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Interazioni Sociali e Relazioni: Tipi, Concetti e Implicazioni, Appunti di Sociologia

SociabilitàRelazioni socialiComportamento SocialeTeoria sociale

Una panoramica delle interazioni sociali e delle relazioni sociali, inclusi i loro tipi, concetti e implicazioni. l'azione sociale, la sociabilità, le forme di relazione sociale e il ruolo del comportamento sociale. Vengono presentati i concetti di imitazione, adattamento e opposizione, e si discute sulla influenza della digitalizzazione sui rapporti sociali. Il documento conclude con una riflessione sulle implicazioni di queste tendenze per le relazioni sociali preesistenti.

Cosa imparerai

  • Che cos'è la sociabilità e quali sono le sue manifestazioni concrete?
  • Quali sono i quattro tipi di azione sociale?
  • Che cos'è l'azione sociale secondo Max Weber?
  • Come la digitalizzazione influisce sui rapporti sociali?
  • Come le relazioni sociali influiscono sulle interazioni?

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 10/10/2022

DennisAudiburzio
DennisAudiburzio 🇮🇹

4.6

(8)

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Scarica Interazioni Sociali e Relazioni: Tipi, Concetti e Implicazioni e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! SOCIOLOGIA 4/03 Storia di Jhon e Marco  coppia, amici in carcere e uno addirittura ricoverato in un manicomio criminale  come disse Goffman il carcere fa scaturire molti di quelli che sono i problemi psichiatrici della persona. “tribù” nel carcere e nel manicomio criminale  personale di custodia e sanitario e i detenuti. Dimensione della sorveglianza e i rapporti di potere  telecamera di sorveglianza che vanno a controllare determinati gruppi sociali, una proprietà. Perturbazione interattiva  qualcuno che si sposta, che si avvicina Perturbazione osservativa  quando il soggetto è lì e dice che sta studiando La reattività è legata al contesto in cui prende forma e varia nel tempo. Forme interazione: azione sociale (che non è il comportamento)  azione individuale relazione (diversa da sociabilità, socializzazione e “socievolezza”) e interazione  riguardano 2 o più persone, attori sociali interazione strettamente collegata all’azione sociale comportamento sociale  comportamento non è sinonimo di azione, esso ha a che fare con un approccio di tipo psicologico, modello stimolo  risposta, atteggiamento passivo in cui il soggetto risponde allo stimolo esterno. Quindi si parla di una risposta non intenzionale, non meditata (tipico dell’animale). Atto esteriore compiuto da un attore sociale in risposta o per reazione ad atti compiuti da altri in modo non intenzionale. (esempio  suona la sveglia e io mi sveglio). Un comportamento non è solo un fare ma anche un non fare. -assenza di progettualità -assenza di uno scopo intenzionalmente perseguito (eccezioni: ma anche comportamento politico (di cui elettorale), comportamento economico (di cui consumo, prestazione di lavoro, risparmio), comportamento deviante, ecc) Azione sociale  agire che deve essere riferito al comportamento di altri individui ma che prende forma in base al senso di chi lo mette in atto. “si deve intendere un agire che sia riferito (secondo il senso intenzionato dall’agente) al comportamento di altri, e orientato nel suo corso in base a questo  Max Weber. Anche il non comportamento, le pause. La differenza con il comportamento è che qui troviamo un senso intenzionato. Azione sociale (Max Weber) Esistono 4 tipi di azione sociale: 1. Razionale rispetto allo scopo  quello che consideriamo normalmente la razionalità, usare uno strumento utile ai nostri fini (tipo razionalità economica, il lavoro), azione per massimizzare l’utilità, vantaggio personale  scopo soggettivo, “conviene” 2. Razionale rispetto al valore  farlo perché si pensa che sia giusto (lo studio e il lavoro possono esser fatti perché visti come valori  il terrorista che si fa saltare in aria per lui è molto rilevante), per valore non intendiamo la morale della chiesa ma qualcosa in cui una persona o un gruppo crede  valore soggettivo, “è giusto per me” 3. Tradizionale  andare in chiesa la domenica perché si usa fare così, “si è sempre fatto così” 4. Affettiva  dimensione emotiva ed emozionale anche se va contro il razionale, “lo faccio perché mi piace così” Sociologo  avere sguardo distaccato, non giudicare in alcun modo quelli che sono gli scopi, i valori ecc altrui, osservare in modo neutro. Razionale allo scopo  chi agisce valuta razionalmente i mezzi rispetto agli scopi che si propone, considera gli scopi in rapporto alle conseguenze che potrebbero derivarne, paragona i diversi scopi possibili e i loro rapporti. Razionale rispetto al valore  chi agisce compie ciò che ritiene più giusto Azione affettiva  l’aggettivo non incorpora giudizi di valore: si tratta di pure manifestazioni di gioia, gratitudine, vendetta… Azione tradizionale  azione che viene fatta solo perché in un contesto (famiglia, scuola, amici) si usa fare SOCIABILITà E RELAZIONI SOCIALI “Per sociabilità si designa sia una disponibilità generica degli esseri umani a stabilire con gli altri un qualche tipo di relazione sociale, sia le molteplici manifestazioni concrete di tale disposizione sotto forma di gruppo, associazione, comunità sulla base di determinati bisogni o interessi. Rispetto alla socialità la sociabilità è avalutativa. Include non solo i processi associativi ma anche quelli dissociativi di separazione o distanziamento. Per socializzazione (primaria  famiglia, secondaria  scuola, lavoro, amici) invece si intende un processo di interiorizzazione e condivisione del sistema culturale che permette a ciascun attore sociale di essere riconosciuto come membro di una qualsiasi cerchia sociale. Relazione sociale  due o più individui che orientano reciprocamente la loro azione (anche in assenza di interazione), mettere in contatto le unità, si entra in relazione sociale ogni volta che si instaura una interazione, potenzialità dell’interazione. Contatto, legame, connessione tra due o più soggetti, individuali o collettivi, tale che essendo noto uno stato o un comportamento di uno dei soggetti è possibile inferire approssimatamene lo stato o il comportamento corrispondente dell’altro soggetto. Prevede nei soggetti la coscienza del nesso tra le persone in relazione. Si riferisce prevalentemente a persone o a piccoli gruppi. Gabriel Tarde  le relazioni sociali sono canali di trasmissione di fenomeni culturali: 1. Imitazione: diffusione dei fenomeni sociali 2. Adattamento: innovazione (ruolo degli inventori a cui le masse si aggregano) 3. Opposizione: scontro tra imitazione e adattamento Fino agli anni 1920 si studiano teoricamente le fattispecie di relazioni sociali. Relazione e sociabilità: origini del concetto Georg Simmel: approccio formalistico  le relazioni sociali sono forme di sociabilità dell’associazione: forme elementari e ricorrenti dell’essere insieme: ad esempio quelle di sovra ordinazione e subordinazione nono si osservano i dati ma solo un ragionamento che segue la logica formale o informale, nella scienza invece c’è sempre la mediazione dei dati. Vocazione della scienza? Vocazione, parola usata da Weber, descrivere qual è lo scopo della scienza, i tratti distintivi di essa: 1. Descrittiva  descrivere la realtà, quella che ci permette di dar conto dei fenomeni, dimensione che avviene dopo la costruzione del dato 2. Empirico-osservativa  osservazione dei dati, esperimento (survey) a partire da fenomeni misurabili, dimensione che permette di costruire il dato 3. Argomentativa  a differenza della dimensione descrittiva che in qualche modo è solo più oggettiva, questa dimensione invece tende a far entrare in campo la dimensione soggettiva e che questa deve essere orientata a far valere le proprie ragioni contro quelle altrui. La scienza non ha una vocazione normativa (la filosofia può avere una vocazione normativa  “dover essere”). Detto altrimenti, la scienza si occupa dell’essere ma non si occupa del dover essere. Il sociologo non deve dire cosa pensa lui personalmente, non si deve parteggiare altrimenti viene meno quello che è il ruolo del sociologo. Filosofia: “può definirsi come una forma di sapere che presenta due vocazioni: una all’universalità e una alla prescrizione di una saggezza e non usa materiale empirico”. Nella dimensione della avalutatività di Weber si divide in due momenti principali: il primo aspetto è quello della scelta dell’argomento  valutatività a cui poi segue l’avalutatività perché nello scegliere l’argomento scelgo secondo il mio interesse, mio gusto. Diventa avalutativo nella seconda fase, fase in cui inizia lo studio di quella determinata cosa che abbiamo scelto. La scienza è specifica, la filosofia parla in generali, la filosofia può essere valutativa. La scienza non usa il principio di autorità ma l’argomentazione, acquisizione di conoscenze verificabili (avere dati) e da discutere pubblicamente, sintesi di esperienza e ragione. Le scienze costituiscono una famiglia eterogenea di discipline che si sono formate in epoche differenti. Scienze naturali (scienze dure) /scienze sociali (scienze molli)  3 differenze: 1. Oggetto: irrilevanza degli esemplari in studio  le scienze naturali non hanno problemi rispetto al tipo di oggetto che hanno davanti, un uomo invece è imprevedibile, varia sempre, un pezzo di acciaio invece, ovunque si trovi, a quella temperatura si comporterà sempre allo stesso modo. 2. Relazione osservativa: cooperazione dell’oggetto di studio  soggettività, quello che dice e pensa la persona, bisogna chiedere alla persona se vuole cooperare, mentre se si parla dello studio dell’acciaio non si pone il problema. Cooperare in modo onesto 3. Metodo: descrizione spiegazione (e comprensione)  non prevede solo la spiegazione della relazione causale (come nelle scienze naturali), nelle scienze sociali è necessaria la comprensione  la comprensione viene in qualche modo influenzata da quelle che sono le credenze, gli ideali  dare interpretazione diversa. Epistemologia (dal greco episteme, “conoscenza certa”, ossia “scienza” e “discorso”) o teoria della conoscenza scientifica  studia i fondamenti, la validità, i limiti della conoscenza scientifica (episteme) analizzando: struttura logica e metodologia. Epistemologia= filosofia della scienza che studia i presupposti della scienza, generalizzabilità e conoscenza scientifica  essa studia la struttura logica che implicano i passi logici successivi. Per rispondere ad alcune domande è meglio utilizzare la survey o le interviste qualitative. L’epistemologia studia la bontà della scienza in modo teoretico e ha la possibilità di generalizzare le conoscenze che abbiamo acquisito. Nell’epistemologia abbiamo soggetto conoscente (chi studia) e l’oggetto conosciuto (chi viene studiato)  a volte è possibile studiare il modo fuori studiando anche se stessi. Ontologia  che riguarda la conoscenza dell’essere (nel significato filosofico della parola), della realtà, dell’oggetto in sé  non è empirica, mi dice ad esempio cos’è l’essere umano in senso astratto, come oggetto in sé. Si definisce a priori, in modo arbitrario o filosofico quello che è l’oggetto d’interesse. Dice ciò che è simile dal punto di vista filosofico  uomo diverso da animali, da oggetti. Se un 50enne maschio studia una ragazza di 18 anni parlando di sessualità questo sarà oggetto di perturbamento, la risposta sarebbe legata a tutti questi fattori di differenza, quindi anche il fatto che un umano studi un altro umano perturba la situazione, per le scienze naturali invece è diverso perché i loro oggetti di studio non sono così perturbabili come gli uomini. Nelle scienze sociali  empatia, provare a capirsi. Nelle scienze naturali  se qualcosa non va c’è un modo, scientifico o meno, per risolvere la problematica. Scienze naturali studiano empiricamente gli aspetti fisici, chimici e biologici dell’universo, della terra, e delle varie forme di vita, esseri umani inclusi e compaiono con la rivoluzione scientifica cosiddetta “copernicana” a partire dal XVI secolo. Non hanno il problema della prossimità ontologica con l’oggetto in studio. Le scienze sociali  un corpus eterogeneo di discipline che studia la società nei suoi molteplici e multidimensionali aspetti adottando approcci che affiancano alla speculazione teorica (della filosofia) la ricerca empirica guidata da un metodo. Hanno il problema della prossimità ontologica con l’oggetto in studio. La prossimità ontologica in qualche modo può essere un vincolo. Devo io ricercatore adeguarmi alla persona che studio ma rimane comunque la prossimità ontologica che crea problemi ma dà anche opportunità. La reattività del soggetto ad un altro soggetto  il soggetto che viene in qualche modo ‘intaccato’ da chi lo studia, chi viene studiato modifica il suo modo di comportarsi perché osservata, il fatto che chi studia e chi viene studiato è fatto della stessa materia= prossimità ontologica. Scienze sociali  reazioni emotive, scienze naturali  non c’è reazione emotiva. Le scienze sociali hanno per oggetto lo studio della società e i modi in cui le persone vivono in relazione tra loro nei diversi contesti. Adottano prospettive di analisi empirica sia sincroniche e sia diacroniche diversificate. Sincroniche  qualcosa che funziona insieme, che avviene nello stesso momento. Diacronica  qualcosa che avviene in un tempo diverso. Tipicamente la ricerca consiste nel confronto  se la ricerca è sincronica si confronteranno realtà collocate diversamente nello spazio. Ricerca diacronica (relazione con il passato)  stesso spazio ma tempi diversi. 12/03/2021 Scienze sociali? Antropologia, economia, geografia, psico sociale, scienza politica, sociologia Senso comune  insieme di conoscenze convenzioni elementari (e ingenue) sul mondo e sull’esistenza che è comune alla maggior parte dei membri di una società. È spesso adottato con poco o nulla consapevolezza ed è la fonte di “certezze” in merito ad oggetti e fenomeni, naturali, individuali e sociali che divengono “dati per scontato”. 1. È il principale fattore di orientamento delle azioni umane 2. È un fattore operante in quasi ogni tipo di pratica umana incluse quelle nel dominio della scienza 3. Appare ovvio, certo, dato Bisogna esser riflessivi per tenere a bada il nostro senso comune. Se studio qualcosa ho sicuramente delle conoscenze riguardo ciò ma ho delle mie opinioni che sono legate a ciò che ho di formalizzato ma anche legato al senso comune. Il senso comune è fatto di stereotipi in modo più accurato o meno ma non rappresentano tutte le individualità racchiuse dentro quello stereotipo. Limiti del sapere del senso comune sociologico: 1. Fonti  non sappiamo quali siano le fonti 2. Credenze e pregiudizi  giudizi che vengono prima della conoscenza, credenze quindi “credere” senza però alcuna certezza 3. Orizzonte temporale  cose che non sono articolate su uno studio fatto nel tempo, qualcosa di appena successo usato come esempio Nella scienza invece è diverso, bisogna controllare, si possono avere delle certezze. Testi  ricchezza, informazioni che devono esser provate, anche i classici sono stati riletti criticamente. “scienza e nello stesso tempo coscienza, constatazione e persuasione, previsione scientifica e insieme impegno sociali: è in questa ibrida natura che vanno riscoperte l’attualità e l’importanza della sociologia per le società che hanno deciso di imboccare la strada dell’industrializzazione” (F. Ferrarotti, prefazione, trattato di sociologia 1968). Che cos’è la sociologia? “studia la società” (definizione di “senso comune” della sociologia proposta da mary, una giovane donna ricoverata in TSO in un reparto psichiatrico dove stava conducendo una ricerca sulle pratiche di contenzione meccanica e trattamento sanitario obbligatorio= esempio di senso comune). La parola sociologia è una parola ibrida di SOCIUS “colui che condivide una qualche appartenenza” e LOGOS “discorso”. “La sociologia è lo studio scientifico della società, contiene un oggetto e un metodo applicato a quell’oggetto” (Ambrogio Santambrogio, introduzione alla sociologia 2019). Società  in particolare “la società compresa nel territorio di uno stato nazionale”  definizione insoddisfacente per antropologia e sociologia storica. Altra definizione della sociologia  “la sociologia è ciò che i sociologi fanno e l’insieme dei concetti (e delle teorie) connessi a quelle pratiche” (Ambrogio Santambrogio, introduzione alla sociologia 2019). Altra definizione  la sociologia è “l’insieme delle ricerche di coloro che si riconoscono e sono riconosciuti da altri (istituzioni universitarie, specialisti, opinione pubblica) come sociologi” (Alessandro Cavalli 2001, 15). Altra definizione  “sociologia come scienza di osservazione sterna concettualmente orientata (non osservazione solo per osservare) che non fa nascere ciò che studia da una pura meditazione e intuizione” (F. Ferrarotti). Qual è il posto della sociologia e come si colloca nel confronto con le altre scienze sociali? Quattro soluzioni: 1. Gerarchica (comte)  pensava fosse la scienza più importante tanto da comprendere tutte le altre, la sociologia al vertice di questa gerarchia 3. Differenza qualitativa delle relazioni interpersonali Da aggregati a gruppo  da un aggregato di studenti a uno i più gruppi Gruppo sociale  è un insieme di persone tra loro in interazione (non solo conflittuale) e con continuità, secondo schemi relativamente stabili, che si definiscono membri del gruppo e sono definite come tali da altri (Robert Merton 1949). Esempio  la classe di scuola è un gruppo sociale. Il gruppo sociale ci permette di comprendere una serie di fenomeni sociali. Relazioni esclusivamente conflittuali non vanno a formare un gruppo sociale. La sociologia relazionale di Georg Simmel ha insegnato a studiare i gruppi in quanto gruppi (dal punto di vista formale delle relazioni che li caratterizzano) per le caratteristiche “geometriche” che li caratterizzano. Gruppi, proprietà relative alla: 1. dimensione  quanti attori sociali fanno parte del gruppo? Simmel distingue tra piccolo e grandi gruppi, piccoli gruppi: diadi  due persone/triadi  tre persone, la relazione tra due attori o due attori sociali collettivi varia se si parte da due e si diventa tre. 2. Confini Diade  è la relazione + intesa  fragilità strutturale e forte personalizzazione. Coinvolgimento psicologico e affettivo nella relazione e norme culturali (informali) rigide (es amore, amicizia)  se uno dei due va via la diade muore. Relazione a due implica che non ci si possa nascondere, come invece si può fare in un gruppo più ampio. Triade  3 configurazioni di interazione: mediatore, tertius gaudens: due in conflitto cercano alleanza dal terzo/ il terzo si avvantaggia della competizione, divide et impera: il terzo innesca la disputa  la innesca per potersi alleare con uno dei due a suo vantaggio. Piccoli gruppi  numero pari: tassi maggiore disaccordo (2 sottogruppi di uguali dimensioni). Il gruppo di 5 pare funzionare meglio perché anche la minoranza è formata da un gruppo. Nei gruppi fino a 7 membri tutti possono partecipare alla discussione; oltre si formano sottogruppi. Il gruppo supera i 10 membri, diventa impossibile che tutti i membri prendano parte alla conversazione senza coordinamento. Numerosità che incide su dinamiche e relazioni tra le persone in un gruppo. Gruppi primari  gruppi di piccole dimensioni, a ruoli diffusi  ruolo che mette a tema un ampio ventaglio di situazioni dei soggetti coinvolti (ruolo specifico  il ruolo è ciò che si aspetta che si faccia in una determinata posizione), con contenuti affettivi e molto personalizzati, non c’è neutralità affettiva, reciprocità molto forte. Gruppi secondari  gruppi di grandi dimensioni, a ruoli specifici, relazioni più fredde e spersonalizzate, qui vediamo neutralità affettiva (gruppi formali come le associazioni), qui ognuno gioca il proprio ruolo. Gruppi, proprietà relative ai: CONFINI  nei gruppi formali: relazioni formali e strumentali (associazioni e organizzazioni): regole formali procedure di ammissione e regole condotta. Nei gruppi informali (amici): regole tacite, i confini non definiti fortemente sono una ragione di stabilità. La definizione dei confini è contestuale e relativa: nel manicomio criminale, guardie e psichiatri, erano un gruppo che si contrappone a quello dei detenuti ma considerarsi distinti in ragione alla professione, reddito, prestigio… i confini per un gruppo formale sono più espliciti perché ci sono regole ben chiare che lo stabiliscono, nel gruppo informale dipende molto dal contesto e questi gruppi possono essere trasversali con all’interno persone differenti. Nelle organizzazioni prendono forma gruppi informali con caratteristiche simili a quelle dei gruppi primari (rapporto faccia a faccia, integrazione affettiva, in-group). I gruppi informali si costituiscono all’interno di strutture formalizzate, i gruppi primari al difuori. Nota bene: i piccoli gruppi che sorgono dentro i gruppi formali: aggiungono flessibilità (aggirando rigidità burocratiche e interpretando le norme), risolvono il conflitto tra l’esigenza di contatti personali e quotidiani e il formalismo dell’organizzazione, soddisfano esigenze emotive che gruppi secondi funzionalmente orientati su determinati obiettivi non possono colmare. In realtà, le grandi istituzioni religiose, militari, educative e imprenditoriali per il loro funzionamento dipendono in gran parte dai piccoli gruppi primari. Merton  funzionalista americano, crea una tipologia: tipi di non membri di un gruppo  egli non qualifica i criteri per dire chi è membro di un gruppo, anzi, incrocia due proprietà, due variabili per studiare chi non è membro del gruppo. Le due variabili sono: status di non membro definito dal gruppo (con i requisiti necessari all’appartenenza/senza i requisiti), atteggiamento dei non membri nei confronti dell’appartenenza (aspira a far parte del gruppo, indifferente nei confronti dell’appartenenza, deciso a non fare parte del gruppo)  crea una tabella con 6 risultati: candidato all’appartenenza, membro potenziale, non membro autonomo, uomo marginale, non membro neutrale, non membro antagonista (out-group). Proprietà strutturali del gruppo  forme durevoli di interazione, che permettono di definire un gruppo, sono possibili quando il comportamento delle persone è in una certa misura reciprocamente prevedibile e atteso. Il conflitto (dimensione strutturale) prende forme in ragione di azioni in cui un attore o gruppo intenda affermare la propria volontà contro quella altrui  il conflitto può servire a dare forma al gruppo stesso, che sia un conflitto tra due membri del gruppo o tra un gruppo ed un altro. Il conflitto contribuisce a strutturare e ridefinire i confini del gruppo, il conflitto con altri gruppi di solito aumenta la coesione interna (anche invenzione del nemico: criminali, migranti, e altri capri espiatori), il conflitto può innescare nuove forme di relazione e adattamento. Ruolo  indica l’insieme dei comportamenti che i membri del gruppo si aspettano da una persona, che del gruppo fa parte. I ruoli sono interpretati dagli attori come se fossero canovacci. Diffuso  comportamenti attesi ampi e non precisati (genitori). Specifico  comportamenti attesi specifici e precisati (operaio, studente). Densità sociale  concentrazione delle persone in un dato spazio, numerosità dell’interazione  al crescere della densità sociale è plausibile attendersi un aumento della differenziazione dei ruoli. Emile Durkheim  passaggio da ruoli diffusi che erano più presenti nella vecchia società, a ruoli più specifici che sono più presenti nella società odierna (società segmentali/ o a divisione del lavoro). Gruppo formale (= gruppo primario)  gruppo basato su uno statuto o regolamento esplicito in vista di certi scopi Gruppo informale  gruppo che si forma in modo spontaneo senza che siano state fissate regole precise per il suo funzionamento Gruppi totalitari  impegnano tutti i ruoli o quasi di un individuo (i detenuti di una sezione)  non può giocare ruoli differenti Gruppi segmentali  impegnano alcuni o anche solo uno dei ruoli di un individuo  le persone mettono in gioco un ruolo particolare Livello micro delle interazioni sociali  metafora del teatro (metafora drammaturgica di Goffman)  dove avviene la messa in scena= la ribalta, il retroscena= tutto quello che succede dietro, quello che il pubblico non vede. Ruoli incongruenti nelle rappresentazioni: 1. Delatore (riferisce quanto appreso nel retroscena) 2. Compare (orienta il pubblico in favore delle attrici sulla scena; gioco delle tre carte) 3. Spettatore puro (critica)  colui che è informato e sta osservando, non prende parte 4. Intermediario (giochi di triade)  chi entra nella interazione e si forma così una triade 5. Non persona (taxista)  colui che sta sullo sfondo, c’è, è presente ma in quel contesto non conta 19/03/2021 I gruppi formali  associazioni e organizzazioni Da associazione a organizzazione abbiamo un processo di istituzionalizzazione. Associazioni  gruppi progettati per raggiungere alcuni scopi limitati, che si basano su regolamenti stabiliti e in cui la partecipazione dei soggetti è volontaria, libera, gratuita. Spontanea. Organizzazioni  gruppi progettati per raggiungere alcuni limitati scopi, che si basano su regolamenti stabiliti e in cui la partecipazione dei soggetti è strumentale (lavoro in cambio di denaro). Organizzazione non è sinonimo di istituzione  essa è un modello di comportamento con cogenza normativa. Esempio  carcere, se lo consideriamo come organizzazione ne possiamo valutare le persone fisiche, le relazioni, se lo intendiamo come istituzione parleremo di un modello di comportamento con cogenza normativa  il comportamento che si deve mettere in atto, il dover essere e quindi non si descrive quello che è realmente. Un’istituzione non è un gruppo. Società civile  spazio che le libere associazioni occupano facendosi largo fra le istituzioni portanti della società: in particolare, fra lo stato e i gruppi ai quali si appartiene per nascita, come la famiglia. Burocrazia (governo da parte di un ufficio)  è basata su principi universalistici e di razionalità. I caratteri distintivi della burocrazia sono: 1. Una divisione stabile e specializzata di compiti 2. Una struttura gerarchica, con una catena di comando ben definita 3. Competenza specializzata per ogni posizione o giallo, la barba rada. William H. Sheldon Vi sono tre tipi fondamentali di costituzione fisica, alle quali corrispondono personalità diverse: endomorfo, mesomorfo, ectomorfo. Endomorfo: fisico: ossa piccole, arti corti, grasso, pelle morbida e vellutata. temperamento: viscerotonico = socievole, accomodante e indulgente con se stesso. Mesomorfo: fisico: tronco imponente, torace robusto, gran massa di muscoli, ossa solide. temperamento: somotonico = attivo e dinamico, irrequieto, aggressivo, energico, instabile. Ectomorfo: fisico: magro, fragile, delicato, ossa piccole, spalle curve. temperamento: cerebrotonico = introverso, ipersensibile, nervoso, soffre di insonnia e di allergie. Concezione relativistica della devianza  non male in sé solo mala quia prohibita  dipende dal contesto, da dove ci si trova, la devianza nasce da una proibizione. La devianza è devianza in risposta ad una legge, ad una norma morale, è una risposta esterna a costruire l’atto come deviante. Si studia come le questioni vengono costruite come giuste o sbagliate dalla società, non si fa un discorso di “giusto o sbagliato” secondo il sociologo. La devianza non coincide con la criminalità ma la criminalità è parte della devianza. La criminalità attiene alle pratiche che infrangono le norme formali di un codice e che sono giudicate nei tribunali da giudici, in quanto rappresentanti dallo stato. La criminalità è definita per legge ma è anche contestuale e relativa, la legge serve solo a formalizzare delle condotte e muta radicalmente la situazione. La legge muta nel tempo e nei luoghi e di conseguenza muta anche quello che viene definito come criminalità o devianza. Un atto per esser considerato deviante deve essere riferito al contesto socioculturale in cui ha luogo. Un comportamento considerato deviante in un paese, in una determinata società o in un gruppo può essere, invece, accettato e considerato molto positivamente in un altro. La devianza indica ogni atto o comportamento (anche se solo verbale) di una persona o di un gruppo, che viola le norme (formali o informali) di una collettività e che di conseguenza va incontro a qualche forma di sanzione. La devianza non è una proprietà di certi atti o comportamenti, ma una qualità che deriva dalle risposte, dalle definizioni e dai significati attribuiti a questi dai membri di una collettività (o dalla grande maggioranza di questi). “non bisogna dire che un atto urta la coscienza comune perché è criminale, ma che è criminale perché urta la coscienza comune. Non la biasimo perché un reato, ma è un reato perché lo biasimo”. Durkheim, La divisione del lavoro sociale 1893. Nel contesto del pluralismo culturale pochi paiono i comportamenti ritenuti devianti nella maggior parte delle culture: uno è l’incesto (definito però in modi differenti in ragione dei sistemi di parentela) l’altro è lo stupro di una donna sposata. Incesto e lo stupro di una donna sposata  ritenuti unanimemente devianti. Conformismo (il problema dell’ordine): una eterogeneità di norme regolano la vita in società e i più tendono a adottare il proprio agire in tal senso. Si tratta di un adattamento per così dire “naturale” che ha origine grazie ai processi di socializzazione, primaria e secondaria, che permettono agli attori sociali di assimilare e interiorizzare la cultura in cui si è immersi incluse le norme che regolano il contesto sociale. Alfred Schutz ha parlato dello straniero  chi arriva e non sa come comportarsi. Problemi nello studio della devianza: 1. Le statistiche ufficiali sono affidabili? 2. I reati ufficiali giudicati o e condanne eseguite cosa dicono dei reati e di chi li ha compiuti 3. Numero oscuro di alcuni delitti Reati “senza” vittima e “scoperta” (o costruzione sociale) del reato: criminalizzazione. Consumo sostanze psicotrope, gioco d’azzardo illegale, prostituzione (reati senza vittime)… Inchieste di vittimizzazione: utili a comprendere di quali reati è stato vittima il campione studiato. Approcci allo studio della devianza: 1. Biologico  ha solo una valenza di storia della scienza 2. Psicologico  situazioni familiari patogene 3. Sociologico  attenzione sui fattori sociali che influiscono sui fattori della devianza Teorie sociologiche: 1. Teoria della tensione  l’essere umano è un essere morale che cerca di fare il giusto. Anomia: mancanza delle norme sociali che regolano e limitano i comportamenti individuali. La devianza e la criminalità sono il risultato di tensioni strutturali (durkheim e merton) 2. Teoria del controllo sociale 3. Teoria della subcultura 4. Teoria dell’etichettamento 5. Teoria razionale Durkheim  la devianza è il risultato dell’anomia, ossia della caduta di valori e norme tradizionali condivise non sostituite da altri punti di riferimento. La devianza è inevitabile, in quanto non può esistere in un contesto totale sui valori e le norme che regolano la società. La devianza ha anche effetti positivi e inaspettati, in quanto rafforza la solidarietà e i sentimenti condivisi da un gruppo. Merton  la devianza è il risultato del contrasto tra la struttura culturale (che definisce le mete verso le quali tendere e i mezzi con i quali raggiungerle) e la struttura sociale (che determina la distribuzione effettiva delle opportunità necessarie per arrivare a tali mete con quei mezzi). Merton  forme di adattamento: conformità, innovazione, ritualismo, rinuncia, ribellione + mete culturali + mezzi istituzionalizzati  l’incrocio fra queste metteranno in atto più o meno forme di devianza. Teoria del controllo sociale  assunto: l’essere umano è moralmente debole. Le persone generalmente si comportano in maniera conforme alle norme, perché esistono dei meccanismi di controllo sociale che interdicono e puniscono l’azione deviante. Tali meccanismi di controllo possono essere: 1. Esterni (sorveglianza esercitata dagli altri) 2. Interni diretti (imbarazzo, vergogna) 3. Interni indiretti (legame o figura di riferimento autoritaria) Teoria della subcultura  assunto: l’essere umano si forma in una subcultura e ne apprende i valori e le norme. Chi è deviante (rispetto alla cultura egemone) in realtà è conforme a quella del proprio gruppo. Sono i gruppi sociali che stabiliscono le regole, la cui infrazione costituisce la devianza. La devianza, come la conformità, è perché si è formata in una subcultura criminale, che ha valore e norme diverse da quelle della società più ampia e che vengono trasmesse da una generazione all’altra. Il più autorevole esponente di questa teoria è Sutherland: chi commette un reato lo fa perché si conforma alle aspettative del suo ambiente. In questo senso, le motivazioni del suo comportamento non sono diverse da quelle di chi rispetta le leggi. A essere deviante non è l’individuo, ma il suo gruppo di appartenenza. In questo caso gli individui non violano le norme del proprio gruppo, ma solo quelle della società in generale. Il processo di apprendimento avviene di solito all’interno di piccoli gruppi e riguarda sia le motivazioni per commettere un reato, sia le tecniche per farlo. Teoria dell’etichettamento  assunto: è il controllo sociale a dar vita alla devianza. Tale teoria si basa sull’idea che per capire la devianza è necessario tener conto non solo della violazione, ma anche dalla creazione e dall’applicazione delle norme, non solo dei criminali, ma anche del sistema giudiziario e delle altre forme di controllo sociale. Il reato (e in più generale la devianza) non è altro che il prodotto dell’interazione fra coloro che creano e che fanno applicare le norme e coloro che invece le infrangono. Becker  i gruppi sociali creano la devianza stabilendo le regole, la cui infrazione costituisce la devianza e applicano queste regole a persone particolari che etichettano come outsider. Da questo punto di vista, la devianza non è una qualità dell’azione commessa, ma piuttosto la conseguenza dell’applicazione, da parte di altri, di regole e sensazioni al trasgressore. Il deviante è uno cui l’etichetta è stata applicata con successo; il comportamento deviante è il comportamento così etichettato dalla gente. 25/03/2021 Valore  guida capace di orientare i comportamenti nell’ambito consentito dalle norme. Norme  mezzi che prescrivono o proscrivono (vietano) dei comportamenti in vista di qualche fine/valore. Possiamo intendere le norme come delle obbligazioni (spesso rafforzate da sanzioni). Istituzione  impianto di regole che rende possibile tale coordinazione (esempio: l’istituzione dello studio), insieme di norme che viene accettato e che produce una serie di comportamenti. Valori  sono forze operanti, perché finiscono le motivazioni dei comportamenti. I valori vengono fatti propri da individui e gruppi mediante processi, più o meno consapevoli, di scelta. Valore visto come una guida, come giudizio di bontà, ma nel campo dell’estetica diventa il valore del bello, nella filosofia della scienza il termine di valore è stato introdotto con accezione avalutativa, senza giudizio morale quindi per distinguere giudizi di valore (quelli che attengono ai giudizi, alle valutazioni soggettive, alle opinioni) e giudizi di fatto (quello che si attiene alle dimensioni spiegate e conosciute). I valori nascono in sistemi sociali più ampi. Pluralismo dei valori e politeismo dei valori (Weber)  dovuto alla complessità e differenziazione. Problema dell’integrazione dei valori (non sempre compatibili). Quando i sistemi di valori o singoli valori sono in conflitto tra loro, i gruppi che ne sono portatori entrano essi stessi in conflitto. Ciascun attore sociale può far propri valori, tra loro in linea di principio incompatibili, e trovarsi quindi di fronte a situazioni di dilemma etico. Pluralismo dei valori  valori contrapposti tra loro o in relazione cooperativa, politeismo dei valori  idee diverse di uguaglianza e giustizia sociale si confrontano. Tutto ciò è da valutare nel tempo Associazione Antigone  dottor Michele Miravalle  si occupa di carceri, associazione che troviamo interessante come caso di studio per quanto riguarda soprattutto il processo di istituzionalizzazione. Egli è il coordinatore nazionale delle carceri italiane, molto importante il ruolo dell’istituzione di questa associazione come garante della libertà. Canzoni: Patty Pravo  ragazzo triste, fu arrestata per questioni di traffico di stupefacenti. Roberto Vecchioni  signor giudice, ispirata all’esperienza detentiva di egli stesso per possessione di sostanze stupefacenti. Antigone utilizza anche una radio, settimanalmente raccontano storie di cantanti, gruppi che hanno avuto a che fare con questioni penitenziare e i ragazzi del carcere fanno delle cover su queste canzoni. Associazione Antigone  nome dato dall’opera che sottolinea lo scontro tra il diritto formale e quello in qualche modo morale, cos’è giusto? cos’è giustizia? cos’è etica, morale e diritto? Tutto parte dal lontano mito di Antigone. Antigone è un caso studio rispetto ad una capacità di un’associazione di trasformarsi, in tempi brevi (nata da 30 anni) e una capacità di diventare protagonista di un campo giuridico nello spazio dell’istituzione penale, di ciò che il carcere rappresenta e che è, in cui convivono diversi produttori di messaggi normativi, quelli formali  dati dalla legge, cos’è il carcere? Ma anche messaggi normativi diversi, non sempre gerarchizzati e che sottendono funzioni latenti del carcere. Il carcere, quindi, non è solo un luogo dove si sconta una pena ma ha una precisa funzione sociale, politica ed economica in una società. Magistratura, forze dell’ordine  attori istituzionali ma ci sono anche attori non istituzionali di cui fa parte Antigone e deve capire come restare nel campo e che ruolo vuole giocare. Il “carcere politico”: dove tutto cominciò  1985, all’interno del gruppo del Manifesto (quotidiano del gruppo dei dissidenti usciti dal partito comunista), in quel giornale era uscito un inserto chiamato “Antigone” che doveva ragionare intorno al tema dell’emergenza facendolo attraverso un piccolo gruppo di intellettuali che ebbe l’urgenza di occuparsi di quello che negli anni 80 stava rappresentando il carcere in Italia. L’eterna emergenza  a partire dagli anni 50 il tema principale era il tema della detenzione politica, del terrorismo politico italiano, la criminalità organizzata di stampo mafioso, la corruzione politica che esplose giudizialmente tra il 1992 e il 1994 e da ultimo il sentimento di insicurezza che stava imprimendo un segno rilevante nel clima penale di questo inizio del nuovo secolo. I detenuti politici non erano il numero più rilevante ma portavano all’interno tutte queste problematiche. Il carcere aveva un ruolo nelle biografie di quelle persone  carcere aveva quindi un ruolo di conflitto. Il carcere non doveva servire alla retribuzione (quello per cui nasce  ripagare rispetto ad un danno, si teorizzava che ad un danno di 100 si dovesse subire una pena pari a 100 in termini di privazione della libertà)  c’era un contratto sociale tra carcere e politica. Solo nel tardo 900 si manifesteranno le funzioni rieducative della pena  utilità della pena secondo gli utilitaristi  pena che serve a livello pedagogico di rinascita, rieducazione della persona che diventano poi le funzioni manifeste del carcere e che vengono inseriti anche in costituzione, concetto che arriva dall’Inghilterra. Nei confronti del terrorismo politico tutto ciò veniva messo da parte, aveva una funzione politica nei confronti di questa emergenza del terrorismo. Il primo numero di Antigone parla di lotta al terrorismo  se un detenuto politico avesse deciso di collaborare avrebbe ottenuto dei benefici in termini di durata/qualità della pena. Questo stesso schema è stato utilizzato in molti passaggi della nostra storia italiana: terrorismo (rosso/nero degli anni 70), mafia, corruzione politica… uso politico dello strumento carcere  uso politico e razionale= ragionare agli scopi. Razionalità sistemica che si scontra con la messa in atto. Ad oggi si sta discutendo dell’articolo 41 bis e dell’ergastolo  condannato all’ergastolo e non può accedere a nessun beneficio a meno che non ci sia collaborazione con la giustizia, ci si sta chiedendo se sia giusto o meno, costituzionale o no. Sulle funzioni latenti del carcere nasce Antigone e si trova davanti ad una battaglia teorica. Il background teorico (liberarsi dalla necessità del carcere?): 1. Garantismo penale  prospettiva costituzionale, Ferrajoli 2. Riformismo penitenziario/riduzionismo  il carcere materiale 3. Abolizionismo penale-penitenziario  Christie, Limits to pain, 1981 4. Human rights standards La funzione del carcere secondo Beccaria  mettere in mezzo tra la vittima e l’autore un’istituzione terza di garanzia che possa frenare quel sentimento, umano, di vendetta che si crea verso la persona che ha fatto male. All’interno del carcere troviamo: detenuti ma non solo, le persone in carcere in Italia ora sono 53.000, non si sono superati mai i 100.000, il paese con più detenuti sono gli stati uniti con 2 milioni di persone circa sottoposti ad una pena detentiva, paese definito come paese dell’incarcerazione di massa. Le donne in carcere in Italia sono meno del 5%, sono circa 5.000 donne, c’è una sistematica sottorappresentazione delle donne nei circuiti detentivi. Quanti, di questi 53.000 hanno una condanna in attesa di giudizio? Tra il 30- 35% circa. I minori? (istituti penali per minori) 400 persone da dopo il covid, prima erano tra i 500/600 persone. Ci sono rappresentazioni disomogenee all’interno delle carceri che riguardi per il genere, l’etnia e molto altro. Antigone parla di carcere, carcere che nasce alla fine del XVIII secolo dove le pene, ad oggi, devo essere atte a rieducare e il carcere è una di queste tante pene che ci sono ad oggi. C’è anche l’idea radicale e teorica che le società possano fare a meno della detenzione penale ma ovviamente non si parla di ciò nelle grandi città ma solo in piccoli contesti. La società moderna, al contrario di questa scuola risponde a tutto con il diritto penale in casi necessari. Abolizionismo istituzionale  la società non può fare a meno del diritto penale ma si può fare a meno degli strumenti come carceri, manicomi  soluzioni radicale ed estreme. Idea di riduzionismo penale  far star bene le persone qui ed ora ma d’altro canto c’è l’idea di capire come rispondere a chi sta male= riformismo penitenziario e qui sta l’associazione Antigone che tiene vivo il concetto dei diritti della persona e il garantismo penale. Il manicomio non c’è più ma rimane negli anni il manicomio penale. Abolizionismo  propone al posto della detenzione delle forme di conciliazione e di ricucitura del patto sociale che prescindano da una condanna e da una pena, forme conciliative molto simili al campo del diritto civile (riparazione del danno)  la comunità dovrebbe prendersi cura della vittima e della persona che ha commesso il reato  forme di conciliazione basate soprattutto sul perdono basate in centri di riconciliazione penale (di cui parlò molto Adolfo Ceretti). In qualche modo conciliare con la vittima deve essere una scelta, funziona soprattutto in comunità chiuse. Gli strumenti: officina Antigone 1. gli osservatori sulle condizioni detentive (adulti, minori, european prison observatory). 2. L’advocacy (divieto di estrazione, legge sul garante nazionale delle persone private della libertà, reato di tortura). 3. Il contezioso strategico/strategic litigation (sentenza torregiani, ergastolo ostativo). 4. L’assistenza/informazione giuridica. 5. La divulgazione scientifica. L’obiettivo è rendere trasparente le mura del penitenziario, essa è una struttura chiusa e si cerca invece di renderla trasparente, far si che tutti possano vedere/capire cosa accade, gli associati ad Antigone raccontano quel che vedono e questo è il ruolo degli osservatori, fanno visite anche di carattere scientifico ma non è proprio un’osservazione neutrale e non possono fare visite senza preavviso. L’advocacy è quello di cercare di portare al dirigente politico informazioni che spesso non arrivano, si cerca quindi di mandare messaggi all’alto che senza questa mediazione non arriverebbero mai e che hanno portato poi anche alle creazioni di leggi. Strategic litigation  prendere un caso che diventa paradigmatico e che poi lo porti fino alla corte europea. Assistenza e informazione giuridica che si collega poi alla divulgazione scientifica per far si che tutti siano informati. I linguaggi e i metodi  problemi: 1. Accesso alle informazioni (doppio significato: la trasparenza delle mura e l’accessibilità del messaggio- eterogeneità dei target) 2. La frustrazione dell’essere minoranza Il ruolo del visuale per raccontare le fasi/le dinamiche della detenzione e il lavoro sui dati  osservazione che porta a tanti nodi metodologici che non ha la pretesa di essere ricerca scientifica (i nodi dell’osservazione. Confronto: la scheda trasparenza del ministro, la scheda di Antigone). Molto importante fare attenzione alle informazioni che veicolano, essendo Antigone, un importante veicolo di informazioni  la difficoltà di parlare a tutti senza perdere l’autorevolezza e rimanere critici. 8/04/2021 Identità e socializzazione Come si forma l’identità? Chi nasce deve imparare a codificare tutto, comprendere le percezioni sensoriali, l’attaccamento alle figure di riferimento, ad una lingua e quindi ad un insieme di suoni… la dimensione sociale è già presente, tutto ciò viene appreso attraverso il processo di socializzazione e comprendono la cultura nella quale si trovano calati e che prevede altri processi, esistono altri processi di ri-socializzazione. Identità  termine che non si coniuga al plurale, lettura delle identità in sociologia è distante da quella essenzialista. Berger e luckman  identità che si costruisce attraverso interazioni producendo identità eterogenee, multiple. Siamo tante cose, abbiamo tante identità ma è vero che alcune identità sono più forti di altre. Identità  costruzione sociale molto rigida, legata allo status quo. Identità: la sociologia usa questo concetto in opposizione alla concezione essenzialista (una identità fissa). Costruzione o addirittura invenzione della identità  qui ed ora. Micheal foucault, sorvegliare e punire, 1977: 1. I discorsi producono opportunità e vincoli differenti per le agency e per l’identità. Religione, stato, sport, consumo, sessualità producono identità discrete e a volte contraddittorie. Possiamo essere devoti, queer, tifosi… 2. Le diverse identità che adottiamo nel corso delle nostre pratiche sono a loro volta inscritte in più ampie strutture di identità: classe sociale, genere, etnia, età… Paul Gilroy, black atlantic, 1993: 1. Culture ibride. “circolazione della cultura”: colonialismo, schiavismo… media 2. Le diverse identità che adottiamo nel corso delle nostre pratiche sono a loro volta inscritte in più ampie strutture di identità: classe sociale, genere, etnia, età… 3. Non assimilazione e identità simili ma invece identità ibride 4. Diaspora e black diaspora
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