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La Transizione Religiosa e Politica in Inghilterra: Tudors e Stuart, Dispense di Storia

La transizione religiosa e politica in inghilterra durante il regno dei tudors e stuart. Il testo tratta della successione al trono, il ruolo del parlamento, la struttura della chiesa anglicana e la sua evoluzione verso forme protestanti e cattoliche. Vengono anche menzionate le conseguenze economiche e finanziarie di questi cambiamenti, nonché le ribellioni e le guerre che ne seguirono.

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 09/06/2019

alice.bellesia
alice.bellesia 🇮🇹

4.7

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Scarica La Transizione Religiosa e Politica in Inghilterra: Tudors e Stuart e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! MODULO B MODULO B L’INGHILTERRA 1534: Atto di Supremazia di Enrico VIII (governa fino al 1549) che decide di staccarsi da Roma per motivi politici e personali; era infatti marito di una principessa spagnola, Caterina d’Aragona (zia di Carlo V), che non gli aveva però dato figli maschi (aveva avuto sei mogli prima, tutte mandate al patibolo) e si era invaghito di Anna Bolena e chiese per questo motivo al Papa l’annullamento del matrimonio. Il Papa Clemente VII, però, non può concederglielo in quanto si sarebbe scontrato con Carlo V (che lui stesso incoronò). Enrico VIII ripudia però comunque Caterina, sposando Anna e sciogliendo il Parlamento, distaccandosi così da Roma. Nella Chiesa anglicana persiste la medesima organizzazione cristiana (viene mantenuto il celibato dei preti, rimangono i vescovi e viene celebrata l’eucarestia); il capo non è più il Papa bensì lo stesso sovrano. Il fatto che a capo della Chiesa vi sia un sovrano fa sì che il cambiamento del potere politico con l’elezione di un nuovo sovrano possa al contempo cambiare l’assetto della Chiesa. Alla morte del padre salì al trono Edoardo VI, minorenne; fin da questo momento quello che caratterizza la Chiesa anglicana è il sincretismo, ovvero la tendenza a prendere ispirazione/venir influenzata da diverse correnti di pensiero. Il Book of common prayers sancisce la caratteristica sincretista ed eclettica della Chiesa anglicana che tutt’oggi è protestante ma comunque vicino a Roma. Edoardo VI muore giovane ed il trono passa a Maria, figlia di Caterina d’Aragona e Enrico IV, che sposa Filippo II cambiando radicalmente l’indirizzo della Chiesa anglicana, ora profondamente cattolica; chiamata “bloody Mary” poiché mandò al rogo tutti coloro che si erano avvicinati alla Riforma. In seguito a Mary salì al potere Elisabetta, figlia di Anna Bolena, che diede un assetto nuovamente protestante alla Chiesa anglicana senza però assumere una posizione netta dal punto di vista confessionale; rimane infatti la struttura dei vescovi (simile a quella cattolica) ed il Book of common prayers viene rinnovato diminuendone la carica eclettica. L’atto fondativo dell’Inghilterra fu la rottura con Roma; per il Papa Elisabetta era figlia illegittima in quanto nata da un matrimonio non riconosciuto dal papato e venne per questo scomunicata. Quando muore Elisabetta (non si volle sposare) sale al potere la dinastia Stuart, scozzese, con Giacomo I, figlio di Mary Stuart che regna in Scozia come Giacomo VI. (Mary Stuart venne fatta giustiziare da Elisabetta). I due regni però non si uniscono (questo accade solo nel 1707 con la nascita della Gran Bretagna). Giacomo I, pur essendo scozzese, voleva mantenere la struttura anglicana in un Inghilterra che però si stava orientando ora verso il calvinismo (le Chiese calviniste si distinguevano per volersi distanziare dal potere politico per governarsi da sé) e, in particolare, verso il puritanesimo con la volontà di fare dell’Inghilterra un regno calvinista come quello della Scozia; si innesta quindi un clima di scontro poiché il re si mostra particolarmente ostile nei confronti della presenza calvinista affermando la necessità dei vescovi, che i calvinisti volevano invece cancellare (“no bishop, no king”). Il Parlamento: Camera dei Lords composta da nobili e clero anglicano + Camera dei Comuni con carica elettiva (ogni contea votava secondo suffragio censitario due rappresentanti); aveva una funzione ed una struttura simile a quella delle assemblee cetuarie (come gli Stati generali o le cortés). Il successo delle monarchie assolute si ebbe quando il sovrano riusciva ad imporre la tassazione senza l’intervento delle assemblee (in Inghilterra per stabilire e riscuotere la tassazione serviva il consenso del Parlamento). Il Parlamento era legato ad una matrice protestante e si scontrò per questo sia con Giacomo I sia con il figlio e successore Carlo I negando loro il finanziamento che avrebbe consentito loro di governare in modo autonomo. 1628: dopo l’ennesimo contrasto con il Parlamento in seguito all’ennesima richiesta di finanziamento da parte del re, questo non lo convoca più e la situazione si manterrà tale per 12 anni. Nel 1640 si ebbe un’insurrezione calvinista dalla Scozia che obbliga il re Carlo I a convocare il Parlamento in quanto non in grado di finanziare una guerra; si ebbe la prima guerra civile della Rivoluzione inglese che porta alla sua decapitazione. Primo problema: la Scozia era calvinista, mentre in Inghilterra c’era la chiesa Anglicana, poiché era governata dalla regina Elisabetta I, principale potenza del gruppo protestante. La Chiesa anglicana d’altra parte non era diventata chiaramente protestante, perché ad esempio manteneva i vescovi (collegamento con la Chiesa cattolica). Il Book of common prayers era sincretistico, ossia accettava diversi tipi di culto, senza presupporre una chiara scelta confessionale. Il principio fondamentale era il rifiuto dell’autorità papale: avevano una forte diffidenza verso i cattolici, chiamati papisti, e la dissidenza religiosa era vista automaticamente come dissidenza politica. Giacomo I era già stato in Scozia e sapeva che la Chiesa calvinista era un freno al potere monarchico per questa sua volontà di restare autonoma: “no bishops, no king”, alla base del potere centrale c’era il mantenimento della struttura ecclesiastica anglicana. Il secondo problema era quello istituzionale: in Inghilterra c’era un Parlamento formato da due camere, quella Alta, dei Lords, e quella dei Comuni, i cui rappresentanti erano eletti su base censitaria. Il Parlamento si poneva però sempre di più come espressione del Paese, della Country, anche se non era un Parlamento moderno. Gli Stuart volevano avere una maggiore stabilità finanziaria per rafforzarsi e arricchire lo Stato, ma per farlo avevano bisogno dell’approvazione del Parlamento, che si oppose. Carlo I ad un certo punto cercò di farne a meno e dal 1628 fino al 1640 non lo convocò più, cercando di trovare finanziamenti dove poteva: impose tasse senza il consenso di nessuno, un po’ come voleva. La monarchia inglese era fragile però, perché non aveva gli stessi strumenti su cui si fondava l’assolutismo in Francia per imporre il diritto di tassare i sudditi e per creare una struttura burocratico-amministrativa che rafforzasse il potere centrale a detrimento di quelli particolari (in Francia la taglia era stata imposta nella parte finale della guerra dei Cent’anni per far sì che l’esercito potesse permettersi i necessari rifornimenti). La forza militare in Inghilterra era occasionale, e anche l’apparato burocratico non era solido. Inoltre c’era la Common law, che garantiva l’indipendenza dei giudici: il re non aveva diritto di fare delle leggi, ma c’era una dottrina che si basava sui precedenti e poi si poteva modificare (senza l’intervento del re). Quelle assemblee cetuali che sul continente venivano messe a tacere, in Inghilterra erano al centro dello scenario politico. Nel 1628 Carlo I volle imporre anche in Scozia la struttura della Chiesa anglicana; allora la Scozia si ribellò e lui fu costretto a chiamare il Parlamento, per chiedere i sussidi necessari. Il primo Parlamento, chiamato nel 1640, detto Short Parliament, venne sciolto dopo un mese; dopo essere stato sconfitto dagli scozzesi, Carlo I chiamò il Long Parliament, che durò per 13 anni. Le richieste dei ceti erano: - In Inghilterra non si pagano tasse senza il consenso del Parlamento; - Il re non può sciogliere il Parlamento senza il suo consenso; - Il Parlamento deve essere chiamato almeno una volta ogni tre anni. Il Parlamento rivendicava il peso della sua volontà nella scelta dei ministri (in Francia erano i favoriti del re), iniziando a diventare qualcosa di diverso da ciò che era prima (procuratori che dovevano curare presso il re gli interessi delle province e degli stati), già dal ‘500: quando Enrico VIII voleva lo scioglimento del matrimonio per sposare Anna Bolena il Parlamento aveva votato l’Atto di supremazia. Ora si poneva come esponente del Paese: c’era una straordinaria propaganda politica a favore del Parlamento. La guerra civile iniziò per un atto di forza di Carlo I, che nel 1640 di fronte alla resistenza del Parlamento cercò di arrestare i parlamentari, i quali però riuscirono a fuggire; davanti all’impossibilità di controllare il Parlamento, il re fuggì. Si creò così una spaccatura, tra forze fedeli al re e altre al Parlamento. In una prima fase il re riuscì anche ad ottenere qualche successo, ma il Parlamento aveva grandi supporti: la City, la flotta, la propaganda che si diffuse portando l’opinione pubblica dalla sua parte. Ad un certo punto si distinse come capo dell’esercito parlamentare, non solo militare ma anche politico, Oliver Cromwell, un esponente della gentry, che riorganizzò su nuove basi l’esercito. Nel ’45-’46 l’esercito parlamentare conseguì delle vittorie decisive, il re allora si arrese e si consegnò agli scozzesi, che lo restituirono ai parlamentari: si concluse così la prima fase della Rivoluzione (1642-1646). Il motivo della vittoria parlamentare fu il New model army, non più un D’Alambert fu un matematico e filosofo che con Diderot nella metà del secolo lavora ad una grande raccolta del sapere, che diverrà centrale e fondamentale per tutto il XVIII secolo. Sempre in questo periodo, D’Alembert fa un bilancio del suo tempo, di un’età nuova e moderna che si accinge a scacciare il buio del passato. Si sofferma sulle caratteristiche di questa rivoluzione che sta avvenendo su piano intellettuale. Saggio sugli elementi della filosofia (1750) Rivoluzione ha un’origine astronomica, indicando il moto dei pianeti; qui assume un nuovo significando, indicando un cambiamento soverchiante e radicale. È in arrivo una nuova rivoluzione, di cui solo i posteri potranno conoscere i pregi ed i difetti. Parla della sua epoca come “epoca della filosofia”: richiamando Newton riporta la spiegazione scientifica che era stata data degli astri, rifacendosi alle grandi scoperte di astronomi e scienziati del ‘600, la scienza naturale ha così mutato faccia e con essa tutte le scienze hanno assunto una forma nuova. Le scienze naturali hanno posto un nuovo modo di guardare le cose, scientifico e sperimentale, che diviene ben presto il cuore della critica del principio di autorità; si guarda la realtà, si osservano dei fenomeni, si formulano delle ipotesi che vanno poi verificate concretamente (metodo induttivo). Qualcosa del genere si poteva già riscontrare in Leonardo che guardava e analizzava criticamente la realtà (“l’esperienza è maestra della scienza”). Principi alla base della Rivoluzione scientifica seicentesca furono l’esperienza, l’analisi critica, il metodo sperimentale che introdussero un nuovo modo di guardare la realtà, del quale il ‘700 illuminista raccoglie i frutti, divenendo “epoca della filosofia”. La volontà illuminista è quella di importare in tutte le discipline il metodo scientifico e sperimentale, per analizzarle e vederle sotto una nuova luce, moderna, auspicandosi di raggiungere gli stessi progressi fatti in ambito scientifico. “Filosofo” assume quindi il significato di scienziato che analizza la realtà dal punto di vista scientifico-sperimentale. La forma tipica dell’Umanesimo era il dialogo di ascendenza platonica in cui più interlocutori dialogavano esponendo i loro diversi punti di vista a partire dai quali si giungeva poi ad una nuova conclusione; la forma tipica dell’Illuminismo è invece il saggio breve, scientifico, che analizza un solo aspetto della realtà (gli Illuministi guardano quasi con disprezzo ai grandi trattati). Hume scrisse diversi saggi brevi di carattere politico (la brevità del saggio richiama l’articolo di giornale, in voga nel ‘700). Un’altra idea nuova illuminista è quella di progresso, non più circolare; gli Illuministi sono consapevoli della loro novità e guardano al passato con disprezzo, mentre nell’Umanesimo questo rinasceva sotto forma di antico. Il progresso diviene ora lineare: l’umanità va avanti e la storia della civiltà è un cammino che procede verso il miglioramento. Vi è quindi una fiducia spassionata nei confronti del progresso ma anche un forte legame con la prospettiva storica cristiana, la historia salutis che vede una linearità della storia, un cammino nel quale l’uomo protende verso Dio e la salvezza. La fiducia che si ha oggi del progresso riguarda solo la sfera scientifico-tecnologico. Il sapere illuminista vuole essere concreto e pratico, animato dal desiderio di trasformare, rimodernare e riformare la realtà. Il filosofo non si limita ad essere un investigatore della realtà alla ricerca della verità afferrata quest’ultima, infatti, essa deve avere un impatto pratico su ciò che lo circonda. Nella casa di Pietro Verri, un palazzo costruito nel ‘700, si riuniva un gruppo di illuministi milanesi; poco prima del 1764 (prima pubblicazione del Caffè) Beccaria pubblica il libricino de Dei delitti e delle pene. L’opera di Beccaria si caratterizza per parlare di un diritto crudo e crudele piegandosi sul vero con violenza; i giovani illuministi milanesi si accanivano fortemente contro questo diritto ingiusto, violento ed esercitato con prepotenza, mettendo ancora una volta in dubbio il principio di autorità. Una commistione di elementi religiosi si era radicata nel mondo del diritto, che doveva invece essere esercitato su basi scientifiche. Il reato viene visto come un danno che qualcuno apporta alla comunità, di conseguenza la pena doveva essere commisurata al reato, misurando dapprima la quantità di danno recata dal reato. L’unico caso in cui Beccaria accetta la pena di morte è in ambito politico, unicamente quando un individuo minaccia la stabilità dello Stato; il diritto deve comunque avere rispetto per la dignità degli individui e deve essere utile. La famiglia Verri passa il conflitto fra il vecchio ed il nuovo diritto, il vecchio ed il nuovo mondo; sulla tortura si ebbe uno scontro drammatico fra il gruppo di giovani illuministi ed il Papa ? Nel 1776 venne da Vienna la proposta dell’abolizione della tortura ed in occasione di questa Verri scrisse Osservazioni sulla sulla tortura che rimase però manoscritto e venne pubblicato solo successivamente. Il diritto, la morale si fondano ora su basi scientifico-sperimentali, da cui vanno ricavati anche i principi su cui basare la morale, non più relegata ai concetti astratti della religione. L’economia era stata fino a quel momento (metà del ‘700) considerata parte della scienza dello Stato, a cui era subordinata; più che una teoria era vista come una pratica e i problemi economici che lo Stato si poneva era di tipo pratico. Mercantilismo: Adam Smith parla di un sistema mercantile per criticare il modo tradizionale di affrontare i problemi economici; il mercantilismo è una linea politico-economica seguita dagli Stati moderni che vede l’interesse dello Stato a perseguire la ricchezza, da cui si può ricavare una forza maggiore. Dal punto di vista del commercio, ad esempio, la ricchezza dello stato permette a questo un’estrazione maggiore di metalli preziosi che a sua volta aumenta la circolazione monetaria. IL MERCANTILISMO - Colbert (scheda 10b) 1) Solo l’abbondanza di denari di uno Stato lo differenzia per grandezza e potenza dagli altri. L’intervento dello Stato mirava ad imporre dei dazi doganali che limitassero l’ingresso nel paese di prodotti esteri, favorendo l’economia ed il commercio interno. L’intervento deve essere costante in quanto punta allo sviluppo economico in modo da garantire la crescita dell’economia interna e di conseguenza del commercio. L’importazione dei prodotti finiti si affianca a quella di materie prime, di cui era meglio disporre direttamente senza invece doverle importare dall’esterno. Le colonie devono commerciare in esclusiva con la madrepatria; sono per questo una risorsa fondamentale per il rafforzamento dell’economia dello Stato. Il commercio diviene una guerra nella quale gli Stati vogliono accaparrarsi mercati a discapito degli altri Stati e a vantaggio del proprio. 3) La visione di Colbert è fortemente conflittuale. Thomas Mun - Il tesoro dell’Inghilterra nel commercio estero L’economia va rafforzata con il diretto intervento dello Stato che deve dare molto spazio al commercio estero. L’economia fisiocriatica nasce liberista; lo Stato non deve intervenire nell’economia, con il rischio di fare danni. L’agricoltura fornisce la ricchezza sulla quale un piccolo stato vive; questa idea è alla base del concetto fisiocratico. Secondo quest’ultimo, il commercio e la manifattura non sono in grado di produrre ricchezza sostenendo che la manifattura non sia in grado di produrre qualcosa di nuovo. L’aristocrazia vede come principio fondamentale il non intervento dello Stato poiché le leggi stesse del mercato garantiscono il funzionamento dell’economia, un meccanismo che verrebbe invece ostacolato dallo Stato. Se la massa monetaria diminuisce, i prezzi diminuiscono di conseguenza; la legge del mercato in questo caso interverrebbe riconfermando al sistema economico il suo originale equilibrio. Vi sono comunque settori strategici in cui lo Stato non può e non vuole dipendere da altri; il protezionismo soffoca l’equilibrio economico di uno Stato. Il liberalismo viene spesso confuso con il liberismo, due concetti che non vanno sempre assieme (successe ad esempio nell’Inghilterra del ’700); il liberalismo si affianca alla libertà, difendendola in tutti i suoi aspetti, mente il liberismo si limita ad operare in ambito economico. La figura che viene valorizzata è quella dell’imprenditore agricolo che prende in affitto grandi appezzamenti di terreno per coltivarli e gestirli in modo moderno, in Francia viene detto “fermier” e si afferma soprattutto nel Nord; si tratta di una realtà che si impone anche nella Pianura Padana. In queste realtà lavorano dei salariati “la terra viene lavorata da chi non ha più alcun legame con la terra”; è l’inizio di un’affermazione del sistema capitalistico in cui scompare l’agricoltura di sussistenza, un mondo all’interno del quale i lavoratori non vivono più di quello che producono venendo ora salariati. Si ha ora una distinzione rozza in tre classi: classe proprietaria, classe sterile e classe produttiva (data dalla realtà dei fermier) . L’uomo si distingue dal posto che occupa nel sistema produttivo del paese. L’economia nasce come disciplina scientifica; l’economista osserva e studia la realtà in modo scientifico per ricavarne poi delle leggi che regolano il mercato, senza quindi necessitare di un diretto intervento dello Stato. Più denaro = più forza (più finanze per fare la guerra). I fisiocratici affermano che bisogna lasciare libero anche il mercato dei grani; questo era visto come qualcosa di pericoloso ed ed i governi era per questo molto restii. Le leggi stesse del mercato tendono all’equilibrio e per questo i fisiocratici non vedono la necessità di un intervento dello Stato che andrebbe invece a minare questo equilibrio. La volontà di analizzare tutto sotto una nuova luce scientifica inizia ad essere applicata anche alla religione; si inizia a negare l’immortalità dell’anima e a vedere l’uomo come una sorta di macchina, contemplando ora una via razionale della verità avversa alla natura dogmatica della religione. Dio viene visto come un motore che ha messo in moto il meccanismo della natura che è subito poi divenuto autosufficiente, senza il bisogno di un intervento (pensiero meccanicistico-razionale). La prospettiva diviene ora terrena e tramite la ragione, in modo intellettuale, l’uomo è ora in grado di cogliere la sua mortalità; alla base di questa concezione “moderna” vi è il pensiero di Locke. Secondo quest’ultimo le idee si formano empiricamente attraverso le sensazioni che derivano dal rapporto con la realtà, dando forma ad una morale razionale e naturale che prescinde dai dettami religiosi; una morale che l’uomo può e deve costruire in modo naturale e relazionale (sensismo ed empirismo). Le cose che vanno al di là della conoscenza umana razionale non possono essere conosciute. L’elemento di riforma e di rinnovamento è intrinseco alla formulazione del pensiero illuministico, assieme ad un approccio scientifico-razionale. Il filosofo non persegue un sapere fino a se stesso bensì una verità utile, traducibile ed applicabile al resto della società. Uno dei filoni centrali è quello che vede come unica istituzione politica in grado di innescare questo processo di novità la monarchia; questo avviene soprattutto in Inghilterra. La monarchia assoluta può prescindere dagli interessi particolari della società e può dall’alto, facendosi consigliare dai filosofi, intervenire nella realtà dando vita a delle riforme. Questa alleanza fra filosofi ed il monarca ha come obbiettivi: 1. riduzione del potere della Chiesa (giurisdizionalismo); la Chiesa aveva ai tempi un ruolo essenziale nell’istruzione e nella scienza e il controllo su di essa garantiva una maggiore libertà dal punto di vista culturale. Il fastidio costituzionale e radicato nei confronti dell’insegnamento che si era costretti a subire è tipico della generazione illuminista. 2. la creazione di una nuova istituzione 3. garanzia di uno sviluppo della società, soprattutto in ambito economico con una maggiore circolazione I sovrani vengono considerati tali quando mantengono il loro potere assoluto mettendolo però a servizio dello Stato, a vantaggio della felicità dei sudditi. Questo viene sostenuto in particolare da Voltaire (scheda 10a) che vede la stretta necessità di una garanzia della felicità dei sudditi da parte del re in modo utilitario. Si schiera contro il fanatismo e definisce la Chiesa come un “mostro” che il re deve limitare con il proprio potere in modo da poter garantire il progresso. Beccaria richiese a Maria Teresa d’Asburgo di riformare il contesto milanese. L’opera di D’Alembert venne più volta censurata ed ostacolata nella sua pubblicazione della Chiesa; vede l’accordo fra sovrano e filosofo come chiave del progresso. L’unione fra cultura e potere è essenziale. D’Holbach fu un filosofo dalle manodopera. Società dicotomica: formata da un’aristocrazia fondiaria contrapposta ad una servitù contadina. Intorno alla metà del ‘600 il patriarca Nikon promosse una riforma all’interno della Chiesa ortodossa, totalmente diversa da quella protestante: si tratta di una Riforma che concerne soprattutto la liturgia, i riti che devono ora tornare alle origini greche, rivedendo i testi in greco mal tradotti e combattendo l’ignoranza del clero, senza però alcuna ripresa della spiritualità. Si vuole ripristinare un modello greco che era stato travisato col tempo (riforma liturgica e non spirituale come quella protestante). Si ha una crisi all’interno della società poiché i contadini rifugiano in gran parte questa riforma: questo scisma permane e si forma una corrente di “vecchi credenti” all’interno della Chiesa ortodossa I VECCHI CREDENTI (scheda 11a) Lettera allo zar Alessio I si può notare un forte aspetto nazionalista e xenofobo: la Russia non avrebbe dovuto confondersi con le tradizioni straniere per mantenere le proprie tradizioni. Pietro il Grande fu colui che fonda la Russia moderna imponendo brutalmente al paese di affacciarsi all’Europa, facendola divenire ora parte integrante di questa. Nel 1689 si ebbe un conflitto famigliare e Pietro il Grande assunse il potere con un colpo di Stato divenendo zar. Ebbe molto contatti con il quartiere al di fiori del quartiere di Mosca e percepisce sin dall’inizio la necessità di una modernizzazione del mondo russo che andava ora portato all’altezza del mondo occidentale, dal quale era profondamente affascinato. L’occidentalizzazione della Russia avviene con brutalità. Non fu un sovrano illuminato, attratto però dalla tecnologia ed in particolare dalla potenza navale occidentale, campo nel quale la Russia non era particolarmente sviluppata poiché ostacolata da altre potenze europee (Svezia e Tatari). Sin dall’inizio ha il desiderio di organizzare una grande flotta, obbiettivo che riuscirà a portare al termine. Organizza la “Grande Ambasceria”, un grande viaggio navale verso l’Occidente; lavora in un cantiere occidentale in segreto per molto tempo in modo da poter avvicinarsi alle nuove tecnologie delle flotte europee. Fu però costretto a tornare a Mosca a causa di una rivolta scoppiata. Il suo sforzo fu quello di creare un forte esercito per fornire la Russia di un’industria siderurgica altrettanto forte, sviluppando anche il settore tessile e manifatturiero (il tutto finalizzato al conseguente rafforzamento dell’esercito e della flotta). Impone con durezza anche un aggiornamento dei costume “all’occidentale”, imponendo ad esempio il taglio della barba ai nobili, l’utilizzo di numeri romani e del calendario giuliano (il gregoriano verrà adottato solo nel 1922); riorganizza l’esercito utilizzando soprattutto militare tedeschi con il compito di formare nuovi ufficiali. Impone una cavitazione che grava sui contadini ed una leva: un certo numero di famiglie avrebbe dovuto fornire reclutati al suo esercito. La sua è una politica assolutistica: ha l’obbiettivo di sottoporre al controllo dello Stato l’aristocrazia e la Chiesa: ⁃ Dilagava l’ignoranza, non vi era una borghesia colta; i monasteri erano centri di cultura importante e il mezzo di diffusione maggiore era dato dalla Chiesa ortodossa. Pietro non nominò più il patriarca di Mosca ma pose al capo un sinodo di vescovi che avrebbe dovuto rispondere direttamente a lui. ⁃ Nel 1772 stabilisce una tabella dei ranghi: stabilisce la carriera di corte e quella civile-militare in 14 gradi. Dall’ottavo grado in più si otteneva un grado di nobiltà. Nel mondo occidentale vi era la possibilità di acquistare delle cariche garantendo un certo tipo di mobilità sociale, non esistente invece in Russia. La funzione dei ranghi era quella di legare la nobiltà al servizio dello zar. Il culmine sella politica di occidentalizzazione e di apertura verso l’Europa si ha con la fondazione di una nuova capitale (Mosca era troppo orientale); nel 1696 conquistò Arzov in Crimea ma dopo fu costretta a cederla. L’obbiettivo era quello di espandersi verso il Mar Baltico. La Svezia bloccava lo sbocco sul Baltico della potenza russa; lo sbocco sarebbe stato importante per l’arrivo del commercio dei cereali, delle pelli e del ferro. Pietro riuscì a sconfiggere la Svezia nel 1709. 1703: nasce dal nulla una città, sulle foci del fiume Neva, Pietroburgo, la finestra della Russia sull’Occidente. La città divenne centro di cultura per l’800 ed intrattenne importanti rapporti con l’Europa occidentale. Con l’espansione verso il Mar Baltico si ha una prima espansione della flotta russa, di cui si forma il primo grande nucleo. Zazerisch ? : principe ereditario; nel caso di Pietro il Grande era il figlio Alessio I, una persona molto diversa dal padre, fragile, introverso e fortemente influenzato dagli ambienti tradizionali. Ci fu uno scontro fra il padre ed il figlio che fu costretto a fuggire dapprima in Austria e successivamente a Napoli. Furono poi mandati degli emissari che convinsero Alessio a tornare in Russia, dove fu imprigionato. Morì in carcere. A Pietro il Grande succedettero sovrani “deboli”; tra i primi sovrani forti ci fu la figlia Elisabetta che proseguì la politica del padre rimanendo vicina alla colazioni anti-prussiana e introducendo innovazioni dal punto di vista dell’istruzione. Un altro grande successore fu la grande Caterina II, una principessa tedesca colta, intelligente e tenace, moglie dello zar russo Pietro III. Arrivò al trono come zarina tramite una congiura di palazzo, un colpo di Stato. Pietro III viene arrestato e ucciso in carcera (su volere di Caterina II) e la moglie sale al potere. Ebbe numerosi contrari con gli intellettuali illuministi europei del tempo; convoca un’assemblea che avrebbe dovuto avviare una riforma della legislazione ispirata dalle istanze di rinnovamento di Diderot, Beccaria e Montesquieu. Si occupa di un’alfabetizzazione della popolazione russa e di un rinnovamento culturale tramite accademie ed innovazioni a livello dell’educazione. Si ebbero anche leggeri miglioramenti della condizione contadina ma i principali successi furono ottenuti nella politica estera; a Sud venne occupata definitivamente la Crimea a danno dell’impero ottomano grazie alla nuova e potente flotta russa che dal Mar Mediterraneo attraverso una sagace manovra riuscì ad ottenere un controllo sul Mar Nero. Occupa la Polonia avviandone la prima spartizione (1772, 1793, 1795). A spartirsela furono tre sovrani illuminati: Federico II, Maria Teresa d’Austria e Caterina II. In politica interna continuò la politica di modernizzazione di Pietro il Grande, grazie ad un lievito culturale che sfocerà nella letteratura russa dell’ ‘800. La riforma culturale non riuscì però ad imporsi in modo radicale poiché non vi era un ceto borghese colto. La rivolta di Purgacev arrivò a coinvolgere tutti coloro che erano vittime del potere autocratico di Caterina II. Dai proclami di Purgacev - scheda 11a Anche nelle officine, create da Pietro il Grande, il lavoro era garantito dalla servitù contadina, totalmente osservata ai padroni aristocratici ed al potere dello zar. Purgacev fu duramente colpito, giustiziato nel 1775. La sua rivolta segna uno spartiacque nella politica di Caterina II: si abbandonano del tutto le istanze innovative di Pietro il Grande e si impone ora un’autocrazia russa che fa perno sulla nobiltà. La carta della nobilità - Caterina II Viene rivendicato il pregio e il potere della nobiltà. La manodopera era di tipo coatto e composta per la maggioranza da contadini. (Pietroburgo era stata costruita dai contadini). Tutto gravava sui contadini e veniva imposto dall’alto, dallo Stato. Da allora l Russia guardò all’Occidente di cui divenne parte integrante a partire da Pietro il Grande. Per l’abolizione della servitù contadina bisognerà attendere il 1861; questo ritardo storico ebbe forti conseguenze. L’eredità di questa arretratezza portò infatti all’instaurazione del comunismo. Stalin ebbe sempre parole di ammirazione per Pietro il Grande per la sua missione di modernizzazione e per la sua trasformazione brutale del mondo delle campagne; gli storici russi notano anche una certa somiglianza fra i metodi di Pietro e quelli stalinisti. AUSTRIA Potenza che emerge nel corso del ‘700 e che si sostituisce alla Spagna per l’egemonia sull’Italia. Già nel ‘700 si manifesta una linea politica che sarà poi centrale nel XIX secolo. La questione di Oriente, ovvero alla competizione e al conflitto armato fra le potenze europee per accaparrarsi i rimasugli dell’impero ottomano, sarà centrale nell’Ottocento. I Paesi Bassi spagnoli (Belgio) diventano austriaci verso la fine del ‘700. L’Austria vide una notevole espansione territoriale che non corrispose però ad un rafforzamento dello Stato, ancora fortemente frammentato e lontano da una radicale centralizzazione del potere. Nei domini ereditari (Boemia e Ungheria, particolarmente orgogliosa della propria autonomia) e in vari territori il sovrano doveva contrattare con le realtà cetuali; nonostante fosse uno Stato molto esteso aveva rendite molto più basse rispetto a quelle della Francia (erano appena un quinto di queste) poiché mancava di una centralizzazione del potere. L’eredità imperiale degli Asburgo (ereditata già nel ‘400) non aveva poteri effettivi. Anche dal punto di vista linguistico ed etnico era caratterizzata da un conglomerato di diverse realtà che faticavano ad uniformarsi; si trattava quindi di una realtà molto fragile. 1740: muore Carlo VI e sale al potere Maria Teresa; alcuni sovrani europei contestarono la secessione di Maria Teresa e diverse potenze tentarono di intervenire a loro vantaggio. Federico II, approfittando del problema di successione e del vuoto di potere, e, appena salito al trono (sempre nel 1740), occupa la Slesia per garantire una continuità territoriale ai domini della Prussia. Maria Teresa si rifugia in Ungheria dove trova l’appoggio della mobilità ungherese che garantisce i suoi privilegi. 1748: pace di Aquitania che sana la guerra e riesce a far eleggere come imperatore il marito Francesco I. L’Austria ha una forte necessità di rinnovarsi ed è questo il compito al quale si dedica Maria Teresa. I domini asburgici si espandono molto nel corso del XVIII secolo. Fino alla Rivoluzione francese la parola libertà significa immunità, privilegio. La guerra di secessione austriaca consente a Maria Teresa di mantenere il suo potere ma ne esce stremata dal punto di vista finanziario vedendosi costretta ad imporre nuove imposte. Tenta di ridurre il potere dell’aristocrazia e della Chiesa, grande proprietaria terriera. Una scelta obbligata di questi governi illuminati era il giurisdizionalismo: mirava a limitare il potere economico-sociale della Chiesa. Questo avviene anche in Italia dove la Chiesa era una presenza significativa, uno “Stato nello Stato”, imponendo anche un forte controllo culturale. (Maria Teresa, scheda 11b) volontà di contrastare la Chiesa della Controriforma; Maria Teresa era cattolica ma aspira ad una Chiesa che sia più vicina alla tradizione evangelica, come aveva affermato lo storico cattolico Muratori, un cristianesimo più semplice e vicino alle origini. Nel ‘700 la Chiesa di Roma attraversa un momento di crisi che si esaurisce anche in Italia con la Controriforma; si tenta di contrastare tutta la serie di privilegi di cui godevano gli ecclesiastici, soprattutto per quanto riguarda le immunità locali. Tutto questo viene fortemente limitato dalle riforme illuminate di Maria Teresa, che impone comunque un controllo culturale sulla società marginando però la censura di stampo controriformista. Vi furono anche tentativi di rinnovamento, come quelli da parte del Papa Benedetto XIV, che diede vita ad un papato più aperto ma comunque ricco di contraddizioni. La Chiesa cattolica prese una piega diversa rispetto a quella indicata da Muratori; dal concilio di Trento esce un papato centralizzato. Nell’analisi di Muratori, che tende ad una fede più sincera e vicina alla tradizione evangelica, vi sono numerosi spunti manzoniani. Un aspetto da ricordare riguarda le riforme che vennero messe in atto nello Stato di Milano da Maria Teresa. Una di queste fu il catasto, importante per la modernità con il quale viene introdotto, sulla base delle dichiarazioni degli stessi proprietari, divenendo una fotografia della proprietà fondiaria. A Milano nasce Dei delitti e delle pene di Beccaria, Il Caffè dei Verri e si impone quindi come capitale italiana della cultura illuminista assieme alla città di Napoli. I Verri diverranno poi funzionari della monarchia asburgica; Pietro Verri diverrà addirittura un membro dell’amministrazione collaborando per l’introduzione delle nuove riforme. Il figlio, Giuseppe II, divenne co-reggente dell’impero già nel 1765 e succedette alla madre dopo la morte, introducendo a sua volta novità dirompenti. Editto di tolleranza - 1781 (scheda 11b): apre la possibilità di godere di una certa libertà civile ed apre la strada per le cariche statali per i non cattolici. Sviluppa una direzione molto più decisiva rispetto a quella della madre, soprattutto dal punto di vista del giurisdizionalismo, non limitandosi più a rivendicare spazi e terre dello Stato, ma attuando l’idea di creare una Chiesa nazionale, legata sul piano dottrinale a quella di Roma ma guidata da quello amministrativo dallo Stato. Introdusse inoltre la possibilità di celebrare la messa in tedesco e stabilisce la necessità di porre il clero al servizio dello Stato. Giuseppe II - scheda 11b : proposta rivoluzionaria di un’eguaglianza fiscale assoluta che sussista sia fra nobili che contadini. Si tratta di trovare e viene colpito dal tema di un concorso bandito dall’accademia di Digione che riguardava una riflessione sulla rinascita delle scienze e delle arti che avrebbe contribuito o meno al cambiamento dei costumi. Il progetto dell’accademia seguiva un principio tipicamente umanista, proponendo un tema al quale si doveva dare un certo senso una risposta già preconfezionata; Rousseau però si distaccò da questa riuscendo comunque a vincere il premio. Nega il suo tempo e questo lo porta ad un aspro conflitto; nega l’idea centrale dell’Illuminismo, il progresso. Discorso che ha riportato … (scheda 13a) Matura il cuore del primo Rousseau, il quale pensiero verrà poi meglio chiarito nel secondo discorso, scritto nel 1754 e pubblicato nel 1755. Il secondo Rousseau è incarnato invece da Il contratto sociale, un’opera del 1762. Il primo Rousseau è un anarchico, critico sociale della società in sé, prescindendo da qualsiasi forma di governo. La società è stato un male poiché ha portato l’uomo a corrompersi, a divenire malvagio; contrappone alla società del tempo l’ideale tipico dell’uomo di natura, che viveva isolato, libero, di ciò che trovava nella natura, simile ad un animale. Nega la radice del pensiero illuminista, denunciando l’infelicità di massa degli uomini del suo tempo. La società in sé è un’uniformità, un’omologazione. Contrappone la città, popolata e ricca di cultura, alla campagna, in balia della miseria. Tema alla base dell’opera di Rousseau è infatti la ricerca dell’autenticità, già presente in Erasmo e caratteristico di opere e correnti successive (es. Romanticismo storico/ Wordsworth). La vera filosofia è la semplicità, che si ammira nel profondo del cuore umano. Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza fra gli uomini Gli uomini si uniscono in un vincolo, dando vita ad una serie di relazioni che portano alla nascita di un forte egoismo; quando nasce l’economia, ad esempio, si vengono a creare di conseguenza degli interessi. È questo che porta al conflitto fra gli uomini. La nascita della società coincide con la nascita della diseguaglianza; nasce da un patto, un contratto fra gli uomini a garanzia della loro sicurezza. La società si fonda però sulla proprietà privata, sulla diseguaglianza, sulla difesa dei propri interessi. 3) L’elemento economico di base della società dell’uomo è la proprietà privata che porta inesorabilmente alla degenerazione dell’uomo. Conclusione disperata: come l’uomo adulto può solo limitarsi a vagheggiare l’innocenza e la felicità dell’infanzia senza ritornarvici, l’uomo sociale può solo vagheggiare i tempi di eguaglianza ed innocenza dai quali si è ormai allontanato definitivamente. Forte denuncia della civiltà. Il contratto sociale Si pone il problema di dare una riposta al male della società, tentando di immaginare un modello di società che si basi su principi che garantiscono la felicità dell’uomo. Nella società tutti sono schiavi; il povero è schiavo del ricco ma anche il ricco, a sua volta, è schiavo poiché dipende dai suoi servitori. Contrattualismo: è possibile studiare razionalmente le origini della società analizzando il patto sociale che ne è alla base; bisogna cercare un contratto sociale che non si fondi sul predominio di alcuni. Occorre comunque un potere che garantisca questo principio: i cittadini cedono i propri diritti in nome di un patto che li garantisca a nome di tutti e che viene a sua volta garantito dal potere dello Stato. Secondo Locke gli individui cedono allo Stato il meno possibile dei loro diritti; ogni individuo può e deve comunque avere uno spazio di libertà nel quale lo Stato non può intromettersi. Quest’ultimo riguarda soprattutto la sfera economica. Deve essere quindi garantito il diritto di libertà personale e la sicurezza della persona; se lo Stato non persegue questi obbiettivi si arriverà ad una rivolta da parte dei cittadini. Secondo Rousseau, invece, occorre che tutti cedano tutti i loro diritti allo Stato poiché la libertà personale porterebbe solo a porre gli uomini in una condizione di diseguaglianza. Facendo sì che tutti diano tutti i loro diritti, tutti vengono infatti posti nella medesima condizione. Questa forma di Stato che Rousseau enuncia è una forma che non è mai stata presente nella storia, “non è un essere ma un dover essere”; egli concepisce un modello di Stato e di associazione politica che garantisca l’eguaglianza e la libertà di tutti ma si tratta solo di un modello ideale, al di fuori della storia, mai esistito e che probabilmente mai esisterà. Cedendo tutti i diritti allo Stato ci si sottomette alla legge, si parla infatti di un pactum subiectionis che vede gli individui come sudditi della legge. La legge è fatta dai cittadini e quindi quando si obbedisce alla legge, si obbedisce a se stessi; la libertà risiede nell’obbedire alla legge che noi stessi ci siamo dati. La legge deve essere democratica, espressione della volontà generale. Quest’ultima è inalienabile ed imprescindibile. Il fatto di cedere tutti i diritti allo Stato ha fatto cadere sulle spalle di Rousseau la colpa di aver anticipato il modello di uno stato assolutista, vedendo nel suo pensiero il germe di una degenerazione totalitaria (es. come quella di Stalin). “La legge è espressione della volontà generale” risuonerà in modo simile nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. 9) Rousseau vede la volontà generale come qualcosa che tenda ad un bene comune, animata quindi dalla virtù; non si limita ad essere una somma di volontà particolari. La volontà generale deve tendere all’unanimità. Occorre che ciascuno guardi dentro di se stesso, rigenerandosi ed esprimendo la virtù di sacrificarsi per il bene collettivo; questo impedirebbe agli uomini di dividersi. La politica di Rousseau si fonda sulla morale. 13) Diversamente da quanto affermato da Montesquieu, secondo Rousseau non può esservi una mediazione intermediaria di rappresentanti. La volontà generale non si forma dal suffragio universale ma dipende dal bene comune, una virtù già presente in ognuno di noi, da cogliere tramite una rigenerazione interiore. L’eguaglianza di Rousseau non è assoluta e non va intesa in senso comunista, ciò che conta per il filosofo è infatti l’indipendenza; occorre che ciascuno abbia il necessario per vivere senza dover dipendere dagli altri. La società di Rousseau non è una società di massa bensì una società individualistica: gli individui sono tutti uguali, sudditi della legge allo stesso modo. (Per Montesquieu la monarchia è sempre dispotica). 17) La democrazia è adatta ad un popolo piccolo poiché deve essere diretta; l’eguaglianza è una condizione strettamente necessaria per la libertà. Il governo ideale di Rousseau è un “dover essere”, una costruzione ideale e razionale che non può però trovare spazio in un mondo di uomini, irrimediabilmente corrotto. 20) Il ruolo della religione è fondamentale in Rousseau: in una società degenerata e fondata sull’interesse egoistico la religione può avere una funzione civile e unire gli uomini, altrimenti in conflitto fra di loro. La religione può introdurre un collante fra gli individui, anticipando quel contratto sociale in grado di far aderire la società al modello ideale da lui delineato. La religione ha una funzione civile e sociale, in grado di infondere valori di fratellanza ed unione. 18) Elogia il tipo di aristocrazia naturale dove i più saggi governano la moltitudine, animati da un principio virtuoso e non perseguendo il loro interesse. Rousseau critica la monarchia, vede il modello democratico come ideale ma irrealizzabile ma elogia il modello dell’aristocrazia elettiva in senso oligarchico, guardando ad un mitico passato di una società fondata sulla virtù. Rousseau ha il mito della sua Ginevra, una specie di Repubblica fortemente influenzata dal pensiero calvinista. Tuttavia la sua opera venne condannata appena uscita sia a Parigi che a Ginevra; questo segnò un netto distacco anche dalle sue origini. Nei Discorsi Rousseau diede un’immagine fortemente negativa dell’immagine del tempo criticando aspramente la società, ne Il contratto sociale tenta di rispondere al problema del male intrinseco della società delineando un modello ideale di questa. Può essere considerato un illuminista? Va forse meglio considerato come un passionale pre-romantico, lontano dal suo tempo ed anticipatore di tendenze ma è comunque fortemente influenzato da istanze illuministiche, in particolare modo per quanto riguarda il contratto sociale, concezione fondata su un forte razionalismo. La concezione aristocratica ed oligarchica che traspare dal suo pensiero è inoltre fortemente illuminista. 9/04
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