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Appunti completi (libri+slide) etica della comunicazione, Appunti di Etica

Appunti completi delle lezioni del prof Roberto Formisano. Il contenuto è preso dalle slide del prof + da ciò che ha spiegato nelle lezioni (anno accademico 2021/2022) e da tre libri di testo.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 09/09/2022

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carlotta-grossi-02 🇮🇹

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Scarica Appunti completi (libri+slide) etica della comunicazione e più Appunti in PDF di Etica solo su Docsity! ETICA DELLA COMUNICAZIONE: “comunicazione” deriva dall’espressione latina communis (=comune). Dal latino communis derivano poi i termini: communicare e communicatio. Partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nella comunicazione. Rapporto tra la parola communis e il termine munus (=scambio). Alla base di questa connessione vi è l’idea della relazione intersoggettiva, dello scambio reciproco, della condivisione, del “fare comunità”. Il discorso consta di tre elementi: colui che parla, ciò di cui si parla, colui al quale si parla. Il fine del discorso è diretto a costui, all’ascoltatore. E necessariamente l’ascoltatore è o uno spettatore o uno che decide, ed è uno che decide rispetto o agli avvenimenti passati o a quelli futuri. Un’ulteriore distinzione riguarda, poi, le forme della comunicazione in base agli scopi del discorso, al cui centro è posto l’ascoltatore. Individua quindi tre forme del discorso, coerenti con tre scopi, e relativi a tre tipologie di ascoltatori: Coloro che ascoltano ● passivamente, per farsi un’idea di un argomento. ● per prendere decisioni per il futuro (→discorso nelle assemblee); ● per giudicare azioni passate (→discorso nei tribunali). La comunicazione pubblica è indiretta (l’emittente, che può essere un singolo o un gruppo, comunica a distanza, attraverso mezzi, e il destinatario è la collettività). Possiamo avere due forme di quella che oggi chiameremmo “comunicazione pubblica”: ● comunicazione istituzionale: la fonte del messaggio sono gli enti istituzionali (statali o locali); i destinatari sono i cittadini. Spesso la comunicazione è unidirezionale, in quanto lo scopo della comunicazione è di tipo informativo. ● comunicazione politica: prevista la partecipazione attiva della cittadinanza alle decisioni politiche. I cittadini non sono soltanto destinatari (in quanto elettori) ma anche fonti di messaggi (attraverso il voto). Gli scopi variano al variare dei soggetti comunicativi: per i politici, la comunicazione ha valore strumentale (serve a costruire il consenso); per i cittadini, a garantire la difesa dell’interesse della collettività. Altre forme di comunicazione pubblica: ● comunicazione sociale: forma di comunicazione persuasiva, il cui scopo è rendere la società informata e partecipe su tematiche di interesse collettivo. Può essere erogata sia da istituzioni che da enti privati. ● comunicazione giornalistica: la sua funzione è informativa; tratta tematiche di varia natura nell’interesse della collettività , indipendentemente dal fatto che gli individui siano interessati a conoscere i fatti. 1 ● comunicazione pubblicitaria: lo scopo non è informare ma influenzare opinioni, scelte e comportamenti. COMMUNICATION RESEARCH Sviluppo mass media. Elaborati i primi modelli di comunicazione, interessati soprattutto ad approfondire il nesso tra comunicazione e comportamento degli individui. Analisi degli effetti persuasivi che la capillare trasmissione delle informazioni genera sulla società di massa. TEORIA IPODERMICA: L’emittente codifica un messaggio che, non importa a quale distanza, viene acquisito dal ricevente attraverso un processo di decodifica. È chiamata anche “Bullet Theory”, perché i destinatari funzionano come “bersagli” da colpire. (Ogni membro del pubblico può essere personalmente colpito dai messaggi della comunicazione di massa) Il concetto di target, usato per indicare i destinatari di un annuncio, deriva da questa teoria. I media agiscono come strumenti che “colpiscono” indistintamente i soggetti appartenenti ad un gruppo sociale omogeneo, influenzandone i comportamenti. Si rivolge ad una precisa tipologia di destinatario: i soggetti appartenenti alla società di massa, ha 2 caratteristiche: 1. La massa è composta da un insieme omogeneo di individui con background diversi ma non distinguibili dai media. 2. La massa è composta da singoli individui anonimi con scarsa possibilità di interagire tra loro e sono esposti singolarmente ai media. Il ruolo del ricevente è passivo. La Bullet Theory non prevede intermediari tra la fonte del messaggio e i suoi destinatari. Una revisione di questo modello si è avuta con l’analisi degli opinion leader: soggetti che si pongono a metà strada tra i mass media e il pubblico. Questo fatto determina un flusso di comunicazione a due livelli, secondo cui il messaggio viene innanzitutto raccolto da un gruppo di persone influenti all’interno della comunità, le quali lo ritrasmettono alle altre persone ad esse legate che sono meno attive nell’uso dei mezzi di informazione. I mass media non “colpiscono” più direttamente il pubblico, ma si servono di figure intermedie, i quali, a loro volta, diffondono il messaggio, non più ad una massa indistinta di individui, ma a gruppi determinati. MODELLO DI INFORMAZIONE DI SHANNON WEAVER ● Fonte di informazione ● Trasmittente: per essere trasmesso, il messaggio viene codificato in un segnale ● Il segnale viaggia attraverso un canale dove può subire distorsioni (rumore) ● Ricevente: si occupa della decodifica del segnale 2 subalterne). ● ipotesi differenziale: la variabilità non è dovuta ad alcuna mancanza. “Codici standard” della cultura dominante e codici della cultura subalterna svolgono funzioni diverse. Un altro problema della teoria semiotica è come un ricevente interpreta un atto comunicativo a lui diretto. ● intentio auctoris: interpretazione finalizzata a ricostruire in maniera il più possibile fedele che cosa intendeva dire l’autore. ● intentio operis: interpretare l’atto comunicativo in base ai codici impiegati, indipendentemente dalle intenzioni dell’autore. ● intentio lectoris: l’interpretante “applica” sul testo codici personali, noncurante né delle intenzioni autoriali né dei codici effettivamente impiegati e presenti nel testo. Nella comunicazione partecipativa, l’attenzione si sposta sugli effetti che gli atti comunicativi producono sia a livello di emissione sia a livello di ricezione, in entrambe le direzioni. Scienza moderna: scontro che vede contrapporsi due visioni del mondo completamente diverse: ● da una parte, la visione metafisica, fondata su dogmi e principi ritenuti assolutamente validi e indiscutibili ● dall’altra, la visione scientifica del mondo che rivendica l’autonomia della ricerca scientifica rispetto a qualsiasi altra forma di sapere. ETICA: insieme di norme morali e di comportamento che un individuo o un gruppo di individui segue nelle proprie azioni. Riflessione critica che l’uomo può operare, non solo sulle sue azioni, ma anche sui criteri e le norme, spesso promosse dalla società. Indagine che ha per oggetto il comportamento umano e si occupa: ● della definizione del bene ● della determinazione dei mezzi indispensabili per la realizzazione del bene ● della definizione degli obblighi verso se stessi e verso gli altri ● della individuazione e definizione di criteri di giudizio validi per valutare le azioni umane Le azioni non sono mai isolate. Sono il prodotto di scelte (effetti di una valutazione effettuata sulla base di specifici criteri) che a loro volta producono degli effetti. La riflessione si eleva dal piano individuale (particolare) al piano collettivo 5 (generale), e infine a quello universale (filosofia). Costruzione di un discorso che valga non solo per il singolo individuo, ma per tutti gli uomini (presenti, passati e futuri); non solo per questo agente particolare, ma per ciascun agente pensato come essere razionale. Aristotele descrive l’agire nel contesto della sua riflessione sul bene e sui rapporti che legano l’agire umano e la ricerca del bene. Il bene, infatti, è lo scopo dell’agire umano, per eccellenza. L’uomo agisce perché vuole realizzare il bene; ma vuole realizzare il bene perché vede nella realizzazione del bene il raggiungimento di un traguardo, il compimento del suo essere. Quali sono le azioni buone? Rispondere a questa domanda, significa dare una definizione di un altro concetto centrale nel discorso etico: quello di virtù. L’uomo trasforma la realtà che lo circonda, attraverso il suo lavoro, la sua prassi. E, trasformando la realtà, trasforma anche se stesso. Si perfeziona. Ciò che rende capace l’uomo di attuare queste trasformazioni è la ragione. La virtù dell’uomo consiste nel perfezionamento della sua ragione. Aristotele identifica il bene supremo con la felicità. E la felicità non è altro che il pieno compimento e la piena realizzazione della nostra essenza. Per Aristotele non è un problema il fatto che ciascuno di noi giudichi “bene” cose diverse. Esistono infatti molteplici beni. Ci sono beni adeguati allo scopo per cui sono desiderati e beni che non lo sono: per questo, esiste una gerarchia di beni. ● etica del bene: studio del fine a cui l’agire umano naturalmente mira. ● etica della virtù: analisi dei differenti modi (comportamenti) in cui l’uomo persegue, tra gli altri beni, il bene supremo. Dio è la fonte del bene e del dovere. Tendenzialmente, l’uomo ignora cosa sia il bene: ha bisogno di una guida. L’etica non è più una scienza costruita a partire dall’osservazione dei comportamenti umani, bensì a partire dall’interpretazione della parola divina. Dio dice all’uomo cosa fare: stabilisce il criterio su cui fondare le regole per ogni comportamento. Nel caso del modello religioso, è fatto valere il principio per cui la ragione, da sola, non basta per risolvere i dilemmi etici. È necessario l’intervento di una istanza superiore, il cui intervento è necessariamente “buono”. Dio sa cos’è bene per l’uomo. Dio è il bene nella sua forma più elevata e universale. Il suo insegnamento mostra all’uomo come comportarsi per raggiungere la felicità. Per avvicinarsi a Dio-Bene, l’uomo è impegnato in una costante lotta contro se stesso. L’etica del dovere fissa i criteri, gli obblighi, da cui discendono le regole da seguire. Il suo obiettivo è condurre l’uomo al di là dei conflitti (interni ed esterni), e per raggiungere questo scopo si esprime nella forma del comando. Anche in questo modello, ritroviamo al centro l’idea di una trasformazione, che però riguarda innanzitutto l’uomo: il comando esorta l’uomo ad andare oltre (e talvolta 6 contro) le tendenze naturali, come ad esempio l’egoismo, e a maturare consapevolezza delle proprie scelte. Le etiche del dovere hanno come obiettivo la maturazione di un uomo libero. “Libero”, è l’uomo che si sottrae dalle catene degli istinti naturali, e offre a se stesso la possibilità di aderire o meno alla prospettiva proposta dalla parola divina. Libero, è l’uomo che compie una scelta consapevole, assumendosi la responsabilità delle proprie decisioni. ETICA DEL DOVERE DI KANT: Kant non pone la religione a fondamento dell’etica, bensì la sola ragione. Questo vuol dire che, per Kant, tutti gli uomini, sono già sempre nella condizione di poter farsi un’idea corretta di cosa sia “bene” o “male”, a patto che sappiano usare la ragione. A differenza di Aristotele, Kant non ritiene sia possibile ottenere una definizione del bene assoluto. Né questa definizione può essere ricavata da una rivelazione divina. Elaborazione di una etica del dovere puramente formale. Non potendo dare una definizione del bene, l’etica kantiana individua come criterio dell’agire morale la seguente condizione: agire in maniera tale che il criterio delle nostre scelte (qualunque esso sia) sia ugualmente valido per qualunque uomo, in qualsiasi circostanza. In altre parole: ammesso che sia possibile agire eticamente, questo accade solo se le nostre azioni rispondono ad un criterio che dimostri una validità universale. Si esprime anch’essa nella forma di un comando o imperativo. Kant distingue due tipi di imperativi: ● gli imperativi ipotetici (se…allora…) ● l’imperativo categorico (che esprime l’unica forma di comando etico possibile: fai in modo che le tue azioni siano determinate da un principio universale). “Virtuoso”, dal punto di vista kantiano, è quel comportamento che consiste nel mettere costantemente alla prova i nostri personali criteri d’azione, per verificare se rispondano o meno alla condizione dell’universalità. L’uomo dispone di uno strumento per stabilire se il suo, o quello degli altri, sia un comportamento eticamente accettabile oppure no, facendo ricorso unicamente alla ragione. Etica nichilistica: Nietzsche rifiuta l’idea secondo cui l’agire umano debba necessariamente essere vincolato ad un valore assoluto. Ogni società si è assegnata un principio. Ciascuna rivendica che il proprio principio sia quello vero. Per Nietzsche, tuttavia, il vero problema non è decidere chi ha ragione. Bisogna spostare l’attenzione dall’oggetto della scelta all’azione sottesa a questa scelta. Il 7 ETICA DELLA COMUNICAZIONE: “comunicazione” deriva dall’espressione latina communis (=comune). Dal latino communis derivano poi i termini: communicare e communicatio. Partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nella comunicazione. Rapporto tra la parola communis e il termine munus (=scambio). Alla base di questa connessione vi è l’idea della relazione intersoggettiva, dello scambio reciproco, della condivisione, del “fare comunità”. Il discorso consta di tre elementi: colui che parla, ciò di cui si parla, colui al quale si parla. Il fine del discorso è diretto a costui, all’ascoltatore. E necessariamente l’ascoltatore è o uno spettatore o uno che decide, ed è uno che decide rispetto o agli avvenimenti passati o a quelli futuri. Un’ulteriore distinzione riguarda, poi, le forme della comunicazione in base agli scopi del discorso, al cui centro è posto l’ascoltatore. Individua quindi tre forme del discorso, coerenti con tre scopi, e relativi a tre tipologie di ascoltatori: Coloro che ascoltano ● passivamente, per farsi un’idea di un argomento. ● per prendere decisioni per il futuro (→discorso nelle assemblee); ● per giudicare azioni passate (→discorso nei tribunali). La comunicazione pubblica è indiretta (l’emittente, che può essere un singolo o un gruppo, comunica a distanza, attraverso mezzi, e il destinatario è la collettività). Possiamo avere due forme di quella che oggi chiameremmo “comunicazione pubblica”: ● comunicazione istituzionale: la fonte del messaggio sono gli enti istituzionali (statali o locali); i destinatari sono i cittadini. Spesso la comunicazione è unidirezionale, in quanto lo scopo della comunicazione è di tipo informativo. ● comunicazione politica: prevista la partecipazione attiva della cittadinanza alle decisioni politiche. I cittadini non sono soltanto destinatari (in quanto elettori) ma anche fonti di messaggi (attraverso il voto). Gli scopi variano al variare dei soggetti comunicativi: per i politici, la comunicazione ha valore strumentale (serve a costruire il consenso); per i cittadini, a garantire la difesa dell’interesse della collettività. Altre forme di comunicazione pubblica: ● comunicazione sociale: forma di comunicazione persuasiva, il cui scopo è rendere la società informata e partecipe su tematiche di interesse collettivo. Può essere erogata sia da istituzioni che da enti privati. ● comunicazione giornalistica: la sua funzione è informativa; tratta tematiche di varia natura nell’interesse della collettività , indipendentemente dal fatto che gli individui siano interessati a conoscere i fatti. 1 ● comunicazione pubblicitaria: lo scopo non è informare ma influenzare opinioni, scelte e comportamenti. COMMUNICATION RESEARCH Sviluppo mass media. Elaborati i primi modelli di comunicazione, interessati soprattutto ad approfondire il nesso tra comunicazione e comportamento degli individui. Analisi degli effetti persuasivi che la capillare trasmissione delle informazioni genera sulla società di massa. TEORIA IPODERMICA: L’emittente codifica un messaggio che, non importa a quale distanza, viene acquisito dal ricevente attraverso un processo di decodifica. È chiamata anche “Bullet Theory”, perché i destinatari funzionano come “bersagli” da colpire. (Ogni membro del pubblico può essere personalmente colpito dai messaggi della comunicazione di massa) Il concetto di target, usato per indicare i destinatari di un annuncio, deriva da questa teoria. I media agiscono come strumenti che “colpiscono” indistintamente i soggetti appartenenti ad un gruppo sociale omogeneo, influenzandone i comportamenti. Si rivolge ad una precisa tipologia di destinatario: i soggetti appartenenti alla società di massa, ha 2 caratteristiche: 1. La massa è composta da un insieme omogeneo di individui con background diversi ma non distinguibili dai media. 2. La massa è composta da singoli individui anonimi con scarsa possibilità di interagire tra loro e sono esposti singolarmente ai media. Il ruolo del ricevente è passivo. La Bullet Theory non prevede intermediari tra la fonte del messaggio e i suoi destinatari. Una revisione di questo modello si è avuta con l’analisi degli opinion leader: soggetti che si pongono a metà strada tra i mass media e il pubblico. Questo fatto determina un flusso di comunicazione a due livelli, secondo cui il messaggio viene innanzitutto raccolto da un gruppo di persone influenti all’interno della comunità, le quali lo ritrasmettono alle altre persone ad esse legate che sono meno attive nell’uso dei mezzi di informazione. I mass media non “colpiscono” più direttamente il pubblico, ma si servono di figure intermedie, i quali, a loro volta, diffondono il messaggio, non più ad una massa indistinta di individui, ma a gruppi determinati. MODELLO DI INFORMAZIONE DI SHANNON WEAVER ● Fonte di informazione ● Trasmittente: per essere trasmesso, il messaggio viene codificato in un segnale ● Il segnale viaggia attraverso un canale dove può subire distorsioni (rumore) ● Ricevente: si occupa della decodifica del segnale 2 subalterne). ● ipotesi differenziale: la variabilità non è dovuta ad alcuna mancanza. “Codici standard” della cultura dominante e codici della cultura subalterna svolgono funzioni diverse. Un altro problema della teoria semiotica è come un ricevente interpreta un atto comunicativo a lui diretto. ● intentio auctoris: interpretazione finalizzata a ricostruire in maniera il più possibile fedele che cosa intendeva dire l’autore. ● intentio operis: interpretare l’atto comunicativo in base ai codici impiegati, indipendentemente dalle intenzioni dell’autore. ● intentio lectoris: l’interpretante “applica” sul testo codici personali, noncurante né delle intenzioni autoriali né dei codici effettivamente impiegati e presenti nel testo. Nella comunicazione partecipativa, l’attenzione si sposta sugli effetti che gli atti comunicativi producono sia a livello di emissione sia a livello di ricezione, in entrambe le direzioni. Scienza moderna: scontro che vede contrapporsi due visioni del mondo completamente diverse: ● da una parte, la visione metafisica, fondata su dogmi e principi ritenuti assolutamente validi e indiscutibili ● dall’altra, la visione scientifica del mondo che rivendica l’autonomia della ricerca scientifica rispetto a qualsiasi altra forma di sapere. ETICA: insieme di norme morali e di comportamento che un individuo o un gruppo di individui segue nelle proprie azioni. Riflessione critica che l’uomo può operare, non solo sulle sue azioni, ma anche sui criteri e le norme, spesso promosse dalla società. Indagine che ha per oggetto il comportamento umano e si occupa: ● della definizione del bene ● della determinazione dei mezzi indispensabili per la realizzazione del bene ● della definizione degli obblighi verso se stessi e verso gli altri ● della individuazione e definizione di criteri di giudizio validi per valutare le azioni umane Le azioni non sono mai isolate. Sono il prodotto di scelte (effetti di una valutazione effettuata sulla base di specifici criteri) che a loro volta producono degli effetti. La riflessione si eleva dal piano individuale (particolare) al piano collettivo 5 (generale), e infine a quello universale (filosofia). Costruzione di un discorso che valga non solo per il singolo individuo, ma per tutti gli uomini (presenti, passati e futuri); non solo per questo agente particolare, ma per ciascun agente pensato come essere razionale. Aristotele descrive l’agire nel contesto della sua riflessione sul bene e sui rapporti che legano l’agire umano e la ricerca del bene. Il bene, infatti, è lo scopo dell’agire umano, per eccellenza. L’uomo agisce perché vuole realizzare il bene; ma vuole realizzare il bene perché vede nella realizzazione del bene il raggiungimento di un traguardo, il compimento del suo essere. Quali sono le azioni buone? Rispondere a questa domanda, significa dare una definizione di un altro concetto centrale nel discorso etico: quello di virtù. L’uomo trasforma la realtà che lo circonda, attraverso il suo lavoro, la sua prassi. E, trasformando la realtà, trasforma anche se stesso. Si perfeziona. Ciò che rende capace l’uomo di attuare queste trasformazioni è la ragione. La virtù dell’uomo consiste nel perfezionamento della sua ragione. Aristotele identifica il bene supremo con la felicità. E la felicità non è altro che il pieno compimento e la piena realizzazione della nostra essenza. Per Aristotele non è un problema il fatto che ciascuno di noi giudichi “bene” cose diverse. Esistono infatti molteplici beni. Ci sono beni adeguati allo scopo per cui sono desiderati e beni che non lo sono: per questo, esiste una gerarchia di beni. ● etica del bene: studio del fine a cui l’agire umano naturalmente mira. ● etica della virtù: analisi dei differenti modi (comportamenti) in cui l’uomo persegue, tra gli altri beni, il bene supremo. Dio è la fonte del bene e del dovere. Tendenzialmente, l’uomo ignora cosa sia il bene: ha bisogno di una guida. L’etica non è più una scienza costruita a partire dall’osservazione dei comportamenti umani, bensì a partire dall’interpretazione della parola divina. Dio dice all’uomo cosa fare: stabilisce il criterio su cui fondare le regole per ogni comportamento. Nel caso del modello religioso, è fatto valere il principio per cui la ragione, da sola, non basta per risolvere i dilemmi etici. È necessario l’intervento di una istanza superiore, il cui intervento è necessariamente “buono”. Dio sa cos’è bene per l’uomo. Dio è il bene nella sua forma più elevata e universale. Il suo insegnamento mostra all’uomo come comportarsi per raggiungere la felicità. Per avvicinarsi a Dio-Bene, l’uomo è impegnato in una costante lotta contro se stesso. L’etica del dovere fissa i criteri, gli obblighi, da cui discendono le regole da seguire. Il suo obiettivo è condurre l’uomo al di là dei conflitti (interni ed esterni), e per raggiungere questo scopo si esprime nella forma del comando. Anche in questo modello, ritroviamo al centro l’idea di una trasformazione, che però riguarda innanzitutto l’uomo: il comando esorta l’uomo ad andare oltre (e talvolta 6 contro) le tendenze naturali, come ad esempio l’egoismo, e a maturare consapevolezza delle proprie scelte. Le etiche del dovere hanno come obiettivo la maturazione di un uomo libero. “Libero”, è l’uomo che si sottrae dalle catene degli istinti naturali, e offre a se stesso la possibilità di aderire o meno alla prospettiva proposta dalla parola divina. Libero, è l’uomo che compie una scelta consapevole, assumendosi la responsabilità delle proprie decisioni. ETICA DEL DOVERE DI KANT: Kant non pone la religione a fondamento dell’etica, bensì la sola ragione. Questo vuol dire che, per Kant, tutti gli uomini, sono già sempre nella condizione di poter farsi un’idea corretta di cosa sia “bene” o “male”, a patto che sappiano usare la ragione. A differenza di Aristotele, Kant non ritiene sia possibile ottenere una definizione del bene assoluto. Né questa definizione può essere ricavata da una rivelazione divina. Elaborazione di una etica del dovere puramente formale. Non potendo dare una definizione del bene, l’etica kantiana individua come criterio dell’agire morale la seguente condizione: agire in maniera tale che il criterio delle nostre scelte (qualunque esso sia) sia ugualmente valido per qualunque uomo, in qualsiasi circostanza. In altre parole: ammesso che sia possibile agire eticamente, questo accade solo se le nostre azioni rispondono ad un criterio che dimostri una validità universale. Si esprime anch’essa nella forma di un comando o imperativo. Kant distingue due tipi di imperativi: ● gli imperativi ipotetici (se…allora…) ● l’imperativo categorico (che esprime l’unica forma di comando etico possibile: fai in modo che le tue azioni siano determinate da un principio universale). “Virtuoso”, dal punto di vista kantiano, è quel comportamento che consiste nel mettere costantemente alla prova i nostri personali criteri d’azione, per verificare se rispondano o meno alla condizione dell’universalità. L’uomo dispone di uno strumento per stabilire se il suo, o quello degli altri, sia un comportamento eticamente accettabile oppure no, facendo ricorso unicamente alla ragione. Etica nichilistica: Nietzsche rifiuta l’idea secondo cui l’agire umano debba necessariamente essere vincolato ad un valore assoluto. Ogni società si è assegnata un principio. Ciascuna rivendica che il proprio principio sia quello vero. Per Nietzsche, tuttavia, il vero problema non è decidere chi ha ragione. Bisogna spostare l’attenzione dall’oggetto della scelta all’azione sottesa a questa scelta. Il 7 caratteristica di essere quella dinamica per mezzo della quale noi uomini ci costruiamo il mondo nel quale viviamo, l’orizzonte dei nostri valori, delle nostre idee, per mezzo di cui trasformiamo la realtà che ci circonda. IMPLICAZIONI ETICHE DEL MODELLO DI SHANNON-WEAVER: Modello il cui scopo era rendere efficaci ed efficienti le trasmissioni di informazioni a distanza e a larga scala. L’idea di fondo è la trasmissione meccanica di informazioni. In questa prospettiva, la “buona” comunicazione è quella che realizza il suo scopo con il minimo errore o distorsione/disturbo. Noi possiamo impostare la comunicazione (soprattutto quella di massa) in maniera tale da ignorare le esigenze del destinatario: una comunicazione unilaterale, nella quale il destinatario è in posizione di passività, plasmabile a uso e consumo degli scopi del comunicatore. ● questo modello comunicativo, pone il comunicatore in una posizione di dominio: può indurre comportamenti, influenzare scelte e opinioni. ● il ricevente è ridotto a mero esecutore, oppure è messo in condizioni di operare scelte Nella prospettiva della Bullet Theory, il ricevente ha una funzione passiva. Questo modello non tiene conto della complessità della comunicazione. Riduce la comunicazione a trasmissione di informazioni e ignora il significato comunitario della communicatio. Informare significa trasmettere contenuti, recapitare messaggi. A differenza dell’informazione, la comunicazione instaura una dinamica più coinvolgente, interattiva: non c’è un attore attivo e uno passivo; non è un processo unilaterale bensì bidirezionale. La distinzione tra emittente e ricevente è superata in una dinamica in cui entrambi i soggetti sono interlocutori. ETICA DELLA COMUNICAZIONE come creazione di uno SPAZIO COMUNE. Fornire regole certe per la tutela dei soggetti coinvolti nelle dinamiche comunicative, vale a dire: a. Tutelare gli utenti e tutti coloro i quali usufruiscono dei servizi comunicativi b. Tutelare anche la professionalità degli addetti ai lavori, la cui credibilità è fondamentale per instaurare un “circolo comunicativo virtuoso”, in quanto coerente con lo scopo generale della comunicazione responsabile COMUNICAZIONE RESPONSABILE: RESPONSABILITA’: deriva dal termine latino “rispondere”. 10 ● “rispondere a…”: rispondere all’interlocutore che chiede conto di ciò che è stato compiuto. In questo senso, si è responsabili di ciò che è stato fatto ● “rispondere di…”: significa “farsi carico” di qualcosa o qualcuno. Idea della causa. Quando noi agiamo, lo facciamo a partire da una motivazione. Se non siamo costretti da circostanze esterne, siamo noi a scegliere le nostre motivazioni, liberamente. Siccome siamo noi a dare inizio al processo causale, ne siamo responsabili. Quando prendiamo decisioni, noi scegliamo di applicare una determinata regola generale, escludendone altre. In ciò, esercitiamo una nostra libertà individuale. Questo però presuppone che, chi è libero di scegliere, si fa sempre carico della scelta e delle sue conseguenze. IMPUTABILITA’: Secondo Kant, gli uomini sono tutti enti razionali: come tali, sono sempre nella situazione di poter dare una spiegazione delle motivazioni delle proprie azioni. Agli uomini è dato poter esporre le proprie intenzioni, dare prova della legittimità delle scelte, pretendere approvazione e consenso. Tutto questo è reso possibile dalla ragione. Sulla razionalità si fonda, oltre che la libertà, la possibilità di una vita sociale, la possibilità di “fare comunità”. Secondo Kant si è responsabili solo di ciò di cui si è causa diretta, ossia l’effetto è chiaramente riconducibile alla nostra volontà libera L’etica della comunicazione ha altresì il compito di sviluppare una riflessione che: a. dia dimostrazione della validità dei principi scelti e dei suoi limiti; b. discuta la validità e i limiti di altre impostazioni; c. si interroghi sulle ricadute e gli effetti a lungo termine che la scelta di determinati principi può avere sulla società e sull’uomo. APPROCCI POSSIBILI: 1. DEONTOLOGIA PROFESSIONALE: l’etica della comunicazione riguarda il complesso di norme e regole che riflettono i valori che ispirano la professionalità degli specialisti del settore della comunicazione. Elaborazione dei codici di regolamentazione professionale o di autoregolamentazione, entrambi detti codici deontologici. DEONTOLOGIA: insieme dei doveri legati alle professioni inerenti alla sfera comunicativa, necessari per garantire una comunicazione responsabile. Assunzione di responsabilità da parte degli operatori di settore, i quali si autoimpongono dei limiti, nel rispetto soprattutto delle categorie più fragili, 11 attraverso la definizione di sanzioni per chi non dovesse rispettare le regole stabilite. 2. ETICA DELLA COMUNICAZIONE IN SENSO STRETTO: Esistono cinque possibili modelli di etica della comunicazione “in senso stretto”. Ciascun modello si fonda su un principio diverso: ● la natura dell’essere umano ● il dialogo ● l’audience ● l’utilità ● la comunicazione come costruzione della comunità umana 1. l’uomo è per natura tendente verso il bene. Quindi dispone già di tutto quanto gli occorre per agire “bene”. Il problema è conoscere correttamente il bene: in quanto dotato di ragione, l’uomo può elevarsi alla conoscenza del bene. “Vero bene” è la conoscenza razionale. Da questa concezione del vero e della conoscenza, discendono degli obblighi. ● il dovere di risolutezza (non accettare le argomentazioni o le richieste di altre persone in modo acritico e non riflessivo) ● il dovere di apertura (ascoltare con attenzione le opinioni altrui e vagliarle in maniera rigorosamente critica, in base ad un criterio di pura razionalità), a cui si ricollega il dovere di comprensione ● il dovere di astenersi dalla violenza in ogni sua forma. Tali obblighi sono applicabili verso gli altri così come verso noi stessi Sofistica: considera l’uomo egoista. La conoscenza non serve a raggiungere la verità, ma a guadagnarsi un vantaggio personale. Non esiste un bene assoluto. Comunicazione “buona” è quella che sostiene il cammino dell’uomo nella ricerca della verità. L’interlocutore è un compagno di viaggio, qualcuno di cui ci si può fidare. La ricerca del vero è ciò che crea condivisione, comunità. Le tecniche comunicative che fanno perno sulla ragione come elemento distintivo dell’uomo, spesso presuppongono una concezione negativa delle emozioni. Le emozioni sono state rivalutate proprio in virtù della loro importanza nei processi comunicativi. 12 La nozione di utile conserva una valenza universalistica. Secondo Mill, il piacere ricercato nell’utile richiede come condizione la sua condivisibilità: la ricerca del piacere implica l’uso della ragione come strumento per l’accordo e la pacificazione con gli altri individui. Prevale una dimensione comunitaria e il suo scopo dichiarato è l’utilità sociale. Gli atti comunicativi devono essere tesi a produrre il maggior beneficio, o arrecare il minor danno possibile, alla maggior parte delle persone interessate. Secondo William Howell, per essere “utile”, il sistema comunicativo deve: ● Essere promotore di una precisa proposta culturale, nella quale i soggetti coinvolti possono riconoscersi; ● Sia l’emittente che il destinatario devono condividere la responsabilità della buona riuscita della comunicazione. ● Emittente e destinatario devono considerare che significato e valore di ogni atto comunicativo varia a seconda dei contesti, per questo devono essere disponibili ad adeguarsi ad esso. Modello di Howell non spiega come è possibile fare in modo che i due interlocutori siano effettivamente motivati a modificare i propri atteggiamenti comunicativi e a “modellarli” in funzione del contesto in cui si trovano, in nome di un bene riconosciuto come “comune”. L’etica utilitaristica è debole nel fornire motivazioni forti della scelta dell’utile stesso. L’utilità sociale viene stabilita sulla base di valori prevalenti nella società, accettati dalla maggior parte dei membri della società: ma può trattarsi di valori che non tutti necessariamente condividono. Assumere l’utilità sociale come principio a cui attenersi espone al rischio di una legittimazione morale di forme di comunicazione che trascurano o ledono l’interesse di singole persone o gruppi. Altro rischio → diritti morali Un’azione è moralmente giustificata se compierla consente di aumentare l’utilità complessiva per una quantità maggiore di soggetti, rispetto all’utilità che deriverebbe dal non compiere quell’azione o da altre azioni possibili, anche se questo comporterebbe la violazione di alcuni diritti individuali. L’utilitarismo della regola non valuta gli effetti di una scelta sul singolo individuo, bensì l’impatto che questi effetti avrebbero sulla regola, e che possono rafforzare la regola o indebolirla. La bontà o meno della scelta si decide in base agli effetti che questa scelta 15 potrebbe avere sulla regola generale che ispira le nostre azioni. L’utilitarismo non prende mai in considerazione il punto di vista del singolo. Nel nostro esempio: lo scopo dell’argomento non è la difesa dei diritti dell’individuo, ma la difesa del valore della privacy come elemento funzionale alla creazione di una società “sana”. 5. Questa nuova forma di etica si propone di individuare nella concreta dinamica della comunicazione gli elementi per una riflessione etica generale. Definire un modello di società giusta, partendo dalla definizione delle condizioni generali sotto cui è possibile garantire la costruzione di una società fondata sul dialogo tra individui liberi e uguali. Il libero confronto di opinioni è individuato come lo strumento per dare soluzioni a problemi di interesse pubblico attraverso l’argomentazione razionale Apel Sostiene l’esistenza di una normatività intrinseca all’atto comunicativo. Comunicare, per Apel, vuol dire: inserirsi in una dinamica che, per costituzione, implica e presuppone la costruzione di un orizzonte sociale, che include altri interlocutori come entità aventi non solo una funzione specifica ma anche dei diritti. Compito della riflessione etica è quello di rendere esplicito questo reticolo sempre implicito di condizioni sempre operanti alla base delle dinamiche comunicative. Nella comunicazione sono insiti quei principi che, se soddisfatti, pongono la comunità umana nella condizione di “funzionare bene”. Una “buona comunicazione”, secondo Apel, si ha quando gli interlocutori sono in grado di argomentare, Per ottenere questo risultato è necessario garantire alcune condizioni generali: ● Giustizia: uguale diritto per tutti i potenziali interlocutori all’impiego di ogni atto linguistico utile all’articolazione di pretese di validità in grado di ottenere il più largo consenso ● Solidarietà: reciproco appoggio e dipendenza nel quadro di un comune intento per una risoluzione argomentativa dei problemi. ● Co-responsabilità: comune vincolo per la risoluzione condivisa dei problemi. La ragione è “la facoltà dell’universale”: la capacità di astrazione che consente all’uomo di andare oltre i suoi interessi particolari e includere, nella sua riflessione, anche gli interessi di tutti. La ragione fonda la socialità. Esistono delle condizioni oggettive, già presenti e operanti, anche se in maniera implicita, al fondo di ogni agire comunicativo. Per un altro verso, queste condizioni oggettive non sono immediatamente 16 chiare a tutti e formulate in maniera univoca e tale da mettere tutti d’accordo. L’esplicitazione e la formulazione di queste condizioni sono il frutto di uno sforzo condiviso da parte di (tutti) gli interlocutori. Questo vuol dire: tali condizioni non sono già date, ma sono un prodotto umano. Habermas ha elaborato un modello di comunicazione, partendo dalla convinzione che i rapporti comunicativi nella società contemporanea sono caratterizzati in larga parte dalla tendenza alla sopraffazione e alla contraffazione della verità. Distingue due forme di agire: ● comunicativo, finalizzato alla realizzazione di un’intesa. Gli interlocutori collaborano nella costruzione di un ambiente comunicativo condiviso e costruttivo. ● strategico: finalizzato all’affermazione di uno o più interlocutori su tutti gli altri Etica del discorso: Indaga quali sono e come funzionano quei principi che consentono di effettuare un accordo razionalmente motivato quando si affrontano questioni pratico-morali controverse. E’ necessario che esistano delle condizioni universali a garanzia della validità degli atti comunicativi, e tuttavia si riconosce che non esiste nessuna garanzia che le comunità dei comunicanti siano in grado di (1) trovare, (2) formulare e (3) condividere tali condizioni. ETICA E INTERNET INTERNET rappresenta il mezzo di comunicazione per eccellenza nella cosiddetta “società dell’informazione”, vale a dire quel modello di società nel quale le relazioni sociali dipendono e poggiano in larga parte dalla circolazione delle informazioni. Ha contribuito a trasformare i prodotti della comunicazione, ma ha anche promosso una radicale trasformazione degli attori dell’informazione. Con l’avvento di Internet, coloro che nella società di massa novecentesca venivano considerati come semplici “bersagli” passivi, sono ora attori partecipi e attivi nelle dinamiche comunicative. Lo si ritiene uno strumento prezioso per le società democratiche, nella misura in cui stimola e favorisce una maggiore partecipazione alla vita della comunità. Funziona come un filtro, da cui deriva l’illusione di una interazione più veloce e immediata con il mondo circostante. 17 In linea di principio, Internet sottrae a ciascun utente la possibilità di poter gestire autonomamente le informazioni relative alla propria storia personale. Per diritto all’oblio si intende il diritto di non esser più ricordato per vicende ormai trascorse, nelle quali era coinvolto e per le quali non sussiste alcun motivo di interesse pubblico affinché siano nuovamente riportate alla luce. Questo diritto può dunque essere considerato una conseguenza della corretta applicazione del diritto di cronaca. Esistono casi in cui l’interesse pubblico nella conoscenza di determinati fatti non si esaurisce mai: ciò accade, ad esempio, nei casi di crimini contro l’umanità. Il diritto all’oblio discende da un altro diritto: la libertà informatica, il diritto di ciascun individuo di poter gestire autonomamente i dati relativi alla sua persona immessi su Internet. Questo diritto si esercita ogni volta che si comunicano in rete dati personali. Per tutelare la persona. E’ una forma specifica di diritto alla privacy. L’evoluzione tecnologica ha ampliato il concetto di privacy, che prima aveva una dimensione esclusivamente spaziale, cioè ai luoghi nei quali l’individuo poteva legittimamente pretendere che non venissero divulgate notizie personali. Oggi, il concetto di privacy investe anche una dimensione temporale: ogni persona ha il diritto alla corrispondenza delle informazioni che la riguardano alle sue caratteristiche attuali. Questo si lega ad un aspetto fondamentale dell’identità personale: la sua mutevolezza. Di questi modi d’uso abbiamo solo considerato l’impatto e gli effetti sul mondo reale, offline. A partire dall’analisi di questi effetti, l’etica di Internet sviluppa il suo compito di comprendere le situazioni reali determinate da questi usi e di individuare i criteri che le governano. Lo scopo non è solo quello di tutelare le persone, ma anche metterle nelle condizioni di potersi “riappropriare” della propria autonoma capacità di scelta nel momento in cui interagiscono con questi strumenti, nonché di interagire bene con tali strumenti. Netiquette: approccio deontologico che fornisce indicazioni specifiche su come scrivere le e-mail, come gestire in un blog i feedback e le relazioni con i lettori e i commentatori, come comportarsi all’interno delle chat… Problema del rapporto in Internet tra reale e virtuale. Il virtuale è un potenziamento della realtà, esprime le potenzialità dell'uomo che prima non riuscivano a realizzarsi. Vi è una crescente virtualizzazione del reale, perdita di consistenza della realtà. Il reale è il risultato della manipolazione dell'uomo. La realtà viene decostruita, reale è solo ciò che appare. 20 ETICA DELLE ICTS Le ITCs sono delle tecnologie comunicative. TECNICA: Un supporto tecnico funziona in maniera tale da potenziare o ampliare le capacità di azione dell’uomo. Si tratta di uno strumento che necessita di essere utilizzato dall’uomo, il quale deve fornire un input. L’azione è avviata e gestita dall’uomo. Il giudizio su questi supporti dipende essenzialmente dall’uso che l’uomo ne fa. TECNOLOGIA: I supporti tecnologici si differenziano dai supporti tecnici in ragione della loro capacità di operare in autonomia. Essi non hanno bisogno, ogni volta, dell’intervento diretto dell’uomo, possono gestirsi da soli. Dunque, sono in grado di agire con una certa indipendenza rispetto all’uomo. Funzionano comunicando (trasmettendo informazioni), ma comunicano essi stessi. A garantire questa capacità è una specifica forma di intelligenza, detta intelligenza artificiale (AI). Il termine “intelligenza artificiale” (AI) si riferisce a sistemi che dispiegano un comportamento intelligente analizzando il proprio ambiente e compiendo azioni con un certo grado di autonomia per raggiungere specifici obiettivi. Coadiuvate dall’intelligenza artificiale, oltre alla caratteristica di essere indipendenti, sono capaci di creare nuovi “ambienti comunicativi”. Le tecnologie sono capaci di integrazione. I processi di integrazione si verificano quando sistemi in comunicazione tra loro cessano di essere separati e entrano in una relazione di dipendenza. La capacità di integrazione delle tecnologie non riguarda però soltanto la comunicazione tra macchine o software differenti. Un processo di integrazione molto più profondo ha a che fare con la relazione uomo-macchina. Questo processo ha luogo proprio in virtù del fatto che le tecnologie forniscono all’uomo un vero e proprio ambiente comunicativo, all’interno del quale potersi muovere e con cui possono interagire. INFOSFERA: ambienti, popolati da documenti, agenti e operazioni. Per un verso, le ICTs, promuovono una facilitazione dell’interazione. Gestendo in autonomia l’enorme mole di dati e calcoli, e restituendoci solo le informazioni utili ai nostri scopi, le tecnologie dischiudono ambiti operativi semplificati per le nostre azioni. Dall’altra parte, però, nel tempo i comportamenti umani manifestano una particolare tendenza all’adeguazione: via via che ci si abitua alla mediazione dello strumento tecnologico, il comportamento umano si modifica e si adatta alle modalità di funzionamento del supporto tecnologico. 21 Un rischio collegato al precedente riguarda l’incapacità di distinguere l’interazione con macchine e l’interazione con umani. Esempio ne è il fatto che la differenza tra ambienti comunicativi online e offline si sta facendo sempre più sottile Le modalità “umane” di comunicazione si adeguano alle regole di funzionamento della comunicazione tecnologica. Rispetto all’etica delle ICTs questo compito può essere inteso in un duplice modo: ● da un lato, l’etica, nei confronti delle ICTs, è chiamata a esaminare criticamente le trasformazioni dei comportamenti e delle relazioni umane a seguito degli sviluppi tecnologici della comunicazione (Etica delle ICTs in senso stretto). ● dall’altro, è possibile analizzare ciascun singolo ambiente ed i principi etici relativi alle modalità di azione che l’interazione con i sistemi di ICTs promuove o suscita (Etica nelle ICTs). ETICA NELLE ICTS: Indaga i criteri e i principi effettivamente agenti nei vari ambienti comunicativi e che, di fatto, condizionano i nostri comportamenti, orientandoli. Qui l’accento cade sui comportamenti umani collocati all’interno dei contesti tecnologici e l’attenzione si sposta sulle possibilità e sui limiti che abbiamo concretamente di interagire con essi. Si interroga sui comportamenti adeguati da adottare all’interno dei contesti comunicativi “online”. Si interroga sulle differenze qualitative tra comunicazione “online” e “offline” La differenza stessa tra vita online e vita offline sta rapidamente scomparendo. I due ambienti procedono ad una rapida integrazione, con il rischio conseguente di: ● rendere la vita offline sempre più dipendente da quella online. ● rendere i due ambienti comunicativi indistinguibili tra loro. Questa situazione richiede un uso sempre più consapevole e competente dell’integrità della persona, così come della “solidità” del tessuto sociale. Queste competenze e questa consapevolezza possono essere utilizzate, in prospettiva etica, in due modi: ● operando “all’interno” del mondo virtuale, replicando in esso la nostra capacità di interrogare il senso del nostro agire e stabilendo valori, norme, regole di comportamento che favoriscano quello che è lo scopo di questa modalità comunicativa ● valutare “dall’esterno” l’impatto che l’uso del virtuale genera nella vita offline. 22 Quella generata dall’uso degli smartphone è una forma di “cultura convergente”, prodotta da una sorta di “intelligenza collettiva”, di cui gli utilizzatori dei dispositivi tecnologici sono, con i loro comportamenti, i promotori. Le connessioni e le relazioni che rende possibili avvengono all’interno di ambienti che non sono creati dagli utenti, ma che dipendono dal modo di funzionamento della macchina. E come ogni device tecnologico, opera in autonomia. La prima conseguenza della nostra interazione con lo smartphone è il restringimento (se non l’annullamento) della possibilità di avere relazioni “immediate”, dirette, cioè non mediate da strumenti che fungano da supporto, con il mondo e con gli altri. Lo smartphone è un mezzo irrinunciabile. Senza il suo filtro, viene meno il potenziamento del nostro agire, il che significa la perdita delle innumerevoli possibilità d’azione che soltanto l’ambiente operativo dischiuso da questo strumento offre alla nostra portata. Al potenziamento del nostro agire corrisponde anche una potenziale limitazione delle nostre capacità. Questa limitazione può essere inquadrata sotto due aspetti. Il primo ha a che fare con la relazione di dipendenza che il potenziamento del nostro agire ha con il dispositivo tecnologico. Si tratta infatti di un potenziamento “relativo”, non assoluto. Senza il dispositivo, le nostre capacità di azione tornano ad essere ristrette. Questo però vuol dire che le nostre possibilità di azione saranno determinate dalle caratteristiche del dispositivo. Nella misura in cui, tuttavia, l’agire potenziato non è più soltanto una possibilità tra le altre, ma diviene l’opzione privilegiata nel contesto della nostra vita quotidiana, ecco che la nostra dipendenza rispetto agli ambienti dischiusi dai dispositivi tecnologici può comportare il rischio di una passiva accettazione delle possibilità offerte dal mondo tecnologico. Sotto questo profilo, l’autonomia dei dispositivi tecnologici può rappresentare un problema sul piano etico, nella misura in cui è lasciata alle macchine la gestione delle modalità comunicative, laddove responsabilità dell’utente dovrebbe essere sempre quella di decidere, ogni volta, quale valore assegnare alle possibilità operative che il dispositivo ci offre sottomano. ETICA DEL ROBOT: robot= automi capaci di svolgere mansioni al posto degli uomini. Macchine antropomorfe. La forma antropomorfa serve laddove è funzionale all’interazione tra uomo e macchina, e serve alla macchina per affiancare o accompagnare le azioni umane. Sono capaci di comunicazione ma in una maniera diversa rispetto agli altri dispositivi tecnologici. Dal punto di vista etico, l’aspetto rilevante di queste macchine risiede nello scopo per cui sono create: essere capaci di agire in maniera autonoma. I dispositivi dotati di AI, nel momento stesso in cui comunicano, sono in grado di “apprendere” dal flusso di informazioni, quali regole seguire per ottenere una comunicazione efficiente. 25 Lo sviluppo delle AI mette queste macchine in condizione di potersi “correggere” da sole. Sviluppo di un’etica dei robot intesa come riflessione finalizzata alla determinazione delle regole di comportamento adeguate per queste macchine, relativamente ai loro specifici settori di applicazione. Le macchine dotate di AI sono state dotate di regole sviluppate secondo un approccio deontologico. Il problema sussiste tuttavia, laddove, sostituendo attività umane, le macchine si trovano in situazioni nelle quali devono risolvere conflitti morali. L'approccio prevalente è stato di ispirazione deontologica: in base alla previsione dei possibili scenari, e delle potenziali conseguenze, la macchina viene dotata di “regole” per compiere determinate valutazioni. La macchina non è in grado di “valutare”, nel senso di una scelta compiuta su valori. A meno che non sia l’uomo a stabilire le priorità, la macchina non è in grado di scegliere. Asimov ha formulato tre leggi della robotica: 1. Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. 2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge. 3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima e con la Seconda Legge. 4. Un robot non può recare danno all’umanità e non può permettere che, a causa di un suo mancato intervento, l’umanità riceva danno. L'orizzonte operativo della macchina si esercita sempre nello spazio di applicazioni di regole. Asimov ha cercato di fornire regole che chiarissero una gerarchia di valori. L’uomo sceglie i valori, le macchine scelgono procedure. ETICA E PUBBLICITA’ Il concetto di pubblicità ha assunto, oggi, un’accezione puramente commerciale. ● réclame suggerisce un messaggio dominato da immagini, e in cui la parte verbale è limitata al nome del prodotto. Domina l’elemento informativo. ● advertising indica quel tipo di pubblicità in cui il messaggio si sviluppa secondo una catena logica o associativa, in cui domina l’elemento persuasivo. Pubblicità deriva dal latino pubblicare: “far conoscere”, “rendere pubblico”, “svolgersi alla presenza del pubblico”. 26 Accosta al concetto di pubblicità l’accessibilità ai fatti di interesse generale. Kant identifica la pubblicità con quella conoscenza pubblica che sta alla base dell’etica e del diritto. Kant enfatizza il ruolo della pubblicità nella sfera dell’uso pubblico della ragione. 1. Pubblicità politica: scopo di formare negli individui determinate idee o ideologie proprie di un partito o di una corrente politica. 2. Pubblicità sociale: ha per scopo la sensibilizzazione del più ampio pubblico su tematiche di interesse generale 3. Pubblicità pubblica: anche indicata come comunicazione istituzionale, è impiegata dallo Stato e dalle pubbliche amministrazioni per informare su servizi, diritti, doveri dei cittadini. Si consolida quella idea di pubblicità intesa come forma di comunicazione a pagamento, diffusa su iniziativa di operatori economici, che tende in modo intenzionale e sistematico a influenzare gli atteggiamenti e gli individui in relazione al consumo. Capacità persuasiva, in grado di esercitarsi come atto imposto, non richiesto dal destinatario SCUOLA DI FRANCOFORTE: Lo spettatore non deve lavorare di testa propria: il prodotto prescrive ogni reazione. Carattere strumentale della pubblicità. Nella misura in cui è asservita al criterio della persuasività, il messaggio pubblicitario costruisce il proprio destinatario: comunica con lui attraverso segnali, facendo leva sui sentimenti; prevede e indirizza le reazioni del suo destinatario: ne studia i gusti, le preferenze, i modi di pensare, per entrare in contatto con lui e, una volta in contatto, modificarne i caratteri. PROPAGANDA: Il termine viene usato con accezione negativa. In realtà, dal punto di vista etimologico, è neutro: deriva dal latino propagare: “diffondere”. Nel suo significato originario, il termine si riferisce alle azioni comunicative finalizzate alla diffusione di informazioni, senza alcuna accezione né negativa né positiva. A decretare dunque la “positività” o “negatività” della propaganda è il suo uso, in quanto dipende dagli scopi che si prefigge e dai modi in cui queste azioni informative/persuasive vengono compiute. La propaganda non è dissimile dalla pubblicità, dato che entrambe si occupano della diffusione di messaggi e fanno uso di tecniche persuasive. La propaganda si distingue, tuttavia, dalla pubblicità commerciale, in quanto non ha per scopo la promozione di prodotti. Il suo obiettivo è la manipolazione dell’opinione pubblica. 27 Fondazione dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria. Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale. Il suo obiettivo è di assicurare che la comunicazione commerciale venga realizzata come servizio per il pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore. A tal fine sono indicate numerose regole di comportamento che gli autori e i promotori sono tenuti a rispettare. Il Codice afferma che la pubblicità commerciale deve essere onesta, veritiera e corretta. La comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose e deve rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni e deve evitare ogni forma di discriminazione, compresa quella di genere. Le pubblicità non devono inoltre abusare della naturale credulità o mancanza di esperienza dei bambini. PUBBLICITA’ COMPARATIVA: Il Codice vieta l’imitazione di pubblicità preesistenti. Applicazione Codice garantita da due organismi: ● Il Comitato di controllo (che recepisce le segnalazioni dei consumatori) ● il Giurì (che opera tramite sentenze). Un punto di debolezza del Codice è il fatto che esso è applicabile solo nei confronti delle aziende che aderiscono. Il punto di forza è che le sentenze del Giurì sono molto più veloci della giustizia ordinaria. ANTITRUST: Il suo scopo è di tutelare dalla pubblicità ingannevole. Il suo potere è maggiore del Giurì, in quanto è emanazione diretta della Legge ed è pertanto competente rispetto a tutti gli operatori sul mercato. Le sue sanzioni sono sempre applicabili. DIGITAL CHART: Recepisce le indicazioni provenienti dalla Comunità Europea. I principi sono gli stessi della Codice, ma adattati al nuovo contesto ed al suo funzionamento. Sono regolamentate modalità di comunicazione pubblicitaria come l’endorsement, la native advertising (ibridazione di contenuti informativi e pubblicitari, purché riconoscibili), ma anche le paid research units (risultati di ricerca sponsorizzati). La pubblicità ingannevole può produrre danni anche ai concorrenti, oltre che ai suoi destinatari. Nei confronti di questi ultimi, infatti, la sua strategia comunicativa è sleale: presenta i propri prodotti in maniera da farli apparire migliori di quanto non siano, inducendo potenziali clienti a preferire loro. Da questa pubblicità sleale va distinta la pubblicità comparativa. La comparazione è lecita se non è ingannevole e se soddisfa determinate condizioni, come: ● omogeneità dei prodotti confrontati (volti a soddisfare gli stessi bisogni o scopi) 30 ● la comparazione deve vertere su caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili ● non deve screditare il concorrente I professionisti del settore pubblicitario hanno provveduto alla creazione di codici di autoregolamentazione. E’ giunta l’ora che il pubblicitario prenda sul serio il senso del proprio ruolo sociale e si faccia carico della cura dei suoi target. Uno strumento indispensabile sono le sanzioni, la cui applicazione richiede tuttavia una definizione precisa dei concetti e dei diversi livelli e gradi relativi alla loro applicazione. Il rischio è la censura, la quale è deleteria, non solo in quanto abuso nell’applicazione delle restrizioni, ma può trasformarsi in una cassa di risonanza, una sorta di pubblicità indiretta. Ci sono, poi, regole di comportamento non scritte che riguardano tre ordini di responsabilità inerenti ai professionisti della pubblicità. ● Responsabilità nei confronti del committente ● Responsabilità nei confronti del contenuto del messaggio ● Responsabilità nei confronti dei modelli di comportamento e dei valori riconosciuti dalla morale comune ETICA DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE La comunicazione pubblica è lo strumento per la costruzione ed il funzionamento delle società democratiche. La sua funzione essenziale è fornire ai cittadini le condizioni adeguate per l’esercizio dei propri diritti e la partecipazione attiva alla vita pubblica: consentire ai cittadini di essere informati per diventare consapevoli delle proprie possibilità e del proprio ruolo. La comunicazione pubblica come leva del cambiamento dei processi lavorativi, della cultura, dell’organizzazione sociale, nonché dell’identità stessa degli enti pubblici. La comunicazione pubblica come leva per modificare il rapporto tra cittadini e Stato. Assicurando le corrette condizioni per l’esercizio dei propri diritti, i cittadini corrispondono mediante una partecipazione attiva nella cosa pubblica. Comunicazione realizzata da una pubblica amministrazione che, utilizzando tutti i media a disposizione, si prodiga nella diffusione a diversi segmenti di pubblico di informazioni riguardanti: ● la produzione normativa; 31 ● le attività svolte dall’amministrazione pubblica; ● le funzioni caratteristiche di tale amministrazione; ● l’identità e il punto di vista dell’ente pubblico sul settore di competenza. Scopi: ● garantire il diritto all’informazione per la cittadinanza; ● costruire o rafforzare l’identità dell’ente pubblico; ● offrire ai cittadini la possibilità di esprimere attivamente e in maniera sostanziale i propri diritti per giungere alla determinazione di una modalità di amministrazione maggiormente “condivisa” (→comunicazione come communicatio: “fare comunità”); ● promuovere un cambiamento nella cultura della pubblica amministrazione. Rilevante la funzione di servizio che la comunicazione pubblica assolve nell’economia delle società democratiche contemporanee, nelle quali i cittadini attingono le informazioni da fonti di natura diversa. Questa tendenza mostra chiaramente il rischio che espone le società democratiche al rischio di disinformazione. In Italia, l’affermazione dell’idea del diritto all’informazione è stato il risultato di un lento processo di adeguazione dell’apparato normativo alle trasformazioni della società contemporanea. Lo Statuto della Regione Toscana è importante per due motivi: ● riconosce esplicitamente il diritto del cittadino all’informazione, al fine di svolgere rettamente le sue funzioni sociali e politiche; ● parallelamente, assegna all’amministrazione pubblica il dovere di attivarsi affinché tale diritto sia garantito ai cittadini, in quanto conforme agli scopi dell’amministrazione stessa. Se, all’inizio, le esigenze comunicative delle pubbliche amministrazioni furono affidate a figure professionali con formazione giornalistica, più vicine alla figura dell’addetto stampa, presto matura la consapevolezza che, per costruire un’amministrazione più “trasparente”, dove la comunicazione va oltre l’informazione e consiste nella creazione di relazioni, nella capacità di ascoltare i cittadini, di progettare e sovrintendere nuove campagne informative, è indispensabile la formazione di nuove figure professionali. Vengono definite per legge le finalità della comunicazione pubblica, tra cui: ● diffusione delle disposizioni normative; 32 questi vanno elaborati. Tra i problemi legati all’uso delle fonti (principale garanzia contro la distorsione dei fatti) si segnalano: ● l’accessibilità; ● la verifica ● l’assenza di manipolazione Sull’uso delle fonti si determina la professionalità, l’attendibilità e la credibilità non solo del singolo giornalista, ma del giornalismo come tale. DIRITTO DI CRONACA: È il diritto di divulgare e pubblicare le informazioni relative a fatti di interesse pubblico. Può essere interpretato in due modi: ● individualistico ● funzionalistico Il diritto presenta limitazioni ben precise: ● la tutela dell’onore dell’individuo (per il quale è previsto il diritto alla rettifica), ● la tutela della privacy, ● il segreto di Stato. DIRITTO DI REPLICA: Diritto alla pubblicazione (gratuita), da parte di un giornale, di dichiarazioni o rettifiche relative a notizie o immagini che su quel giornale sono apparse e il soggetto direttamente coinvolto consideri lesive della propria dignità o non corrispondenti ai fatti. DIRITTO ALL’INFORMAZIONE: Può essere inteso in due modi: ● diritto di essere informati (accento sul ruolo passivo del destinatario) ● diritto di avere accesso alle informazioni (accento sul ruolo attivo del destinatario) DIRITTO ALLA PRIVACY: Diritto di ogni persona ad esercitare un controllo sulla circolazione delle informazioni che la riguardano. Si articola in: ● diritto di sapere che altri stanno ricercando informazioni su di noi e le finalità di queste ricerche. ● diritto di decidere se dare o negare il consenso all’uso di queste informazioni. Il giornalista non può mai divulgare informazioni “sensibili”. 35 L’eccezione a questa regola si ha se la diffusione di quelle informazioni è essenziale per la costruzione della notizia, a patto che sia di interesse pubblico. DOVERE DI CRONACA: discende direttamente dalla funzione del giornalista: quella di “mediatore” tra i suoi destinatari e la loro relazione con il mondo. Dovere di cronaca è il dovere di fornire ai destinatari chiavi di lettura che consentano loro di potersi muovere con consapevolezza nel mondo che li circonda. Il dovere di cronaca riguarda il modo di dare le notizie. Obbligo del rispetto della verità sostanziale dei fatti. Metodo di lavoro del giornalista: 1. non aggiungere fatti inesistenti a quelli narrati. 2. non ingannare il lettore. 3. essere il più possibile trasparenti riguardo alle proprie scelte metodologiche e motivarle 4. riferire le informazioni relative al proprio lavoro di accertamento delle fonti 5. essere umili: ammettere eventuali lacune. Carta di Treviso: I giornalisti si impegnano alla tutela del minore come persona in divenire, prevalendo su tutto il suo interesse a un regolare processo di maturazione che potrebbe essere ostacolato dalla diffusione di dati sensibili. Il giornalista rispetta la dignità di una determinata persona, il diritto alla riservatezza e al decoro personale, specie nei casi di malattie gravi o terminali, e si astiene dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico. Il giornalista è responsabile verso i suoi destinatari sotto più profili. Vediamone alcuni: ● Responsabilità nel fare una narrazione il più possibile veritiera, esaustiva, chiara. ● Responsabilità riguardo alla visibilità delle persone coinvolte nei fatti narrati. ● Responsabilità nella scelta (=selezione) delle fonti Carta dei doveri del giornalista: il giornalismo italiano si organizzò presentando una propria autoregolamentazione a garanzia della tutela dei diritti dei cittadini, ma salvaguardando la libertà di informazione. LE CINQUE REGOLE DELL ETHICAL JOURNALISM NETWORK  36 1. VERITÀ E ACCURATEZZA, i giornalisti non possono sempre garantire la verità, ma la correttezza dei fatti è il principio cardine del giornalismo 2. INDIPENDENZA, i giornalisti non devono agire per conto di interessi particolari  3. EQUITÀ E IMPARZIALITÀ, la maggior parte delle storie ha almeno due lati 4. RESPONSABILITÀ, un segno di professionalità è la capacità di considerarsi responsabile quando si fanno errori 5. UMANITÀ, i giornalisti non dovrebbero fare del male, si dovrebbe essere consapevoli dell'impatto delle parole sulla vita degli altri. ETICA E COMUNICAZIONE BIOMEDICA La comunicazione biomedica si caratterizza per il fatto che non dipende dall’uso di strumenti mass-mediatici. La comunicazione biomedica ha a che fare con la relazione medico-paziente individua quindi una forma di comunicazione diretta, non mediata. Una comunicazione medico-paziente basata sul modello informazionale semplice rischia di replicare forme di comunicazione di tipo gerarchico, nelle quali l’emittente del messaggio esercita un eccessivo potere nei confronti del destinatario, al quale viene conseguentemente sottratta autonomia decisionale. Lo scopo della comunicazione biomedica è quello di fornire ai pazienti, in quanto persone, elementi e strumenti per poter prendere decisioni consapevoli, nel rispetto della loro autonomia, favorendo un processo di co-responsabilizzazione tra medico e paziente nel trattamento della malattia. Principio etico generale secondo cui: “buona” comunicazione è quella che si preoccupa di garantire ai potenziali interlocutori le condizioni necessarie richieste affinché possano, con consapevolezza e responsabilità, esercitare la propria libertà. Tra gli scopi della comunicazione biomedica trova un posto centrale il concetto di cura, che può essere inteso in due modi: ● “prendersi cura”, prestare attenzione e sollecitazione nei confronti del paziente, anche rispetto a quelli che sono i suoi bisogni e i suoi desideri. ● “curare”, in quanto rimozione della malattia. L’obiettivo della scienza medica diventa ora la lotta alla malattia: il medico si confronta direttamente con la malattia; le esigenze del paziente passano in secondo piano, diventa un “attore passivo” nel corso della terapia. Ethics of Care (Carol Gilligan), i cui assunti sono: 37 L’atteggiamento interculturale avviene quando gli interlocutori provengono da contesti culturali diversi. Si devono trattare le differenze. Si devono risolvere i problemi dei migranti. Si passa da assimilazione a integrazione. L'atteggiamento assimilazionistico avviene quando lo straniero deve adattarsi alla cultura del territorio. Integrazione: interazione tra noi e loro, confronto tra differenze per arricchirsi. La comunità morale vuole eliminare le discriminazioni. Inclusione: i confini aperti a stranieri che vogliono rimanere. Agenda 2030: vuole cercare di ridurre le ineguaglianze tra nazioni. Serie di obiettivi da realizzare entro il 2030. Bisogna modificare gli stereotipi a livello individuale e sociale. ETICA DEI MEDIA E AUDIOVISIVO La comunicazione è modellata da diversi fattori tra i quali la posizione e il ruolo delle persone nella società e ciò che esse pensano sia etico. Le forme e le funzioni sono diverse da cultura a cultura, per tanto per comprendere le sottigliezze della comunicazione è importante che queste sia tenuta in considerazione. Per quanto riguarda l'indagine etica sul ruolo dei media esistono 2 teorie:  TEORIA NORMATIVA, interessate a definire il funzionamento dei media se si raggiungessero certi valori   TEORIA IMPLICITA, cercano di costruire un modello per spiegare i fenomeni non ancora compresi.  CANONE DELLA FORMAZIONE PURA, precisa conoscenza generale di ciò che dovrebbe essere con regole di condotta e direttive in forma universale. In questa prospettiva lo strumento dell’astrazione pone al riparo da fonte di errori evidenti. Il canone della formalizzazione deve essere sottoposto a critica anche se rappresenta il modello di riferimento. INEVITABILITÀ DI UNA EPISTEMOLOGIA MORALE  La via indicata dal canone della formazione pura non è priva di rischi. Uno dei problemi è quello di confondere neutralità della norma e formalizzazione.  L'uomo nasce dalla combinazione di fatticità (potenziale della persona) e attualità delle scelte della persona (come è la persona). Le teorie universalistiche della tradizione occidentali sono sostituzionalistiche e risulta necessaria la creazione di un modello diverso, ovvero l'UNIVERSALISMO INTERATTIVO che riconosce la pluralità dei modi degli uomini e le differenze tra essi. Un altro rischio del canone della formalizzazione pura riguarda l'attribuzione di residualità ai contenti dove le norme vanno applicate dopo essere state messe a punto (top-down). Come conseguenza i contesti e le pratiche non hanno più un ruolo subordinato nell'ambito della definizione di teorie e le esperienze diventano centrali. 40 Il declassamento del canone della formalizzazione pura a modello moltiplica le questioni da risolvere. Il C.D.F.P trascura l'efficacia delle norme, che a volte viene ricondotto all'utile. Per principio normativo si intende come dovrebbero essere i media e cosa ci si aspetta da loro. I principi nascono nel contesto politico, storico, economico e culturale. Teoria e pratica sono complementari e non possono essere separate, ciò avviene nella frammentazione del sapere dove la parte è slegata al tutto.  DALLA METAMORFOSI DEL GATEKEEPING EDITORIALE ALLA PROSPETTIVA COMPARATA Il problema del C.D.F.P crea da un lato la perdita della sua connotazione, dell'altro legittima l'ascolto delle dinamiche in atto.  In una prospettiva comparata lo studio dei media mostra una metamorfosi del tradizionale GATEKEEPING EDITORIALE che illustra il lavoro dei diversi attori in grado di stabilire rilevanza e notiziabilità.  Per stabilire l’importanza di una notizia vi sono 4 fattori: posizione gerarchica dai coinvolti, numero di essi, impatto sulla nazione, sviluppi futuri.  Sulla rilevanza influiscono fattori di potere pressioni e interessi, questi intervengono sulla codifica dei messaggi, e sulla loro diffusione. Nello studio dei media si tengono conto i condizionamenti riconducibili al linguaggio, ai dispositivi di trasmissione usati, al processo di selezione delle notizie, ma il principale è la connettività.  Sono oggi in atto trasformazioni che, se prese in considerazione, rendono decontestualizzato e senza senso lo studio dei media. Diventa difficile creare un modello normativo mentre si moltiplicano e sviluppano i sistemi di distribuzione. La centralità del canone occidentale è oggi superata. Vi sono delle differenze tra prospettiva orientale e occidentale.  P. OR enfatizza l'altruismo e la sottomissione all'autorità, P.OC enfatizza l'autorealizzazione e la sottomissione delle risorse umane e naturali al controllo individuale.  P.OR enfatizza il rituale per trasformare il pregiudizio, P.OC enfatizza l'autoanalisi.  P.OR motiva l'azione umana attraverso la partecipazione ad una struttura istituzionale collettiva, P.OC motiva l'azione umana attraverso l'autorealizzazione politica e sociale METABOLIZZAZIONE LENTA, i comportamenti individuali vanno interpretati tenendo conto di molti fattori DINAMICITÀ, gli eventi che si vivono hanno una dinamicità che esce dalle classiche griglie interpretative Questi due elementi non permettono una rappresentazione oggettiva del reale. SVOLTA DEMOTICA, PREGIUDIZIO DI AFFIDABILITÀ E DEEPFAKE  Oggi la digitalizzazione consente l'accesso ai contenuti digitali a chiunque abbia un dispositivo. Questa situazione crea una svolta nel modo di definire l'uomo in base al suo rapporto con la conoscenza.  41 Si assiste all'avanzamento di un quarto stato, ovvero una massa di utenti che si ritiene legittimata a fare uso della conoscenza in digitale indipendentemente dal livello di formazione dal possesso di device.  Si passa da una logica di comunicazione one-to-many a una logica many-to-many, si può parlare di SVOLTA DEMOTICA che si riferisce alla nuova visibilità della persona comune. Vi è una connessione tra svolta demotica e oggettività dei media. Nel pubblico esiste un PREGIUDIZIO DI AFFIDABILITÀ per cui il contenuto della foto è ritenuto vero ancora primo di verificare con gli occhi, esiste indipendentemente dal medium ed è estirpabile solo attraverso il GIUDIZIO PONDERATO. Oggi esiste il fenomeno del DEEPFAKE ovvero la creazione di immagine attraverso l'intelligenza artificiale che crea una perfetta sovrapposizione tra vero e falso. CONCLUSIONE. TRASFORMARE IL DESTINO DEI DISPERSI La parzialità dei media deriva dall' adozione di un sistema rappresentativo fallace per cui le entità rimangono invisibili. Per seguire un percorso sempre più globale è necessario smettere di ideologizzare i canoni per poterne valutare la plausibilità. ETICA DELLA TELEVISIONE: nel giornalismo l'immagine della realtà non coincide con la realtà stessa. La televisione è capace di creare verosimiglianza, di aprire nuovi mondi rappresentati sotto forma di immagini che diventano modelli e si rivelano capaci di ricreare la realtà stessa. Nella tv realtà e finzione si confondono e tutto diventa vero. L'immagine che si presume corrisponda alla realtà è invece costruita. Chiunque è coinvolto nei processi della tv si trova ad avere la sua parte di responsabilità. L'etica della tv per quanto riguarda lo spettatore potrebbe essere ridotta alla scelta di determinati programmi ma nel mondo della spettacolarizzazione ogni scelta rischia di essere indifferente. L'etica della comunicazione televisiva deve confrontarsi con questa indifferenza prevenendo che la tv venga spenta. 42
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