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Appunti D'ANNUNZIO, FUTURISMO, SVEVO E PIRANDELLO, Appunti di Italiano

Appunti completi sugli autori D'Annunzio, Svevo e Pirandello (vita, stile, opere, principali testi).

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 08/06/2022

GiuliaOrsini_
GiuliaOrsini_ 🇮🇹

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Scarica Appunti D'ANNUNZIO, FUTURISMO, SVEVO E PIRANDELLO e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! GABRIELE D’ANNUNZIO (1863-1938) D’Annunzio nelle sue opere spazia fra tutti i generi letterari, l’attività giornalistica e l’oratoria politica ma nonostante le sue continue metamorfosi rimane sostanzialmente uguale a se stesso e pienamente riconoscibile dai lettori. L’uso dei modelli in D’Annunzio non è paragonabile ad alcun altro scrittore, usa infatti modi e stilemi della tradizione più illustre ma anche novità letterarie. La parola utilizzata da D’Annunzio è aulica, sempre lontana dall’uso comune e nutrita dalla linfa della tradizione letteraria, fa uso di termini tecnici tinti da vocabolari e repertori anche molto antichi che consultava continuamente; la sua parola è capace di evocare e ne ricerca soprattutto il valore musicale, non rifiuta però, al contrario dei simbolisti, lo strumentario della retorica e il bagaglio della tradizione che vengono da lui sfruttati abilmente. Alla base della poesia dannunziana sta una visione pagana della vita concepita come vitalismo, voluttà di vivere pienamente ogni stimolo e di assaporare fisicamente ogni sensazione e ogni piacere della vita (“fai della vita un’opera d’arte”).  Il termine panismo deriva da Pan, La divinità greca agreste metà uomo e metà capra, in relazione a D’Annunzio Indica una concezione della vita caratterizzata dalla tensione a fondersi con la natura attraverso un’esaltazione della dimensione istintuale e sensoriale. Differisce dal panteismo cioè la presenza di Dio in ogni aspetto del cosmo e della natura, e consiste invece nella sostanziale continuità fra uomo e natura: l’umanizzazione della natura o viceversa il passaggio a vegetale o animale dell’uomo. Avendo D’Annunzio ben chiare le dinamiche del mercato culturale e sfruttandone frequentemente le opportunità, la proposta della bellezza come valore assoluto si configura nella sua poetica come il sogno di una vita eletta consapevolmente e confezionato a uso di un pubblico piccolo borghese desiderosa di evasione di riscatto sociale. Agli inizi degli anni 90 D’Annunzio viene a conoscenza dell’opera di Nietzsche, egli non accoglie tuttavia le componenti più espressamente filosofiche del suo pensiero ma solo quegli aspetti che, in una lettura banalizzante e superficiale, potevano saldarsi con i tratti già costitutivi della sua visione del mondo cioè l’esaltazione del vitalismo pagano, lo spirito dionisiaco, la svalutazione della morale comune e il rifiuto dell’egualitarismo. Il superomismo di Nietzsche assume così nella sua poetica tratti anche politici, associandosi a un’aggressiva ideologia nazionalistica e a velleità imperialistiche. Il superuomo solo può vivere pienamente la fusione panica a con la natura, la sua adesione al superomismo non cancella però la propensione all’estetismo ma lo trasforma, assegnando alla figura dell’esteta un ruolo creativo da protagonista in una nuova società, nella quale la genialità artistica e la bellezza trovano riconoscimento e in cui il poeta riacquista il ruolo di creatore di miti per l’umanità. IL PIACERE (manifesto dell’estetismo, decadentismo) nel romanzo, di 22-30 capitoli, il piacere il protagonista Andrea Sperelli, giovane discendente di una famiglia Patrizia romana (ambienti lussuosi), attende la visita di una sua ex amante Elena muti (donna della perdizione), questa delude però le sue attese e nella narrazione si apre un ampio flash back In cui viene ripercorsa la storia d’amore tra i due, Andrea si immerge in una vita dissipata corteggia nel mentre altre donne tra le quali la moglie di un amico da cui ne consegue un duello in cui rimane gravemente ferito. Durante la sua convalescenza presso Ferrara nella villa della cugina, il protagonista medita alla ricerca di un equilibrio interiore ma si invaghisce di Maria Ferres (donna pura), moglie di un diplomatico sudamericano in visita alla villa. Maria tenta inizialmente di resistergli ma alla fine cede alle sue lusinghe e si innamora di Andrea, quest’ultimo tornato a Roma incontra casualmente Elena e qui si conclude il lungo flashback. la seconda parte del romanzo è incentrata sulla vita dissoluta e di Andrea che respinto da Elena, si rivolge nuovamente a Maria proprio nel momento in cui sembrerebbe più disponibile e bisognosa in quanto il marito era caduto in disgrazia. Andrea nel finale rimane sconfitto, solo e angosciato poiché Maria fugge sconvolta e umiliata quando il protagonista tra le sue braccia evoca il nome della ex amante. Il romanzo venne pubblicato nel 1889 E il titolo pone in primo piano no non tema sociale bensì l’eros, il piacere che non è solo quello erotico ma soprattutto quello estetico. Il romanzo dannunziano introduce per prima nella cultura italiana l’estetismo decadente, la sua struttura narrativa si contrappone all’impianto della narrativa verista è infatti povero di fatti e privilegia nettamente l’analisi interiore e psicologica del protagonista. Rifiuta un andamento lineare (raccolta di momenti e sensazioni) infatti ampia parte del romanzo è occupata da un lunghissimo flashback. La narrazione, quasi costantemente focalizzata sul punto di vista del protagonista, è affidata a una voce narrante onnisciente che appare ben lontana dall’impassibilità del narratore verghiano (critica in terza persona dell’autore sul personaggio). Il piacere attinge al vissuto dell’autore per più di un aspetto, D’Annunzio infatti proprio nel periodo in cui scrive il piacere, vivo in intensa storia d’amore con Barbara leoni a cui presta alla narrazione più di un riferimento. Nel romanzo sono frequenti gli interventi commentati moralistici del narratore che prende le distanze dal suo personaggio, condannandone l’indifferenza etica. Lo stile è caratterizzato dall’esagerazione dell’eleganza, è aulico e raffinato e concepito per colpire i rettori, volutamente alto è distante non solo dal linguaggio comune ma anche dallo stile letterario consolidato: il lessico è arcaizzante e iper-letterario, domina nel romanzo una ricerca sapiente e quasi virtuosistica di simmetrie, parallelismi, effetti fonico ritmici che rendono prezioso il tessuto stilistico dell’opera.  Ritratto di un giovine signore italiano del XIX secolo : nel brano (inizio del flashback) il narratore onnisciente presenta la famiglia aristocratica a cui appartiene il personaggio principale, egli rivela apertamente il suo giudizio, positivo nei confronti delle abitudini e dei gusti della famiglia ma negativo verso il suo tempo (valutato in parametrici estetici e non politici). Sul piano stilistico utilizza frequentemente il troncamento. Viene di seguito descritta la formazione di Andrea, lontana da ogni consuetudine scolastica e simile a quella dei gentiluomini settecenteschi; l’educazione discussa è estetica e non morale. Proseguendo viene descritto il padre del protagonista, nel suo ritratto sono ritrovabili modelli letterari settecenteschi e romantici (i suoi insegnamenti sono principalmente massime sulla ricerca del bello); il ritratto di Andrea invece si focalizza sulla sua incessante curiosità a sperimentare e a cercare sempre stimoli di nuove sensazioni. La raffinata educazione di Andrea lo conduce a fare di Roma la sua città di elezione, della città ama la sua età barocca, cornice e palcoscenico delle ambizioni del protagonista. I ROMANZI DEL SUPERUOMO Le vergini delle rocce fu composto nel 1894 e pubblicato a puntate, avrebbe dovuto essere il primo romanzo di un ciclo chiamato i romanzi del giglio, fiore simbolo della purificazione dalle passioni, ma il progetto non ebbe seguito. Questo è il primo romanzo espressamente ispirato alla dottrina di Nietzsche qui utilizzata in chiave propriamente politica, lo sprezzante sdegno nei confronti del lavoro di carità della società borghese, Ricettacolo di vizi e corruzione grigiamente uniformante e priva di slanci ideali, crea i presupposti per la definizione di connotati socio politici del superuomo: adesione a un’ideologia oligarchica, violentemente antidemocratica e antiparlamentare. il romanzo evidenzia però un superuomo incompiuto che preferisce attendere e procrastinare, ricompare quindi la figura dell’inetto già vista in Andrea Sperelli. Claudio Cantelmo, il protagonista, vuole dare origine al superuomo, cerca quindi una donna con cui generarlo tra le figlie del nobile decaduto Resta, un personaggio debole e sconfitto incapace di tradurre i suoi pensieri in azioni. Il fuoco venne pubblicato nel 1900, il protagonista è un giovane e brillante intellettuale, Stelio Effrena, in lui si fondono tratti superomistici e estetici, ha un rapporto amoroso con Foscarina, una celebre attrice (Eleonora Duse per D’Annunzio). È considerato il manifesto del superuomo, Forse che sì forse che no (titolo da un’iscrizione del palazzo ducale di Mantova) fu pubblicato nel 1910, Paolo tarsis , ultimo alterego dannunziano, è un aviatore legato in una tormentata relazione a Isabella Inghirami. Isabella ha un fratello, Aldo, cui è legata da una Passione incestuosa e una sorella, vana, che ama segretamente Paolo; lei Scivola inesorabilmente verso la follia e Paolo, mentre sembra cercare la morte in un’impresa eroica, in un estremo slancio di vitalismo e di volontà, riesce a portare a termine la sua impresa. Il protagonista è un ulteriore proiezione dell’autore sulla pagina, la tensione superomistica si serve in questo caso di un nuovo mezzo per affermarsi: il tema della tecnologia, delle macchine e dei motori. D’Annunzio stesso in quegli anni infatti si appassionò ai primi voli aerei iniziando a ricavarsi il ruolo di poeta vate anche attraverso azioni temerarie. LE LAUDI Il progetto delle laudi è ambizioso e riguarda una vasta opera in versi ispirata alla visione superomistica del mondo che lo consacra come nuovo poeta vate capaci di cantare la totalità del reale e di dare vita a un nuovo Rinascimento. Il progetto iniziale prevedeva sette libri corrispondenti ai nomi mitologici degli astri della costellazione delle Pleiadi ma esso rimarrà incompiuto (5/7, Maia, Elettra, Alcyone, Merope, Asterope).  Il primo libro Maia (Laus vitae, titolo ulteriore che reca l’opera) è un poema narrativo con funzione di prologo, nato dai diari-taccuini dell’autore composti in Grecia del 1895, centrale è la ricerca di un’antichità ideale, fatta di bellezza, in cui vivere con bramosia ogni esperienza di vita. È un poema narrativo in 8400 versi  nel momento in cui le onde sulla battigia la cancellano); e il fiume è come fosse la mia vena, il monte è  come fosse la mia fronte, la vegetazione è come fosse il mio pube, la nuvola è come fosse il mio sudore. E io  sono nel fiore della stiancia (erba marina), nella scaglia della pigna, nella bacca del ginepro; io sono nel fuco  (maschio dell’ape), nelle alghe marine secche, in ogni cosa piccola e in ogni cosa grande, nella sabbia vicina  e nelle cime dei monti lontani. Brucio, splendo. E non ho più nome. E le Alpi, le isole, i golfi, i capi e i fari che  io ho prima nominato adesso non hanno più il nome che si usa attribuire con parole umane. Non ho più  nome né destino tra gli uomini; ma il mio nome è Meriggio. Io vivo in tutte le cose, silenzioso come la morte.  E la mia vita è divina.  Didattica della letteratura italiana a.a. 2019/2020 – Valentina Orlandini – Matricola 464194   2   E il peso del mio corpo sdraiato crea un’impronta sulla sabbia, che poi si disperde nel mare (probabilmente  nel momento in cui le onde sulla battigia la cancellano); e il fiume è come fosse la mia vena, il monte è  come fosse la mia fronte, la vegetazione è come fosse il mio pube, la nuvola è come fosse il mio sudore. E io  sono nel fiore della stiancia (erba marina), nella scaglia della pigna, nella bacca del ginepro; io sono nel fuco  (maschio dell’ape), nelle alghe marine secche, in ogni cosa piccola e in ogni cosa grande, nella sabbia vicina  e nelle cime dei monti lontani. Brucio, splendo. E non ho più nome. E le Alpi, le isole, i golfi, i capi e i fari che  io ho prima nominato adesso non hanno più il nome che si usa attribuire con parole umane. Non ho più  nome né destino tra gli uomini; ma il mio nome è Meriggio. Io vivo in tutte le cose, silenzioso come la morte.  E la mia vita è divina. Didattica della letteratura italiana a.a. chiasso della metropolitana, treni e automobili), contrapposti all’immobilità e al passato. Il futurismo assume un atteggiamento polemico verso il sentimentalismo romantico, attaccano la psicologia, il decadentismo ma anche i simbolisti. Vuole per esempio distruggere tutto ciò che ha a che fare con l’interiorità per introdurre la dimensione del corpo propriamente fisica. I futuristi elogiano frequentemente l’immaginazione, l’intuizione logica, l’ispirazione o il disordine programmatico che può anche contrapporsi all’ordine razionale; la velocità, il dinamismo impongono la necessità di eliminare aggettivi e avverbi, di porre i verbi all’infinito abolendo la punteggiatura e sostituendo anche alle similitudini le analogie. Aboliscono la metrica e la rima, valorizzando invece l’aspetto grafico delle poesie che dovevano visivamente riprodurre oggetti, fenomeni e sensazioni fisiche. Essendo artisti a tutto tondo, contestavano la mercificazione dell’arte e la consideravano solo per gli eletti, dunque miravano a renderla di difficile comprensione e provocatoria. Alcuni esponenti: Buzzi, Cavacchioli, Folgore (quello italiano è nazionalista, quello russo sostiene la rivoluzione d’ottobre).  Bombardamento , Filippo Tommaso Marinetti: quest’opera è un poemetto con verso libero in cui viene messa in pratica la sua concezione di poesia, il soggetto è il bombardamento di Adrianopoli a cui assiste, è ricca di suoni onomatopeici, parole scritte in caratteri differenti e con lunghi spazi bianchi. Gli aggettivi semaforici danno movimento ai sostantivi.  Il manifesto del futurismo si articola su undici punti in cui viene contrapposta l’immobilità dell’introspezione alla bellezza della velocità, esalta inoltre la guerra come riscatto e igiene del mondo in modo estetizzante e virile. Sono utilizzate analogie per spiegare la loro bramosia di ribellione, pericolo e lotta (“non vi è più bellezza se non nella lotta”), vogliono distruggere musei e biblioteche per liberarsi del passato e delle tradizioni classiche.  Manifesto tecnico della letteratura futurista , afferma che: bisogna distruggere la sintassi disponendo i sostantivi a caso, si devono utilizzare verbi all’infinito, abolisce gli aggettivi e gli avverbi, ogni sostantivo deve avere un suo doppio legato senza congiunzioni, abolisce la punteggiature, è necessario adottare analogie profonde e rinunciare all’idea di essere compresi. Nella letteratura devono essere introdotti: il rumore, manifestazione del dinamismo degli oggetti, il peso, facoltà di volo e l’odore, facoltà di sparpagliamento.  Parole in libertà, zang tumb tuuum  Manifesto della donna futurista , Valentine de Saint-Point: la donna non deve essere femminile, ensibile, sentimentale, produttiva ma far prevalere la componente istintuale cioè saper essere violenta, crudele come tante eroine dell’antichità. Ripropone con toni aggressivi ed enfatici la tradizionale dicotomia madre-amante, la donna deve infatti generare e contribuire a crescere un eroe. IL CREPUSCOLARISMO I crepuscolari non si possono considerare un movimento, né una scuola, né la poesia crepuscolare avuto un unico centro ma appare infatti come testimoniata in diverse zone d’Italia. Nome inteso come calar del sole, l’allontanamento dalla tradizione del poeta aulico. Per alcuni poeti quella crepuscolare è solo una fase tuttavia rimani comunque il principale elemento comune la sensibilità malinconica, una condizione di disagio esistenziale che non ha ancora la profondità filosofica del male di vivere di Montale, ma che si configura essenzialmente come inerzia spirituale. I crepuscolari vivono volutamente ai margini dell’attivismo vitalistico, sono incapaci di aderire alle mitologie dannunziani e di fronte a una realtà storica avvertita come minacciosa e aggressiva, si rifugiano in dimensioni se non appaganti almeno più leggere e rassicuranti: l’infanzia, il passato o la serenità opaca della provincia. I crepuscolari rappresentano la loro condizione interiore e i loro precari rifugi attraverso oggetti, ambienti, situazioni che assumono il significato di emblemi e che sembrano scelti proprio per evocare una sensazione di tristezza e squallore, atmosfere grigie: corsie d’ospedale, giardini ombrosi, luoghi abbandonati o interni piccolo borghesi antiquati. Il loro stile prosastico e colloquiale, non aulico, appare lontano dal simbolismo più audace e rivoluzionario ma risente dell’influenza di alcuni poeti minori franco belgi tardo simbolisti [non gridano di dolore ma parlano mestamente di ospedali, utilizzano l’ironia come filtro]. Proprio per la crisi di certezze che sottende la loro esperienza poetica, questi per quanto riguarda la concezione della poesia e del ruolo del poeta, si contrappongono nettamente a D’Annunzio. La loro poesia è antieroica, volutamente dismessa, che non ho nessuna verità di asserire o scoprire ma assume un ruolo minimale di pura e semplice testimonianza umana.  Desolazione del povero poeta sentimentale. Piccolo libro inutile , Sergio Corazzini: la raccolta si compone di 8 testi, la lirica in particolare sintetizza la sensibilità crepuscolare (dichiarazione di poetica) e dimostra come il poeta non abbia funzione. La poesia è divisa in otto sezioni di diversa ampiezza, in essa il poeta si rivolge a un destinatario indeterminato immaginabile come il lettore. Il povero poeta sentimentale, è vicino alla comune umanità, non si sente superiore  fanciullino, testimone ma non interprete del dolore, non come quello di Pascoli. L’infelicità non è leopardiana o montaliana, si tratta di una malinconia sottile di una stanchezza rassegnata del vivere. Viene successivamente introdotto il tema religioso, la poesia assume infatti il carattere di una confessione e si chiude con amen come in una preghiera (riferimenti e identificazione del poeta con Cristo). Il Poeta si rivolge con un "tu" indefinito al lettore e a se stesso riconoscendo di essere un poeta ma solo un piccolo fanciullo che piange (in realtà la sua intenzione è di negare di essere un poeta secondo l'immagine di poeta a cui il lettore è abituato: poeta-vate). [il poeta, sostantivo posto in posizione forte, è chiuso nella sua sofferenza] Silenzio: l’uso della maiuscolo gli conferisce il ruolo di divinità (personificazione). La figura del poeta viene negata e ridotta in termini antieroici. Egli dichiara di non essere altro che un uomo rassegnato ad una vita costellata di povere tristezze comuni a tutti gli uomini e di gioie semplici. [tristezze sono, gioie furono, contrapposizione temporale e di tristezza-felicità] L'unico suo pensiero è di morire (penso a morire - l'insistenza sui temi della malattia, solitudine e morte sono tipici del crepuscolarismo e vengono affermati in queste prime strofe con toni tragici)  contrario del vitalismo dannunziano E' tipica del crepuscolarismo anche l'utilizzazione di immagini religiose, usate non in chiave dissacratoria e parodistica ma in maniera seria: Angioli: arcaismo per dire angeli [riferimenti alla sacralità] Catedrali: la grafia catedrale, anziché cattedrale, è uno dei vizzi ortografici presenti anche in Gozzano. Corazzini afferma la sua rassegnazione a vivere il suo destino di una vita riflessa, ovvero passiva costellata delle tristezze e delle gioie semplici comuni a tutti gli uomini, e lo esprime con quest'immagine dello specchio: Come uno specchio: lo specchio non ha una vita propria ma si limita a riflettere la realtà, è passivo. Maravigliarti: forma letteraria per meravigliarti. L'insistenza sul pianto (piangere...lagrime), la malinconia, il ripiegamento su se stesso sono elementi tipici di Corazzini e della poesia crepuscolare in genere. Ritornano le immagini sacre: Sgranare un rosario: di essere come le perle di un rosario. Sette volte dolente: probabilmente il poeta allude alla madonna dei sette dolori, numero sacro. Il poeta ribadisce, un'altra volta (le numerose riperizioni contribuiscono alla musicalità del testo), di non essere un poeta ma un semplice pensoso fanciullo, affermando con ciò, in contrapposizione con il poeta-vate, di essere un poeta sentimentale e intimista, ripiegato su se stesso, ovvero un nuovo modello di poeta. Comunico…Gesù: come il fedele per mezzo dell’Eucarestia assume in sé il corpo di Cristo diventando con lui una sola cosa, ugualmente il Poeta fa la comunione con il silenzio, sua divinità. cotidianamente: dal latino cotidie; sacerdoti del silenzio: perché senza di essi il silenzio non sarebbe concepibile, perché i rumori inducono a cercare il silenzio. Battuto = picchiato Nella settima strofa il poeta dichiara il suo amore per la semplicità (io amo la vita semplice delle cose). Nelle strofe che chiudono la lirica torna il tema decadente della vita come malattia, in attesa della morte liberatrice, espresso non più con toni tragici ma malinconici per la consapevolezza che gli uomini e le cose vanno incontro ad un destino effimero (quante passioni vidi sfogliarsi = perdersi, svanire). Si riferisce a un ipotetico lettore. Nei versi finali diventa evidente lo spirito polemico nei confronti del modello di poeta imperante all'epoca (d'annunziano) malattia fisica e mentale; laddove Corazzini afferma: per essere detto: poeta, conviene viver ben altra vita!, riferendosi con "ben altra vita" all'ideale d'annunziano della "vita inimitabile", cioè quella dei successi e degli splendori. Amen: il così sia che chiude ogni preghiera.  A Cesena , Marino Moretti: la poesia fa parte della raccolta il giardino dei frutti e tratta della sorella del poeta, sposa da poco e apparentemente già delusa dal matrimonio. L’andamento è colloquiale e prosastico, l’atmosfera è grigia e malinconica, si compone di terzine di endecasillabi. La poesia si apre con un celebre verso, in un registro decisamente prosastico, imita il parlato e utilizza un linguaggio quotidiano, piano, comunicativo e scandito da pause forti. Prima terzina: enuncia luogo e situazione (il poeta si trova a Cesena ospite della sorella); la seconda: atmosfera uggiosa e triste, la pioggia ha un valore simbolico allusivo al grigiore della vita di provincia della giovane donna, alla monotonia dei giorni tristi nella loro ripetizione; terza strofa: associazione pioggia-tristezza. La vita matrimoniale della giovane è evocata non attraverso elementi ambientali, ma attraverso i nuovi parenti (suocero, cognata e suocero), il sogno romantico d’amore si è spento nell’obbligo della gentilezza ostentata e nei prosaici rituali familiari. Rime ABA, CDC… Piove. (d’annunzio) E’ mercoledì = ricorda Rodenbach, uno dei maestri del crepuscolarismo “Tristesse; Je suis seul; c’est dimanche; i, pleuvine”. La fitta interpunzione e le due cesure contribuiscono all’andamento dimesso ed a creare un’atmosfera di quotidianità; sorella sposa = contrapposizione tra le due condizioni di sposa, adesso, e di sorella, legato all’infanzia, al passato; da sei, da sette mesi = la correzione è tipica del linguaggio parlato e qui serve per dare prosaicità allo stile. Batte la pioggia = oltre ad essere un luogo comune crepuscolare conferisce squallore alla situazione. L’uso dei vocaboli pioggia, grigio, come bava servono non solo a descrivere la triste giornata piovosa ma anche lo stato d’animo malinconico del poeta; faccia = facciata senza posa = incessantemente. il nuovo amore = intende l’amore per il marito che ha sostituito quello per la madre e il fratello; che non ti soccorse = che non ti ha aiutato; il poeta pensa che in realtà il matrimonio non abbia soddisfatto le aspettative della sorella. il sogno che non t’avvizzì = il sogno d’amore che è diventato matrimonio ma che non ha ancora spento le speranze della sorella, non durerà fino alla vecchiaia; con occhio che s’ostina = la sorella si ostina a difendere una situazione di cui non è realmente convinta ma il poeta legge nei suoi occhi la delusione per una vita matrimoniale diversa da come l’aveva sognata (ostina/a dirmi = enjambement). Bambina/sorellina (più piccola)/nuora/sposa = climax; il crescendo racconta le varie fasi della vita della sorella dall’infanzia alla nuova condizione di moglie; a una signora = alla suocera. dabbene = per bene, onesto – richiamo a L’amica di nonna Speranza di Gozzano; lauto = abbondante; un po’ di bene = mentre è un bene totale quello del padre vero. (PICCOLE COSE DI CATTIVO GUSTO) «Mamma!» tu chiami = davanti alla suocera vuole far credere al fratello che è felice e che lui deve essere gentile e cordiale ma quando poi rimangono soli … gli confida i suoi problemi. mi dici = mi racconti; rauca = con voce bassa, soffocata; di non so che sfida = di una lite, un alterco. quando, come, perché = la ripetizione trasmette l’idea del tono concitato della confidenza per il poco tempo a disposizione e della rabbia ancora percepita dalla donna ricordando l’episodio; di nuora = il poeta vede in lei un’altra persona, una donna, e non più la bambina che è stata. (SORRISO TRISTE)  Piove (1969), Eugenio Montale: il testo è composto da otto strofe di versi liberi, parla di Milano e parodizza la pioggia nel pineto, ironia per criticare la società italiana alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso. Piove. È uno stillicidio (DISTRUZIONE LENTA) senza tonfi di motorette o strilli di bambini (SONO TUTTI NELLE CASE). Piove da un cielo privo di nuvole (GRIGIO). Piove sull’inattività di queste ore di sciopero generale (AUTUNNO CALDO, SCIOPERI E RIVOLTE). Piove sulla tua tomba a San Felice, a Ema (SI RIFERISCE ALLA MOGLIE, MOSCA), e la terra non trema perché non c’è il terremoto e non si è in guerra (È UNA GIORNATA QUALUNQUE). Non piove sulla favola bella di stagioni lontane (RIFERIMENTO A D’ANNUNZIO), ma sulla cartella esattoriale, piove sugli ossi di seppia (CELEBRE RACCOLTA DEL 1925)e sulla mangiatoia statale (CORRUZIONE POLITICA). Piove sulla Gazzetta Ufficiale qui dal balcone aperto, piove sul Parlamento, piove su via Solferino (SEDE DEL CORRIERE DELLA SERA), piove senza che il vento faccia spostare le carte (NON CAMBIA NULLA). Piove in assenza di Ermione (PIOGGIA NEL PINETO) se Dio vuole, piove perché l’assenza è universale (NO SUPEUOMO) e se la terra non trema è perché Arcetri (OSSERVATORIO) a lei non lo ha ordinato. Piove sui nuovi metodi di conoscenza dell’uomo, sull’uomo deificato (SI FA DIO), sul cielo abbassato a misura umana, sul ceffo dei teologi in tuta o in abito talare (DUE CHIESE: CATTOLICA E COMUNISMO), piove sul progresso della contestazione, piove sulle opere in regresso (CONTRARIO DI WORK IN PROGRESS), piove sui cipressi “malati” del cimitero, sgocciola sull’opinione pubblica. Piove ma dove tu appari (MOGLIE SCOMPARSA) non è acqua né atmosfera, piove perché se non ci sei sento solo la [tua] mancanza nella quale affogare (SI TROVA IN UN’ALTRA DIMESIONE, LA SUA MANCANZA È QUALCOSA DI ASSOLUTO E CHE PUÒ DISTRUGGERLO). GUIDO GOZZANO I colloqui (titolo della dimensione quotidiana, sono le chiacchiere informali) non sono una semplice silloge di liriche, ma si configurano per esplicita volontà dello scrittore come libro organico. Un filo ciclico lega tra di loro le poesie che sono divise nel libro in tre parti. I titoli scelti hanno un valore simbolico la prima è una citazione al canzoniere di Petrarca e allude all’illusione dell’amore, la seconda fa riferimento all’irrompere della malattia e del pensiero della morte e la terza infine la conquista di una rassegnata saggezza: il giovanile errore, alle soglie, il reduce. L’opera di Gozzano è dichiaratamente autobiografica e al centro l’esperienza esistenziale di Guido, egli ha una visione riduttiva della poesia che è per lui una piccola voce che può offrire solo una lieve consolazione, la letteratura può talvolta dare la gloria ma questa è solo transitoria persino per i più grandi. Sentendosi Gozzano del tutto esterno ai valori collettivi, anche quelli etico politici, si rifugia nella letteratura, la poesia di Gozzano e infatti percorso da un senso di profondo distacco dal mondo contemporaneo. L’autore va però oltre il rifiuto di una contemporaneità rumorosa, nutrita di falsi ideali, egli è addirittura estraneo alla vita. La sua poesia sai bucare dimensioni lontani dal tempo presente infatti sono molte le poesie legate a una regressione temporale: un oggetto mediatore come una data una stampa, invoca un ricordo che può essere quello del poeta stesso o un passato collettivo. Alla mitizzazione del futuro propria del futurismo, Gozzano con corrosiva ironia contrappone un mondo vecchio e provinciale, evocato nei luoghi comuni delle conversazioni da salotto. La sua ironia tuttavia non risparmia neppure questo mondo e questi personaggi, in Gozzano è costante lo sdoppiamento in una parte sognatrice che cerca rifugio nella memoria personale, e una parte raziocinante, ironica e dissacrante. Nella sua poetica la citazione ha funzione di letteraturizzare la vita e funzione straniante, Gozzano impiega inoltre in abbondanza la rima e l’uso di forme metriche tradizionali. Altra caratteristica distintiva della poesia di Gozzano è la tendenza prosastica, che si esplicita attraverso l’uso molto frequente del dialogato e la presenza di vere proprie sequenze narrative. La poesia per Gozzano dunque è un rifugio dal mondo contemporaneo, un’alternativa alla realtà, la finzione letteraria spesso non gli permette di vivere a pieno la sua vita. La poesia non lo consola in quanto il presente viene guardato con ironia e superiorità, avrebbe il desiderio ma rimane sempre razionale e raffinato. Non appartiene al mondo, è un estraneo alla vita perché non si riconosce nella realtà raffinata in cui è cresciuto ma non è soddisfatto nemmeno dal mondo semplice.  La signorina Felicita, ovvero la felicità : Nel testo non si può negare un risvolto autobiografico, ma senza dubbio Felicita è un personaggio costruito a tavolino dal poeta per delineare un ideale femminile in realtà molto scaltra, insincera e opportunista, lo tradisce concedendosi per interesse a vari uomini e il protagonista, ossessionato dalla gelosia, coinvolge nella sua rovina anche la sorella che a sua volta si era invaghita del suo amico artista. Quest’ultimo è invitato da Emilio a non frequentare più casa sua per non illudere Amalia, la donna non regge la delusione e all’umiliazione si procura l’oblio con l’etere profumato finché indebolita, muore di polmonite. Emilio è così egoista da abbandonarla a una vicina anche sul punto di morte, quando la sorella muore e Angiolina fugge con un altro uomo, egli rimane solo ma non hai imparato nulla: continua a cullarsi nei sogni e nelle illusioni, unendo nel ricordo le due opposte figure femminili della sua vita in un’immaginazione priva di agganci con la realtà. Il secondo romanzo di Svevo viene pubblicato inizialmente nel 1898, l’autore lo sottopone poi a revisione linguistica e lo Repubblica nel 1927.questo testo risulta più breve e sintetico del precedente, si allontana inoltre dal naturalismo in modo più netto, svevo infatti rinuncia alle ricostruzioni dettagliate di ambienti e quadri sociali e privilegia nettamente rispetto all’intreccio l’esplorazione delle dinamiche psicologiche. I personaggi principali sono quattro e vengono delineati a tutto tondo: il protagonista Emilio è un impiegato con velleità letterarie, Angiolina una bella popolana è immagine della seduzione femminile, Amalia è sorella di Emilio ed è una donna sensibile e colta ma priva di fascino, lo scultore balli è disinvolto e sicuro di sé, rappresenta il modello maschile a cui il protagonista vorrebbe assomigliare. Emilio rappresenta un personaggio negativo, non è soltanto un inetto ma, per evitare ogni delusione, praticamente non vive; L’attenzione rivolta a un protagonista negativo evidenzia l’intento morale del romanzo, i severi giudizi del narratore inducono il lettore a considerare gli errori di Emilio e a trarne una lezione morale: la necessità di essere sinceri con se stessi, di riconoscere i propri difetti e limiti con abilità di giudizio, senza illudersi e senza autoassolversi, evitando autoinganni e fantasticherie. Svevo si rivela dunque un moralista, sottopone a una minuziosa e implacabile analisi le zone più scure dell’animo umano; giudica in modo acro e implacabile e con metodi diversi il modo di Emilio di vedere le cose, lo smentisce, ne svela gli autoinganni, le menzogne, e il libro appare come una costante requisitoria contro il protagonista. È importante ricordare che tutti nel romanzo, salvo Emilio, possiedono qualche Qualità positiva (Angiolina e volgare ma vitale spontanea, Amalia è l’immagine della remissività ma anche della bontà, lo scultore sebbene sia troppo sicuro di sé e vanitoso e ancora amico leale).diversamente da una vita, la questione in gioco non è se il protagonista sia vincente o perdente nel gioco della vita, ma come lo si debba giudicare dal punto di vista morale; in serenità infatti non ci sono personaggi vincenti, mentre nella coscienza di Zeno i temi dell’inettitudine e quello della moralità si intrecciano. LA COSCIENZA DI ZENO Svevo scrisse la coscienza di Zeno tra il 1919 e il 1922 per poi pubblicare il romanzo nel 1923, alla creazione di questo con corsero una serie di fattori come l’amicizia con Joyce, il suo mutato clima psicologico in quanto all’epoca era un dirigente affermato nell’industria del suocero, il suo incontro con la psicoanalisi. La psicoanalisi costituisce per svevo essenzialmente uno strumento conoscitivo, mentre egli tende a svalutare la scientificità e la stessa validità terapeutica del metodo psicoanalitico. Il protagonista del romanzo è costruito con i tratti emblematici del nevrotico (conflitti psichici, attenzione maniacale al funzionamento dei propri organi, senso di soffocamento, tendenza all’autoinganno, sensi di colpa, alibi e inettitudine alla vita pratica). Il romanzo si sviluppa sulla psicoanalisi del protagonista determinando l’ideazione di un io narrante inattendibile E di una struttura del tutto particolare che segue non la logica razionale, ma la logica dell’inconscio. Anche il titolo è enigmatico ed intrigante, esso prospetta come protagonista dell’opera non è un individuo ma la sua interiorità, o meglio i suoi processi psichici; il termine coscienza può essere inteso nel romanzo in un duplice senso: da un lato la consapevolezza razionale, dall’altro e la dinamica psichica del soggetto vista come fluida e in divenire, soggetta a impulsi irrazionali. Il romanzo è scandito in sei capitoli titolati e di diversa ampiezza, a questi vanno aggiunti i capitoli della prefazione affidata alla voce dell’analista, e il preambolo, i successivi sono denominati fumo, morte di mio padre, storia del mio matrimonio, moglie e l’amante, storia di un’associazione commerciale e psicoanalisi. I sei capitoli visti nel loro insieme non seguono l’andamento lineare del tempo, ma il filo della memoria del protagonista; essendo la narrazione organizzata solo per grandi nuclei tematici, eventi avvenuti nello stesso arco di tempo sono presentati in capitoli diversi. La particolare scelta strutturale del romanzo determina uno scardinamento dei piani temporali poiché il passato si insinua continuamente nel presente e viceversa: Svevo lo definisce tempo misto , segnalato dalla costante alternanza fra presente e tempi storici. Il protagonista hai evidenti rapporti con l’autore, hanno la stessa età, entrambi suonano il violino e entrambi hanno il vizio del fumo. È proprio al protagonista che viene affidata la narrazione in prima persona del romanzo, questa scelta toglie alla narrazione ogni statuto oggettivo, Zeno cosini è infatti un Narratore programmaticamente in attendibile. Egli è un individuo malato presumibilmente di nevrosi, perciò la veridicità delle sue asserzioni e interpretazioni non è garantita, nella lettura il pubblico deve affidarsi esclusivamente all’unica voce dell’io narrante dunque, se vuole scoprire dove si celi la verità e non cadere nell’ambiguità e nelle contraddizioni del protagonista, deve esercitare un ruolo particolarmente attivo e critico. Zeno è un inetto vincente, non solo è favorito inaspettatamente dalla sorte ma è anche consapevole di essere inetto e malato e dunque è capace di ironizzare sulla propria condizione, è proprio l’ironia che può distinguere la coscienza di Zeno dei due precedenti romanzi di Svevo. Nella prima parte del romanzo il narratore connette la sua malattia, cercando di oggettivarla, al vizio assai precoce del fumo, ma questo si tratta chiaramente di un alibi cioè di una scusa, un’attenuante, un pretesto in relazione al fatto di mascherare le proprie debolezze così da non assumersi nessuna responsabilità per esse. Zeno nel romanzo anche un antagonista, la figura paterna e il suo rapporto epidico (edipo non risolto) con quest’ultima; Il principale dei cosiddetti sostituti paterni presenti nella narrazione è il vecchio Malfenti, padre della moglie Augusto. Anche Guido Speier è antagonista di Zeno in amore, è un brillante violinista sicuro di sé che sembra destinato al successo, eppure dopo essere stato travolto dalla rovina economica, si mostra incapace di fronteggiarla e simula il suo suicidio. La principale figura femminile accanto a Zeno è invece la moglie Augusta, egli si sposa in un certo senso solo per conquistare la salute, o perlomeno per ottenere grazie al matrimonio uno statuto di sano. Augusta il ritratto della salute, Zeno è affetto dall’angoscia dell’invecchiamento e della morte mentre Augusta vive nel presente in un mondo dominato da immutabili certezze e saldi rituali borghesi, circondata poi da diverse presenze rassicuranti. Zeno critica tutta via la borghesia, la salute dei sani, alla prova dei fatti, secondo lui non è reale ma è solo l’inconsapevolezza della malattia, quindi una rimozione forzata di essa. Alla fine dell’opera però questo tema della malattia e della salute conosce un’evoluzione: Zeno scopre che non è lui a essere malato ma è la vita stessa attuale ad essere inquinata sino alle radici. Il romanzo si chiude infatti con una profetica diagnosi della malattia stessa della civiltà moderna, viene accusato il progresso tecnologico che, producendo il proliferare di ordigni artificiali, ha allontanato l’uomo dalla sua natura e a sconvolto le leggi della selezione naturale. Solo una catastrofe cosmica, prodotto da quello stesso il progresso, potrà liberare dalle malattie la terra, tornata allo stato di nebulosa. Dal punto di vista linguistico, svevo in questo romanzo tende a ridurre le voci dialettali e i germanismi modellando il suo lessico sull’italiano, la lingua utilizzata è tuttavia dell’uso, tende a privilegiare le forme della lingua parlata infatti scartando le voci prettamente letterarie e gli arcaismi. La lingua parlata e colloquiale trova una corrispondenza anche sul piano della sintassi, spesso con una struttura poco fluida e talvolta con un andamento zoppicante, si caratterizza per frasi in genere brevi, per un uso sei libero della punteggiatura e la presenza di numerose interrogative ed esclamativi che rendono vivace la dinamica interna alla coscienza riproducendo i dubbi e le perplessità del narratore. Lo stile è invece colloquiale e dunque coerente con la finzione letteraria, non siamo di fronte a una classica narrazione in prima persona ma l’autoanalisi, protratta per tutto il romanzo, del personaggio che dice “io”.  La cornice, prefazione: il Dottor S è lo psicoterapeuta di Zeno Cosini, nel brano presenta il romanzo come un memoriale di un suo paziente, la sua figura è tuttavia poco credibile in quanto decide di rende pubbliche questi racconti privati per vendetta (aveva abbandonato la terapia perché dopo essersi arricchito era convinto di essere guarito) e per guadagnare.  Il fumo come alibi , III: emerge la volontà debole del protagonista, fa risalire tutti i suoi problemi alla dipendenza per il fumo, il suo vizio è l’alibi per l’incapacità e l’inettitudine a vivere (scelta universitaria: da chimica a legge …) (“passo da proposito a sigaretta, da sigaretta a proposito”). Pensa che il fumo gli abbia inquinato l’organismo togliendogli forze e terminazione; il rito dell’ultima sigaretta è associato ai buoni propositi da lui costantemente rinnovati e sempre smentiti. Zeno ha bisogno di figure autorevoli che gli proibiscano qualcosa, rimprovera infatti il padre di non avergli imposto di smettere.  La scena dello schiaffo , IV: la morte del padre, figura autoritaria che rappresenta l’uomo arrivato e di successo deluso dal figlio, costituisce per Zeno l’avvenimento più importante della sua vita, una grande e vera catastrofe. Il protagonista è sempre stato un diverso, un inetto e sognatore, dunque estraneo al padre, incapace di confrontarsi con lui di questioni serie (lui non prende nulla seriamente). La grave demenza del padre induce Zeno ad assisterlo per i sensi di colpa, egli si rende conto che la sua presenza è necessaria nella sua vita per continuare a fare scelte adulte; sul punto di morte il padre si ribella cercando di trattenere a letto il figlio, levando un braccio lo colpisce con uno schiaffo. Questo gesto viene interpretato da Zeno come un punizione, il giusto congedo di un genitore deluso  scatta nel protagonista il desiderio di autodifesa, gli censura l’idea del padre onnipotente e minaccioso riducendolo a un uomo debole e buono. Zeno riconosce la sua superiorità solo anni dopo la morte del genitore, quando non può più esercitare la sua autorità su di lui.  Zeno e Augusta , VI: viene ritratta la vita matrimoniale di Zeno con Augusta, che sorprendentemente scopre di amare, forse perché incarna la serenità e la salute che gli sono da sempre precluse. Zeno è tuttavia irrimediabilmente diverso da lei, denuncia infatti con ironia i limiti della sua visione del mondo, tanto da chiedersi che non ci sia della malattia anche nella felicità, che non sia forse quella da guarire.  Zeno sbaglia funerale , VII: nella parte finale del capitolo intitolato storia di un’associazione commerciale Zeno ricostruisce i rapporti commerciali con Guido, suo antico rivale e ora cognato di cui era divenuto socio; la megalomania di Guido e la sua imperizia nel gestire gli affari portano la ditta alla rovina e metà del capitale va perduto. Guido chiede un aiuto economico alla moglie Ada che però rifiuta, allora decide di simulare un suicidio ingoiando una piccola dose di morfina. Guido in seguito si indebita giocando in Borsa ma questa volta la famiglia si rifiuta di intervenire, decide di simulare nuovamente un suicidio ma per una serie di circostanze sfortunate muore veramente. Zero, che ha giocato a sua volta in borsa per conto di Guido, ha fortuna e recupera in poco tempo parte del capitale del cognato esercitando agli occhi di tutti quindi il ruolo del “salvatore” dell’onore del defunto. Impegnato nella difficile operazione economica arriva però in ritardo al funerale e alla fine decide di non presenziare alla sepoltura (decisione interpretata come indice di odio profondo)  Zeno si auto convince di averlo aiutato più possibile, nel testo emergono però indizi del suo desiderio inconfessato di rivalsa nei confronti del cognato (volontà di ucciderlo). È considerabile un ATTO MANCATO, secondo Freud cioè un errore o un’omissione compiuta per motivazioni inconsce che sfuggono alla volontà razionale del soggetto.  Il finale , VIII: Zeno si dichiara guarito non grazie alla psicoanalisi ma grazie al successo nel commercio, la sua guarigione rimane dunque sospetta. Secondo Zeno non è lui a essere malato, ma l’intero mondo e la vita stessa, ha una considerazione pessimistica dell’evoluzione della specie umana: il potenziamento della tecnologia distruggerà la selezione naturale e il più forte sarà chi possiede più ordigni, in questo modo gli “ammalati” prolifereranno. La civiltà verrà annientata da un uomo comune (tecnologie belliche).  Psicoanalisi : si presenta come un diario e presenta le annotazioni di 4 giorni (3/5/15, 15/5/15, 26/6/15, 24/3/16), dopo sei mesi gli viene diagnosticato il complesso edipico (da Sofocle su Edipo, amava la madre e voleva morto il padre). Zeno tuttavia non crede a tale conclusione dunque abbandona la terapia (“crede di ricevere confessioni su una malattia e debolezza invece è la descrizione di una salute solida e perfetta, io sono guarito!”). Riflessioni: egli afferma che l’unico modo per essere sani è convincersi di esserlo; la salute è impossibile per gli uomini. Una Vita Senilità La coscienza di Zeno Narratore Esterno esterno Interno (protagonista) Focalizzazione Interna con interventi del narratore Interna con interventi del narratore Interna con interventi del narratore Forme del discorso Diretto, indiretto e indiretto libero Diretto, indiretto e indiretto libero Monologo del narratore che utilizza tutti le tipologie Tempo Lineare lineare Misto: l’intreccio non corrisponde alla sequenza cronologica Ambiente Borghese della banca, rappresentato analiticamente Solo sullo sfondo Presentato dal protagonista Personaggi (protagonista, donna amata e antagonista) Alfonso, Annetta, Macario Emilio, Angiolina, Balli Zeno, Augusta (Ada e Alberta), Guido, il padre, Malfenti, dottor S LUIGI PIRANDELLO (1867-1936) Pirandello dichiara di far parte della categoria degli scrittori filosofici, intendendo alludere al fatto che la sua opera rimanda una concezione profonda e originale della vita, di tipo appunto filosofico .le prime riflessioni pirandelliane [aggettivo che allude a una esperienza paradossale, grottesca, vista in modo angoscioso da chi la vive perché mette in discussione la sua stessa identità] tendono a concentrarsi su una storicizzazione del resistere all’alienazione e alla solitudine solo ritagliandosi un piccolo spazio in una realtà diversa nel sogno. Solo alla fine della novella si comprendono il comportamento di Belluca e la sua insubordinazione al capoufficio. Il fischio del treno è l’evento apparentemente insignificante che costituisce invece il fulcro narrativo del racconto e che sconvolge la vita del protagonista. Evidenzia un concetto che spesso sta alla base dell’opera pirandelliana: il fatto che a volte basta un evento insignificante per rivoluzionare tutta la vita di una persona. Nel caso specifico la folgorazione improvvisa del fischio del treno rende consapevole il protagonista di voler recuperare la propria dignità e la propria libertà, seppur in limitati momenti di viaggio nella fantasia. Il fischio del treno rappresenta il simbolo della riconquistata libertà. Stile: Da un punto di vista stilistico [LINGUA PARATATTICA CHE DEVE COLPIRE E SORPRENDERE] la novella può essere divisa in 3 parti: - La parte iniziale della novella ha un ritmo narrativo convulso che coinvolge emotivamente il lettore e riflette il punto di vista esterno, dei colleghi del protagonista. Il tono è umoristico e vuole evidenziare l’incapacità degli estranei di capire veramente la realtà. - La seconda parte rispecchia il punto di vista del narratore che partecipa alla narrazione per spiegare e capire la realtà dei fatti. Il ritmo narrativo rallenta. - La parte finale vede il narratore immedesimarsi nel protagonista e comprenderne perciò i comportamenti. Anche in questo caso emerge nella conclusione l’umorismo pirandelliano laddove a Belluca vengono concesse di tanto in tanto, nella monotonia della vita quotidiana, delle brevi pause di fuga dal mondo reale inseguendo il “fischio del treno”. Pirandello utilizza diverse metafore per descrivere il personaggio del protagonista: - “Casellario ambulante” per mettere in evidenza l’aridità e l’ottusità di una persona considerata un archivio umano; - “vecchio somaro” per far risaltare la limitatezza di vedute e la sopportazione alle fatiche e ai maltrattamenti. Anche la similitudine “come una bestia bendata” richiama la figura metaforica del somaro per evidenziare la situazione di ottusità e abbruttimento in cui viveva il protagonista quando tutti lo consideravano invece un essere normale.  La signora Frola e il signor Ponza, suo genero : [IN MEDIAS RES] A Valdana si trasferiscono tre nuovi personaggi che improvvisamente catturano l’attenzione dell’intero paese. Il signor Ponza, sua moglie e la signora Frola, sua suocera, non vivono insieme, ma occupano due case diverse. Non solo, l’anziana signora non può accedere a casa del signor Ponza e per vedere sua figlia deve accontentarsi di lasciarle dei bigliettini in un paniere calato dalla ringhiera. Il narratore tenta di far chiarezza sul fatto, vissuto con inquietudine a Valdana, ricostruendo con attenzione le tre successive dichiarazioni rilasciate alle signore del paese da parte della signora Frola e del signor Ponza. La signora Frola, la prima a recarsi al cospetto delle donne, offre loro una prima giustificazione per il comportamento apparentemente inaccettabile: l’uomo non è per niente crudele, è anzi amorevole e innamorato della figlia, tanto da volerla “tutta per sé”. Non si tratta di crudeltà, ma di “una specie di malattia”, su cui la donna non dice altro. Non appena terminata la visita della signora Frola, anche il signor Ponza decide di fornire alle donne la sua “doverosa dichiarazione”. In preda all’agitazione, racconta che la signora Frola è in realtà impazzita dopo la morte della figlia e che lui, per evitarle un dolore ulteriore, da quattro anni porta avanti una messa in scena: la sua seconda moglie continua a fingersi, da lontano, figlia della donna, perché lei possa continuare a illudersi che il lutto non sia mai esistito e sia il genero a impedirle di avere un contatto diretto con la figlia. A questo punto prende nuovamente parola la signora Frola, chiarendo quanto prima taciuto: non è lei a essere impazzita, ma suo genero, il signor Ponza, che crede che sua moglie sia morta da quattro anni e di averla sostituita con una seconda. I parenti, preoccupati per lui, hanno acconsentito a questa messinscena: l’intera famiglia ha celebrato un secondo matrimonio fittizio, la moglie finge d’essere un’altra donna, la suocera si rassegna a poter vedere la figlia solo da lontano. Stabilire chi dei due dica la verità è impossibile: la moglie del signor Ponza può parlare solo in presenza del marito e non può che confermarne la versione, rendendo impossibile capire se stia mentendo per il suo bene o se stia dicendo la verità. L’unica cosa concessa al paese è rassegnarsi nel dilemma. È PRESENTE UN’ASPRA CRITICA ALLA TENDENZA AI PETTEGOLEZZI IN QUANTO QUESTI CERCANO IN OGNI MODI DI ETICHETTARE, LA CONCLUSIONE È APERTA IN QUANTO NON ESISTE UNA VERITÀ ASSOLUTA, MA SOLO RELATIVA. UNO, NESSUNO E CENTOMILA [TITOLO: PERCEZIONE DI SE STESSO, ANNULLAMENTO TOTALE AL GRADO ZERO,LE TANTE MASCHERE (usuraio, marito …)] la vicenda narrata si svolge nella cittadina immaginaria di Richieri, Vitangelo Moscarda è l’inetto figlio di un ricco banchiere usuraio, un giorno la moglie Dida gli fa casualmente notare un piccolo difetto fisico di cui lui non si era mai accorto: il suo naso pende leggermente verso destra. Questa constatazione banale, assume il carattere di una sconvolgente rivelazione per lui, il protagonista Comincia a pensare che esistano “centomila” Moscarda, quanti sono gli sguardi parziali in cui L’io si riflette. Decide quindi di distruggere ogni immagine di se stesso, compiendo programmaticamente delle pazzie, dona la casa a un povero squilibrato, liquida la banca del padre e ritira i suoi averi per cambiare vita. Viene da tutti considerato pazzo, tanto che la moglie e il suocero meditano di farlo interdire. Un’amica della moglie di nome Annarosa, gli suggerisce di devolvere i beni in beneficenza E con questa donna si instaura uno strano rapporto fino a che con un gesto inspiegabile, gli spara ferendolo gravemente. Al processo che deve giudicare la donna, il protagonista è intenzionato a scagionarla, si presenta indossando la divisa degli assistiti dell’ospizio per indigenti, costruito con i suoi denari e nel quale ha deciso di vivere, libero da ogni forma in autentica e immerso nel contatto con la natura **. Il romanzo è diviso in otto libri scanditi da capitoli con titoli dichiaratamente umoristi e provocatori. Il narratore racconta la storia non perché ci siano eventi singolari degni di essere raccontati, anzi si può affermare che non vi siano quasi eventi in questo romanzo, le digressioni riflessive hanno infatti netta preponderanza sul tessuto narrativo. Il testo è quasi un antiromanzo, in esso si compie la distruzione delle strutture naturaliste; la formazione del protagonista approda alla distruzione del soggetto, all’auto annullamento della persona: egli si riduce volutamente al grado zero dell’umanità assumendo i panni di un povero pazzo ospiti di un ospizio, il protagonista solo così può finalmente compiere sul finale il passo più radicale e cioè liberarsi finalmente della costrizione di tutte le sue forme, annullandosi nel flusso vitale della natura  nelle novelle invece la pazzia era temporanea.  La scoperta dell’estraneo , IV: “sono quell’estraneo che non posso veder vivere se non così, in un attimo impensato. Un estraneo che possono vedere e conoscere solamente gli altri, io no. […] quell’uno che viveva per gli altri e che io non potevo conoscere, che gli altri vedevano vivere e io no. Lo volevo vedere e conoscere anch’io così come gli altri lo vedevano e conoscevano”.  **Dissoluzione della forma nel flusso vitale della natura, IV: nel capitolo conclusivo, al processo, è tangibile la sua totale rinuncia a un ruolo sociale, compie una scelta radicale e per certi aspetti anarchica, si identifica in un’umanità al grado zero. Pirandello attribuisce molta importanza ai nomi scelti per i suoi personaggi, Moscarda Vitangelo sembra essere quasi un ossimoro che associa la vita alla spiritualità, egli lo rifiuta in quanto cristallizza la vita fluida a cui ha deciso di aderire. IL FU MATTIA PASCAL la vicenda si svolge a Miragno, nome fittizio per un paesino dell’entroterra ligure; dopo la morte improvvisa del capo famiglia la madre del protagonista, Mattia Pascal, affidò la gestione dei beni a Malagna che si affretta a dilapidare l’intero patrimonio. I due figli Mattia e Berto, crescono felici e del tutto in responsabili teneramente protetti dalla Madre. La vicenda prosegue in una serie di equivoci ci e grotteschi avvenimenti tra il protagonista, i due giovani donne Olivia e Romilda. Mattia resta alla fine imprigionato in un vero e proprio inferno familiare (madre di Romilda, vedova pescatore), Trova così un posto da Bibliotecario presso bocca mazza grazie all’aiuto di Gerolamo Pomino. Mattia lascia il paese pensando di imbarcarsi a Marsiglia per raggiungere l’America, ma giunto a Nizza decide di tentare la fortuna al casinò di Montecarlo dove vince inaspettatamente una grossa somma. Casualmente su un giornale legge la notizia del suo suicidio: uno sconosciuto annegato in un canale al suo paese era stato riconosciuto come Mattia Pascal. Egli decide così di approfittarne Per cambiare vita, assume il nome di Adriano Meis E tenta di rendersi irriconoscibile modificando anche il suo aspetto esteriore. Dopo una serie di viaggi in varie città italiane e della Germania, Adriano si ferma a Roma dove soggiorna in una pensione gestita da Anselmo Paleari, cultore di scienze occulte e di spiritismo accompagnato da sua figlia di nome Adriana. Il protagonista si innamora di quest’ultima ma fra i due si frappone il losco Terenzio Papiano, cognato di Adriana, che deruba Adriano di una grossa somma di denaro. Quest’ultimo non riesce a sposare l’amata né a denunciare il furto poiché non possiede alcun documento, per la società non è nessuno e non esiste. Il protagonista decide all’ora di far scomparire anche il suo alterego simulandone il suicidio. Mattia ritorno a casa dove però trova Romilda felicemente sposata e con una bambina. Al protagonista non resta dunque Che scrivere le sue memorie in compagnia di un prete che ha preso il suo posto nella biblioteca del paese (struttura ciclica). Il romanzo venne inizialmente pubblicato a puntate come romanzo d’appendice, nei rettori suscitò immediata curiosità già il titolo di quest’ultimo, di carattere prettamente umoristico e che identifica il protagonista in un morto. In prima battuta questi titoli un po’ strani incuriosiscono il lettore comune costituiscono di per sé uno stimolo alla lettura, ad un secondo livello prevedono espressamente la cooperazione interpretativa di un lettore scaltrito per poter essere decifrati. Il romanzo è costituito da 18 capitoli titolati, e certo insolita l’inclusione della premessa nel corpo stesso del romanzo ma lo è ancora di più l’attribuzione degli intenti dell’opera non all’autore ma al protagonista e narratore. Il protagonista è un inetto alla vita [RIMANE UN PERSONAGGIO IRRISOLTO PERCHÈ SI LIBERA DELLA SUA MASCHERA MA CERCA DI CRISTALLIZZARSI NUOVAMENTE], un modello umano di antieroe agli antipodi degli eroi dei romanzi dannunziani, gli atteggiamenti estetizzanti e l’attivismo superomistico si contrappongono al fallimento esistenziale, alla rinuncia al vivere e all’esasperata attitudine critico riflessiva che induce il protagonista a una sorta di sdoppiamento, al vedersi vivere (abbandono del flusso vitale). Mattia pascal è caratterizzato da un rapporto problematico con la realtà, nella prima parte del romanzo e soprattutto vittima del rapporto soffocante con una terribile famiglia che intrappola il personaggio; Nella parte centrale del romanzo la situazione si rovescia perché il protagonista assume una nuova di identità e vive l’ebbrezza della libertà ma poi subentra in lui il desiderio di sposarsi e non può farlo perché la sua identità è fittizia e sul piano legale non può documentare la sua esistenza, egli è quindi costretto a rifugiarsi nella triste condizione di spettatore della vita altrui. Il fu Mattia Pascal non è un romanzo di formazione, perché il memoriale del protagonista attraverso le varie tappe della vicenda, registra il fallimento del tentativo del personaggio di costruire una vita più autentica: è dunque un romanzo di formazione rovesciato. Inusuale e anche il narratore in prima persona programmaticamente poco autorevole, il punto di vista soggettivo e il tempo che si configura nel romanzo non è ordinato, ma è presente una contaminazione fra presente e passato. Il romanzo riporta diverse digressioni di taglio filosofico o riflessivo che conferiscono all’opera il carattere di un romanzo saggio. Lo stile è volutamente disarmonico, a volte è vicino alla vivacità del parlato e predilige la para tassi, la propensione a un periodo affranto e spezzato. Le scelte lessicali sono meno innovative di quelle sintattiche ma appaiono spesso caratterizzate dalla ricerca di espressività attraverso diminutivi, accrescitivi e di spregiativi. Non mancano forme rare o letterarie ma queste non vengono introdotte per gusto erudito bensì per ribadire con efficacia un concetto o per rafforzare un’immagine.  Lo strappo nel cielo di carta , XII: sono digressioni filosofiche o riflessive attribuite al padrone di casa, Anselmo, presentato come “filosofo”anticonformista, strambo o addirittura folle (al personaggio non è data dunque credibilità). Prendendo spunto da uno spettacolo di marionette meccaniche, egli si fa portavoce dell’autore per enunciare l’impossibilità della tragedia nel mondo moderno. L’arte moderna drammatica genera personaggi problematici, non più eroi; nel suo discorso fa riferimento alla tragedia di Oreste, fratello di Elettra che uccide la madre Clitemnestra e Egisto per vendicare il padre Agamennone, assassinato dalla moglie e dal suo amante. Lo strappo nel cielo di carta simboleggia la lacerazione delle certezze conoscitive ed etiche nel mondo moderno, metaforicamente rappresentato dal teatrino in cui si muovono marionette meccaniche. Pirandello nel testo dichiara la fine dell’età mitica ed eroica, alla quale si sostituisce un quadro etico e conoscitivo relativistico e problematico: dopo la fine dei miti religiosi, è inevitabile che la tragedia si trasformi in una grottesca commedia.  La filosofia del lanternino , XIII: riflessione che Adriano sente da bendato dopo l’operazione agli occhi per lo strabismo, Anselmo afferma che alla nascita è toccato all’uomo un tristo privilegio, quello di sentirsi vivere: la coscienza umana induce a riflettere sulla vita mentre si vive, induce a giudicare e interpretare ciò che accade. Il LANTERNINO guida la nostra esistenza cercando di illuminarla e di darle un senso, è come la personalità. La conoscenza ha un carattere relativo, è parcellizzata e frazionata, ma l’uomo ha bisogno di certezze e di valori assoluti, dunque tende a far corrispondere il proprio lanternino all’oggettività delle cose  panteismo, no visione cristiana, dissoluzione dell’io nella vita del cosmo. I lanternini individuali contribuiscono a delineare i caratteri comuni che contraddistinguono le diverse epoche, cioè i LANTERNONI che hanno denominazioni astratte, sono per esempio Virtù, Bellezza, Onore … quando i lanternoni si spengono in periodi di crisi storiche, i lanternini si smarriscono  attraverso il giudizio di Paleari, Pirandello sostiene che nell’epoca in cui vive, con la crisi dei grandi sistemi filosofici che davano unitarietà, è venuta a mancare la possibilità di attingere a una verità assoluta, sia conoscitiva che etica.
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