Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

appunti completi...., Appunti di Neuropsicologia

appunti completi del corso di neurpsicologia, solo la parte di Sebastiani

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 04/07/2023

__ali
__ali 🇮🇹

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica appunti completi.... e più Appunti in PDF di Neuropsicologia solo su Docsity! NEUROPSICOLOGIA Prof. Sebastiani Esame scritto a domande aperte, circa 4/6 domande. + test di neuroanatomia: associare nome a parti del cervello. 1° marzo Lezione propedeutica di ripasso. No domande esame su queste cose. Neuropsicologia: disciplina che ha come obiettivo lo studio di processi cognitivi comportamentali, correlandoli con i meccanismi anatomo-fisiologici del sistema nervoso e che quindi sottendono il funzionamento di questi processi. Ha quindi una duplice finalità: una clinica di descrivere i disturbi associati alle regioni cerebrali; e una sperimentale ovvero lo studio delle relazioni tra comportamento e aree cerebrali, quindi le basi neurali del funzionamento cognitivo. In passato tutto questo si poteva studiare solo su cadaveri o tramite interventi chirurgici molto invasivi che andavano a stimolare elettricamente determinate zone del cervello. Negli anni 70 si è iniziato ad usufruire di tecnologie come Tac e Pet che hanno facilitato lo studio e permettevano di vedere cosa accade nella scatola cranica senza dover effettuare interventi. Neuroanatomia Il sistema nervoso centrale è costituito da cervello o encefalo e midollo spinale. Il cervello a sua volta può essere suddiviso in altre parti: tronco dell’encefalo, che continua col midollo spinale, il cervelletto, il diencefalo e gli emisferi cerebrali. Quando si parla del cervello si usano termini come rostrale e caudale parlando della parte anteriore, quindi verso la faccia, e posteriore; e ventrale e dorsale parlando della parte superiore e inferiore. Al contrario di quando si parla del resto del corpo, perché in questa zona l’asse centrale risulta piegato. Possiamo poi distinguere piani sagittali, orizzontali e frontali. Il piano sagittale è quello che separa gli emisferi cerebrali (e suoi paralleli). Il piano orizzontale è parallelo all’asse rostro-caudale e quello frontale è parallelo al piano della faccia. Min.19.07 15 marzo Il lobo frontale si trova anteriormente alla scissura di Rolando e superiore a quella del Silvio. All’interno di esso si possono trovare aree con funzione motoria, con posizione leggermente posteriore (area B4 e B6, classificazione Brodmann), quindi corteccia motoria primaria e corteccia premotoria. Tutto il resto sono aree associative, né motorie né sensoriali, ma confluiscono info di natura diversa e costituiscono le funzioni maggiori. Nell’uomo la corteccia frontale è quella più sviluppata rispetto agli altri animali, proprio perché compone le funzioni cognitive superiori, che ovviamente nell’uom sono maggiori rispetto agli altri animali. Come le capacità di pianificazione, organizzazione in gruppi sociali, ma anche avere un comportamento flessibile per adattarsi ai diversi eventi e ambienti. Anche dal punto di vista evolutivo questa parte ha subito un enorme sviluppo. Nello sviluppo dell’individuo questa area è l’ultima che si forma completamente e l’ultima che si mielinizza. Questo ha delle implicazioni: avere un’area prefrontale non sviluppata comporta nei bambini e ragazzi una maggiore incapacità di rendersi conto delle proprie azioni come fanno gli adulti, e comportamenti quindi irresponsabili. pag. 1 L’area motoria primaria controlla la motricità del corpo in maniera controlaterale. Una lesione di questa regione porta a debolezza o paralisi di tipo flaccida appunto della porzione controlaterale del corpo. L’area premotoria ha sempre a che fare col movimento ma con degli aspetti più grossolani, come la coordinazione generale dei movimenti. In questa area si trovano i neuroni a specchio, neuroni motori che si attivano anche quando l’individuo vede compiere un movimento, sono quindi sia motori che sensoriali. La corteccia prefrontale dorso-laterale ha funzione principalmente di controllo cognitivo del comportamento, alla base della capacità di mantenere gli scopi e le intenzioni, tutto ciò che ha a che fare con la working memory. La corteccia postero inferiore sinistra corrisponde con l’area di Broca, quindi con la produzione del linguaggio. La corteccia prefrontale orbitale ventro-mediale ha a che fare con gli stati motivazionali e impulsivi (fame, sete, paura, aggressività). Lesioni a questa regione comportano una lesione molto importante a livello del comportamento e per quanto riguarda il controllo emotivo del comportamento, ma anche instabilità dell’umore. Spesso danneggiamento di queste parti avvengono in età avanzata e causano demenza. Un esempio famoso è quello di Phineas Gage, che ha avuto un danno proprio in questa zona. Ha infatti riscontrato strani comportamenti e un importante cambiamento del carattere e personalità, diventando senza inibizioni, atteggiamenti infantili e irresponsabili, indifferente alle reazioni e giudizi degli altri. La tecnica della lobotomia andava proprio a colpire e danneggiare questa zona con l’obiettivo di diminuire l’aggressività. Usata per malattie psichiatriche resistenti ai farmaci e soprattutto in gravi forme di psicosi depressiva o nei criminali. Aveva molti effetti collaterali, soprattutto un successivo comportamento sociale inappropriato. Questa pratica è ormai stata abbandonata. I pazienti sottoposti a lobotomia mostravano incapacità a svolgere compiti finalizzati ad uno scopo, a volgere problemi complessi, a eseguire diverse attività in parallelo, ridotto livello di aggressività e perdita di ambizione (apatia), mancanza di senso morale e mancanza di imbarazzo nel compiere atti sessuali o espletori in pubblico e umore instabile. I lobi parietali Contengono la corteccia somatosensoriale primaria (area 312) che si trova nel giro post centrale. Anche qui le informazioni arrivano in maniera crociata, quindi controlaterale. Lesioni in questa zona portano ad alterazioni del riconoscimento degli oggetti tramite il canale tattile. Dietro l’area sensitiva primaria abbiamo il lobo parietale posteriore. Questo ha a che fare col controllo visuo- motorio, quindi di azioni guidate da informazioni visive, ma anche con la percezione e la conoscenza dello spazio. Quindi lesioni in questa zona riguarderanno anche minore consapevolezza corporea e dello spazio circostante. Possono poi causare aprassia (incapacità di eseguire movimenti su comando o su imitazione) e incapacità di coordinare vista e movimento. Neglect: lesione acuta del lobo parietale inferiore non dominante, che può causare gravi deficit attenzionali per la metà controlaterale dello spazio controlaterale alla regione danneggiata. Questa parte di corteccia può avere compiti anche su pensiero spaziale astratto, come acalculia, agrafia, incapacità di riconoscere numeri, e incapacità di distinguere destra e sinistra. I lobi occipitali C’è la corteccia visiva primaria (area 17), con intorno aree visive di ordine superiore. Lesione nella corteccia visiva primaria porta a cecità corticale (sindrome di Anton), ma con pazienti inconsapevoli del loro deficit, ma anche crisi epilettiche e allucinazioni di tipo visivo che si manifestano spesso dal lato controlaterale (spesso righe colorate). Lobo temporale Aree di tipo associativo. Nella parte superiore c’è la corteccia sensoriale uditiva, e adiacente c’è l’area di Wernicke (area 22), ovvero l’area della comprensione del linguaggio. Anche in questo caso un paziente con lesione in questa zona non è consapevole del suo deficit. pag. 2 Agnosia visiva associativa Difficoltà nel comprendere il significato di ciò che si sta vedendo. I pazienti magari riescono a copiare la forma di un soggetto ma non sono in grado di associarlo a qualcosa che conoscono e che quindi è già nella loro memoria. Si manifesta in seguito a lesioni della corteccia occipito-temporale, di solito dell’emisfero sinistro. Due livelli: - strutturali : rappresentazioni delle proprietà strutturali invarianti degli oggetti depositate in un magazzino pre semantico - semantiche : informazioni sulle caratteristiche semantiche e funzionali di un oggetto e sulle associazioni tra oggetti. Un test che si fa è porre davanti al soggetto immagini di due oggetti, uno reale e uno non reale; in questo caso il paziente non riconoscerà la loro funzione in nessun caso, ma riconoscerà la familiarità maggiore con quello reale. Quindi se riconosce un oggetto reale da uno non reale si parla di un’agnosia semantica di accesso (conoscenze semantiche intatte ma non accessibili). Altri pazienti hanno un deficit del magazzino semantico ma solo in alcune categorie, ad esempio riconoscono gli oggetti inanimati ma non gli animali, o viceversa… Esiste poi una forma di agnosia che riguarda il riconoscimento delle lettere e non degli oggetti, dove i soggetti sono incapaci di riconoscere visivamente le parole (magari riconosce singolarmente le lettere ma non riescono a leggere la parola intera). Il deficit è selettivo per la lettura, ma i soggetti riescono a parlare e scrivere. Spesso si accompagna ad altri disturbi, come la perdita di metà campo visivo e anomia per i colori e agnosia per gli oggetti. Questo disturbo è stato associato a lesioni dell’area temporo-occipitale sinistra e del corpo calloso (parte che unisce i due emisferi). Provoca una dissociazione tra le aree visive di destra con i centri del linguaggio a sinistra (disconnessione visuo-verbale). Prosopoagnosia Descritta per la prima volta nel 1947, come un’incapacità del riconoscimento dei volti, soprattutto quelli familiari. I pazienti riconoscono il volto da un altro, sono in grado di accoppiare i volti uguali e di distinguere le espressioni emotive (felicità, tristezza). Incapacità di riconoscimento: i pazienti sanno di guardare un volto ma non sanno a chi appartenga. Il paziente può anche non essere in grado di riconoscere sé stesso allo specchio. Modello cognitivo del riconoscimento dei volti Processo su vari livelli di elaborazione, che portano poi all’identificazione del processo. - La prima fase è la codifica delle informazioni strutturali del volo e la creazione del “percetto volto”. - Il percetto volto viene confrontato con il magazzino delle memorie dei volti, se il volto è noto si prova una sensazione di familiarità - Se il volto è familiare viene attivato il “nodo” dell’identità della persona che consente l’accesso alle informazioni semantiche e al nome della persona. - Generazione del nome della persona conosciuta Questo modello è utile per descrivere diverse varianti della prosopoagnosia. - Variante appercettiva: incapacità di riconoscere le differenze tra i volti (si vedono tutti uguali). Problema della codifica, primo step. - Variante associativa o amnesica: si riconosce il volto ma non si riesce a capire che è una faccia che si conosce. Studi di imaging (PET, fMRI), hanno suggerito l’esistenza di una regione cerebrale (lobo temporale inferiore dx, giro fusiforme laterale) specifica per il riconoscimento dei volti. pag. 5 È stato creato un modello per il riconoscimento delle facce, che si presuppone che possa spiegare il riconoscimento dei volti. (vedi schema slide) La prima parte del modello è definita “core system” e corrisponde con la parte fondamentale, quella visiva; mentre la seconda parte è chiamata “extended system” che è più sofisticato e permette di riconoscere a chi appartiene la faccia. Del core system fanno parte il solco temporale superiore (parti del volto che si modificano, come lo sguardo, le espressioni…) e il giro laterale fusiforme (aspetti invarianti in ogni volto), nella corteccia occipito-temporale. Il giro laterale fusiforme è poi collegato con la corteccia temporale anteriore, che associa il volto ad un’identità, nome e informazioni sulla persona. Il solco temporale superiore invece è connesso con Amigdala, solco intraparietale (capacità di riconoscer dove è diretta l’attenzione del soggetto che si sta osservando), corteccia uditiva (percezione pre lessicale del linguaggio). Studi più recenti hanno dimostrato che lesioni del fusiforme più probabilmente hanno a che fare con la variante appercettiva, mentre lesioni della corteccia temporale anteriore hanno a che fare con la variante associativa. La prosopoagnosia, quindi, non è un singolo disordine ma fa parte di una famiglia di disturbi differenti e diverse lesioni che li causano. Agnosia per i colori Difficoltà nel percepire i colori - Acromatopsia. I colori appaiono tutti come su una scala di grigi (lesione dell’area V4 unilaterale o bilaterale) - Anomia per i colori. Il paziente non riesce a denominare i colori e indicarli su richiesta verbale (disconnessione tra corteccia visiva e aree del linguaggio) - Amnesia per i colori. Difficoltà ad associare correttamente oggetti e colori (quindi a trovare il colore di un oggetto avente un colore tipico o a colorare un oggetto con il colore appropriato). Lesione regione occipito temporale sinistra o bilaterale, temporale inferiore, fusiforme e linguale. Simultaneoagnosia Il soggetto non riesce a riconoscere oggetti che sono presentati allo stesso momento. Non riescono a percepire più di un oggetto per volta. - Simultagnosia dorsale: quando la loro attenzione è spostata su un oggetto non riescono a vedere tutti gli altri che lo circondano. Collegato anche con difficoltà nella lettura e nei movimenti (sbattono negli oggetti). - Simultagnosia ventrale: i pazienti vedono un oggetto e anche gli altri intorno, ma non riescono a identificarli. Agnosia uditiva Inabilità a riconoscere i suoni nonostante le capacità uditive siano intatte. Tipicamente associate a lesioni bilaterali delle aree associative acustiche in regione temporale posteriore. - Amusia: incapacità di distinguere la musica (canzoni, note, strumenti, ritmi, ecc.) - Agnosia per i suoni ambientali e i rumori: (incapacità di riconoscere oggetti dal suono che producono, senza vederli) - Fonoagnosia: definita come un deficit nel riconoscere voci di persone familiari e/o nel discriminare differenti voci. - Agnosia verbale pura: incapacità di comprendere il linguaggio parlato (possono leggere, scrivere, parlare) Agnosia tattile Un altro tipo di agnosia è l’agnosia tattile, detta anche stereoagnosia. Con questo termine si fa riferimento all’incapacità di riconoscere gli oggetti con il tatto (senza l’aiuto della vista). Per verificarne la presenza, si invita il malato (che tiene gli occhi chiusi) a riconoscere un oggetto che gli viene posto in mano. pag. 6 Tra i vari tipo di agnosia tattile troviamo: - amorfognosia, che riguarda la forma e le dimensioni degli oggetti (appercettiva) - ailognosia, riguarda il peso e le caratteristiche materiali/termiche degli oggetti (appercettiva) - asimbolia, agnosia tattile propriamente detta, ovvero l’incapacità parziale o totale di accedere alla funzione di referenza simbolica degli oggetti. - agnosia somatosensoriale (lesioni nel lobo parietale). I pazienti con agnosia somatosensoriale hanno difficoltà a identificare un oggetto familiare (p. es., chiave, spilla di sicurezza) che è posto nella mano sul lato del corpo opposto al danno. Tuttavia, quando guardano l'oggetto, immediatamente lo riconoscono e possono identificarlo. Agnosia Topografica Alterazione dell’orientamento dovuto all’incapacità di interpretare le informazioni spaziali. Lesione nel cingolo posteriore destro. Non ci sono problemi di visione, ma non riesce ad utilizzare ciò che vede per costruirsi una mappa mentale. I pazienti hanno memoria della disposizione e delle caratteristiche dei posti a loro noti, tuttavia sono incapaci di «navigare» in quegli stessi ambienti: incapacità di usare i «cues» visivi per dirigersi nella giusta direzione. Agnosia delle dita Il paziente sa che le dita sono dita ma ha difficoltà nel nominare e nel distinguere le dita delle proprie mani e di quelle degli altri. In genere si manifesta insieme ad altri sintomi (acalculia, agrafia, disorientamento dx-sn): Sindrome di Gerstmann Lesione lobo parietale dominante, giro angolare. Achinetopsia Inabilità a percepire il movimento. Lesioni o inattivazioni (TMS) dell’area visiva V5 (lateralmente e ventralmente nel lobo temporale, vicino all'intersezione della parte ascendente del solco temporale inferiore e del solco occipitale laterale). Tutti i neuroni di V5 sono selettivi per il movimento Anosognosia È la non consapevolezza dell'esistenza di un deficit o l'incapacità di riconoscere un deficit esistente. Non capire di avere un certo disturbo, anche grave. Spesso danno del lobo parietale destro, non dominante (ictus acuto o danno cerebrale traumatico). I pazienti possono non essere a conoscenza di una specifica compromissione, ma pienamente consapevoli di altre. I pazienti con anosognosia possono negare il loro deficit motorio, sostenendo che va tutto bene anche quando un lato del loro corpo è completamente paralizzato. Quando viene loro mostrata la parte del corpo paralizzata, i pazienti possono negarne l'appartenenza. In una manifestazione spesso correlata, i pazienti ignorano le parti del corpo paralizzate o prive di sensibilità (emi- inattenzione) o dello spazio che li circonda (eminegligenza). L'eminegligenza interessa di solito il lato sinistro del corpo. NEGLECT Negligenza spaziale unilaterale ed eminegligenza spaziale. Alterata capacità di prestare attenzione, percepire e agire nello spazio extracorporeo controlaterale all’emisfero cerebrale leso. Più frequente lesione destra e quindi neglect sinistro. pag. 7 (grammatica universale) che gli consente di apprendere ed elaborare queste informazioni con maggiore facilità (si hanno strutture anatomiche predisposte a fare questo). Chomsky per dire questo si basa su una serie di osservazioni: osserva che il linguaggio è una competenza che si sviluppa quasi allo stesso momento tra tutti i bambini indipendentemente dal contesto culturale e dalla lingua imparata; osserva inoltre che l’apprendimento del linguaggio non avviene per imitazione di frasi fatte, ma vengono acquisiti dei termini nuovi che subito vengono imparati a usare ma in maniera creativa (indizio del fatto che si ha un network cerebrale che ci predispone all’utilizzo di queste info). Quando il bambino impara a parlare, fin da molto piccolo, è in grado di padroneggiare strutture grammaticali complesse, e prima ancora di riuscire a formularle da solo è già in grado di comprenderle. In situazioni sociali in cui manca un linguaggio strutturato ne viene creato uno ex novo (linguaggi creoli, sviluppati tra le comunità di schiavi esportati da un posto all’altro, che avevano tutti lingue diversi e che per necessità ne hanno creato uno comune). Il linguaggio può essere definito anche come un sistema di comunicazione aperto, per cui noi siamo potenzialmente in grado di creare un numero illimitato di messaggi e idee, ma utilizzando un numero limitato di suoni. Il linguaggio si basa sull’uso di parole e della grammatica: la parola è la minima unità isolabile all’interno della frase e del discorso, dotata di significato e di una funzione autonomi. L’associazione tra il suono della parola e il suo significato è del tutto arbitrario. Ogni linguaggio ha il suo lessico (corrispondenza tra significato e suono). A 6 anni un bambino conosce circa 13000 parole (conosce e usa). Chi ha superato l’esame di maturità ne sa usare più di 60000. Alcuni pensano che anche gli animali, soprattutto alcune scimmie, hanno capacità linguistiche simili all’uomo (però non sanno riprodurre i suoni come noi perché non hanno l’apparato vocale giusto per farlo, infatti gli studi vengono fatti tramite una sorta di linguaggio dei segni o con tessere che raffigurano oggetti, azioni…). Da questi studi è emerso che all’inizio il loro apprendimento linguistico è parallelo a quello dei bambini, poi c’è un’enorme divergenza: l’animale si ferma, mentre il bambino procede. La grammatica è il modo in cui le parole possono venir combinate tra loro in frasi e periodi. Questa combinazione deve dar origine ad una frase di senso compiuto. Non è la raccolta di sequenze stereotipate di parole (elemento fondamentale è la creatività—con 20 parole si possono costruire1020frasi di senso compiuto). I morfemi sono le unità elementari di informazione, il più piccolo elemento dotato di significato (es: radice e desinenza). I fonemi sono i suoni caratteristici di una determinata lingua, formano morfemi e parole (in cara e bara C e B sono due fonemi perché se sostituiti formano parole di significato diverso). Quando due parole differiscono solo per un fonema si dicono “coppie minime”. I fonemi sono tali quando riescono a formare almeno una coppia minima. Apparato fonatorio Costituito da un insieme di organi che servono a produrre dei suoni. Per produrre linguaggio si utilizza l’apparato respiratorio. Si parla nella fase di espirazione. L’aria esce dai polmoni, sale per la trachea, esce dalla laringe dove si trovano le corde vocali, e incontra in diversi organi che formano il “canale vocale” (epiglottide, ugola, velo palatino, palato, lingua, denti, labbra o narice). A seconda degli organi toccati dall’aria e a seconda della loro posizione quando l’aria passa, avremo diversi tipi di suoni e un timbro caratteristico che distingue un individuo dall’altro. Le corde vocali sono dei muscoli che vanno a delimitare un’apertura: quando essi vanno a “Chiudere” l’apertura della laringe l’aria al di sotto delle corde vocali aumenta la pressione, e questo aumento della pressione farà aprire le corde vocali facendone passare una parte, subito dopo le corde vocali si richiudono. Non sono quindi le corde vocali che vibrano ma la colonna di aria che passa attraverso di esse. Alcuni suoni vengono prodotti proprio da questo meccanismo, come le vocali e alcune consonanti, mentre altri sono dovuti alla posizione di labbra, lingua e denti. La fonetica è la disciplina che studia l’esecuzione dei suoni di una lingua. pag. 10 I primi studi utili all’identificazione dei network cerebrali del linguaggio si sono basati su studi del disturbo del linguaggio, ovvero l’afasia. L’AFASIA è un disturbo sia della capacità della formulazione che della comprensione dei messaggi linguistici. È la conseguenza di un danno cerebrale in persone che avevano appreso il linguaggio in maniera normale prima della lesione. Il deficit può essere della produzione del linguaggio e della comprensione, oppure essere un deficit solo della comprensione e comprendere difficoltà sia della lettura che della comprensione orale… si può manifestare quindi in forme diverse. Può essere un deficit a livello fonologico (produzione dei suoni), oppure lessicale-semantico (di comprensione), oppure sintattico-grammaticale. È da escludere: ritardi evolutivi e dello sviluppo, deficit dei sistemi percettivi e motori di base (es. sordità), problemi di demenza. Il neurologo francese Broca fu il primo a identificare le aree del cervello connesse alla funzione del linguaggio. Paziente tan-tan: sa dire solo quello a seguito di un ictus, ma è in grado di comprendere il linguaggio. Dopo la sua morte viene analizzato il suo cervello e si vede che c’è una lesione che interessa la parte posteriore del lobo frontale sinistro (piede della terza circonvoluzione sinistra area di Broca). Anche in altri casi analizzati si nota che le aree compromesse erano principalmente quelle e soprattutto l’emisfero sinistro, quindi capisce che è quello interessato. Con l’avvento delle TAC e MRI vengono rianalizzati i cervelli di questi pazienti, scoprendo che le lesioni erano molto più estese e profonde di quanto avesse visto Broca. Addirittura, erano state colpite regioni sottocorticali come i gangli della base e l’insula. Lesioni anche della sostanza bianca, quindi dei sistemi di connessione tra aree, tra i fasci di fibre. Ad oggi si continua a credere che l’emisfero sinistro sia quello principale per le funzioni linguistiche ma si crede anche che non si sia così tanto lateralizzati, soprattutto le donne; infatti a seguito di un ictus che colpisce l’emisfero sinistro è meno probabile che una donna perda la capacità di linguaggio. Carl Wernicke studia altri pazienti, e associa quella che lui chiama “afasia sensoriale”, quindi un disturbo della comprensione del linguaggio orale ad una parte della corteccia temporale sinistra, prima circonvoluzione, parte posteriore. Questa lesione porta quindi ad un disturbo selettivo per la comprensione del linguaggio. Quest’area ora si chiama area di Wernicke. Lui contrappone quindi questa afasia sensoriale ad un’afasia motoria studiata da Broca. Secondo Wernicke l’area di Broca era il centro delle rappresentazioni motorie delle parole, mentre quella di Broca è quella delle rappresentazioni uditive. È il primo a distinguere questa dicotomia tra comprensione e produzione del linguaggio. Ad oggi si sa che una lesione dell’area di Broca hanno problemi sia di comprensione che di produzione del linguaggio, soprattutto perché spesso coincidono anche con problemi della working memory (tenere a mente informazioni al momento, che servono per poter fare compiti). Wernicke porta avanti il modello che viene chiamato “modello associazionistico”; non solo descrive queste due aree ma propone un primo modello di rete del linguaggio. Secondo lui le funzioni cognitive di ordine superiore, a differenza dei movimenti e percezioni, non sono localizzate in specifiche regioni ma sono il risultato di connessioni associative tra le aeree dove sono localizzate le memorie delle immagini motorie e sensoriali (uditive). Questo modello è il precursore dei network del linguaggio. Propone che l’area di Wernicke e l’area di Broca siano connesse da un sistema di fibre che lui chiama fibre associative racchiuse all’interno del fascicolo arcuato. Descrive anche un’afasia detta afasia di conduzione che è legata all’interruzione di questo fascicolo arcuato. Viene considerata come prototipo di una sindrome da disconnessione. pag. 11 In base a questo modello si distinguono 3 tipi di afasie: • Afasia motoria: lesione area di Broca (area 44 di Brodmann) sede delle immagini motorie delle parole, cioè degli schemi di movimento necessari per la produzione linguistica (alterazione a livello espressivo) • Afasia sensoriale: area di Wernicke (area 22 di Brodmann) sede delle immagini uditive delle parole (alterazione della comprensione) • Afasia di conduzione: interruzione vie che connettono il centro delle immagini uditive con il centro delle immagini motorie (fascicolo arcuato) (alterazione della ripetizione di parole). Questi studi però erano basati sulla capacità di comprendere singole parole e di riprodurle. Questo è uno dei limiti che è emerso perché la comprensione del linguaggio va oltre la comprensione di una singola parola, ma deve essere di un’intera frase o di un messaggio. Se ho una lesione a livello delle aree uditive secondarie (aree associative che elaborano l’info linguistica) avrò comunque un’alterazione della comprensione del linguaggio, quindi in questo caso si parla di “sordità verbale pura”, quindi non una vera e propria afasia. Allo stesso modo, se la lesione è successiva all’area di Broca si avrà quella che viene chiamata “anartria, o aprassia articolatoria”, ovvero un disturbo dell’articolazione motoria (si vuole pronunciare una parola ma non si riesce, si produrranno suoni distorti o con un timing alterato). Anche questa non è un’afasia vera e propria. Casi più gravi. «disintegrazione fonetica» cioè profonda alterazione dei programmi di produzione articolatoria. Lesione: piede della terza circonvoluzione frontale sinistra, spesso si estende all’opercolo fronto-parietale e all'insula. Lichtheim estende il modello di Wernicke e aggiunge al suo schema un livello superiore. Questo livello lui lo chiama quello delle “componenti concettuali”, collegato con entrambe le aree. Questo centro dei concetti è un sistema di rappresentazione concettuale che ha a che fare col significato della parola. Non è necessariamente nell’emisfero sinistro ma è distribuito sulla corteccia di entrambi gli emisferi. Lui non aveva la prova anatomica che questo centro esistesse veramente. Aggiunge quindi altri due tipi di afasia: - Afasia sensoriale transcorticale. Ovvero disconnessione tra il centro dei concetti e il centro sensoriale. (le parole che vengono ascoltate non sono comprese, perché il centro dei concetti ha a che fare con la comprensione) - Afasia motoria transcorticale. Ovvero una disconnessione tra centro dei concetti e centro motorio. (i pensieri non possono essere verbalizzati perché c’è una compromissione a livello del trasferimento dei pensieri all’area di Broca; si può ripetere una parola ma non produrre autonomamente una frase). pag. 12 Ricapitolando: secondo il modello classico le capacità linguistiche sono localizzate nella corteccia perisilviana sn, con l’area di Wernicke, nella corteccia temporale sn, coinvolta nella comprensione del linguaggio, e l’area di Broca, nella corteccia inferiore frontale sn (LIFC), nella produzione del linguaggio. Il fascicolo arcuato connette le due aree. Il modello ha notevoli limitazioni ed errori: (i) Le aree di Broca e Wernicke non sono regioni neuroanatomiche ben definite e omogenee. Anzi possono essere suddivise in aree multiple con profili citoarchitettonici e recettoriali diversi. (ii) La fMRI e studi di lesione hanno mostrato che la corteccia con compiti linguistici è più estesa e comprende ampie regioni della corteccia temporale (nomi propri, comuni, di oggetti), parte della corteccia parietale, aree della corteccia frontale inferiore (diverse dall’ area di Broca), mesiale (SMA e ACC) (inizio del discorso: mutismo acinetico), dorsolaterale (controllo del discorso in atto; bilinguismo), e l’insula (pianificazione e coordinazione movimenti articolatori; aprassia articolatoria). (iii) Inoltre, il linguaggio è un po’ meno lateralizzato di quanto non si ritenesse in passato. (iv) Sia le regioni frontali che temporali sono coinvolte nella comprensione e produzione del linguaggio. (v) La connettività della corteccia coinvolta nel linguaggio non è ristretta al fascicolo arcuato ma è molto più estesa. (vi) Il cervelletto e le strutture sottocorticali (talamo, gangli della base) hanno un ruolo importante: es aggiustamento del timing nel linguaggio parlato. I vecchi studi si basavano su singole parole mentre la capacità di combinare parole è il carattere distintivo del linguaggio umano. La combinazione delle parole è ottenuta attraverso l’interazione dinamica tra Broca e la corteccia adiacente del LIFC con aree della corteccia temporale e parietale. L’interazione tra queste aree garantisce che le informazioni lessicali recuperate dalla memoria vengano unificate in una sequenza di parole coerente con una struttura sintattica e un significato globale. Una caratteristica interessante è che la corteccia «linguistica» è variabile. Studi recenti hanno mostrato che in particolari condizioni aree extrasilviane possono essere coinvolte. Ad esempio, nei cechi congeniti il processamento del linguaggio può avvenire nella corteccia occipitale (normalmente di natura visiva) (il reclutamento della corteccia visiva è correlato con la performance comportamentale in un test di memoria verbale o processamento sintattico, quindi dopo imput linguistici). Questo tipo di riorganizzazione avviene per tutte le parti del sistema nervoso centrale. Se il pattern di input ad una determinata regione cerebrale cambia, quest’area può essere reclutata per funzioni diverse. Tuttavia, ci sono ancora degli elementi del modello classico che sono ritenuti ancora corretti e rilevanti. Come il fatto che l’emisfero sn è dominante per il linguaggio nella grande maggioranza dei destrimani e in una significativa maggioranza dei mancini. In più del 95% degli individui la grammatica, il lessico, i fonemi e la produzione fonetica dipendono dall’emisfero sn. Anche i linguaggi che si basano su segnali visuomotori (linguaggio dei segni, LIS) dipendono dall’emisfero sn. Perché la dominanza è a sinistra? Si pensa che sia dovuto al fatto che il linguaggio è una capacità di tipo analitico, infatti si pensa che l’emisfero sinistro sia quello analitico e il destro quello più emotivo Il linguaggio però si basa anche su aspetti che non sono strettamente linguistici, come il tono della voce (prosodia: accento, intonazione…), e di tutto questo si occupa l’emisfero destro. Ci sono delle lingue in cui il cambiamento del tono cambia anche il significato della parola, quindi la prosodia diventa del tutto linguistica; in questi casi non sarà più sotto il dominio destro, ma sinistro, quelle del linguaggio. La prosodia facilita la comprensione del significato di ciò che viene detto, dello stato d’animo, delle intenzioni. Chi ha lesioni della parte destra presenterà infatti difficoltà nella comprensione di questi aspetti e avrà un linguaggio con tonalità distorte e/o privo di emozioni. Può portare anche a difficoltà nell’organizzazione di frasi in un discorso coerente. pag. 15 LE AFASIE I primi studi venivano fatti post mortem (Broca e Wernicke), ma ovviamente erano poco accurati, soprattutto perché è raro trovare delle lesioni che siano del tutto specifiche di una certa area, spesso invece troviamo pazienti con tanti disturbi insieme in cui comprensione e produzione sono ambedue compromesse. Inoltre, questi studi si basavano solo sulla capacità di produrre o comprendere singole parole, e non interni discorsi; invece, l’afasia può apparire anche in maniera disgiunta in queste due varianti. Le componenti linguistiche: - Fonologia: suoni presenti nei vari linguaggi, ognuno ha i suoi suoni di natura linguistica. - Semantica: significati espressi dalle varie componenti linguistiche, in particolare il significato delle parole. - Sintassi: regole che sottendono la corretta combinazione di parole e la scelta delle terminazioni delle parole. Disturbi a livello fonetico Causate da lesioni delle aree frontali, quelle di Broca e quelle vicine dell’emisfero sinistro, e la corteccia orbito- frontale. Si parla di parafrasie fonetiche: ad esempio dire una parola ma omettendo un suono all’interno di essa, oppure aggiungerne uno, o sostituire un suono con un altro… (omissioni, aggiunte, sostituzioni, trasposizioni o ripetizioni). Può sfociare nella produzione di neologismi fonemici, soprattutto se in una parola si hanno più parafrasie, quindi si produce una parola del tutto diversa da quella originale. Se in una frase ci sono tanti neologismi la frase diventa totalmente incomprensibile, quindi si parla di gergo fonemico. Con queste lesioni i pazienti di solito si rendono conto di non riuscire a dire ciò che vorrebbero dire, quindi hanno un atteggiamento detto Conduites d’approche: fare continui tentativi di correzione per riuscire a dire la parola corretta. Disturbo nella conversione della rappresentazione dei suoni delle parole nella forma appropriata per la loro articolazione. Spesso è più difficile pronunciare parole che non vengono usate di frequente o formate da molte sillabe. I pazienti hanno difficoltà nel dire correttamente le parole ma anche nell’identificazione dei vari fonemi, nella decodifica dei suoni (comprensione). Disturbi di comprensione. Deficit semantico-lessicale. Deficit del recupero lessicale o perdita delle conoscenze semantiche. Deficit della denominazione: difficoltà a dare un nome a oggetti o situazioni. Anomie: incapacità di produrre una parola in un contesto di discorso spontaneo (pause lunghe, giri di parole per esprimere un concetto, sostituzione con parole passe-partout… Può manifestarsi maggiormente per parole poco usate, o per parole concrete piuttosto che astratte… Può esserci anche difficoltà nella comprensione semantica. Anche in discorsi spontanei. Deficit sintattico-grammaticale. Si manifesta tramite la difficoltà nell’utilizzare il corretto ordinamento delle parole ma anche della selezione delle parole funzione (parole che hanno funzione grammaticale, come articoli, preposizioni, prefissi/suffissi, genere e numero, tempo verbale…). Questi disturbi vengono classificati come: agrammatismo o paragrammatismo anche se in realtà non sono due disturbi del tutto separati. Nell’agrammatismo sono più frequenti le omissioni, nel paragrammatismo le sostituzioni. Nell’agrammatismo il linguaggio può essere di tipo telegrafico, struttura molto molto semplificata, o violazione delle regole di concordanza, o usare un nome al posto del verbo o cambiare ordine alle parole. pag. 16 Nel paragrammatismo invece prevalgono gli errori di concordanza e la sostituzione dei morfemi grammaticali (tempo dei verbi, genere…). Elementi ricorrenti automatizzati: conseguenti difficoltà ad inibire la produzione di elementi automatizzati, per esempio - Automatismi: produzione fuori controllo di sillabe ripetutamente - Perseverazioni: ripetizione per un certo periodo di un elemento lessicale appropriato al contesto - Ecolalia: riproduzione incontrollata di quanto appena detto dall’interlocutore Dissociazione automatico-volontaria: un paziente afasico non riesce a recuperare un certo elemento lessicale in condizione volontaria ma può essere in grado di generare questo stesso elemento in modo automatico, facilitato dal contesto I deficit possono essere categoria-specifici o per classi grammaticali. Ad ogni tipo di deficit corrisponde una lesione in una determinata parte del cervello. Ad oggi i disturbi del linguaggio vengono classificati in base alla ricchezza dell’eloquio; si distinguono quindi le afasie fluenti dalle afasie non fluenti (in base a quanto parla la persona e dalla lunghezza delle frasi). Possono esserci inoltre anche aspetti qualitativi, grammatici o sintattici, per distinguere i diversi disturbi. pag. 17 Per diagnosticare questi disturbi non ci si limita al far leggere ad alta voce il paziente ma ci sono anche quelle che vengono chiamate “prove complementari di lettura” in cui si sottopone il paziente a dei test in cui non gli è richiesto di produrre risposte orali ma dire solo “sì” o “no” o di indicare la risposta corretta. In queste prove si chiede di fare dei compiti che non implicano la capacità di leggere in senso stretto, ma si cerca di capire se c’è un problema nell’elaborare sequenze di grafemi. Ad esempio, elaborazione visiva delle lettere (riconoscere le lettere tra un insieme di grafemi (anche numeri e simboli), oppure dire se due parole hanno lo stesso suono (lago e l’ago). Oppure ancora il riconoscere le parole da non-parole… Tipi di alessìe Le prime classificazioni distinguevano i disturbi di lettura in funzione dei deficit cognitivi associati, quindi: alessia afasica (aree parietali e temporali sinistre), alessia con agrafia (aree parietali sn talora associata a sindrome di Gerstman: agnosia digitale, disorientamento dx/sn, discalculia), Alessia pura (disturbo selettivo per la lettura, lobo occipitale sn), Alessia da eminegligenza (non leggono gli stimoli nella parte negletta dello spazio). Questa classificazione ha valore clinico ma non tiene conto del fatto che i pazienti si differenziano per la quantità e il tipo di errori commessi nella lettura ad alta voce e nelle prove complementari. Adesso le alessie vengono divise in due grandi categorie: periferiche e centrali. Nelle alessie periferiche i soggetti commettono sempre la stessa quantità di errori indipendentemente dal tipo di stimolo (parole frequenti/rare, verbi/nomi…), l’unica variabile che crea disturbo è la lunghezza della parola. Questo deficit è legato ai primi stadi dell’elaborazione visiva. Le alessie centrali sono quelle in cui le variabili di natura linguistica (dette prima) influenzano le capacità di lettura. In questo caso il deficit è a livello dell’elaborazione linguistica. [possibile domanda esame: differenza tra i due tipi di alessie e fare un esempio di una delle due (per esempi vedi slide)]. Per spiegare questi deficit sono stati formulate delle teorie. Uno di questi è il modello delle vie di lettura. La prima via viene chiamata la via globale; è fondata sul riconoscimento immediato di stimoli familiari (riconosco sia la parola che il suo significato). Prima c’è un’analisi visiva, poi il riconoscimento delle lettere, poi il riconoscimento della parola nel suo insieme, subito dopo viene attivato il sistema semantico per riconoscere anche il significato della parola, ed in seguito viene messa in atto la produzione e la pronuncia della parola tramite il sistema articolatorio. Questa via globale spiegherebbe la dislessia superficiale, caratterizzata dal deficit di riconoscimento visivo delle parole. L’altra è la via fonologica. Si parte sempre dalla parola scritta, poi analisi visiva, riconoscimento delle lettere, e a questo punto la via prende una deviazione in cui si ha la traduzione automatica da grafemi a fonemi (riconosco quindi che quelle sono lettere, identifico quali sono, e le converto nel fonema corrispondente, in modo da poter leggere la parola), dopo ciò viene attivato il sistema semantico. La dislessia fonologica e la dislessia profonda potrebbero essere associate ad un’alterazione a questi livelli; la prima colpisce la conversione grafema-fonema, e la seconda sia la conversione che il collegamento con il sistema semantico. La terza via spiega l’iperlessia (saper leggere ma non comprendere). È la via di lettura lessicale diretta: i primi tre step sono invariati, ma non si passa dal sistema semantico. La dislessia lettera per lettera dipende da un problema nel riconoscimento delle lettere, quindi ai primi stadi. I DISTURBI DI SCRITTURA Agrafia o disgrafia Anche questi sono disturbi acquisiti, prima i pazienti sapevano scrivere normalmente, il deficit è in seguito ad una lesione cerebrale. Solitamente sono in concomitanza con disturbi di afasia, ma possono essere anche a sé. pag. 20 Per diagnosticarli si fanno test di scrittura in cui viene chiesto di scrivere parole, non parole, frasi… o prove complementari. Nelle prove complementari si testa la capacità di fare lo spelling o di comporre parole utilizzando delle lettere mobili (servono per capire bene il tipo di problema). Errori: ERRORI GRAFEMICI- omissione, inversione, delezione o sostituzione di uno o più grafemi; a volte l’errore mancato rispetto delle leggi ortografiche ERRORI DI FORMAZIONE DELLE LETTERE- lettere alterate o simboli grafici illeggibili ERRORI ALLOGRAFICI- mescolamento di versioni diverse dello stesso grafema (maiuscole con minuscole, corsivo con stampatello) [errori solo dei deficit di scrittura, non lettura] (le regolarizzazioni sono errori nella scrittura di parole irregolari, che essendo poche in italiano, possiamo riscontrare ad esempio della scrittura di termini come squola al posto di scuola, dove non è possibile applicare in modo univoco la conversione fonema – grafema). Tipi di agrafia: 1. Agrafia afasica (nel contesto di un disturbo più complesso del linguaggio, aree fronto-parieto-temporali sn) 2. Agrafia visuo-spaziale (associata a deficit di esplorazione visiva, aree parieto-temporali dx) 3. Agrafia motoria (associata a disturbi generali del movimento, sindrome extrapiramidale) 4. Agrafia associata ad alessia (associata a lesioni parietali sn) 5. Agrafia pura (rara, lesioni frontali o parietali sn) 6. Agrafia aprassica (incapacità a tracciare le lettere in assenza di aprassia) Si distinguono le agrafie periferiche da quelle centrali. Nell’agrafia periferica si ha un’alterazione della risposta scritta, è un disturbo nella programmazione o nella realizzazione dei movimenti grafici, non riguarda la capacità di elaborazione della risposta, (sanno fare spelling e produrre la parola con lettere in movimento). Errori grafemici, allografici, di formazione delle lettere (agrafia pura o aprassica) Disgrafia da eminegligenza (agrafia visuo-spaziale): errori nella parte iniziale o finale degli stimoli dovuti a disturbi dell’esplorazione spaziale (errori anche nello spelling). [corrisponde alla disgrafia pura e aprassica] L’agrafia centrale invece riguarda l’elaborazione della risposta, quindi, è un disturbo general che si manifesta in qualsiasi modalità di produzione della risposta. pag. 21 DISTURBI DI CALCOLO Acalculia Vedi slide RAPPRESENTAZIONE CORPOREA Il cervello possiede una rappresentazione ordinata del corpo. Le informazioni che provengono dai recettori somatosensoriali vengono convogliati lungo vie che terminano a livello del lobo parietale della corteccia cerebrale (area S1). Ogni via contiene delle stazioni di ritrasmissione nelle quali vi è una rappresentazione somatotopica della superficie corporea, cioè una mappa neurale in cui le informazioni provenienti da recettori vicini vengono convogliate a cellule vicine. La mappa corticale (Homunculus) della superficie corporea fu determinata da Penfield negli anni Quaranta durante interventi chirurgici per il trattamento dell’epilessia, in cui venivano fatte stimolazioni di punti diversi della corteccia pag. 22 possono essere presentate nella modalità visiva ed utilizzati per la produzione scritta possono essere presentati nella modalità visiva/uditiva ed utilizzati per la produzione scritta/orale 2 (due) codici Teoria della memoria propriocettiva (V.Anderson e coll.) La propriocezione è la consapevolezza della posizione dei segmenti corporei. Si ritiene che la propriocezione necessaria per eseguire un determinato compito possa essere incorporata in una memoria propriocettiva, che in futuro ci permette di svolgere il compito più velocemente. I soggetti che hanno subito un’amputazione continuano ad avere propriocezione degli arti mancanti, anche dei movimenti volontari e involontari. Quando il soggetto subisce un’amputazione le tracce mnemoniche dell’arto vengono mantenute anche se i feedback visivi confermano l’assenza dell’arto, i nervi dell’arto sono ancora attivi e quindi si crea una rappresentazione erronea della presenza dell’arto. Il dolore all’arto fantasma, quindi può essere spiegato tramite la presenza di queste memorie propriocettive. Inoltre, gli amputati spesso riportano di sentire il loro arto fantasma paralizzato nell’ultima posizione che si ricordano prima dell’amputazione, ciò supporta la teoria della memoria propriocettiva. Teoria della dissociazione tra visione e propriocezione (Tung e coll.) La visione guida i movimenti della mano verso un determinato target, mentre la mano si sta muovendo il cervello riceve feedback propriocettivi riguardanti la posizione dell’arto in relazione al corpo. Quando si ha un’amputazione, il feedback visivo dell’arto non è più disponibile ma la propriocezione dell’arto rimane, o attraverso memorie propriocettive o attraverso l’attivazione dei nervi residui. Forse, l’impossibilità di visualizzare l’arto amputato non basta ad annullare le informazioni propriocettive. Una possibilità alternativa è che l’interpretazione del cervello dei segnali conflittuali dai due sistemi resuscita l’arto fantasma. Il fatto che le terapie visive abbiano riscontrato successo nel ridurre il dolore da arto fantasma ci fa capire che l’accuratezza della visione e della propriocezione è cruciale per ridurre il dolore all’arto fantasma. Teoria del midollo spinale (H. Flor e coll.). In seguito ad un’amputazione avviene un processo che prende il nome di sensibilizzazione centrale. Durante questo processo si assiste alla formazione di nuove connessioni neurali tra i collaterali emessi dalla parte prossimale del nervo amputato (sprouting assonale) e i neuroni del midollo spinale; si ha inoltre un’espansione dei campi recettivi neuronali ed un aumento dell’attività dei neuroni stessi, che iniziano a generare impulsi spontanei. Tutto ciò è dovuto ad un aumento dell’attività dei recettori NMDA mediata dalla sostanza P e dalle tachichinine. Questa riorganizzazione delle componenti neurali del midollo spinale, inoltre, fa sì che le fibre discendenti inibitorie non riescano a raggiungere i loro siti target. In conclusione, si viene a creare una situazione in cui si ha un aumento dei segnali nocicettivi che arrivano al cervello e una diminuzione dell’attività inibitoria di questi impulsi; si ritiene che questa combinazione di eventi possa contribuire alla generazione del dolore all’arto fantasma. Teoria neuromatrix La teoria della neuromatrice è stata introdotta da Melzack (1990) per spiegare il fenomeno delle sensazioni e del dolore all’arto fantasma. La neuromatrice è una rete di neuroni che integra vari input di tipo somatosensoriali, limbici, visivi e talamocorticali e genera output (neurosignature) che evocano dolore o altre esperienze significative. La neuromatrice coinvolge varie dimensioni dell’esperienza di dolore, sensoriale, affettiva e cognitiva. Essa ha una rappresentazione di ogni arto che permangono anche dopo l’amputazione di un arto. Il dolore all’arto fantasma sarebbe generato quando la matrice di neuroni viene deprivata dagli input provenienti dall’arto mancante e quindi produce delle attività di firing anormali. Teoria del sistema nervoso periferico (Devor e coll.) In seguito ad un’amputazione i nervi periferici vengono danneggiati e la porzione più prossimale dei nervi danneggiati genera neuromi. Si viene a verificare un accumulo di molecole che aumentano l’espressione di canali al sodio in questi neuromi che comporta ipereccitabilità e scariche spontanee. Questa attività periferica ectopica potrebbe essere una potenziale fonte di dolore sia al moncone che all’arto fantasma. La teoria è supportata da alcuni studi che riportano una diminuzione del dolore all’arto fantasma tramite l’utilizzo di farmaci che bloccano i canali al sodio. Tuttavia, è improbabile che i fattori periferici da soli causino il dolore; probabilmente il SNC e il SNP lavorano in sinergia per generare tale dolore. Teoria del dolore pre-amputazione (Jensen e coll.) Alcuni studi riportano che le persone che esperivano dolore già prima dell’amputazione sono a maggior rischio di sviluppare dolore all’arto fantasma. Tuttavia, non ci sono prove che il dolore pre-amputazione svolga un ruolo nella persistenza del dolore. Ciò che sembrerebbe abbastanza certo è che i pazienti che provavano dolore già prima dell’amputazione riferiscono di sentire lo stesso tipo di dolore e nella stessa posizione anche dopo l’amputazione. Meccanismi psicologici I processi mentali possono avere un ruolo nella comparsa dei sintomi. Spesso l’esordio del dolore all’arto fantasma è pag. 25 accompagnato dalla comparsa di disturbi emotivi. In realtà, è più corretto dire che i fattori psicologici non sono tanto la causa unica della sindrome quanto fattori di accompagnamento e di mantenimento. [da sapere bene solo la prima, quella della riorganizzazione] Ad oggi ancora non sappiamo quale ipotesi sia quella corretta. Una delle terapie utilizzate per ridurre il dolore è la teoria dello specchio. Si pone uno specchio di fronte all’arto sano, il quale viene stimolato o mosso; il paziente così riesce a sentire queste stimolazioni come se provenissero da quello mancante. Questo approccio ha dei risultati effettivi nella riduzione del dolore. È stato introdotto negli anni 90. Si basa sul fatto che il cervello dà priorità alle informazioni visive rispetto al feedback somatosensoriale e la sua efficacia risiede nella potenzialità di influenzare la riorganizzazione corticale. Sappiamo infatti, che l’intensità del dolore correla con il grado di riorganizzazione della corteccia somatosensoriale, questa riorganizzazione può essere invertita con la terapia dello specchio. Uno studio di Foell e colleghi (2014) ha dimostrato che la terapia dello specchio fa sì che la corteccia degli amputati ritorni alla configurazione iniziale che esisteva prima dell’amputazione, riducendo il dolore. Ultimamente si è iniziata ad usare anche la realtà virtuale e aumentata. Si tratta di 2 tecniche recenti che possono essere impiegate per trattare il dolore all’arto fantasma. Con la realtà virtuale l’individuo viene immerso in un mondo virtuale, la realtà aumentata aggiunge elementi digitali, come l’arto mancante, ad un ambiente reale. Versione più tecnologica della tradizionale terapia dello specchio che permette ai pazienti di vedere il loro arto fantasma integrato ed interagente con il loro ambiente circostante; rappresentano anche un trattamento più coinvolgente che può aumentare l’aderenza alla terapia. I pazienti indossano, per esempio, degli occhiali che simulano l’arto mancante. Per ottenere risultati soddisfacenti questo “allenamento” deve essere svolto più volte a settimana per qualche mese. Non ci sono ancora studi sull’efficacia di queste terapie. La rappresentazione del corpo Secondo la neurologia classica il concetto di rappresentazione cerebrale del corpo faceva riferimento a due aspetti: • Schema del corpo: origina dalle afferenze somatosensoriali, prevalentemente propriocettive e consiste in una rappresentazione del corpo automatica e inconsapevole che viene continuamente aggiornata ad ogni nuovo movimento permettendo il controllo della postura dei vari segmenti corporei anche in assenza di input visivi. • Immagine corporea: conoscenza più esplicita cosciente della forma esterna e delle caratteristiche morfologiche del nostro corpo (localizzazione degli stimoli) (informazioni visive). In tempi più moderni, quindi secondo le neuroscienze e la neuropsicologia odierna, il concetto di rappresentazione del corpo è descritto come l’insieme di circuiti corticali-sottocorticali che ci permettono di mantenere la consapevolezza della posizione (schema corporeo), della configurazione (immagine corporea) e il senso di appartenenza del nostro corpo (consapevolezza corporea). La consapevolezza corporea è definita come la sensazione che le esperienze coscienti siano esperienze di un’entità unitaria (il sé). Coinvolge gli aspetti di: esperienza di possedere un corpo, percezione dei segnali viscerali che provengono dall’interno del nostro corpo, sensazione che il corpo sia in uno spazio, e senso di agency (avere il controllo sulle proprie azioni). La consapevolezza corporea è un costrutto multidimensionale e si basa sull’integrazione di informazioni provenienti da diverse modalità sensoriali. pag. 26 Sia le informazioni esterocettive che interocettive sono essenziali per la costruzione del senso del sé. La maggior parte degli studi si sono concentrati su singoli domini. In particolare, gli studi fondamentali per dimostrare l’importanza delle informazioni esterocettive nella consapevolezza corporea si sono basati su paradigmi sperimentali visuo-tattili. La maggior parte degli studi fatti fin ad ora non studiano tanto le afferenze somatosensoriali e vestibolari, ma si concentrano soprattutto sulle informazioni di natura esterocettiva. Il sistema vestibolare ha sicuramente a che fare con la percezione corporea, ne sono un esempio i pazienti che soffrono di vertigini, dovute appunto alla perdita dello schema corporeo e fenomeni dispercettivi (sensazione di deformazione del corpo). Studi sul conflitto tra le diverse modalità sensoriali Illusione di Pinocchio La messa in vibrazione del tendine del bicipite mentre la mano sta afferrando il naso produce un mismatch di informazioni. Il tendine verrà percepito come molto più stirato di quello che è in realtà a causa dell’induzione della vibrazione. Ciò può provocare l’illusione che il naso ci stia crescendo. Illusione della mano di gomma Conflitto generato dal brushing sincrono di una mano nascosta alla vista e di una mano di gomma visibile posizionata vicina al soggetto. Dopo dieci minuti di stimolazione il soggetto può sperimentare la sensazione che gli stimoli tattili provengano dalla mano di gomma come se questa appartenesse al corpo (Botvinick & Cohen, 1998). 3 illusioni distinte: 1. provoca sensazioni tattili all'arto finto; 2. provoca una ricalibrazione della posizione percepita del corpo nello spazio 3. influenza ciò che il soggetto ritiene essere una parte possibile nel proprio corpo. La consapevolezza corporea si basa sulla rappresentazione neurale delle parti del corpo (Ionta et al., 2011) e della faccia. Il volto ha un’importanza speciale nel nostro senso di identità poiché costituisce la caratteristica più “distintiva” della nostra apparenza fisica. Evidenze comportamentali e neurali mostrano che il “proprio volto” ha uno status speciale: il proprio volto è riconosciuto più rapidamente, attira e cattura l’attenzione più a lungo anche rispetto ad altre facce molto familiari ed è elaborato in un circuito dedicato (fronto-parietale-occipitale) lateralizzato a dx. Dato che la rappresentazione e l’elaborazione del proprio volto è congenita è raramente alterata da disturbi neurologici/psichiatrici. Il riconoscimento del proprio volto si basa sull’esistenza di una rappresentazione del proprio volto Una rappresentazione coerente del proprio volto deve essere continuamente aggiornata la nostra faccia cambia nel corso della vita) sulla base di segnali multisensoriali congruenti che sono continuamente esperiti e integrati. Quando ci guardiamo allo specchio il nostro sé riflesso si muove e viene toccato in perfetta sincronia spaziale e temporale con la nostra esperienza sensitivo-motoria. Studi sulla plasticità della rappresentazione del proprio volto hanno dimostrato che tale rappresentazione può essere aggiornata temporaneamente includendo le caratteristiche della faccia di un’altra persona mettendo alla prova la capacità di riconoscimento del proprio volto. C’è quindi un modo per far sì che la rappresentazione del nostro viso possa andare a includere caratteristiche della faccia di un'altra persona, sempre temporaneamente. “enfacement illusion”. Simile all’esperimento della mano di gomma. In questa illusione, la stessa parte del volto del soggetto e di un’altra persona che sta di fronte al soggetto vengono toccati simultaneamente. Il soggetto ha l’impressione di vedere sé stesso in uno specchio e di sentire gli stimoli tattili osservati nella faccia dell’altra persona. Queste sensazioni sono accompagnate da una misattribuzione delle caratteristiche della faccia dell’altra persona alla propria (self-face attribution bias; self-other discrimination/recognition task). (le persone devono essere già abbastanza simili). Questo genera una riorganizzazione della mappa, dovuta al tentativo di risolvere il conflitto che c’è tra le afferenze tattili e i segnali visivi temporaneamente e spazialmente congruenti provenienti dalla faccia dell’altra persona. pag. 27
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved