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Appunti - Dall'unità alla seconda rivoluzione industriale, Appunti di Storia

riassunto di storia

Tipologia: Appunti

2014/2015

Caricato il 16/12/2015

giulia.rosafalco1
giulia.rosafalco1 🇮🇹

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Scarica Appunti - Dall'unità alla seconda rivoluzione industriale e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! UNIFICAZIONE D’ITALIA Cavour decide di partecipare alla guerra di Crimea, dove Francia ed Inghilterra* erano intervenute in aiuto della Turchia, quest’ultima impegnata in un conflitto con la Russia per il controllo dei Balcani; in modo da essere convolto alla fine di questa nei trattati di pace, e nel 1856 ebbe la possibilità di esporre a livello internazionale la questione italiana, soprattutto riguardo il possesso da parte dell’Austria di Lombardia e Veneto. Non vi furono particolari cambiamenti, infatti l’Austria non essendo entrata in guerra non era stata sconfitta, ma Cavour iniziò a stringere forti rapporti con la Francia di Napoleone III. Nel gennaio del 1858 i rapporti rischiarono però di incrinarsi a causa dell’attentato fallito contro l’imperatore francese da parte di un mazziniano, Felice Orsini. Questo prima di essere condannato alla ghigliottina scrisse a Napoleone III chiedendogli di appoggiare la causa italiana, e permise quindi a Cavour di mostrare come la situazione incerta in Italia, fosse in realtà un rischio per tutta l’Europa. Nel luglio dello stesso anno Cavour e Napoleone III firmano un’alleanza militare segreta , conosciuta come “accordi di Plombières”, grazie a cui la Francia sarebbe dovuta entrare in aiuto dell’Italia in caso di attacco austriaco. N.B. Napoleone III era interessato a indebolire l’Austria, senza però creare un forte Stato italiano ai confini meridionali della Francia. Propose di rendere l’Italia una confederazione formata da: regno del nord, regno dell’Italia centrale, e il regno delle Due Sicilie (il papa avrebbe conservato Roma). Cavour si dichiara d’accordo, infatti era convinto che l’Italia non poteva avvicinarsi più di così all’unificazione. Cavour dopo la firma inizia a disporre le truppe italiane lungo il Ticino, al confine con la Lombardia, non ascolta l’ultimatum dell’Austria che gli chiedeva di spostarle, per cui l’esercito austriaco attacca l’Italia che, grazie all’aiuto della Francia risulta vittoriosa. -> II guerra di indipendenza italiana (1859). La guerra fu molto breve, anche grazie all’impiego di treni con cui si poterono spostare molto velocemente le truppe; per di più sia l’opinione pubblica francese contraria allo scontro, che il timore che l’Italia iniziasse un processo di unificazione che si estendesse oltre che al nord anche al centro della penisola, spinsero Napoleone III a firmare un armistizio con gli austriaci, i quali dovettero cedere alla Francia la Lombardia , che da questa venne ceduta all’Italia. Nel frattempo numerose città del centro Italia erano insorte liberandosi dei propri principi, Cavour indisse quindi dei plebisciti chiedendo alla popolazione la sua opinione riguardo l’annessione al regno di Sardegna, e poté quindi arricchire quest’ultimo con Toscana ed Emilia. Per evitare contrasti con Napoleone III, Cavour lasciò poi le redini del processo di unificazione a Garibaldi, democratico che decise di organizzare una nuova spedizione verso la Sicilia dei Borboni (per evitare conflitti internazionali non poté farlo a nome della nazione italiana, quindi senza nemmeno il tricolore). Garibaldi aveva acquisito un grande prestigio grazie alle lotte combattute in America latina per la libertà delle popolazioni locali, e oltre a questo poteva contare sull’azione fatta in Sicilia da Crispi, che nell’isola stava preparando il popolo all’insurrezione. Garibaldi a capo di una spedizione di circa 1000 volontari partì nel 1860 da Genova e sbarcò a Marsala, dopodiché iniziò a sbaragliare l’esercito Borbonico; i militari di quest’ultimo non erano pagati, riforniti e governati adeguatamente, non avevano motivazioni per cui combattere, e si ritrovarono come nemici anche i cittadini siciliani che man mano insorgevano ( le idee di Garibaldi avevano avuto molto successo, grazie anche al fatto che il suo programma era meno rigido e preciso di quello mazziniano). Il condottiero in poco tempo liberò tutta l’isola spingendosi fino a Capua, e man mano organizzò plebisciti chiedendo alla popolazione di votare tra il rimanere sotto il regno ei Borboni o passare sotto il governo del regno di Piemonte. Fu in netta maggioranza la volontà di annettersi al regno di Sardegna, in particolare a causa dell’arretratezza dello stato borbonico che, per finanziare i latifondisti, riempì di tasse i propri cittadini. Cavour iniziò a temere che nella sua risalita Garibaldi attaccasse anche lo stato pontificio, causando l’intervento della Francia, propose quindi al Papa di rinunciare al potere temporale ( il conte infatti sosteneva il principio” Libera Chiesa in libero stato”) ma ricevette un rifiuto; per cui l’esercito piemontese partì dal nord, attraversò le coste delle Marche in modo da rimanere il più possibile esterno dallo stato della Chiesa, ed a Teano incontrò le truppe di Garibaldi. Tra i due eserciti inizialmente rischiò di esserci uno scontro, ma Garibaldi consegnò a Vittorio Emanuele II il risultato del plebisciti nel sud Italia, questi si aggiunsero a quelli avvenuti in Marche ed Umbria, per cui il 17 marzo 1861 nacque il regno d’Italia ( a cui mancava ancora però parte di Lazio, Veneto e Friuli). I successivi anni in Italia vengono espressi con la frase di massimo d’Azeglio: “abbiamo fatto l’Italia, adesso dobbiamo fare gli italiani”, l’unità politica infatti non aveva comportato anche l’unità nazionale, e questo stato appena nato dovette subito prendere importanti decisioni. Le maggiori problematiche furono la forte divisione che vi era tra nord e sud d’Italia 1, tra i membri delle varie classi sociali2, e la minima diffusione che aveva la lingua italiana3, dato che la maggioranza della popolazione conosceva solamente il dialetto. 1 nord e sud Italia erano due civiltà del tutto differenti, la possibilità di una loro unione non rendeva scettici solo i moderati o i cittadini settentrionali (che vedevano il sud con una regione barbara), ma gli stessi cittadini meridionali che si erano trasferiti al nord. Il regno borbonico era arretrato sia economicamente che socialmente a causa del fenomeno del latifondismo. Infatti dopo la scoperta dei concimi chimici nel nord Italia si inizia un’agricoltura di stampo intensivo: massima resa su tutto il territorio coltivabile, mentre al contrario nel sud vi era ancora un modello agricolo di tipo estensivo: in cui venivano utilizzati pochi macchinari, parte del suolo viene lascito a riposo, vengono coltivate superfici molto estese senza sfruttarne a pieno le possibilità. Per quest’ultimo stile agricolo serve quindi il lavoro dei braccianti, i quali lavorano solo per un certo periodo dell’anno 2 oltre alla divisione territoriale vi era quella di classe, in particolare tra borghesi e contadini. Questi ultimi si erano infatti spesso schierati contro il processo di unificazione, e vivevano in condizioni di estrema povertà. Anche all’interno delle stesse classi sociali non vi era sempre armonia, ad esempio vi erano differenze economiche piuttosto notevoli tra la borghesia meridionale e quella settentrionale. 3 meno del 5% degli italiani sa leggere e scrivere, e dato che l’unico media presente era la carta stampata, questa condizione limita ancor di più la diffusione della lingua, oltre a questo spesso sono gli stessi insegnanti che nelle scuola parlano in dialetto per farsi capire dai propri studenti (tanto che nel 1880 viene fatta girare una circolare che impone loro di parlare la lingua italiana). La prima decisione presa dal nuovo stato italiano è lo scegliere se organizzare la nazione con un principio di accentramento, in cui tutto il potere sarebbe andato a Torino, la capitale, oppure se optare per il decentramento, grazie al quale ogni regione si governa da sola. Viene scelto l’accentramento, e l’Italia diventa lo stato dei prefetti: figure incaricate dalla stato per controllare nella provincia assegnata l’applicazione delle leggi, controllore l’ordine pubblico, il funzionamento della sanità ecc (riprendono le figure degli intendenti di Luigi XIV). Oltre a questo per risolvere i problemi post-unitari, e anche per un’effettiva necessità della nazione, si inizia a lavorare alla creazione di un esercito italiano, tramite la leva militare di cinque anni, e si diffonde su tutto il territorio un sistema legislativo analogo a quello piemontese. Per cui man mano si unificano moneta, pesi e misure, tariffe doganali ecc, e nel frattempo la popolazione inizia ad amalgamarsi dato che i ragazzi impegnati nella leva militare si trasferivano lontani da casa, i burocrati piemontesi dovettero istruire quelli delle restanti regioni (motivo per cui sia nel linguaggio militare che in quello burocratico vi sono espressioni tipicamente settentrionali o meridionali), e la lingua italiana grazie ai teatri raggiunse anche gli strati popolari. Lo statuto albertino viene però esteso a tutto il territorio senza considerare le diverse realtà, in particolare per quanto riguarda le tasse (numerose viste le varie spesa in cui era impegnato lo stato), per di più la leva militare obbligatoria privava le famiglie meridionali dei figli proprio nell’età in cui avrebbero potuto aiutare economicamente la famiglia come braccianti, perché più forti. Nasce quindi nelle regioni del sud d’Italia il fenomeno del brigantaggio, in cui i giovani uomini si riunivano in bande e portavano avanti una sorta di guerra contro il regno d’Italia. Questa forma di protesta sociale venne rafforzata dalla povertà dei contadini, dalla delusione nel notare che il cambiamento del governo non aveva portato effettivi miglioramenti alle loro condizioni di vita, e dall’attività di coloro che erano rimasti fedeli al governo borbonico (specialmente i dell o stat o. Egli inizi alm ente sale al gov erno com e mini stro del presidente Zanardelli, fino a diventare lui stesso nello 03 presidente del consiglio. N.B. gli anni che vano dal 1903 al 1914 vengono definiti età giolittiana, egli infatti a parte brevi intervalli ricopre la carica di presidente del consiglio. ( Egli è al governo comunque dal 1900 al 1903 come ministro degli interni di Zanardi). Una volta eletto Giolitti si trova di fronte a una situazioni politica piuttosto complessa, stanno infatti nascendo i partiti di massa, e il popolo comincia a farsi sentire anche grazie ai sindacati: questi fino agli anni 70 dell’800 erano una sorta di associazioni di mutuo soccorso (in cui i lavoratori versavano una quota che sarebbe servita per aiutare le famiglie in difficoltà per licenziamento o malattia del lavoratore) o corporazioni. Con i sindacati i lavoratori iniziano invece ad eleggere i propri rappresentanti che oltre a trattare con i datori di lavoro, hanno la possibilità di indire gli scioperi. Giolitti è il primo uomo politico che si dissocia dall’utilizzo della violenza per bloccare gli scioperi, in un suo discorso del 1901 “Il tenere salari bassi comprendo che sia un interesse degli industriali, ma che interesse ha lo Stato di permettere che il salario del lavoratore sia tenuto basso? E’ un errore, un vero pregiudizio credere che il basso salario giovi al progresso dell’industria” il politica affermava che lo stato non aveva nessun interesse nell’abbassare i salari, questo infatti implicava un suo fallimento come garante dell’imparzialità, un errore politico dato che si sarebbe scontrato contro la grande maggioranza della popolazione, ed un errore economico poiché uno stipendio basso diminuiva il potere d’acquisto. Questa teoria viene messa in pratica nel 1904, quando il governo non interviene se non come moderatore in uno sciopero generale indetto dalla Camera del lavoro di Milano, che presto si diffuse in tutto il nord Italia, anche presso i lavoratori non industriali. La scuola fu uno strumento fondamentale per inserire le masse nella vita politica, combattere l’analfabetismo ( che arrivava circa al 50%), e diffondere i principi dello stato ; durante il periodo giolittiano l’istruzione progredì, ma non tutti gli insegnanti erano in linea con i principi della nuova politica. Tra essi infatti vi era chi aveva una concezione democratica di scuola e insegnamento, e chi era improntato su una scuola che doveva selezionare gli alunni in base al profitto e nei suoi gradi più alti sarebbe dovuta essere destinata solo ai membri delle classi più abbienti. Durante questi anni l’economia italiana crebbe a tal punto che si parlò di decollo, il PIL infatti aumentò circa del 70%, con una crescita annua di circa il 5%. Questa grande crescita avvenne in particolare grazie alla diffusione delle industrie, ma per fare in modo che queste non sorgessero esclusivamente nel nord (dove vi era il triangolo industriale Lombardia, Piemonte, Liguria), il governo dovette emanare leggi speciali, o leggi tampone (ossia leggi che vengono applicate solamente in determinate province dopo che è accaduto un determinato fatto). Nonostante queste il meridione rimase fortemente legato all’agricoltura, ed infatti quando nel 1910 nacque la CIDI (Confederazione italiana dell’industria), questa non cercò affiliati nel sud. Alcune N.B. PRESA DI PORTA PIA (cronologicamente è datato 1870, ma per non rompere il senso logico cui sto facendo gli appunti lo metto qui) Nel 1870 l’esercito francese era impegnato in una battaglia contro la Prussia, per cui non poteva più difendere lo stato pontificio. Il governo italiano inizialmente offrì a papa Pio IX delle garanzie se questi avesse accettato di unirsi allo stato italiano. Dopo aver ricevuto un rifiuto le truppe italiane invasero Roma presso Porta Pia, e dopo un plebiscito anche Roma e Lazio furono ammessi all’Italia. L’anno seguente il governo spostò la capitale a Roma, e approvò la “legge delle guarentigie” ( Pio IX era libero e poteva tranquillamene svolgere le sue funzioni di capo della Chiesa, oltre a questo ricevette un importante finanziamento). Il papa reagì però duramente dichiarandosi prigioniero e promulgando il decreto Non expedit, intimando i buoni cattolici a non partecipare in alcun modo all’amministrazione dello stato italiano. regioni si dedicarono a specifiche attività industriali che iniziarono a contraddistinguerle, ad esempio in Piemonte nacque la FIAT, ma l’Italia rimase sempre lontana dai grandi paesi industriali. In Italia divenne sempre più frequente il fenomeno dell’emigrazione (coinvolse circa il 30% della popolazione) , in particolare verso gli Stati Uniti dove vigeva il mito del sogno americano: chiunque avesse raggiunto quella terra pronto a lavorare, con coraggio e determinazione, avrebbe avuto successo. Questo fenomeno provocò numeroso cambiamenti: infatti per non perdere i contatti con le famiglie anche i contadini dovettero imparare a leggere e scrivere, quando questi tornavano a casa avevano acquisito nuove mentalità e atteggiamenti, gli emigranti ritornando in patria portarono nuove ricchezze grazie a ciò che avevano guadagnato all’estero. N.B: Giolitti tramite favori agli elettori favoriva l’elezione dei suoi candidati meridionali , venne quindi criticato da Gaetano Salvemini, che lo definì “ministro della malavita”. A causa del decreto Non expedit, fino al 1919 non vi sarà mai nessun partito cattolico, ( il tentativo di Romolo Murri nel 1905 si conclude con la sua scomunica) per cui Giolitti ha a che fare principalmente con il partito socialista. Egli vuole coinvolgerli nel governo, specialmente Turati, ma durante il primo decennio del 1900 i massimalisti acquistano sempre più potere all’interno del partito, i quali erano molti critici nei confronti del governo Giolitti. Infatti nel 1912 i massimalisti Lazzari e Mussolini ottennero l’uno la segreteria del partito, e l’altro la direzione del giornale l’Avanti (diventa di stampo molto critico nei confronti del governo, facendo una propaganda molto negativa). In vista delle elezioni del 1912, le quali essendo a suffragio universale maschile della popolazione con almeno 21 anni avrebbero potuto causare la perdita di Giolitti ( visto il successo del PSI nel nord Italia), lo statista si allea con i movimenti cattolici firmando il patto Gentiloni. Quest’ultimo era il presidente dell’Unione elettorale cattolica italiana, il quale indicava ai cattolici il candidato da votare, e appoggiò Giolitti per ottenere in cambio: impedire che venga emanata la legge contro il divorzio, finanziamenti alle scuole private cattoliche. Giolitti riesce quindi a vincere le elezioni, ma si dimette dopo solo un anno e mezzo, l’influenza dei cattolici era diventata ormai troppo forte perché lui potesse proseguire la sua politica. L’Italia nel seguire la corrente colonialista decise di tentare la conquista della Libia, Giolitti infatti era contrario a qualsiasi guerra europea, ma non e quella coloniale, che avrebbe portato ricchezze ed era vista come un’opera di incivilimento. Gli stessi intellettuali appoggiavano la guerra, questi infatti stavano iniziando ad appoggiare le idee nazionaliste: contro democrazia e regime parlamentare, poiché queste indebolivano lo stato, e invece a favore di una politica estera aggressiva. Il principale esponente di questa corrente fu Corradini, il quale elaborò la concezione della “nazione proletaria”, affermando che l’antagonismo tra le classi sociali di una nazione dovesse spostarsi tra gli stati più ricchi e quelli che lo erano di meno. Appoggiarono la guerra in Libia anche alcuni socialisti riformisti, sensibili all’onore della patria, mentre tra gli oppositori vi erano i socialisti rivoluzionari (Mussolini) che accusavano lo stato di spendere denaro che sarebbe dovuto essere destinato ai problemi italiani. La conquista inizia nel 1911 , e in un primo momento l’Italia vince contro la Turchia, che nel trattato di Losanna riconosce la sovranità italiana sulla Libia, ma la conquista di questa nazione avviene solo nella parte costiera settentrionale, grazie alle guerriglie delle popolazioni arabe. La guerra si conclude nel 1912. 14 fine periodo giolittiano 12 elezioni a suffragio universale + conclusione guerra in Libia 11 inizio guerra in Libia 05 scomunica di Romolo Murri 04 sciopero generale 03 inizio periodo giolittiano Periodo giolittiano
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