Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Appunti corso Brand Communication, Appunti di Brand Marketing

Appunti del corso Brand Communication, con la professoressa Laura Grazzini e la professoressa Matilde Milanesi, laurea magistrale in Strategie della comunicazione pubblica e politica.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 02/07/2024

elisa-lizza
elisa-lizza 🇮🇹

4.4

(14)

77 documenti

1 / 63

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti corso Brand Communication e più Appunti in PDF di Brand Marketing solo su Docsity! BRAND COMMUNICATION (prof: Grazzini e Milanesi) 21/02/24 Fino al 27/03 prof. Grazzini - 27/03 seminario 10-17-24/04-8-15-22/05 fine corso (prof. Milanesi) Seminari nell’orario del corso Libro: La marca. Costruzione, sviluppo, valutazione Esame: Frequentante: orale su cap. 1-4 e materiali di approfondimento + lavoro di gruppo + presenza ai seminari (firme) Non frequentante: orale su cap. 1-6 e materiali di approfondimento Il corso ha l'obiettivo di approfondire la rilevanza della marca nell'ambito del processo di creazione di valore. Nello specifico, il corso si propone di illustrare la marca quale risorsa di fiducia, fondamentale ai fini del vantaggio competitivo, che ha assunto una rinnovata centralità nella gestione delle relazioni di mercato, in uno scenario caratterizzato da una crescente immaterialità, rilevanza comunicativa e relazionale. Inoltre, il corso si propone di approfondire l'importanza strategica della comunicazione di marca, attraverso la comprensione dei principali strumenti di comunicazione a disposizione delle imprese. Il corso si pone infatti l'obiettivo di analizzare in profondità gli strumenti del mix comunicazionale offline e online, al fine di fornire una visione integrata della comunicazione di marca tra strumenti tradizionali e nuove frontiere digitali. INTRODUZIONE La marca rappresenta una risorsa sempre più importante nella gestione delle relazioni di mercato data la trasformazione del rapporto fra domanda e offerta innescata dalle nuove tecnologie e dai nuovi ambienti comunicativi digitali. La creazione di valore per il cliente appare infatti sempre più subordinata all’interazione fra sistema della produzione e sistema del consumo, evidenziando nuovi ambiti di azione per la marca, che in parte derivano dall’ampliamento delle funzioni da essa tradizionalmente svolte sul piano relazionale e in parte rappresentano uno stacco significativo rispetto alla consolidata traiettoria evolutiva. Marca quale «risorsa di fiducia» fondamentale per collegare domanda e offerta; marca come «facilitatore di conversazioni» sulle nuovi temi legati all’autenticità, alla sostenibilità ambientale, alla solidarietà sociale, alla ricerca di benessere fisico e psicologico. Ci affidiamo ad una marca per le esperienze pregresse positive, questo ci aiuta a fare scelte più semplici e ci orienta nelle scelte. La base per costruire la fiducia tra marca e consumatore parte dalla brand awareness, quindi essere conosciuti dai consumatori (essere presenti nelle menti dei consumatori). Essere fedeli ad un brand vuol dire preferirlo rispetto ai competitor e continui a sceglierlo rispetto a tutte le alternative. La fiducia è il punto di partenza per poi creare la fedeltà e il brand love. Il brand deve creare associazioni positive per far si che il consumatore abbia una buona opinione e finisca con scegliere proprio quella marca. Il termine «brand», di derivazione nordica (si ipotizza derivi dalla parola brandr), significa «bruciare», avendo quale riferimento l’operazione di marchiatura necessaria per contrassegnare e riconoscere i capi di bestiame. Il termine «marca» deriva, invece, dal germanico marka, che significa «limite», «termine», «confine». Come sottolinea Ferraresi: «L’etimologia è davvero precisa nel definire quelle che, sin dal nome, paiono essere le attuali funzioni della marca moderna. Essa è un dispositivo commerciale e comunicativo la cui funzione principale consiste nel distinguere il prodotto che essa riveste [...]. La marca delimita, confina e pone un termine, una distinzione tra quello che appartiene al suo territorio e quello che invece è territorio di pertinenza di altre marche». MARCA: un nome, un termine, un segno, un simbolo, un disegno o una loro combinazione che identifica un prodotto o servizio di un venditore e che lo differenzia da quello del concorrente (American Marketing Association). La marca sintetizza gli aspetti distintivi (segni di riconoscimento) che la differenziano rispetto ai competitor. Le 3 componenti principali di una marca La marca impatta in modo rilevante sulle percezioni e sulle decisioni di acquisto dei clienti. La marca possiede una serie di funzioni di utilità sia per i clienti che per il produttore. PER I PRODUTTORI 1. Protezione 2. Posizionamento: la marca deve differenziare rispetto ai concorrenti e quindi crea posizionamento competitivo (immagine che abbiamo nella nostra mente della marca, l’idea che abbiamo paragonata ai competitor) 3. Capitalizzazione: brand extention, capacità di entrare in business più o meno correlati PER I CLIENTI 1. Di orientamento 2. Di garanzia 3. Di personalizzazione 4. Di praticità 5. Ludiche Grafica del posizionamento della marca IL VALORE DELLA MARCA La marca è in grado di fornire valore al consumatore aiutandolo a interpretare, elaborare e memorizzare in modo corretto le informazioni sul prodotto offerto dall’azienda rafforzando la sua sicurezza nelle decisioni d’acquisto o la sua soddisfazione in funzione della qualità percepita o dei valori associati alla specifica marca. La brand knowledge può infatti essere definita in termini di significato che la marca assume nella memoria del consumatore. Le informazioni e i relativi «nodi di memoria» possono costituire differenti livelli di conoscenza, come la notorietà di marca (o brand awareness), oppure afferire a specifiche associazioni mentali (brand association) quali attributi, benefici, immagini, pensieri, sentimenti, atteggiamenti ed esperienze. 28/02 LA SFIDA DELLA CUSTOMER CENTRICITY Gestire la marca secondo i principi della customer centricity implica in primo luogo focalizzare l’attenzione sul valore per il cliente. La capacità di creare valore per i clienti alimenta la loro soddisfazione e, conseguentemente, la fiducia nei confronti della marca, consentendo a questa di accrescere l’ampiezza e la qualità delle relazioni di mercato e, quindi, il suo valore intrinseco. La capacità di porre il cliente al centro delle decisioni di brand management: la customer centricity alimenta la fiducia nella marca accrescendo il grado di certezza delle aspettative dei consumatori nei confronti della stessa. Orientandosi al cliente, la marca sviluppa e consolida infatti nei consumatori percezioni relative: ■ alla qualità del proprio sistema di offerta e alla capacità di generare valore; ■ alla volontà di mantenere gli impegni assunti, che incide sulla certezza delle aspettative; ■ all’intenzione di agire nell’interesse dei clienti e alla coerenza fra i valori aziendali e quelli condivisi dai consumatori. Il valore desiderato e il valore atteso dal cliente vengono influenzati da fattori quali: ■ le esperienze che l’individuo ha maturato con una certa marca, le quali condizionano quanto il cliente si attende da essa qualora aderisse nuovamente alla sua offerta. ■ le comunicazioni interpersonali (passaparola), le quali concorrono a generare il valore atteso ■ l’immagine, frutto sia delle passate esperienze intercorse con la marca, sia del passaparola, sia della sua comunicazione ■ la comunicazione attivata dalle marche concorrenti, la quale incide sulla percezione delle offerte presenti sul mercato Il macro-processo mediante il quale essa cerca di soddisfare i propri clienti può essere disaggregato in tre fasi: comprensione, progettazione e realizzazione. La prima fase si riferisce all’individuazione e all’attivazione delle aspettative di valore dei clienti. Queste – una volta «interiorizzate» dall’impresa – indirizzano la fase della progettazione. Nella fase della realizzazione, le specifiche progettuali vengono trasformate in beni e/o servizi offerti al mercato. La soddisfazione della clientela è raggiunta quando i desideri del cliente coincidono con le aspettative nei confronti della marca. Il manifestarsi di eventuali divari (gap) rispetto a questa situazione «ideale» è riconducibile a uno scostamento fra: ■ il valore che il management della marca si prefigge di offrire al cliente (valore pianificato); ■ il valore che il cliente aspira a ottenere dall’offerta del brand (valore desiderato); ■ gli obiettivi di valore per il cliente compresi e assimilati dall’organizzazione aziendale preposta alla gestione della marca (valore recepito); ■ il valore realmente offerto al mercato del brand (valore offerto); ■ il valore riconosciuto dal cliente (valore percepito). ■ Gap di sintonia: differenza fra il valore desiderato dal cliente e quello pianificato dal management preposto alla gestione della marca; ■ Gap di allineamento e/o di coinvolgimento: divergenza fra il valore pianificato dal management e quello recepito dall’organizzazione aziendale; ■ Gap di progettazione e/o di realizzazione: divario fra il valore recepito dall’organizzazione e quello offerto al mercato; ■ Gap di percezione: scostamento fra il valore offerto dalla marca e quello percepito dal cliente. CAPITOLO 2 BRAND AUTHENTICITY La ricerca di autenticità da parte dei consumatori ha da tempo assunto un ruolo di rilievo, tanto da essere stata ritenuta «one of the cornerstones of contemporary marketing». Gli individui ricercano con crescente interesse qualcosa di «genuino», «reale», «fedele all’originale», «dall’origine indiscussa». Manca un’interpretazione univoca del concetto di «autenticità. Autenticità è una parola antica sia nell’origine etimologica sia nel significato; essa deriva dal latino “authenticus” riferendosi a qualcosa “che è fatto da sé”, “reale”, “fedele all’originale”, “dall’origine indiscussa” e, di conseguenza, “genuino” ed “affidabile”. Volendo andare più nello specifico, si può risalire ad un significato più pregnante della parola in questione: autentico è ciò che fa riferimento alla nostra propria interiorità (Zingarelli, 2012). Tre diverse prospettive: ■ oggettiva/modernista, connessa all’oggetto e alla sua veridicità storica, qualitativa o artistica; ■ soggettiva/costruttivista, derivante dall’attribuzione individuale di uno status autentico agli oggetti; ■ esistenzialista/post-modernista, legata cioè alla manifestazione genuina della propria individualità, che viene veicolata dal consumo di determinati oggetti. 6 attributi di autenticità: ■ l’heritage e il lignaggio, relativi al legame della marca con le proprie radici storiche e con la tradizione; ■ la coerenza, legata alla capacità del brand di garantire con continuità prodotti qualitativamente ineccepibili nel tempo; ■ l’impegno per la qualità, espressivo della responsabilità della marca rispetto ai prodotti offerti e alle promesse veicolate al mercato; Sei attributi di autenticità: ■ il legame con il territorio, sintomatico di purezza, tradizione consolidata ed eccellenza produttiva; ■ i metodi di produzione, collegati alla creatività e all’artigianalità della marca, che la rendono estranea alle logiche della produzione di massa; ■ la sconfessione di obiettivi commerciali, ritenuta indicativa della sincerità e dell’integrità del brand. La brand authenticity (Carù, Ostillio, 2018; Ostillio, Carù, Leone, 2015) deve quindi svolgere un ruolo di primaria rilevanza nel differenziare la posizione della marca, dell’impresa, di un place e di un Paese rispetto ai principali concorrenti attraverso la promozione di nuovi significati che, all’interno delle strutture cognitive dei consumatori, vengono legati alla marca stessa, influenzandone relazione, risposta e unicità rispetto alle attività di branding intraprese. comprendere il ruolo delle influenze che hanno sui processi d’acquisto e di consumo degli individui (ambienti in cui il consumatore può entrare in contatto con la marca, siamo influenzati dai contesto sociali che influenzano il modo in cui entriamo in contatto con la marca e come la valutiamo, word of mouth: una delle principali modalità con cui veniamo a conoscenza con un brand, attraverso il racconto dell’esperienza di un amico, parente ecc…). Il valore atteso è legato al tipo di esperienza che il consumatore si aspetta utilizzando/possedendo un determinato prodotto. Fase pre-acquisto: il brand ha l’obbiettivo di far conoscere il proprio prodotto attraverso info che possono utilizzare touchpoint (punti di contatto) online e fisici. Fase di esperienza: dovuta anche al design dello store, luci, colori, musica, posizione dei prodotti, scaffali, servono all’impresa per dare una certa identità anche all’esperienza nel luogo fisico (store Apple: luci particolari, prodotti al centro, un certo tipo di servizio al cliente). Esperienza di ricordo: parte di loyalty, di fedeltà del cliente al prodotto. Riguarda anche gli user generated content, testimonianza di chi il prodotto lo ha consumato, che danno indicazioni sull’esperienza. Fasi del customer journey (dalla conoscenza del prodotto ai meccanismi di fidelizzazione) Strumenti che i brand hanno a disposizione sia da un punto di vista fisico che digitale, strumento con cui i consumatori entrano in contatto con l’impresa che sono fondamentali nella costruzione dell’esperienza, del viaggio del consumatore. ■ Digital Experience (DX), connessa a forme di engagement e di comportamento degli utilizzatori online, nei confronti di un’organizzazione o una marca grazie alle numerose tecnologie digitali; ■ User Experience (UX), connessa all’interazione uomo-computer. Ha assunto un’ampia varietà di significati, che vanno dall’usabilità tradizionale all’estetica, fino agli aspetti emotivi o esperienziali nell’uso di tecnologia, canali e touchpoint interattivi. Brand experience: “risposte soggettive del consumatore (ogni esperienza è diversa e soggettiva) – quali sensazioni, sentimenti, risposte di natura cognitiva e comportamentale – evocate da stimoli correlati alla marca, che fanno parte di design e identità, packaging, comunicazioni e ambienti”. Il modello aiuta a comprendere le diverse modalità attraverso cui il consumatore può avere esperienza con la marca. La loro concretizzazione richiede l’utilizzo di appositi experience provider, quali: le comunicazioni interne ed esterne; le identità visivo-verbali (quali combinazione di nomi, loghi e simboli; prodotti, confezioni e i design); gli spazi e le ambientazioni (punti di vendita, uffici); il sito web, le comunità virtuali, i social media e gli stessi dipendenti. Il concetto di experience provider si connette a quello di touchpoint, definiti come «momenti di verità» o «micro-momenti» (momenti di interazione) di interazione e coinvolgimento potenziale o effettivo tra marca e consumatore. (Possono essere in parte gestiti dall’impresa come pagine social e sito web, l’impresa ha quindi il controllo sui messaggi veicolati, ci sono touchpoint invece che sono gestiti direttamente dai consumatori oppure da soggetti terzi come opinion leader, influencer. L’obbiettivo dell’impresa è che la comunicazione di consumatori e influencer sia coerente con quella dell’impresa. Es: Starbucks, gode di una community molto supportive ) Collaterale: word of mouth ■ touchpoint governati dalla marca (brand-owned touchpoint; pubblicità, programmi fedeltà, customer service ecc.) ■ touchpoint governati dai partner (partner-owned touchpoint; corner nei punti di vendita indipendenti, service provider, iniziative di co-marketing ecc.) ■ touchpoint governati dal consumatore/cliente (customer-owned touchpoint; post sui social media, gli hastagh impiegati per taggare, immagini) ■ touchpoint governati da altre fonti (other-owned touchpoint; peer, opinion leader, social influencer) OMNICHANNEL BRANDING «Essere omnichannel» ossia a interagire con il brand mediante una molteplicità di canali (offline e online), in contemporanea e in modo intercambiabile, ritrovando in ciascuno di essi la medesima brand experience. (Gestire in maniera coordinata e coerente i diversi canali vendita e dare lo stesso tipo di esperienza nei diversi canali, attraverso la coerenza dei prodotti esposti, visual, design. Es. Zara, è possibile acquistare il brand solo nei negozi e sui canali digitali Zara. La differenza tra passare dal negozio all’app è poca perché il tipo di servizio e l’esperienza è simile) Tre livelli di integrazione: ■ il primo è costituito dall’integrazione tra canali distributivi (fisici e digitali) al fine di costruire esperienze concepite in maniera completamente integrata (seamless) (continuità tra digitale e fisico); ■ il secondo si riferisce all’integrazione tra device predisponendo e gestendo una costellazione di touchpoint in grado di conoscere e riconoscere l’utente a prescindere dalla modalità di accesso al brand scelta per ciascuna singola interazione; ■ il terzo si riferisce all’integrazione tra piattaforme (Facebook, YouTube, Tik-Tok, Twitter ecc.) Omnichannel management significa gestione sinergica dei molteplici canali e touchpoint, al fine di migliorare l’esperienza del cliente e ottimizzare la performance della marca. Per la marca risulta imprescindibile gestire il cliente in maniera integrata in ogni momento di contatto: nel punto di vendita, sul sito web, sui social network, al telefono, attraverso le diverse piattaforme di contatto offerte (chat, e-mail, chabot e virtual assistant), in modo da veicolare un posizionamento coerente agli occhi di clienti sempre più abituati a muoversi da un touchpoint a un altro. Tutti i canali sono a disposizione del consumatore e sono connessi tra di loro. BRAND STORYTELLING Lo storymaking In una storia vi sono: i personaggi (denominati «archetipi» e sovente descritti come eroi), l’ambiente, il set nel quale la storia si svolge, una trama (identificata con un viaggio intrapreso dai personaggi), che cerca di stimolare l’immaginazione, con la chiara consapevolezza di voler creare emozioni e sentimenti nel pubblico. Pertanto, nella visione delle storie di marca, il consumatore può raggiungere il cosiddetto «piacere appropriato» (o «catarsi») che permette di sperimentare, ritrovarsi e immedesimarsi. Lo storymaking deve possedere almeno i seguenti quattro elementi fondamentali: il personaggio (o i personaggi), la trama, il climax e una morale (o outcome) connessa alla storia raccontata. Il personaggio che interpreta la storia potrà incarnare i valori della marca, la sua personalità, le sue caratteristiche identitarie. Attraverso i suoi personaggi, il brand consente al pubblico di riconoscersi, immedesimarsi e provare l’emozione di una vita diversa (simile a quella desiderata come a quella reale). La trama deve essere organizzata nel tempo e nello spazio. Essa rappresenta una sequenza di azioni di uno o più personaggi, di nessi causali e dei punti fermi (o indici) della storia. Il climax, inteso come vertice emotivo, è usato come espediente per accrescere il pàthos che costringe il pubblico a una crescente partecipazione. L’outcome indica ciò che il pubblico o l’individuo è in grado di imparare dalla storia, ossia la morale alla quale ciascuna storia deve tendere per lasciare il segno. BRAND PURPOSE Le marche devono perseguire una causa rilevante, uno scopo di ordine superiore nei confronti della collettività. Alle marche si chiede cioè che «facciano ciò che è giusto per dipendenti, fornitori, clienti e società in generale, senza considerarne il costo». Le aziende e le loro marche sono anche chiamate ad assumere posizioni su questioni sociali e politiche rilevanti per la comunità di riferimento. «Brand activism», inteso come esplicita volontà, da parte dell’azienda, di assumersi responsabilità in ambito sociale e di partecipare al raggiungimento del bene comune. «Brand purpose», inteso appunto come l’obiettivo che la marca si propone di perseguire sul piano sociale, ossia l’impatto che essa si prefigge di esercitare sulla collettività, al di là dei benefici funzionali, psico-sociali ed emozionali da essa offerti. Distinzione fra «brand activism» e «corporate social responsibility». Il brand activism sarebbe «a natural evolution of the Corporate Social Responsibility (CSR) and Environmental, Social and Governance (ESG) programs that are transforming companies across the world. Brand activism emerges as a values-driven agenda for companies that care about the future of society and the planet’s health. The underlying force for progress is a sense of justice and fairness for all» (Kotler, 2017). CAPITOLO 3 INTRODUZIONE La costruzione di una marca di valore è un processo complesso. Fasi: - assicurare che i consumatori identifichino la marca e l’associno con una specifica categoria di prodotto o a una definita necessità di consumo; - imprimere nei consumatori il significato della marca, tramite il collegamento con una serie di associazioni mentali; - suscitare risposte adeguate da parte degli individui; - convertire queste rispose in una relazione fondata su un’intesa e attiva fedeltà. BRAND PYRAMID Il modello sintetizza il processo di costruzione del valore di una marca, proponendo una serie ascendente di fasi sequenziali, a ciascuna delle quali corrisponde un diverso grado di coinvolgimento del consumatore. Alla base della piramide risiede la prominenza della marca, la quale fa riferimento alla consapevolezza che i consumatori ne hanno, ossia alla capacità di richiamarla. Due dimensioni: la profondità e l’ampiezza. La prima attiene alla rapidità con cui la marca viene richiamata alla memoria dal consumatore; la seconda identifica invece la varietà di contesti a cui la marca è associata. Al secondo livello di coinvolgimento del consumatore, questi è chiamato a qualificare la marca ascrivendole un significato. Prestazioni e immaginario: le prime si riferiscono alla capacità del prodotto identificato dalla marca di soddisfare i bisogni di natura funzionale dei consumatori e dunque sono collocate sul versante razionale della piramide; l’immaginario è inteso come insieme di significati intangibili che il consumatore associa mentalmente alla marca. Due tipi di risposta, distinti a seconda che provengano dalla sfera cognitiva o emotiva: i giudizi e le sensazioni. I primi sono incentrati su opinioni e valutazioni personali dei singoli clienti e riguardano sostanzialmente i seguenti aspetti riferibili alla sfera della razionalità (qualità percepita del prodotto, credibilità, rilevanza, superiorità rispetto ai concorrenti). Le sensazioni legate alla marca attengono invece alle risposte emotive dei clienti (calore, divertimento, eccitazione, sicurezza, approvazione sociale, autostima). Il vertice della piramide è rappresentato dalla risonanza della marca, la quale fa riferimento alla relazione che si instaura fra i consumatori e la marca e alla misura in cui i primi si sentono in sintonia con la seconda. La risonanza si manifesta in termini di intensità del legame psicologico fra i clienti e la marca e nel livello di attività generato da tale legame. IDENTITÀ DI MARCA L’identità racchiude la visione della marca e guida la creazione dei prodotti da offrire al mercato, la scelta dei segni di riconoscimento nonché la comunicazione e le altre scelte di brand management. L’identità di marca, oltre a sintetizzare la storia dell’azienda, la sua cultura e i suoi valori, deve anche poter dar conto della personalità del brand, dei suoi attributi e dei benefici che è in grado di fornire, in modo da evidenziarne la performance. Le prestazioni del prodotto rappresentano la base su cui si fonda l’esistenza della marca. Garantiti i valori di prodotto, il passo successivo è quello di far sì che essi si traducano sul piano emotivo in modo da conferire loro un surplus in termini di desiderabilità e distintività. «Occorre cioè attribuire colore e calore alla merce, conferirle un’anima che attribuisca emozione ai benefit tangibili degli oggetti e dei servizi. Un po’ come, per un individuo, aggiungere alla sua carta d’identità un dossier che parli del suo carattere, della sua personalità, che ne metta in luce i risvolti psicologici». L’essenza della marca (brand essence) racchiude «l’anima vera e propria della marca», la sua promessa di fondo. In molti casi, coincide con la mission o la vision aziendale. L’identità di fondo (core identity) è costituita dalla declinazione della sintetica essenza di marca in una serie di punti cardinali che l’impresa si dà per orientare i propri comportamenti. Tali punti dovrebbero rispecchiare la strategia e i valori dell’organizzazione. L’identità estesa (extended identity) include quell’insieme di associazioni mentali che l’impresa propone attraverso i propri segni di riconoscimento e le proprie azioni di marketing. 13/03 POSIZIONAMENTO L’identità ispira la definizione del posizionamento della marca. Il posizionamento ha lo scopo di: Il logo è dunque la traduzione del nome della marca in una forma leggibile e pronunciabile, resa unica e ben riconoscibile in funzione della sua rappresentazione grafica (in termini di disegno delle lettere e/o di colori utilizzati). Il logo può essere rappresentato unicamente dal lettering (come avviene per Coca-Cola o per Google), mentre in altri casi è accompagnato da elementi denominati «simboli», i quali possono essere costituiti da: ■monogrammi, risultanti dalla combinazione o dalla sovrapposizione di due o più lettere alfabetiche presenti nel brand name, ■ acronimi, costituiti dalle prime lettere del nome dell’azienda o del prodotto ■ pittogrammi, i quali rappresentano la parte puramente simbolica della marca, ossia l’emblema non leggibile e pronunciabile che riconduce all’azienda o al prodotto. La realizzazione del logo implica anche la selezione dei colori con i quali raffigurarne gli elementi costitutivi. Si tratta di un aspetto importante, posto che i colori sono identificativi di attributi, qualità e proprietà. La psicologia del colore sostiene che il colore è una sensazione che viene recepita dal nostro cervello e che provoca determinati sentimenti ed emozioni. Un altro vantaggio dei loghi è la loro versatilità, nel senso che si prestano più facilmente che non il brand name a essere aggiornati nel tempo. I loghi tendono a invecchiare, ad apparire datati, per cui non è raro che, dopo qualche tempo, debbano essere sottoposti a un intervento di restyling. LA CONFEZIONE La confezione rappresenta uno degli elementi fondativi dell’identità della marca poiché contribuisce allo sviluppo dell’immagine riassumendone i valori portanti in un unico supporto caratterizzato da un numero particolarmente elevato di codici. La confezione può diventare, pertanto, un importante strumento di riconoscimento del brand. Inoltre, l’informazione comunicata o suggerita dall’involucro può aiutare la creazione o il rafforzamento di preziose associazioni mentali alla marca. Kotler definisce il packaging come l’insieme delle attività volte a progettare e realizzare il contenitore o l’involucro del prodotto. Il packaging è anche inteso come una delle caratteristiche del prodotto necessarie alla produzione del mix composito di benefici funzionali e simbolici ricercati dall’acquirente consumatore. Il packaging è parte integrante del sistema prodotto con doppia natura: - Oggettuale (protegge il prodotto, ne esalta le caratteristiche e lo mostra nella luce migliore) - Comunicativa (si rivolge al consumatore e comunica con lui) Tre tipologie di confezione: – Il packaging primario: l’involucro a diretto contatto con il contenuto – Il package secondario: avvolge la confezione primaria fornendo una protezione ulteriore e potenziando la comunicazione (es. scatola) – Il package terziario o imballaggio, costituito da tutti i materiali per ragioni logistiche (il cartone) La confezione attira l’attenzione: se la pubblicità contribuisce a stimolare il bisogno verso una specifica marca, per acquistarla occorre comunque che il consumatore possa individuarla sullo scaffale, fisico o virtuale che sia. Nei pochi secondi che l’acquirente trascorre di fronte a uno scaffale o a un sito online affollato, ogni confezione deve esprimere la propria capacità seduttiva, con l’obiettivo di orientare la scelta. Mediante la confezione, il consumatore legge la promessa della marca, individua gli elementi distintivi di quest’ultima e interpreta la filosofia dell’azienda a cui essa fa capo. La capacità comunicativa del packaging si esprime a due livelli: verbale e simbolico. Al primo concorrono essenzialmente le informazioni riportate sulla confezione (stampa o etichetta) allo scopo di illustrare il prodotto e di fornire istruzioni e suggerimenti per l’uso. Al secondo livello contribuiscono le capacità metacomunicative riconducibili a un più ampio universo culturale ed emotivo del consumatore-individuo. Valore pratico del Packaging Attiene alle funzionalità fisico-tecniche della confezione: - Trasportabilità - Richiudibilità - Conservabilità - Facilità d’uso - Ingombro Tale funzionalità dipende dalle caratteristiche tangibili relativamente la forma, materia, volumi e organizzazione delle diverse parti La valorizzazione di tipo pratico riguarda anche la funzione comunicativa del packaging: - Identificabilità - Distinguibilità (nel punto vendita e nei luoghi di consumo) - Completezza delle informazioni sulle modalità di impiego del prodotto Suscita una risposta psicologica cognitiva di tipo razionale (es. acquisizione di informazioni sul prodotto) Valore ideale del Packaging Concerne in sostanza la funzione comunicativa della confezione Dipende dal contesto comunicazionale di marketing costruito intorno al prodotto e dall’immagine di marca – Stimola una risposta psicologica affettiva da parte del fruitore e attiene all’immagine desiderata di sé, agli stili di vita cui si aspira. Importante nelle confezioni di beni caratterizzati da una forte valenza evocativa (lusso, profumeria, design...) L’etichetta comprende: ■ il copy, ossia la parte testuale, costituita da contenuti obbligatori (che mutano a seconda dei prodotti e dei Paesi) e da informazioni discrezionali, ossia scelte dalla marca con l’obiettivo di informare i consumatori sugli attributi del prodotto, sui benefici e sui possibili utilizzi. ■ il layout, vale a dire la composizione degli elementi testuali e illustrativi e il modo in cui sono distribuiti sullo spazio della confezione. ■ le scelte in termini di grafica, ovvero i caratteri dei testi (font, dimensioni, colori, ecc.) I PERSONAGGI Un particolare simbolo della marca, che può assumere forma diversa: alcuni sono figure immaginarie, mentre altri sono figure del tutto umane. GLI AVATAR Fra i segni di riconoscimento che le marche hanno iniziato a utilizzare in tempi recenti si pongono anche gli avatar, impiegati allo scopo di umanizzare il brand e coinvolgere sempre più i consumatori. Il primo tra essi è l’aspetto antropomorfo o umano, considerato una condizione necessaria affinché un avatar possa essere percepito come credibile e competente, influenzando le aspettative e la volontà di interagire. L'interattività è il secondo requisito critico per gli avatar digitali; essa indica la capacità di impegnarsi in interazioni bidirezionali, di natura verbale (voce) o non verbale (testo, animazione), attraverso (1) un controllo attivo o la capacità di partecipare e influenzare la comunicazione da parte dell’utente; (2) interazioni bilaterali e (3) sincronicità. Infine, il controllo o le modalità di controllo: persona vs. programma software, agente-umano vs. agente- macchina sono in grado di incidere su percezioni e comportamenti degli utenti, riflettendo le diverse euristiche evocate dalla macchina e/o dalle controparti umane e influenzando i criteri valutativi della qualità dell'interazione. Gli avatar variano moltissimo sia per quanto concerne l’aspetto visivo sia riguardo ai comportamenti nelle interazioni con le persone. Si distingue tra realismo nella forma (ossia la misura in cui la forma dell’avatar appare umana) e realismo comportamentale (cioè il grado in cui l’entità digitale si comporta come un essere umano). GLI SLOGAN Lo slogan è costituito da una speciale combinazione di parole in grado di riassumere l’essenza della marca e atta a trasformarsi in messaggio pubblicitario a tutti gli effetti. I JINGLE Si designano i motivi musicali (letteralmente, jingle significa «tintinnio») che accompagnano la marca, di solito nell’ambito delle comunicazioni pubblicitarie trasmesse dai mezzi di comunicazione di massa. CAPITOLO 4 INTRODUZIONE Ai fini della costruzione del valore del brand la conoscenza della marca (brand knowledge) svolge un ruolo essenziale, in quanto determina l’effetto differenziale. La conoscenza della marca viene concettualizzata in termini di presenza nella memoria del consumatore di un nodo – la marca, per l’appunto – e di molteplici associazioni mentali a esso collegate. Mentre la notorietà non ha alcun attributo e può perciò essere definita solo in termini di intensità, l’immagine può possedere più valenze, tante quante sono le possibili percezioni dei vari stakeholder. NOTORIETÀ DEL BRAND Il primo ambito nel quale possono essere sviluppate le associazioni è il prodotto ossia di un bene o di un servizio indirizzato a soddisfare determinate esigenze della domanda. Il management può far leva su tutti gli elementi di significato: la gamma; gli attributi e i benefici ottenibili; il rapporto fra qualità e prezzo; le caratteristiche del target e le modalità di utilizzo del prodotto; l’origine geografica. Gamma dei prodotti: vengono in evidenza i significati associati all’ampiezza e alla profondità dell’assortimento. Gli attributi di prodotto e/o i benefici: è utilizzata nel caso di marche di prodotto, il cui nome può rivelarsi efficace per sottolineare la presenza (oppure assenza) di un ingrediente particolare. Le associazioni possono essere costruite anche con riferimento ai benefici connessi all’utilizzo del prodotto. Il rapporto fra qualità e prezzo: lo sviluppo di associazioni mentali alla marca in quanto prodotto fa leva sulla capacità di evidenziare al consumatore l’equilibrio fra benefici offerti dal prodotto e sacrificio economico connesso al suo acquisto. Le caratteristiche del target e le modalità di utilizzo del prodotto: rappresenta una tradizionale modalità di sviluppo delle associazioni mentali alla marca. L’origine geografica: diverse marche sono riuscite a creare un significativo elemento di differenziazione anche attraverso l’associazione con il Paese di origine. COUNTRY OF ORIGIN Country of origin is – generally speaking - the country of manufacture, production, or design where an article or product comes from From a marketing perspective, "country of origin" gives a way to differentiate the product from the competitors COO is used as a substitute for information which form the basis for the consumer’s evaluation of the purchasing alternatives COO impacts on consumer perception and behavior through the image of the country itself Country of origin - Country with which good/service is associated Country of Manufacture (COM) - Country where the product is manufactured (for products) Country of Design (COD) - Country where the product is designed Il paese di origine è, in generale, il paese di fabbricazione, produzione o progettazione da cui proviene un articolo o prodotto. Dal punto di vista del marketing, il "paese d'origine" offre un modo per differenziare il prodotto dalla concorrenza Il COO viene utilizzato come sostituto delle informazioni che costituiscono la base per la valutazione da parte del consumatore delle alternative di acquisto. Il COO influisce sulla percezione e sul comportamento dei consumatori attraverso l'immagine del Paese stesso. Paese di origine - Paese a cui è associato il bene/servizio Paese di produzione (COM) - Paese in cui viene fabbricato il prodotto (per i prodotti) Paese di progettazione (COD) - Paese in cui è progettato il prodotto Then COO effect ⁃ can be defined as any influence that the country of manufacture, assembly, or design has on a consumer’s positive or negative perception of a product. In the absence of other product information, country of origin strongly impacts consumers’ product evaluations. ⁃ can be defined as any influence that the country of manufacture, assembly, or design has on a consumer’s positive or negative perception of a product. In the absence of other product information, country of origin strongly impacts consumers’ product evaluations. Effetto COO - può essere definito come qualsiasi influenza che il paese di produzione, assemblaggio o progettazione ha sulla percezione positiva o negativa di un prodotto da parte del consumatore. In assenza di altre informazioni sul prodotto, il paese di origine influisce fortemente sulle valutazioni del prodotto da parte dei consumatori. - può essere definito come qualsiasi influenza che il paese di produzione, assemblaggio o progettazione ha sulla percezione positiva o negativa di un prodotto da parte del consumatore. In assenza di altre informazioni sul prodotto, il paese di origine influisce fortemente sulle valutazioni del prodotto da parte dei consumatori. Il secondo ambito al quale è possibile riferire lo sviluppo di associazioni mentali alla marca riguarda l’organizzazione, con riferimento soprattutto alla cultura aziendale, ossia ai valori e ai principi guida che ne informano la strategia, le politiche e le azioni. Due elementi sui quali far leva per sviluppare associazioni mentali alla marca: le caratteristiche istituzionali dell’azienda; la dimensione locale o sovranazionale. Le caratteristiche istituzionali possono fare riferimento ad aspetti di natura formale o anche sostanziale. Nel primo caso, viene in evidenza l’adozione di un assetto che vincola l’azienda (profit – no profit). Le caratteristiche istituzionali di natura sostanziale comportano un concreto impegno fattuale riguardo al proprio modo di operare, suffragato pure dall’adozione di un codice etico o di una carta dei valori, in grado di fornire una bussola per i processi di scelta del consumatore. Il terzo ambito nel quale possono svilupparsi associazioni forti, desiderabili e uniche, sono le persone alle quali ricondurre l’origine del brand o comunque impiegate nelle attività di comunicazione che lo riguardano. Le associazioni mentali alla marca si sviluppano con riferimento alla figura del fondatore, ossia a colui al quale si deve la nascita dell’azienda o di un certo prodotto, specie se si tratta di prodotti iconici di quel brand. La persona rispetto alla quale vengono sviluppate le associazioni alla marca può essere un individuo comune in grado sia di rafforzare la percezione dei tratti di personalità della marca, sia di agevolare la percezione del profilo tipico dell’utilizzatore del brand. Lo sviluppo di associazioni alla marca facendo leva sulle persone raggiunge probabilmente il proprio apice mediante il ricorso a un personaggio famoso (testimonial o brand endorser). Tre criteri per la selezione del testimonial: ■ il fit di categoria, in base al quale la selezione del testimonial avviene ricercando un personaggio congruente, e dunque credibile, con la categoria in cui opera la marca. ■ il fit di performance, per effetto del quale il testimonial è individuato sulla base dei risultati ottenuti. ■ il fit di immagine, in base al quale si seleziona un testimonial ritenuto in possesso di caratteristiche desiderabili – in termini di tratti della personalità – da abbinare alla marca e/o all’utilizzatore tipo della stessa. Il quarto ambito al quale può essere riferito lo sviluppo di associazioni mentali alla marca è quello della marca come simbolo. In questa prospettiva, possono essere valorizzati due elementi: gli stimoli visivi e l’heritage della marca. LA PERSONALITÀ DELLA MARCA Il concetto di brand personality rimanda all’attribuzione alla marca di tratti tipici della personalità umana. La tendenza ad antropomorfizzare gli oggetti fa sì che i consumatori possano pensare alle marche come se possedessero caratteristiche umane, tant’è che non pochi sono soliti associare a queste aggettivi quali: «sportiva», «giovanile», «allegra», «tradizionalista», «interessante». I consumatori associano alle marche caratteristiche della personalità umana: ▪ perché le percepiscono quali estensioni di se stessi; ▪ perché esprimono la propria personalità mediante l’uso dei brand; ▪perché le politiche di marketing attivate dalle aziende inducono in essi la convinzione che le marche possiedano certe caratteristiche umane. Una personalità di marca favorevole migliora le risposte cognitive, affettive e comportamentali dei consumatori, con conseguenti effetti positivi sulla brand equity. Una marca con una personalità attraente funge infatti da «actractive relationship partner», stimolando fiducia e fedeltà e, in tal modo, beneficiando di un incremento delle probabilità di scelta da parte del consumatore. Una delle teorie più condivise è quella cosiddetta dei «big five», secondo la quale la personalità ruota attorno a cinque fattori, che combinati insieme formano le diversità e le peculiarità di ogni individuo: estroversione, amicalità, coscienziosità, nevroticismo, apertura all’esperienza. “L’insieme delle caratteristiche umane attribuibili alla marca, caratteristiche che i consumatori tendono ad associare alla stessa in modo relativamente stabile nel tempo” (Aaker, 1997). Sincerity: Disney, Amazon Excitement: Tesla, Coca Cola, Nike, Red Bull Competence: Volvo, Google, Intel, Microsoft Sophistication: Tiffany, Rolex, Gucci, Apple Ruggedness (ruvidità): Timberland, Jeep, Marlboro BRAND HATE Per determinati brand si manifestano opinioni critiche, fino a sviluppare veri e propri sentimenti fortemente negativi. Tutto questo è conseguenza di un livello qualitativo del prodotto ritenuto scadente o di un’insoddisfazione sperimentata in una o più occasioni di interazione con la marca, che inducono il consumatore a ripromettersi di non acquistarla mai più, di consumarla meno frequentemente e/o di a comunicare agli altri la propria esperienza insoddisfacente. L’odio verso la marca come «an intense negative emotional affect toward the brand». INTRODUZIONE ALLA COMUNICAZIONE Cosa vuol dire comunicazione Comunicazione come processo I 3 livelli di risposta Le aree della comunicazione Cosa vuol dire comunicazione Per comunicazione intenderemo“qualsiasi evento, oggetto, comportamento, che modifica il valore di probabilità del comportamento futuro di un organismo” (Watzlawick 1967). Il concetto di comunicazione è quindi diverso dal concetto di informazione. Nella comunicazione le informazioni sono corredate da attività “complementari”, sia a monte che a valle, quali: • l’analisi dei bisogni informativi • la considerazione degli effetti dei messaggi Nella informazione si lavora sul linguaggio (dati e simboli), mentre nella comunicazione si lavora sui significati. La comunicazione si associa al concetto di “mettere a comune”; alla condivisione del contesto ed alla interattività del processo. Watzlawick (1967) sottolinea come lo stesso comportamento è una sorta di messaggio o mezzo attraverso cui l’essere comunica. È impossibile per qualsiasi essere vivente essere privo di comportamento e quindi “è impossibile non comunicare”. Di conseguenza “comunicazione è tutto ciò che, esplicitamente o implicitamente, incide (modificandoli o rinforzandoli) sugli atteggiamenti e sui comportamenti delle persone”. La comunicazione aziendale non coincide con l’azienda, ma comprende tutte le forme con le quali l’azienda si pone in relazione con l’ambiente (esterno e interno). IL PROCESSO DI COMUNICAZIONE Emittente: è la persona o la struttura da cui ha origine la comunicazione. Occorre distinguere la fonte dai canali di comunicazione. Il fondamentale requisito della fonte di comunicazione è il possesso del potere decisionale (in ambito aziendale: organo di governo; general management; consulente di comunicazione). Area del decidere vs area dell’agire. Caratteristiche fondamentali della fonte: credibilità (affidabilità e competenza) e attrazione. Codifica: processo attraverso il quale una «idea di comunicazione» si trasforma in simboli, immagini, suoni, forme e linguaggi. Elaborazione di un messaggio comprensibile e in grado di influenzare il sistema cognitivo e le percezioni del ricevente. Messaggio: è l’insieme di simboli trasmessi dalla fonte emittente. Contenuto informativo/razionale oppure persuasivo/emotivo. Struttura del messaggio unidimesionale (pubblico ben disposto) o bidimensionale. Importanza dell’ordine delle informazioni e della quantità. Mezzo: è il supporto fisico, cioè il mezzo utilizzato per far sì che il messaggio giunga al destinatario. La scelta del canale è condizionata dal tipo di messaggio che si vuole trasmettere, dal ricevente che si vuole raggiungere e dal contesto in cui si opera. Decodifica: il processo attraverso il quale il destinatario ricevente riesce a comprendere i messaggi veicolati dalla fonte emittente. Destinatario ricevente: la persona o insieme di persone cui il messaggio è destinato, almeno in teoria («effetto alone», ovvero la quantità di comunicazione che va al di fuori del target obiettivo). La comunicazione è efficace quando raggiunge gli obiettivi prefissati, ovvero quando i contenuti sono correttamente codificati e si ottiene la modifica desiderata del comportamento del ricevente. La comunicazione è efficiente quando, a fronte di un investimento, si raggiunge il maggior numero. Feedback: risposta del destinatario ricevente. Rumore: barriere alla comunicazione sociali, culturali, economiche, ideologiche, aziendali. Il feedback è l’insieme delle reazioni espresse dal ricevente dopo essere stato esposto a un certo messaggio e aver attribuito un significato al contenuto ll feedback può intendersi come risposta, che può essere: OGGETTIVA/SOGGETTIVA MISURABILE O MENO COMPORTAMENTALE/COGNITIVA/AFFETTIVA (Importante! Tre livelli di risposta alla comunicazione) I LIVELLI DI RISPOSTA 1. Risposta cognitiva (apprendimento): Consapevolezza, riconoscimento, richiamo, conoscenza, familiarità, somiglianza percepita 2. Risposta affettiva (sensazione): Preferenza, convinzione, intenzione di acquisto, atteggiamento 3. Risposta comportamentale (azione): Informazione, visita allo show-room, cold call, restituzione di coupon, prova, acquisto, fedeltà, esclusività, tasso di utilizzo IL PIANO DI COMUNICAZIONE CSR or CPA? Social or political activism? Political CSR “New political role to corporations, addressing issues such as public health, education, social security, and protection of human rights” (Lock & Seele, 2018) (Un nuovo ruolo politico per le aziende, affrontando questioni come la salute pubblica, l’istruzione, la sicurezza sociale e la tutela dei diritti umani) Brand political activism (attivismo politico del marchio) “The act of publicly taking a stand on divisive social or political issues by a brand or an individual associated with a brand" (Kotler & Sarkar, 2017) (L'atto di prendere pubblicamente posizione su questioni sociali o politiche controverse da parte di un marchio o di un individuo associato a un marchio) BRAND ACTIVISM Direct interactions between businesses and formal legal institutions. “A company’s efforts to influence government policy in ways favourable to the company itself” Not merely to shape the industry in which the company operates, but also to affect the nation at large. “A public position taken by an organisation or its executives on a divisive political issue, election, or government legislation” Interazioni dirette tra imprese e istituzioni giuridiche formali. “Gli sforzi di un’azienda per influenzare la politica del governo in modi favorevoli all’azienda stessa” Non solo per modellare il settore in cui opera l’azienda, ma anche per influenzare la nazione in generale. “Una posizione pubblica assunta da un’organizzazione o dai suoi dirigenti su una questione politica, elettorale o legislativa governativa controversa” 88% of consumers believe that brands have the power to influence social change and 78% think that companies should take action to address important issues facing society L’88% dei consumatori ritiene che i marchi abbiano il potere di influenzare il cambiamento sociale Il 78% ritiene che le aziende dovrebbero agire per affrontare le questioni importanti che la società deve affrontare TOWARD A DEFINITION OF CSR The first and best-known definition of sustainable development has been formulated by the Brundtland Commission of the United Nations in its report “Our Common Future” (United Nations, 1987). “development that meets the needs of the present without compromising the ability of future generations to meet their own needs. It contains within it two key concepts: the concept of 'needs', in particular the essential needs of the world's poor, to which overriding priority should be given; and the idea of limitations imposed by the state of technology and social organization on the environment's ability to meet present and future needs”. La prima e più nota definizione di sviluppo sostenibile è stata formulata dalla Commissione Brundtland delle Nazioni Unite nel suo rapporto “Our Common Future” (Nazioni Unite, 1987). “uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Contiene al suo interno due concetti chiave: il concetto di “bisogni”, in particolare i bisogni essenziali dei poveri del mondo, ai quali dovrebbe essere data priorità assoluta; e l'idea delle limitazioni imposte dallo stato della tecnologia e dell'organizzazione sociale alla capacità dell'ambiente di soddisfare i bisogni presenti e futuri”. A variety of terms have been used to refer to consumer behaviours that reflect the broader and longer-term impacts of consumption on society and/or on the environment, such as “sustainable consumption”; “socially responsible consumption”; “responsible consumption”; “green consumption”, and “pro-environmental behaviour”. Sono stati utilizzati diversi termini per riferirsi ai comportamenti dei consumatori che riflettono gli impatti più ampi e a lungo termine del consumo sulla società e/o sull’ambiente, come “consumo sostenibile”; “consumo socialmente responsabile”; “consumo responsabile”; “consumo verde” e “comportamento a favore dell’ambiente”. “Green Marketing” is meant as the integration of environmental sustainability into marketing. Even though some studies highlighted that the words “green”, “greener”, “eco”, “ecological”, “environmental”, “sustainable”, and “sustainability” associated to the word “marketing” may have slightly different meanings and may indicate an evolution of the concept over time, we can consider them as synonyms. Per “Green Marketing” si intende l’integrazione della sostenibilità ambientale nel marketing. Anche se alcuni studi hanno evidenziato che le parole “verde”, “più verde”, “eco”, “ecologico”, “ambientale”, “sostenibile” e “sostenibilità” associate alla parola “marketing” possono avere significati leggermente diversi e potrebbero indicano un’evoluzione del concetto nel tempo, possiamo considerarli sinonimi. TOWARD A DEFINITION OF GREEN MARKETING GREEN COMMUNICATION Green advertising should highlight product environmental benefits, promote sustainable lifestyles, improve the green image of the brand, and reduce the information asymmetry typical of green products (D'souza et al., 2007). Leonidou et al. (2011) observed an increase in the amount of details in green advertisements over time, highlighting that it could be due to several reasons: the heavy investment made by many firms in environmental equipment and processes; the need to differentiate themselves from competitors by communicating a green image; the diversity of environmental problems, requiring more extensive and in-depth communication. Most consumers are quite positive in their response to green commercials, even though the potentials of green commercials are not yet fully exploited and greenwashing could harm firm performance (Raska et al., 2015). Nyilasy et al. (2012) found that green advertising has a negative effect on rand attitude, especially for companies with negative environmental performance, so suggesting that some companies should prefer staying silent. Significant promotion tools green advertising as promotional messages that may appeal to the wants and desires of environmentally concerned consumers (Ankit and Mayur, 2013). The objective of green advertisements is to influence consumers’ purchase behavior by encouraging them to buy products that do not hurt the environment and to direct their interest to the positive consequences of their purchase behavior, for themselves as well as the environment (Rahbar and Abdul Wahid, 2011). Green promotion involves communicating information on the environmental commitments and the efforts made by companies to consumers. This element in the green marketing mix includes various activities like paid advertising, public relations, sales promotions, direct marketing and on-site promotions (Fan and Zeng, 2011). Green promotion means transferring actual environmental information to those consumers who are involved in a company’s activities. Also, companies’ commitment to protect natural resources is for the purpose of attracting the target market (Shirsavar and Fashkhamy, 2013). La pubblicità verde dovrebbe evidenziare i benefici ambientali del prodotto, promuovere stili di vita sostenibili, migliorare l’immagine verde del marchio e ridurre l’asimmetria informativa tipica dei prodotti verdi (D’souza et al., 2007). Leonidou et al. (2011) hanno osservato nel tempo un aumento della quantità di dettagli nelle pubblicità verdi, evidenziando che ciò potrebbe essere dovuto a diverse ragioni: i pesanti investimenti effettuati da molte aziende in attrezzature e processi ambientali; la necessità di differenziarsi dai concorrenti comunicando un'immagine green; la diversità dei problemi ambientali, che richiedono una comunicazione più ampia e approfondita. La maggior parte dei consumatori ha una risposta piuttosto positiva agli spot pubblicitari verdi, anche se le potenzialità degli spot verdi non sono ancora pienamente sfruttate e il greenwashing potrebbe danneggiare le prestazioni dell’azienda (Raska et al., 2015). Nyilasy et al. (2012) hanno scoperto che la pubblicità verde ha un effetto negativo sull’atteggiamento del rand, soprattutto per le aziende con prestazioni ambientali negative, suggerendo quindi che alcune aziende dovrebbero preferire restare in silenzio. Strumenti di promozione significativi della pubblicità ecologica come messaggi promozionali che possono fare appello alle esigenze e ai desideri dei consumatori attenti all’ambiente (Ankit e Mayur, 2013). L'obiettivo della pubblicità verde è influenzare il comportamento d'acquisto dei consumatori incoraggiandoli ad acquistare prodotti che non danneggiano l'ambiente e indirizzare il loro interesse verso le conseguenze positive del loro comportamento d'acquisto, per se stessi e per l'ambiente (Rahbar e Abdul Wahid , 2011). La promozione verde implica la comunicazione ai consumatori di informazioni sugli impegni ambientali e sugli sforzi compiuti dalle aziende. Questo elemento nel mix di marketing verde include varie attività come quelle a pagamento pubblicità, pubbliche relazioni, promozioni delle vendite, marketing diretto e promozioni sul posto (Fan e Zeng, 2011). Promozione green significa trasferire reali informazioni ambientali ai consumatori coinvolti nelle attività di un’azienda. Inoltre, l’impegno delle aziende a proteggere le risorse naturali ha lo scopo di attrarre il mercato di riferimento (Shirsavar e Fashkhamy, 2013). NEGATIVE SIDE OF GREEN MARKETING The term “Greenwashing” is a clever play on the well-known terms “white washing”, which refers to the general attempt to appear better than one is, and “brainwashing”, referring to the manipulation of beliefs (Ross and Deck, 2011). According to Delmas and Burbano (2011), Greenwashing can be placed at the intersection of two firm behaviors: poor environmental performance and positive communication about environmental performance. A Greenwashing operation means providing environmental advertising without environmental substance. Greenwashing also means that marketers or organizations make false environmental claims about their products and services (Yadav and Pathak, 2013) A Greenwashing operation means providing environmental advertising without environmental substance. Greenwashing also means that marketers or organizations make false environmental claims about their products and services (Yadav and Pathak, 2013). Green skepticism has grown with greenwashing, and it would obstruct green marketing. Real green claims would suffer from greater skepticism since it is hard for customers to differentiate the reliability of green marketing initiatives. Corporate sustainability initiatives can negatively affect consumers' attitudes toward and evaluations of the company (Johnson-Young & Magee, 2019) and therefore reduce purchase intentions (Cho & Baskin, 2018) because consumers may associate sustainability with a compromise in product functionality (Essoussi & Linton, 2010), esthetics (Luchs et al., 2012), or healthiness (Rausch & Kopplin, 2021) How recycled materials are perceived? The recycled nature of a can cause a lower perceived quality (Magnier et al., 2019). Second-hand products are a growing trend in consumer behavior, but consumers can be worried about bacteria from pre-owners, transmission of diseases, odor and dirtiness (Becker-Leifhold and Iran, 2018). Packaging is a recent stream of literature - less-packaging may have a negative impact on brand image (Monnot et al., 2019). Il termine “Greenwashing” è un gioco intelligente tra i termini ben noti “white washing”, che si riferisce al tentativo generale di apparire migliore di quello che si è, e “brainwashing”, che si riferisce alla manipolazione delle credenze (Ross e Deck, 2011 ). Secondo Delmas e Burbano (2011), il Greenwashing può essere collocato all’intersezione di due comportamenti aziendali: scarsa performance ambientale e comunicazione positiva sulla performance ambientale. Un'operazione di Greenwashing significa fare pubblicità ambientale senza contenuto ambientale. Greenwashing significa anche che gli operatori di marketing o le organizzazioni fanno false dichiarazioni ambientali sui loro prodotti e servizi (Yadav e Pathak, 2013) Un'operazione di Greenwashing significa fare pubblicità ambientale senza contenuto ambientale. Greenwashing significa anche che gli operatori di marketing o le organizzazioni fanno false dichiarazioni ambientali sui loro prodotti e servizi (Yadav e Pathak, 2013). Lo scetticismo verde è cresciuto con il greenwashing e ciò ostacolerebbe il marketing verde. Le vere affermazioni ecologiche risentirebbero di un maggiore scetticismo poiché è difficile per i clienti differenziare l’affidabilità delle iniziative di marketing ecologico. Le iniziative di sostenibilità aziendale possono influenzare negativamente l'atteggiamento e la valutazione dei consumatori nei confronti dell'azienda (Johnson-Young & Magee, 2019) e quindi ridurre le intenzioni di acquisto (Cho & Baskin, 2018) perché i consumatori possono associare la sostenibilità a un compromesso nella funzionalità del prodotto (Essoussi & Linton, 2010), estetica (Luchs et al., 2012) o salubrità (Rausch & Kopplin, 2021) Come vengono percepiti i materiali riciclati? La natura riciclata di un prodotto può causare una qualità percepita inferiore (Magnier et al., 2019). I prodotti di seconda mano rappresentano una tendenza in crescita nel comportamento dei consumatori, ma i consumatori possono essere preoccupati per i batteri provenienti dai pre- proprietari, la trasmissione di malattie, gli odori e la sporcizia (Becker-Leifhold e Iran, 2018). Il packaging è un flusso recente di letteratura: un packaging ridotto potrebbe avere un impatto negativo sull'immagine del marchio (Monnot et al., 2019). should be done by a private, independent and presumably impartial organization or whether it should be done by a government entity. The massive presence of different eco-labels in the market (i.e., more than 450 according to the EU commission), each of them certifying a different type of sustainability through the presence of different combination of visual design, may confuse consumers and making their presence not effective. Etichettatura Un'area di considerazione molto importante è stata quella delle etichette ecologiche, etichette che certificano che un determinato prodotto è sicuro o rispettoso dell'ambiente. Una considerazione chiave è se questa etichettatura debba essere effettuata da un’organizzazione privata, indipendente e presumibilmente imparziale o se debba essere effettuata da un ente governativo. La massiccia presenza di diversi marchi di qualità ecologica sul mercato (più di 450 secondo la Commissione UE), ciascuno dei quali certifica un diverso tipo di sostenibilità attraverso la presenza di diverse combinazioni di visual design, può confondere i consumatori e rendere la loro presenza non efficace. GREEN APPEALS Claiming environmental responsibility through advertising is a popular way to persuade consumers to associate products and brands with positive environmental messages. Despite limited studies about the classification of environmental claims, a content analysis suggested four types of environmental information: (1) product orientation (e.g. ‘This product is biodegradable’), (2) process orientation (e.g. ‘20% of the raw materials used in producing this good are recycled’), (3) image orientation (e.g. ‘We are committed to preserving our forests’) and (4) environmental facts (e.g. ‘The world’s rain forests are being destroyed at the rate of two acres per second’). Substantive environmental claims include precise product- or process-related information regarding how companies produce environmentally beneficial products or services. Concrete, substantive claims align with consumer desires for concrete rather than vague product information and are likely to evoke favourable consumer responses. Associative claims provide indirect information intended to make consumers associate products or processes with environmental responsibility although the advertisers are not directly involved in the initiatives. As environmental issues become more salient, companies may indicate eco-friendliness by making substantive or associative claims to generate positive customer attitudes and behaviours, improve corporate reputations, ensure repeat purchases and enhance performance. The first route to influencing sustainable consumer behaviors is social influence. Consumers are often impacted by the presence, behaviors, and expectations of others. Social factors are one of the most influential factors in terms of effecting sustainable consumer behavior change. Social norms, or beliefs about what is socially appropriate and approved of in a given context, can have a powerful influence on sustainable consumer behaviors (composting and recycling, conserving energy, choosing sustainably sourced food, choosing green hotels). “Descriptive norm” to refer to information about what other people are doing or commonly do. In contrast, “injunctive norms” convey what behaviors other people approve and disprove of. Such norms can thereby influence sustainable behaviors, but they should be used carefully. Communications regarding sustainable behavior often use “fear appeals” that highlight the negative consequences of a given action or inaction. On the one hand, communications that leave the individual feeling as though the consequences are uncertain and temporally distant can make the situation seem less dangerous and can lead to inaction. On the other hand, using strong fear appeals can lead to a sense of being unable to overcome the threat and can result in denial. Because of this, it is best to use moderate fear appeals and to combine these with information about efficacy and what actions to take. Guilt can influence sustainable intentions and behaviors. This is largely due to the consumer assuming individual responsibility for the unsustainable outcomes, leading people to feel morally responsible for the environment. Research shows that “anticipated guilt” can also influence people to act in a pro- environmental manner. Anticipated guilt is more effective at encouraging sustainable behavior when consumers are subtly asked to consider their own self-standards of behavior rather than when they are exposed to explicit guilt appeals, which can backfire. Appeals based on consumer benefits (e.g., cost savings) and appeals based on societal benefits (e.g., reduced emissions). Communication strategies that emphasize different benefits are also noted in Green & Peloza and Kareklas, Carlson, & Muehling. Previous research indicates that consumers, when purchasing environmentally oriented products, place personal benefits aside, therefore, it is expected that ecological-benefit appeal would be considered more important for more environmentally conscious consumers. Marketers can strategically choose message framing to encourage sustainable choices. Prospect Theory describes how people make decisions between alternatives that involve risk. According to this theory, the outcomes of the decisions can be framed as either perceived losses (loss frame) or perceived gains (gain frame). A loss-framed message would highlight the disadvantages associated not to adopt the target action while a gain-framed message will emphasize the benefits of the target action. For instance, a message that states “if you do not recycle, the environment will deteriorate” can be considered a loss-framed message. On the contrary, a message like “if you recycle, you conserve natural resources” can be considered a gain one. Prior research suggests that because of a more sensitivity towards loss aversion, negatively framed messages tend to be more effective than positively framed ones. It has been argued that individuals tend to dislike losses more than equivalent gains because of the well-documented negativity bias in our attention where “negative information exerts a greater impact on judgment than does objectively equivalent positive information”. SEMINARIO Banfi - produttore del Brunello di Montalcino (scaricare slide) 10/04 IL PIANO DI COMUNICAZIONE Il PIANO DI COMUNICAZIONE è un documento che definisce i principi che guidano e armonizzano le attività di comunicazione delle organizzazioni 1) Analisi del problema 2) Definizione delle finalità dell’organizzazione 3) Individuazione e ascolto dei pubblici 4) Definizione degli obiettivi di comunicazione 5) Gestione delle variabili 6) Selezione dei destinatari dei messaggi 7) Definizione dei messaggi chiave e test 8) Selezione dei media 9) Scelta del mix comunicazionale 10) Definizione del budget e disegno del Piano Operativo 11) Misurazione dei risultati 1) Analisi del problema Ogni Piano di comunicazione nasce analizzando la situazione di partenza dell’organizzazione. Tra le molte metodologie di analisi, la SWOT è probabilmente quella più comunemente usata. E’ una metodologia usata per individuare i Punti di Forza e i Punti di Debolezza (analisi interna), le Opportunità e le Minacce (analisi esterna) di una organizzazione in un contesto, al fine di prendere decisioni utili al raggiungimento di un obiettivo. Fattori che incidono sulla scelta dei media: - Obiettivi complessivi di marketing e comunicazione - Target primario (ed eventualmente secondario): caratteristiche ed abitudini nell’utilizzo dei media - Azioni dei concorrenti - Risorse disponibili (budget) 9) Scelta del mix comunicazionale Advertising (pubblicità) and traditional media: pubblicità in televisione, radio, cinema e outdoor Sponsorship: sponsorizzazione, supporto di un’azienda per un’altra organizzazione, si può fare finanziariamente, a livello tecnico (per esempio le aziende che forniscono abbigliamento formale per le squadre sportive). Ha un regime fiscale vantaggioso per cui le aziende sono invogliate alla sponsorizzazione. Motivi di sponsorizzazione: finanziari, notorietà, coerenza con l’immagine del brand, target. Events and experiences: marketing esperenziale: consegnare al consumatore non solo un prodotto ma anche un esperienza (sul punto vendita). Eventi in cui si sviluppa la notorietà del brand (fiera di settore, eventi aziendali, brand che vendono prodotti per strada a target specifici con venditori vestiti con abbigliamento del brand). Questo tipo di comunicazione è molto costosa. Public relations: relazioni che l’impresa intrattiene con comunitari professionisti come la stampa (comunicati stampa, conferenze stampa, pacchi PR agli influencer, lista PR: lista di comunicatori professionisti rilevanti come giornalisti, influencer, vip a cui rivolgere una comunicazione particolare). Digital marketing: pubblicità online (social media: pubblicità a pagamento, comunicazione organica: non a pagamento, attraverso il piano dei contenuti), banner nei siti internet (call to action, intrusivo), email marketing (newsletter), sito web impresa, search engine optimisation (posizionarsi più in alto sulle ricerche Google attraverso l’ottimizzazione. SEO specialist, esperti di digital marketing che creano siti web utilizzando parole chiavi, Google premia chi ottimizza i siti attraverso parole chiave; forma di comunicazione gratis non paghi Google per farti indicizzare per primo), search engine marketing (SEM, risultati sponsorizzati, si comprano determinate parole chiave in modo che quando l’utente le utilizza il contenuto esca come contenuto sponsorizzato) (oggi va di moda comprare le parole chiave dei competitor per apparire anche quando l’utente cerca un’altra impresa), pubblicità sulle app, applicazioni dell’impresa. Personal selling: contatto tra cliente e venditore (personale di vendita in un negozio), interfaccia con il consumatore finale, personale di contatto che spesso plasma la nostra idea sull’impresa, quindi è uno strumento fondamentale in quanto elemento principale di contatto con l’utente. Sales promotions: promozione delle vendite (sconti, concorsi a presi), caratteristica fondamentale è la durata definita (quindi promozioni di breve durata, quando la promozione è costante nel tempo non è più una promozione). Come si scelgono gli strumenti del communication mix? Dipende dal budget (alcuni strumenti sono molto costosi), dagli obbiettivi di comunicazione, dal target che si riesce a raggiungere con ciascuno degli strumenti. Alcune imprese, le grandi imprese, utilizzano tutti gli strumenti (Nike) 10) Definizione del budget e disegno del Piano Operativo Il budget per la comunicazione, determinato di solito su base annua, è il documento previsionale in cui sono rappresentate le attività inerenti il piano di comunicazione e la previsione dei costi necessari alla sua realizzazione. Costituisce una componente del processo di programmazione economica e gestionale, ed è chiamato a garantire la coerenza tra gli obiettivi fissati dal top management e quelli specifici della strategia di comunicazione Half the money I spend on advertising is wasted; the trouble is I don't know which half. John Wanamaker (1838 - 1922) (attributed) (Previsione dei costi per ciascuno strumento di comunicazione. Stimare i costi e gli effetti della comunicazione è difficilissimo. Guida l’azione dell’impresa nella comunicazione dell’anno successivo). Il budget di comunicazione non è sinonimo di budget pubblicitario, perché include tutte le attività di comunicazione. La formulazione del budget, ossia la traduzione in previsioni di spesa delle iniziative di comunicazione, risulta un’attività molto complessa perché manca un nesso causale immediato tra costo sostenuto e ricavo ottenibile e quindi è difficile stabilire il budget ottimale. Il Piano Operativo è il documento interno all’organizzazione che descrive, in sintesi, i passi da compiere per guidare efficacemente la realizzazione del Piano di comunicazione. Il Piano Operativo è uno strumento: Di attuazione Di controllo in corso d’opera dell’attuazione Di raccordo con i vertici dell’organizzazione per tutto ciò che interessa le diverse funzioni operative 11) Misurazione dei risultati Misurabilità degli obiettivi e, di conseguenza, dei risultati di comunicazione. La comunicazione deve essere misurabile. Identificazione dei KPI (key performance indicators) rilevanti Metriche di copertura: es. visite al sito web, ascolti televisivi, readership, notorietà del brand… Metriche di azione: lead generation, costo per lead, grado di soddisfazione… Metriche di conversione: volume delle vendite online/offline, tasso di conversione in vendite, costo per vendite, valore medio dell’ordine… Metriche di coinvolgimento: % clienti attivi, follower social attivi, indice di fedeltà… INTEGRATED MARKETING COMMUNICATION “a concept of marketing communications planning that recognises the added value of a comprehensive plan that evaluates the strategic roles of a variety of communications disciplines, e.g. general advertising, direct response, sales promotion and public relations – and combines these disciplines to provide clarity, consistency and maximum communication impact”. “meaning the individual efforts are mutually reinforcing with the resulting effect being greater than if each functional area had selected its own targets, chosen its own message strategy, and set its own media schedule”. (American Association of Advertising Agencies) FOCUS: IL BUDGET DI COMUNICAZIONE IL METODO RAZIONALE Quando i risultati attesi sono per lo più di tipo “economico” e quindi espressi in potenziale aumento delle vendite e dei profitti. La comunicazione è ritenuta in grado di aumentare le vendite (con gradi di efficacia diversi per pressione) ed il suo livello ottimale sarà in corrispondenza della massima distanza tra le curve dei costi e dei ricavi totali. Nell’intervallo iniziale (fino al punto A) il costo sostenuto in comunicazione non riesce a generare risultati apprezzabili. Per livelli di comunicazione superiore i rendimenti sono maggiori dei costi sostenuti, grazie alla maggiore efficacia (più copertura e più frequenza: che aiuta il ricordo). Il rendimento è crescente fino al punto B, dove si ha la massimizzazione del profitto atteso. Nella pratica, i diversi metodi di determinazione del budget di comunicazione vengono utilizzati in modo congiunto ed integrato • Si parte dalla storia della marca e la fase del suo ciclo di vita • Si analizzano i competitors e la categoria (soglie di visibilità) • Si stima il fabbisogno degli obiettivi di comunicazione sulla base del piano di marketing • Basandosi su quanto investito l’anno precedente si determina il fabbisogno coerente con la disponibilità finanziaria MARKETING COMMUNICATION MIX STRUMENTI DEL MIX COMMUNICATION DIRECT MARKETING Definizione e obbiettivi del marketing diretto Per direct marketing o marketing diretto si intende un insieme di tecniche scelte dall’impresa con l’intento di instaurare un rapporto diretto (o il meno possibile mediato) con il cliente (advertising one-to-one, personalizzato). Il tema del marketing diretto: non è nuovo, identificandosi con tecniche che riconducibili anche a strumenti e figure antiche come il “venditore door to door” o come i cataloghi di venditi. Allo stesso tempo, si avvale oggi di tecniche e strumenti sofisticati anche mediante l’utilizzo di uno o più media e di ampi database costruiti attraverso l’ausilio delle più recenti tecnologie. Chiosco delle marche, per esempio nei supermercati con addetti che ti spiegano. Si cerca una risposa comportamentale (l’azienda vuole che tu compri). La definizione di marketing diretto: ⁃ enfatizza la relazione diretta impresa-cliente ⁃ pone l’accento sulla quantità e qualità della comunicazione ⁃ si avvale di un’ampia gamma di tecnologie della comunicazione e dell’informazione ⁃ si basa sulla costruzione di un sistema interattivo ⁃ consente alle imprese di sviluppare un contatto diretto e personale con il mercato Il marketing diretto funziona bene con i clienti fedeli (cross-selling o up-selling, proporre prodotti complementari o di valore più alto rispetto a quelli già acquistati dal cliente). 1. Selettività del messaggio: questa caratteristica è riconducibile al fatto che l’azienda può veicolare la propria comunicazione ad una audience preselezionata, fenomeno che viene abitualmente identificato in termini di targeting; l’individuazione del target non avviene sulla base di classificazioni generali, dall’alto verso il basso, ma dalla aggregazione di possibili gruppi di destinazione delle iniziative sulla base degli elementi emergenti o che possono successivamente emerge da database, quando dal basso verso l’alto. 2. Capillarità dell’azione: si tratta di una caratteristica implicita nella possibilità di rivolgersi ad un pubblico che può essere individuato con precisione. 3. Personalizzazione della comunicazione: tanto più individuale e selettivo è il contatto, tanto maggiore è la possibilità di adattare la comunicazione e di finalizzarla alla soddisfazione del cliente e delle sue specifiche esigenze; il grado di personalizzazione della comunicazione dipende anche dalla quantità e dalla qualità delle informazioni disponibili all’azienda. 4. Misurabilità dell’azione: si tratta di una precisa caratteristica del marketing diretto, dalla quale possono derivare precisi vantaggi, dal momento che nel marketing diretto il destinatario dell’azione risulta sollecitato a rispondere in tempi rapidi all’offerta dell’impresa. La risposta può assumere la forma di ordine vero e proprio, come nel caso delle vendite per corrispondenza, oppure può costituire un passaggio intermedio. Alla emissione di ogni segnale da parte dell’impresa corrisponde una risposta positiva, negativa o nulla, che consente la misurabilità dei risultati, e quindi dell’efficacia delle azioni di comunicazione. Il monitoraggio costante delle informazioni relative a clienti reali e potenziali ed alle iniziative già attuate, permette l’aggiornamento dei dati, la ridefinizione degli obbiettivi e una maggiore precisione nell’orientamento degli sforzi futuri. Indici di efficienza 1. COSTO PER CONTATTO (CPC): investimento / numero di contatto 2. COSTO PER RISPOSTA (CPR): investimento / numero di risposte 3. COSTO PER ORDINE (CPO): investimento 7 numero di ordini Indici di efficacia 1. REDEMPTION (tasso di risposta): numero di risposte / numero di contatti X 100 2. CLICK-THROUGH RATE (CTR): numero di click / numero di esposizioni X 100 3. PROVA DI PRODOTTO (TRIAL): numero di risposte per prova prodotto / numero di risposte X 100 4. ORDINE DI ACQUISTO (ORDER): numero di ordini per acquisto / numero di risposte per prova prodotto X 100 MEZZI DEL DIRECT MARKETING: Direct mail: corrispondenza postale (invio di cataloghi, opuscoli, campioni gratuiti). Direct response advertising: numero verde, spot televisivi, pubblicità con coupon, inserti e supplementi inseriti in quotidiani e periodici, spot in radio. Enfatizzare il bisogno di agire direttamente e rendere minimo lo sforzo richiesto. Telemarketing: contatto via telefono: elevata efficacia (interattività); ridotta efficienza per il maggiore costo per contatto. 1) Telemarketing inbound: in entrata, quando i soggetti destinatari di una proposta chiamano direttamente i call center dell’impresa. 2) Telemarketing outbound: in uscita, dall’impresa al cliente. SEMINARIO D.A.T.E. Brand di sneakers (SLIDE) B2B ⁃ sale season meeting ⁃ Trade show ⁃ B2B newsletter ⁃ Whatsapp channel ⁃ Special make-up ⁃ Collaboration ⁃ Virtual showroom ⁃ Buyer meeting Social Media: instagram content, piano editoriale, copy, ADV. Special Projects Events PR interno/esterno: ufficio stampa, stylist (connettori tra brand e mezzi di comunicazione), NSS magazine. SPONSORIZZAZIONI La sponsorizzazione è un’attività di promozione e di comunicazione attraverso la quale un soggetto fornisce un supporto, spesso finanziario, a un’organizzazione, al fine di permettere a quest’ultima di portare avanti un proprio progetto. Grazie a questa unione, lo sponsor rafforza il proprio brand presso i diversi pubblici di riferimento. La sponsorizzazione ha dunque una duplice natura: fornisce un supporto al soggetto sponsorizzato e consente allo sponsor di valorizzare il proprio ruolo. FOCUS: COERENZA VALORIALE - coerenza con il target - iniziativa/operazione di immagine di un brand che deve essere rafforzata Sponsorizzazioni sportive: ambito principe delle sponsorizzazioni - squadra sportiva: con vantaggi soprattutto se la squadra ottiene buoni risultati, di solito vale per più anni; - singolo atleta (aspetti negativi: ricadute negative sul brand in caso di comportamento scorretto da parte dell’atleta, caso Tiger Woods, in quel caso il brand deve prendere le distanze; aspetti positivi: enorme ritorno di immagine, visibilità); - eventi (Champions League, Olimpiadi); - location (sponsorizzazione dei contenitori degli eventi, vale anche per le sponsorizzazioni culturali), da meno visibilità rispetto alle altre modalità). Sponsorizzazioni culturali: le imprese cercano di rafforzare la propria immagine, impresa che si pone obbiettivi che vanno al di là del semplice obbiettivo commerciale (vale anche per le sponsorizzazioni sociali). Sponsorizzazioni in ambito sociale: un brand che sostiene una causa sociale, delle organizzazioni che non sono a scopo di lucro ma hanno uno scopo sociale e il brand va a supportarle a livello finanziario con donazioni, campagne sociali. Ulteriori tipologie di sponsorizzazioni: cosa sponsorizzare? 1. L’evento o i suoi protagonisti 2. Il contenitore dell’evento 3. Un programma televisivo che già esiste (off-the-peg programme sponsorship) 4. Un programma fatto su misura (made-to-measure programme sponsorship) (Casa a prima vista programma sponsorizzato da Cercocasa) 5. Co-finanziamento del programma pilota Perceptual selectivity relates to the filtering process employed by individuals and determines what messages will be processed and at what level of involvement. Perceptual vigilance is employed as receivers actively look out for messages that may be relevant or important to them in some way. Perceptual defence occurs when receivers actively block messages that they do not wish to receive. Influencer marketing can be a way to cut through the consumers’ perceptual selectivity. INFLUENCERS BY SIZE Mega influencers are people with more than a million followers. These are often celebrities or people who are well-known through their successes outside social media, such as movie and television stars, musicians, and sports figures. These influencers can quickly build broad awareness of brands. Macro influencers are people with between 500,000–1,000,000 followers (Mid-tier, 50.000-100.000). They are often people who have used their talents or knowledge to build highly successful personal brands, such as chefs or interior designers. Like Mega influencers, macro influencers can build broad awareness of brands. Micro influencers have between 10,000–50,000 followers. These individuals tend to be focused on one or two areas of expertise, and these areas might be more niche areas. Their followers are more likely to engage with posts, which means they may have a higher likelihood to become purchasers of the brand. Nano influencers have between 1,000–10,000 followers. These individuals tend to be newer to the social media sphere and are highly enthusiastic about building their personal brands. Like micro influencer followers, their followers are also more likely to engage with posts. INFLUENCERS BY ENGAGEMENT RATE Regardless of the type of influencer, influence has three components: relevance, reach, and resonance. Relevance is the clear connection between a brand and the influencer. Reach is the number of individuals in the influencer’s follower base that could be reached through a partnership. While many brands want to partner with mega and macro influencers with large bases, other brands find that a smaller, more focused base from a micro or a nano influencer might be more effective. Resonance is the potential level of engagement that a sponsored message from an influencer can create among their audience. Engagement can include likes, comments, and sharing of messages. INFLUENCER MARKETING COSTS In the early days of influencer marketing, sending free products to influencers would often generate positive social content in the form of a product review authored by the influencer. Today, free products are merely a starting point, with mega and macro influencers commanding high payments for a single post. Prices in this industry vary greatly, and there’s no standard rate card to plan costs. While some nano influencers may only require a free product in order to create a message about it, many other influencers have established rates and will negotiate via their agents. Mega influencers are likely to have a press kit or media kit describing their rates and the types of partnerships available. When determining a budget, an influencer’s cost is based around influencer’s follower count and engagement rate. Engagement rate includes all the likes, comments, clicks, and shares on an individual post. Cost per thousand (CPM) is then affected by qualitative factors such as star power or access to a niche audience. For example, you may find that a macro influencer with 550,000 followers would promote your new frozen food company and charge $8,000 for a post on Instagram. What is the CPM? CREATING AN INFLUENCER PLAN Decide on the type of partnership. A relationship with an influencer can be more than a simple product review written by the influencer. For example: ✓Gifting: The brand can provide products for the influencer to give away to their followers. ✓Sponsored content: Creating content for posting on the influencer’s social media. ✓Content co-creation: Creating content with the influencer that is featured on their social media as well as the brand’s. ✓Influencer takeover: Allowing an influencer to take control of the brand’s social media accounts for a specific time period. ✓Affiliates: Providing a sales code that gives influencers a percentage of any sales that originate from their post. ✓Discount codes: Giving the influencer a discount code that they can promote and offer to their audience. Other relevant aspects to plan: ✓ Establish analytics. You may wish to measure different types of engagement, as well as set up special direct links so you can track the number of people who arrive at your brand’s website directly from an influencer’s post. You may also wish to establish a unique hashtag for the campaign to track how the hashtag performs. CREATING AN INFLUENCER PLAN - KPIs REACH: total number of actual people who saw a content IMPRESSION: this metric counts each time the content was displayed, regardless if it was viewed multiple times by the same person AUDIENCE ENGAGEMENT AUDIENCE GROWTH RATE: there will likely be spikes in audience growth aligned with the influencer’s post schedules BRAND MENTIONS before and after influencer campaings (for example, see https://mention.com/ en/) TRAFFIC FROM SOCIAL: most influencer campaigns will include a CTA* to drive audiences off social media and onto your clients’ websites. CONVERSIONS FROM SOCIAL are key to determining the ROI of influencer marketing REVENUE FROM SOCIAL: providing tracking URLs or discount codes for each influencer, the company will be able to attribute an exact amount of revenue *CTA: call to action, a piece of content intended to induce a viewer, reader, or listener to perform a specific act, typically taking the form of an instruction or directive (e.g. buy now or click here). Other relevant aspects to plan: ✓ Does the influencer already post about things that relate to your brand? ✓ Does the tone of the influencer’s posts match or compliment your brand voice? ✓Have they worked with similar brands in the past? Mega and macro influencers may be able to provide a portfolio of their past work for this analysis. ✓Identify how to reach influencers. You may be able to connect with a micro or nano influencer via a private message, while mega and macro influencers may list contact information on their profiles. ✓Gather costs and outline a calendar for posts with your influencers. ✓Track campaigns and make adjustments based on performance. You may wish to integrate influencer posts with other social media activity, or have it stand alone during times when there is less presence in other media.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved