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Appunti completi Pedagogia delle attività motorie e sportive, Appunti di Pedagogia

Documento contenente appunti presi alla perfezione durante le lezioni della prof. Simonetti, rielaborati e integrati con studio di articoli e libri di testo consigliati per lo svolgimento dell'esame. Appunti chiari ed esaurienti su tutto il programma tenuto dalla professoressa per la preparazione dell'esame.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 07/11/2022

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Scarica Appunti completi Pedagogia delle attività motorie e sportive e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! PEDAGOGIA 1) PIRAMIDE DEI BISOGNI DI MASLOW Nel 1954 lo psicologo Abraham Maslow pubblicò un modello motivazionale dello sviluppo umano basato su una gerarchia di bisogni, disposti a piramide, in base alla quale la soddisfazione dei bisogni più elementari è condizione necessaria per fare emergere quelli di ordine superiore. Nella piramide di Maslow, quando un bisogno di livello più basso viene soddisfatto, esso cessa di rappresentare una spinta all’azione, conducendo il soggetto alla soddisfazione di un bisogno successivo. A partire dalla base verso l’apice della piramide si osservano: i bisogni primari, i bisogni sociali, i bisogni secondari (o del sé). BISOGNI PRIMARI 1. i bisogni fisiologici (respirazione, alimentazione, riproduzione, sonno, omeostasi): sono connessi alla sopravvivenza fisica del soggetto ed hanno soddisfazione prioritaria, a causa dell’istinto di autoconservazione che orienta le azioni umane al mantenimento delle condizioni fisiologiche ed alla riproduzione, 2. i bisogni di sicurezza (fisica, occupazionale, familiare, salutare, finanziaria): sono connessi alla necessità dell’essere umano di trascorrere la propria esistenza in un ambiente di vita protetto e tranquillo, al riparo da rischi e pericoli che minacciano la propria condizione. I bisogni di sicurezza coinvolgono diverse sfere esistenziali (fisica, occupazionale, familiare, salutare, finanziaria) ed animano le scelte e le azioni della persona verso la configurazione di una posizione sicura ed il più possibile priva di perturbazioni, BISOGNI SOCIALI I bisogni sociali figurano tra i bisogni primari e secondari. La socializzazione, infatti, è: - primaria, ossia naturale e innata. L’uomo è un animale sociale (aristotele) capace di unirsi in gruppo e di costituire una società, all’interno della quale può realizzarsi e perseguire i propri obiettivi, - secondaria, in quanto educata ed educabile. Nei bisogni sociali si distinguono: 3. i bisogni di appartenenza (amicizia, affetto familiare, intimità sessuale): sono connessi alla necessità del soggetto di godere di relazioni sociali e interpersonali di valore e di aspirare ad essere un elemento della comunità. Il vivere correttamente la socialità permette agli esseri umani di non sentirsi sradicati, ma di appartenere a qualcosa sulla quale è possibile poter contare in qualsiasi momento, 4. i bisogni di stima (autostima, autocontrollo, realizzazione, rispetto reciproco): sono connessi all’esigenza della persona di costruire un’immagine di sé positiva e implicano la ricerca di considerazione da parte degli altri e di sé stessi. La conquista della stima altrui influenza la formazione e lo sviluppo dell’autostima. Per autostima si intende l’accettazione delle proprie potenzialità e dei propri limiti e l’azione risoluta nei confronti delle critiche, senza danneggiare o prevaricare sull’altro imponendo la propria personalità. BISOGNI SECONDARI (o bisogni del sé) 5. i bisogni di autorealizzazione (moralità, creatività, spontaneità, accettazione, assenza di pregiudizi): si riferiscono al compimento del potenziale della persona, perseguito attraverso la ricerca di crescita personale e di esperienze di picco. L’appagamento dei bisogni di autorealizzazione non conclude la progressione della piramide, la quale presenta un apice “circolare e continuo”, in cui si apprezza sempre l’emergenza di un bisogno inedito e più ambizioso da soddisfare. 2) ADULTO La socializzazione, che nella piramide di Maslow rappresentava motivo della transizione dai bisogni primari a quelli secondari, è una delle tre qualità che qualificano il soggetto come adulto. E’ adulto, infatti, colui che: ha generatività: il termine "generatività" (introdotto dallo psicologo Erickson nel 1950) concerne la produzione di conoscenze ed esperienze orientate ed attente al futuro e al ben-Essere dell’altro. L’adulto è generativo in quanto genera idee, motivazioni, valori e propositività, creando e lasciando in eredità nuove fonti di significato e valore, sa prendersi cura: prendersi cura significa comprendere e provvedere ai bisogni e alle necessità di sé stessi e dell’altro, instaurando una relazione empatica sensibile alle emozioni e alle aspettative proprie e altrui. E’ un atto nobile e spontaneo giustificato dal desiderio di ascoltare, supportare e guidare amorevolmente e responsabilmente le scelte di vita dell’altro, sa socializzare: saper socializzare significa intrecciare relazioni sociali genuine, governando le proprie potenzialità e i propri limiti al fine di realizzare una comunicazione empatica con l’altro, che ambisca a “tirar fuori" l’educazione e a sviluppare la sua motivazione. 3) TAPPE DELL’ETÀ EVOLUTIVA Il raggiungimento dell’adultità è consecutivo al superamento di diverse fasi dell’età evolutiva. In particolare, all’interno del discorso pedagogico, sono definibili sette tappe dell’età di crescita, le quali non sottintendono ad età particolari ed ambiscono alla perfettibilità della persona, ossia al suo miglioramento. Esse sono: 3. il rispetto: in quanto il gioco esalta i valori dell’etica e della disciplina, nonché la corretta considerazione di sé stessi, degli altri, dell’ambiente, delle regole e dei ruoli, 4. la socializzazione: in quanto il gioco promuove lo sviluppo delle relazioni sociali e l’interscambio amorevole ed empatico, 5. il superamento delle diversità: in quanto il clima cooperativo ed inclusivo del gioco orienta la persona alla curiosità verso le differenze, intese come opportunità di crescita in grado di produrre sviluppo, cambiamento e conoscenza, 6. il superamento delle difficoltà: in quanto il gioco favorisce lo sviluppo di abilità e competenze di resilienza, ed educa la persona ad affrontare e superare un evento traumatico, o un periodo di difficoltà, nell’attivazione di un cambiamento migliorativo, 7. il superamento dei limiti e il potenziamento delle potenzialità emergenti: in quanto l’attività ludica incoraggia lo sviluppo di potenzialità nascenti, nell’ottica del miglioramento delle prestazioni e dei risultati di gioco. 6) GENITORIALITÀ E SPORT IL GIOCO-SPORT Il gioco-sport è un costrutto ludico-educativo favorevole all’avvicinamento di tutti i ragazzi, anche i meno allenati, alla motricità e alla pratica sportiva, sempre nella considerazione degli obiettivi che l’educazione motoria deve perseguire. In particolare, il gioco sport: - è funzionale alle esigenze motorie, - facilita l’avviamento allo sport, - educa alla diversità, - congloba la funzione socializzante e quella educativa, - promuove lo sviluppo delle capacità cognitive e motorie, - promuove lo sviluppo degli aspetti emotivi e creativi della persona. IL FAIR PLAY Il gioco corretto (fair play) incorpora i concetti di amicizia, di spirito sportivo, di rispetto di sé, degli altri, delle regole e dell’ambiente, e non rappresenta semplicemente un modo di comportarsi, ma un modo di pensare. Comprende la lotta contro l’imbroglio, il doping, la violenza, lo sfruttamento e la diseguaglianza delle opportunità. Lo sport rappresenta la scuola che naturalmente educa al fair play, veicolando lo sviluppo di valori, quali il rispetto e la sportività, che non si limitano alla pratica sportiva ma abbracciano tutti i contesti esistenziali del soggetto. IL RUOLO DEL GENITORE NELLA PRATICA SPORTIVA L’Art. 2 della Carta Europea dello Sport definisce l’attività sportiva come “qualsiasi forma di attività fisica svolta intenzionalmente che, attraverso una partecipazione organizzata o meno, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica del soggetto, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”. Tutto ciò origina e procede attraverso la figura genitoriale, che deve saper essere una risorsa e non un ostacolo all’esperienza sportiva del proprio figlio (il genitore, dunque deve aver ben interiorizzato la genitorialità). GENITORIALITÀ (O PARENTING) Quest’ultima non descrive la semplice sussistenza della relazione biologica genitore-figlio, ma allude al processo di sostegno dello sviluppo fisico, emotivo, sociale e intellettuale della persona attivato e promosso dalla figura genitoriale. La caratteristica più importante dell’essere genitori è quella di fornire una “base sicura” da cui il bambino o l’adolescente possa iniziare l’esplorazione del mondo esterno e a cui possa far riferimento in qualunque momento, con la certezza di: - ricevere nutrimento fisico ed emotivo, - essere confortato se triste, - essere rassicurato se spaventato. I caretakers (custodi primari) eseguono una serie di comportamenti finalizzati alla costruzione di autonomia e responsabilità nel figlio, al fine di permettergli di “funzionare con successo nella società di appartenenza”. La genitorialità si lega allo sport quando trasmette con successo ruoli, valori, stili di vita sani, corretti e attivi. LE FUNZIONI GENITORIALI Affrontando l’analisi del parenting è possibile desumere una varietà di funzioni genitoriali, quali: 1. Funzione protettiva: è la capacità di offrire cura, accudimento e protezione fisica al figlio, 2. Funzione affettiva: è la capacità di entrare in sintonia affettiva con il figlio, senza essere assorbito o inglobato dallo stesso, e senza attendere forzatamente una sua risposta empatica, 3. Funzione regolativa: è la capacità di calibrare i propri stati emotivi e le proprie risposte comportamentali in relazione al contesto (può essere eccessiva, scarsa o inappropriata), 4. Funzione normativa: è la capacità di imporre l’osservanza di regole e norme comportamentali, 5. Funzione predittiva: è la capacità di prevedere il raggiungimento della tappa evolutiva imminente, 6. Funzione rappresentativa: è la capacità di modificare le proprie rappresentazioni (il modo di relazionarsi) in base alla crescita del bambino, 7. Funzione significante: è la capacità di dare senso e significato ai bisogni del bambino, nonché alle sue espressioni e ai suoi gesti apparentemente casuali, 8. Funzione fantasmatica: è la capacità di immaginare fantasie infantili, costituite da fantasmi consci e preconsci, che hanno la funzione di fondare l’essere e costituirne l’identità (non deve essere troppo utopica), 9. Funzione proiettiva: è la capacità di orientare il figlio verso il raggiungimento di traguardi o desideri personali, 10. Funzione triadica: è la capacità di stipulare un’alleanza genitoriale cooperativa, che preveda sostegno reciproco, autonomia d’azione e una relazione empatica reciproca con il figlio, 11. Funzione differenziale: è la capacità, del padre e della madre, di esprimere il proprio ruolo di genitore in maniera differente e non confusa, 12. Funzione transgenerazionale: è la capacità di inserire il figlio nella storia della propria famiglia (e rappresenta il continuum generazionale dove si inserisce la nascita). GLI STILI EDUCATIVI GENITORIALI Gli stili educativi genitoriali riassumono le modalità e i comportamenti (espressi in maniera esplicita o implicita) attraverso cui il genitore risponde ai bisogni e alle richieste educative ed affettive del figlio. Essi sono influenzati: - dalla propria personalità, - dai comportamenti che ci si aspetterebbe di vedere nei propri genitori da bambini, - da ciò che si è imparato nel tempo circa il ruolo di genitore. Gli stili educativi genitoriali si organizzano in due livelli, quali: 1. il livello di controllo: è caratterizzato dalla tendenza di amministrare ed indirizzare il figlio verso la propria idea di integrazione familiare e sociale, e presenta: - lo stile autoritario: in cui il genitore, direttivo ed esigente, impone il rispetto assoluto delle regole ed ignora i bisogni e le richieste avanzate dal figlio, 2. il livello di supporto: che, invece, presenta: - lo stile Autorevole: in cui il genitore esporta aiuto e affettività e istituisce regole senza ricorrere a modalità punitive, ma ascolta i bisogni del figlio e lo guida verso l’autonomia, ossia verso l’esercizio costante di autogoverno e di responsabilità. Affinché l’azione genitoriale possa realizzarsi nella maniera più organica ed efficace possibile, è necessario che si stabilisca un equilibrio tra i due livelli. Al di fuori del livello di controllo e di supporto figurano: - lo stile permissivo: in cui il genitore minimizza il controllo sul comportamento del figlio, non indicandogli un modello disciplinare da seguire, ma guidandolo verso la piena libertà d’azione, ossia verso l’esercizio irresponsabile e disinteressato della 4. la sfera sociale, dunque: il rispetto delle regole e degli altri, la collaborazione, l’integrazione e l’inclusione, 5. la sfera educativa, dunque: l’adozione di stili di vita sani, corretti e attivi, la scoperta delle proprie potenzialità e dei propri limiti, la persecuzione di un continuo miglioramento di sé stessi (migliorabilità), il rispetto delle diversità. 6) (LO SPORT EDUCA ALLE ) DIVERSITÀ La diversità è una caratteristica essenziale della condizione umana. Nel proprio ambiente di vita ciascuna persona esibisce delle diversità, rilevabili sia sotto il profilo delle caratteristiche personali, che sotto il profilo delle connotazioni culturali, etniche, religiose ecc… Ogni soggetto costituisce un’identità culturale a sé stante, per via delle sintesi uniche e inedite del rapporto tra ambiente e potenzialità. La diversità è, per il genere umano, necessaria quanto la biodiversità per qualsiasi forma di vita. La sua più grande minaccia è indubbiamente la sua trasfigurazione in disuguaglianza, e quindi in motivo di emarginazione sociale. Nel considerare la diversità, è necessario esordire con la valutazione delle potenzialità e solo successivamente con la valutazione dei limiti. Solo in tal modo è possibile alludere alla diversità come una forma di ricchezza, che educa ed è educabile: - educa in quanto rafforza la personalità dell’educando, rispettandone l’originalità, senza reprimerla in un modello, - è educabile in quanto è suscettibile al processo educativo, migliorabile, conducibile ad un perfezionamento. In definitiva è possibile affermare che: le persone sono uguali: poiché hanno pari dignità sociale, sono perfettibili ed esercitano la propria autonomia nella stessa misura degli altri. Il principio di eguaglianza è sottolineato: nell’ART. 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani, secondo cui: “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”, nell’ART. 3 della Costituzione, secondo cui: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, razza, religione, condizioni personali e sociali”. le persone sono diverse: in quanto patrimoni unici e originali di valori, ambizioni, potenzialità e limiti, nonchè rappresentanti di particolari circostanze personali, ambientali e sociali (sesso, età, origine, lingua, religione, credenze, opinioni ecc…). La diversità, tuttavia, non deve tradursi in una disparità di trattamento. DIFFERENZA E DIVERSITÀ La differenza è lo strumento per leggere l’alterità secondo un’ottica di possibilità e potenzialità dell’essere. La diversità è l’insieme dei fattori genetici, bio-psicologici, socio-culturali e razziali che non vanno negati, né rimossi, ma accettati per evitare processi di classificazione e gerarchizzazione. Essa educa, non divide ma unisce ed arricchisce le persone. Le uniche diversità attualmente riconosciute sono di natura: - biologica di nascita (sesso maschile o femminile), - psicologica/sessuale (uomo-donna), - sociale (sistema di appartenenza, affettività, accettazione e riconoscimento). DIFFERENZA SESSUALE La differenza sessuale interpreta la diversità dei corpi tra donne e uomini come indicatore della diversità delle visioni del mondo e delle possibilità esistenziali. Secondo tale impostazione, essere “femmina” o “maschio”, condizionerebbe il tragitto di vita di ciascuno secondo itinerari stabiliti dalla “natura”. DIFFERENZA DI GENERE La differenza di genere concerne le modalità attraverso cui la persona si autopercepisce a livello interiore (che non sempre corrisponde al sesso biologico assegnato alla nascita). In tal senso, è importante che ciascuno viva il suo nascere femmina o maschio in maniera altamente personale, negoziando con gli altri e con la società. EDUCAZIONE DI GENERE L’educazione di genere concerne l’insieme dei comportamenti (volontari o involontari) attraverso i quali i docenti affrontano la differenza sessuale. Essa educa i giovani al rispetto reciproco delle peculiarità mediante lo scoraggiamento di stereotipi pericolosi (quali asimmetrie di genere, legittimazione del dominio del sesso maschile su quello femminile ecc…). PEDAGOGIA DI GENERE La pedagogia di genere è la riflessione sull’educazione di genere nei processi formativi, che ambisce all’elusione degli stereotipi di genere attraverso: - la rilevazione dei modelli impliciti di bambine e bambini a cui fanno riferimento insegnanti, educatrici e famiglie, - il confronto tra l’educazione di genere contemporanea e quella tradizionale e l’apertura alle nuove acquisizioni sul genere. LE DIFFERENZE DI GENERE NELLO SPORT Per sport si intende qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o meno, abbia per obiettivo l’espressione e il miglioramento della condizione fisica e mentale, con la promozione della socializzazione e/o con il perseguimento di risultati in competizioni a tutti i livelli. Col passare del tempo si è assistiti alla transizione dallo sport tradizionale allo sport moderno. In particolare: - lo sport tradizionale: era l’attività con caratteristiche omogenee ed autonome che tendeva alla competizione o al raggiungimento di un obiettivo, limitata ai pochi appartenenti alla classe medio-alta, e praticata prevalentemente da giovani (prima degli adulti) e da uomini (prima delle donne), - lo sport moderno: è l’attività che influenza positivamente tutti i contesti esistenziali della persona, impegnata socialmente e politicamente nella garanzia delle stesse opportunità a tutti i cittadini (nel 2000, la dichiarazione di Nizza riconosce lo sport come “nuovo diritto di cittadinanza”, evidenziandone le sue caratteristiche transnazionali). La visione contemporanea, invece, considera lo sport come un sistema aperto, all’interno di una prospettiva poliedrica. LO SPORT E’ DAVVERO LUOGO DI PARI OPPORTUNITÀ? Lo sport è tradizionalmente un settore dominato dagli uomini, soprattutto a causa delle concezioni sociali di femminilità e mascolinità, che spesso associano la pratica sportiva a caratteristiche “maschili”, quali la forza fisica, la resistenza, la velocità e lo spirito combattivo. Gli stereotipi di genere, tuttavia, minacciano la partecipazione femminile anche all’interno delle organizzazioni sportive che presiedono ai processi decisionali. ALCUNE EVIDENZE - le donne sono sottorappresentate negli organi decisionali delle istituzioni sportive, a livello locale, nazionale, europeo e mondiale (nel 2015 solo il 14%), - si stima che le allenatrici in Europa non superino il 20-30% (sulla base dei dati degli stati membri dell’UE), - la figura delle allenatrici è molto più comune nelle discipline che vedono una forte componente femminile nella pratica sportiva (es. danza, ginnastica ed equitazione), - i media, generalmente, eclissano i risultati ottenuti dalle donne nello sport, dando risalto alla femminilità e all’attrazione sessuale invece che alla forza e alle capacità, - la figura della donna è sottorappresentata anche nel giornalismo sportivo (alle Olimpiadi del 2012, ad esempio, le donne erano solo il 15% dei giornalisti e dei fotografi). 8) MOTIVAZIONE La persona, dunque, definisce i propri obiettivi autonomamente e si impegna attivamente per il loro raggiungimento, realizzando il completamento del significato di motivazione. Il concetto di motivazione afferisce a tutti quegli elementi che suscitano, mantengono e dirigono il comportamento di una persona verso un determinato obiettivo desiderato. La motivazione è un elemento presente naturalmente nell’uomo, che trascura distinzioni di sesso, razza ed età, ed influisce: - sulla direzione: ossia sulla meta a cui è indirizzata l’azione, - sull’intensità: ossia sull’impegno e sullo sforzo dimostrati nel perseguimento di un determinato obiettivo. La motivazione può essere: - intrinseca: quando guidata da ricompense interne, autonome e autodeterminate, e dal piacere e dalla voglia di mettersi in gioco, - estrinseca: quando guidata da ricompense esterne (premi, remunerazioni, elogi, lodi), determinate dall’ambiente di frequentazione. La motivazione intrinseca e quella estrinseca contribuiscono entrambi ad influenzare le scelte della persona, le quali ricercano sia il riconoscimento personale che quello sociale. La motivazione, in particolare, si rifà al MODELLO TARGET (sviluppato da Treasure nel 2001): Task: compito, Authority: presa di decisione, Recognition: riconoscimento, Grouping: relazione, Evaluation: valutazione, Time: tempo (fisico e psicologico). 9) LIFE SKILLS Affinché una persona possa concludere con successo il raggiungimento di un traguardo è necessario che si combini la motivazione con l’organizzazione opportuna delle proprie abilità in relazione al contesto di riferimento. Si parla, in tal senso, di Life Skills e di Skills For Life (abilità di vita e per la vita) in relazione al repertorio di abilità (cognitive, emotive e sociali) che permettono alla persona di operare con competenza sia sul piano individuale che su quello sociale, adoperando un comportamento versatile e propositivo nei confronti delle richieste e delle sfide del quotidiano. L’OMS riconosce 10 life skills, classificate in 3 gruppi, quali: 1. abilità di vita emotive: - gestione delle emozioni: gestire le emozioni non significa controllarle, ma utilizzarle lucidamente senza farsi travolgere o trasportare da esse, in modo tale da AGIRE (e non RE-AGIRE) agli stimoli, - gestione dello stress: gestire lo stress significa individuare le cause di tensione che perturbano la propria condizione e trovare strategie che permettano il ritorno (parziale o totale) allo stato di benessere psicofisico iniziale, - consapevolezza del sé: essere consapevoli del proprio io, delle proprie potenzialità e dei propri limiti significa configurare situazioni, scelte, decisioni e comportamenti ascoltando le proprie emozioni e i propri desideri, muovendosi verso la perfettibilità e il raggiungimento dei propri obiettivi. 2. abilità di vita cognitive: - prendere decisioni: saper prendere decisioni presuppone l’attenta valutazione dei diversi scenari d’azione (e delle relative conseguenze) e la preferenza delle opzioni più idonee e convenienti al contesto, nel rispetto di sé stessi, degli altri e dell’ambiente, - risolvere problemi: per problem solving si intende la capacità di organizzare in maniera rapida ed economica le abilità e gli elementi a disposizione, al fine di individuare soluzioni opportune al problema e rispettose di sé stessi, degli altri e dell’ambiente, - pensiero critico: il pensiero critico consiste nel saper analizzare informazioni, situazioni ed esperienze in modo oggettivo, distinguendo la realtà da pregiudizi e impressioni soggettive, al fine di assumere una posizione personale in merito al contenuto del pensiero stesso, - pensiero creativo: essere creativi significa affrontare la risoluzione dei problemi o la creazione di manifestazioni del proprio pensiero sperimentando modalità di elaborazione mentale alternative a quelle comuni, al fine di generare soluzioni ed idee innovative ed efficaci. Più che una dote del carattere, la creatività rappresenta un modo di rapportarsi alla realtà, di concepire e vivere la vita. 3. abilità di vita sociali - relazioni efficaci: costruire, sviluppare e conservare relazioni efficaci presuppone il chiarimento dei bisogni e delle aspettative di ciascuno, la condivisione di emozioni e di esperienze e l’adozione di comportamenti autonomi, che guardino al rispetto di sé stessi e dell’altro. Tutti i partecipanti della relazione efficace godono delle stesse opportunità e non impongono in maniera imperativa un proprio pensiero, ma calibrano scelte e decisioni in assenza di conflitti e indifferenze, - comunicazione efficace: comunicare in maniera efficace significa sapersi esprimere in ogni situazione con qualunque interlocutore, a livello verbale e non verbale, in modo chiaro e coerente con le proprie intenzioni e con il proprio stato d’animo, e possibilmente nella limitazione di interferenze emotive che potrebbero alterare la comprensione del messaggio, - empatia: l’empatia è la capacità di immergersi nel mondo emotivo dell’altro, senza precipitare in esso ma riconoscendo e condividendo pensieri, stati d’animo e comportamenti altrui. E’ una forma molto profonda di comprensione, che potenzia l’affettività e il supporto emotivo e disincentiva la formulazione di pregiudizi e preconcetti. LO SVILUPPO DELLE LIFE SKILLS NELLA PERSONA Una persona, in quanto non perfetta (ma perfettibile), non vanta il completo possesso di tutte le life skills, ma presenta naturalmente alcune abilità più sviluppate di altre. In tal senso, l’obiettivo a cui il soggetto ambisce è l’interiorizzazione, in misura e in maniera ottimale, di tutte le abilità di vita. 10) PEDAGOGIA ED EDUCAZIONE Affinché ciò possa verificarsi, è necessario che si attivi un processo educativo: - della persona (calibrato sul soggetto), - con la persona (condiviso con il soggetto), - per la persona (finalizzato allo sviluppo dell’identità e della personalità del soggetto). La scienza empirica, sperimentabile e dimostrabile, che studia l’educazione dell’essere umano nel suo intero ciclo di vita è la pedagogia. L’EDUCAZIONE L’educazione è un processo, consistente in un insieme di azioni ed atteggiamenti, indirizzato alla trasmissione dei valori morali e culturali ad una persona, allo scopo di formarne l’autostima, l’identità, la personalità e le capacità di comportamento sociale. Il processo educativo esordisce ben prima dello sviluppo delle abilità logico-cognitive della persona (fase adolescenziale), e inizia a dichiararsi ancor prima della nascita, per terminare con gli ultimi giorni della vita della persona umana. In particolare, il termine educazione deriva dalle due definizioni latine: 1. ex ducere ("tirar fuori"): educare significa rafforzare la personalità dell’educando, rispettandone l’originalità, senza reprimerla in un modello, in modo tale da promuovere l’espressione delle potenzialità, dei limiti e delle vulnerabilità del soggetto. Nella loro essenza, infatti, le persone non sono perfette, ma indossano confini fisici e cognitivi, che è importante saper riconoscere e valorizzare, affinchè possano essere colti come presupposti funzionali alla crescita e al miglioramento personale, 2. duco ("condurre"): educare significa accompagnare il raggiungimento di un obiettivo, seguendo un percorso ciclico e bi-direzionale, in cui l’allievo condivide il ruolo di educando con tutte le persone coinvolte nel processo educativo (le quali recitano simultaneamente sia come emittenti che come riceventi). La bi-direzionalità, in definitiva, si rivela essere la chiave principale per il conseguimento di un miglioramento reciproco, in cui traggono beneficio tutti i 13) ALFABETI DELLA PEDAGOGIA La pedagogia, infatti, è una scienza in quanto affronta lo studio e la divulgazione delle idee e dei fatti educativi attraverso un alfabeto teorico ed uno empirico. In particolare: l’ALFABETO TEORICO definisce i fondamenti concettuali su cui poggia la disciplina pedagogica. In esso figurano: 1. l’OGGETTO l’oggetto della riflessione pedagogica è l'educazione dell’essere umano nel suo intero ciclo di vita. Il processo educativo mira a rafforzare la personalità dell’educando, rispettandone l’originalità e valorizzandone le potenzialità, attraverso la configurazione di un percorso indirizzato al continuo miglioramento. 2. il LINGUAGGIO La pedagogia comunica attraverso una varietà di codici comunicativi, organizzati a seconda dell’ambiente e del contesto di riferimento. Si osservano, in particolare: - il linguaggio verbale: riguarda l’uso di simboli convenzionali organizzati in parole, espresse secondo una modalità orale o scritta (e nel rispetto delle regole sintattiche e grammaticali), - il linguaggio non verbale: riguarda l’utilizzo di mimiche facciali, sguardi, gesti e posture in relazione all’interlocutore, ed è difficile da controllare razionalmente, in quanto palesa l’interiorità del soggetto senza l’applicazione di filtri coscienti, - il linguaggio paraverbale: riguarda il modo in cui la comunicazione viene espressa (es. tono, volume e ritmo di voce, risate, silenzio ed altre espressioni sonore). 3. la LOGICA La pedagogia formalizza una triplice dialettica che implica teoria-prassi-teoria, ed aderisce ad un modello logico circolare, che prevede: - l’esposizione teorica, - l’esplicazione (spiegazione) della teoria attraverso l’adempimento pratico, - l’esplicitazione (chiarimento) della prassi attraverso una nuova esposizione teorica. 4. l’IDENTITA’ La pedagogia è la scienza dell’educazione teorico-pratica: - complessa: in quanto rifiuta la semplificazione della molteplicità e delle differenze, - plurale: in quanto aperta a più metodologie interpretative, - unitaria: in quanto si ricolloca all’interno di un quadro generale, quello educativo. 5. la RICERCA la complessità della riflessione pedagogica è supportata: - dalla ricerca culturale e antropologica: concernente l’indagine degli atteggiamenti dell’essere umano nella società, - dalla ricerca psicologica: concernente l’indagine del comportamento umano, nelle componenti consce ed inconsce, e dei processi mentali ed affettivi che lo determinano, - dalla ricerca storica: concernente le evoluzioni cronologiche della scienza pedagogica e dell’idea educativa, - dalla ricerca teorica: concernente il discorso formale. l’ALFABETO EMPIRICO definisce il versante pragmatico del discorso pedagogico e guarda all’intervento, all’azione e alla concretezza dell’esperienza. In esso figurano: 1. lo SVILUPPO Lo sviluppo è un processo discontinuo e mai definitivamente concluso, orientato alla continua conquista di cambiamenti propositivi nell’ambito di uno o più contesti di riferimento. L’essere umano, in quanto essere non finito, insegue assiduamente la perfettibilità, indirizzando la sua intera esistenza verso la configurazione di idee, strategie e percorsi funzionali a tale scopo. 2. il GIOCO Il gioco è un’attività di intrattenimento volontaria condivisa da persone di qualsiasi età in un contesto conviviale e senza discriminazione alcuna, finalizzato al giovamento di un’esperienza di socializzazione, di integrazione, di divertimento, nello sviluppo e nell’esercizio di capacità fisiche, manuali e intellettive. L’attività ludica rappresenta l’elemento cardine di tutte le fasi di vita e accompagna l’esistenza della persona sino alla conclusione dei suoi giorni. La variegata morfologia del gioco, il suo essere contemporaneamente libero e controllato, adattivo e trasgressivo, individuale e di gruppo, offre alla persona una straordinaria ricchezza di sollecitazioni cognitive, emotive e sociali. 3. la DIVERSITA’ La diversità è una caratteristica essenziale della condizione umana. Nel proprio ambiente di vita ciascuna persona esibisce delle diversità, rilevabili sia sotto il profilo delle caratteristiche personali, che sotto il profilo delle connotazioni culturali, etniche, religiose ecc… Ogni soggetto costituisce un’identità culturale a sé stante, per via delle sintesi uniche e inedite del rapporto tra ambiente e potenzialità. La diversità è, per il genere umano, necessaria quanto la biodiversità per qualsiasi forma di vita. La sua più grande minaccia è indubbiamente la sua trasfigurazione in disuguaglianza, e quindi in motivo di emarginazione sociale. Riconoscere, valorizzare e promuovere la diversità significa alludere alla stessa come una forma di ricchezza, che educa ed è educabile: - educa in quanto rafforza la personalità dell’educando, rispettandone l’originalità, senza reprimerla in un modello, - è educabile in quanto è suscettibile al processo educativo, migliorabile, conducibile ad un perfezionamento. In definitiva: - le persone sono uguali (in quanto presentano le stesse occasioni e sono perfettibili), - le persone sono diverse (in quanto godono di differenti potenzialità e limiti). 4. l’AUTONOMIA Essere autonomi non significa operare in maniera libera e disinteressata, nell’assoluta inosservanza di principi e regole, ma concerne la calibrazione delle proprie scelte e delle proprie azioni nel rispetto dell’autonomia altrui e delle regole di convivenza che consentono ad una comunità di esistere e realizzarsi. L’autonomia, pertanto, non eguaglia il significato di libertà, e rappresenta un esercizio costante di autogoverno e di responsabilità. 5. la CREATIVITA’ (crea-attività) La creatività è la capacità di trasformare la realtà attraverso il gioco dinamico di logica e fantasia, ragione e immaginazione. Creatività significa creare nell’attività pratica, modellare gli schemi e le impostazioni pre-esistenti in maniera inedita ed imprevedibile. Il pensiero creativo interpreta e muove la realtà secondo procedure ed intenzioni singolari, esportando composizioni ed armonie sempre nuove ed esclusive. 6. la FORMAZIONE INTELLETTUALE La formazione intellettuale concerne l’aspetto cognitivo della persona, ossia: - la genesi e la rievocazione di idee, - la riflessione sull’ambiente circostante, - l’elaborazione di schemi concettuali per la costruzione e la decostruzione della realtà. 7. la FORMAZIONE ESTETICA La formazione estetica si esprime con la cura degli spazi, dei modi e degli atteggiamenti (come il modo di porsi, di esprimersi e di presentarsi), e si rivela essere un valido strumento contro i rischi dell’alienazione. Essa concerne: - la percezione e la comprensione dei valori estetici, - la produzione autonoma di realizzazioni estetiche. 8. la FORMAZIONE DEL CORPO E DEL MOVIMENTO La formazione del corpo e del movimento concerne la conoscenza della dimensione corporea e delle modalità attraverso cui la stessa può essere impiegata nel tempo e nello spazio in direzione di un’attività fisica, motoria o sportiva. Il movimento svolge un ruolo fondamentale nell’adeguare le azioni al pensiero. Vivere il proprio corpo in maniera consapevole, conoscere e controllare la propria emotività e motricità, sono elementi fondamentali dell’equilibrio della persona nella sua dimensione cognitiva, relazionale ed espressiva. 9. la FORMAZIONE AFFETTIVA E RELAZIONALE L’esigenza affettiva è una istanza che anima la persona sin dalla nascita. L’affettività è definibile come lo spettro di sentimenti ed emozioni (negative e positive) della persona, in dall’insegnante: uno esegue il compito, l’altro fornisce il feedback, l’autoverifica: gli allievi eseguono compiti e si valutano autonomamente, l’inclusione: l’insegnante propone diversi livelli di difficoltà e l’allievo ne seleziona uno. 2. lo stile di Produzione: attribuisce maggiore decisionalità organizzativa ed esecutiva all’allievo, favorendone l’autonomia, la creatività e il coinvolgimento cognitivo ed emotivo. Il passaggio dallo stile di riproduzione a quello di produzione si realizza attraverso la scoperta guidata. In questa fase l’allievo è invitato dall’insegnante a sperimentare nuove varianti esecutive, che dirigono il lavoro (ora autonomo, personale e soggettivo) verso una produzione divergente, in cui egli tenta di eseguire il compito organizzando al meglio le proprie abilità. Si procede, dunque, con un programma individuale, in cui l’insegnante indica solo l’ambito disciplinare e l’allievo svolge in autonomia la maggior parte delle decisioni, e quindi verso l’autoapprendimento, in cui l’allievo decide e l’insegnante accetta le decisioni dell’allievo. 16) IL RUOLO DELL’INSEGNANTE L’insegnante è educatore, è colui che possiede competenze tecnico-disciplinari, psicopedagogiche (ossia attenzione alle aspettative degli allievi), gestionali ed organizzative, e predispone i suoi incontri favorendo la crescita e l’apprendimento dei propri allievi. Affinché possa rappresentare correttamente il suo ruolo, l’insegnante deve: - avere sapere: dunque possedere la conoscenza dei fatti di insegnamento, - saper essere: dunque possedere la motivazione e i presupposti comportamentali funzionali al corretto esercizio del proprio ruolo, - saper fare: dunque proporre un continuo miglioramento della linea di terra (la formazione degli allievi) e della linea di orizzonte (le prospettive degli allievi), - saper divenire: dunque impostare un percorso che ambisca alla perfettibilità. L’INSEGNANTE DI EDUCAZIONE FISICA L’insegnante di educazione fisica è colui che forma persone fisicamente educate, mediante l’attuazione di un processo avente: 1. come linea di terra l’educazione al corpo e al movimento: dunque l’educazione a stili di vita corretti, sani e attivi realizzata attraverso la promozione di comportamenti che guardano alla prevenzione, alla socializzazione e al controllo delle emozioni, 2. come linea d’orizzonte l’educazione del corpo e del movimento: dunque l’educazione delle abilità motorie e del linguaggio del corpo. 17) CORPO E CORPOREITÀ Anche se morfologicamente simili, i termini corpo e corporeità connotano significati diversi. In particolare: - il corpo rappresenta la struttura fisica dell’essere umano, attraverso cui il soggetto trascorre la propria esistenza osservando ed esternando azioni e comportamenti, - la corporeità rappresenta l’esperienza vissuta del proprio corpo. Significa “avere ed essere un corpo”, in quanto è proprio attraverso la dimensione corporea che è possibile raggiungere ogni realtà e dimensione della persona. “Il passaggio dal corpo alla corporeità è reso possibile grazie alla socializzazione” Per quanto concerne le componenti di corpo e corporeità: NEL CORPO FIGURA la fisicità: ossia l’espressione fisica e materiale di sé stessi, dettata da abilità e schemi motori, l’identificazione: ossia la replicazione passiva di un modello senza l’applicazione di elementi innovativi, la simmetria: ossia l’assoluta parità dei posizionamenti, la visione geometrica ed equivalente della realtà, l’uguaglianza Il corpo addestra lo sport, ossia la conoscenza del gesto e della sua esibizione (tutto ciò che è materiale e fine a se stesso). NELLA CORPOREITA’ FIGURA l’identità: ossia la consapevolezza del proprio patrimonio immateriale, costruito sugli apprendimenti e sulle esperienze esistenziali, la personalità: ossia l’imitazione originale e soggettiva, edulcorata dall’elemento creativo, l’asimmetria: ossia la visione poliedrica della realtà, attenta alla ricchezza, alle potenzialità e al valore della persona, la diversità: ossia la completa apertura a nuove idee, opinioni o punti di vista. La corporeità educa allo sport, ossia organizza il processo educativo in maniera funzionale ad un miglioramento globale della persona (che coinvolge tutti i suoi contesti esistenziali). 17) AUTO/ETERO EDUCAZIONE L’educazione è un processo, consistente in un insieme di azioni ed atteggiamenti, indirizzato alla trasmissione dei valori morali e culturali ad una persona, allo scopo di formarne l’autostima, l’identità, la personalità e le capacità di comportamento sociale. Le sorgenti che marcano le esperienze educative di una persona sono rappresentate dalla persona stessa e dall’ambiente esterno. Si parla in tal senso di: - autoeducazione: l’insieme degli atteggiamenti mossi da una persona allo scopo di realizzare in modo mirato e indipendente il proprio potenziale, senza la compartecipazione di altri soggetti, - eteroeducazione: l’insieme degli atti e delle circostanze ambientali estrinseche che influenzano le esperienze educative della persona. L’EDUCAZIONE È AMORE L’educazione è amore, e l’educatore è tale se ama. La dimensione educativa trova significato e giustifica nell’equazione sapere=amare. Educare con amore significa trasmettere affetto, offrire sé stessi e porre particolare attenzione ai momenti dedicati a questo scopo, senza curarsi del tempo necessario per farlo. VOLERE BENE E VOLERE IL BENE Voler bene e amare una persona sono sentimenti apparentemente simili, ma assai diversi tra loro: - Volere bene ad una persona: significa rendere proprio ciò che non appartiene, desiderare qualcosa o qualcuno per completarsi e appagare le proprie necessità, - Volere il bene di una persona: significa desiderare il meglio dell’altro, anche quando le motivazioni sono diverse. È un sentimento che nasce dalla volontà di esportare amore a prescindere da condizionalità e nella lettura genuina delle aspettative e delle intenzioni dell’altro. 17) LIFE LONG EDUCATION & LIFE WIDE LEARNING L’educazione incorpora: - una dimensione longitudinale: che estende il concetto di apprendimento a tutto il periodo di vita, - una dimensione differenziale: che estende il concetto di apprendimento a tutte le sfaccettature della vita, superando i luoghi educativi tradizionali. Si parla, in tal senso, di life-long education e life-wide learning. In particolare: - la life-long education rappresenta il superamento della dimensione temporale ed estende il processo apprensivo a tutto l’arco della vita, durante la quale la persona fruisce e colleziona esperienze di apprendimento, - la life-wide learning, invece, amplifica il concetto di apprendimento a tutti i contesti Pur focalizzando i suoi interventi sull’ambiente, l’ecopedagogia conferisce maggiore priorità alla persona, in quanto principale appartenente e responsabile dell’ambiente in cui vive. Essa studia, insegna ed attua interventi propositivi alla salvaguardia e al corretto impiego delle risorse naturali, al fine di: - educare ad abitare, e non sfruttare, gli ambienti di vita, - progettare una transizione ecologica, ossia un cambiamento che considera l’ambiente, la rete di vita e il pensiero-azione (che collega le tre istanze dell’uomo: biologica, cognitivo-emotiva ed etico-esistenziale). Affinché il sistema possa vivere ed evolvere è necessario operare il continuo rinnovamento delle unità di interazione circolare (life long education). ATTIVITÀ GREEN L’ambiente è un archivio di saperi, testimone di: - una storia biologica-evolutiva, - una storia culturale, - una progettualità ed una intenzionalità educativa. Affinché possa essere valorizzato, conservato e migliorato, è necessario interiorizzare stili di vita e attività eco-consapevoli (come ad esempio gli sport ecologici: corsa, ciclismo, nuoto, green gym e parkour). IL PARKOUR ”L’ARTE DELLO SPOSTAMENTO DA UN PUNTO ALL’ALTRO” Il parkour è la disciplina sportiva consistente nel superamento di un percorso, e di qualsiasi ostacolo presente in esso, utilizzando la strategia motoria più rapida ed efficiente possibile e adattando il proprio corpo all’ambiente circostante (senza l’ausilio di apparecchiature di assistenza). Nata come semplice attività di strada nella Francia dei ’90, questa disciplina ha progressivamente aumentato il suo bacino di utenza, al punto di acquisire l’elemento regolativo e competitivo di un vero e proprio sport. In Italia: - nel 2005: il parkour approda principalmente grazie al web, che favorisce i primi incontri tra i tracciatori (gli atleti di questa disciplina), - nel 2017: il parkour è riconosciuto ufficialmente come disciplina sportiva dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano). Il parkour è uno sport ecologico in quanto: - valorizza la relazione tra persona e ambiente, - promuove consapevolezza e responsabilità ambientale, - educa al rispetto (della natura, dell’ambiente, dell’uomo e degli altri). GLI SPORT DA COMBATTIMENTO Tra gli sport ecologici figurano anche gli sport da combattimento, in quanto rappresentano il giusto compromesso tra esigenza motoria, rispetto delle regole e apprendimento di valori (come giustizia e rispetto). Negli sport da combattimento le competizioni si svolgono entro un ambiente predeterminato e nella piena osservanza dei regolamenti, dell’avversario e dell’ambiente stesso. Contrariamente a ciò che appare, il combattimento, quando e se realizzato secondo queste modalità, educa ed esporta valori trasversali a tutti i contesti esistenziali del soggetto (autocontrollo, lealtà, costanza, socializzazione, lucidità ecc…) IN DEFINITIVA… L’ecopedagogia è il rapporto tra uomo, ambiente e natura in base alle risorse ambientali e personali (life skills), attiva nella promozione: - della responsabilità sociale verso la cura del pianeta, - della legalità, - del fair play, - della diversità. AGENDA 2030 L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto nel 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030, quali: sconfiggere la povertà sconfiggere la fame salute e benessere istruzione di qualità parità di genere acqua e cure per tutta la popolazione, energia pulita, lavoro dignitoso e crescita economica, imprese e innovazione, riduzione delle diseguaglianze, città sostenibili, consumo e produzione responsabili, lotta contro il cambiamento climatico, vita sott’acqua, vita sulla terra, pace, giustizia e istituzioni solide, partnership per gli obiettivi. L’Agenda 2030 mira alla progettazione di un “futuro presente”, in cui ciascuno vive l’attualità in maniera responsabile adoperando stili di vita corretti, sani e attivi (educazione alimentare, educazione ambientale, attività motoria e sportiva) influenzati: - dalla famiglia e dalla società (eteroeducazione), - dal soggetto stesso (autoeducazione). 19) RETI DI APPARTENENZA La reti di appartenenza illustrano le relazioni che coinvolgono la persona nel quotidiano (con altre persone, con oggetti e con campi di interesse), influenzate dall’ambito sociale di appartenenza, rese attraverso un’intensità (forte, altalenante, continua o discontinua) e suscettibili ad evoluzioni con il passare del tempo. 20) IL MOVIMENTO UMANO Il canale principale attraverso cui le persone comunicano e si relazionano con altri soggetti, sin dai primi istanti di vita e ancor prima dell’emergenza del linguaggio verbale, è il movimento. Il movimento umano è un fenomeno particolarmente complesso e difficile da descrivere. Si rivela utile, in tal senso, l’impiego di modelli semplificativi che permettono una visione semplicistica e d’insieme (le possibili combinazioni motorie, infatti, sono pressoché infinite). E’ possibile, tuttavia, distinguere: - la motricità riflessa: è la risposta immediata, priva di elaborazione cosciente e di coinvolgimento volontario, ad uno stimolo esterno (es. allontanamento della mano dalla fonte di calore, chiusura degli occhi in presenza di forte luce), - la motricità volontaria: è la risposta razionale, frutto di un’elaborazione cosciente, ed eseguita in corrispondenza di un maggior livello di attenzione e di energia, in presenza o in assenza di stimoli esterni, - la motricità automatizzata: è l’esecuzione rapida, economica e precisa di un movimento volontario (o di una serie di movimenti volontari), conquistata attraverso l’impostazione ed il superamento di un processo di apprendimento motorio, che prevede l’allenamento e la ripetizione del movimento stesso (es. andare in bici, nuotare, guidare l’auto ecc…). A differenza della motricità volontaria, quella automatizzata si esplica in corrispondenza di bassi livelli di attenzione e di energia. STRUTTURE DEL MOVIMENTO Le strutture del movimento sono: - le Posture: descrivono le relazioni che il solido umano contrae con l’ambiente circostante, - gli Schemi motori analitici: descrivono atti motori segmentari, che coinvolgono solo determinati segmenti corporei e che non implicano la traslocazione del corpo nello 2. Capacità Coordinative Speciali sono costituite dalle capacità di: - combinare i movimenti tra i vari segmenti corporei (es. lanciatore che coordina il movimento degli arti superiori con quelli inferiori), - equilibrio: permette al corpo di conservare nel tempo una determinata posizione in condizioni di stabilità, e può essere statico (quando il corpo è fermo) o dinamico (quando il corpo è in movimento). Minore è la base di appoggio, maggiore è la capacità di equilibrio richiesta, - differenziazione: permette di variare la tensione muscolare a seconda della esigenza motoria, - ritmizzazione: permette di organizzare i tempi e l’intensità dei movimenti per svolgere l’azione nella maniera più fluida ed armoniosa possibile, - reazione: permette di rispondere agli stimoli con l’azione motoria più rapida ed opportuna al contesto, - anticipazione: permette di organizzare una risposta motoria prevedendo il successivo evolversi dell’azione motoria (es.sport di situazione), - fantasia motoria: permette l’adozione di strategie originali ed efficaci per risolvere un problema motorio. 3. Capacità Psicomotorie sono costituite: - dalla strutturazione spazio-temporale, - dalla coordinazione oculo-manuale e oculo-podale, - dalla lateralizzazione, - dalla coordinazione dinamica generale. Lo sviluppo delle capacità coordinative richiede l’assegnazione di compiti motori che prevedano continue variazioni spaziali, temporali e ambientali, nell’ottica di un progressivo aumento della difficoltà. Il periodo più favorevole per lo sviluppo delle capacità coordinative è compreso tra i 7 ed i 12 anni. 21) LA PSICOMOTRICITÀ La psicomotricità è la scienza che studia l’attività motoria finalizzata allo sviluppo e all’equilibrio della vita psichica della persona. La psicomotricità guida il soggetto verso il raggiungimento della consapevolezza del proprio corpo come luogo di coscienza, relazione e valore. STORIA DELLA PSICOMOTRICITÀ Le prime formulazioni sulla psicomotricità risalgono alla seconda metà degli anni ‘20, quando i francesi Wallon e Guilman introducono il concetto di maturazione del bambino (in un’unità psico-biologica e sociale) e considerano l’atto motorio come una funzione non separata dalla psiche, ma profondamente integrata da essa. Col passare del tempo si sono sviluppate diverse correnti di pensiero riguardo il significato del corpo, quali: 1. il dualismo cartesiano: che distingue la res cogitans, ossia la sede dell’anima (da “cogito”, pensare) e la res extensa, ossia la sede del corpo, il quale rappresenta una prigione per l’anima, 2. l’idealismo: che conferisce priorità all’anima e nega il valore della corporeità, considerata come un attributo esteriore dell’anima, 3. il romanticismo (da “Sturm und Drang”, letteralmente “tempesta dei sentimenti”): che non attribuisce alcun significato al corpo e qualifica lo spirito e i sentimenti come gli unici valori dell’uomo. Negli anni successivi al 1900 si superano le teorie del Dualismo cartesiano e si assume consapevolezza circa il rapporto esistente tra la sfera corporea a quella mentale, non di semplice complementarietà bensì di interdipendenza e indissociabilità. In questo nuovo scenario, il movimento: - garantisce l’evoluzione dei processi biologici, - promuove l’acquisizione di nuove conoscenze, - diviene linguaggio per l’espressione di pensieri e bisogni, - potenzia lo sviluppo delle relazioni (con gli altri e con l’ambiente circostante). L’EDUCAZIONE PSICOMOTORIA L’educazione psicomotoria nasce nei primi anni del 900 come terapia per il trattamento dei problemi mentali attraverso il corpo, considerato come entità in grado di influenzare ed essere influenzata dalla mente. Negli stessi anni Winnicott e Le Boulch formulano interessanti ipotesi sul gioco. In particolare: - secondo Winnicott: il gioco spontaneo favorisce un buon sviluppo relazionale, in quanto se il bambino si attiva a giocare spontaneamente significa che il vissuto affettivo gli ha consentito di crearsi una distanza dalla madre, - secondo Le Boulch: il gioco è uno strumento in grado di collegare il mondo interiore con quello esteriore, rivelando verità e frustrazioni del bambino. Il binomio gioco-psicomotricità trova significato e giustifica nella curiosità ludica, intesa come chiave strategica per lo sviluppo e il potenziamento della personalità dell’educando. In tal senso, è fondamentale assegnare compiti motori che considerino la globalità della persona e che contemplino il gioco come l’esperienza principale attorno cui si costruiscono nuovi apprendimenti. L’apprendimento e la memorizzazione fanno parte della vita della persona, e determinano entrambi modificazioni morfologiche e funzionali. E’ stato scientificamente provato che il gioco aumenta la plasticità neurale, ossia il cambiamento della struttura, della funzione e dell’organizzazione dei neuroni in risposta a nuove esperienze. L’APPRENDIMENTO Il concetto di apprendimento è spiegato dai due rami della psicologia attraverso definizioni differenti ed antitetiche. In particolare: 1. la scuola comportamentista: esalta l’apprendimento per “tentativi ed errori” sino al raggiungimento della risposta corretta. La parola chiave in tale processo è il “rinforzo positivo” (ossia il premio del processo di apprendimento), 2. la scuola cognitivista: esalta l’apprendimento basato sulla memoria e sulle aspettative, che esclude la ripetizione per tentativi e promuove una strutturazione percettiva del problema, che viene risolto per intuizione. L’apprendimento è influenzato: 1. dalla significatività: ossia dal conferimento di senso e significato all’apprendimento, 2. dalla distribuzione: ossia dalla ripartizione e dal selezionamento degli apprendimenti, 3. dalla frequenza: ossia dall’intervallo temporale che separa gli apprendimenti, 4. dalla quantità di materiale da apprendere, 5. dal feedback: ossia dalla risposta personale all’apprendimento, 6. dal transfert: ossia dalla trasferibilità dei fatti dell’apprendimento nei vari ambiti. Le fasi che caratterizzano l’apprendimento, invece, sono: 1. la dimostrazione dell’insegnante, che esegue il contenuto dell’apprendimento, 2. la prova dell’allievo, che mostra coordinazione grezza, generica e generale, 3. la ripetizione continua, funzionale alla costruzione della coordinazione fine, specifica e raffinata, 4. la disponibilità variabile, ossia la capacità di attendere alle variabili tattiche ed ambientali e di adattare ad esse l’esecuzione del gesto, 5. la memorizzazione dell’apprendimento nei sistemi di memoria, che codificano, depositano e recuperano le informazioni quando il soggetto ne ha bisogno. I tre sistemi di memoria sono: - la memoria sensoriale: legata alla percezione, - la memoria a breve termine, - la memoria a lungo termine: codificata, depositata e recuperata dopo un lungo periodo di tempo. 22) ATTIVITÀ MOTORIA, SPORT ED EDUCAZIONE FISICA Attività motoria, attività sportiva ed educazione fisica descrivono tre concetti assai differenti tra loro. In particolare: 1. l’attività motoria (o attività fisica), secondo la definizione coniata dall’OMS, è qualsiasi movimento corporeo volontario prodotto dal sistema muscolo scheletrico, che richiede un dispendio energetico superiore a quello in condizioni di riposo, 2. lo sport è l’attività fisica svolta intenzionalmente, sul piano dell’agonismo oppure dell’esercizio individuale o collettivo, sottoposta a regole predeterminate ed improntata ad elementi competitivi, 3. l’educazione fisica: è la branca dell’insegnamento che si propone di migliorare, attraverso l’attività motoria e quella sportiva, lo sviluppo psicofisico e la salute della persona e della società. Essa non si limita ad inseguire la prestazione qualitativa ed efficace, ma ricerca anche lo sviluppo globale della persona e l’adozione di stili di vita corretti, sani e attivi. Lo sport diviene educativo quando permette lo sviluppo delle attitudini motorie della persona in relazione ai suoi aspetti affettivi, cognitivi e sociali. 23) DISABILITÀ E SPORT ADATTATO Nei diversamente abili l’attività motoria e sportiva rappresentano un’occasione unica per lo sviluppo di abilità funzionali nelle aree maggiormente compromesse. DIVERSAMENTE ABILE Il diversamente abile è la persona che presenta minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali di vario grado, e che affronta queste difficoltà coltivando potenzialità, talvolta superiori a quelle della popolazione generale. Egli non è un incapace, ma una persona, uguale e diversa alle altre in quanto patrimonio di valori, di abilità, di capacità e di ambizioni. L'educare è un processo complesso, che richiede un agire intenzionale, formale ed informale, per la costruzione di esperienze formative ed orientamenti di valore. Affinché la pratica sportiva possa risultare generativa di coinvolgimento e interesse, è fondamentale che l’educatore concluda la lezione in maniera tale da garantire all’allievo il ricordo propositivo di un’esperienza di successo. PEDAGOGIA SPECIALE La pedagogia speciale è la branca della pedagogia che interviene in tutte le aree riguardanti la disabilità (cognitiva, motoria e socio-affettiva), con la finalità di accompagnare la persona nel recupero e nell’attivazione delle sue potenzialità, spesso messe in crisi durante il suo sviluppo. Essa affronta i bisogni educativi speciali (BES), ossia l’insieme delle difficoltà evolutive, in ambito educativo e di apprendimento, richiedenti un’educazione speciale finalizzata all’inclusione. ICF L’ICF (la classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute) è un sistema di classificazione della disabilità sviluppato dall’OMS nel 2001, che considera la disabilità come una complessa interazione tra le condizioni di salute e i fattori ambientali e personali. A differenza delle precedenti classificazioni, che descrivevano il diversamente abile ricorrendo a termini quali menomazione, disabilità ed handicap, l’ICF focalizza la sua attenzione sulle potenzialità residue del diversamente abile, introducendo un punto di vista inedito e propositivo, che mette a fuoco le capacità prima dei difetti. VARIAZIONE E VARIABILITÀ DELLA PRATICA Gli obiettivi principali a cui ambisce il processo educativo rivolto al diversamente abile sono la conquista di maggiore autonomia, responsabilità ed intenzionalità educativa, conseguita attraverso la definizione di un percorso educativo che preveda la giusta miscela di variazione e variabilità della pratica. In particolare: - la variazione rappresenta il repertorio di comportamenti motori relativi a ciascun compito motorio, - la variabilità è la capacità di selezionare la strategia motoria migliore per una data circostanza. IL METODO APA (attività fisica adattata) Il termine APA (Adopted Physical Activity) fu introdotto nel 1973 dall’IFAPA in riferimento ad un processo didattico che favorisce la partecipazione e l’espressione delle persone nella pratica motoria e sportiva, tenendo conto delle capacità, delle possibilità, dei ritmi di apprendimento e di pensiero di ciascuno. L’APA affronta le problematiche motorie dei soggetti svantaggiati (disabili, malati o anziani) disegnando prassi adattate ad essi dal punto di vista dell’ambiente (fisico e sociale), delle attrezzature e dei regolamenti. LE MOTIVAZIONI DELL’ATTIVITA’ FISICA Le motivazioni che spingono ad intraprendere un’attività fisica: - mutano nelle varie fasi della vita, - si fondano e si conservano sul desiderio di migliorare la propria estetica o la propria prestazione. AMBIENTE ED INTEGRAZIONE L’integrazione è il processo attraverso il quale il sistema acquista e conserva un’unità strutturale e funzionale, pur mantenendo la differenziazione degli elementi. Quando riferita ai soggetti disabili, essa definisce la partecipazione attiva alla vita quotidiana della società, basata sui valori del rispetto, della comunicazione e della socializzazione. 24) PARALIMPIADI Le manifestazioni multisportive internazionali per atleti con disabilità fisiche e psichiche (deambulatorie, amputazioni, cecità e paralisi cerebrale) sono le Paralimpiadi, organizzate dal Comitato Paralimpico Internazionale parallelamente alle Olimpiadi tradizionali (il nome deriva proprio dalla fusione del prefisso para con la parola olimpiadi). La prima edizione delle Paralimpiadi, disputata a Roma nel 1960, per la prima volta nella storia, teorizza ed applica lo sport inclusivo, testimoniando che, anche nella sussistenza di difficoltà fisiche e psichiche, lo sport unisce e crea un mondo accessibile a chiunque. LUDWIG GUTTMANN L'idea originale dei “giochi paralimpici” risale al 1948, quando il neurochirurgo tedesco Ludwig Guttmann, direttore del centro lesioni spinali di Stoke Mandeville in Inghilterra, nell’anno delle Olimpiadi di Londra, inaugura i primi giochi per persone disabili mielo-lese. I giochi di Stoke Mandeville, come vennero chiamati, assumono carattere internazionale nel 1952, quando vi partecipa anche una delegazione olandese. ANTONIO MAGLIO L’uomo che concretizza lo svolgimento della prima edizione universalmente riconosciuta delle “Paralimpiadi” è l’italiano Antonio Maglio. Quest’ultimo, nato al Cairo nel 1912, trascorre 17 anni in Egitto per poi iscriversi alla facoltà di medicina dell’Università di Bari. Con l’esplosione della Seconda Guerra, nel 1941, Maglio è inviato nei pressi della frontiera italo-jugoslava a dirigere il servizio sanitario al 34esimo reggimento dell’artiglieria Sassari e, per la prima volta, si confronta con i numerosi soldati tornati dal fronte in condizioni disperate (per via di lesioni al midollo spinale). Negli anni successivi il medico si specializza in Neurologia all’Università di Roma, conseguendo parallelamente la promozione a consulente di Neuropsichiatria. Grazie all’aiuto di Stella Calà, sua futura moglie, inaugura nel 1958 “Villa Marina”, una clinica per la cura di persone affette da disabilità. “per Antonio Maglio lo sport non era il fine ma il mezzo per arrivare alla piena integrazione delle persone con disabilità nella famiglia, nel lavoro e nella società” LA GENESI DELLE PARALIMPIADI NEL 1960 Maglio si ispira, sin da subito, all’idea dello sport-terapia di Guttmann, collaborando con lui e confidandogli il desiderio di trasferire i Giochi di Stoke Mandeville a Roma, approfittando dell’appuntamento olimpico del 1960. Due settimane dopo la chiusura delle Olimpiadi (l’8 settembre del 1960) lo stadio dell’Acqua all’educazione ai valori etici, all’impegno e alla responsabilità. 4. il Fair Play: ossia il gioco corretto, che incorpora i concetti di amicizia, di rispetto e di spirito sportivo e non identifica un semplice modo di comportarsi ma un modo di pensare (che comprende la lotta contro l’imbroglio, le astuzie, la violenza, la corruzione, le molestie sessuali, ecc...). 25) IL TALENTO La propensione di una persona ad ottenere prestazioni eccellenti, al di sopra della media, nella pratica di una particolare attività sportiva definisce il talento sportivo. Il suo sviluppo è un processo dinamico ed a lungo termine che, tramite l’allenamento, affina le qualità funzionali al raggiungimento di elevati livelli di prestazione. Il talento sportivo è individuato e coltivato attraverso: - la valutazione dei prerequisiti per poter eccellere, - la scelta del percorso ideale al raggiungimento di prestazioni di massimo livello. L’atleta talentuoso è colui che sulla base di attitudini, disponibilità alla prestazione e opportunità offerte dall’ambiente in cui vive, conquista risultati in gara superiori alla media della sua età. Il talento può essere distinto in: 1. Talento motorio generale: descrive la predisposizione di un soggetto ad eseguire uno o più movimenti inerenti all’attività motoria generica, 2. Talento sportivo: descrive la predisposizione di un soggetto a ben figurare nell’attività motoria improntata ad elementi competitivi, ma dissociata da una specifica disciplina sportiva, 3. Talento sportivo specifico: descrive la predisposizione di un soggetto verso una particolare disciplina sportiva. SVILUPPO DEL TALENTO Lo sviluppo del talento è dipeso principalmente: - dal gruppo famigliare: che, in maniera amorevole ed autorevole, procura modelli volti ad incentivare condotte e valori corretti (sportività, lealtà, correttezza e onestà) e, guardando all’agonismo, si oppone alla sua trasfigurazione in antagonismo. In particolare: l’agonismo rappresenta lo spirito combattivo e l’impegno ragguardevole che l’atleta palesa nel corso di una competizione, l’antagonismo, invece, rappresenta la contesa sportiva scorretta, il sopraffare dell’altro e la mancanza di interesse verso le sue potenzialità, i suoi valori e i suoi limiti, - dall’empatia: ossia dalla capacità di immergersi nel mondo emotivo dell’altro, senza precipitare in esso ma riconoscendo e condividendo pensieri, stati d’animo e comportamenti altrui. È una forma molto profonda di comprensione, che potenzia l’affettività e il supporto emotivo e disincentiva la formulazione di pregiudizi e preconcetti. IL TALENTO E LE LIFE SKILLS Il concetto di talento è strettamente legato alle life skills, in quanto le abilità di vita (cognitive, emotive e sociali) abilitano al comportamento versatile e propositivo nei confronti delle richieste e delle sfide dell’attività sportiva praticata. IL TALENTO È MULTIFATTORIALE Nell’eseguire la pratica sportiva, l’atleta sviluppa: - un livello personale: in cui figurano i fattori fisici, cognitivi ed affettivi della persona, - un livello interpersonale: in cui figurano la famiglia, l’ambiente sociale, gli amici, l’allenatore e tutti coloro che intrecciano relazioni sociali con la persona, - un livello transpersonale: in cui figura il lato spirituale, ossia la fede verso qualcuno o qualcosa (che può anche prescindere la sfera religiosa). TALENT SCOUT Il talent scout è il professionista dello sport (riconosciuto dalla FIGC dal 2015) impegnato nell’individuazione di nuovi prodigi (“pianeti da scoprire”) nell’ambito di una o più pratiche sportive. Egli, nell’indagine della prestazione e del valore assoluto, riassume le qualità di ciascun giocatore attraverso la compilazione di una scheda e di una relazione scritta, che guidano il processo di scouting (di esplorazione, di scelta) verso i giocatori più talentuosi. FATTORI CHE INFLUENZANO IL TALENTO Il talento è influenzato da: 1. Fattori fisici-antropometrici: genetica, misure e rapporti del corpo nel suo insieme (statura, peso) o in segmenti (testa, tronco, arti), 2. Fattori fisiologici: funzionamento di organi e apparati, 3. Fattori psicologici: abitudini di vita, valori, ambizioni, credenze, 4. Fattori sociali: relazioni interpersonali, opportunità ambientali, situazione sociale. A condizionare il talento è anche l’età funzionale della persona, ossia la risultante della sua: - età cronologica (o età anagrafica, la quantità di anni di vita di una persona), - età biologica (la qualità degli anni di vita di una persona, influenzata dallo stile di vita e dalla salute dell’organismo), - età psicologica (l’età desunta dai comportamenti del soggetto). IL TALENTO È LEGATO AL FAIR PLAY Il fair play (lo “sport pulito”) favorisce lo sviluppo del talento e della persona, migliorandone il rendimento e la longevità agonistica. Il concetto di fair play supera il semplice rispetto delle regole e prevede l’interiorizzazione di uno spirito sportivo che includa: - il rispetto di sé stessi, dell’avversario e dell’ambiente, - l’autodisciplina, - la disponibilità e l’apertura al dialogo, - il rispetto delle diversità (sociali, morfologiche e prestative). 26) LA FOBIA Uno dei più grandi ostacoli allo sviluppo del talento e al miglioramento della prestazione sportiva è rappresentato indubbiamente dalla fobia. La fobia (dal greco phóbos, “paura”) è una paura inconscia, irrazionale e persistente (di situazioni, oggetti, attività, animali o persone) che, nei casi più gravi, può addirittura limitare l’autonomia del soggetto (come nel caso dell’evitamento), ma che in realtà non rappresenta una concreta minaccia per la persona. Affinché possa essere affrontata e curata, è necessario attivare un processo delicato e graduale, che guardi alla sua coscientizzazione, al suo chiarimento (scoperta delle ragioni alla base) ed infine alla sua soluzione. LA PAURA È DIVERSA DALLA FOBIA a differenza della fobia, la paura è il sentimento che richiama maggior attenzione verso una situazione reale di pericolo, al fine di salvaguardare l’integrità del soggetto da rischi o minacce alla sua incolumità. FOBIE NELLO SPORT Le fobie più comuni nello sport sono: - la paura di perdere: è un fenomeno per cui un atleta non inquadra la sconfitta come un’opportunità di crescita, ma come una totale catastrofe, i cui effetti deleteri compromettono la sfera motivazionale e i livelli di ansia pre-gara, - la paura di vincere (o nikefobia, da nike “vittoria” e phobos “paura”): è un fenomeno per cui un atleta, seppur dotato di grandi potenzialità, non raggiunge mai grandi livelli di prestazione sportiva, a causa di un vero e proprio “auto-sabotaggio”, impostato dallo stesso al fine di assicurarsi la sconfitta nelle competizioni. L’atleta che ha paura di vincere: rende di più in allenamento che in gara, si assenta dagli allenamenti e dagli appuntamenti sportivi decisivi. Egli teme il trionfo in quanto non è sicuro di mantenere uno standard di vittoria, ha paura di mettersi in mostra (fobia sociale), ha paura di non essere all’altezza (atelofobia, la paura delle imperfezioni, in qualsiasi ambito del quotidiano), il dilemma disorientante è il motore che mantiene viva la motivazione al nuovo apprendimento. 28) STORIA DELLO SPORT ORIGINI DELLO SPORT Le gestualità tipiche della caccia, della guerra e della danza emergono circa 50.000 anni fa, come movimenti corporei funzionali alla sopravvivenza e alla riproduzione umana. La lotta per il predominio nelle tribù, in particolare, introduce una delle caratteristiche fondamentali dello sport: la competizione. LO SPORT NEI POPOLI ANTICHI In periodi più recenti si consolida la pratica motoria ritualizzata entro sistemi di gesti specialistici, individuali e collettivi, che prefigurano le attuali discipline motorie. In particolare: - i popoli nordici: sviluppano la pratica dello sci (in forma primitiva) sin da epoche antichissime, - i popoli orientali: sviluppano attività acrobatiche e forme di lotta a corpo libero, le arti marziali (soprattutto in Giappone ed in Corea), - i popoli indocinesi: fortemente dipendenti dall’ambiente acquatico, sviluppano attività relative al nuoto ed al gesto nautico, - gli egizi: sviluppano l’atletica, la lotta, il pugilato e la ginnastica, - gli assiro-babilonesi e i persiani sviluppano il tiro con l’arco (contro bersaglio fisso) e un gioco praticato da cavalieri che colpivano una palla con delle mazze (odierno “gioco del polo”), - i cretesi: sviluppano lotta, pugilato ed esercitazioni ginnastiche collettive, - gli etruschi: sviluppano la comparsa dei primi impianti sportivi destinati agli spettacoli pubblici (gli anfiteatri). LA CIVILTÀ GRECA La civiltà greca inquadra l’educazione motoria e la ginnastica in una cornice religiosa, definendola come l’arte di compiere movimenti corporei, in situazione di nudità, al fine di educare il corpo. I valori fondamentali dell’epoca (agonismo e animosità) erano attribuiti per nascita. In particolare: - l’Areté: era l’insieme di prestazioni eccellenti di cui si era capaci, - l’Agathòs era il nobile guerriero, in grado di esibire prestazioni militari di pregio, manifestando ingegno e determinazione. Il trionfo fisico era un’espressione suprema dell’areté. IL MODELLO SPARTANO Il modello spartano concepisce l’educazione motoria come un vero e proprio strumento sociale per il contrasto dei pericoli bellici, e giustifica lo svolgimento della pratica sportiva attraverso la preparazione della persona alla guerra. Vi era la cosiddetta “ginnastica militare” che si proponeva di: - fortificare il corpo, - sottoporlo a prove, - prepararlo alla battaglia. LA CIVILTÀ ROMANA I Romani, che inizialmente indirizzavano l’educazione a finalità militari, successivamente, sviluppano l’idea educativa: - dalla matrice greca: da cui assumono l’agonismo e la competizione, - dalla matrice etrusca: da cui assumono i “ludi”, i giochi pubblici che includono i famosi combattimenti dei gladiatori. L’imperatore Augusto, in particolare, promuove l’addestramento militare e l’educazione dei giovani nei collegia e “ludi juvenum”, al fine di consolidare i valori morali ed etico-religiosi degli avi. Tra i giochi praticati si apprezzavano: - lo scherma, - l’harpastum (antenato del rugby), - il ludere datatim (simile alla pallamano), - il ludere expulsim (simile alla pallavolo), - il trigon, in cui tre giocatori, disposti ai vertici di un triangolo, si lanciavano a sorpresa una palla imbottita di crine. Il SEDICESIMO SECOLO Nel sedicesimo secolo il “De Arte Gymnastica” di Mercuriale distingue la ginnastica militare, la ginnastica atletica e la ginnastica medica, e definisce gli esercizi come “qualsiasi movimento compiuto per salvaguardare la salute”. Mens sana e Corpus sanum si realizzano parallelamente, quindi: - i medici chiedono alla ginnastica di procurare la salute all’uomo, - gli educatori, attraverso la salute, educano gli aspetti intellettuali e morali della persona. Dal punto di vista pedagogico, invece: - Erasmo da Rotterdam introduce la ginnastica nelle scuole sostenendo che la salute fosse indispensabile non solo per le attività mentali, ma anche per una corretta condotta morale. Si consolida, quindi, il concetto di educazione del corpo, attraverso esercizi che facilitano lo svolgimento dei processi fisiologici del corpo stesso, - Pestalozzi: afferma che l’uomo è costituito da tre elementi indissociabili (cuore, spirito e corpo), e sottolinea l’importanza del processo educativo per rafforzare gli stessi attraverso la pratica della “ginnastica naturale famigliare” come prima forma di educazione fisica. LA NASCITA DELLO SPORT ISTITUZIONALIZZATO L’educazione fisica per la salvaguardia della nazione esalta la ginnastica come strumento di grande significato morale, finalizzata a garantire l’esistenza e l’indipendenza della propria patria (comunità di appartenenza). LO SPORT COME DIRITTO UMANO Nel ventesimo secolo, lo sport diviene un importante strumento di propaganda fascista, che accelera il processo di unificazione socioculturale e la diffusione del tema della razza e del mito del superuomo di Nietzsche. Dopo la sconfitta dei regimi totalitari e il raggiungimento di un nuovo ordine politico internazionale (improntato sui valori della libertà e dell’uguaglianza), lo sport è qualificato come un vero e proprio diritto umano. In tal senso: - l’Art.1 della Carta Internazionale per l'Educazione Fisica, l'Attività Fisica e lo Sport sancisce che: la pratica motoria e sportiva è un diritto fondamentale per tutti gli esseri umani, ed ognuno è ugualmente abilitato ad accedervi sviluppando le proprie attitudini (fisiche, intellettuali e morali), - l’Art. 2 della Carta Internazionale per l'Educazione Fisica, l'Attività Fisica e lo Sport sancisce che: sport ed educazione fisica sono elementi essenziali dell’educazione permanente, - il punto 8 della Carta Olimpica (del 1999): qualifica la pratica sportiva come un diritto umano, da garantire ad ogni soggetto, secondo le proprie esigenze. LA PEDAGOGIA COME SCIENZA DELL’AGIRE UMANO La pedagogia è la scienza empirica, sperimentabile e dimostrabile, che studia l’educazione dell’essere umano nel suo intero ciclo di vita, impiegando lo sport con una: - intenzionalità educativa (promozione di valori), - intenzionalità formativa (acquisizione di competenze scientifiche nei vari ambiti). LO SPORT COME RICERCA EDUCATIVA Lo sport è il fenomeno umano, teorico-metafisico e pratico, che implica corpo, gioco e movimento secondo: - una ragione poetica: che sottolinea l’importanza dello sport come diffusore di valori (aventi radici antiche ma indirizzati alla contemporaneità), - una ragione storica: che considera lo sport come una sorta di istituzione formatasi nel tempo, rappresentante un elemento fondamentale della cultura e della civiltà umana,
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