demolizione del brevetto chiesto del dipendente: può chiedere che la domanda di brevetto venga respinta o che il brevetto già concesso al dipendente non avente diritto sia dichiarato nullo. • Art 118 cpi: dà al datore (ovvero a chiunque sia il vero legittimato a richiedere un brevetto) la possibilità di esperire un’azione di rivendica/rivendicazione à significa chiedere l’attribuzione a sé (rivendicare a sé) la domanda di brevetto o il brevetto depositati dal dipendente o, in generale, dal non avente diritto. Quindi, se l’ex datore vuole recuperare la protezione brevettuale, può far accettare la sua qualità di avente diritto e farsi trasferire la domanda o il brevetto del dipendente non avente diritto. Invenzioni realizzate da ricercatori di università e di enti pubblici di ricerca (art. 65 c.p.i.): in questo caso, in deroga all’art. 64 c.p.i., il diritto al rilascio del brevetto spetta al ricercatore; l’università o l’ente pubblico hanno però diritto a una parte dei proventi derivanti dallo sfruttamento dell’invenzione. Se si tratta di normali ricerche svolte in enti privati, valgono le regole dell’art 64 cpi. INVENZIONI REALIZZATE DA LAVORATORI AUTONOMI O SU COMMESSA Art. 4 della legge 22 maggio 2017, n. 81 (c.d. Jobs Act del lavoro autonomo): il diritto al brevetto spetta al committente se l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata à si tratta dell’invenzione di servizio. Negli altri casi i diritti di utilizzazione economica di invenzioni realizzate nell'esecuzione del contratto di lavoro spettano al lavoratore autonomo. AMBITO DI TUTELA DEI BREVETTI DETERMINAZIONE DELL’OGGETTO DEL BREVETTO • Interpretazione del brevetto. • Le rivendicazioni devono specificamente indicare «ciò che si intende debba formare oggetto del brevetto» (art. 52.1 c.p.i.; art. 84 CBE). • I limiti della protezione (oggetto del brevetto) sono determinati dalle rivendicazioni; la descrizione e i disegni servono a interpretare le rivendicazioni (art. 52.2 c.p.i.; art. 69.1 CBE). BREVETTI - AMBITO DI TUTELA Si parla di ambito di tutela di un brevetto per indicare la portata, l’estensione dei diritti esclusivi del titolare del brevetto rispetto all’invenzione che il brevetto protegge. Per definire l’ambito di tutela di un brevetto bisogna esaminare il testo brevettuale e determinare, in base ad esso, qual è l’idea inventiva protetta e quali attività sono riservate in esclusiva al titolare del brevetto. Ciò ci permette di distinguere tra attività che solo il titolare del brevetto può compiere e attività che chiunque è libero di compiere perché non rientrano nella sfera di protezione del brevetto. L’attività di un terzo che, senza il consenso del titolare, tiene una condotta che sarebbe riservata in esclusiva al titolare, viene chiamata in termini legali “contraffazione”; contraffattore è il soggetto che tiene questa condotta. Per determinare l’ambito di tutela rilevano in particolare 3 parti del testo: descrizione, disegni e rivendicazioni. L’attività consistente nell’esaminare il testo brevettuale per stabilire che cosa è protetto dal brevetto si chiama attività di interpretazione del brevetto, in quanto si prende un testo e gli si dà un significato. Il punto di riferimento dell’attività di interpretazione è costituito dalle rivendicazioni, le quali, per legge, devono specificatamente indicare “ciò che si intende debba formare oggetto del brevetto” (art.52 c.p.i, art.84 CBE). Le regole legali su come si deve strutturare e scrivere il testo del brevetto non corrispondono a mere logiche formali, ma hanno alla base un bilanciamento di interessi e servono ad un fine sostanziale di contemperare l’esigenza di protezione del titolare con esigenze di certezza dei terzi nel sapere esattamente cosa è protetto dal brevetto e cosa no. Per questo bisogna specificare nelle rivendicazioni che cosa il titolare del brevetto desidera che gli sia attribuito in esclusiva per i 20 anni di tutela. REGOLE DI CONDOTTA DEL TITOLARE: 1.Brevetto di prodotto: il titolare può vietare a terzi di produrre, usare, mettere in commercio, vendere o importare a tali fini il prodotto [art. 66.2.a) c.p.i.]. Ciascuna di queste attività di per sé costituisce contraffazione: significa che il fatto in sé di produrre il prodotto brevettato, anche prima di usarlo e venderlo, è già contraffazione. 2.Brevetto di procedimento: il titolare può vietare a terzi di applicare il procedimento; può inoltre vietare a terzi di produrre, usare, mettere in commercio, vendere o importare a tali fini il prodotto direttamente ottenuto con il procedimento [art. 66.2.b) c.p.i.]. È un’estensione della tutela: il legislatore ha stabilito che chi è titolare di un brevetto di procedimento, non solo ha un’esclusiva limitata all’attuazione del procedimento da parte di terzi. La logica è: se il procedimento mette a capo, attraverso la sua attuazione, ad un prodotto che è il diretto risultato dell’attuazione del procedimento, costituisce contraffazione anche l’attività commerciale non autorizzata relativamente a ogni prodotto che sia stato direttamente ottenuto con il procedimento. La tutela non riguarda il prodotto in sé: se un prodotto identico è ottenuto con un procedimento diverso, non c’è tutela (perché non c’è attuazione del procedimento, quindi non c’è violazione del diritto). Ove l’attività inventiva porti ad individuare sia un procedimento inventivo sia un prodotto inventivo, il consiglio è di rivendicare specificamente anche una tutela del prodotto in sé, o addirittura depositare una seconda domanda di brevetto sul prodotto in sé. Non ogni prodotto ottenuto con il procedimento può essere tutelato con questa regola, ma solo alcuni prodotti ottenuti che possano ritenersi oggetto di una derivazione diretta. Cosa significa “direttamente ottenuto”? La legge non lo spiega, quindi si sono avanzate diverse tesi interpretative, ma non vi è una tesi rilevante. Le tesi più seguite sono: • Tesi cronologica: può ritenersi direttamente ottenuto solo il prodotto che è il primo immediato risultato dell’attuazione del procedimento (teoria più restrittiva per il titolare). Il titolare può fare causa solo a chi svolto attività relativa al prodotto. • Tesi sostanziale o “delle qualità”: può ritenersi direttamente ottenuto anche un prodotto che pur non essendo l’immediato risultato dell’attuazione del procedimento, oppure essendo stato oggetto di lavorazioni successive, abbia delle caratteristiche/qualità che gli sono conferite dal fatto che a monte è stato attuato il procedimento brevettato à il prodotto non avrebbe quelle caratteristiche se non fosse stato usato quel procedimento (teoria più ampia per il titolare). L’art 67 cpi riguarda il profilo del dare la prova in giudizio della contraffazione di un brevetto di procedimento. La regola generale è chi fa causa, deve dar prova al giudice dei fatti su cui si basa la sua azione. Se il titolare di un brevetto di procedimento fa causa ad un terzo per contraffazione, è il titolare che deve dimostrare che vi è contraffazione. Quando il brevetto copre il prodotto, il titolare può dimostrare la contraffazione comprando il prodotto del concorrente, analizzandolo e dimostrando così che il prodotto è stato realizzato utilizzando gli insegnamenti del brevetto. Se si tratta di un brevetto di procedimento, il titolare può non essere in condizioni di andare a stabilire se il terzo attua o no il procedimento brevettato. Per queste situazioni, l’art 67 stabilisce che, al ricorrere di alcune condizioni, si presume fino a prova contraria che il procedimento brevettato sia stato attuato, quindi c’è contraffazione, e quindi è il contraffattore (il terzo) a dover dimostrare che non c’è stata contraffazione à inversione dell’onere della prova. Vi sono due ipotesi in cui capita questa inversione: • Il prodotto ottenuto con il procedimento è nuovo: il terzo, accusato di contraffazione del brevetto di procedimento, fabbrica e mette in commercio un prodotto identico al prodotto ottenuto con il procedimento brevettato e questo prodotto è nuovo. Si presume che il terzo abbia copiato il procedimento; deve dimostrare che ha seguito un procedimento diverso da quello brevettato. • Vi è una sostanziale probabilità che il prodotto sia stato fabbricato con il procedimento brevettato e il titolare del brevetto non è riuscito con ragionevoli sforzi a determinare il procedimento effettivamente attuato. Ovvero, il prodotto del terzo è identico, il titolare ha fatto il possibile per stabilire se quel prodotto sia stato fabbricato col suo procedimento brevettato, è arrivato a dimostrare una sostanziale probabilità ma non è riuscito a dare una prova certa à la legge impone al terzo di dimostrare che il procedimento è diverso. TIPI DI CONTRAFFAZIONE Si ha un’ipotesi di contraffazione quando un terzo, senza il consenso del titolare del brevetto, tiene una delle condotte riservate al titolare medesimo. La valutazione della contraffazione presuppone un confronto tra le facoltà esclusive conferite al titolare dal brevetto e la condotta che il terzo sta tenendo; il confronto deve portare a dire se la condotta del terzo rientra nell’ambito protetto oppure no. Contraffazione letterale/diretta (ipotesi più semplice): riproduzione integrale del prodotto o procedimento brevettato o almeno delle parti in cui si incorpora l’idea inventiva. Un terzo pedissequamente riproduce tutte le caratteristiche indicate nelle rivendicazioni à si ha una diretta, letterale ripresa del procedimento o prodotto brevettati come dettagliati, quanto a caratteristiche, nelle rivendicazioni. Se il brevetto ha ad oggetto un prodotto innovativo che svolge una certa funzione e risolve un problema tecnico secondo una certa idea inventiva e se questo prodotto è rivendicato nelle rivendicazioni in modo tale che si definiscono come caratteristiche specifiche in cui si estrinseca l’idea inventiva A,B,C la contraffazione diretta è fabbricare un prodotto che abbia le caratteristiche A,B, e C. E’ contraffazione diretta costruire o vendere un prodotto che per alcune componenti è diverso ma che per le componenti inventive è identico. E’ l’ipotesi meno frequente nella pratica e che ha dato luogo a minori difficoltà applicative per la semplicità di confronto tra identità. Inoltre, normalmente i terzi cercano di scostarsi da ciò che è specificatamente indicato nel brevetto: il terzo cerca di introdurre delle varianti, talvolta con piena consapevolezza di mettersi al riparo da un’accusa di contraffazione e cercando di mascherare la copiatura, ma in altri casi può essere che il terzo cerchi di scostarsi dall’ambito di protezione del brevetto in buona fede ma ciò nonostante le varianti non sono sufficienti ad uscire da tale ambito. In materia brevettuale, la buona fede del terzo non esclude in sé l’accertamento della contraffazione: se il terzo non ha agito con colpa o dolo è esente da determinate sanzioni (es. non deve risarcire i danni) ma per quanto riguarda l’accertamento della violazione dell’esclusiva e l’ordine al terzo di cessare la condotta possono esserci nonostante la buona fede. Si tratta di ipotesi cosiddette di design around (disegnare attorno). Questo discorso si basa sul presupposto che possa essere contraffazione il variare in qualche modo il prodotto o procedimento brevettato se non ci si discosta a sufficienza da esso. Fin dagli inizi della legislazione in maniera brevettuale ci si è resi conto che solo con la contraffazione diretta, i diritti del titolare sarebbero stati danneggiati. Come si fa a stabilire nel caso concreto se, nonostante le varianti, c’è contraffazione o se le varianti sono un design around e quindi non si tratta di contraffazione? La soluzione individuata a questo problema (prima nella prassi dei tribunali e poi consacrata a livello legislativo) è la dottrina degli equivalenti: vi è contraffazione se il terzo sostituisce uno o più elementi delle rivendicazioni del brevetto con elementi diversi ma equivalenti (art.52 comma 3-bis c.p.i). Contraffazione per equivalenti: gli elementi in cui si incorpora l’idea inventiva vengono sostituiti con elementi diversi, ma equivalenti a quelli descritti e rivendicati nel brevetto (art. 52, comma 3- bis, c.p.i.). Vi è equivalenza se il prodotto o procedimento del terzo, pur essendo diverso da quello brevettato, attua la medesima idea inventiva protetta dal brevetto. Per determinare se vi è equivalenza sono utilizzati di solito due criteri: i) evidenza/ovvietà della sostituzione per il tecnico medio; ii) c.d. test «funzione-modo-risultato». Ci sono 2 criteri per valutare l’equivalenza: 1. Ovvietà della sostituzione per il tecnico medio: per il tecnico medio del settore è evidente che sostituire l’elemento C con l’elemento D porta allo stesso risultato? Se la risposta è sì, si ritiene che l’elemento diverso sia equivalente; 2. Cosiddetto test “funzione modo-risultato”: valuta quale sia la funzione svolta dall’elemento sostituito di cui si discute, qual è il modo in cui questo elemento funziona e qual è il risultato cui si arriva usandolo. Nel concetto di risultato si deve includere anche la qualità, efficienza del risultato: se l’elemento sostituito porta ad un risultato qualitativamente molto migliore, molto più efficiente di quello dell’elemento originario rivendicato nelle rivendicazioni, questo potrebbe essere un elemento di non equivalenza. CONTRAFFAZIONE INDIRETTA (o per contributo): un soggetto non è responsabile di contraffazione diretta o per equivalenti perché non è lui ad attuare l’idea inventiva, ma fornisce a un altro soggetto mezzi univocamente destinati a essere usati per violare il brevetto (per attuare l’idea inventiva) o comunque mezzi che egli sa che saranno impiegati a questo scopo. Il soggetto ha una condotta che in sé sarebbe lecita (vendita di un prodotto non coperto da brevetto), ma è strumentale ad un illecito commesso da un altro soggetto à diversa è la situazione se il fornitore è consapevole del fatto che i mezzi che fornisce saranno destinati a contraffare il brevetto o se si trova in una situazione in cui, applicando la normale diligenza, non può non sapere che i mezzi che fornisce saranno destinati a quello scopo, in particolare nei casi in cui i mezzi hanno un’unica utilizzazione possibile. La condotta del terzo è autonomamente una condotta di contraffazione a prescindere da un concorso nell’illecito altrui à a prescindere dallo stabilire se ci sia un concorso del fornitore nella contraffazione diretta o per equivalenti del soggetto cui lui vende i mezzi, autonomamente anche indipendentemente da chi attua l’insegnamento brevettato, il fornitore viene qualificato come il responsabile di contraffazione indiretta. La legge 3 novembre 2016 n. 214 ha per la prima volta regolato espressamente la contraffazione indiretta inserendo tre nuovi commi nell’art. 66 c.p.i. • Art. 66, comma 2-bis, c.p.i.: «Il brevetto conferisce al titolare anche il diritto esclusivo di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di fornire o di offrire di fornire a soggetti diversi dagli aventi diritto all'utilizzazione dell'invenzione brevettata i mezzi relativi a un elemento indispensabile di tale invenzione e necessari per la sua attuazione nel territorio di uno Stato in cui la medesima sia protetta, qualora il terzo abbia conoscenza dell'idoneità e della legge è consentito tenere una certa condotta e non è necessario chiedere il consenso del titolare del brevetto. Attenzione: non è la stessa cosa della licenzia obbligatoria perché in questo caso non si tratta di liberi usi, il provvedimento amministrativo sostituisce il consenso mancato del titolare; gli usi leciti, invece, guardano ipotesi che in partenza non richiedono alcun consenso da parte del titolare del brevetto. Ipotesi: 1. Atti compiuti in ambito privato e non a fini commerciali: si vuole tutelare la sfera privata di un soggetto che magari tiene una condotta formalmente in violazione del brevetto ma nella sua sfera privata, senza ricavarne un’utile. Vista la limitata portata di questa condotta, si può dare prevalenza all’interesse del privato a non essere colpito da un’azione di contraffazione del titolare e, al contempo, il dover tollerare un uso privato non commerciale non reca un danno inaccettabile al titolare del brevetto; 2. Uso in via sperimentale: si collega strettamente alla regola della messa a disposizione della conoscenza dell’idea inventiva nella descrizione del testo brevettuale. La descrizione può favorire la ricerca grazie al fatto che il brevetto, già pubblicato e già nel momento in cui è ancora in vigore, può costituire una fonte di conoscenza tecnica per ulteriore ricerca. Se sfrutto l’idea inventiva non per trarne un’utile economico mediante lo sfruttamento dell’inventiva, ma come base per svolgere una ricerca innovativa ed arrivare ad ulteriore innovazione, ciò dev’esser incoraggiato perché è un’attività che non danneggia il titolare del brevetto (non c’è sfruttamento brevettuale dell’invenzione) ed è strumentale a creare innovazione. Per questo motivo, quest’eccezione è interpretata nel senso che fare esperimenti non significa qualsiasi attività per testare l’idea inventiva per cercare di replicarla; l’eccezione di uso in via sperimentale riguarda i casi della ricerca innovativa, ossia i casi in cui l’invenzione brevettata è utilizzabile per creare ulteriori invenzioni. Ci sono 2 eccezioni specifiche del settore farmaceutico, entrambe volte alla tutela della salute dei pazienti: • Eccezione regolatoria (eccezione Bolar): • Il mercato dei farmaci è tradizionalmente strutturato su una contrapposizione tra imprese originatrici (originator) e imprese genericiste, produttrici di farmaci generici. I generator sono soggetti che svolgono ricerca inventiva e mettono a punto nuovi impieghi di farmaci e sono titolari dei relativi brevetti, mentre i genericisti operano sul mercato dei farmaci bio equivalenti, ossia farmaci che replicano quelli degli originator e che possono essere immessi sul mercato alla scadenza della tutela brevettuale dei farmaci degli originator. In tempi recenti, il conflitto tra loro si è accentuato e il legislatore ha dovuto fare una scelta di bilanciamento: da un lato, la tutela adeguata degli originator è necessaria per realizzare nuovi farmaci, ma anche il mercato dei generici è importante perché la possibilità di avere una pluralità di farmaci contenenti il principio attivo, al fine della tutela brevettuale, permette di ridurre il costo del medicinale (non c’è il costo per gli investimenti in ricerca). Ogni farmaco può andare sul mercato solo se ha ricevuto un’autorizzazione amministrativa all’immissione in commercio, in quanto si deve prima testare l’efficacia e idoneità del farmaco, che non ci siano effetti collaterali inaccettabili ecc. Se il genericista dovesse attendere la scadenza della tutela brevettuale per avviare la procedura di immissione in commercio, la tutela verrebbe indebitamente prolungata perché serve l’autorizzazione all’immissione in commercio à soluzione di bilanciamento: fermo restando che la fabbricazione e la vendita del farmaco da parte del genericista sono e restano vietate fino alla scadenza della tutela brevettuale, è tuttavia consentito al genericista di avviare in anticipo la procedura di autorizzazione all’immissione in commercio e di dotarsi di essa già prima della scadenza del brevetto in modo da andare sul mercato subito a brevetto scaduto. Tuttavia, dato che per ottenere questa autorizzazione è necessario fornire alle autorità competenti esemplari del prodotto/prove di laboratorio (per test di sussistenza dei requisiti per l’autorizzazione), il genericista deve produrre e utilizzare una tot quantità del principio attivo brevettato à si consente al generista di chiedere l’autorizzazione all’immissione in commercio quando il brevetto è ancora in vigore, ma per fare questa procedura devi già creare il principio attivo. Per questo è stato creato il principio Bolar. Il genericista può fabbricare e utilizzare solo ed esclusivamente i quantitativi necessari per svolgere la procedura volta ad ottenere l’autorizzazione alla messa in commerccio. 3. Preparazione estemporanea e per unità di medicinali nelle farmacie su ricetta medica, purché non si utilizzino principi attivi realizzati industrialmente (c.d. eccezione galenica) à si vuole evitare che le farmacie inizino a produrre farmaci industrialmente diventando concorrenti del titolare del brevetto. 4. Usi di un software brevettato nei modi consentiti dagli artt. 64-ter e 64-quater della legge sul diritto d’autore 5. Utilizzo, alle condizioni previste dalla lett. c-bis dell’art. 68.1 c.p.i., dell'invenzione brevettata per navi, aeromobili, veicoli terrestri o altri mezzi di trasporto non italiani che entrino temporaneamente o accidentalmente nelle acque italiane o nel territorio italiano à su questi mezzi di trasporto sono utilizzati dispositivi o procedimenti che in sé sarebbero oggetto di esclusiva da parte di un titolare di un brevetto in Italia, il mero transito di questi mezzi non viene considerato contraffattorio. Il titolare non può impedire il mero transito di questi mezzi di trasporto non italiani che stanno transitando accidentalmente. DIRITTO DI PREUSO L’art. 68.3 c.p.i. regola l’ipotesi in cui un soggetto (preutente) faccia uso nella propria attività di un’invenzione che non è stata brevettata e successivamente un altro soggetto che ha conseguito la stessa invenzione depositi su di essa una domanda di brevetto à un soggetto inventa qualcosa e inizia a sfruttare la sua invenzione senza brevettarla; successivamente, un altro soggetto arriva indipendentemente alla stessa idea inventiva e decide di brevettarla. Si ha quindi un primo inventore che non ha brevettato, e un secondo indipendente inventore che ha brevettato. Se l’utilizzo dell’invenzione da parte del primo soggetto ne ha comportato l’accessibilità al pubblico, l’invenzione è entrata a far parte dello stato della tecnica e il successivo brevetto è privo del requisito della novità. à chiunque la può sfruttare perché l’invenzione fa parte del pubblico dominio. Sfruttamento da parte del primo inventore in regime di segreto: se invece l’utilizzo dell’invenzione da parte del primo soggetto non ne ha comportato l’accessibilità al pubblico, il successivo brevetto è valido e il suo titolare ha i diritti esclusivi di sfruttamento dell’invenzione previsti dall’art. 66 c.p.i. à viene quindi favorito e tutelato il secondo inventore che ha brevettato per primo. Il secondo inventore può far valere il brevetto anche per impedire al primo inventore di continuare ad usare l’invenzione. La regola di favore per chi ha scelto di brevettare si manifesta in due regole: • Si può avvalere del diritto di preuso solo il soggetto che ha utilizzato l’invenzione in un periodo temporale di 12 mesi anteriori alla data di deposito della domanda di brevetto o alla data di priorità à se il primo inventore ha utilizzato l’invenzione ma in epoca più remota, ma poi non l’ha più utilizzata nei 12 mesi anteriori alla data di deposito, o non l’ha usata del tutto, allora non vi è un preuso da tutelare. • Il preutente può continuare l’utilizzo ma solo nei limiti del preuso. Non può estendere l’uso, rimane bloccato nei limiti in cui utilizzava l’invenzione prima della brevettazione da parte del secondo inventore e non può estendere lo sfruttamento dell’idea inventiva in nessun modo. ESAURIMENTO L’esaurimento si può anche chiamare “teoria della prima vendita”: esiste un prodotto coperto da brevetto, il suo titolare fabbrica e vende sul mercato il prodotto o lo fa fabbricare e vendere da un soggetto da lui autorizzato (con licenza). L’acquirente del prodotto originale decide di rivenderlo: il titolare del brevetto ha dei diritti esclusive anche sulle vendite successive e quindi può bloccare la vendita o esigere un compenso? Il titolare soddisfa i suoi interessi economici con la prima vendita, quindi il profitto monopolistico derivante dalla prima vendita è sufficiente a compensare il titolare: da quel momento in poi, la rivendita del prodotto è lecita. I diritti esclusivi del titolare di un brevetto si esauriscono, in relazione a prodotti protetti dal brevetto, una volta che questi prodotti siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel territorio italiano o nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo. La regola dell’esaurimento opera solo se il prodotto è stato venduto all’interno del territorio dell’UE o dello Spazio Economico Europeo. Tuttavia non vi è esaurimento quando sussistano motivi legittimi perché il titolare stesso si opponga all'ulteriore commercializzazione dei prodotti (art. 5 c.p.i.). • Quando vi è esaurimento il titolare del brevetto non può impedire l’ulteriore circolazione del prodotto; in particolare, non può nemmeno impedire l’importazione in Italia di prodotti messi in commercio in altri Stati UE o SEE (c.d. importazioni parallele). Qualsiasi sia lo stato europeo o dello Spazio economico europeo in cui il prodotto è stato messo in commercio dal titolare o con il suo consenso, da quel momento il prodotto può liberamente circolare in tutto il territorio dell’Unione à non può impedire che non circoli nel paese e che una persona lo acquisti e lo rivenda in un altro territorio. • Non vi è esaurimento internazionale: se i prodotti protetti dal brevetto sono stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso in Stati che non appartengono alla UE o al SEE, il titolare conserva il diritto di impedirne l’importazione nella UE. Quindi se il prodotto originale è stato venduto tipo negli USA, per quanto riguarda il territorio dell’UE, il diritto esclusivo su quel prodotto non si è esaurito rispetto al territorio dell’Unione à non può essere commercializzato e importato all’interno del territorio dell’UE. Il principio dell’esaurimento è volto a limitare l’esclusiva nel momento in cui vi è un’attività attuata o consentita dal titolare di vendita sul mercato di esemplari del prodotto brevettato. questa giustifica la compressione dei diritti del totale, ovvero una riduzione della sua esclusiva. Oppure se, dopo una iniziale attuazione, l’attuazione dell’invenzione sia stata, per oltre tre anni, «sospesa o ridotta in misura tale da risultare in grave sproporzione con i bisogni del Paese» -, ogni terzo interessato può chiedere una licenza obbligatoria per l’utilizzo non esclusivo dell’invenzione. La licenza però non può essere concessa «se la mancata o insufficiente attuazione è dovuta a cause indipendenti dalla volontà del titolare del brevetto». La legge precisa che non rientrano in queste condizioni le difficoltà economiche o la mancanza di mezzi finanziari dell’impresa, perché rientra nel normale rischio di imprese. Le cause indipendenti sono fattori esterni che impediscono al titolare di usare il brevetto: l’ipotesi frequente è quella nella quale il titolare deve attendere una autorizzazione amministrativa allo sfruttamento del brevetto e non possa attuare il brevetto senza quella autorizzazione (i.e. settore farmaceutico: nuovo farmaco con nuovo principio attivo. Può essere commercializzato solo dopo molti test clinici). Se il titolare sta seguendo diligentemente la procedura di autorizzazione all’immissione in commercio ma la procedura non si è ancora conclusa, non può ovviamente attuare il brevetto: questo è una causa indipendente dalla sua volontà. Se non lo attua pur non potendolo fare o perché non ha organizzato bene l’attività interna, allora può essere concessa la licenza obbligatoria. • Licenza obbligatoria in caso di brevetto dipendente (art. 71 c.p.i.): come visto per i brevetti dipendenti, il titolare del brevetto può attuarlo solo con il consenso del titolare del brevetto dominante, quindi solo chiedendo una licenza sul brevetto dominante al suo titolare. Il titolare può rifiutarsi di dare il consenso: se non viene dato, il titolare del brevetto dipendente non può attuarlo. Tuttavia, se un’invenzione protetta da brevetto non può essere attuata senza attuare una precedente invenzione ancora brevettata, il titolare del secondo brevetto (dipendente) può ottenere una licenza obbligatoria sul primo brevetto, nella misura necessaria a sfruttare l’invenzione dipendente e a condizione che quest’ultima «rappresenti, rispetto all’oggetto del precedente brevetto, un importante progresso tecnico di considerevole rilevanza economica». L’interesse pubblico è rappresentato dall’ “importante progresso tecnico di considerevole rilevanza economica”, ma vi è anche l’eccezionalità della fattispecie: non ogni brevetto dipendente può avere una licenza obbligatoria, solo in questi casi particolari dove c’è un interesse della collettività che lo giustifica. Disposizioni comuni ai due tipi di licenza obbligatoria (artt. 72, 73 e 199 c.p.i.): la concessione della licenza obbligatoria è subordinata ad una serie di condizioni, ovvero: 1. Occorre una istanza motivata (spiegare i motivi per cui sussiste il diritto di avere una licenza obbligatoria), presentata dal soggetto interessato all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi 2. Chi chiede la licenza obbligatoria deve dimostrare «di essersi preventivamente rivolto al titolare del brevetto e di non aver potuto ottenere da questi una licenza contrattuale ad eque condizioni» à non si va direttamente davanti all’ufficio, prima si deve fare il tentativo di richiedere la licenza al titolare. 3. La licenza obbligatoria non può essere concessa «quando risulti che il richiedente abbia contraffatto il brevetto, a meno che non dimostri la sua buona fede» à la buona fede salva la situazione, ma la regola è che il richiedente non deve essere contraffattore: nella pratica può succedere che davanti al rifiuto del titolare di brevetto di concedere licenza obbligatoria, chi è interessato ad attuarla inizia a sfruttare comunque l’invenzione brevettata confidando che poi gli verrà rilasciata la licenza obbligatoria. Questo porta automaticamente al rifiuto e all’impossibilità di avere la licenza obbligatoria, in quanto risulta contraffattore. 4. La licenza obbligatoria è sempre non esclusiva 5. Chi ottiene la licenza obbligatoria deve versare al titolare del brevetto un «equo compenso», la cui misura è determinata nel decreto di concessione della licenza 6. Il decreto di concessione della licenza stabilisce, oltre alla misura del compenso, la durata e le condizioni della licenza (di solito sono contenuti nel contratto, ma non c’è quindi va nel decreto) 7. La licenza obbligatoria può essere revocata se il licenziatario non rispetta le condizioni del decreto di concessione oppure se vengono meno le circostanze che hanno determinato la concessione della licenza LICENZA DI DIRITTO Viene chiamata “licenza di diritto”, ma in realtà si parla di “licenza mediante offerta al pubblico”à la proposta contrattuale può essere fatta mediante offerta al pubblico. Il titolare del brevetto può fare una offerta al pubblico per la concessione di una licenza per l’uso non esclusivo dell’invenzione (art. 80.1 c.p.i.). Questa ipotesi non ha avuto rilievo nella pratica perché tipicamente il titolare vuole sapere chi è il suo licenziatario per non rischiare di concludere contratti di licenza a condizioni svantaggiose o in situazioni in cui il licenziatario può nuocere il brevetto. • Se un soggetto notifica al titolare una accettazione dell’offerta, il contratto di licenza è concluso, anche se non viene accettato il compenso proposto dal titolare nell’offerta (art. 80.2 c.p.i.). L’offerta deve essere accettata così com’è stata fatta; un’accettazione con riserva o con richiesta di negoziazione delle condizioni della licenza non vale come accettazione e non porta al perfezionamento del contratto. Tranne per un aspetto: quello del compenso. Tutte le altre condizioni non possono essere negoziate dal licenziatario, solo per il compenso/prezzo è possibile che chi accetta l’offerta dichiari di non accettare il compenso. • Se il compenso non viene accettato, la misura del compenso viene determinata con «equo apprezzamento» (giudizio di equità) da un collegio di arbitratori (art. 80.3 c.p.i.). CAUSE DI NULLITÀ E DI DECADENZA CAUSE DI NULLITÀ DEL BREVETTO Si tratta di situazioni “patologiche” che pongono fine anticipatamente alla tutela conferita dal brevetto. La situazione fisiologica è quella della durata ventennale del brevetto in tutti i settori, con possibilità del settore farmaceutico del prolungamento a 25 anni. La vita del brevetto dipende dalla volontà del titolare, il quale è libero in ogni momento di rinunciare al brevetto; le cause di nullità e decadenza, invece, pongono fine anticipatamente alla tutela per vizi originari o sopravvenuti. Più precisamente, si parla di: - Nullità: quando esiste un vizio originario, ossia un motivo che fin dal deposito della domanda di brevetto fa sì che il brevetto non sarebbe dovuto essere concesso (la domanda di brevetto sarebbe dovuta essere rigettata). Tuttavia, è possibile che, nonostante questo, il brevetto venga rilasciato. Il vizio originario della domanda non rilevato dall’Ufficio può essere fatto valere davanti al giudice con un’azione di nullità (art.117 c.p.i). Con la declaratoria di nullità, il brevetto viene cancellato con effetto retroattivo, come se non fosse mai stato depositato/concesso, salvo alcuni atti specifici che vengono fatti salvi e che non vengono travolti dalla nullità del brevetto (art.77 c.p.i); - Decadenza: quando il brevetto viene validamente concesso, ossia presenta tutti i requisiti di validità, e tuttavia, a un certo punto della vita del brevetto, sopravvengono delle circostanze incompatibili con la prosecuzione della durata della vita brevettuale. Si tratta di fatti sopravvenuti che pongono fine alla vita del brevetto che, però, fino a quel momento era perfettamente valido. Il brevetto decaduto, quindi, per il periodo dalla concessione fino al verificarsi della causa di decadenza è stato un brevetto in vigore (es. un terzo ha violato il brevetto prima che decadesse à ci può essere accertamento della contraffazione e condanna del terzo al risarcimento dei danni. Ciò non sarebbe possibile nel caso della nullità). Un brevetto è NULLO, in base all’art. 76.1 c.p.i., se: • Il trovato non rientra tra le entità brevettabili ai sensi dell’art. 45 c.p.i. • Non sussistono tutti i requisiti di brevettabilità previsti dagli artt. 46, 48, 49 e 50 c.p.i. (industrialità, novità, originalità, liceità) • L’invenzione non è sufficientemente descritta ai sensi dell’art. 51 c.p.i. • L’oggetto del brevetto si estende oltre il contenuto della domanda iniziale o la protezione è stata estesa: la norma della Convenzione del brevetto europeo da cui questa fattispecie è stata ripresa dice che l’ipotesi di invalidità per estensione della protezione riguarda il brevetto già concesso. L’espressione “la protezione è stata estesa” non è, quindi, contraddittoria se la norma si interpreta ricollegandoci alla norma della Convenzione. Le modifiche e aggiunte fatte prima della concessione del brevetto comportano nullità in relazione a contenuti non presenti nella domanda iniziale, mentre le modifiche fatte dopo la concessione del brevetto determinano nullità in relazione ad ogni elemento che, a prescindere dalla sua presenza nella domanda iniziale, estende l’oggetto del brevetto e la protezione; • Il brevetto è stato concesso a un non avente diritto e l’avente diritto «non si sia valso delle facoltà accordategli dall’art. 118 c.p.i.» (rivendica del brevetto) à la disciplina della rivendica del brevetto prevede che se il brevetto è domandato da un non avente diritto, l’avente diritto ha la possibilità di rivolgersi ad un giudice per far accertare la sua qualità di avente diritto e chiedere determinati rimedi. Se il brevetto non è ancora stato concesso, l’avente diritto può chiedere o che gli venga trasferita la domanda di brevetto e portare poi avanti lui la procedura, o il rigetto della domanda di brevetto. Se il brevetto è già stato concesso, l’avente ha diritto alla scelta di farsi trasferire il brevetto concesso o chiedere la nullità del brevetto à l’ipotesi di nullità è collegata al fatto che l’avente diritto chieda che il brevetto concesso al non avente diritto diventi nullo. L’art 118 precisa che, dal momento della concessione del brevetto, l’avente diritto ha 2 anni di tempo per fare la sua scelta tra chiedere l’intestazione del brevetto o chiederne la nullità. Decorsi i 2 anni, nei quali la scelta spetta solo all’avente diritto, la legge stabilisce che qualunque soggetto interessato può chiedere la nullità del brevetto e l’avente diritto non può più far nulla. Si tratta di ipotesi in cui la causa di invalidità non è stata rilevata dall’ufficio, ma non sempre la causa di nullità può essere rilevata dall’ufficio: in relazione alla quarta ipotesi, se la protezione è stata estesa dopo la concessione del brevetto, per forza questa estensione non è stata rilevata Il 2° considerando aggiunge che è sentita e va protetta l’esigenza di usare la riservatezza, la confidenzialità, segretezza del know how e delle info come strumento di competitività commerciale e di gestione dell’innovazione. Questo considerando esemplifica le tipologie di questi segreti: conoscenze tecnologiche, info su clienti e fornitori, piani aziendale, ricerche, strategie di mercato. I segreti commerciali consentono all’innovatore di trarre profitto dalle proprie creazioni o innovazioni e quindi sono particolarmente importante per la competitività delle imprese, ricerca e sviluppo e capacità innovativa. Pur restando nella legislazione un favore per la tutela brevettuale, il legislatore riconosce che anche la tutela del segreto è uno stimolo all’innovazione e che sia giusto permettere all’imprenditore di utilizzare nelle sue strategie d’impresa e scelte di competizione sul mercato la riservatezza dei propri dati, quindi non l’acquisizione di un titolo brevettuale ma la possibilità di adottare altre strategie di protezione e valorizzazione dell’innovazione. Alla luce di queste finalità, c’è stata un’evoluzione del dato normativo. L’art. 39 TRIPs prevedeva la tutela dei segreti commerciali (nel TRIPs chiamate informazioni segrete) ma si limitava a fissare l’obbligo per gli Stati aderenti di proteggere i segreti (per l’epoca era un passo in avanti significativo), non prevedendo specifiche forme di tutela per gli stati, che erano liberi di scegliere la forma di tutela preferita. Ciò aveva dato luogo ad una situazione variegata in Europa: alcuni paesi, tra cui l’Italia, avevano elevato i segreti a diritti di proprietà industriale, altri stati erano rimasti alla tutela mediata attraverso la concorrenza sleale, altri ancora avevano previsto una tutela del segreto attraverso le norme degli illeciti extra contrattuali (art. da 2043 del Codice Civile italiano) e altri che avevano emanato norme speciali relativi ai segreti che non rientravano in nessuno di questi paradigmi. Questa frammentazione legislativa è stata considerata incompatibile con il mercato unico europeo con esigenze di armonizzazione e ha portato alla Direttiva del 2016 e, ulteriormente, all’attuazione della Direttiva nel Maggio 2018 con un decreto che ha modificato gli art. 98 e 99 c.p.i anche se non di molto perché la nostra legislazione era già allineata alla Direttiva. L’esistenza di una tutela specifica del segreto come diritto di proprietà industriale non esclude che la violazione di segreti non rappresenti un atto di concorrenza sleale à duplice qualifica di illeicità: contraffazione e violazione di un diritto e concorrenza sleale. LA TUTELA DEI SEGRETI COMMERCIAL IN ITALIA In Italia i segreti commerciali sono tutelati come oggetto di diritti di proprietà industriale in base agli art. 98 e 99 del c.p.i, come modificati dal d.lgs. 11 maggio 2018 n.63, che ha dato attuazione alla Direttiva n.2016/943. Art. 98.1: per segreti commerciali si intendono info aziendale ed esperienze tecnico-industriali (know-how), comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore (titolare del diritto). I segreti possono essere di: - natura tecnica: info riservate relative alla progettazione, alla realizzazione, alle caratteristiche o al modo di impiego di un prodotto o processo (es. disegni tecnici di parti del prodotto, sapere come regolare un macchinario); - natura commerciale: info riservate relative all’organizzazione commerciale dell’impresa, ai suoi piani strategici, alle scelte di marketing, ai nominativi dei suoi fornitori, finanziatori, rivenditori e clienti e ai rapporti con questi soggetti, alle modalità di fissazione dei prezzi, anche in relazione ai criteri seguiti per praticare sconti. Sono progettabili come innovazione sia innovazioni di tipo tecnico che sarebbero brevettabili ma per le quali l’avente diritto preferisce la tutela del segreto, sia info di qualunque tipo che non sarebbero in sé brevettabili, come un know-how tecnico che non possiede i requisiti per una valida brevettazione (es. per mancanza di livello inventivo) o innovazioni e info commerciali che, non appartenendo al mondo della tecnica, non rientrano tra le entità brevettabili. Segreto commerciale: segreto utile e sfruttabile in un’attività di tipo economico. • La violazione dei segreti commerciali costituisce inoltre atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, n.3 del Codice Civile. REQUISITI PER LA TUTELA Nei diritti di proprietà industriale si parla di diritti e di diritti titolati quando il diritto viene acquisito con un procedimento di registrazione presso l’ufficio competente. Altri diritti di proprietà industriali, come i segreti o le denominazioni d’origine, sono detti diritti non titolati perché non sorgono con un provvedimento di concessione amministrativo, ma sorgono dall’esistenza di una situazione di fatto: si verificano fattualmente delle circostanze e sono essere a costituire il diritto esclusivo. Nel caso dei segreti, le circostanze sono 3 e devono ricorrere tutte congiuntamente; esse sono: 1) Le info devono essere segrete: art.98.1 - le info si considerano segrete quando, nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, non sono né generalmente note, né facilmente accessibili a esperti ed operatori di settori. Per “generalmente note” si intende conoscenze già diffuse, ossia in pubblico dominio. Il requisito di segretezza manca anche quando la conoscenza, pur non essendo già diffusa sia facilmente accessibili da esperti. Nello stato della tecnica dei brevetti rientrano tutte le conoscenze accessibili, mentre qui si parla di facile accessibilità à un’accessibilità possibile ma molto impegnativa e difficile da conseguire non esclude il requisito della segretezza à vi è spazio maggiore per arrivare alla protezione del segreto (il brevetto è più difficile da avere ma da’ una tutela più robusta rispetto al segreto). Il caso principale di facile accessibilità è il caso del cosiddetto “reverse engineering”: è possibile pervenire agevolmente alle info attraverso l’osservazione del processo o la scomposizione del prodotto che le incorpora; 2) Le info devono avere valore economico in quanto segrete: le info devono avere un valore economico che deriva dalla segretezza e che sarebbe pregiudicato da una loro divulgazione. Questo non significa che le info devono necessariamente avere un valore di mercato, ma che le info devono assicurare al loro detentore – che, grazie al segreto, le sfrutta in esclusiva – un vantaggio competitivo, economico o organizzativo che può essere attuale o potenziale perché l’info non è ancora stata sfruttata ma si accinge ad esserlo (es. know- how relativo al modo di ottimizzare il funzionamento di un macchinario o l’attuazione di un procedimento il cui valore dato dalla segretezza si concretizza nella possibilità di risparmiare costi, poter competere con prezzi più bassi del prodotto finito sul mercato ecc); 3) Le info devono essere sottoposte a misure di sicurezza ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete: misure che il titolare deve adottare per proteggere il segreto à può comportare la perdita della tutela. Non basta che ci sia di fatto uno stato di segretezza e che di fatto l’informazione segreta abbia un valore economico dato dalla segretezza, ma ci può essere tutela solo se fin dall’inizio il titolare ha cura di farsi parte attiva/diligente di dotare il segreto e l’ambiente aziendale in cui il segreto viene elaborato e sfruttato, di misure di protezione. MISURE DI PROTEZIONE DI TIPO TECNICO O MATERIALE • Sistema di password da mutare periodicamente • Misure sempre aggiornate di protezione del sistema informatico • Sistema di accesso ai file limitato in relazione alla funzione che il soggetto che vi accede svolge all’interno dell’azienda: frammentazione delle conoscenze all’interno dell’azienda à i vari soggetti in azienda devono conoscere solo la parte del know how necessario alle loro mansioni, ma non accedono ad altre informazioni che non rientrano nelle loro competenze. • Limitazione dell’accesso a determinate zone dell’azienda, ad esempio tramite badge • Sistema di sorveglianza MISURE DI PROTEZIONE DI TIPO GIURIDICO: • Non-disclosure agreements (NDAs): accordi di non divulgazione, tipici delle trattative per collaborazioni o scambi di tecnologia. • Patti di riservatezza • Patti di non concorrenza AMBITO DI PROTEZIONE In base all’art. 99, comma 1, c.p.i. «il legittimo detentore dei segreti commerciali di cui all'articolo 98, ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di acquisire, rivelare a terzi od utilizzare, in modo abusivo, tali segreti, salvo il caso in cui essi siano stati conseguiti in modo indipendente dal terzo». • Ipotesi di acquisizione illecita: acquisizione di un segreto commerciale compiuta «con l'accesso non autorizzato, l'appropriazione o la copia non autorizzate di documenti, oggetti, materiali, sostanze o file elettronici sottoposti al lecito controllo del detentore del segreto commerciale, che contengono il segreto commerciale o dai quali il segreto commerciale può essere desunto»; oppure «con qualsiasi altra condotta che, secondo le circostanze, è considerata contraria a leali pratiche commerciali» (art. 4, par. 2, Direttiva UE n. 2016/943). È abusiva quindi quando è posta in essere da chi ha illecitamente acquisito il segreto aziendale, e quando lo rivelo commetto un atto illecito di divulgazione. • Ipotesi di divulgazione o utilizzo illeciti: divulgazione o utilizzo posti in essere da una persona che «ha acquisito il segreto commerciale illecitamente»; oppure «viola un accordo di riservatezza o qualsiasi altro obbligo di non divulgare il segreto commerciale»; o ancora «viola un obbligo contrattuale o di altra natura che impone limiti all'utilizzo del segreto commerciale» (art. 4, par. 3, Direttiva UE n. 2016/943). DIRITTO D’AUTORE La nascita storica del diritto d’autore si colloca nel campo della protezione esclusiva delle creazioni di tipo artistico, quindi di creazioni che non nascono con una destinazione all’utilizzo in un’attività d’impresa; ciò non vuol dire che siano prive di rilievo economico, ma quest’ultimo viene dallo sfruttamento della creazione artistico per la fruizione di essa da parte del pubblico e non si tratta di innovazioni e creazioni direttamente usate nell’attività d’impresa. Il diritto d’autore ha avuto una storia particolare: pur avendo avuto storicamente la finalità di proteggere creazioni di tipo artistico, negli ultimi tempi (dagli anni ’90) alla tutela del diritto d’autore sono state aggiunte delle creazioni diverse da quelle artistiche tradizionalmente protette con tale diritto e che, invece, hanno la caratteristica utilitaria di essere sfruttate nell’attività d’impresa; si tratta in particolare della tutela del software, delle banche dati e delle opere di industrial design. NORME Le norme in materia di d’autore, per la loro origine storica, non si collocano (almeno a livello di disciplina italiana) nello stesso codice della proprietà industriale; la disciplina del diritto d’autore in Italia è contenuta nella Legge sul diritto d’autore (n-633/1941), che nel corso del tempo è stata modificata, integrata, aggiornata. A livello internazionale i principi base si trovano in una serie di Convenzione, tra cui la Convenzione di Berna (1886) che è la più antica e vi è una base della disciplina negli Accordi TRIPs del 1994 ed in alcuni specifici Trattati emanati in seno all’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale. Si ha un set di convenzioni multilaterali internazionali, alcune direttive dell’UE che si sono succedute nel tempo, tra cui due specifiche su software e banche dati e su disegni e modelli e la legge italiana sul diritto d’autore, che incorpora i principi dei diritti dell’UE e delle Convenzioni e Trattati multilaterali. Legge sul diritto d’autore italiana: • Art. 1: sono protette le opere dell’ingegno di carattere creativo. Per “opere dell’ingegno” si intendono, in ambito giuridico, le opere protette con il diritto d’autore e che sono protette a condizione di presentare un carattere creativo. La legge individua nell’art.1 i settori in cui si possono collocare le opere proteggibili con il diritto d’autore • Art. 2: elenco esemplificativo di opere certamente proteggibili perché rientranti in questi ambiti. Letteratura, musica, arte figurative, pittura, scultura, architettura, teatro, cinematografia, tutti casi in cui l’opera ha un’origine artistica, non è destinata ad un utilizzo pratico ma è volta a soddisfare delle esigenze spirituali, di fruizione dell’opera da parte del pubblico. Questo era il nucleo esclusivo delle opere di diritto d’autore fino a 30 anni fa, poi si sono poste esigenze di tutela per altri tipi di creazioni, in particolare il software e le banche di dati, che non hanno nulla a che fare con le creazioni artistiche tradizionalmente protette. Sono state introdotte nel diritto d’autore per esclusione, nel senso che non vi erano altre branche della proprietà intellettuale che si prestassero a dare una tutela a queste due realtà. I programmi per elaboratori sarebbero potuti essere tutelati dai brevetti per invenzione ma in essi è esclusa la brevettabilità del software. Le banche dati sono raccolte di info ordinatamente disposte e navigabili con sistemi di ricerca interni alla banca dati, ma quest’ultima intesa come insieme di info ricercabili e navigabili non risolve un problema tecnico e quindi non rientra nel campo della brevettabilità. Il diritto d’autore era l’unica disciplina che per la sua flessibilità si prestava ad accogliere anche questo tipo di realtà. Ciò ha fatto sì che nella disciplina del diritto d’autore, che fino a 30 anni fa era incentrata sulla protezione di creazioni artistiche, vi siano due anime molto diverse: da un lato la tutela delle opere artistiche tradizionali, dall’altro la tutela delle cosiddette opere utili, ossia realtà come il software, banche dati, design industriale che non soddisfano un puro bisogno artistico ma che hanno una utilità pratica sia all’interno di un’attività d’impresa, sia per utilizzi pratici, concreti da parte degli utenti finali (es. uso di un software per redigere un testo o svolgere un’attività lavorativa). Queste due anime si riflettono nell’elenco dell’art.2, che esemplifica (vi sono altre opere dell’ingegno proteggibili anche se non specificatamente ivi menzionate, in quanto vi rientrano) opere rientranti nei campi individuati nell’art.1 (es. diritto d’autore dei programmi televisivi non sono menzionati ma vi possono rientrare). Fino a 30 anni fa l’elenco si arrestava alle opere di tipo artistico: opere drammatiche, scientifiche, didattiche, fotografiche, coreografiche, composizioni musicali, figurative, architettura, cinema. Sono stati poi aggiunti, in attuazione di direttive dell’UE, le altre 3 categorie: inizio anno ’90 aggiunta dei programmi per elaboratori, metà anni ’90 direttiva sulle banche dei dati e un’altra nel 1998 sul disegno industriali, poi introdotte nell’elenco delle opere proteggibili. OPERE PROTETTE • Opere dell’ingegno di carattere creativo (art. 1 l.d.a.) • Appartenenti a: letteratura, musica, arti figurative, architettura, teatro, cinematografia • Programmi per elaboratore: assimilati alle opere letterarie • Banche di dati • Art. 2 l.d.a.: opere tradizionali e opere utili • Opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose • Opere e composizioni musicali • Opere coreografiche e pantomimiche • Opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative • Disegni e opere dell’architettura • Opere cinematografiche • Opere fotografiche • Programmi per elaboratore • Banche di dati • Opere del disegno industriale REQUISITI DI PROTEZIONE • Carattere creativo: l’opera deve essere frutto di una scelta personale dell’autore nell’espressione di un’idea; deve rispecchiare la personalità dell’autore. Tutti i casi in cui l’opera deriva da uno sforzo creativo e da una scelta libera e personale dell’autore nell’esprimere un certo concetto che l’autore vuole manifestare attraverso la composizione della sua opera. Il carattere creativo non c’è quando l’opera non è stata creata dall’autore ma è stata copiata o ripresa nella sua forma espressiva da un’opera altrui (plagio), né quando c’è margine di libertà espressiva, quando c’è un solo modo obbligato di esprimere un certo concetto (es. formula di un certo composto secondo le notazioni standard in campo chimico à no margine di libertà creativa; margine di libertà creativa c’è quando viene scelta una certa impostazione ed un certo modo di esprimere il concetto); • Basta l’originalità (creazione autonoma dell’autore) o deve esserci anche una novità oggettiva (diversità dell’opera da altre già esistenti)? Il concetto è: se un soggetto compie uno sforzo creativo e realizza un’opera sua, ovvero espressione libera della sua personalità e per coincidenza questa opera è identica o molto simile ad un’opera altrui già esistente, c’è originalità/carattere creativo? 1. Da un punto di vista soggettivo, questo è un “incontro furtuito”, solo per coincidenza sono uguali ma anche alla base della seconda (perché l’autore della seconda ignorava l’esistenza della prima) vi è stato uno sforzo creativo e entrambe meritano di essere protette. 2. Non si vuole concedere due tutele esclusive sulla stessa creazione, “stessa” dal punto di vista oggettivo; le due opere saranno anche frutto di due sforzi creativi indipendenti, ma da un punto di vista oggettivo sono uguali e solo la prima in ordine di tempo può essere protetta. • Per le opere del disegno industriale: la legge prevede un requisito aggiuntivo del “valore artistico”. Per tutte le altre opere dell’ingegno, come requisito di protezione basta il carattere creativo, solo per il design industriale occorre anche il valore artistico. • Il diritto d’autore protegge solo la forma espressiva dell’opera e non anche il contenuto e le idee (art. 9.2 Accordo TRIPs). Forma protetta: forma esterna (opera come appare esteriormente) e forma interna (struttura, trama, organizzazione). i.e.: una canzone che vuole descrivere una situazione di vita concreta: la tutela del diritto d’autore impedirà ad un altro soggetto di fare una canzone che esprima quella situazione di vita concreta con le stesse parole e con la stessa musica. Se si cambia la musica e le parole, allora non si può impedire. FATTISPECIE COSTITUTIVA • Creazione dell’opera (art. 6 l.d.a.): nel diritto d’autore non ci sono formalità costitutive, ovvero brevettazioni o registrazioni. Vi sono delle forme di deposito di registrazione dell’opera, ma non a fini di creare diritto esclusivo sull’opera. Sorge con la creazione dell’opera. • Estrinsecazione in qualsiasi forma: l’opera non deve essere rimasta nella mente dell’autore ma si deve essere manifestata all’esterno. • Acquisto del diritto senza formalità costitutive. • Acquisto a titolo originario in capo all’autore (persona fisica): può essere previsto per contratto che il diritto si trasferisca ad un altro soggetto, anche prima della creazione. OPERE FRUTTO DEL CONTRIBUTO CREATIVO DI PIÙ ATTORI Opere in comunione (art. 10 l.d.a.): contributo indistinguibile ed inscindibile di più persone (es.: romanzo scritto da due autori) à caso nel quale si ha un’opera scritta con il contributo indistinguibile e inscindibile di più persone (romanzo scritto da due autori in cui non si riesce a capire chi ha scritto cosa, in quanto i due sforzi creativi si sono uniti). Opere composte (artt. 33-37 e 44-50 l.d.a.): contributi distinti e separabili che si uniscono e si fondono per formare un’opera (es.: canzone formata da testo e musica; opera lirica; film). Vi è un concorso di diritti d’autore (tutti gli autori hanno diritti sull’opera composta) e la legge individua per ragioni di semplicità quale soggetto (salvo pattuizioni in senso contrario) ha il diritto di • Tutela non solo dell’opera nel suo insieme, ma anche di parti dell’opera (art. 19.2 l.d.a.): il terzo compie una delle attività riservate al titolare, non sull’opera completa nel suo insieme (in questo caso è violazione certa), ma solo su una sua parte. Quella parte però deve avere in sé carattere creativo: ovvero deve esservi un aspetto creativo riferibile anche a quella parte da sola. DIRITTO DI RIPRODUZIONE (art 13 i.d.a) • Riserva in esclusiva al titolare la moltiplicazione dell’opera in copie (art. 13 l.d.a.): la moltiplicazione è la fissazione dell’opera su qualunque supporto materiale (si intende materiale anche il file digitale). • Riproduzione in tutto o in parte riservata al titolare • Riproduzione diretta (da un esemplare dell’opera) e indiretta (a distanza: ad es., registrazione di musica diffusa per radio: non ho fisicamente in mano l’esemplare da copiare). • Riproduzione in qualunque modo o forma. Il diritto di riproduzione copre ogni modalità di realizzazione della copia su ogni tipo di supporto (cartaceo, cd, dvd…); copre anche la riproduzione dell’opera in una forma espressiva diversa da quella originale (l’opera in sé non viene modificata) (es.: riproduzione fotografica di un quadro o di una scultura; riproduzione in un quadro di un’opera fotografica). Riproduzione permanente (fissazione stabile dell’opera su un supporto) e temporanea (fissazione effimera, non durevole, come nel caso di copie dell’opera scaricate su un computer o su un server, ma non memorizzate stabilmente; oppure di copie transitorie che si creano nella trasmissione dell’opera su Internet). Entrambi i tipi di riproduzione sono riservati al titolare. Perché vi sia una riproduzione temporanea, occorre che per sue intrinseche caratteristiche, l’opera non possa durare: significa che se la cancellazione dell’opera è rimessa ad una scelta dell’utente, la riproduzione non è permanente, perché senza la cancellazione dall’utente l’opera rimarrebbe (quindi temporanea NON significa breve durata). Mentre la copia permanente è tendenzialmente sempre riservata al titolare, per la copia temporanea sono previsti dei casi in cui è lecita e quindi non costituisce violazione del diritto d’autore à vi sono casi in cui il generarsi di una copia temporanea dell’opera è dovuto a ragioni tecniche inevitabili (i.e. copie transitorie dell’opera) per poter fruire dell’opera. Art 68 bis I.d.a: determinati atti di riproduzione temporanea non sono riservati al titolare, o meglio non costituiscono violazione dei diritti esclusivi. La linea di fondo è quella di non consentire illogicamente al titolare di porre un veto su copie transitorie e effimere necessitate e collegate ad una legittima transazione commerciale su internet. à «salvo quanto disposto in ordine alla responsabilità dei prestatori intermediari dalla normativa in materia di commercio elettronico [Direttiva CE n. 2000/31 e d.lgs. n. 70/2003], sono esentati dal diritto di riproduzione gli atti di riproduzione temporanea privi di rilievo economico proprio (non sono atte a generare profitto) che sono transitori o accessori e parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico di trasmissione di file, eseguiti all'unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l'intervento di un intermediario, o un utilizzo legittimo di un'opera o di altri materiali». I requisiti di liceità devono esserci congiuntamente. DIRITTO DI TRASCRIVERE (art. 14 l.d.a.). Trasformazione dell’opera orale in opera scritta o, in generale, fissazione dell’opera orale su un supporto. COPIA PRIVATA: il diritto d’autore copre anche attività tenute in ambito privato, ma questo ha fatto sì che si dovessero introdurre delle deroghe a questa regola per evitare che qualsiasi tipo di copia privata portasse luogo ad un atto di contraffazione. Se il privato fa una copia per uso personale ai fini di lettura dell’opera e realizza questa copia a mano, o con mezzi di riproduzione non idonei ad una diffusione dell’opera nel pubblico, questa copia privata è lecita (art. 68.1 l.d.a.). Inoltre: possibilità di realizzare, sempre per uso personale (non commerciale!), fotocopie di opere o copie di fonogrammi o videogrammi con determinati limiti quantitativi, ma con un compenso al titolare del diritto (artt. 68, 71- sexies, 71-septies e 71-octies l.d.a.). Nel concetto di copia privata rientrano quindi due ipotesi nelle quali il risultato finale è sempre di rendere lecita la copia privata personale dell’utente finale, ma che ha un regime giuridico molto differente: nella prima ipotesi (copia fatta a mano e non idonea..) la copia è assolutamente libera e nulla è dovuto al titolare; nella seconda ipotesi (fotocopie etc..) la copia è libera, ma il titolare ha diritto ad un compenso: quindi la copia si può fare, ma non è totalmente libera o gratuita. DIRITTO DI DISTRIBUZIONE Riguarda la facoltà esclusiva del titolare di mettere in commercio, in circolazione, di vendere l’originale o gli esemplari dell’opera. Il diritto di distribuzione si collega, pur restandone distinto, al diritto di riproduzione. Un’autorizzazione del titolare relativa ad uno dei due diritti non implica necessariamente anche l’altro. Siamo sempre nella categoria dei diritti esclusivi attinenti a modalità di fruizione dell’opera da parte del pubblico consistenti nell’acquisire un esemplare dell’opera e nell’utilizzarlo secondo la sua destinazione propria. L’utente che acquista l’esemplare dell’opera, acquista la proprietà materiale del supporto e la possibilità di godere legittimamente dell’opera, ma non acquista i diritti d’autore. Distinzione tra corpus misticum e corpus meccanicum: il primo è la creazione intellettuale che rimane di titolarità dell’autore, il secondo è il supporto fisico o digitale su cui l’opera viene fissata. La proprietà del supporto passa a chi lo acquista ma quest’ultimo non acquista anche i diritti d’autore. Anche qui opera il principio di esaurimento del diritto: a meno che non ricorrano motivi legittimi per opporsi all’ulteriore circolazione, una volta che un esemplare dell’opera sia stato messo in commercio nell’UE dal titolare stesso o con il suo consenso, l’esemplare può essere rivenduto in ogni Stato dell’UE. L’esaurimento opera solo per gli specifici esemplari dell’opera messi legittimamente in commercio e solo per il diritto di distribuzione (gli altri diritti esclusivi non sono soggetti a esaurimento). Diritto di distribuzione vuol dire che la proprietà di un esemplare dell’opera passa dal titolare al soggetto che lo acquista; un soggetto che viene autorizzato a fare delle copie dell’opera non le può vendere perché il diritto di riproduzione non comporta esaurimento, quindi non comporta la facoltà di rivendere l’opera. L’esaurimento, in relazione al diritto di distribuzione, fa sì che la copia acquistata si possa rivendere ma non copiare. Vale la regola delle liceità delle importazioni parallele, sempre che non ricorrano motivi legittimi di opposizione (es. se opera viene alterata). E’ importante distinguere il diritto di distribuzione dai DIRITTI DI NOLEGGIO (art. 18 bis comma 1 I.d.a) E DI PRESTITO (art.18 bis comma 2): nel caso del noleggio e del prestito, la proprietà della copia dell’opera non viene trasferita all’acquirente, che può solo usufruirne per un certo periodo di tempo e poi la deve restituire. Mentre nelle norme generali sul diritto d’autore, sono tenuti distinti il diritto di distribuzione, vendita, passaggio di proprietà e diritto di prestito e di noleggio, nella disciplina speciale del software viene usata la parola distribuzione per indicare complessivamente tutte le ipotesi di vendita, noleggio e prestito. La regola dell’esaurimento viene applicata solo quando c’è una vendita della copia ed un passaggio di proprietà. Noleggio e prestito hanno un elemento comune e uno di diversità: quello comune è che in entrambi i casi l’opera viene ceduta in uso, ossia viene consentito l’utilizzo dell’opera per un periodo di tempo limitato, al termine del quale l’opera dev’essere restituita; la differenza consiste nel fatto che nel caso del noleggio la concessione in uso viene a fronte di un beneficio economico o commerciale (c’è una contro prestazione da parte di chi prende la opera a noleggio), mentre per il prestito la concessione in uso viene gratuitamente, senza la finalità di benefici economici o commerciali. Il noleggio è a titolo oneroso e prevede un corrispettivo, il prestito è a titolo gratuito e non lo prevede. Si è circoscritto il diritto di prestito in modo da non estenderlo fino al semplice prestito gratuito dell’opera tra privati (un soggetto che acquista una copia di un romanzo e la presta ad un amico gratuitamente à attività tollerata; non è possibile fotocopiare l’intero libro e passarne la copia all’amico). Il prestito gratuito viene circoscritto a ipotesi di prestiti fatte da istituzioni aperte al pubblico; la possibilità del titolare di controllare le attività di prestito è più circoscritta, ossia può esercitare il suo diritto nel caso di prestiti da queste istituzioni, non anche nel caso dei prestiti tra privati e nell’ipotesi di prestito lecito, anche senza l’autorizzazione del titolare, per certe raccolte particolari di libri, rischi, che gli enti pubblici mettono a disposizione con esclusiva finalità di promozione culturale e di studio personale. DIRITTI DI RAPPRESENTAZIONE, DI ESECUZIONE E DI RECITAZIONE Sono atti con i quali l’opera viene comunicata al pubblico, senza che quest’ultimo acquisti la disponibilità di un esemplare dell’opera. La comunicazione si divide tra: - Comunicazione a un pubblico presente (art. 15 Legge sul diritto d’autore): il pubblico si trova nello stesso luogo in cui viene svolta l’attività di comunicazione. Le ipotesi sono: Ø Rappresentazione: quando vi è un’azione scenica (es. opera rappresentata a teatro) Ø Esecuzione: esecuzione musicale senza azione scenica (es. concerto) Ø Recitazione: dizione di un’opera senza azione scenica (es. lettura in pubblico di poesie) Si tratta di ipotesi in cui l’artista, l’attore, il musicista, il soggetto che presenta l’opera sono presenti dal vivo, davanti al pubblico, ma si considera una comunicazione al pubblico presente anche l’ipotesi in cui delle registrazioni vengano proiettate o ascoltate quando il pubblico si trova nello stesso luogo in cui avviene la comunicazione (es. ascolto di un disco in un bar, proiezione del film al cinema). Le attività sopra elencate sono riservate al titolare solo se avvengono in pubblico, ossia quando c’è un pubblico di soggetti che, non altrimenti legati al titolare e alle persone che recitano, eseguono l’opera, possono accedere al luogo in cui essa viene comunicata; non si reputano pubbliche forme di comunicazione ad un pubblico presente all’interno di una famiglia, scuola, ospedale ecc, ossia a chi si trova in una cerchia chiusa, le quali, sempre che non abbiano scopo di lucro, sono lecite. L’art.15 ha una disposizione aggiuntiva inserita del 2013: non è soggetta al consenso del titolare la recitazione di opere senza scopo di lucro in musei, archivi, biblioteche. difeso invocando il principio di esaurimento; il titolare dei diritti d’autore ha ribattuto dicendo che non si trattasse di un caso di distribuzione ma di comunicazione ad un pubblico distante, che non comporta esaurimento. Se si fosse trattato della vendita a stampa, l’imprenditore avrebbe potuto liberamente rivendere le copie (librerie di libri usati), ma il punto qui è che a seconda che si qualificasse la vendita dell’ebook come distribuzione o comunicazione a distanza, ci sarebbe stato o meno il principio di esaurimento: nel 2° caso il principio sarebbe stato escluso. La Corte di Giustizia è giunta alla conclusione che la vendita dell’ebook deve qualificarsi come diritto di comunicazione e non di distribuzione; si può parlare di distribuzione ed esaurimento solo quando l’esemplare venduto è una copia tangibile fisica, se invece si tratta di un file digitale e quindi di una vendita di opera online senza un supporto materiale, è comunicazione a distanza e non c’è esaurimento. Il software è soggetto a delle regole speciali, ossia ad una legislazione propria che in parte deroga alla disciplina generale; per il software anche la vendita del file digitale intangibile è qualificata come distribuzione e comporta l’esaurimento. DIRITTO DI ELABORAZIONE Il titolare ha il diritto esclusivo di elaborare l’opera: tutte le forme di modificazione, elaborazione e trasformazione dell’opera previste dall’art.4 l.d.a (elaborazioni creative). Dubbio è se il diritto di elaborazione riserva al titolare solo l’uso dell’opera elaborata o se il titolare possa già bloccare la creazione dell’opera elaborata: nel diritto d’autore tradizionale, per le opere d’arte si ritiene che valga la 1° soluzione, ossia che il terzo possa nella sua sfera privata elaborare l’opera altrui, a condizione che non ne intraprenda un uso economico; per le opere utili ed in particolare il software, si ritiene che il diritto di elaborazione consenta al titolare di bloccare la creazione in sé dell’opera elaborata. Questo perché se si elabora un software altrui si ritiene che si faccia a fini commerciali per lo sfruttamento del software elaborato, se invece si tratta di un’opera artistica tradizionale può anche darsi che l’elaborazione venga fatta per una propria soddisfazione artistica personale (es. romanzo che mi è piaciuto e nel tempo libero ne scrivo un sequel). Per le opere artistiche tradizionale il titolare può bloccare solo lo sfruttamento economico. Se c’è il consenso del titolare e quindi il terzo elabora legittimamente l’opera e da’ un apporto creativo proprio, nell’elaborazione creativa concorrono due apporti creativi: quello dell’autore dell’opera originaria e quello dell’autore dell’opera derivata. Ciascuno dei due rimane titolare del proprio apporto creativo: l’opera elaborata può essere sfruttata da uno dei due solo con il consenso dell’altro ed ognuno è legittimato a tutelare il proprio approccio creativo a qualunque terzo che se ne appropriasse senza consenso. DURATA DEL DIRITTO PATRIMONALE D’AUTORE I diritti di utilizzazione economica dell’opera durano per tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte (art. 25 l.d.a.). Quindi si tratta di diritti per i quali è prevista una durata nel tempo molto lunga: tutta la vita dell’autore + 70 anni dopo la sua scomparsa. Da un lato i diritti d’autore hanno una durata predeterminata e non prolungabile, però hanno anche una durata molto più lunga dei diritti di brevetto. Un software tendenzialmente ha una vita utile sul mercato molto più breve della teorica durata dei diritti d’autore su quel software à il tasso di obsolescenza della tecnologia è sufficiente a rimediare alla incongruenza di diritti di durata così lunga anche su opere di carattere tecnico/tecnologico. Opere in comunione (semplici e composte): vale per comunioni in senso proprio (ovvero risultanti da contributi creativi fusi tra di loro e indistinguibili) e sia quelle composte, ovvero composte dai contributi creativi che però rimangono ciascuno in sé distinguibile. La durata dei diritti spettanti ai coautori “si determina sulla vita del coautore che muore per ultimo” (art. 26.1 l.d.a.; v. art. 32 l.d.a.) Per le opere cinematografiche: dura fino al termine del settantesimo anno dopo la morte dell’ultima persona sopravvissuta tra il direttore artistico dell’opera cinematografica, gli autori della sceneggiatura compreso l’autore del dialogo, e l’autore della musica creata specificatamente per essere usata nell’opera cinematografica; si deve verificare che la colonna sonora sia stata realizzata specificatamente per l’opera in questione. Opere collettive: sono raccolte organizzate di contributi indipendenti. “Regime doppio binario delle opere”: in queste opere ci sono sia i diritti dei vari autori sui singoli contenuti loro propri, e sia i diritti sull’opera come un tutto, che spettano a chi ha promosso e curato la realizzazione dell’opera. Per quanto riguarda i diritti sui singoli contributi, ogni contributo viene considerato in sé e quindi vale la regola generale: dura fino a 70 dopo la morte dell’autore di quel contributo. I diritti sull’opera come un tutto, hanno una durata già predeterminata di 70 anni dalla prima pubblicazione dell’opera come un tutto (art. 26.2 l.d.a.). LIBERE UTILIZZAZIONI Ipotesi in cui il titolare del diritto d’autore non può far valere l’esclusiva per vietare l’utilizzo dell’opera da parte di terzi (in alcune di queste ipotesi il titolare ha però diritto a un compenso per l’utilizzo): • Riproduzione per uso personale (copia privata). Artt. 68, 71- sexies, 71-septies e 71-octies l.d.a. Sistema del prelievo: corresponsione al titolare dei diritti di una % dei proventi per la vendita dei servizi e dei dispositivi e dei materiali che materialmente rendono possibile la copia privata. Utilizzo dell’opera per finalità di informazione e di cronaca: l’interesse è quello della collettività di essere informata di eventi di rilievo, nell’avere a disposizione attraverso i giornali e i media tutte le informazioni che è giusto che la collettività conosca. • Riproduzione o comunicazione di articoli di attualità e di materiali dello stesso carattere (art. 65.1 l.d.a.) • Riproduzione o comunicazione di opere o materiali utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità (art. 65.2 l.d.a.) • Riproduzione o comunicazione di discorsi tenuti in pubblico su argomenti di interesse politico o amministrativo e di estratti di conferenze aperte al pubblico (art. 66 l.d.a.) Utilizzo dell’opera per finalità di pubblica utilità e di solidarietà: • Riproduzione dell’opera a fini di pubblica sicurezza (art. 67 l.d.a.): i.e. se le forze di polizia hanno bisogno di acquisire un’opera protetta da diritto d’autore, lo devono poter fare deliberatamente senza che il diritto d’autore possa opporsi. • Riproduzione o comunicazione dell’opera per uso personale a beneficio di portatori di handicap (art. 71 bis l.d.a.): i.e. audiolibro per le persone sorde • Riproduzione di emissioni radiotelevisive da parte di ospedali pubblici e di istituti di prevenzione e pena, con equo compenso per il titolare del diritto (art. 71 quater l.d.a.) Utilizzo dell’opera per finalità di promozione culturale, di diffusione dell’opera, di ricerca, di studio: • Prestito, riproduzione, comunicazione o messa a disposizione di opere presenti in biblioteche pubbliche o enti analoghi (artt. 69 e 71 ter l.d.a.) • Riassunto, citazione o riproduzione di brani o parti di opere e loro comunicazione al pubblico per fini di critica, di discussione, di insegnamento o di ricerca scientifica (art. 70 l.d.a.) • Esecuzione di opere musicali da parte delle bande e delle fanfare dei corpi armati dello Stato (art. 71 l.d.a.) MISURE TECNOLOGICHE DI PROTEZIONE Nell’era digitale, una forma di auto-tutela prevista a protezione dei diritti d’autore è quella dell’adozione di “misure tecnologiche di protezione”. La filosofia di fondo è di dire: la nuova tecnologia ha reso possibili nuovi metodi di copiatura e diffusione dell’opera che prima non vi erano e quindi la tecnologia può essere usata per commettere un illecito, ma la stessa tecnologia può essere sfruttata per dotare le opere (in particolare quelle in formato digitale) di misure di protezione. • Misure tecnologiche efficaci per impedire o limitare atti relativi all’opera protetta (art. 102 quater l.d.a.). • Misure anti-accesso e misure anti-copia: impediscono di accedere all’opera se non a fronte di un pagamento o se non in possesso di certi requisiti. • Informazioni elettroniche sul regime dei diritti (art. 102 quinquies l.d.a.): tecniche d marcatura dell’opera che permettono di identificare l’opera e l’autore, e indicare circa i termini e le condizioni d’uso dell’opera. Se i file di un terzo presentano la marcatura dell’opera, significa che l’opera è stata contraffatta e quindi vi è un illecito. • Costituisce illecito anche rimuovere, eludere o aggirare le misure tecnologiche di protezione. Viene elevato ad atto illecito sanzionabile il fatto in sé di manipolare le misure tecnologiche di protezione prima ancora del configurarsi di una violazione dell’opera protetta. • Vi è il timore di una eccessiva protezione del titolare: ovvero le misure tecnologiche possono essere usate in modo abusivo per sovra-proteggere il diritto di autore più di quanto non sia legittimo, e che in particolare possano essere usate per impedire le libere utilizzazioni. Ma le misure tecnologiche di protezione devono essere configurate in modo tale da non intralciare le libere utilizzazioni, prevedendo che il titolare davanti a libere utilizzazioni debba consentire l’utilizzo dell’opera e rimuovere le misure di protezione. DIRITTO MORALE Il concetto di fondo è che l’opera dell’ingegno è una manifestazione della personalità del suo autore. I diritti morali sono diritti della personalità. Si parla anche di identità personale: diritto dell’autore ad apparire agli occhi del pubblico quale realmente lui è e quindi con il suo bagaglio di ideologie, convinzioni, posizioni personali; onore e reputazione, stima e apprezzamento dell’opera da parte del pubblico. Ciò non significa che il l’autore abbia diritto che la sua opera venga apprezzata, ovviamente il pubblico è libero di non apprezzarla, ma per stima e apprezzamento si intende che l’autore ha diritto a che l’opera venga comunicata al pubblico in modo idoneo affinchè il pubblico sia nelle condizioni di cogliere il vero significato dell’opera e quindi di esprimervi, se lo riterrà, un apprezzamento per quale essa è, o comunque formarsi un giudizio veritiero sull’opera. VIOLAZIONE DEI DIRITTI D’AUTORE CRITERI DI VALUTAZIONE DELLA CONTRAFFAZIONE Plagio-contraffazione: casi di violazione dei diritti d’autore mediante il compimento, senza il consenso del titolare, di attività riservate al titolare stesso (propriamente “plagio” è la violazione del diritto morale di paternità; “contraffazione” è la violazione dei diritti di utilizzo economico). • Copia/ripresa integrale dell’opera: l’opera protetta viene ripresa tale e quale, tenendo presente però, specie per le opere della letteratura, la tutela non è solo nella forma esterna ma anche nella forma interna (trama, struttura). • Realizzazione di un’opera che presenta differenze rispetto all’opera originale (introduce delle modifiche, dei ritocchi), ma nella quale i tratti essenziali dell’opera originale rimangono riconoscibili. Quando si tratta di valutare se c'è o meno contraffazione non è determinante, per negarla, l'esistenza di differenze di dettaglio: ciò che conta è se i tratti essenziali che caratterizzano l'opera anteriore sono riconoscibili nell'opera successiva. (Cass. 2 marzo 2015, n. 4216; Cass. 15 giugno 2012, n. 9854; Cass. 27 ottobre 2005, n. 20925). Questo criterio si presta a qualche margine di incertezza nell’applicazione concreta. Esempio romanzo che si basa su una certa storia: se il terzo scrive un romanzo che si presenta come un sequel del primo, rimangono dei tratti riconoscibili della prima opera, quindi è contraffazione. Se scrive un romanzo basandosi sulla trama e basta, senza che vi siano tratti riconoscibili, non ci sono problemi. • Non vi è invece contraffazione se il terzo si limita a prendere spunto o ispirazione dall’opera, per poi realizzare un’opera autonoma, che non riprende gli elementi creativi della prima (perché nei diritti d’autore non si protegge l’idea). Esempio: un soggetto colpito dallo stile con cui è stato dipinto un quadro, decide di dipingere un altro soggetto/paesaggio con lo stesso stile à si ispira allo stile del primo autore ma non è contraffazione perché non replica la forma espressiva del quadro realizzato con quello stile, ma usa solo lo stile per creare un quadro diverso. CASI CONCRETI • Negata la contraffazione di una guida turistica illustrata con disegni da parte di un’altra guida che, pur presentando una “certa coincidenza tra i disegni”, aveva una diversa composizione e impaginazione e una diversa forma di rappresentazione dei disegni (bidimensionale e in bianco e nero, anziché tridimensionale e a colori). Non erano riconoscibili elementi creativi della prima nella seconda, e la coincidenza dei disegni non poteva essere considerato come un “tratto” della prima opera. (Cass. 27 ottobre 2005, n. 20925). • Affermata la contraffazione in un caso in cui il ritornello di una canzone era “pressoché identico” al ritornello di una canzone precedente (erano riprodotte 33 note su 40), anche se vi erano differenze nel ritmo (Cass. 15 giugno 2012, n. 9854). La corte di cassazione ha concluso, nonostante le diversità presenti sia a livello di note che di ritmo, che le somiglianze presenti fossero tali da far sì che nel secondo ritornello degli elementi artistici creativi del primo fossero presenti. • Negata la violazione di diritti d’autore (che però era stata affermata nel primo grado di giudizio) in un caso in cui il titolo e i versi iniziali di una canzone (“Prendi questa mano zingara”) erano stati utilizzati in una canzone per il resto diversa (Cass. 19 febbraio 2015, n. 3340). È un caso limite tra la “contraffazione” e la “non contraffazione”: nonostante la ripresa la violazione non c’è stata. • Affermata la violazione dei diritti d’autore su una canzone in un caso in cui il suo ritornello era identico alla «frase melodica» di una canzone successiva e la rimanente parte di quest’ultima, pur non essendo identica, presentava ulteriori elementi di similitudine e analogia (App. Roma, 12 febbraio 2008; Cass. 29 maggio 2015, n. 11225). In questo caso, rispetto alla canzone anteriore protetta, vi è una successiva che riprende come frase melodica il ritornello della prima e aveva elementi di similitudine che hanno rafforzato la conclusione che vi fosse abbastanza per ritenere riconoscibili nella seconda canzone degli elementi creativi della prima. • Riguarda la parodia: esclusa la violazione dei diritti d’autore su sculture che un altro artista aveva “rivisitato”, trasformandole “in senso sia materiale che concettuale” (si trattava di figure femminili allungate e sottili che erano state reinterpretate e vestite con abiti e accessori di moda) (Trib. Milano, ord. 13 luglio 2011). Effettivamente la scultura originale era stata pienamente ripresa dalla parodia del secondo autore, che ha ripreso la stessa cultura aggiungendo delle parrucche e dei vestiti: il tribunale ha ritenuto che la seconda opera, nonostante l’elemento centrale della statua, fosse tale da stravolgere tanto il significato dell’opera originale da portarla fuori dall’ambito della protezione. Quindi le due sculture hanno un significato totalmente diverso. • Ritenuta lecita la parodia di un’opera altrui, quando la parodia muta il senso dell’opera parodiata e ne costituisce un “rovesciamento concettuale”: ci si chiede se la parodia di un’opera altrui sia violazione dei diritti d’autore oppure no; la modifica della prima opera in modo tale da screditare l’immagine e la reputazione dell’autore è anche una violazione dei suoi diritti morali. Ma nella parodia può capitare che l’apporto creativo di chi realizza la parodia sia tale nel sovvertire il senso della prima opera, ovvero di staccarsi completamente dalla prima opera à non vi sono più propriamente elementi creativi della prima opera riconoscibili nella seconda, proprio perché la prima opera è stata modificata e ribaltata nel suo significato. Se questo avviene, non vi è violazione. (escluso perciò che, sotto il profilo del diritto d’autore, costituisse una violazione dei diritti sulla guida gastronomica “Gambero Rosso” la diffusione di una guida dal titolo “Il Gambero Rozzo”) (Trib. Roma, ord. 23 giugno 2008). CASO DEL QUADRO ASTRATTO: la difficoltà è che la tutela del diritto d’autore è sulla forma espressiva, quindi è difficile valutare se ci sia stata una copiatura/ripresa della forma espressiva quando si tratta di arte “astratta”. Se viene ripresa l’espressione dell’opera come si era manifestata nel primo quadro, allora vi è contraffazione: nel caso specifico, bisogna guardare il posizionamento delle macchie di colore, i colori scelti à si sono ripresi gli elementi espressivi della prima opera. Quando non c’è l’identità fotografica ma ci sono delle differenze, la valutazione del plagio- contraffazione affidata al criterio della riconoscibilità sicuramente si presta anche ad un margine di discrezionalità. TUTELA DEL SOFTWARE Per ragioni storiche che risalgono ad un’epoca dove si riteneva che il software non dovesse rientrare nelle entità brevettabili, nelle convenzioni internazionali e poi nella nostra legge italiana è presente un divieto di brevettazione del software in quanto tale. Ma questo divieto è stato nel tempo circoscritto ed oggi i brevetti di software sono una realtà frequente ed acquisita. Vi era una situazione mentre da un lato gli uffici si muovevano verso una riduzione in via interpretativa del divieto di brevettazione del software, sul piano legislativo si cercava una parte della proprietà intellettuale in cui prevedere positivamente la possibilità di proteggere il software. Questa parte della proprietà intellettuale non doveva contenere un divieto di tutela sia pur limitabile in via limitativa, ma che viceversa avesse un’affermazione positiva dell’abilità del software à questa parte intellettuale è stata individuata nel diritto d’autore. Visto che i requisiti di accesso alla tutela del diritto d’autore erano abbastanza flessibili, consistendo nel fatto che una certa opera fosse “opera dell’ingegno umano caratterizzata da una creatività”, si è detto che questa “opera dell’ingegno” poteva essere non solo una manifestazione di tipo artistico, ma anche una manifestazione di altro tipo. Si è compiuta una forzatura per conseguire un risultato pratico che sembrava doveroso, anche nell’interesse della collettività, perseguire. Il meccanismo legislativo è stato di prevedere espressamente la tutela del diritto d’autore del software e poi delle banche dati, e prevedere che in linea generale i principi e le regole sulla tutela del diritto d’autore si applicano anche alle opere utili, e nell’inserire nella legge del diritto d’autore per questo tipo di creazioni delle regole speciali, prevedendo che dove trovavano applicazione le regole speciali esse si applicano, per tutto il resto valgono le regole generali del diritto d’autore. Doppio binario della tutela del software: brevetti e diritto d’autore; nulla vieta che un software abbia i requisiti per essere protetto sia con il brevetto che con il diritto d’autore. Parlando di tratti differenziali, ovvero in relazioni ad un’innovazione di software, quali sono i vantaggi della tutela brevettuale e quali della tutela del diritto d’autore? • La tutela brevettuale ha il vantaggio di una maggiore/più robusta protezione del software, nel senso che ove il software non incorra nel divieto di brevettazione e ove presenti i requisiti di novità e originalità, si avrà una tutela brevettuale che come tale è estesa all’idea innovativa sottostante al software, e darà protezione a quella idea sia nei confronti di un software “copia” di quello brevettato, sia nei confronti di software che, anche se diversi, sfruttino la stessa idea innovativa di funzionamento (contraffazione per equivalenti). Il brevetto però ha la difficoltà di subordinare la protezione a certi requisiti impegnativi, ovvero sfuggire al divieto del software in quanto tale e raggiungere un livello di originalità sufficiente, che in settore così denso di innovazione e di piccole innovazioni incrementali può non essere semplice arriva ad un software che attinga alla “non evidenza” per il tecnico medio. Inoltre, la tutela brevettuale comporta i costi di brevettazione e dura 20 anni (per molti software è più della loro vita utile). • Il diritto d’autore ha una soglia di accesso alla tutela molto più semplice da raggiungere: è sufficiente che il programma creato dal programmatore abbia un carattere di creatività (non significa che deve avere originalità necessaria per i brevetti, ma basta che sia una creazione personale del creatore e che non sia copiata da un altro software) per aversi protezione con il diritto d’autore. Al tempo stesso, non ha costi particolari di registrazione perché si acquisisce senza formalità costitutive (nella prassi però vi sono comunque dei costi, ad esempio per la documentazione della creazione dell’opera e della data di • Gli stessi principi valgono per il linguaggio di programmazione e per il formato dei file utilizzati nell’ambito del programma per sfruttare le sue funzioni: non sono forme di espressione del programma proteggibili con le norme speciali (perché sono degli strumenti utilizzati dal programmatore per creare il programma), ma possono essere tutelati in base alle norme generali di diritto d’autore se costituiscono una creazione intellettuale del loro autore (Corte Giust. UE, 2 maggio 2012, cit.). Il software è stato assimilato dalla legge alle opere letterarie: sono tutelabili anche gli “elementi non letterali del programma”, ossia la sua struttura interna (struttura e organizzazione del programma)? Estensione al software della regola per cui il diritto d’autore protegge non solo la forma esterna, ma anche la forma interna? Per il software è molto difficile concepire un’idea interna diversa dall’idea di funzionamento: come si distingue la forma interna intesa come struttura/serie di passaggi di funzionamento del software rispetto all’idea sottostante di funzionamento, dato che tendono ad essere la stessa cosa o a sovrapporsi? Diverse posizioni: • Sono protetti solo il codice sorgente e il codice oggetto (forma esterna): non è protetta la struttura (forma interna). Serve per assicurare il principio che l’idea di funzionamento rimane libera, mentre la forma di espressione (codice oggetto e sorgente) è protetta. • Anche la struttura interna potrebbe essere protetta, ma solo ove influisca sulla forma esterna o sia così dettagliata da consentire di passare senza difficoltà alla stesura del codice sorgente. Anche questa interpretazione non è molto diversa dalla prima, in fin dei conti anch’essa dice che è proteggibile la forma esterna e non il lavoro di preparazione in cui la struttura del programma delineata, ma anche la stesura del programma è ad una fase così avanzata da essere così immediato il passaggio alla forma esterna (stesura definitiva del software). • Anche la struttura interna è protetta, a meno che non sia necessaria per raggiungere un certo risultato tecnico: ovvero, quando non c’è altro modo per svolgere la funzione desiderata se non quella di strutturare il software in quel modo. Questa tesi presenta delle difficoltà: a livello teorico è più semplice, ma a livello pratico vi è un duplice margine di incertezza à non si sa molte volte come distinguere tra forma interna e idea di funzionamento, e perché ci possono essere valutazioni molto opinabili sul fatto che la struttura di funzionamento sia necessaria per raggiungere un risultato tecnico oppure che vi siano altre forme possibili. alla fine la tesi più in linea con i principi di fondo del diritto d’autore è quella che circoscrive la tutela alla forma esterna (programma come è scritto, codice sorgente e oggetto) e circoscrive la tutela anche ai lavori preparatori con sufficiente compiutezza espressiva. REQUISITI DI PROTEZIONE E FATTO COSTITUTIVO DELLA TUTELA La tutela presuppone esclusivamente il carattere creativo dell’opera; fatto costitutivo della tutela è la creazione del programma. Art.1.3 Direttiva CE: il programmatore è originale se è il risultato della creazione intellettuale dell’autore à fa riferimento al concetto di originalità (non ha lo stesso significato dell’originalità relativa ai brevetti, dove l’originalità fa riferimento al livello inventivo, mentre qui va intesa come sinonimo di “carattere creativo”). Per aversi tutela non sono presi in considerazione altri criteri; in particolare, non si devono valutare i meriti qualitativi o estetici del programma. Secondo le regole generale, i diritti morali e patrimoniali (di utilizzazione economica del software) spettano all’autore e, tuttavia, poiché si tratta di opere utili e spesso create nell’ambito di un’attività di ricerca svolta in seno a un’impresa, l’art. 12 bis l.d.a precisa che, salvo patto contrario, se il software è creato da un lavoratore dipendente nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dal datore di lavoro, il datore di lavoro è titolare dei diritti esclusivi di utilizzazione economica del programma creato. DIRITTI ESCLUSIVI SPETTANTI AL TITOLARE: • Per i diritti morali valgono le regole generale degli art. 20 e seguenti della l.d.a; • Per i diritti patrimoniali valgono le norme degli art. 12 – 19 della l.d.a, ma per tre di essi (diritto di riproduzione, di elaborazione, di distribuzione) l’art.64 bis della l.d.a contiene delle norme speciali, specificatamente pensate per caratteristiche di diritti esclusivi quando essi attengono al software; • Diritto di retribuzione (art.64-bis, lett. a, l.d.a): è riservata al titolare del diritto d’autore la riproduzione del programma in qualsiasi forma, con qualsiasi mezzo, totale o parziale, permanente o temporanea (viene ribadita la regola generale della disciplina del software). Art.68-bis l.d.a: le copie puramente temporanee, accessorie, essenziali ad un procedimento tecnico, senza rilievo economico proprio e svolte e create solo per consentire un uso legittimo o passaggio in rete dell’opera sono consentite. Se richiedono una riproduzione del programma anche le operazioni di caricamento, visualizzazione, esecuzione, trasmissione o memorizzazione del programma, sono soggette ad autorizzazione del titolare. Attività private di duplicazione del software, anche se realizzate non a fine di lucro, costituiscono una violazione del diritto sul software; • Diritto di elaborazione: riguarda tutte le forme di modifica del programma. Art.64-bis, lett.b, l.d.a: dettaglia le forme di elaborazione che possono inerire ad un software. Le attività riservate al titolare sono: traduzione (passaggio da un linguaggio di programmazione ad un altro), adattamento (es. programma adattato per poter operare su un sistema operativo diverso; correzioni e miglioramenti. Miglioramenti sono gli sviluppi di nuove versioni del programma, software 1.0, 2.0 ecc, tra le azioni correttive un es. è l’attività di debugging per risolvere i bug), trasformazione, ogni altra modificazione (es. modifica del codice sorgente di un software) e la riproduzione dell’opera risultante dall’elaborazione. Se vi sono elaborazioni creative di opere altrui, non vi è pregiudizio dei diritti di chi modifica il programma. Chi ha realizzato l’elaborazione creativa ha su di essa un diritto d’autore, ma deve richiedere il consenso del titolare dell’opera sottoposta a elaborazione. Opere derivate: l’elaborazione creativa è un’opera in cui confluiscono elementi creativi di due autori diversi; in questo caso, il 1° autore può esercitare il suo diritto di dare o meno il consenso ma una volta che lo ha dato dovrà rispettare i diritti di chi ha compiuto legittimamente l’elaborazione, mentre il 2° programmatore deve acquisire il consenso ma poi ha un’esclusiva sui propri elementi creativi. Il contratto tra i due può essere una licenza incrociata (il 2° può dare il permesso di utilizzazione da parte del primo). Per le opere tradizionali artistiche prevale l’opinione per cui la modifica, finchè è confinata nell’ambito personale di chi la attua, è consentita ed è solo vietata l’attività di sfruttamento dell’elaborazione; nel campo del diritto d’autore (software), proprio perché si parla di opera utile, prevale l’opinione per cui occorra il consenso del titolare prima ancora che l’elaborazione sia effettuata. L’ipotesi dell’elaborazione creativa dove si fondono apporti creativi di due autori, è intermedia tra 2 ipotesi che si collocano agli estremi delle situazioni possibili: - Elaborazione non creativa: semplici ritocchi, modifiche banali à si tratta di plagio- contraffazione dell’opera base; - Elaborazione creativa à diritti sull’elaborazione di chi l’ha realizzata, ma necessità del consenso del titolare dell’opera base (altrimenti si ha una violazione dei suoi diritti); - Elaborazione talmente creativa da dare vita ad un’opera del tutto autonoma à solo diritti di chi ha realizzato l’elaborazione, senza violazione dei diritti dell’autore della prima opera e senza necessità di un suo consenso. • Diritto di distribuzione (art.64-bis, lett. c): è riservata al titolare qualsiasi forma di distribuzione al pubblico del programma originale o di sue copie. Nella disciplina speciale del software, sia la vendita che noleggio o prestito sono sotto il concetto generale di distribuzione à il diritto di distribuzione riserva al titolare la vendita e la locazione del programma. - Vendita: contratto con cui viene trasferito il diritto di proprietà su una copia del programma (non il diritto esclusivo sul software). Su questa disciplina è intervenuta una sentenza della Corte di Giustizia nel 2012 nel caso UsedSoft, nome di una delle parti coinvolte. La UsedSoft raccoglieva sul mercato copie di sofwtare usato e le rivendeva sul mercato dell’usato. La particolarità del caso era duplice: la titolare dei diritti d’autore sul software aveva fatto causa di violazione dei suoi diritti d’autore su un duplice presupposto; il 1° era che il contratto tra il titolare ed il terzo utente era qualificato come licenza anziché vendita à la titolare del diritto diceva di non aver mai ceduto la proprietà della copia del sofwtare, che quindi non può essere rivenduta, ma aveva solo dato licenza. 2° presupposto è che la titolare dei diritti diceva che in ogni caso non si trattava di un esercizio del diritto di distribuzione perché non era stato venduto un supporto tangibile ma una copia digitale. Il principio di esaurimento nel diritto d’autore vale solo per le ipotesi di vendita. Al contrario della disciplina generale, la Corte ha specificato che per il software si possono considerare atti di vendita riconducibili al diritto di distribuzione, quindi soggetti ad esaurimento, sia le vendite di un programma su supporto tangibile, sia le vendite del programma mediante download da un sito internet e, quindi, senza supporto tangibile à il mercato dell’usato del software può legittimamente svilupparsi anche in relazione a vendite online. Inoltre, la Corte ha specificato che ciò che si esaurisce è la possibilità di rivendita, mentre non c’è esaurimento sul diritto di riproduzione à la copia del software venduta lecitamente sia con supporto tangibile che online può essere rivenduta ma non duplicata à se l’utente rivende il software usato non può duplicarlo e trattenere una copia. Nell’esempio c’era anche il problema del contratto qualificato come licenza: la Corte ha ritenuto irrilevante la qualificazione data al contratto dalle parti, è rilevante solo la sostanza dell’operazione commerciale (vendita o noleggio – nel 1° caso la disponibilità della copia è illimitata nel tempo perché passa la proprietà, nel 2° caso no); - Locazione/noleggio: mettere a disposizione per l’utilizzazione, per un periodo limitato e per fini di lucro, un programma o una sua copia. Al termine del periodo la copia deve essere restituita. Esaurimento: si determina solo in caso di vendita di una copia del programma da parte del titolare dei diritti o con il suo consenso all’interno dell’UE; la locazione e altre forme di distribuzione non determinano esaurimento. di suo interesse. “Questa condizione comporta che la raccolta figuri su un supporto fisso, di qualsiasi natura, e contenga un mezzo tecnico quale un processo di tipo elettronico, elettromagnetico o elettroottico ... o un altro mezzo, quale un sommario, un indice delle materie, un piano o un metodo di classificazione particolare, che consente la localizzazione di ogni elemento indipendente contenuto nel suo ambito”. Perciò questa condizione “permette di distinguere la banca di dati ai sensi della direttiva, caratterizzata da un mezzo che consente di ritrovare nel suo ambito ciascuno dei suoi elementi costitutivi, da un insieme di elementi che fornisce informazioni ma che è privo di qualsiasi mezzo di elaborazione dei singoli elementi che lo compongono”. Esempi di banche dati: • Cataloghi di opere • Cataloghi di merci • Listini prezzi e liste clienti • Elenchi telefonici (Pagine Bianche, Pagine Gialle) • Calendari di campionati e competizioni sportive • Guide a ristoranti o alberghi • Orari dei servizi pubblici • Raccolte di schede di razze canine • Raccolte di giurisprudenza • V. però considerando 19 della Direttiva: esclude, almeno di norma, la protezione delle compilazioni musicali su CD (ovvero le raccolte di canzoni di cd). FORME DI TUTELA I concetti espressi finora valgono per tutte le banche dati, ovvero affinchè ci possa essere una forma di tutela della banca dati, l’entità che si vuole proteggere rientri nella definizione sopracitata. Due forme di tutela: • Tutela di diritto d’autore per le banche dati creative: la tutela di diritto d’autore presuppone sempre una creatività dell’opera che si vuole proteggere, ed è possibile che una banca sia creativa e abbia elementi di originalità, ma molto spesso quelle di utilizzo quotidiano non hanno un elemento creativo. Il legislatore si rende conto che richiedere la creatività avrebbe privato la maggior parte delle banche dati di una possibilità di tutela. Se la banca dati è creativa, è protetta come opera dell’ingegno. • Tutela mediante un diritto sui generis per le banche dati che abbiano richiesto un investimento rilevante (non rileva la creatività): molte banche dati pur non essendo creative meritano protezione perché sono stati spesi degli investimenti per realizzarle, e sono anche utile per la collettività. Viene data un’esclusiva sulla base dell’aver effettuato un investimento rilevante. “Diritto sui generis”: è un diritto a sé stante che non è vero proprio diritto d’autore, ma che è previsto nella legge sul diritto d’autore come diritto d’esclusiva sui generis, quindi con sue proprie particolarità, tra cui la prima è quella di venire ad esistenza non per un atto creativo, ma per un atto di investimento. TUTELA DEL DIRITTO D’AUTORE Requisiti di protezione: Sono protette le banche dati che “per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell’autore” (art. 1.2 l.d.a.; art. 3.1 Direttiva). Ovvero, la legge ci dice che il diritto d’autore sorge anche per le banche dati con un atto creativo, ma anche ci dice quale deve essere l’oggetto di questo atto creativo: per una banca dati, la creatività deve riguardare alternativamente la scelta o la disposizione del materiale: • Scelta: criteri di selezione di alcuni dati nell’insieme di dati disponibili. • Disposizione: criteri di coordinamento e di organizzazione dei dati. Vi è creatività/originalità nella costituzione di una banca dati quando, mediante la scelta o la disposizione dei dati, “il suo autore esprima la sua capacità creativa con originalità effettuando scelte libere e creative”; in altre parole, la banca dati è protetta “a condizione che la scelta o la disposizione dei dati in essa contenuti costituisca un’espressione originale della libertà creativa del suo autore”. Viceversa non vi è creatività/originalità se la costituzione della banca dati è “dettata da considerazioni di carattere tecnico, da regole o vincoli che non lasciano spazio per la libertà creativa”. La creatività deve riguardare la banca dati in sé: non diventa creativa una banca dati per il fatto che siano creativi i dati contenuti nella banca dati. Nella valutazione della creatività/originalità non assumono rilievo “l’impegno intellettuale e il know-how destinati alla creazione di dati”. Conta la creatività nella costituzione della banca dati secondo criteri originali, non l’attività di creazione dei dati in sé. Questo è uno dei motivi per cui la tutela del diritto d’autore delle banche dati è una realtà marginale rispetto alla tutela sui generis, perché una banca dati che è creativa/originale nella scelta e nella disposizione dei dati più difficilmente ha un valore di mercato: “paradosso della completezza” à è un paradosso perché la legge ci dice che la banca dati per essere creativa e protetta col diritto d’autore deve essere originale nel modo in cui i dati sono scelti e disposti/presentati, ma l’utente ha un’esigenza opposta: ha bisogno che i dati ci siano tutti, ovvero che non siano creativi e che non vi sia stata una previa selezione. La banca dati è molto più user friendly se non è presentata in un modo creativo, ma se è standard e facilmente navigabile. Proprio gli elementi che danno valore di mercato ad una banca dati portano ad escludere gli elementi di creatività. Titolarità dei diritti di utilizzazione economica Se si ha una banca dati proteggibile col diritto d’autore, bisogna individuare il titolare dei diritti di utilizzazione economica: di regola chi ha creato la banca dati. Nel caso di banca dati realizzata da un lavoratore dipendente, nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro, i diritti di utilizzazione economica, salvo patto contrario, vengono per legge trasferiti immediatamente con la creazione dell’opera al dato del lavoro (art 12 bis I.d.a). • La protezione di diritto d’autore delle banche dati non si estende al loro contenuto ma solo la forma espressiva, e lascia impregiudicati diritti esistenti su tale contenuto (art. 2, n. 9, l.d.a.; art. 3.2 Direttiva). • Diritto esclusivo di riproduzione permanente o temporanea, totale o parziale, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma (art. 64-quinquies, lett. a, l.d.a.). • Diritto esclusivo di elaborazione: traduzione, adattamento, diversa disposizione e ogni altra modifica della banca dati (art. 64-quinquies, lett. b, l.d.a.). • Diritto esclusivo di distribuzione al pubblico dell’originale o di copie della banca dati. Esaurimento del diritto sulla copia venduta dal titolare o con il suo consenso all’interno dell’Unione Europea (art. 64-quinquies, lett. c, l.d.a.). • Diritto esclusivo di presentazione, dimostrazione o comunicazione in pubblico della banca dati, compresa la trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma (art. 64- quinquies, lett. d, l.d.a.). • Diritto esclusivo di riproduzione, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico dei risultati delle modifiche ed elaborazioni di cui alla lett. b (art. 64-quinquies, lett. e, l.d.a.). Libere utilizzazioni • Accesso o consultazione della banca dati con finalità esclusivamente didattiche o di ricerca scientifica se: l’attività di accesso o consultazione non è svolta nell’ambito di un’impresa; si indica la fonte (si deve dire da dove è stato ricavato il dato); si resta nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito; non si procede alla riproduzione permanente della totalità o di una parte sostanziale del contenuto su un altro supporto (art. 64-sexies.1, lett. a, l.d.a.). • Impiego della banca dati per fini di sicurezza pubblica (“eccezione di polizia” o per effetto di una procedura amministrativa o giurisdizionale (art. 64-sexies.1, lett. b, l.d.a.). • Compimento delle attività indicate nell’art. 64-quinquies l.d.a. da parte di un utente legittimo della banca dati o di una sua copia, se le attività sono necessarie per l’accesso al contenuto della banca dati e per il suo normale impiego (art. 64-sexies.2, l.d.a.). Nullità di eventuali clausole contrattuali contrarie (art. 64-sexies.3, l.d.a.). TUTELA MEDIANTE IL DIRITTO SUI GENERIS Il diritto sorge in capo al costitutore della banca dati; “costitutore” è chi effettua investimenti rilevanti per la costituzione di una banca dati o per la sua verifica o la sua presentazione, impegnando, a tal fine, mezzi finanziari, tempo o lavoro (art. 102-bis.1 l.d.a.). Sono tutelate solo le banche dati di cittadini di Stati UE o di residenti abituali nella UE; o, nel caso di imprese o società, di soggetti con una sede in uno Stato UE e un legame effettivo e continuo con questo Stato (art. 102-bis, commi 3 e 4, l.d.a.). Requisiti di protezione Come risulta dalla definizione di costitutore, presupposto della tutela sono gli investimenti rilevanti (non la creatività). Per valutare se l’investimento è rilevante in senso quantitativo si fa riferimento “a mezzi quantificabili numericamente” (es.: somme investite); per valutare se l’investimento è rilevante in senso qualitativo si fa riferimento “a sforzi non quantificabili, quali uno sforzo intellettuale o un dispendio di energie”. Non necessariamente per avere un diritto esclusivo grazie ad un investimento rilevante occorre che esso sia monetario, ma può essere anche un investimento di altro tipo. Oggetto dell’investimento, ovvero su quali elementi si deve investire per avere tale tutela. È sufficiente che ve ne sia solo uno: • L’investimento per la costituzione della banca dati ha ad oggetto “i mezzi destinati alla ricerca di elementi indipendenti esistenti e alla loro riunione nella banca di dati”; non rilevano invece i “mezzi impiegati per la creazione stessa di elementi indipendenti”. Quindi rileva solo l’investimento per conseguire la banca dati, non anche l’investimento per creare i dati. • L’investimento per la verifica della banca dati ha ad oggetto “i mezzi destinati, al fine di assicurare l’affidabilità dell’informazione contenuta nella detta banca di dati, al controllo dell’esattezza degli elementi ricercati, all’atto della costituzione di questa banca di dati così come durante il periodo di funzionamento della stessa”. • L’investimento per la presentazione della banca dati ha ad oggetto “i mezzi intesi a conferire alla detta banca di dati la sua funzione di gestione dell’informazione, ossia quelli MARCHI D’IMPRESA Si collocano nella sezione dei segni distintivi: segni che, in ambito commerciale servono a identificare, distinguere il soggetto che svolge quell’attività economica nei molteplici aspetti in cui essa si estrinseca. Nella grande categoria dei segni distintivi vi sono i marchi, ossia segni che contraddistinguono prodotti e servizi posti sul mercato da un imprenditore nei rapporti con i consumatori finali (segni apposti sui prodotti o usati in relazione ai servizi, che permettono di identificarli e capire da chi provengono), la ditta, ossia il nome distintivo dell’imprenditore nei rapporti d’affari con altri operatori del settore, fornitori, clienti della filiera distributiva, grossisti ecc, l’insegna, ossia il segno distintivo dei locali in cui l’attività economica è esercitata, la ragione o denominazione sociale (per le società) che identificano la società nei rapporti d’affari e una categoria di segni distintivi tipici del mondo online (nomi di account, di pagine usate su internet nell’esercizio dell’attività economica). La filosofia di fondo dei segni distintivi è permettere ad un imprenditore, nei suoi rapporti d’affari o offerte, di essere precisamente identificato à diritto che si colloca nell’ambio della comunicazione d’impresa, in quanto i segni distintivi sono gli strumenti con lui da un lato l’imprenditore si identifica sul mercato e dall’altro veicola determinati messaggi, significati, ai soggetti che vi entrano in contatto. L’esemplificazione più semplice è quella di pensare alle nostre esperienze quotidiane di consumatori: ogni volta che dobbiamo compiere una scelta d’acquisto, grazie al marchio possiamo capire da che imprenditore proviene il prodotto/servizio (es. Samsung Galaxy o Iphone). I segni distintivi sono fondamentali per il buon funzionamento del mercato a tutti i livelli e in relazione a tutti gli interessi coinvolti; permettono agli imprenditori di essere identificati e quindi di far conoscere le specificità dei propri prodotti/servizi (è un incentivo ad offrire beni e servizi sempre migliori, a prezzi più contenuti). Dal punto di vista dei consumatori, vi è l’interesse all’esistenza di questi segni che permettono loro di comprendere da chi provengono i prodotti/servizi. Nella prospettiva privatistica della sfera del consumatore, quest’ultimo in questo modo può fare scelte più ragionate e convenienti, sulla base di proprie o altrui esperienze di acquisto à come effetto indiretto ma riconducibile ai marchi e segni distintivi, la possibilità di identificare l’imprenditore fa sì che il consumatore possa operare come giudico del mercato à viene indirizzata fisiologicamente la domanda verso prodotti/servizi che meglio soddisfano le esigenze e viene allontana dai servizi meno efficienti o soddisfacenti. Il rilievo dei segni distintivi nella realtà odierna è andato ancora oltre: comunicazione non solo nel senso di pubblicità e promozione dei prodotti, ma nel senso di strategie di marketing, costruzione di una marca. Molti studi sono stati dedicati ad approfondire questa evoluzione da marchio a marca à il marchio non è solo uno strumento identificatore dell’imprenditore ma anche strumento per costruire una certa immagine, veicolare certi valori in cui il consumatore può identificarsi e quindi per accreditare il prodotto, servizio, immagine dell’impresa sul mercato. I consumatori, così, nella loro scelta non sono guidati solo dalle caratteristiche intrinseche del prodotto ma anche dal fatto che quel prodotto sia percepito come espressione di valore con cui loro si identificano e vogliono manifestare attraverso l’acquisto di quel prodotto/utilizzo di quel servizio. I marchi sono il segno distintivo per eccellenza, il più importante, in quanto è quello usato dall’imprenditore per comunicare con i consumatori e perché le comunicazioni odierne permettono di caricare di tanti messaggi, significati diversi. La legislazione sui marchi si è evoluta di pari passo con l’evoluzione del mercato: la tradizionale impostazione della legislazione sui marchi era quella di proteggere il marchio per la sua funzione di identificare la provenienza del prodotto/servizio da un certo imprenditore (funzione distintiva), mentre nella Legge marchi attualmente in vigore le funzioni protette del marchio sono state ampliate; oggi la legge protegge anche la funzione pubblicitaria, di comunicazione del marchio, ossia di tutti gli aspetti relativi ai messaggi che l’imprenditore vuole comunicare, in modo che messaggi di qualunque tipo che il marchio comunica non vengano depotenziati, danneggiati o non siano fatti oggetto di appropriazione da parte di altri. La legislazione sui marchi è molto attenta e approfondita nel prendere in considerazione e proteggere tutti gli aspetti in cui si manifesta il valore comunicazionale di un brand sul mercato. La disciplina dei marchi di impresa ha le sue basi nelle convenzioni internazionali già incontrate (Antica Convenzione di Unione di Parigi, Accordi TRIPs) ed una vasta articolazione in direttive e regolamenti dell’UE e a livello nazionale ai marchi sono dedicate norme del c.p.i , in particolare per gli aspetti sostanziali art.7- 28 del c.p.i. Lo schema di analisi di questi marchi è quello usuale per le privative industrialistiche: individuazione delle entità proteggibili, requisiti di validità, ambito di tutela, possibili cause di nullità o decadenza. I segni distintivi non sono solo i marchi ma la nostra analisi si concentra su di essi non solo per la loro rilevanza, ma anche per molti principi dettati per essi sono generali ed applicabili anche agli altri segni distintivi. I marchi sono le risposte che il legislatore da dal punto di vista giuridico dell’esigenza che l’imprenditore ha che le sue comunicazioni sul mercato non siano disturbate da condotte illecite di altri concorrenti. SEGNI REGISTRABILI COME MARCHIO • Art. 7 c.p.i: possono essere registrati come marchio tutti i segni che siano atti a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese e siano altresì atti ad essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare con chiarezza e precisione l’oggetto della protezione conferita al titolare (si tratta di monopoli e quindi i terzi devono essere in grado di sapere cosa è protetto à anche per capire se c’è contraffazione o meno). (Si parte dalla realtà di mercato, si vede quali segni siano idonei a veicolare messaggi al consumatore e si proteggono à prospettiva rovesciata rispetto al passato: non vengono dati limiti alla capacità d’impresa di creare comunicazione). Segno: entità in grado di trasmettere un significato (messaggio) a un soggetto che con essa entra in contatto. Non sono considerati segni gli elementi strutturali del prodotto non idonee a comunicare un messaggio, ossia quelli che il pubblico vede soltanto come una parte, un aspetto, una caratteristica connaturata al prodotto e che non gli trasmettono alcuna info ulteriore. Sicuramente si prestano ad essere segni elementi estrinsechi al prodotto ma quando si tratta del prodotto in sé, di una sua parte strutturale bisogna valutare il caso specifico. Il segno può essere protetto come marchio. Attitudine a distinguere: idoneità del segno a svolgere una funzione distintiva, ossia a comunicare al consumatore un messaggio relativo alla provenienza del prodotto o servizio da una certa fonte oppure le loro caratteristiche. Il segno deve essere idoneo a svolgere anche una funzione di comunicazione al pubblico di messaggi di vario tipo, connessi, per esempio, all’immagine, notorietà, stile, fascia di mercato e al tipo di consumatori cui i prodotti o servizi sono destinati, a determinati valori cui il segno diventa espressione con l’uso (funzione attrattiva o pubblicitaria). Forme di protezione sono connesse all’esigenza che terzi, utilizzando segni distintivi identici o simili al marchio registrato, possano intralciare la comunicazione d’impresa attraverso quel marchio. Molteplici sono i messaggi che il marchio può trasmettere e quindi molteplici sono le esigenze di protezione del marchio, a cui deve corrispondere una tutela effettiva: qualunque attività che intralcia l’esplicarsi della funzione comunicativa del marchio costituisce contraffazione. Rappresentabilità nel registro: non riguarda tanto la capacità del marchio di comunicare messaggi al consumatore, ma riguarda problemi di certezza e l’esigenza che la consultazione del registro dei marchi consenta di individuare cosa è protetto e cosa no. La legge dice che il segno dev’essere fissato nel registro in modo chiaro, stabile e preciso. Fino a non molto tempo fa, l’unica forma di rappresentazione del segno menzionata dalla legge era la tradizionale rappresentazione grafica, mentre ora la legge si è adeguata alle moderne tecnologie e quindi è accettata qualsiasi forma tecnologica idonea di rappresentazione del segno. Restano alcune categorie di marchi per cui è difficile soddisfare il requisito dell’idonea rappresentabilità (es. marchi di odore – profumi – o di gusti/sapore costituiti dal gusto di un certo alimento), non perché la legge sia contraria alla loro registrazione ma perché allo stato attuale delle tecnologie disponibili non si è ancora arrivati a tecnologie in grado di rappresentare nel registro in modo sufficientemente chiaro questo tipo di segni. Elenco non tassativo di segni registrabili (art. 7): - Parole, compresi i nomi di persone (marchi denominativi e marchi patronimici) - Disegni (marchi figurativi) - Lettere e cifre (marchi alfabetici e numerici) - Forma del prodotto o della sua confezione - Suoni - Colori (combinazioni o tonalità cromatiche) – es. confezione viola del cioccolato Milka o colori distintivi nel settore dei servizi Segni diversi da quelli elencati all’art.7: - Marchi olfattivi - Marchi gustativi o di sapore - Marchi tattili (marchi costituiti da una certa lavorazione in rilievo della superficie del prodotto) - Marchi di posizione (posizionare un certo elemento in un certo punto del prodotto. Es. nel settore della moda dove c’è un inserto in un certo punto del prodotto) - Marchi di movimento (es. movimento di apertura delle portiere di un’auto) - Marchi di luce (marchi costituiti da particolari giochi di luce che illuminano in un certo modo il prodotto) - Layout dei punti vendita: ci sono state indecisioni che hanno codificato come segno distintivo del produttore un certo design, allestimento del negozio secondo delle caratteristiche predeterminate sempre uguali (Sentenza del 2014 della Corte di Giustizia dell’UE ha ammesso la registrazione del marchio del layout dei flagship store della Apple) • Classificazioni in tema di marchi: - Marchi di prodotto (identificano un bene posto sul mercato) e marchi di servizio (identificano l’offerta di un servizio) à differenza nelle modalità d’uso del marchio: viene apposto sul prodotto, mentre per i marchi di servizio la forma usuale di utilizzo è solo nella comunicazione pubblicitaria o mezzi con cui il servizio viene svolto - Marchi di fabbrica (produttore) e marchi di commercio (commerciante/intermediario): ove un certo prodotto sia stato messo in commercio dal titolare di fabbrica con quel marchio di Esemplificazioni di segni da ritenere privi di capacità distintivi (art.13.1 c.p.i): - Denominazioni generiche e indicazioni descrittive (art.13.1, lett b): nomi comuni del prodotto e segni che designano o comunque evocano alla mente del consumatore una caratteristica del prodotto o del servizio. Si può trattare anche di segni diversi dalle parole (es. disegno di un’arancia per aranciate) o di parole di fantasia o neologismi che tuttavia hanno un chiaro significato per il pubblico (es. è nullo il marchio Semiflex per dischi abrasivi semiflessibili perché richiama il concetto di flessibilità). Sono qui ricondotte anche denominazioni generiche e termini descrittivi in una lingua straniera. L’esistenza di sinonimi o la possibilità di perifrasi non rimuovono il divieto di registrazione: il legislatore ritiene che un’appropriazione come marchio di un segno generico o descrittivo riduce l’ambito di libertà espressiva e non dota quel segno di capacità distintiva, nel senso che se anche per esprimere un certo concetto/caratteristica o come nome comune del prodotto ci sono più parole possibili, se una di queste venisse registrata come marchio non avrebbe capacità distintiva ma descrittiva e dal punto di vista dell’esigenza del libero uso, l’area della comunicazione verrebbe ridotta. Pertanto, in questi casi rimane il divieto della registrazione. Denominazioni generiche e termini descrittivi in una lingua straniera: la regola è affidata alla percezione del pubblico italiano, ossia si prende il pubblico che si trova nel territorio in cui il marchio viene richiesto e ci si chiede se la parola straniera è comprensibile nel suo significato distintivo al pubblico di quel territorio. In alcuni casi è stato ritenuto come non registrabile come marchio un termine inglese noto dal consumatore italiano per indicare il prodotto, mentre in altri casi di termini riprese da lingue straniere di cui la conoscenza è meno diffusa in Italia si è ammessa la registrazione. La legge però precisa che i segni non possono essere registrati come marchio solo se consistono esclusivamente in denominazioni generiche o indicazioni descrittive. Se il marchio contiene un elemento descrittivo generico ma anche un elemento descrittivo, il marchio non è nullo, pur avendo una tutela ridotta. Possono quindi essere registrati marchi che non si esauriscono in un segno generico o descrittivo e che contengono anche una porzione distintiva. Marchi c.d “espressivi”: si basano su un termine generico o descrittivo, al quale sono state apportate modifiche o aggiunte di fantasia (es. frutteria per succhi di frutti). In tutti questi casi il marchio è valido ma la sua tutela è circoscritta all’elemento descrittivo; l’elemento generico o descrittivo rimane libero. Per questo motivo si tratta di marchi deboli; sono, invece, forti i marchi che non contengono elementi privi di caratteri distintivi (es. caffè Lavazza: viene protetto il termine Lavazza, non caffè – Lavazza è un marchio forte). Vi è sempre diritto ad un riesame della fattispecie (più gradi di giudizio) ma può verificarsi che situazioni omogenee siano oggetto di decisioni diverse (è difficile applicare la legge al caso concreto). - Nomi geografici: non possono essere registrati come marchi i segni che indicano una provenienza da una località rilevante per le caratteristiche del prodotto. L’elemento descrittivo che impedisce la registrazione non è il fatto di indicare una mera zona di provenienza ma una zona di provenienza qualificata, ossia che attribuisce al prodotto caratteristiche dovute a tale provenienza (es. Parma per prosciutto, Chianti per vino non possono essere registrati). Possono essere registrati come marchi nomi indicativi di località che non influiscono sulle caratteristiche del prodotto (es. Fabriano – luogo dello stabilimento - per carta), ossia quando non è il nome geografico ad influenzare la scelta del consumatore. Quando viene scelto un nome che non corrisponde al luogo d’origine del prodotto (es. Parma per un prosciutto prodotto nelle Marche o Fabriano per una carta fabbricata a Milano) il problema non è più sul piano descrittivo, ma se il fatto di indicare una provenienza diversa da quella effettiva sia ingannevole, ossia se induca il consumatore verso scelte di acquisto basate sul dato non veritiero. Nel caso di Fabriano il consumatore non sarebbe influenzato dal fatto che lo stabilimento non si trovi lì, mentre in altri casi potrebbe esserlo. La regola è che se l’indicazione che non corrisponde a quella reale influisce sulle scelte del pubblico c’è ingannevolezza ed il marchio non può essere registrato, altrimenti non ci sono problemi; - I segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio sono privi di capacità distintiva. Vengono ricondotti a questa categoria segni di impiego diffuso nel commercio per indicare un elevato livello qualitativo del prodotto o servizio o per posizionare il prodotto/servizio all’interno di una gamma o di una serie di prodotti o servizi. Si tratta di parole come extra, super, royal, leader, standard, oro (introdotta da una sentenza), raffigurazioni di una corona, lettere, numeri e sigle che servono indicare l’appartenenza ad una serie (es. livello A, livello B - ma lettere e numeri in sé sono registrabili come marchi à inizialmente erano classificati come segni di uso comune, creando problemi in settori della moda. Ferragamo aveva fatto causa ad un terzo che aveva messo sui suoi prodotti la lettera omega di Ferragamo; il terzo si era difeso dicendo che la lettera omega fa parte dell’alfabeto. Il tribunale ha dato ragione al terzo ma la Cassazione nel 2007 ha emanato una sentenza che ha cambiato le prospettive dei marchi di lettere e numeri in Italia, affermando che ci si deve chiedere se nel settore considerato quella lettera, per ragioni sue specifiche, sia dotato di capacità distintiva o se sia un segno di uso comune. La lettera omega, in questo caso, è stata tutelata come marchio e la Cassazione ha cassato/annullato la sentenza d’appello della Corte d’appello di Firenze). Anche in questo caso non sono registrabili solo i marchi costituiti esclusivamente da segni divenuti di uso comune (se l’elemento di uso comune è combinato in modo da avere anche elementi distintivi o che con l’uso si sono accreditati nella mente del pubblico, il marchio può essere registrato; es. stella, come nelle birre, come elemento di alta fascia del prodotto permette ad alcuni marchi di registrarsi); - Sono esclusi dalla registrazione anche tutti i segni comunque privi di carattere distintivo, anche se non si tratta di denominazioni generiche, di indicazioni descrittivi o di segni divenuti di uso comune. Un problema di possibile mancanza di carattere distintivo, in applicazione di questa norma, si è posto soprattutto per alcune categorie di segni. Bisogna valutare caso per caso in base alla percezione del pubblico. Es. cognomi molto diffusi (può essere che un cognome sia così diffuso nella popolazione che da solo non ha una forte capacità distintiva), slogan percepiti dal pubblico come messaggi promozionali (in alcuni casi può essere percepito come segno distintivo di un imprenditore, in altri no), figure geometriche elementari. Anche per colori, packaging, forme ed elementi strutturali di un prodotto la regola è valutare se l’elemento strutturale veicola anche un messaggio di marchio oppure no. Es. forme riconosciute distintive: bottiglia di vetro della Coca Cola, forma della penna Bic, mentre forme non distintive i.e forma di una torcia, delle pastiglie per lavapiatti, della bottiglia d’acqua VOSS (caso strano perché da molti è ricollegata al marchio). Possono esserci dubbi sulla capacità distintiva anche in relazione a disegni e rilievi sulla superficie del prodotto. Colori: i.e per la suola rossa di Louboutin si riconosce la capacità distintiva (regola generale: capacità distintiva se c’è un distacco cromatico tra il colore distintivo e quello di altri componenti della calzatura). Marchi di posizione: i.e striscia rossa sulle suole tipica di Prada è considerata distintiva, come la linguetta arancione sulla tasca posteriore dei Levi’s. Il marchio è l’idea di posizionare in quel punto del prodotto quel determinato elemento. Ulteriori regole (art.13., commi 2-4): La legge vuole calibrare la protezione del marchio sul modo in cui il pubblico percepisce in un dato momento storico il segno. Ipotesi: - Acquisto di capacità distintiva con l’uso (riabilitazione del marchio o secondary meaning): la percezione del pubblico non è statica, si evolve. Anche un segno in sé privo di capacità distintiva può divenire valido marchio se acquista questa capacità a seguito dell’uso che ne è stato fatto. A forza di usare il segno sul mercato, il pubblico sempre più collega il segno al produttore e il mesasggio di identificazione che inizialmente non c’era si determina. Ciò spiega perché si parli di riabilitazione, perché il marchio è nullo e diventa valido (sanatoria a tutti gli effetti) o secondary meaning perché significato aggiuntivo rispetto a quello ordinario del linguaggio comune che in sé non ha capacità distintiva. L’uso di un segno come marchio porta il consumatore a percepire il segno anche come un’indicazione di provenienza del prodotto o servizio dal soggetto che ne ha fatto uso. E’ onere del titolare provare l’acquisto della capacità distintiva. Art.13 comma 2: Se un segno, che all’inizio non aveva capacità distintiva, l’acquista ossia diventa veicolo di messaggio per il pubblico, prima ancora che venga depositata la domanda di registrazione, quel marchio è valido fin dall’origine perché sin dall’origine ha capacità distintiva. Art. 13 comma 3: presuppone che l’ufficio competente al rilascio del marchio abbia registrato il marchio non notando l’assenza di capacità distintiva. Chiunque può chiedere che il marchio venga dichiarato nullo per l’assenza di capacità distintiva. Se il marchio viene usato ed acquista un significato distintivo prima che qualcuno faccia causa, da un lato si potrebbe dire che è nullo dall’origine, dall’altro che il produttore ha investito sul marchio, l’ha reso noto e quindi si parla di sanatoria à se il marchio è stato registrato nonostante l’assenza di capacità distintiva e nessuno ha ancora fatto valere la nullità in giudizio (se è stata fatta valere, la nullità prevale), la nullità viene sanata e quindi il marchio non può più essere dichiarato nullo proprio per l’acquisto di capacità distintiva. Si parla di rafforzamento quando un marchio con capacità distintiva debole la rafforzi nel tempo in base all’uso che ne viene fatto. E’ necessario che il consumatore effettivamente percepisca il segno come marchio. Per avere la sanatoria è sufficiente che la capacità distintiva si aggiunga al significato originario; Perdita di capacità distintiva (art. 13 comma 4): il marchio può divenire denominazione generica del prodotto (es. biro) o perdere la sua capacità distintiva (es. forma che si standardizza e diventa la forma usuale di un certo prodotto). La legge dice che se il marchio perde la sua capacità distintiva e se ciò è dovuto (riconducibile casualmente, imputabile) all’attività o inattività del titolare (si tratta di due presupposti cumulativi: uno oggettivo, chiamato generalizzazione, che è il fatto oggettivo della perdita perché il pubblico non riconosce più il segno come marchio e un elemento soggettivo che l’attività/inattività del titolare che causa la perdita di capacità distintiva) il marchio decade (“decadenza per volgarizzazione”).
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