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Appunti corso online Didattica delle lingue moderne (ON-LINE); credito libero, Appunti di Didattica generale e speciale

Il seguente documento è utile per superare il test su start@unito che permette di scaricare il certificato e quindi sostenere l'esame orale.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 15/03/2022

martina_calvi
martina_calvi 🇮🇹

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Scarica Appunti corso online Didattica delle lingue moderne (ON-LINE); credito libero e più Appunti in PDF di Didattica generale e speciale solo su Docsity! DIDATTICA DELLE LINGUE MODERNE 1. Lingue e linguaggio COMUNICARE In una concezione abbastanza ampia di comunicazione, tutto può comunicare qualcosa: un gesto, un oggetto, un suono. Ci sono comunicazioni nel mondo animale che tutti abbiamo ben presente: si pensi ad esempio alla comunicazione chimica mediante feromoni delle formiche o alla comunicazione di balene e delfini. Ci sono anche tipi di linguaggio artificiali come il codice binario usato in informatica. Ancora abbiamo dei tipi di linguaggio che non utilizzano il canale fonico-acustico ma piuttosto appartengono al dominio tipicamente umano della gestualità. In questa occasione cominciamo a riflettere su quanto di culturale ci sia in questi tipi di comunicazione: un gesto può assumere significati diversi a seconda della cultura a cui si appartiene (es. dito puntato alla testa: in Italia -> Ma sei matto? / in Gran Bretagna -> Ho avuto un’idea!). Oggi non si può non parlare della comunicazione tramite emoticon che oggi tutti utilizziamo sui nostri dispositivi mobili. Per comunicazione, però, in questo corso ci occuperemo della comunicazione in senso stretto. Comunicare in senso stretto vuol dire che la comunicazione è basata sull’intenzionalità. Abbiamo un emittente che intenzionalmente produce un messaggio che viene recepito da un ricevente che lo percepisce come tale ed è in grado di decodificarlo. EMITTENTE INTENZIONALE/RICEVENTE INTENZIONALE. Laddove manca l’intenzionalità da una delle due parti abbiamo un passaggio di informazione. Pensiamo per esempio quando l’emittente non è intenzionale e il ricevente invece sì (es. la postura -> ci fa capire lo stato d’animo della persona che ci sta davanti / se qualcuno si soffia il naso -> probabilmente non sta bene). Formulazione di interferenze: avviene quando non c’è un vero e proprio emittente ma ci sono degli oggetti che ci fanno interpretare la situazione. Ad esempio, se sono in un luogo in cui le case hanno il tetto aguzzo deduco che lì piove o nevica molto; allo stesso modo, se c’è un vetro rotto probabilmente c’è stato un furto. Si noti come queste tre categorie di comunicazione (in senso stretto, passaggio di informazione, formulazione di interferenze) possono essere ordinate secondo un asso orizzontale che va da una maggiore a una minore intenzionalità o da una maggiore a una minore competenza rispetto al codice. La competenza rispetto al codice massima si ha quando abbiamo una comunicazione in senso stretto; avremo invece una competenza maggiormente interpretativa laddove c’è la formulazione di interferenze. La comunicazione è la trasmissione intenzionale di informazione. L’oggetto di studio della comunicazione, l’unità fondamentale della comunicazione è il segno. Esistono diversi tipi di segni e li possiamo classificare in base a criteri di intenzionalità e motivazione relativa (= il rapporto tra il segno e l’elemento che esso rappresenta). La scala va da una maggiore motivazione naturale a una motivazione totalmente arbitraria e convenzionale: pensiamo per esempio agli indici (motivati naturalmente e non intenzionali) -> se vedo delle nuvole nere nel cielo probabilmente sta per piovere. Abbiamo poi i segnali (motivali naturalmente e usati intenzionalmente) -> se vedo la luce accesa, significa che c’è qualcuno. Icone (motivate analogicamente e intenzionali) -> icone del desktop e dello smartphone, ma anche le onomatopee dei fumetti (riprendono analogicamente un suono). Simboli (motivati culturalmente ed intenzionali) -> si pensi al colore del lutto, in Occidente nero e in Oriente bianco. Segno (arbitrario e intenzionale) -> G – A – T – T – O è una serie di lettere e fonemi che rappresenta nella lingua italiana l’animale domestico. Nella comunicazione in senso stretto abbiamo un emittente che produce volontariamente un segno per un ricevente in grado di interpretare questo segno. Cosa permette al ricevente di interpretare questo segno? Dove troviamo le regole che ci permettono di interpretarlo? Nel codice, ovvero un insieme di corrispondenze fissate arbitrariamente per convenzione tra qualcosa e qualcos’altro. Il codice che raccoglie i segni linguistici si chiama codice lingua. La lingua permette di adempiere a una serie di funzioni: queste funzioni sono state codificate dal linguista russo Roman Jakobson che ne ha identificate sei. Sei attività che possiamo compiere con la lingua: 1. Funzione emotiva -> con la lingua possiamo esprimere le nostre emozioni e sensazioni. 2. Funzione metalinguistica -> parlare delle caratteristiche del codice stesso. 3. Funzione referenziale -> possiamo dare informazioni. 4. Funzione conativa -> spingere qualcuno a fare qualcosa. 5. Funzione fatica -> verifica la disponibilità del canale. (Es. Mi senti? Pronto?) 6. Funzione poetica -> sfruttare creativamente il codice attraverso l’uso di metafore, similitudini, figure, poesie ecc. Questo quadro così descritto è una prerogativa esclusiva dell’essere umano: solo l’essere umano è fisiologicamente e anatomicamente predisposto al linguaggio. Ha un volume del cervello adeguato e la giusta quantità di collegamenti neuronali: queste due caratteristiche rendono possibile la memorizzazione e la processazione/elaborazione delle informazioni. Non solo, è l’unico essere che ha una conformazione adeguata del canale fonatorio, che rende possibile la modulazione e la distinzione articolatoria per le produzioni foniche. La neurolinguistica (branca della linguistica che studia la connessione tra cervello e parola) ha identificato una zona in particolare del nostro cervello in cui si elabora il linguaggio. Questa zona si trova nel lobo frontale e si chiama Area di Broca.  PRODUTTIVITÀ -> con la lingua si possono creare sempre nuovi messaggi grazie alla doppia articolazione.  RICORSIVITÀ -> uno stesso procedimento linguistico è riapplicabile. Es. creazione di parole mediante suffissazione. DE – STRUTTURA – TO. Es. creazione di frasi complesse mediante l’inserimento di nuovi elementi. MARCO SI SCONTRA CON IL PADRONE CHE OSSERVA IL CANE CHE ROSICCHIA UN OSSO.  DISTANZIAMENTO E LIBERTÀ DA STIMOLI-> la lingua permette di formulare messaggi relativi a cose lontane nel tempo e nello spazio (anche in assenza dello stimolo). L’animale vede la cosa successa e reagisce alla realtà. La lingua permette all’uomo di immaginare l’astratto e situazioni lontane nel tempo e nello spazio.  TRASMISSIBILITÀ CULTURALE -> la lingua è trasmessa per tradizione all’interno di una società e di una cultura. La lingua che impariamo è quella grazie alla quale siamo esposti (non è necessariamente quella dei nostri genitori, come invece accade nel regno animale).  COMPLESSITÀ SINTATTICA -> la lingua può creare messaggi con un alto grado di complessità strutturale. I rapporti tra gli elementi del messaggio pertengono alla sfera della sintassi. Le relazioni sintattiche sono determinate da: - l’ordine dei costituenti; - le dipendenze e le relazioni tra gli elementi [(L’appello per la fame) del Papa] ≠ [L’appello per (la fame del Papa)]; - le incassature (= livelli gerarchici della trama sintattica); - la discontinuità, ovvero la possibilità che elementi correlati non siano adiacenti (Where are you from?)  EQUIVOCITÀ -> ci sono corrispondenze plurivoche tra significanti e significati. Campagna è il luogo MA ANCHE l’azione di propaganda. A un significato possono corrispondere più significati. Laureato in legge abilitato ad assistere una parte in processi penali o civili è l’avvocato MA ANCHE il legale MA ANCHE Azzeccagarbugli. PRINCIPI GENERALI SINCRONIA E DIACRONIA La prima distinzione da considerare è quella tra sincronia e diacronia. L’analisi sincronica si occupa dello stato attuale della lingua e delle sue caratteristiche nel presente. L’analisi diacronica descrive l’evoluzione della lingua, la sua storia e le ragioni per cui una certa parola è diventata ciò che è oggi. Differenza tra LANGUE e PAROLE/SISTEMA e USO/COMPETENZA ed ESECUZIONE -> il primo termine fa riferimento al sistema astratto della lingua, il secondo alle sue realizzazioni concrete. Il primo termine è l’insieme delle conoscenze che fanno funzionare il codice lingua, mentre il secondo è come ciascuno di noi applica le regole di funzionamento del sistema. Il linguista studia le realizzazioni concrete per arrivare a descrivere il sistema astratto. Ci sono anche delle eccezioni o degli atti di parole che non sono sempre accettati. L’accettabilità è data dalla norma, cioè la regola che trasforma il sistema da astratto a concreto. ES. in italiano, la persona che spazza si chiama spazzino. La persona che costruisce i muri è un muratore. I morfemi -ino e -tore permettono di formare nomi di mestieri da altre parole. Perché non si può dire spazzatore? Per la norma. Teniamo presente che la consapevolezza di tali “sbarramenti” è più bassa nei bambini. Non è raro sentirli formulare parole morfologicamente corrette in astratto ma non accettabili in concreto. ASSE PARADIGMATICO E ASSE SINTAGMATICO Distinzione tra asse paradigmatico e asse sintagmatico. L’asse paradigmatico è l’asse delle scelte, la possibilità che la lingua ci offre di selezionare un elemento tra una serie di elementi. L’asse sintagmatico è la relazione che ogni elemento ha con l’altro, la possibilità che questi si accordino tra loro. IL CANE MORDE L’OSSO. – IL CANE ROSICCHIA L’OSSO. (“morde” e “rosicchia” sono in relazione paradigmatica). *LA CANE MORDE L’OSSO. La relazione sintagmatica vuole che “cane” selezioni IL e non LA. RIFLESSIONI FINALI Date le premesse, possiamo dare una definizione più consapevole di lingua. Una lingua è un codice che dà significato a un sistema di segni arbitrari, doppiamente articolati (quindi scomponibili e combinabili), capaci di rispondere a delle funzioni comunicative e posseduti come conoscenza interiorizzata da ciascuno. Quali ricadute hanno queste conoscenze sulla didattica delle lingue? Perché l’insegnante deve conoscere i piani d’analisi della lingua? Un buon insegnante di lingua deve essere ben consapevole della grande varietà di segni, non solo di quelli in senso stretto ma anche della comunicazione gestuale o dei simboli motivati culturalmente o ancora dai segnali concessi da una linguocultura. Rapporto degli studenti con il triangolo semiotico -> difficoltà con i falsi amici (actually/currently – annoyed/bored). Funzioni comunicative in un libro di testo -> l’idea è sviluppare negli studenti la capacità di comunicare. Si comunica in contesti diversi per avere risultati diversi. Si deve per esempio imparare a fare una richiesta/dare ordini -> funzione conativa. CLASSIFICAZIONI TIPOLOGICHE CRITERIO MORFOLOGICO E I QUATTRO TIPI MORFOLOGICI Uno dei criteri per classificare le lingue è la struttura della parola (criterio morfologico), che riguarda come si formano le parole della lingua. In base alla formazione delle parole abbiamo quattro tipi morfologici: - Lingue isolanti. Hanno una struttura della parola estremamente semplice in cui a un morfema corrisponde una parola (indice di sintesi 1:1 -> 1 morfema = 1 parola). Si tratta di lingue che giustappongono blocchi, quindi non c’è costruzione: ogni morfema è a sé e vengono semplicemente messi uno vicino all’altro. Un esempio è il vietnamita (es. la parola “straniero” è formata da quattro morfemi messi uno vicino all’altro). Anche l’inglese, per certi versi, ha dei tratti isolanti (es. “dream” è un morfema, un blocco unico che indica un sostantivo – il sogno – ma anche l’indicativo presente per tutte le persone eccetto la terza singolare del verbo sognare). - Lingue polisintetiche. Queste lingue hanno un indice di sintesi altissimo 4:1 o superiore -> 4 morfemi = 1 parola. Una parola può essere una vera e propria frase, poiché in essa compaiono più radici lessicali. Un esempio è il groenlandese.  DIASTRATICA (classi e strati sociali). È una varietà legata a fattori sociali quali l’istruzione e il tessuto sociale in cui si è immersi. Questi fattori influenzano la lingua prodotta dal parlante dal livello fonetico fino al livello morfosintattico. Es. formazione dei comparativi -> *più bene/meglio. I parlanti semi-colti o incolti hanno scarsa competenza linguistica e non padroneggiano correttamente il codice. In alcune lingue un certo accento o un certo lessico è indicativo di un gruppo sociale (es. comunità nera in US -> quando "th" si trova nel mezzo o a fine parola invece viene reso con /t/ o /f/ se sordo e con /d/ o /v/ se sonoro: ad esempio, month si pronuncerà [mʌmf] o [mʌnt], e smooth o [smuːd]). Le ragioni del cambiamento sull’asse diacronico sono: il contatto intralinguistico -> tra le dimensioni della variazione interna a una lingua; il contatto interlinguistico -> tra lingue diverse. Abbiamo, in particolar modo, quattro fenomeni di contatto:  Interferenza  Prestito  Calco  Code switching (commutazione di codice) In seguito al contatto in una lingua A possono introdursi parole o strutture nuove da una lingua B. Nel corso del tempo, tali elementi possono sedimentarsi ed entrare a far parte del codice a pieno titolo. Le Parole (realizzato in fenomeni di contatto) diventa Norma e così modifica il sistema, la Langue. LE LINGUE NEL MONDO https://www.ethnologue.com/ Su questo sito possiamo vedere le caratteristiche di ogni singola lingua esistente al mondo. Sicuramente esistono più di 7.000 lingue, ma secondo alcuni le lingue parlate oggi sarebbero circa 12.000. Il numero dipende dai criteri che adottiamo per definire cos’è una lingua e stabilire la differenza tra una lingua vera e propria – che conta come un’unità singola – e una sua varietà. CRITERI DI CLASSIFICAZIONE L’ambito della linguistica che si occupa della classificazione delle lingue è la tipologia linguistica. Si tratta di individuare le parentele tra lingue divere, le similitudini strutturali, i principi che le governano. Criteri di parentela genealogica -> le lingue si possono raggruppare in famiglie. Si chiama linguistica storico- comparativa. Possiamo affermare che una lingua appartiene a una determinata famiglia se si nota somiglianza lessicale, che si può ricondurre a un antenato comune. Es. Famiglia indoeuropea > Ramo neolatino > Gruppo italo-romanzo > Italiano. In Europa non abbiamo solo la famiglia indoeuropea: ungherese, finlandese, estone sono lingue uraliche del ramo ugrofinnico; il maltese è una lingua semitica. RIFLESSIONI FINALI 2 TIPOLOGIA NELLA CLASSE MULTILINGUE Abbiamo visto la classificazione delle lingue e quindi la genealogia delle lingue (quindi come queste sono imparentate l’una con l’altra come se avessimo delle famiglie). Abbiamo anche visto il punto di vista strutturale (le lingue classificate in base all’ordine dei loro costituenti). Dal punto di vista della didattica, ci troviamo oggi con classi che sono sempre più miste dal punto di vista linguistico (classi plurilingue). Questo crea delle difficoltà sicuramente all’insegnante di italiano (nel nostro contesto italofono) ma ancora di più c’è una variabile aggiuntiva laddove ci troviamo con l’insegnante di lingua straniera che ha a che fare con studenti che provengono da lingue diverse e NON può usare la lingua ponte (italiano) per fare degli esempi contrastivi tra la lingua straniera e la lingua che dovrebbe essere quella di riferimento. Quali sono le difficoltà della classe in cui ci sono studenti che provengono da lingue diverse? - La mancanza di una lingua ponte, una lingua veicolare. - L’insegnante non può sapere tutto. La tipologia linguistica in questo caso ci viene in soccorso perché non possiamo pensare di conoscere il cinese, il romeno, l’arabo e tutte le lingue ormai presenti nelle nostre scuole. Avere, però, delle nozioni dal punto di vista tipologico può aiutarci a capire come funzionano questi codici linguistici e di conseguenza gli errori e le difficoltà. Se pensiamo al caso di un parlante sinofono (L1 -> cinese), consideriamo quanto una lingua isolante possa essere diversa da una lingua flessiva come l’italiano. - Errori di fossilizzazione. La somiglianza tra italiano e spagnolo è nota, ma il parlante ispanofono tende a fare errori di fossilizzazione (si arena in alcune aree che restano non sviluppate perché non ha problemi nel veicolare l’informazione, cioè riesce a comunicare a un certo livello di apprendimento e quindi fa fatica nel procedere verso livelli più avanzati). - Ordini sintattici molto diversi. 2. Doppia articolazione FONETICA E FONOLOGIA I SUONI DELLA LINGUA La fonetica è lo studio della componente fisica, materiale della comunicazione verbale. Possiamo distinguere tre sottocategorie, tre campi d’indagine della fonetica:  Articolatoria -> descrive le modalità di produzione dei suoni linguistici (foni). Si occupa quindi dell’anatomia e della fisiologia degli organi fonatori.  Acustica -> analizza le caratteristiche acustiche delle onde sonore prodotte nell’articolazione dei suoni linguistici. Ne fornisce rappresentazioni e ne studia la diffusione in un medium elastico come l’aria.  Percettiva -> studia il modo in cui sono percepiti e distinti tra loro i suoni linguistici e si occupa della fisiologia e dell’anatomia degli organi uditivi. Come avviene la fonazione? I suoni del linguaggio vengono prodotti mediante espirazione, quindi con un flusso d’aria egressiva che parte dai polmoni, risale la trachea fino alla laringe dove inizia il tratto vocale: l’aria passa attraverso le pliche laringee (comunemente chiamate corde vocali) e sono delle pieghe della mucosa laringea. Normalmente, quando sono rilassate sono separate. Nella fonazione si contraggono, si avvicinano una alla all’altra. La successione rapidissima di questi movimenti e la vibrazione prodotta dall’aria di passaggio si chiama meccanismo laringeo ed è quello che produce la fonazione. Il numero di cicli di chiusura e apertura viene detta frequenza fondamentale ed è misurabile in hertz. È interessante conoscere le frequenze fondamentali perché la frequenza fondamentale è quella che distingue l’altezza della voce di un uomo da quella di una donna: le voci maschili hanno una frequenza fondamentale di 100/150hz mentre la donna ce l’ha tra i 200/250hz. Lingue diverse hanno frequenze diverse: l’italiano ha una frequenza che si attesta attorno ai 2000/4000 hz, il tedesco ha una frequenza molto più distribuita al contrario del francese, pieno di picchi. Questo è ciò che chiamiamo “musicalità della lingua”: l’andamento della lingua, l’altezza dei suoni. Tornando alla fonazione: dalla trachea alla laringe, dalla laringe alle corde vocali e poi dalle corde vocali alla faringe, fino ad entrare nell’organo fondamentale della fonazione che è la bocca, la cavità orale. Qui troviamo > Tre sono gli ele descrizione di ondamentali da conoscere quando parliamo di il FONO, il FONEMA e L’ALLOFONO. on dei suoni rime, delle >» La fonologia studia l'organizzazione e îl funzionan nel sistema linguistico, a parlire dalle proprie unilà fonemi. ® Per identificare un fonema si attua un procedimento chiamato PROVA DI COMMUTAZIONE in cui ciascun fonema è definito per opposizione agli altri: la parola [‘mare] è costituita da quattro foni diversi in successione, se la pronunciama ['mare] oppure ['meere], la variazione sulla vocale non dà luogo a due fonemi diversi, bensì semplicemente ad un allofono, cioè una realizzazione foneticamente diversa di uno stesso fonema, priva di valore distintivo. » invece, [m] si oppone a [p] 7 [mare] vs ['pare] / Come [a] si oppone a [o] f sempre, \ Ae ricordati di | [r] si oppone a [I] cliccare sui ['mare] vs |'male] Sari link! ,/ Laddove due parole sono uguali în tutto tranne che per la presenza di un fonema al posto di un allo in una cerle posizione abbiamo una cosiddella COPPIA MINIMA » Il fono Il fonema si caratterizza par dei tratti « distintivi, ovvero delle proprietà articolatorie che si realizzano simultaneamente è che consentono di definire il fonema stesso; if ‘occlusiva dentale sorda” clusiva dentale sonora” nasale bilabiale sonora” Ver dimostrare che un fono è fonema in una data « lingua, bisogna quindi trovare in quella lingua delle coppie minime (almeno una, in linea di principio), che lo oppongano a un allo fonema. N.B. il tonema contribuisca a distinguere parole, e quind linguistici, a quindi significati, MA non è un segno, perc definizione, non ha sigi In trascrizione fonematica si impiegano per convenzione le barre « oblige (/./) nesso che Le parentesi quale (1.1) della Irascrizione Fonelica Proprietà fonotattiche - < I fonemi si possono combinare Ita loro per formare e malloncini » più grandi che partecipano alla costruzione della [orma fonica della parola; tali unità sono le SILLABE Il fono è l'unità minima delle fonetica Un fono è la realizzazione concreta di un qualunque suono del linguaggio. > Il fonema Il fonema è l'unità minima della fonologia Quando un fono si oppone sistematicamente ad un altro quando si dice che ha valore distintivo e funziona da FONEMA Il fonema rappresenta l'unità minima di seconda articolazione del sistema linguistico i » L'allofono L'allofono è una realizzazione foneticamente diversa di uno stesso fonema, ma priva di valore distintivo ['mare]/['mare] » Tratti distintivi necessari e sufficienti a distinguere i fonemi Questo insieme di tratti distintivi rappresenta il complesso degli atteggiamenti articolatori che în tutte le lingue del mondo possono avere valore distintivo + è — indicano presenza/assenza SILLABICO: fonemi che pussony costituire nucleo di sillaba CONSONANTICO: fonemi prodotti con frapposizione di un ostacolo al flusso dell'aria 1) 2) 3) SONORANTE: fonemi prodotti con passaggio d'aria relativamente libero e con vibrazione delle corde vocali 4) SONORO: fonemi prodotti con vibrazione delle corde vocali; 5) CONTINUO: fonemi prodotti con una costrizione nella cavità orale, che consente al flusso dell'aria che esce dalla bocca di poter essere protratto nel tempo 6) NASALE: fonemi prodotti con passaggio del flusso d’aria attraverso il canale nasale 7) RILASCIO RITARDATO: fonemi realizzati in due momenti: un primo in cui l’aria è trattenuta nella cavità orale e un secondo in cui è rilasciata 8) LATERALE: fonemi prodotti con passaggio del flusso d’aria ai lati della cavità orale 9) ARRETRATO: fonemi prodotti con il corpo della lingua ritratto rispetto alla posizione neutra 10)ANTERIORE: fonemi prodotti con una costrizione nella zona alveolare 11)CORONALE: fonemi prodotti cun la parte anterire della lingua sullevata rispetto alla pusizione neutra 12)ARROTONDATO: fonemi prodotti con le labbra protese in avanti 13)ALTO: fonemi prodotti con la lingua sollevata rispetto alla posizione neutra \ 14)BASSO: fonemi prodotti con la lingua abbassata rispetto alla posizione neutra > Ogni lingua ha un proprio inventario fonematico Tutte le vocali, inoltre, si caratterizzano per i tratti [+ sillabico], [-consonantico] e [+sonorante] Consonanti e approssimanti pobo fo voto dots de sz ko go dodo om on on 1 Ar iw sillabico TE TEouuUI@WTUWEERNA === consonantico ++ + + + + + + ++ + + + +++ 4 ++ 44 sonorante FIEEEUIWRRATAA WE: sonoro #8 #8 #8 A continuo D+ + 4 4 14 014 4 444 st nasale == = = = 33 = 33333338 9 8 3 3 333 . rilascio rit. 0 # #8 8 laterale 4 arreltato === = 3333338 83333333333 anteriore +++ +++ 4 #4 #4 #04 #4 414 coronale - - + + #48 80014 #48 1881 Vocali e a 9 o u arrotondato - - - - + + + alto + - - - - - + basso + + + artetralo - - - + + + + » L'elenco dei fonemi di una determinata lingua è detto inventario fonematico italiano: 30 fonemi (0 28, 0 45) francese: 36 fonemi > = inglese: 34 fonemi (0 44) Problemi generali connessi all’inventario fonematico dell'italiano: > lo statuto delle consonanti lunghe > le differenze regionali di pronuncia > differenze di apertura delle vocali > raddoppiamento (fono)sintattico fondamentale) che regola la melodia della persona che parla. Capiamo che è una domanda dal fatto che in questo caso l’intonazione tende a salire verso la fine. Intensità > è maggiore nelle vocali nelle vocali accentate. RIFLESSIONI FINALI Fonetica e lingua inglese Quanto è importante insegnare la fonetica? Per la lingua inglese è molto importante concentrarsi sulla fonetica perché in inglese c’è un rapporto molto complesso tra l’ortografia e la pronuncia. Prendendo le parole TOUGH, COUGH, BOUGH, DOUGH dove notiamo che cambia solo la consonante iniziale ma la pronuncia è completamente diversa. Tutto ciò è imprevedibile. Ci sono delle parole che gli italiani sbagliano in particolare? Ad esempio la parola management. Cosa possiamo dire della prosodia e delle curve intonative? È importante sapere che le curve intonative sono in qualche modo diverse? Questo è importante soprattutto per le question tag. ES: He’s an idiot, isn’t he? -> non ne sono sicura/aspetto un’approvazione a seconda dell’intonazione. Per le domande in inglese c’è comunque anche la forma grammaticale. Spesso un problema degli italofoni è l’H. Come viene percepita da un nativo l’acca che invece non viene aspirata? Che sensazione ha un nativo di fronte a un errore di pronuncia? Gli inglesi e gli americani sono abbastanza abituati a sentire parlare “male” la loro lingua, in quanto lingua franca. Però c’è anche da dire che un’acca saltata può creare dei gravi problemi di comprensione (I hate ≠ I ate). Come si insegna la fonetica? Sicuramente si deve inserire fin dall’inizio (es. mettere a disposizione una copia dell’IPA fin dalla prima lezione). Poi gli studenti devono parlare e ascoltare il più possibile, si deve lavorare sulle coppie minime, i dettati (es. scrivere un elenco di parole -> lo studente deve identificare la parola che viene pronunciata diversamente vedendo che non è necessariamente quello che viene scritto diversamente. ES: PUT, BUT, FOOT. La pronuncia di PUT e FOOT si avvicina sicuramente di più rispetto a quella di BUT). Utile anche preparare un elenco di parole “chiave” in cui è prevedibile che gli studenti italofoni abbiano problemi di pronuncia. MORFOLOGIA MORFOLOGIA La parola deriva da morphé (forma) + logia (studio), cioè studio della forma. La morfologia si occupa dello studio della struttura della parola. Prima di occuparci della struttura, dobbiamo definire che cos’è una parola. Una parola è la minima combinazione di morfemi (almeno uno) per lo più costruita attorno a una base lessicale. Non è necessario che ci sia sempre una base lessicale per formare una parola: ci sono parole nella lingua che non hanno un significato veramente referenziale, ma che funzionano comunque come entità autonome della lingua. Pensiamo alle parole funzionali, come le preposizioni e gli articoli, che non hanno una semantica vera e propria come invece ha la parola “gatto”, ma sono comunque delle parole. Come facciamo quindi a individuare una parola? Quali sono i criteri? La parola è costituita da morfemi ordinati, è racchiusa tra due spazi grafici e tra due pause del discorso ed è pronunciata senza interruzioni. Non sempre, però, questi criteri funzionano: ad esempio il criterio ortografico, in italiano è contraddetto da parole come ferro da stiro (parola polilessematica o polirematica, cioè formata da più parole). Se uniamo i “mattoncini” degli elementi di seconda articolazione otteniamo i pezz di prima articolazione, ai quali può essere attribuito un significato. Questi pezzi si chiamano morfemi. ES: DENTALE -> dent – al – e (organo della masticazione – aggettivo che significa relativo a – singolare). I morfemi possono essere utilizzati in altre occasioni, ricombinati tra loro. ES: dentizione (dent-). Il morfema è l’unità minima di prima articolazione, il più piccolo pezzo di significante portatore di un significato, di un valore e di una funzione (e riusabile come tale). Le parole sono quindi scomponibili e si compongono di morfemi via via sempre più piccoli in un processo che potremmo definire di scomposizione in “fattori primi” attraverso il confronto e la sottrazione: posso smembrare una parola togliendo via via, sottraendo pezzi e cercando di capire quali pezzi che rimangono, quali morfemi hanno ancora significato (e quindi posso definirli morfemi) o posso confrontare le parole cercando di capire quali sono i segmenti comuni e quali differiscono. Come i foni avevano i fonemi e gli allofoni, anche i morfemi hanno i morfi e gli allomorfi in modo analogo. Morfema > unità pertinente a livello di sistema Morfo > forma del morfema (significante) Allomorfo > variante formale del morfema che realizza lo stesso significato con un morfo (una forma) diverso. CATS – HORSES: esempio di due allomorfi. Le cause del fenomeno di allomorfia sono in genere da ricercarsi sulla linea diacronica, cioè in relazione ai mutamenti fonetici o alle cause fonosintattiche che hanno riguardato il mutamento della parola. Pensiamo all’allomorfia tra inutile e illecito -> è una questione fonotattica (avvicinamento del prefisso alla prima lettera che segna l’inizio della parola a cui si unisce). È un fenomeno chiamato assimilazione. Un fenomeno che ha a che fare con l’allomorfia è il suppletivismo, per cui un morfema lessicale di certe parole viene sostituito da un morfema dalla forma totalmente diversa nella resa dell’aggettivo. Questo perché, soprattutto in italiano, il sostantivo e l’aggettivo si sono sviluppati da forme diverse: una latina e l’altra greca (acqua e idrico; cavallo ed equino; avorio ed eburneo). I MORFEMI Mortemi » Classificazione funzionale e e M. GRAMMATICALI - formano una classe aperta M. DERIVAZIONALI: M. FLESSIONALI: - formano una classe chiusa - formano una classe chiusa - danno luogo alle diverse * derivano parole da altre parole II » Classificazione posizionale Dal punto di vista funzionale i morfemi grammaticali si PREENSINI RAACE LESIGNE AUTO IE R IL definiscono AFFISSI e a seconda della posizione che cinconeissi.— MI esoice vessicae RR assumono rispetto alla radice lessicale si suddividono in INFISSI apice RITERMI Lessicae TRANSFISSI RADAFICEFISLESS:0ICALE » Derivazione e comporizione Ogni affisso unito a una radice lessicale è portatore di informazioni semantiche e funzionali (cfr. tavole dei morfemi @ tit A valico. org/lista_morfemi, pdf) Esistono morfemi che sono allo stesso tempo lessicali e derivazionali i PREFISSOIDI e SUFFISSOIDI Se le radici lessicali coesistono nella stessa parole e mantengono il valore che avrebbero se usate singolarmente, ofteniaMO "sab PAROLE COMPOSTE Talvolta più parole - seppur non unite graficamente - formano unità fisse di significato che non corrispondono ai significati delle singole parole che le coOMPONGONO sup UNITÀ PLURILESSEMATICHE Morfemi lessicali Sono quei morfemi che formano il lessico di una lingua » Sono una classe aperta » Costituiscono la base, la radice di una parola > Possono occorrere da soli (morfemi liberi) Suffissi Sono quegli affissi che stanno dopo la radice lessicale se EEN Circonfissi Sono affissi formati da due parti: una prima della radice, l’altra dopo la radice Infissi Sono affissi che sono inseriti all’interno della radice lessicale. In italiano casi molto simili a processi di infissazione sono quelli di parole derivate come cuor Gi ino camp MRI ello Tranfissi Anche detti confissi, sono morfemi che si incastrano alternativamente dentro la radice. In arabo, ad esempio, alla radice triconsoni si interpolano vocali diverse a seconda del significato e della funzione che si vuole creare: KT B (serivere/serittura) (libro î + a = nome di oggetto singolare) li (libri u + u = nome di oggetto plurale) [nt] oggetto pi (scrittore a + i = nome d’agente) Prefissoidi e suffissoidi Sono elementi per lo più di origine greca e latina, che funzionano come affissi e non possono occorrere da soli, ma contemporaneamente recano un significato lessicale pieno, ereditato dalle parole piene dalle quali essi derivano MI» ay IEEE] - niuriore non e|"l » Gli elementi che derivano da lingue classiche danno luogo a parole dette composti (neo)classici o composti dotti mu (bio, tele-, -logia, -fobia...) Composizione Gli elementi sono perfettamente riconoscibili e scindibili senza che nessun perda il suo significato se usato in isolamento. In italiano l'ordine è per lo più modificato: (testa del composto) — modificatore + la prima parola viene modificata dalla seconda. Esempio: asciuga+ piatti = asciugapiatti > un oggetto per asciugare i piatti I capo+stazione= capostazione > il capo di una stazione I In tedesco il procedimento di composizione è estremamente produttivo, spesso troviamo parole formate da parecchie radici lessicali Esempio: Donaudampfschifffahrtsgesellschaft società par Il asporto su nav/a vapore sul Danvko [NR L'unione con accorciamento dà luogo alle cosiddette PAROLE MACEDONIA È Es, Ristobar (ristorante bar) Smog (smog +fog) a Unità polilessematiche o plurilessematiche Non sono vere e proprie parole composte, ma unità formate da più parole il cui significato risulta distante da quello dei singoli «pezzettini» Gatto delle nevi = non è un gatto, ma + mezzo cingolato per muoversi sulla neve Mettere sotto (verbo sintagmatico) = non i ® vuol dire che metto qualcosa sotto qualcos'altro, ma > investire o far lavorare O 7p\- con impegno Sy La definizione di unità polilessematica (0 polirematica o multiword) è molto ampia e sconfina nelle > costruzioni idiomatiche ® (es. essere al verde) » e in formule dette binomi © coordinati (es. usa e getta ) Esistono però frasi in cui viene detto qualcosa su qualcos’altro ma non contengono un verbo. ES: Buona, la torta. -> frase nominale. La frase semplice, quindi contenente un solo verbo, viene definita proposizione. Come individuare i costituenti della frase? Si mette in atto un procedimento di scomposizione e di sostituzione. Si provano a togliere i blocchi e a sostituirli con qualcos’altro. Se la frase funziona lo stesso allora quel blocco è un costituente. ES: MIO CUGINO (blocco a se stante) LEGGE (blocco a se stante) -> posso, ad esempio, sostituire mio cugino con GIANNI. Per definire e visualizzare le relazioni che ci sono all’interno della frase si costruiscono gli indicatori sintagmatici o alberi. Un albero è un grafo costituito da nodi da cui dipartono rami: ogni nodo rappresenta un sottolivello di analisi della sintassi e reca il simbolo della categoria a cui appartiene il costituente di quel sottolivello. F (frase) si scompone in sintagmi: SN (sintagma nominale) e SV (sintagma verbale). L’albero si può schematizzare anche attraverso parentesi: ES: (F(SN Gianni) (SV legge) (ART un) (N libro)). Il sintagma è la minima combinazione di parole che funziona come unità della sintassi (e della frase). I sintagmi si costruiscono intorno alla testa, cioè la parola principale, che dà il nome al sintagma e lo governa. Ci sono classi di parole che da sole funzionano da sintagma e quindi governano le altre parole. ES: polli (SN minimo); tutti quei miei quattro bei polli grassi (SN massimo). La testa è polli e tutto ciò che vi ruota espande la portata, aumenta la ricchezza della parola che fa da testa al blocco. Come facciamo a riconoscere i sintagmi? 1. Criterio di mobilità > ES: Mio cugino ha comprato una macchina nuova la scorsa settimana. Dobbiamo provare a muovere quello che a noi sembra un blocco in vari punti della frase e vedere se può essere spostato. 2. Criterio della scissione > posso dividere una parola da un'altra? Se sì, ho due sintagmi diversi; se no abbiamo un sintagma solo. *Viene mio che cugino ha comprato una macchina nuova; SI Viene mio cugino che ha comprato una macchina nuova. 3. Criterio dell’enunciabilità in isolamento > posso enunciare il sintagma da solo? Chi ha comprato una macchina nuova? Mio cugino. (*Mio.) 4. Criterio della coordinabilità > due sintagmi che siano tali si possono coordinare. Pietro e un suo caro amico sono partiti per le vacanze. Altri tipi di sintagmi Oltre al sintagma nominale esistono altri tipi di sintagmi. La testa è ciò che dà il nome al sintagma. SN SV -> il verbo e ciò che al verbo è legato ES: Ha comprato una macchina nuova. SPrep -> introdotto da preposizioni; SAgg -> molto bello. SAvv -> abbastanza rapidamente. Ordini marcati dei costituenti Le lingue organizzano i costituenti secondo degli ordini preferenziali. Ci sono però degli ordini marcati, cioè che violano quello che è l’ordine canonico. In lingue SOV e SVO (ordini più comuni), abbiamo ES: Marco spegne la luce -> ordine non marcato [Marco] tema [spegne la luce] rema. L’ordine dei costituenti può cambiare a fini pragmatici di messa in rilievo. 1. Dislocazione a sinistra -> La luce la spegne Marco, con clitico di ripresa la che viene detto pro-forma, che riprende l’elemento dislocato. ES: [La luce] tema [la spegne Marco] rema. Ci sono costruzioni “a tema sospeso”, in cui abbiamo il tema e poi non c’è la ripresa ma viene detto qualcosa a proposito del tema. ES: Marco, gli avevano chiesto un favore. 2. Dislocazione a destra -> ES: [Marco la spegne] tema [la luce] rema. 3. Frase scissa -> si formano con il verbo essere, con il soggetto e la ripresa tramite il relativo che. ES: è [Marco] focus che spegne la luce. Esistono anche frasi pseudo-scisse -> Quello che Marco spegne è la luce. Ruoli semantici Agli elementi e alle funzioni sintattiche sono anche legati in qualche modo i ruoli semantici, ovvero le funzioni secondo le quali i referenti di ogni sintagma partecipano all’evento rappresentato dalla frase. Se la frase è una relazione di elementi all’interno di una scena o un evento, allora gli elementi che partecipano a quest’evento hanno un ruolo. ES: Gianni ha aperto la porta. -> Gianni è colui che ha svolto l’azione di aprire la porta, è l’agente. La porta è stata aperta, ha “patito” l’azione di Gianni, si definisce il paziente. ES: A Gianni piace leggere. -> A Gianni viene definito sperimentatore, cioè colui che esperiente, è il ruolo semantico dell’entità toccata da o che prova un certo stato o un processo psicologico. ES: Marco regala un libro ad Elena. -> A Elena è il beneficiario, o benefattivo. Trae beneficio dell’azione, è il costituente sul quale ricade quanto succede nell’avvenimento. Un libro è lo strumento, cioè il ruolo semantico dell’entità inanimata mediante la quale avviene ciò che accade o che interviene. ES: Giulia parte per la montagna. -> Per la montagna è la destinazione. È il ruolo semantico dell’entità verso la quale si dirige l’attività diretta dal predicato. Può costituire la meta di uno spostamento come in questo caso. Ruoli semantici dei verbi Anche i verbi possono avere dei ruoli semantici: - verbi che indicano un processo (es. trasformare, crescere, fiorire); - verbi che indicano un’azione (es. saltare, cantare); - verbi stativi (esistere, stare). TIPI DI FRASI GRAMMATICA VALENZIALE Ai sintagmi che riempiono le posizioni strutturali di un indicatore sintagmatico, vengono assegnati diversi valori. Tra i principi che governano il modo in cui i diversi costituenti si combinano, troviamo le funzioni sintattiche. Si pensi alla tradizionale analisi logica (soggetto, predicato, oggetto, complementi). Ora vediamo come possiamo descrivere i ruoli dei rapporti tra i costituenti secondo quella che si chiama grammatica valenziale. Il verbo ha una valenza e seleziona gli elementi che gli ruotano intorno (il verbo attira a sé gli elementi che sono richiesti per completare il suo significato). Gli elementi che ruotano intorno al verbo e la cui presenza è necessaria affinché la frase risulti ben formata si chiamano argomenti (o attanti secondo la terminologia originaria) del verbo. A seconda degli argomenti che saturano la valenza del verbo abbiamo verbi: - zerovalenti, come ad esempio i verbi meteorologici in italiano. ES: piovere/nevicare; - monovalenti. ES: correre; - bivalenti. ES: mangiare; - trivalenti. ES: dare. - tetravalente. ES: trasportare. Nello schema valenziale il nucleo è formato dal verbo e dai suoi argomenti. Nel settore più esterno troviamo degli elementi opzionali che espandono l’enunciato. Questi elementi si chiamano circostanziali. Funzionano da modificatore della frase e godono di una certa libertà di posizione. Anche intere frasi possono fungere da circostanziali. RIFLESSIONI FINALI Sintassi e lingua tedesca Il tedesco viene descritto come lingua SVO. Ma ha delle caratteristiche che fanno parte e rispondono ad altri ordini di costituenti. Gli apprendenti italofoni di tedesco tendono a riprodurre la struttura SVO dell’italiano. Nella frase dichiarativa (Paul holt Milch), la questione funziona. Se passiamo però a riprodurre la stessa struttura SVO nell’interrogativa o nella secondaria invece è un errore. Il tedesco ha almeno 3 possibilità di costruire la frase. - SVO nella Kernsatz. Paul holt Milch. /Wer holt Milch?/ Marta meint, Paul holt Milch. - Verbletztsatz o frase tesa (rimane in tensione fin quando non c’è il verbo alla fine della frase). Per evidenziare elementi della frase in tedesco, tipicamente si mettono nel Vorfeld, cioè il “campo” a sinistra del verbo coniugato. La regola rigida è che all’interno del Vorfeld possiamo mettere solo un costituente, mentre l’italiano ne accetta anche di più. SEMANTICA SEMANTICA La semantica è quella branca della linguistica che si occupa del significato. Il significante è la parte esterna del segno, il significato è ciò che del segno è nascosto, è interno. È il punto di sutura tra la lingua, la mente, il mondo esterno e sono tante le discipline che si occupano di significato (pensiamo, oltre alla linguistica, alla filosofia, alla psicologia e all’antropologia). Rispetto alle prospettive con cui possiamo considerare il significato due sono le tipologie di significato che possiamo identificare: - significato referenziale -> riflette il concetto, l’immagine mentale; - significato operazionale -> riguarda uso che si fa del segno rispetto al contesto di impiego. In prospettiva linguistica, il significato è quindi l’informazione veicolata da un segno o da un elemento linguistico. Abbiamo diversi tipi di significato a seconda della prospettiva nella quale ci poniamo: - significato denotativo (oggettività del significato, significato espresso in senso oggettivo). - significato connotativo (senso soggettivo legato alle sensazioni e alle associazioni indotte dal segno). ES: gatto -> senso denotativo: animale domestico di piccole dimensioni, carnivoro… micio -> senso connotativo: è anche un animale che suscita tenerezza. Due sinonimi differiscono nel loro significato connotativo. - dal punto di vista linguistico c’è anche il significato linguistico in senso stretto. È il significato come parte del sistema linguistico; - significati sociali che possiamo attribuire ai segni, cioè il significato relativo ai rapporti tra parlanti. ES: scelta dei pronomi allocutivi (dare del tu/dare del Lei). Scelta paradigmatica fatta in base al contesto. - significati lessicali -> parole piene, che hanno dei tratti che riempiono il contenuto (ES: gatto) - significato funzionale -> parole vuote, usate come connessione, raccordo, elementi di cucitura tra le altre parole (ES: preposizione di). Intensione ed estensione Intensione è l’insieme delle proprietà di un oggetto. L’estensione è il numero di individui al quale queste proprietà possono essere applicate. Il rapporto tra intensione ed estensione è inversamente proporzionale. Maggiori sono le intensioni e minore è l’estensione (serie di caratteristiche molto precise -> corrisponde a un limitato numero di referenti) e viceversa. Lessema: unità del lessico Il lessema è una parola considerata dal punto di vista del significato. (≠ Lemma: entrata del dizionario, la forma che viene registrata nel dizionario). L’insieme dei lessemi è il lessico di una lingua e la disciplina che si occupa di lessico è la lessicologia. La disciplina che si occupa di documentare il lessico, cioè di registrare i lemmi è la lessicografia (chi fa dizionari è un lessicografo). A seconda di quante parole conosciamo e sappiamo usare, possiamo ripartirci in tre grandi fasce. SEMANTICA Questa è un’analisi componenziale, ovvero una scomposizione del significato dei lessemi comparandoli gli uni con gli altri, cercando di cogliere differenze e tratti in comune. Le proprietà tra barre si chiamano componenti o tratti semantici e servono a definire il significato denotativo di un lessema. In genere sono binari, cioè ammettono due valori (+ e -). Per i verbi si fa riferimento a tratti diversi rispetto a quelli che usiamo per i nomi: non sono binari e non sono invertibili (hanno un ordine preciso). Uccidere = /(X CAUSA)((Y DIVENTA)(-VIVENTE)/ -> qualcuno fa sì che qualcun altro diventi non vivente. Il prototipo è l’immagine mentale che per i parlanti di una certa cultura e società corrisponde tipicamente a un dato concetto. La scelta è il punto focale. Le altre alternative, pur corrispondendo ai tratti elencati, sono lontane dal punto focale, stanno verso la periferia. Quello che è il prototipo e quello che sta nella periferia può cambiare a seconda della cultura. Semantica prototipica. 4. Il testo PRAGMATICA E TESTO ELEMENTI DI PRAGMATICA La pragmatica riguarda il modo di agire: con quale scopo si usa la lingua? Che azione si compie quando si dice qualcosa? Uno dei principi che regolano la comunicazione e l’efficacia di questa è il principio di cooperazione, ovvero il contesto pragmatico-sociale dev’essere condiviso dagli attori della comunicazione. Grice ha elaborato una serie di massime: sono 4 principi che regolano la comunicazione e danno indicazioni sulle caratteristiche che deve avere la comunicazione efficace. 1. Principio di quantità (giusta dose di informazione); 2. Principio di qualità (verità e verificabilità); 3. Principio di relazione (informazione deve essere pertinente al contesto) 4. Principio di modo (informazione deve essere chiara). Gli enunciati realizzano gli atti linguistici. Questi sono 3 e contemporaneamente in ogni enunciato li ritroviamo tutti e tre. Ogni atto è contemporaneamente un atto: - locutivo (enunciato come unità di sistema) - illocutivo (intenzione con la quale viene prodotto l’enunciato) - perlocutivo (l’effetto che si vuole provocare). ES: Marco dorme. -> locutivo: sintagma nominale + sintagma verbale; illocutivo: comunicare un’informazione; perlocutivo: Vorrei che i presenti abbassassero la voce. L’atto illocutivo definisce la natura e il tipo di atto linguistico messo in opera. Si possono dare degli ordini, si possono formulare richieste, inviti, constatazioni, divieti, permessi e rifiuti. Lo stesso atto illocutivo può essere però realizzato da atti locutivi diversi. Per esempio si può dire Chiuderesti la finestra o La finestra! L’intenzione con la quale viene prodotto l’enunciato è sempre quella di dire che c’è una finestra aperta. Ci sono dei verbi che intrinsecamente realizzano degli atti che hanno intrinsecamente un valore illocutivo. Sono i verbi performativi, ovvero quei verbi che fanno. Quando sono proferiti alla prima persona presente realizzano l’atto illocutivo. ES: Battezzare -> Io ti battezzo = il bambino è battezzato. Anche promettere, proibire, autorizzare. Se vengono utilizzati al passato perdono il loro valore performativo e assumono un valore constatativo. Diventano verbi che dicono. Alcuni atti linguistici possono avvenire in modo indiretto. È il tipico caso della cortesia, è il caso di quelle situazioni in cui si realizza un atto illocutivo con una forma tipica di un altro atto illocutivo. ES: Scusi, scende? -> è una richiesta di informazione, ma di fatto la richiesta è un'altra (Per favore, si sposti). Può essere quasi un ordine, ma dato in modo gentile, indirettamente. Rispetto ai significati impliciti che, come abbiamo visto, si possono realizzare negli atti linguistici abbiamo due tipologie di significato implicito: - l’inferenza -> significato ricavato da ciò che viene detto e da come lo si dice, ma non esplicitato. ES: Andiamo al cinema? Ho mal di testa. L’inferenza che si trae è che il secondo interlocutore non ha voglia di andare al cinema, non andrà. - presupposizione -> il valore di verità. Quando noi realizziamo un atto linguistico c’è sempre un dato, qualcosa che è già stato dato. Una A che è vera se B è vera. ES: Gianni ha smesso di fumare (A) -> Gianni fumava (B). L’atto linguistico a scopo comunicativo dà vita al discorso. Il discorso è fondamentalmente un testo, cioè un prodotto di un atto comunicativo. L’analisi del discorso e l’analisi del testo si articolano su due dimensioni: 1) Pragmatico-referenziale -> riguarda l’efficacia della comunicazione del testo. 2) Logica -> riguarda i legami strutturali all’interno del testo. IL TESTO: CARATTERISTICHE Il pieno raferenziale del testo riguarda i collegamenti interni del discorso e i «referenti testuali», ovvero ciò che viene evocato nel testo e che ricorre al suo interno di volta in volta caratterizzato da nuove proprietà e particolari. Tra gli elementi che contribuiscono a strutturare il testo abbiamo: Anafore e catafore Essi definiscono l'architettura del testo, la Connettivi sua gerarchia informativa e contribuiscono a dare coerenza e coesione al messaggio Incapsulatori Tema-rema Deittici Strutture marcate Coerenza e coesione la cosrenza di un festo è il principio semantico che guida l'interpretazione del discorso. Un testo è coerente quando le unità di cui è composto presentano una certa contiguità semantica. la cossione di un testo riguarda le proprietà formali per cui esso presenta dispositivi linguistici che esplicitano collegamenti tra le unità che lo costituiscono. Ci può essere coerenza anche senza coesione (e viceversa) Una ricetta, ad esempio, è un testo coerente perché le sue parti Lu sono finalizzate ad uno stesso scopo, ma poco coeso perché gli Analizziamo un testo elementi di connessione sono ridotti: & lungo con una frusta fino a ottenere un composto chiaro e spumoso. Incorparate delicatamente il mascarpone. @ Anafora (e catafora) L'anafora è la ripresa, attraverso mezzi linguistici, di un referente già enunciato. I mezzi di ripresa possono essere proforme pronominali o lessicali. Le connessioni stabilite dalle anafore creano il tessuto del testo e definiscono catene anaforiche; il primo anello della catena si definisce capocatena La catafora è la costruzione opposta all'anafora usata per lasciare in sospeso l’interpretazione (la proforma anticipa il referente). C'erano tre cose ché A Zoffriva del Natale. La prima erano gli eleganti pantaloni di lana spigata ereditati dai facoltosi gemelli, nipoti genovesi della signora P del quarto piano, che nostra madre gli)faceva indossare in occasione delle ricorrenze invernali , ma solo se ci trovavamo nella signorile cittadina. di provincia di-mia nonna. La congiuntura si presentava in pratica unicamente nei giorni di Natale e Capodanno, durante i quali. A soffriva di un costante prurito alle gambe che si dissolveva solo la sera dentro ai pantaloni del pigiama. Per (sua fortuna all’Epifania eravamo già di ritorno nella proletaria provincia di Torino, dove velluto e fustagno-erano concessi persino alla messa delle dieci. La seconda circostanza per(luî detestabile era la confessione natalizia, che in genere avveniva nella buia cripta del santuario. yy MUTAMENTO E VARIAZIONE Ci occupiamo di linguistica storica: panoramica su quali sono le caratteristiche che descrivono l’evoluzione della lingua sull’asse del tempo. Identifichiamo relazioni tra lingua in senso stretto, la cultura e la società. Il mutamento linguistico è un processo in corso sotto i nostri stessi occhi, anche se il più delle volte facciamo fatica ad accorgercene. Emblematico è il caso dell’italiano e delle sue cugine romanze: tutte fanno capo a un progenitore comune, ma a un certo punto si sono distanziate e differenziate. È un processo che ha avuto luogo a partire dal III secolo d.C. e si è affermato nel corso del Medioevo. Tra il X e il XI secolo abbiamo i volgari documentati in usi scritti. [vedi Placito capuano 960 d.C., primo documento in volgare italiano. È una testimonianza riportata in un verbale notarile in latino -> c’è un caso di mutamento di codice. Riguarda possedimenti terrieri di un monastero vicino a Montecassino. «Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti.»] Quando le differenze tra uno stato di lingua e un altro si acuiscono ed aumentano si arriva a un punto in cui uno stato è incomprensibile all’altro: abbiamo quindi una nuova lingua. INIZIO -> INNOVAZIONE ACCOLTA -> SOPPIANTA E FISSA / INIZIO -> INNOVAZIONE NON ACCOLTA -> FINE. Il mutamento può avvenire per una serie di ragioni: - ambientali - socioeconomiche (ruolo dell’inglese oggi -> accogliere elementi) - socioculturali - extralinguistiche - intralinguistiche (ragioni interne alla lingua) - per fenomeni di contatto (lingue che vengono a contatto l’una con l’altra -> travasi). Mutamento fonetico I fenomeni di mutamento possono avvenire a livello fonetico e quindi abbiamo una casistica che possiamo osservare: - per assimilazione: due foni articolatoriamente diversi tendono a diventare simili (uno acquisisce le caratteristiche dell’altro) NOCTE -> NOTTE (occlusiva velare sorda diventa dentale); - per dissimilazione: due foni simili diventano diversi. ARBORE -> ALBERO. - metàtesi: c’è uno spostamento nell’ordine dei foni. PELIGRO -> PERICULUM (inversione r e l); - caduta: caduta di vocali in diverse posizioni (iniziale, mediana, finale). APOTHECA -> BOTTEGA (aferesi) DOMINA -> DONNA (sincope) CIVITATE -> CITTÀ (apocope). - aggiunta: aggiunta di foni in diverse posizioni (iniziale, mediana, finale). STATU -> ESTADO (protesi) BAPTISMUM -> BATTESIMO (epentesi) COR -> CUORE (epitesi + dittongazione). Le regolarità nei cambiamenti fonetici sono state descritte e sono state formulate nel tempo delle leggi fonetiche, delle descrizioni che in realtà sono attribuibili a più lingue. Per esempio, la legge di Grimm riguarda il passaggio del fono dentale sonoro [d] indoeuropeo al fono sordo [t] nelle lingue germaniche. DUO -> TWO Legge della seconda rotazione consonantica -> in tedesco le occlusive sorde p, t, k diventano affricate all’inizio di parola e in posizione post-consonantica. ZEHN (ingl: ten) Mutamento morfologico Il mutamento può avvenire anche in chiave morfologica, quindi che riguarda la struttura della parola. In questo senso abbiamo: - analogia -> estensione di forme a contesti ai quali non erano applicate prima. La ragione è la ricerca di ordine e simmetria nell’eliminazione di eccezioni che possono complicare la struttura della lingua. ES: passato remoto volli -> di fatto deriva dal latino velle, e non da volere. - rianalisi -> per esempio, la formazione del passato prossimo nelle lingue romanze (inesistente in latino). ES: rianalisi del comportamento e delle funzioni del verbo habere sulla scorta di alcune espressioni e dell’indebolimento del verbo. - grammaticalizzazione -> un elemento del lessico diventa un elemento della grammatica. Mutamento sintattico Il mutamento sintattico riguarda l’ordine dei costituenti: si pensi al latino e all’italiano a confronto. In latino il verbo sta al fondo mentre in italiano si trova in seconda posizione. MUTAMENTO SEMANTICO L’obiettivo non è solo esaminare, proporre e valutare modelli appropriati per l’insegnamento linguistico, ma anche interpretare e adattare tali modelli alle esigenze particolari degli studenti. Insegnamento = costante processo decisionale in una situazione articolata, costituita da molte variabili più o meno conosciute e prevedibili, spesso difficilmente interpretabili e controllabili. La scelta di metodi e materiali dipende direttamente dal contesto. -> l’insegnante deve sviluppare quindi questa competenza di scelta rapida e adeguata. Obiettivi Gli obiettivi della glottodidattica sono molteplici e confluiscono con altri campi del sapere: - glottodidattica si occupa anzitutto di comunicare. Imparare una lingua non vuol dire studiare una materia scolastica, bensì imparare a comunicare, a relazionarsi con l’altro. Di comunicazione si occupano ovviamente le scienze linguistiche; - comunicare all’interno di un contesto culturale e sociale. Comunicare tra culture. Ecco che ci viene in aiuto l’antropologia culturale. - far entrare nella propria testa un altro codice, un altro sistema linguistico. Questo significa dover sapere come funziona il nostro cervello. Ad aiutarci sono i risultati di neuro e psicolinguistica; - imparare a comunicare in un contesto educativo e formale. Imparare l’educazione linguistica: come si fa; quali sono i metodi; gli approcci e le tecniche per trasmettere competenze di comunicazione. Apprendimento in contesto guidato vs Acquisizione in “bagno linguistico” Noi apprendiamo le lingue in un contesto tendenzialmente guidato: a scuola, negli istituti, nelle scuole di lingua [APPRENDIMENTO IN CONTESTO GUIDATO]. Laddove non si ha un’istruzione formale dell’apprendimento parliamo di acquisizione. L’acquisizione è quando si impara a conoscere e a utilizzare un altro sistema linguistico grazie al contatto, al bagno linguistico. Ci possono essere anche delle situazioni intermedie, delle situazioni di apprendimento misto (es. immigrato che acquisisce la lingua ma poi segue anche un corso di lingua e quindi la apprende anche/es. studente Erasmus -> segue il corso di lingua nel paese ospitante). Il punto è qui come si apprendono e si acquisiscono le lingue? Ci sono diverse teorie che si occupano dell’apprendimento linguistico e tutte partono dall’acquisizione della lingua materna. Se sappiamo come un bambino acquisisce la propria lingua materna, questo processo può essere ribaltato nella situazione di apprendimento/acquisizione di una lingua straniera. Apriamo delle finestre su alcune di queste teorie che hanno avuto importanti ricadute sulle metodologie didattiche: - comportamentismo -> teoria di origine psicologica che si basa su una sequenza di stimolo-risposta-rinforzo. L’idea è che il bambino acquisisce per imitazione. La didattica si basa quindi sulla ripetizione, quindi esercizi che fanno ripetere una struttura tantissime volte fino a che non la si impara. Certo è vero che il bambino quando acquisisce la lingua, seppur sottoposto a un input corretto produce degli enunciati che non sono corretti. È anche vero che la norma è diversa dall’uso, quindi non sempre il parlante nativo produce lingua perfettamente “pulita” e scevra da errori. - innatismo (teoria Chompskiana) che va di pari passo con la teoria psicologica del cognitivismo. Sostiene che le strutture della lingua sono già innate nell’uomo: vanno semplicemente ordinate e bisogna applicare dei parametri ai principi che regolano la lingua provando a formulare ipotesi sulla lingua che vanno verificate nel contesto che ci circonda. Ecco che il bambino, per esempio, dice spazzatore invece di spazzino. Dal punto di vista della funzione del morfema, spazzatore è corretto ma non è accettato nella norma italiana. Questo significa però che il bambino ha riflettuto sulla struttura della lingua e ha isolato il morfema che aveva una certa funzione (che è esattamente quella del morfema invece corretto -> ore e ino in quel contesto hanno la stessa funzione). Nessuna di queste due teorie è tuttavia completa. Il punto di incontro di queste due può effettivamente spiegare l’acquisizione di una lingua: dalla confluenza di comportamentismo e innatismo sta il costruttivismo. - costruttivismo: l’apprendente è al centro di un processo di apprendimento consapevole e autonomo in cui attivamente costruisce il proprio sapere in una dimensione che è una dimensione collettiva (dimensione dei pari) che influisce sulla costruzione del sapere. L’innatismo però ci ha dato alcuni suggerimenti e ha ipotizzato alcuni dispositivi che sicuramente intervengono nell’apprendimento. Uno di questi è il LAD (Language Acquisition Device) che insieme al LASS (Language Acquisition Support System) concorre all’osservazione, formulazione e alla verifica delle ipotesi linguistiche. Il LAD funziona in questo modo: - parlante osserva imput; - formulazione ipotesi; - verifica dell’ipotesi; - fissazione tramite ripetizione; - riflessione metalinguistica inconscia in cui il parlante estrapola una regola dalla costruzione che ha prodotto. Rispetto all’acquisizione, in tempi recenti si è sviluppata una branca della linguistica, cioè la linguistica acquisizionale che si occupa di studiare come la lingua viene acquisita dal parlante. Ha avuto il grande merito di aver definito le cosiddette scale di acquisizione, cioè delle sequenze implicazionali relative a vari aspetti della lingua che descrivono proprio come il parlante in generale acquisisce la lingua. ES: scala di acquisizione di tempi e modi verbali in italiano -> un parlante che non ha mai imparato l’italiano e che lo acquisisce impara prima l’infinito, poi il presente, participio passato, passato prossimo, poi l’imperfetto… Se non si è imparato il participio passato chiaramente non si impara neanche il passato prossimo. L’interlingua è un sistema imperfettamente posseduto che comprende le ipotesi dell’apprendente e che segna gli stadi del passaggio dalla L1 alla L2. Si tratta di una lingua vera e propria, che ha delle caratteristiche interne che segna il passaggio in un continuum da una lingua all’altra. Legato al concetto di interlingua c’è una fondamentale visione dell’errore. L’errore, grazie alla linguistica acquisizionale e alla definizione di nozione di interlingua è completamente cambiato rispetto al passato: commettere un errore vuol dire applicare il proprio diritto di sbagliare. L’errore non viene giustificato, ma non viene visto come qualcosa di stigmatizzabile che va assolutamente evitato. L’errore è la spia del processo in atto. È qualcosa che segnala all’insegnante il punto della scala al quale si situa l’apprendente. Il ruolo dell’insegnante in questo è un ruolo di analisi, osservazione ma anche di scelta dell’imput da sottoporre. Non deve essere mai né troppo complesso né troppo semplice. Deve rispondere alla formula 𝑖 + 1 Le conoscenze possedute dall’apprendente (i) più un pezzettino che è quella difficoltà che permette di progredire. Si tratta di quella che in psicologia viene definita zona di sviluppo prossimale, cioè la distanza che posso coprire per arrivare ad uno stadio di sviluppo successivo. Perché impariamo una lingua? Si impara una lingua per molteplici ragioni, ma la motivazione che ci spinge ad imparare è una dei fattori più importanti e pesanti che influiscono sul successo dell’apprendimento. La motivazione può essere: - motivazione di dovere (compito in classe. Ma è uno studio efficace? NO. La motivazione basata sul dovere non darà risultati sul lungo periodo, non ha ricadute efficace in termini di apprendimento e acquisizione durevole); - motivazione basata sul bisogno (bisogno legato al lavoro: bisogna imparare una lingua per riuscire ad ottenere dei risultati e comunicare in ambiente lavorativo). C’è una spinta legata al dovere, ma è un dovere consapevole e c’è un obiettivo da raggiungere; - motivazione legata al piacere (piacere di imparare, sapere e conoscere, di imparare a comunicare). È quella più efficace. GLI ATTORI DEL PROCESSO DI APPRENDIMENTO ACQUISIZIONE PERFETTA DELLA PRONUNCIA - fino a 3 anni PRIMO PERIODO CRITICO; - tra i 4 e gli 8 anni SECONDO PERIODO CRITICO (maggiore sforzo per parlare una lingua straniera). SENSORIALITÀ L’insegnante nomina ciò che tocca e descrive ciò che vede. ES: creare dialoghi con orsacchiotti. MOTRICITÀ Usare la lingua per giocare, fare, dare istruzioni. LUDICITÀ Insegnare attraverso il gioco (situazioni finzionali; regole condivise). Tendo ad analizzare l’intero testo, ma non noto immediatamente i particolari Individuo i particolari senza considerare tutto il Tori iniz Indipendenza DIP Curzi \ (dal campo) N Io sono più forte quando lavoriamo con frasi isolate Spesso intuisco dal contesto ciò di cui si parla N ri (di prevedere i contenuti del testo sulla base del contesto) Un mio insegnante mi sgridava sempre quando sbagliavo È importante capire perché a volte sbaglio DÒ Ì Torni Tendenza Drago] te! O (ad apprendere dai propri errori) Parlo solo ed esclusivamente se interpellato dall'insegnante Spesso faccio domande che mettono in difficoltà l'insegnante © n n in (nei processi di studio) Iv invece memorizzo meglio con le canzoni e il ritmo Memorizzo il lessico se visualizzo l'elemento nell'ambiente piacciono i giochi grammaticali Amo leggere e tradurre testi Mi dicono che ho buone capacità di autoanalisi e mi metto facilmente nei panni degli altri Torna alla pagina iniziale \ (fi Intelligenze intra- e interpersonali Sono tipi di percezione e di elaborazione della realtà | \ QU uu \ Sono stili di apprendimento, per esempio come affrontiamo un compito sostanzialmente il passaggio di informazioni in uscita (interrogazione) o in entrata (mancata acquisizione di informazioni). Nelle situazioni di stress la parte razionale del nostro cervello ci dice che non è una vera situazione di pericolo (non si deve temere per la propria vita se non si risponde all’interrogazione) e allora l’amigdala entra in conflitto con l’ippocampo. Questo fa sì che si blocchi la noradrenalina (neurotrasmettitore che facilita la memorizzazione) e quindi il processo di apprendimento viene bloccato. Di qui una serie di metodi che sono stati studiati all’interno di approcci che mirano a diminuire il filtro affettivo. Nel corso del tempo si sono succeduti numerosi approcci e numerosi metodi, l’uno ha spesso soppiantato l’altro. Oggi ci si è resi conto che – come sempre avviene – la verità sta nel mezzo: non c’è un approccio migliore ma sicuramente è meglio quando l’insegnante è flessibile; conosce tutti gli approcci e i metodi disponibili, le tecniche e le metodologie e riesce ad applicarle in relazione al tipo di studente, al tipo di classe, al tipo di contesto che si trova davanti. Con i bambini va molto bene un approccio comunicativo di tipo induttivo (in cui contestualizzando e presentando delle situazioni si fa sì che i bambini estrapolino inconsciamente e poi consciamente le informazioni sulla lingua. Con gli adulti – che hanno delle sovrastrutture e una formazione grammaticale già più solida – funziona meglio un processo deduttivo. Si presenta la struttura e poi la si applica. Spesso gli adulti richiedono un approccio formalistico (quello che hanno sperimentato durante il loro percorso scolastico nel passato). Il metodo più efficace è una serie di metodi che variano anche all’interno della stessa lezione, dello stesso modulo, unità o contesto classe: momenti diversi con approcci e metodi diversi che vanno incontro alle diverse necessità degli studenti. Vedremo alcuni metodi celebri che si sono succeduti nel tempo, discutendo pro e contro e cercando di capire quali siano adatti a quale situazione. APPROCCI E METODI APPROCCIO FORMALISTICO: IL METODO GRAMMATICALE TRADUTTIVO È il metodo padre di tutti i metodi, l’approccio dal quale tutto è partito. Si tratta dell’approccio formalistico concretizzato nel metodo grammaticale traduttivo.  Formalistico -> legato alla forma;  Grammaticale -> focalizzato sulla grammatica;  Traduttivo -> che fa uso della traduzione. Il metodo grammaticale traduttivo affonda le sue radici nella tradizione dell’insegnamento delle lingue classiche: un tempo erano le sole a essere insegnate, non c’era una glottodidattica delle lingue moderne ma solo una didattica delle lingue classiche. Quando si studia il latino o il greco si studia la grammatica in modo deduttivo, esplicito e poi si fanno le versioni, quindi si traduce. Questo procedimento, questa metodologia è stata a lungo applicata anche alle lingue moderne. In Italia almeno fino agli anni Ottanta si è studiato in questo modo e se andiamo a vedere ancora oggi questo metodo permane (non solo nella scuola secondaria ma persino nella scuola primaria, dove gli insegnanti non fanno altro che replicare dei modelli che loro hanno vissuto). Gli insegnanti hanno nel loro bagaglio da insegnante l’esperienza da allievo e ci sono dei dati che dimostrano che, in effetti, a seconda dell’insegnante che si ha avuto si sviluppa un certo tipo di insegnamento. Il metodo grammaticale traduttivo prevede un insegnamento esplicito della grammatica, seguito da una serie di esercizi che possono essere in molti casi strutturali (completamenti, delle trasformazioni meccaniche) e poi la traduzione (in entrambi i sensi) con una certa attenzione alla letteratura. ES: l’insegnante mostra agli studenti una tabella con una regola grammaticale (non un pezzo per volta, ma tutta la regola grammaticale). Gli studenti osservano, prendono appunti e non parlano. L’insegnante sta alla cattedra, raramente guarda gli studenti, raramente chiede un riscontro né si sofferma su passaggi intermedi facendo delle domande per capire se gli studenti hanno compreso. L’interazione avviene alla fine della spiegazione ed è un’interazione basata sulla traduzione (ES: far tradurre brevi frasi per applicare la regola grammaticale appena spiegata. Le frasi sono completamente fuori contesto, cioè inventate dall’insegnante prive di una contestualizzazione in situazione ma finalizzate esclusivamente alla traduzione). L’insegnante parla e spiega in italiano: il metodo grammaticale traduttivo prevede l’uso della L1 per spiegare. Come reazione al metodo grammaticale traduttivo si sono sviluppate una serie di altri metodi e approcci che hanno cancellato completamente la L1 dalla lezione di lingua straniera. Oggi la tendenza è quella di riconoscere alla lingua materna degli studenti un’utilità, soprattutto in contesti in cui si spiegano delle regole. Questo perché a volte la spiegazione grammaticale può essere frustrante e può essere difficile cognitivamente (ES: ci sono delle strutture grammaticali lontane dalla concezione di un parlante di una certa lingua). Inoltre, proprio per queste ragioni l’insegnante deve essere sicuro che il messaggio passi in modo chiaro e diretto. L’uso della L1 in classe non va demonizzato. Piuttosto l’insegnante deve capire qual è la quantità di L1 e di L2, bisogna saper fare un dosaggio sapiente in relazione anche a chi ha davanti (età, tipologia di apprendenti, livello). I modelli riproposti dalle nuove tecnologie non sono altro che di nuovo un metodo grammaticale traduttivo dell’approccio formalistico rivisitato con una nuova veste, con la veste della nuova tecnologia. Gli esercizi sono sempre esercizi di traduzione, di abbinamento lessico parola – parola o traduzione di frasi. C’è stato un periodo nella storia della glottodidattica, degli approcci e dei metodi in cui il metodo grammaticale traduttivo è stato fortemente criticato e soppiantato da una serie veramente copiosa di altre proposte. Oggi c’è un ritorno sui propri passi, questo perché se è vero che il metodo grammaticale traduttivo esclude una grossa fetta della competenza che un parlante di una certa lingua deve avere (che è la sfera pragmatica, comunicativa vera e propria, i vari contesti e le varietà linguistiche -> conoscere e saper interagire in contesti diafasicamente e diatopicamente diversi), è pur vero che questo metodo permette lo sviluppo di competenze metagrammaticali che sono essenziali. Per conoscere bene una lingua bisogna entrare all’interno dei meccanismi della lingua, bisogna riuscire a decodificare quali sono le reazioni tra gli elementi della lingua e questo è quello che permette di fare la traduzione. Con essa si mettono due lingue a confronto, di verificare cosa va bene per una e cosa va bene per l’altra e come queste si possono parallelizzare. Permette di esercitare l’asse sintagmatico delle relazioni all’interno della frase, ma anche l’asse paradigmatico cioè qual è la scelta migliore per far corrispondere un certo enunciato/lessema alla lingua d’arrivo. L’approccio formalistico e il metodo grammaticale traduttivo hanno dei contro, ma hanno anche dei pro. La traduzione sta rientrando nei libri di testo e il momento metagrammaticale di discussione e formalizzazione della regola è qualcosa di molto importante a tutti i livelli e per tutti gli apprendenti. APPROCCIO COMUNICATIVO – METODI L’approccio comunicativo è quello prevalente nella pratica contemporanea. L’approccio comunicativo si declina in una serie di metodi tutti abbastanza simili e che guardano tutti a quella che è la pragmatica linguistica, all’efficacia della comunicazione e al saper interagire in contesto. Rispetto al metodo grammaticale traduttivo c’è una diversa e completamente ribaltata concezione dell’errore: viene ritenuto meno grave e non viene stigmatizzato se non inficia la comunicazione. Questo vale anche per la comunicazione tra nativi -> facciamo tanti errori, ci correggiamo. Approccio e metodo comunicativo: affonda le sue radici nella pragmatica linguistica intorno agli anni Settanta del Novecento e di lì si sviluppa. Capisaldi del metodo: - insegnamento e apprendimento in contesto, in un contesto che dovrebbe essere molto vicino a quello reale. - insegnamento che guarda alle funzioni comunicative. Cos’è una funzione comunicativa? Una funzione comunicativa è ciò che so fare con la lingua. Il saper fare con ciò che si sa è l’obiettivo del metodo. Avere sviluppato delle competenze con delle conoscenze. Una funzione comunicativa è saper comunicare in un contesto, per esempio esprimere un’opinione, fare una domanda, dare un’informazione, dare un ordine e farlo nelle diverse situazioni della vita quotidiana. ES: saper chiedere quanto costa qualcosa. I materiali I materiali usati nel metodo comunicativo non sono più semplicemente il libro di testo ma si fa uso di altri mezzi come video, audio che rappresentino la lingua a tutto tondo (contesto, luogo, registro). Ci si affida anche a dei realia (= oggetti concreti che possano essere da stimolo per la comunicazione. Molto importante è la dimensione del gruppo, del confronto e della comunicazione tra pari. ES: esercizio di tipo comunicativo -> esercizio di ascolto. L’insegnante fa ascoltare una registrazione ai propri studenti e chiede loro di reperire delle informazioni. L’esercizio è contestualizzato, riprende potenzialmente una situazione reale. Questo che fa sì che l’esercizio sia significativo per l’apprendente, potrebbe essere qualcosa che chiunque è chiamato a fare. L’insegnante gira per i banchi. C’è interazione tra gli studenti perché è stato chiesto loro di lavorare a coppie -> ecco la dimensione del gruppo. L’insegnante parla con la L2 e in parte con la L1 (proporzioni diverse a seconda del livello degli apprendenti e dell’argomento). L’insegnante può dare le istruzioni in L2 parlando molto lentamente e poi eventualmente tradurre una parte o il tutto in italiano. Le 3 P La lezione segue le 3 P: - presentazione (momento di presentazione dell’argomento); - pratica (attraverso esercizio) - produzione (gli studenti sono chiamati a produrre. È un momento particolare in cui si simula una situazione reale e gli studenti sono chiamati a interagire gli uni con gli altri, sulla base di uno stimolo proposto TOTAL PHYSICAL RESPONSE (Approccio clinico) Si tratta di un metodo umanistico-affettivo, il cui fine è abbassare il filtro affettivo e quindi abbassare lo stress della lezione. È particolarmente adatto a un pubblico giovane di bambini in cui il fondamento è l’associazione tra il verbo e l’azione. Si chiama total perché coinvolge tutta la persona: prevede l’ascolto, la comprensione e l’azione, imitando quello che succede quando si apprende la lingua materna e si interagisce in una situazione. L’insegnante diventa una sorta di regista e l’apprendente è l’attore per processo produttivo (attore in senso stretto). PRE TEACH DEL VOCABOLARIO -> nella prima parte di sessione di total physical response, l’insegnante ha mostrato qual è il lessico sulla quale sarà basata l’attività. Non traduce, bensì usa delle immagini abbinando immagine alla parola (ES: mostrare disegni e pronunciare le parole nella L2. Poi ripetere il procedimento coinvolgendo i bambini). ACTING/MOMENTO DELL’AZIONE -> l’insegnante abbina il gesto alla parola e i bambini ripetono il gesto abbinandolo alla parola. Momento in cui l’insegnante si siede non si muove più e chiede ai bambini di mettere in scena le frasi pronunciate dall’insegnante stesso non imitando più il gesto. Dopo aver ripetuto la storia in ordine, la storia viene ripetuta in disordine per verificare se l’abbinamento parola – gesto ha avuto un certo risultato. ASCOLTO E COMPRENSIONE -> di solito si ascolta una registrazione o si fa un esercizio in presenza dell’insegnante. È un esercizio di riconoscimento e riordino (comprensione orale). ES: l’insegnante racconta la storia e gli apprendenti devono individuare l’immagine che corrisponde a un dato frammento della storia al fine di mettere in ordine le schede. L’insegnante può usare tempi e modi diversi rispetto al primo momento del TPR (passato mentre racconta la storia vs imperativo quando si illustrano i movimenti). Anche il soggetto è diverso, si tratta di una terza persona. I bambini non si sono fatti influenzare dal tempo, hanno perfettamente capito quello che veniva chiesto loro, quindi, abbinano correttamente l’azione all’immagine. Alla fine, un bambino fa notare all’insegnante che c’è un’immagine in più che non è stata inserita nella storia. Pur non avendo mai parlato in italiano i bambini nella loro mente hanno associato le azioni e sono in grado di riportare le azioni in inglese anche al bagaglio linguistico dell’italiano. Si potrebbe continuare all’attività chiedendo loro di produrre le azioni che non sono presenti nella storia. Questo è un metodo che funziona molto bene con i bambini perché li coinvolge totalmente e coinvolge anche il movimento, che va molto bene per quelli che si chiamano apprendenti cinestetici. APPROCCI DIDATTICI: SCHEDE RIASSUNTIVE NOME TEORIE DI RIFERIMENTO ,N Dimensione psicologica ® APPROCCIO NATURALE, il metodo Berlitz e altre sperimentazioni d'élite Fonetica, fonologia, nuova linguistica DOCENTE Madrelingua (usa pochissimo la lingua madre degli studenti) Regista e facilitatore STUDENTE Autonomo e responsabile del suo apprendimento Attenzione all'età e caratteristiche personali LINGUA Viva, parlata, finalizzata alla comunicazione PERCORSO Prevalentemente induttivo NOME TEORIE DI RIFERIMENTO Psicologia della lettura. ì APPROCCIO della sola LETTURA CULTURA Raccontata dal docente, senza pianificazione didattica MATERIALI Conversazione con l'insegnante e materiali « autentici », manuali STRUMENTI TECNOLOGICI STRUMENTI OPERATIVI Sillabo molto flessibile TECNICHE DIDATTICHE Conversazioni, lezioni su un tema Esercitazione grammaticale secondaria 0 «READING METHOD » DOCENTE Facilitatore Funge da dizionario e grammatica vivente STUDENTE Molto autonomo LINGUA Limitata alla sola dimensione scritta della lettura PERCORSO Strettamente induttivo CULTURA Talvolta emerge dai testi MATERIALI Letture da materiali autentici STRUMENTI TECNOLOGICI STRUMENTI OPERATIVI TECNICHE DIDATTICHE TEORIE DI RIFERIMENTO NOME O APPROCCIO COMUNICATIVO: il metodo naturale di Krashen ir Psicologia umanistica; I Studi sull'intelligenza emotiva e acquisizione linguistica in età precoce. DOCENTE Guida, regista, punto di riferimento STUDENTE Protagonista del suo apprendere LINGUA Strumento di comunicazione Attenzione al lessico PERCORSO Fortemente induttivo CULTURA Solo per evitare problemi comunicativi. NOME TEORIE DI RIFERIMENTO in età precoce. MATERIALI Vari, possibilmente autentici; Graduati sulla base dell'ordine naturale. STRUMENTI TECNOLOGICI Strumenti per la presentazione di testi STRUMENTI OPERATIVI TECNICHE DIDATTICHE Comprensione dei testi; Interazione, “x A » | METODI CLINICI (o Olistici o Umanistico-affettivi: Suggestopedia, Silent Way, TPR) Psicodidattica e psicologia relazionale; Studi sull'intelligenza emotiva, sul filtro affettivo e sull'acquisizione linguistica DOCENTE Guida, consigliere, « psicoterapeuta » STUDENTE Protagonista del suo apprendere LINGUA Strumento di comunicazione Correttezza formale secondaria PERCORSO Fortemente induttivo CULTURA Nessuna attenzione specifica 7. Elementi di didattica MATERIALI Testi graduati sulla base di un concetto intuitivo di « facilità» STRUMENTI TECNOLOGICI Dispositivi per la riproduzione di musica e testi orali STRUMENTI OPERATIVI TECNICHE DIDATTICHE UNITA DIDATTICA E MODULO Materiali didattici organizzati per unità didattiche €& moduli da è \a Focus su oarocuaa: soia: rocesso di insegnamento Serie di unità di acquisizione P . "9 processo didattico Glottodidattica umanistico- affettiva Focus su Studente e i suoi processi acquisitivi LS Di Chiudi quandi 1 " terminato la Sezione Del corpus dei | Porzione contenuti di un == Blocco tematico Sottoinsieme curriculo Deve poter essere è SY accreditato nel CV modulo dello studente Autosufficiente, concluso in se stesso Si articola in una serie di unità Es I livelli del didattiche, ciascuna basata su una ° Portfolio. Europeo rete di unità d'acquisizione e a ® delle Lingue n n | E° della globalità un esempio di unità didattica TAR © approccio globale all'evento comunicativo o al testo: ascoltare/vedere/leggere il testo più volte con specifiche attività da svolgere prima, durante o dopo per una comprensione da globale a dettagliata 2. Fasi PET ETTI 2 USCOICTICI © serie di sequenze analisi > sintesi spontanea > riflessione guidata della Gestalt atti comunicativi aspetti linguistici Inper linguaggi non verbali temi culturali o Attività globali di © Verifica delle o Sintesi spontanea e esplorazione del contesto; ipotesi e analisi dei riflessione guidata per o Ipotesi sul significato meccanismi di formalizzare quanto globale; funzionamento delle «scoperto» in mappe mentali, © Ricerca di elementi specifici. varie grammatiche. in «regole», in schemi di riferimento Tratto da Balboni 2015, 153 ; . UNITA DIDATTICA 0) o dura dalle 6 alle 10 ore (o più) rn o basata su un tema situazionale/culturale (GE qui per Esempio: A elementi ticali e lessicali 2 dv, prenotazione viaggio aereo —— Tema dei O pubblici ___>=-zZ Sea espressioni linguistiche che | chiamata ad un taxi | ad un | chiamata ad un taxi | realizzano gli L. |atti comunicativi | comunicativi atti comunicativi Richiesta di informazioni sui scoprire lo schema dell'unità didattica percorsi di autobus o metropolitana unzione CECSSIZoa c Fondamentale sul piano Chiudi quardo hai | \ dell'affettività e della motivazione ' “ studente manifesta sentimenti, emozioni, pensieri, impressioni, sensazioni Dialoghi Si reali 122a ES Lettera personale Diario Atti comunicativi Intervista £ 2 Chiedere/dire dire il nome, l'età, la provenienza, presentarsi ° o Parlare dello stato fisico (benessere, malessere, stanchezza, ecc.) 0 Parlare dello stato psichico (tristezza, allegria, delusione, ecc.) o Esprimere i propri gusti; ecc. MP ATXL0E) [Funzione interpersonale | E c Fondamentale sul piano dell'uso cuecligria he , \ appropriato della lingua ' n La li ngqua serve a stabilire, mantenere o chiudere un rapporto di interazione, sia orale, sia scritta Si realizza ss Dialoghi Telefonate Atti comunicativi Conferenze Lettere o Salutare e congedarsi; e-mail o Offrire, accettare e rifiutare qualcosa; © Ringraziare e rispondere al ringraziamento; o Scusarsi; ecc. Funzione regolativo-strumentale c Chiudi quando hai Fondamentale per la scelta n terminato la lettura appropriata delle espressioni da usare . La li nqua serve per agire sugli altri, per regolare il loro comportamento, per ottenere qualcosa, per soddisfare le proprie necessità. Si realizza su Istruzioni orali e scritte Regolamenti o ° 0 0 Leggi Atti comunicativi o Dare e ricevere istruzioni; o Dare e ricevere consigli, ordini, disposizioni; 9 Chiedere, obbligare o impedire di fare qualcosa; ecc. Funzione referenzia c i forati ività Chiudi quando hai Messaggi caratterizzati da oggettività inraianli Ga lolten e lessico denotativo molto preciso . La li nqua serve per descrivere o per spiegare la realtà Si realizza ESS Relazione su un evento Descrizione di una situazione, di un testo scientifico, ecc. Atti comunicativi © Descrivere cose, azioni, persone, eventi; o Chiedere e dare informazioni; © Chiedere e dare spiegazioni; ecc. IL QCER Chi progetta un corso deve porsi il problema delle finalità ultime e non solo degli obiettivi strumentali (non solo saper chiedere la strada o saper dire il proprio nome). Una possibile risposta a questa questione è contenuta in un testo, considerato uno dei testi fondanti della glottodidattica italiana che è un testo del 1970 il cui autore è Giovanni Freddi (Metodologia didattica delle lingue straniere). L’autore Freddi definisce un modello che individua tre relazioni di base degli esseri umani collegate all’educazione e all’insegnamento linguistico . I campi sono fondamentalmente tre (la relazione che ogni persona ha con se stesso e con gli altri, da cui deriva una finalità educativa che scaturisce in un insegnamento linguistico che consente alla persona di agire in determinate situazioni). Primo livello: io e il mondo (relazione tra persona e gli altri). La finalità educativa è la culturizzazione, l’essere accettati in gruppi linguistico culturali non nativi dove la persona vuole vivere. Un altro importante punto del quadro è l’approccio plurilingue: ci sono più lingue e tutte queste lingue debbano essere in qualche modo integrate nell’insegnamento della lingua straniera. Si parla di inter-comprensione, di uso ancillare delle lingue conosciute per apprendere una nuova lingua. Tutte hanno una stessa dignità. Parole chiave sono: - comprehensive (comprensivo di tutto, globale) - transparent - coherent - knowledge (conoscenza) - skills (competenza) - use Il Quadro si propone di toccare tutto l’ambito, tutti i particolari che riguardano l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue in modo trasparente e coerente facendo attenzione alle conoscenze, alle competenze e all’uso della lingua. Inoltre, si occupa di una dimensione che non è strettamente linguistica (dimensione della culturizzazione e alla socializzazione). Ad esempio, c’è una parte in cui si parla dei suoni e dei gesti per ottenere il silenzio. Rispetto ai processi, si dice anche che l’insegnamento e l’apprendimento che avviene in un periodo di tempo piuttosto lungo deve essere organizzato in unità, che prendono in considerazione la progressione e che possano essere segnate da una certa continuità. I sillabi, cioè l’organizzazione dei contenuti e dei materiali devono essere sempre in relazione gli uni con gli altri e non compartimenti stagni. Deve esserci una ciclicità e un travaso di conoscenze, competenze ed elementi da uno all’altro. Segue la scala globale dei livelli descritti nel quadro, dall’A1 (basic user) al C2. A1 -> si comprendono espressioni quotidiane molto basiche, sintagmi basici. Si sa salutare e dare informazioni di sé. C2 -> livello pressoché nativo in cui ci si può esprimere in modo spontaneo molto fluente e preciso, differenziando anche le varietà diafasiche e le sfumature di significato di vari lessemi. Si possono leggere testi specialistici senza ostacoli. Questa tabella può essere approfondita con altre tabelle di descrittori presenti nel documento. È la griglia dell’autovalutazione. Vediamo come è divisa in varie competenze (comprensione/produzione orale/scritta) e vediamo le differenze tra i vari livelli. Altra tabella che riguarda gli aspetti qualitativi del linguaggio parlato e scritto. Soffermiamoci su quei criteri che possono diventare dei criteri di valutazione, cioè quando io ascolto uno studente parlare lo posso valutare in base a: - varietà del lessico e delle strutture grammaticali che usa; - accuratezza formale; - quanto è fluente; - capacità di interazione e alla coerenza interna dei messaggi. A seconda del livello farò attenzione a elementi diversi. Anche in un documento così ufficiale come è il Quadro è presente un riferimento all’uso ludico della lingua, al gioco. È importantissimo non solo per i bambini ma – a livelli diversi e in modalità diverse – può seguire l’apprendente lungo tutto il suo percorso di apprendimento. Esempi di approccio ludico che può essere integrato facilmente nella lezione di lingua (role play, scarabeo, parole crociate e pictionary). Giocare fa bene a qualsiasi età. Alcune persone, in relazione all’età, giocano più volentieri e altre meno perché c’è il fattore esposizione di fronte ai pari, che può trasformarsi in vergogna. È bene che l’insegnante crei un clima di classe che favorisca il gioco. Possiamo trovare poi una serie di esempi di attività che si possono utilizzare con gli obiettivi che devono essere raggiunti se si vuole parlare, se si vuole scrivere o comprendere. ES: per parlare lo studente deve essere in grado di pianificare e organizzare il messaggio, formulare una frase e articolarla dal punto di vista fonetico. Sono presenti competenze che riguardano la dimensione linguistica ma anche competenze semantiche e cognitive. È molto produttiva quando discussa con tutta la classe (es. gli errori più diffusi e la loro natura). 4) Recupero e rinforzo Recupero quando lo studente ha delle carenze globali; rinforzo quando ci sono dei problemi relativi all’unità didattica (es. rieseguire alcuni esercizi e rivedere punti critici). RECUPERO: progetto pensato ad hoc per lo studente. Si svolge un lavoro supplementare percepito come un contratto psicologico con l’insegnante. Il recupero continuo prevede lo svolgimento di attività estemporanee (es. una canzone, un filmato, una drammatizzazione, una fotografia) e di attività domestiche parallele (es. ricopiatura, auto dettato, riassunto, cloze = testo contenente lacune da integrare correttamente, utilizzato nella didattica delle lingue per valutare la capacità di comprensione e la competenza grammaticale e lessicale degli allievi, composizione di un tema ecc). Il recupero è un progetto speciale, non una punizione. Il recupero intensivo prevede una fase di riflessione (per attivare il meccanismo di acquisizione linguistica procedendo attraverso l’apprendimento consapevole) e una di esercizio (con pochi studenti che hanno l’attenzione dell’insegnante). 5) L’eccellenza Attenzione a non erodere la motivazione degli studenti migliori ma programmare attività apposite, per esempio gli studenti migliori possono lavorare a materiali supplementari che poi presenteranno in classe. 6) La certificazione (Portfolio Europeo delle lingue) Livelli dall’A1 al C2. Il livello B1 è il livello soglia. 8. Strumenti LE QUATTRO ABILITA LE QUATTRO ABILITA: CONSIDERAZIONI E ATTIVITA – PARTE I La prima abilità fondamentale quando si tratta di imparare una nuova lingua è la comprensione. Negli anni Settanta Goodman definiva la comprensione uno psycholinguistic guessing game, quello che in italiano viene definito come grammatica dell’anticipazione. La comprensione è legata alla conoscenza del mondo, è sottesa da processi cognitivi complessi ed è, naturalmente fatta di competenza comunicativa che è una prerogativa irrinunciabile per arrivare alla comprensione. - Conoscenza del mondo -> serve per ricondurre ciò che leggiamo e ascoltiamo a degli schemi già precostituiti e posseduti dal parlante. Si capisce meglio un testo se è possibile fare dei collegamenti a paradigmi, informazioni che in effetti già conosciamo. - Processi cognitivi -> la mente connette predicati e argomenti e costruisce la proposizione (stabilisce legami sintattici, testuali e inferenziali tra gli elementi dell’enunciato). - Componente più neurologica legata alla funzione del nostro cervello -> le operazioni logico-linguistiche che coinvolgono l’emisfero sinistro del nostro cervello (comprensione dei particolari) vs operazioni globali che interessano l’emisfero destro (comprensione del senso generale). Vediamo alcune tecniche e attività che servono per stimolare, esercitare le quattro abilità. ABILITA DI COMPRENSIONE DEL TESTO Bisogna abituare lo studente a esplorare il testo attivando tutte le componenti della comprensione, in questo caso della comprensione scritta. Tre attività che possono servire in questo senso sono: - cloze. È una finestra aperta sui meccanismi cognitivi dei propri allievi (o strumento diagnostico del livello linguistico-cognitivo dello studente) in quanto è uno stimolo alla riflessione linguistica. Permette la verifica della comprensione. La procedura cloze prevede la scelta di un testo l’eliminazione di alcune sue parti, che gli studenti cercando di ricostruire. Cloze classico -> si lasciano integre due/tre righe del testo, poi si toglie una parola ogni sette (articolo/parola essenziale); Cloze a crescere -> si inizia eliminando ogni settima parola poi si cancella anche ogni sesta o anche ogni quinta; Cloze facilitato -> è adatto alle fasi iniziali e con i bambini. Presenta in calce le parole da inserire, tra le quali spesso si nasconde una parola inutile; Cloze mirato -> mirato a far apprendere parti del discorso, parole specifiche o componenti di catene anaforiche. È un tipo di cloze all’intersezione tra semantica, sintassi e pragmatica (richiede capacità di cogliere i legami interni al testo, è necessaria una coerenza delle reintegrazioni e implica ragionamenti precisi). Il lettore si costruisce un’interpretazione del testo e si innesca un processo di costruzione del testo globale. REGOLE DEL CLOZE MIRATO: 1) non cancellare una parola che sia parte del “nuovo” dell’enunciato e che porti un’informazione non menzionata prima nel testo; 2) evita di cancellare molte parole in una sola parte del testo; 3) reintegrare congiunzioni e avverbi di tempo è difficile; 4) reintegrare un verbo è più difficile rispetto a reintegrare nomi e aggettivi. Cloze “meccanici” -> es. piegando un lato della fotocopia o appoggiando una strisciolina di carta sul testo. Cloze orali -> lo studente cerca di immaginare la frase o il concetto. Si utilizzano file audio o video con delle pause. - incastro. La procedura jigsaw prevede l’incastro tra parole, frasi, paragrafi, testi e immagini. ES: incastro tra paragrafi di un testo in prosa (dare diversi paragrafetti che lo studente deve riordinare); ricomposizione di dialoghi. ES: le battute di un personaggio sono scritte nella successione corretta, quelle del secondo personaggio devono essere indovinate dallo studente. Si può optare anche per l’incastro tra un testo visivo e le battute verbali di un fumetto. ES: foto di un ragazzo e di una ragazza con i fumetti vuoti e le frasi da inserirci scritte sotto in ordine sparso). - riordino. Si può chiedere agli studenti di ricostruire una frase a partire dalle singole parole (parole disposte in disordine); a partire dai suoi sintagmi (due colonne di sintagmi che vanno collegati secondo il senso semantico e la concordanza grammaticale). Si può chiedere agli studenti di riordinare dei testi, a patto che siano testi autonomi ma correlati tra loro. ES: scambio di e-mail. Parliamo ora di comprensione: distingueremo comprensione estensiva e intensiva. Comprensione estensiva -> è quella che parte dall’analisi dei particolari per poi arrivare al senso globale. Abbiamo due tipologie di decodifica del testo: - skimming > lettura globale alla ricerca delle informazioni principali (non si scompone né si sviscera il testo nelle minime componenti); - scanning > ricerca di informazioni specifiche (ES: ascolto selettivo). TECNICHE DI GUIDA ALLA LETTURA La comprensione estensiva e intensiva può essere supportata da tecniche di guida alla lettura (si può aiutare lo studente nel percorso per la comprensione) come domande aperte, scelte multiple, matching e definizioni. DOMANDA APERTA > utile per stimolare riflessioni complesse e conclusive di un lavoro. Meno utile come guida e verifica della comprensione. SCELTA MULTIPLA > è una tecnica estremamente precisa per guidare o verificare la comprensione. Ha il vantaggio di essere rapidamente correggibile e di permettere una riflessione sugli errori. Ci sono diversi formati per la scelta multipla: - sì/no - vero/falso - tre/quattro possibili conclusioni. ACCOPPIAMENTO “TERMINE-DEFINIZIONE” > verifica in maniera puntuale la comprensione di una parola, di un termine, di un’espressione idiomatica o un proverbio. Se ha fatto un errore, lo studente può accorgersene prima della fine dell’esercizio, quando le definizioni non coincidono coi termini rimasti. LE QUATTRO ABILITA: CONSIDERAZIONI E ATTIVITA – PARTE II Passiamo alla produzione orale, la quale si compone di tre fasi: l’idea, la progettazione e la realizzazione. CI sono tre fasi alle quali i nostri apprendenti devono abituarsi (la pianificazione e il riordino delle proprie idee è importante per poi procedere alla realizzazione). In questo senso, si può partire da attività di brainstorming (creazione di diagrammi a ragno, mappe concettuali e mappe mentali) per associare le idee e stabilire le relazioni. Creare grafici e diagrammi è sicuramente un’attività inclusiva, che va molto bene anche per i dislessici. TECNICHE PER SVILUPPARE LA PRODUZIONE ORALE (MONOLOGO) 1. (Auto)biografia reale o immaginaria. Si può far scrivere un’autobiografia, della quale i compagni giudicheranno contenuto e forma o si può far scrivere la biografia di un compagno, anche presentando il compito come un gioco (si deve indovinare chi viene descritto). 2. Narrazione di una storia o di un evento. Può essere una storia altrui (es. ogni studente a turno racconta ciò che vede in una vignetta, in una fotografia ecc) o una storia creata dagli studenti in un precedente lavoro di gruppo. Si valutano l’autonomia e la capacità pragmatica. 3. Il monologo come cambiamento di genere o registro. Si può chiedere agli studenti di raccontare una storia fantastica in maniera formale o di simulare un dibattito televisivo. È importante videoregistrare il tutto per permettere una riflessione critica successiva. Come aiutiamo gli studenti a riflettere sulla lingua? Possiamo farlo in modo ludico, in modo creativo. ES: esercizi strutturali e manipolativi trasformati in una partita a dadi. Si può lavorare su ogni aspetto della lingua: - grammatica (es. presente/passato); - lessico (es. sinonimi/contrari); - aspetti pragmatici (es. “chiedi la strada per il teatro” / “chiedi che ore sono”). ES: esercizi strutturali e manipolativi trasformati in una partita a tris. Si può fare anche alla lavagna dividendo la classe in due squadre. Contribuiscono alla fissazione morfosintattica, lessicale, funzionale, ecc. ES: giochi su schema. (il gioco dell’oca/snakes and ladders/battaglia navale (es. giorno e ora da dire in lingua). ES: analisi morfosintattica presentata come gara di velocità (es. si divide la classe in gruppi, si dà un testo e 60 secondi per individuare tutti i passati/pronomi relativi/parole femminili e così via). In questi modi, l’attenzione è posta sul gioco, quindi sul piacere e non sulla lingua. Come insegnare il lessico? Un buon modo per insegnare il lessico è l’insiemistica. Gli insiemi sono gruppi di parole, forme, espressioni che hanno qualcosa in comune. Gli insiemi possono intersecarsi tra di loro e talvolta contenere degli “intrusi”. TECNICHE BASATE SUGLI INSIEMI 1. Tecniche di inclusioni in due insiemi (es. dividere le parole scritte alla lavagna in due insiemi). Si possono scoprire regole grammaticali anche se non si conosce il significato di tutte le parole. Si attivano il processo di categorizzazione e quello di analogia. 2. Tecniche di esclusione da un insieme. È una tecnica chiamata anche ODD MAN OUT. (es. quale verbo non fa parte dell’insieme degli altri? -> e va quindi escluso?). 3. Seriazione, “ranking”, all’interno della frase. Serve per riflettere su aspetti morfosintattici lessicali o testuali. (es. nomi da mettere in ordine alfabetico/nozioni di quantità da nessuno a tutti/nozioni di frequenza da mai a sempre). Esercizi strutturali Gli esercizi strutturali, o pattern drills, prevedono l’applicazione di regole in modo meccanico e ripetitivo. Sono gli esercizi che derivano da un approccio comportamentista all’insegnamento/apprendimento di una lingua. È un approccio superato ma i pattern drills non sono da stigmatizzare (possono essere utili in determinati momenti dell’apprendimento/insegnamento). La ripetizione spesso è una delle componenti fondamentali dell’apprendimento.  Esercizi di manipolazione di natura comunicativa. es. raccontare un film (tempo presente > tempo passato; discorso diretto > discorso indiretto); trascrivere in una scheda le risposte dei compagni in un sondaggio (1° persona > 3° persona).  Esercizi strutturali di natura comunicativa. La lingua viene usata con scopo extralinguistico ai fini di una comunicazione autentica. es. assegnare un premio se gli studenti si mettono in fila dal più giovane al più vecchio in un tempo prestabilito dall’insegnante (ognuno deve chiedere ripetutamente “Quando sei nato?”).  Scelte multiple grammaticali. Servono a fissare alcune strutture richiedendo una riflessione esplicita mentre si esegue il compito. Sono diversi dagli esercizi strutturali che mirano all’automatizzazione non riflessiva. es. Ho corso troppo e/perché sono stanco. es. Sono rauco quindi/perché ho fumato troppo. Attivano la riflessione su aspetti morfosintattici. IL LIBRO DI TESTO IL LIBRO DI TESTO Compito dell’insegnante è quello di predisporre il contesto di apprendimento. Questo significa: - saper scandire i contenuti linguistici che fanno parte della serie di lezioni; - saper scegliere i materiali didattici che serviranno da supporto per le lezioni; - saper scegliere uno stile, o meglio adottare uno stile comunicativo; - costruire materiali -> sono una componente chiave dell’insegnamento. In genere tali materiali servono da base per l’input linguistico molto più della lingua alla quale gli studenti vengono esposti in classe. Sono un punto di riferimento per lo studente, talvolta molto più autorevoli dell’insegnante (dalla percezione degli studenti). Il libro di testo è: Fa da mediatore tra saperi (tra ciò che va insegnato) e la costruzione di processi di conoscenza (quello che gli studenti devono costruire da sé); tra programmi e programmazione (il libro di testo non è il programma! -> il programma è ciò che l’insegnante decide di fare durante l’anno che può coincidere perfettamente con il libro di testo oppure può essere diverso. Può essere ridotto rispetto a quanto offerto dal libro o andare al di là del libro di testo -> inserire elementi che nel libro di testo non sono previsti). Apprendimento e verifica. La verifica è un momento fondamentale e deve verificare qualcosa che in effetti è stato fatto nelle modalità conosciute agli studenti. Il libro di testo deve offrire esercizi/attività che poi possano essere riportati nella verifica. La grande offerta editoriale di oggi ci permette di scegliere. Vedremo come fare questa scelta -> ogni libro di testo è diverso e ogni libro di testo si adatta più o meno a una realtà diversa (abbiamo a che fare con molte realtà diverse tra loro per composizione della classe, per condizione sociale o comunque situazione in cui la scuola si trova nel contesto socioculturale). Ci sono una serie di variabili anche rispetto all’individualità degli studenti di cui dobbiamo tenere conto. Il libro di testo deve:  Stimolare l’interesse;  Fornire informazioni sulla lingua;  Supportare l’insegnante;  Essere complementare all’insegnante (l’insegnante lo deve usare ma il libro di testo e l’insegnante si devono integrare).  Supportare lo studente. Il libro di testo è paragonabile a un pianoforte. - da solo non fa musica (non si può studiare una lingua semplicemente aprendo un manuale); - suonare bene richiede pratica e familiarità col pezzo (un insegnante non può entrare in classe, aprire il libro di testo senza averlo mai visto e fare lezione. L’insegnante deve conoscere la lingua e lo strumento); - maggiori sono le competenze, migliore è la musica (più l’insegnante ha degli strumenti di azione didattica e naturalmente di conoscenza e competenza sulla lingua migliore sarà il risultato); - la qualità dello strumento influisce sulla qualità della musica (un bel libro di testo, ben fatto, produce risultati migliori); - se è accordato produce musica bellissima (deve essere fatto un certo modo, avere alcune caratteristiche e adattarsi ed essere accordato alle modalità di insegnamento dell’insegnante. Ciascuno di noi insegna in modo diverso: ci sono libri che vanno bene per alcuni tipi di insegnante e dei libri che vanno bene per altri; ci sono libri che vanno bene per certi tipi di classe e dei libri che sono accordati con altri tipi di classe). Compito dell’insegnante è scegliere il libro di testo adatto per ottenere la musica migliore. Teniamo presente che i libri di testo, per quanto riguarda il versante insegnante, contengono sempre una guida per l’insegnante. È da sfogliare con attenzione perché nella guida per l’insegnante possiamo trovare una serie di suggerimenti per l’azione didattica: delle buone pratiche, delle attività extra, spiegazione di come condurre alcune delle attività suggerite dal libro. Importante è dare un’occhiata all’indice dove sono esplicitati i contenuti: ci sono gli obiettivi (quali sono gli obiettivi di quel manuale? Obiettivi dichiarati in modo esplicito = l’insegnante sa esattamente dove deve arrivare), gradazione dei contenuti (es. i contenuti sono graduati in linea con le sequenze acquisizionali? -> le sequenze sono rispettose dei processi cognitivi sottesi all’apprendimento?), chiara scansione dell’attività didattica (es. c’è all’inizio di ogni unità un momento riattivazione delle conoscenze? La lettura, la comprensione globale viene prima di quella analitica? Si fa prima l’ascolto e poi la produzione scritta?). Ci sono delle buone norme, delle buone pratiche che vanno tenute in considerazione. SCHEDA DI ANALISI DEI MATERIALI DIDATTICI SCHEDA DI VALUTAZIONE DATI BIBLIOGRAFICI Titolo: Autore: Casa editrice: Anno di ed: DESTINATARI Età © bambini D adolescenti Livello linguistico 0 basico D indipendente Motivazione O immigrati D professionisti Contesto di insegnamento os ol 0 adulti D competente O studenti Provenienza linguistica O mista © gruppo linguistico: OBIETTIVO ® Competenza linguistica © © fonetica © morfosintassi D lessico D aspetti testuali © riflessione metalinguistica ® Competenza linguistico-comunicativa © ® Competenza socio-culturale © D presente e integrata D presente ma separata © solo implicita © stereotipata oNO ® Sviluppo delle abilità linguistiche © D orali D scritte O integrate ® Linguaggi specialistici D ® Certificazione D INDICAZIONI PER IL DOCENTE D Esplicite © Implicite D Assenti All'intemo del testo © A parte D Indicazioni funzionali © sì ano Se sì D indicazione situazione comunicativa © indicazione abilità linguistiche D indicazione obiettivi linguistici © indicazione funzioni Indicazione della gradualità © sì D no ILLUSTRAZIONI D assenti © decorative © funzionali alla didattica SCANSIONE DEL TESTO Modello operativo © lezioni © moduli D unità Contenuti linguistici: © contenuti fonetici esplicitamente trattati (IPA e profili intonativi delle frasi) 0 contenuti morfosintattici esplicitamente trattati (es. tavole verbi) 0 contenuti lessicali esplicitamente trattati (es. famiglie di parole) CARATTERISTICHE DEI TESTI PRESENTATI Leggibilità dei testi —otroppo bassa 0 adeguata O troppo alta Tipologia dei testi secondo il canale © parlato o seritto 0 equamente distribuiti Varietà linguistiche presenti D solo standard © diatopiche © diastratiche © diafasiche 0 diamesiche Tipi testuali 0 descrittivi © narrativi 0 espositivi © argomentativi © regolativi Generi testuali D racconto © canzone 0 fumetto 0 poesia 0 ricetta 0 annuncio 0 pubblicità © 0 testi AUTENTICI © testi SEMIAUTENTICI © testi NON AUTENTICI GRAMMATICA Indicazione della sezione e titolo: Luogo di presentazione Dall'inizio dell'unità © alla fine dell'unità 0 all'interno dell'unità D a parte Modalità di presentazione: implicita ed esplicita © Progressione D Adeguatezza (il livello di approfondimento è adeguato al livello obiettivo) LESSICO D VeB ein linea col Profilo © gradualità lessicale (quante parole nuove vengono introdotte in ogni unità?) SPIEGAZIONI 1 Costruzione paratattica © Costruzione ipotattica © Registro formale © Registro informale D esempi 0 no esempi © chiare © poco chiare Riflessione metalinguistca =—=©Sì aNo TIPOLOGIA ATTIVITÀ no poco adeguato troppo Esercizi grammaticali o o o o Esercizi strutturali o o o o Attività comunicative o o a o Attività ludiche a o o o Attività testuali o o a o Attività basata su immagini o o o o IL LIBRO DI TESTO: ESEMPI E ANALISI - struttura - esercizi (non ignorare la parte digitale del libro perché ci sono ulteriori esercizi ma anche approfondimenti. Il libro è uno strumento di inclusione -> anche chi ha dei disturbi specifici dell’apprendimento è facilitato in questo modo nello svolgimento dei compiti. I dialoghi o i fumetti, per esempio, sono animati > vengono quindi letti e vengono animati. Sicuramente è un modo diverso di fruire il libro cartaceo).
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