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Appunti del corso della docente Virginia Di Martino: SABA, MONTALE, UNGARETTI + poesie., Appunti di Letteratura Contemporanea

Appunti del corso della docente Virginia Di Martino, anno accademico 2022/2023 contenenti: UMBERTO SABA: vita, poetica e analisi poesie: Trieste, la città vecchia, mio padre è stato per me l'assassino, eros, secondo congedo, tre poesie alla mia balia, amai. GIUSEPPE UNGARETTI: vita, poetica e analisi poesie: In memoria, il porto sepolto, italia, commiato, veglia, i fiumi, allegria di naufragi, lago luna alba notte, la madre, la pietà, gridasti soffoco, l'impietrito e il velluto. EUGENIO MONTALE: vita, poetica e analisi poesie: non chiederci la parola, forse un mattino andando.., spesso il male di vivere, addii fischi nel buio, ti libero la fronte dai ghiaccioli, non recidere forbice quel volto, nuove stanze, l'anguilla, l'alluvione ha sommerso il pack dei mobili. RIASSUNTO CLASSICI: "Se questo è un uomo" e "Il sentiero dei nidi di ragno". Appunti presi velocemente al corso, presenza di qualche errore di battitura.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 14/07/2023

LettereModerneUNINA
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Scarica Appunti del corso della docente Virginia Di Martino: SABA, MONTALE, UNGARETTI + poesie. e più Appunti in PDF di Letteratura Contemporanea solo su Docsity! UMBERTO SABA Il vero nome è Umberto Poli, fa parte della generazione degli anni 80. Lui stesso dice qualcosa sulla sua nascita e la prima infanzia molto complicata. Eventi dell’infanzia che hanno influenzato su tutta la sua vita. Madre ebrea e padre ariano, prima ancora della nascita il padre abbandona la madre, post nascita la mamma va in depressione e quindi Umberto viene dato a una nutrice. Fino a 3 anni lui pensa sia quella sua mamma ma poi si presenta la vera mamma e quindi inizia a vivere un periodo difficile, va anche in terapia dallo psicoanalista, questo evento inciderà ovviamente sui suoi componimento. Lettera a Nora Baldi, sua amica. In questa lettera parla del rapporto tra i genitori. Alla nascita il padre era in prigione per lesa maestà. Saba nasce a Trieste e Trieste fino alla prima guerra mondiale, appartiene all’impero astro-ungarico dove in quel periodo c’era l’imperatore Francesco Giuseppe. Proprio a questa balia si dava lo pseudonimo Saba ma questa tesi viene smentita perché la donna non aveva in realtà questo cognome. Da cosa deriva questo pseudonimo? Non possiamo dire con certezza a cosa rimandi lo pseudonimo, possiamo fare solo delle ipotesi. Esordisce presto come poeta, alcuni versi risalgono all’adolescenza o al periodo del sevizio militare (prima occasione in cui si allontana dalla madre e vive in gruppo). Di ritorno dal servizio sposa Lina(1909), figura importante nel Canzoniere. Nel 12 prima importante raccolta di poesia “Trieste è una donna” una delle più importanti sezioni del Canzoniere. Racconta di una crisi coniugale, Lina momentaneamente lascia Saba. Nel 21 prima edizione del Canzoniere, più piccola di quella che vediamo adesso dato che ne seguono altre. Da ricordare: Quando in Italia vengono promulgate le leggi razziali, Saba ebbe dei contraccolpi, crescendo con la madre 50% ariano e per i fascisti bastava. Costretto a cedere a un suo amico/commesso e vive alcuni anni nascondendosi, dopo la liberazione torna a Trieste. Continua a pubblicare, anche delle prose. Nel 46 pubblica un libro “Scorciatoie e Raccontini” raccoglie aforismi e raccontini. Nel 48 pubblica un libro autocritico “Storia e cronistoria del Canzoniere”; la sua poesia non ottiene subito consensi, non viene subito compresa. De benedetti è l’unico che si rese conto (Saba vivente) della grandezza della sua poesia. Decise di scrivere da solo la critica del suo canzoniere , finse che uno studente di lettere stesse preparando una tesi sul suo Canzoniere, quindi parlava di lui in 3 persona. Abbozzò un romanzo che non portò a termine, che lasciò alla figlia con la raccomandazione di distruggerlo, ma non fu così. Romanzo dal titolo “Ernesto” che tratta di amori omosessuali di un adolescente di Trieste. Trieste è proiettata nella cultura dell’Europa centrale, aveva uno sbocco sul mediterraneo per gli austro-ungarici, era una sorta di crocevia di persone, culture, lingue; ciò significa che Saba conobbe autori che in italia arrivarono molto più tardi come Nietzsche e Freud. Ma significa anche che la cultura italiana arriva più tardi. Saba è lontano dalle novità e dalle avanguardie. Tradizione a cui lui guarda Dante, Petrarca (titolo canzoniere è un omaggio a Petrarca, le poesie vengono messe in una raccolta organica) Pascoli, D’annunzio, Manzoni, Leopardi. Tradizione italiana che non si limita alla poesia alta ma va anche verso quello che è il melodramma di Verdi. La poesia per lui deve essere onesta, i poeti devono istaurare un rapporto di fiducia con il pubblico, poesia deve esprimere gli aspetti di tutti i giorni, il poeta deve essere come tutti gli uomini di tutti i giorni, non vuole porsi su un piedistallo, non vuole un’aureola. Ciò che vive il poeta sono cose che possono accadere a tutti. Un altro titolo possibile per il canzoniere poteva essere “Chiarezza”. C’è un articolo importante in cui lui dice che i poeti devono fare la poesia onesta; l’articolo viene mandato alla rivista importantissima “La Voce”, rivista di Firenze ma non venne pubblicato. Viene fatto un paragone tra Alessandro Manzoni (versi mediocri e immortali) e Gabriele D’annunzio (versi magnifici) due modelli emblematici rispettivamente uno della poesia onesta e l’altro disonesta. Chi vuole fare poesia onesta, deve avere la cura di non dire una parola che non rispetti a pieno la propria visione del mondo. Il Canzoniere con le aggiunte che sono state inserite è costituito da tre volumi: •il primo comprende i primi venti anni 900 •in secondo ha un arco cronologico più ristretto, si va dall’inizio degli anni 20 all’inizio degli anni 30 •il terzo va dall’inizi degli anni 30 all’inizio dei 50 Già i titoli possono farci comprendere di cosa si parla. Le donne sono divise in due categorie per Saba: donne (in particolare Lina, sono caratterizzate dalla pesantezza a causa del modello materno. Lui ha sposato una donna che molto somiglia a sua madre) e fanciulle (con la loro leggerezza, immaturità. Qui c’è anche la figlia, alcune fanciulle di cui si innamora, paragonate a immagini leggere). Nel secondo volume c’è una sezione chiamata “il piccolo Berto” in cui troviamo una versione di Saba bambino. Qui ci sono testi che scrive ispirato dalla terapia che si trova a fare a Trieste con il Dottor Vice, cura interrotta con le leggi razziali, ma anche prima di queste. Nel secondo volume, Saba sente l’influenza di altre linee poetiche. TRIESTE Questo componimento si trova nella sezione “Trieste è una donna”. Perché Trieste è una donna? La città così come la donna, sono amate per quello che hanno di proprio e di inconfondibile, entrambe hanno qualcosa che le rende uniche. Prima strofa: C’è una sorta di immediatezza comunicativa. La scelta di Saba ricade su un lessico quotidiano, collocale. Ci sono dei versi tradizionali come l’endecasillabo, il settenario, il novenario, ma non troviamo ne il verso libero ne la distruzione della sintassi tipica dei futuristi, ne il verso breve. La comunicazione per Saba deve poggiare su un mezzo condiviso sia dal poeta sia dal pubblico. Egli è fedele alla tradizione perché ritiene che servirsi della tradizione, sia valido ai fini della comunicazione. Usa strofe a cui il pubblico era abituato, non crea uno shock a livello formale. Il poeta, per Saba, è come l’uomo. Uomo che ha bisogno di meditare sulla collinetta, ha la sensazione che dove si è seduto lui si trovi la fine della città, e quindi da quella posizione può contemplarla tutta e riflettere. Seconda strofa: Trieste è una città particolare dotata di grazia ma non facile. Non concede grazia a chiunque così come un ragazzaccio aspro e vorace (paragone) con gli occhi azzurri (!) [occhi che il poeta rivolge al mondo] involontariamente incapace di fare gesti gentili. [rima fiore/amore come troveremo nel componimento Amai]. Saba paragona la città a quanto di più intimo abbia mai vissuto; scopre ogni via della città. C’è l’immagine di una casa situata sulla collina (col tempo, e i diversi componimenti si è arrivati a comprendere che quella fosse la casa della nutrice), una casa aggrappata sulla cima di una collina. Terza strofa: c’è una struttura tripartita cara a Saba. Le strofe non hanno schema regolare. “Cantuccio” è il “rispecchiamento” tra città e poeta, una sorta di angolino che rispetta la volontà di solitudine del poeta affinché possa riflettere. [Frequenti sono le figure dei ragazzi nei componimenti di Saba; che rappresentano la vita allo stato nascente, quella vita ancora ingenua, se così possiamo dire, prima che (la vita) venga soffocata dalle responsabilità degli adulti] Scorciatoia 115: C’è la necessita di scendere in fondo ma poi risalire, si deve avere il coraggio di guardare l’abisso ma poi risalire e eventualmente anche ridere di ciò che si vede. Chi ha perso il coraggio di guardare, non può procedere, può solo svolazzare ( ossia rimanere in superficie senza compiere il “passo”). LA CITTÀ VECCHIA Anche in questo componimento la struttura è tripartita. Saba, per tornare a casa prende un oscura via di una città vecchia. Seconda strofa: anche qui, come in “Trieste” la seconda strofa è quella più corposa. C’è un’anafora che ritorna due volte. C’è l’immagine della gente che viene e va; ritorna il cosiddetto “bordello” di Baudelaire, ma qui, in Saba, non vuole dire nulla. Egli si ferma alla descrizione delle banali e semplici occupazioni delle persone normali. Tutto quello che di più umile è più banale si trova nel corpo di Trieste per lui rappresenta l’umanità più vera è in quella più umile in cui trova l’infinito; ossia per esempio c’è l’immagine della prostituta, del marinaio, del vecchio che bestemmia, la femmina che bega, la giovane impazzita…tutte creature che accettano la città con tutto il dolore che quest’ultima comporta. Saba trova qualcosa di sacro in questa immediata accettazione della vita. Dove la via è più vergognosa, immorale Saba Saba al suo posto. Ripetere i suoi gesti significa sostituirsi a lui e questi sono oggetti simbolici attraverso i quali è come se diventasse marito della sua madre di gioia. A Saba piace restare con lei la sera, finché non gli dice di tornare da sua moglie dato che è tardi, lo chiama ancora Berto, quasi a rassicurarlo che per lei è sempre Berto. Tratto di unione tra uomo Umberto Saba e le radici. La balia gli ice di tornare dalla moglie e prendere il suo ruolo nella vita adulta. AMAI Siamo nel terzo volume del Canzoniere, nella sezione “mediterranee”. È una dichiarazione di poetica. Concetto di poesia metapoetica. Composta da tre strofe, troviamo un’anafora all’inizio di ogni strofa con la parola “Amai”, alla fine invece c’è un polittoto ossia si ripete la stessa parola ma in forma diversa dato che abbiamo “Amo”. Amai usate, consumate ossia le parole della tradizione, parole che nessuno osava, logore per un verso ma dato che nessuno usa più, usarle è un segno di novità. Rima fiore-amore in Trieste è una donna. È una rima che sembra apparentemente semplice ma in realtà è difficile perché si rischia di essere banali, è difficile usarla e fare una poesia degna. Si parla di verità che giace al fondo, che non è la verità assoluta, che giace al fondo ma è l’origine della propria vita, il passato che ognuno costudisce nel cuore, la verità quella molto semplice, casalinga. La verità giace nel fondo come un sogno dimenticato, riscoprirla è una cosa dolorosa. È la paura che non abbandona il cuore o il cuore che non abbandona la verità che ha scoperto? Non possiamo dire qual è la risposta, dobbiamo accettare il fatto che qui Saba abbia voluto mantenere una certa ambiguità. Amo te (lettore) [c’è un TU specifico ossi Federico Almanfi figlio di amici, con cui Saba aveva un rapporto complesso, addirittura Saba in certi componimenti parla di amore, probabilmente un amore platonico] si rivolge a quest’ultimo ma anche a tutti i lettori. Alla fine della vita ho l’asso nella manica ossia la poesia che amo. 24/11/2022 GIUSEPPE UNGARETTI Fa parte di quella generazione degli anni 80. Nasce nel 1888 a Alessandria d’Egitto. Non è solo poeta ma anche saggista, professore di letteratura italiana e letteratura italiana contemporanea, traduttore. C’è qualcosa che accomuna tutte queste esperienze, che le mette sotto un’unica insegna “Vita d’un uomo”, sono tasselli importanti che costituiscono la vita di un uomo a vita per Ungaretti è mossa da un obbiettivo: trovare una terra promessa, destinata però a non essere raggiunta mai, per questo è lo scopo, la meta verso cui si dirige il poeta. Egli ricerca un’arte nuova, classica “Verso un’arte nuova classica”; ci da idea di una direzione, arte verso cui si muove è nuova e classica, poesia che vuole inserirsi nel solco aperto dalla traduzione ma considerando questa tradizione in senso moderno. (“volevo accordare modernamente un antico strumento musicale”). Metafora dell’orologio, dice di avere la sensazione che si debbano raccattare i frantumi dell’ora affinché possa segnare di nuovo il tempo. Sente l’esigenza di ritrovare un ritmo nel quale inserire la vita umana. Il paesaggio di Alessandria orienta la sua immaginazione e la sua poesia, ne parla in vari punti nelle note introduttive che scrive affinché accompagnassero le sue poesie. Il paesaggio cambia con il passare del tempo, cambiano i punti di riferimento. Per un verso Alessandria è il deserto in cui chi si avventura può morire se non approda a un’oasi, ma per un altro verso Alessandria è anche un porto. Arriva al mito del porto grazie ad alcune conoscenze della sua giovinezza. Abbonato ai simbolisti, al tour de France. In gioventù conosce persone che gli raccontano qualcosa sul porto e sono due ingegneri letterati, ossia i Fratelli Guil, dicono che Alessandria esisteva ancora prima di Alessandro. Il titolo della sua prima raccolta “il porto sepolto” deriva, infatti, dal mito del porto. Suggestione delle montagne; lui conosceva solo il deserto e il mare, due distese per quanto diverse. accomunate dal fatto che il viaggiatore perso cerca o un porto o un approdo, un’isola perché non si può vivere a lungo in mare o in deserto. In italia conosce per la prima volta le montagne che gli danno idea di qualcosa di fisso, stabile, che sfida il tempo, a differenza delle onde e dune. Va poi a Parigi, collabora con riviste italiane, è in contato con molti letterati. Scoppia poi la Prima guerra mondiale, poteva scegliere di restare in Francia e partecipare come soldato francese, ma decide di entrare in guerra con l’Italia. Ungaretti è interventista, crede che questa guerra possa dare voce alle classi del popolo, si renderà conto poi di essersi illuso. Nessuna guerra si risolve a vantaggio del popolo. Sceglie la fanteria, ma per il titolo di studio poteva anche fare l’ufficiale, visse la guerra di trincea. Proprio durante guerra 1916 pubblica “il porto sepolto” la prima raccolta. Il porto sepolto nasce con una sua leggenda. Dice di aver affidato dei foglietti, che scriveva alla rinfusa, a Ettore Serra. “La colpa fu tutta sua” dice Ungaretti perché afferma che questi foglietti non erano destinati a nessun pubblico ma costituivano un diario personale. C’è anche una critica di chi nella guerra si è costruito il piedistallo, chi ha fatto della guerra un atto di vanità. Ettore Serra quindi ordina tutti i rimasugli e porta le bozze del suo porto sepolto al poeta. Quindi è un libro nato senza intenzione da parte dell’autore (secondo il mito) ma dalle lettere/epistolario sappiamo che ci teneva alla pubblicazione di queste poesie; aveva già pubblicato su una rivista delle poesie che si trovano nella raccolta del porto sepolto. Scrive e riscrive continuamente ma quelle del porto sepolto sono le poesie meno rielaborate. CARATTERISTICHE I suoi versi sono brevi, a volte brevissimi, assenza punteggiatura, lui costruisce la pagina come se fosse uno spartito musicale. Alterna versi e vuoti x alternare voce e silenzio, le parole però sono scandite bene affinché possano assumere consistenza nel tempo come se stesse eseguendo un opera musicale; non abbiamo versi tradizionali. I testi sono generalmente scritti in prima persona, il poeta dice “Io” e domina il presente. I tempi storici sono in minoranza rispetto a presente/passato prossimo. Insieme al titolo c’è data e luogo, come si fa nei diari, perché la poesia è saldamente legata al momento e luogo in cui è stata generata. Uso dei deittici, ossia elementi per indicare, che indicano in genere una realtà vicina, concreta e tangibile. La prime due poesie e le ultime due parlano del poeta e della poesia. Carlo Ossola parla di poesie come nucleo invariante, la quali pur subendo ritocchi e varianti sono quelle meno “manomesse”. IN MEMORIA Dedicata a Mohammed Sceab, i due avevano studiato insieme. Avevano gusti diversi, parlando degli autori che lo hanno influenzato parla anche di lui. Sceab predilige Baudelaire e Nietzsche, mentre Ungaretti Mallarmée e Leopardi. L’amico si configura come nomade, si suicida perché non aveva più una patria. Ricerca patria = ricerca cultura nella quale riconoscersi, per amore cambiò il proprio nome (questione importantissima). Quando da professore si trova a spiegare Dante, Ungaretti si sofferma sull’analogia tra il sole che sorge e la prima luce che aveva visto Adamo, il quale si rende conto che c è il mondo intorno a lui che aspetta di essere illuminato. Adamo deve attribuire a ciascuna cosa creata un nome, e deve completare la creazione divina, le cose non sono state create da lui ma deve imporre lui il nome; il nome però doveva essere ontologicamente motivato. Cambiare nome significa cambiare identità, natura. Cambia nome per diventare qualcos’altro, nella speranza di trovare un radicamento che, come nomade, non poteva avere. Nemmeno cambiare nome però lo aiuta a radicarsi in un luogo, in una cultura. Si trova a vivere a cavallo tra due culture, non appartiene ne all’una ne all’altra. La sequenza dei “non” ci fa capire l’impossibilita di vivere. Ciò che può salvare è la possibilità di abbandonarsi al canto, ossia alla poesia. Collega sempre la situazione di benessere a metafore di fluidità. Non riuscendo a radicarsi si suicida. Ci da l’idea che poi però sfuma, per esempio quando parla della via e del numero civico, poi dopo cambia argomento, non si sofferma sulla cosa, oppure quando parla del cimitero. Mohammed non sa vivere, ma Ungaretti invece sa a differenza sua. Sottintende che lui sa sciogliere il canto e quindi non ripete il percorso fatto dall’amico. Entrambi sono nomadi a cavallo di due culture ma la differenza sta nella capacità di sciogliere il canto. IL PORTO SEPOLTO Se non avessimo il titolo di questo componimento non potremmo sapere questo “VI” a chi si riferisce, non c’è nominato il luogo nei versi, quindi il titolo è parte integrante della poesia. Il poeta arriva in questo porto sepolto che non è un luogo in cui si stabilisce in maniera definitiva, ma è solo una tappa di un percorso, un punto di arrivo ma anche di partenza per riprendere il cammino per poi tornare alla luce, per rinascere. Porto un po’ come un grembo materno, tornare nel porto è come tornare nel grembo dove si stava prima di nascete. Si rinasce con i canti ma si disperdono, non sono stabili. Ossola chiama in causa due figure mitiche per questo percorso : la Sibilla Cumana (la quale dava i responsi scritti sulle foglie e lasciava che il vento le portasse fuori) e il mito di Orfeo (mitico cantore che perde Euridice e sfida la morte, scende negli inferi, fa commuovere Proserpina e Ade e ottiene di poter portare Euridice di nuovo in vita ma non si deve girare, ma lo fa e quindi Euridice muore, quest’ultima simboleggia la poesia, il poeta si immerge nel fondo sconosciuto per riportate a galla la poesia che però non è un possesso stabile, duraturo. Di quella poesia gli resta quel nulla di inesauribile segreto, viene dispersa e quindi il poeta deve sempre discendere nel porto sepolto. ITALIA Il titolo sembra riprendere la canzone All’Italia che apre i Canti di Leopardi, che Ungaretti dichiarerà esplicitamente come suo maestro. Non si tratta di poesia di esaltazione nazionalistica, anche se la scrive in guerra. Il verso iniziale ci deve far riflettere. I poeti di alcuni anni prima non dichiaravano di essere poeti, lui invece lo dice, rivendica l’importanza della funzione poetica. Essere un poeta significa qualcosa di nuovo, un grido unanime che ci rimanda a una dimensione collettiva. Sta condividendo in trincea la sorte più umile e rischiosa; il poeta è quello che parla per tutti, al contrario di D’Annunzio che, invece, voleva sbalordire tutti. Vuole esprimere esperienze collettive, vuole dare voce a chi non ne ha una e contemporaneamente a questo ruolo quasi profetico c’è l’immagine del grumo di sogni, ossia la chiusura nella propria individualità. Queste due esperienze sono collegate, apertura all’universale e grumo di sogni. Poeta deve oscillare tra queste due dimensioni quella individuale e universale. [Glauco Cambon(?) dice che nelle poesie di Ungaretti noi assistiamo a movimento di sistole (contrazione) e diastole (dilatazione) dell’io, cioè tra momenti in cui si ritrae in se stesso e altri in cui si proietta in un grido unanime] La poesia con solo l’introversione sarebbe sterile per Ungaretti. C’è bisogno di guardare anche all’esterno ma sterile anche se questa poesia guardasse solo l’esterno, quindi ci vuole una combinazione tra le due. C’era la metafora degli innesti, per dirci che viene da tante culture diverse, maturate in una serra ossia a Parigi, dove ha portato a compimento la formazione culturale. Si rivolge all’Italia con il TU; il verbo portare ci da l’idea di responsabilità. Italia vista non come nazione che deve affermarsi a discapito di altre, ma come terra dei suoi genitori che diventa quasi madre che porta in braccio Ungaretti e tutto il popolo. Il riferimento all’uniforme diventa qualcosa di rassicurante, non vista in senso nazionalistico. Come se fosse la culla di suo padre. Italia come luogo in cui sente di aver trovato le sue radici a livello affettivo, culturale. COMMIATO Dedicata a Ettore Serra. Da un’altra definizione di poesia complementare a quella data in “Italia”, ossia poesia è l’apertura al mondo e l’individualità. Mondo/umanità/vita tutto questo deve fiorire attraverso la parola, è importante trovare la precisa parola poetica, che si riferisca precisamente a quello che lui vuole dire. “Delirante fermento”: magma da cui si origina la vita, poesia è lo stato di limpidità a cui si arriva dopo aver attraversato il caos. Importanza della parola nella seconda strofa. Quando faccio silenzio, nel silenzio trovo una parola, questa incide, lascia il segno apre un abisso, nel quale il poeta si può immergere . “Scavata è” due interpretazioni che possiamo dare = “è” può essere inteso come ausiliare quindi forma passiva del verbo scavare (viene scavata) o come predicato verbale ossia una parola scavata sta nella mia vita. VEGLIA Con questo componimento entriamo nel pieno della guerra. Anche questa porta il luogo e la data. Qui predilige un linguaggio più di espressivo, predominano i participi, aggettivi qualificativi assenti. Il participio Giuseppe de Robertis afferma che nell’allegria c’era una ritmica, mentre qui una metrica vera e propria, e che Ungaretti nel porto sepolto e allegria aveva distrutto il verso ma per poi ricomporlo. Scendere alle minime unita di suono x poi formare endecasillabi, settenari. Ha sperimentato la distruzione e sente di poter mettere insieme quelle sillabe. Non c’è più la prima persona, ma la terza. Si passa dalla presente alla preponderanza dei tempi storici, ma il presente non è abolito. Tutto serve ad allontanare la materia poetica, nell’allegria tutto è presente tutto è vicino, qui invece si approfondiscono le lontananze, il poeta deve vincere per trovare l’oggetto del suo canto. Il lessico è più ricercato. Voleva mettere in contatto immagini lontanissime tra loro. Ci sono riferimenti alla mitologia perché si trasferisce a Roma, lascia Parigi e dice che, vivendo li, inevitabilmente la mitologia diventava il contesto in cui si trovava, diventava la quotidianità del poeta. Scopre la religione (ma la sua religiosità è travagliata ossessionato dalla colpa e pena da espiare) con la mediazione di Michelangelo, della Cappella Sistina dove vede rappresentato il cristo giudice ma anche Michelangelo delle pietà dove vede raffigurato il cristo morto. I suoi principali modelli sono Leopardi, Petrarca (assenza come condizione della poesia), vuole recuperare il canto della lirica italiana ma accordandolo in modo moderno. Non cercava i loro versi per ripeterli, cercava il canto della lingua italiana per accordarlo al suo stile, attraverso voci così diverse singolari nell’esprimere pensieri. Senza dubbio li definisce maggiori. LAGO LUNA ALBA NOTTE Il titolo è imprescindibile, senza non carpiremmo nulla. Parafrasi di Giacomo di Benedetti. A ogni elemento del titolo corrisponde qualche verso, senza “LAGO” non riusciremmo a capire di cosa si parla nel primo districo. Metafora relativa in cui basta inserire il come per avere una similitudine: gli arbusti sono con ciglia perché circondano il lago, come le ciglia circondano gli occhi. Lago rappresentato dal celato bisbiglio che è una sinestesia: bisbiglio sfera uditiva, celato sfera visiva. Nella seconda strofa “impallidito livore rovina..” descrive la LUNA rappresentata come un elemento negativo, è pallida, livida e soprattutto rovina, ossia precipita dal cielo. (scenario apocalittico, De benedetti dice che forse il poeta sta guardando la luna riflessa nella acque del mare, la vede muoversi e ha la sensazione che sia precipitata). Poi strofa dedicata all’uomo che è solo, (potrebbe essere anche il poeta stesso) che non è un uomo felice, sereno ma si trova in una condizione di disarmonia perché non sa dare voce al supplizio. L’altra strofa: la conca del lago diventa una conca luminosa che trasporta noi che osserviamo verso la foce del sole, ossia dei fiumi, paragone sole-fiume che sfocia nel mare. Osserva l’ALBA, ha la sensazione che ci sia una fonte di luce proprio nel lago. Strofa 3 versi che si riferisce alla NOTTE, De benedetti ci fa notare che dall’alba alla notte deve essere per forza passata una giornata ma magari non ci sono stati accadimenti degni di essere descritti. L’anima torna da questo tuffo nella conca lucente, torna piena di riflessi come se si fosse impregnata di questa luce e la notte ritorna ridente,(predicativo dell’anima e dell’oscuro) l’anima ridente si incontra di nuovo con la notte oppure tu anima trovi la notte ridente. Teniamo presenti entrambe le considerazioni. Come l’uomo non è presente nel titolo, nemmeno il tempo, al quale è dedicato l’ultimo verso. Il tempo viene rappresentato come qualcosa di fugace, fuggitivo, tremito, che passa come passava l’uomo senza lasciare traccia. LA MADRE Scrive questa poesia inn occasione della morte della madre. Qui immagina di rivederla, di rincontrarla; immagina la propria morte, “muro d’ombra” (ossimoro) che separa i morti dai vivi. La madre che anche nell’aldilà mantiene atteggiamenti umani come quelli di quando lui era bambino. Parla della madre come una donna di estrema energia a differenza sua, era volontaria all’eccesso. Si presenta come una statua davanti a Dio; stesse caratteristiche che aveva quando era viva, “tremate” perché mantiene le fragilità della vecchiaia nonostante fosse una statua. Ci da un dettaglio della morte reale, magari aveva alzato le mani dicendo “mio dio eccomi” in punto di morte. Desiderio di guardare il figlio viene alla madre solo dopo essersi assicurata che il figlio fosse stato perdonato. Mette davanti il bene del figlio. sinestesia: sospiro passa negli occhi alla madre. LA PIETÀ Sono quattro componimenti raccolti sotto lo stesso titolo. 1 ) ritorna l’dea di Adamo che deve dare nomi alle cose x creare un legame con queste cose affinché possano esistere. Dubbio che lo assale: che le cose quasi siano solo apparenze, restano i nomi che lui ha dato ma tutto sommato la realtà è composta da fantasmi. Dio non è che è un nome inventato o esiste davvero? Fa riferimento a Dante, alla speranza dell’altezza; Dante che spera di arrivate in cima al colle, forse l’uomo non è nemmeno degno di sperare. Il peccato poteva servire se con la sua espiazione si poteva arrivare alla salvezza. Disfacimento sia fisico che interiore, si rivolge a Dio chiamandolo “crudeltà”. Si augura quasi di avere un Dio come Zeus. 2 ) C’è anche qui un senso di disfacimento, una sensazione tipicamente barocca. Ossessione della decomposizione. Metafore argute come quelle del barocco. 3 ) Idea che se Dio si rivela, abbaglia, concetto per cui l’uomo si doveva coprire il volto avanti a Dio. L’uomo non può avere un rapporto diretto con Dio 4 ) Immagine ossimorica. Dalle mani dell’uomo escono solo limiti, l’uomo può creare di infinito solo i propri limiti, niente più. Il grido è un grido di angoscia, di vergogna, di amore non più un grido unanime in cui si esprimeva l’essere poeta. L’uomo si illude di frenare il tempo innalzando le tombe che sono monumento alla inconsistenza dell’uomo, anzi attesta la fragilità dell’uomo. Avere rapporto con Dio: può pensarlo solo in negativo, ha solo le bestemmie. Altra raccolta è “La terra promessa”, interrotta a causa di svariati eventi e quindi nel 1947 pubblica una raccolta “Il dolore”. Alla fine degli anni 30 va in Brasile perchè gli era stata offerta una cattedra. Qui lo raggiunge la notizia della morte del fratello Costantino, e dopo figlio Antonietto. Il Brasile è dunque la natura in cui la fragilità umana viene oppressa. Nel 1942 ritorna in Italia, nel 1943 c’è l’armistizio, lui era a Roma, allora occupata dai nazifascisti. Dolori privati e dolori collettivi come occupazione nazifascista e seconda guerra mondiale. La raccolta “Terra promessa” viene rimandata e nel 1947 pubblica una raccolta diversissima. Nel titolo Guido Guglielmi viene un rovesciamento de “l’allegria”. Nel 1950 pubblica “la terra promessa” ma con sottotitolo “frammenti” dato che non era riuscito a tornare al disegno di un’opera organica. Si riappropria di alcuni personaggi virgiliani come Didone, quindi abbiamo i cori di Didone, dovevano esserci anche quelli di Enea ma no alla fine non vengono inseriti. C’è la figura di Palinuro. La forma metrica è la sestina lirica, dallo schema complicatissimo; per darci l’idea di maglie che imprigionano x affermare assenza totale di Palinuro che combatte x raggiungere terra promessa ma è stratto da un destino che non lascia spazio alla sua volontà, in questa morte di Palinuro c è la chiave della sua persistenza nel tempo. “Un grido e paesaggi” è un’altra raccolta del 1952. Di questa raccolta fa parte i componimento: GRIDASTI SOFFICI Doveva trovarsi ne “il dolore”, costituiva le strofe iniziali di “giorno per giorno” componimento che si trova ne “il dolore”. Gli sembrava troppo intima ma si può nulla riservare solo per se e quindi lo pubblica lo stesso. Continue ripetizioni come se ci fosse qualcosa di indicibile e il poeta non potesse far altro che ripetere, anafora (occhi..occhi) epanalessi (bocca..bocca). Ci sono puntini sospensivi che sono molti più dei punti fermi, come a dire si potrebbe ancora continuare con la ripetizione. “chiuso cerchio” ossia la giovinezza stroncata dalla morte (Leopardi a Silvia) morte che doveva vergognarsi ad assalire un bambino, morte che viene rappresentata come un leone feroce, mentre il bambino viene rappresentato come qualcosa di fragile. Percorre il cerchio di un tempo chiuso su se stesso, è un tempo di 9 anni non si può aggiungere nemmeno un secondo in più. Anche chiasmo (mie mani/mani tue) percorso che ci fa capire la morte di Antonietto attraverso le mani. paronomasia (casa/cassa) In questa morte del figlio cerca di vedere una prova attraverso cui la sua anima deve passare se vuole restare in contatto con il figlio. Il futuro doveva appartenere al figlio e lui si sente un usurpatore, ma la pena che paga è proprio la morte del figlio. C’è quel senso di colpa del padre che non è riuscito a salvare il figlio. Recupero ricordo brasiliano nell’ultima strofa. Il cielo sembra quasi calare e opprimere il padre che tende le mani, che cerca di parare il colpo per proteggere se stesso e il figlio. L’uomo non riesce ad aggrapparsi a niente di soldio, quindi il cielo cala e schiaccia Antonietto. “Il taccuino del vecchio” risale al 1960, egli si sente arrivato a un’ultima stagione. In questo taccuino ci sono componimenti brevi raccolti sotto il titolo di “ultimi cori della terra promessa”, i cosiddetti cori di Enea, che dovevano essere affiancati a quelli di Didone, ma sono presenti altre figure come Ulisse e Mosè. Viaggio che anche se durasse all’infinito non durerebbe un attimo, viaggio persi nel deserto non verso il porto sepolto, viaggio diversissimo. 30/11/2022 “L’impietrito e il velluto” si trova in una raccolta intitolata “Nuove” del 1970. In questa raccolta si trova un trittico costituito da una prosa lirica “Bocche di Cattaro” e due poesie “Dunja” e “L’impietrito e il velluto”. Nella prosa lirica racconta l’evento di quando aveva due anni. Racconta di una donna che gli raccontava storie, fu lei x prima a farlo innamorare dei racconti aveva una capacità affabulatriva. Nel presente vede una giovane che gli ricorda la vecchia della sua infanzia, come se presenza della vecchia fosse tornata al suo tempo ringiovanendo nella poesia; Dunja la figura femminile subisce metamorfosi zoomorfie ossia diventa pecorella, puledra, e rappresenta tutti gli effetti della amore. Nella terza poesia Ungaretti si trova da solo a riflettere sulla morte e anche in questo momento questa figura femminile torna a soccorrere il poeta ormai anziano. L’IMPIETRITO E IL VELLUTO Il titolo = l'aggettivo "impietrito" viene usato come sostantivo in quanto si riferisce al poeta che è fermo, immobile, come una statua, perché è a un passo dalla morte. Alla durezza della pietra da contrasto la morbidezza del velluto che fa riferimento alla figura femminile, quella di Dunja. Ho scoperto le barche che molleggiano / Sole, e le osservo non so dove, solo = qui Ungaretti parla in prima persona e dice di aver scoperto delle barche che dondolano sull'acqua da sole e le osserva. Specifica che è da solo e non sa nemmeno dove si trova. Da qui si può intuire che soffre di solitudine e amnesia. Non accadrà le accosti anima viva = queste barche potrebbero essere il mezzo per trasportare le anime appena giunte nell'aldilà, come era solito fare Caronte. Il poeta specifica che a queste barche non si avvicinerà nessun essere vivente: saranno usate dalle anime defunte. Impalpabile dito di macigno = è un dito pesante e allo stesso tempo appena avvertibile al tatto. Ne mostra di nascosto al sorteggiato = il sorteggiato è colui che è stato scelto dalla morte per morire e con il dito gli vengono mostrati cose che indicano la morte. esiste, l’arte è la forma di vita di chi veramente non vive. Non diventa poeta chi vuole ma spesso chi meno sa, è la vita che si incarica di sfuggirti. Nelle prime poesia di ossi di seppia ci si presenta il poeta. Poesia che fa da soglia in cui si rivolge ad una figura femminile. Il poeta si trova quasi in gabbia, bloccato in una rete che strige gli uomini, e tutto determinato; i gesti dell’uomo sono preordinati. Il poeta si rassegna e può invitare una donna x fare un balzo fuori dato che solo non riesce, questa idea diventa motivo di consolazione, anche se condannato al malessere, tutto questo gli poteva essere più lieve se pensa che qualcuno possa essere riuscito ad andare al di là. Fa differenza tra se stesso e i poeti laureati (nella prima poesia di Movimenti) si muovono solo tra piante con nomi illustri (riferimento a Gozzano e la signorina felicita dove l’alloro non era nemmeno conosciuto dalle classi alte). Miracolo a cui il soggetto tende ma che gli resta sempre negato. NON CHIEDERCI LA PAROLA Siamo nella sezione “Ossi di seppia”. Siamo davanti a una dichiarazione di poetica. La poesia si apre con una negazione. La prima cosa che ci dice è tu ascoltatore non chiedere a noi poeti la parola, ci sta dichiarando un incapacità della parola. La parola non capace di esprimere in maniera precisa l’animo. Questa incapacità è legata anche all’animo stesso, definito informe, una mancanza prima dell’animo del poeta non ben definito e poi della parola poeta che non sa dire con precisione. “Croco” ci da l’idea di ciò che la parola non è la vita è, come un polveroso prato, la parola poetica non può ambire ad essere un punto di riferimento in uno scenario desolato della vita. La seconda strofa fa riferimento a un uomo diverso, un uomo che se ne va sicuro, in sintonia con se stesso e il mondo esterno; condizione che il poeta non riesce a vivere. Ma come fa quest’uomo? Non si cura della propria ombra che il sole proietta sul muro scalcinato (paesaggi liguri estivi), non si volta mai indietro a vedere il lato nascosto della realtà, guarda dritto con i paraocchi, non si preoccupa di niente. Questo è il modo x il poeta di vivere in sintonia con se stesso e il mondo. Ma questo uomo non capisce cosa avviene alle sue spalle, quindi esser cosi ha un prezzo che Montale non vuole assolutamente pagare. (rima ipermetra amico-canicola) Torna al “non” con cui si è aperta la poesia, non domandarci la formula magica che noi pronunciamo, il poeta non fa magie, non fa incantesimi. Il linguaggio è ostentato, la sillaba secca che ha le stesse caratteristiche di un ramo. Dice: oggi ti possiamo dire solo ciò che non siamo che non sappiamo, il poeta può dirci chi non e cosa non vuole ma non sa dirci chi sia e cosa voglia retorica al negativo che montale chiama contro- eloquenza. FORSE UN MATTINO ANDANDO IN UN’ARIA DI VETRO “Aria di vetro” fa riferimento all’aria arida ma molto tersa, limpida che consente di vedere particolarmente bene. Il poeta si gira e non vede niente alle sue spalle, questo gli provoca una sensazione strana come un ubriaco che non ha stabilità sotto i piedi. Alberi case colli poi compaiono come su uno schermo, la realtà è solo un inganno, le cose non sono lì realmente, tutto quello che vede è apparenza dietro cui si nasconde il niente. Gli uomini che non si voltano non potrebbero capire ciò che ha visto Montale in un istante e quindi afferma di voler restare in silenzio. [C’è un commento di calvino che interpreta questa poesia usando come chiave di lettura Borges che fa riferimento a boscaioli del sud America. E’ stata una rivoluzione nel nostro modo di percepire il mondo] SPESSO IL MALE DI VIVERE Per parlare del male di vivere (astratto) rimanda a tre oggetti concreti. Dice di aver “incontrato” il male di vivere come si incontra una persona. Il male è rappresentato dal ruscello che trova un ostacolo e gorgoglia(che rimanda più a versi umani), “incartocciarsi” foglia che si ripiega su di se. Climax: da inorganico acqua a organico foglia a regno animale con il cavallo. Non ha conosciuto il bene, all’infuori di alcune immagini: unico bene possibile è nell’indifferenza nell’essere indifferente al mare di vivere che si incontra spesso: sorta di climax che va dall’insensibilità della statua fino al falco che si innalza sul cavallo stramazzato. C’è solo un verso irrelato; “prodigio” non è collegato a niente, non è collegato ad un evento, parola prodigio irrelata in uno schema di rime. La sezione “Mediterraneo” è importantissima x farci capire la fine del simbolismo. Luperini dice che qui vediamo passaggio dal simbolismo a superamento di quest’ultimo. Sono nove poesie senza titolo, abbiamo un monologo con il mare che risponde in maniera incomprensibile; il poeta non riesce a comunicare con il tutto. Il cuore del mare è definito disumano, vorrebbe che gli fosse concesso di poter accordare il suo balbettare alla voce possente del mare, si era illuso di poter rubare al mare un linguaggio che unisse la natura e l’arte. I paesaggi sono sempre estivi, estate patita dall’uomo schiacciato dalla forza degli elementi. Dopo gli ossi di seppia, ne 27 si traferisce a Firenze allora vista come culla umanesimo, qui darà una svolta alla sua vita. Nel 28 pubblica un nuova edizione degli ossi di seppia, ma in lui inizia a nascere una nuova concezione di poesia. Diventa direttore del gabinetto scientifico letterario “Viessè” dato che non era iscritto al partito fascista, ma 10 anni dopo tutti dovevano essere allineati al regime e lui perse questo incarico. Durante la sua vita conosce Elliot, Contini ma soprattutto, nel 33, conosce una giovane studiosa americana Irma Brandeis, ebrea, americana studiosa di Dante (dantista). Quest’ultima diventa un personaggio della sua seconda raccolta poetica “Le occasioni”. Quest’ultima sarà un tramite tra Dante e Montale. 01/12/2022 Montale ha anche un’altra relazione con Drusilla Tanzi, che diventerà poi sua moglie. Ma nel 39 inizia una convivenza mentre Irma è costretta a tornare in America. Firenze come culla dell’umanesimo: Anni in cui si consolida il regima fascista e nel 39 quando vengono pubblicate le occasioni, siamo a un passo dall’entrata in guerra dell’Italia, in quella che sarà poi la seconda guerra mondiale. Montale spera che la letteratura, la cultura, i valori dell’humanitas possano costituire un argine contro fascismo e nazismo. Cambia anche lo stile di Montale in questo clima di cambiamenti, da pluristilismo e monostilismo quindi abbiamo uno stile più sostenuto, una scelta lessicale curata. Anche quando ricorre a vocaboli quotidiani il contesto in cui sono inseriti è aulico e classicheggiante. Continua ad esserci la presenza degli oggetti. Ermetismo: attraversa gli anni 30, poeti ermetici guardano a Ungaretti de “Il sentimento del tempo” non a un altro Ungaretti. Nel caso di Montale c’è un netto rifiuto dell’ermetismo. Nel 1940 scrive un saggio intitolato “Parliamo dell’ermetismo” dove afferma che per lui è sbagliato addirittura parlare di ermetismo. Montale parla di poesie in cui il poeta non sa mettere due parole vicine e dice di doverci soffermare su quelle poesie che non si capiscono, ma chiedono di essere capite, giudicate proprio come opere d’arte. Montale parla di eccesso di concentrazione. Il poema diventa un oggetto come quelli che troviamo nelle poesie, ossia un oggetto che corrisponde all’esperienza del poeta. Questa poesia diventa il frutto dell’esperienza interiore del poeta. Per Montale non siamo autorizzati a parlare di ermetismo ma di poesia complessa. IRMA BRANDEIS: Chiamata anche Clizia; non è un nome che ha coniato Montale, viene dalla mitologia greca e latina. Era una ninfa che si era innamorata di Apollo, trasformata poi in girasole. Dire che Irma è Clizia significa dire che è colei che ama la poesia la cultura, la civiltà, tutti i valori rappresentati da Apollo e che ha un istinto particolare perché nel buio della notte (non buio reale ma periodo che sta passando l’Italia) sa orientarsi nel punto in cui ci sarà l’alba. Clizia è colei che mutata(diventata ninfa) conserva l’amore x Apollo non mutato, Irma rappresenta la poesia. Rappresenta valori laici terreni che possono salvare l’umanità. Ci sono diverse sezioni delle occasioni ma solo la seconda e la terza hanno un titolo: 2. Mottetti componimenti con accompagnamento musicale 3. tempo di bello sguardo Abbiamo anche una poesia introduttiva dal titolo “il balcone”. ADDII FISCHI NEL BUIO Siamo in una stazione, perché Italia nel 38 promulgò le leggi razziali che ebbero impatto anche su ceto intellettuale. Irma Brandeis in questi anni preferì tornare in America in quanto ebrea; si separa quindi da Montale che la accompagna alla stazione. L’ora è quella in cui se ne va Irma, è l’ora del buio, ora della sconfitta della poesia, della cultura. Si dividono le strofe con una riga di puntini perché sottintende un dialogo tra i due, ci resta solo una domanda che costituisce la seconda strofa; che Montale rivolge a Irma. Anche tu attribuisci una cadenza carioca(ballo brasiliano, ha un’eccezione negativa) alla lenta cantilena del treno? Ossia, anche tu vedi qualcosa di infernale dietro una realtà che sembra normalissima? TI LIBERO LA FRONTE DAI GHIACCIOLI Mottetto aggiunto nel 40 in cui Montale immagina un ritorno di Irma, che però torna in volo. Immagine della donna angelo dotata di ali che attraversa il cielo x tornare dal suo amato. Il poeta e donna sono in un interno. La stazione è un rarissimo caso di componimento ambientato in un esterno, in genere prevalgono nelle occasioni gli interni. Il poeta si prende cura della donna che dorme dopo il volo fatto. Le libera la fronte dai cristalli di ghiaccio che ha raccolto mentre attraversava le nubi. Il sonno che sta facendo Irma, non è sereno ma angosciato, dato che si sveglia improvvisamente nonostante le cure del poeta. Mezzogiorno e ombre : a mezzogiorno devono essere vicine le ombre, non dovrebbero proiettarsi. Esterno che invade minacciosamente l’interno. Fuori c’è qualcosa di negativo dentro poeta cerca di costituite un riparo ma minaccia esterna tenta di invadere l’interno. Probabilmente è un sole invernale. Dopo la presenza dell’ombra del nespolo abbiamo anche le ombre degli uomini che non si voltano, che non sanno che in quell’interno si sta rivelando la possibile via di salvezza: ossia un ritorno alla cultura, ai valori dell’umanesimo. Questa donna alata ci potrebbe far pensare alla donna angelo degli stilnovisti. La donna mette in contatto l’uomo com qualcosa di superiore ma non di valore religioso ma laico. NON RECIDERE FORBICE QUEL VOLTO Tema del ricordo della donna amata che Montale non può vedere più. Montale supplica le metaforiche forbici affinché non taglino l’immagine di un volto che è rimasto solo nella memoria, in cui diminuiscono i ricordi legati alle persone; prega le forbici perché non riducano il viso al solito grigio dominante nella vita del poeta . Nella seconda strofa c’è la fine dell’illusione, la spoglia di una cicala che in estate ha cantato e in inverno morta resta sull’albero fin quando cade nel fango;(proprio dove cadde l’aureola di Baudelaire) la cicala rappresenta il canto e la poesia. Passiamo alla quarta sezione delle occasioni, che non ha nome e che comprende dei componimenti più lunghi rispetto i mottetti e civilmente più impegnati. NUOVE STANZE La stanza fa riferimento alla strofa ma anche all’ambientazione chiusa in cui ci sono poeta e Irma che, in una stanza giocano a carte. Si chiama “Nuove” perché un componimento dal nome “Stanze” era stato già composto precedentemente dedicato a Anna degli Uberti, mentre questo è dedicato a Irma. Irma sta spegnendo la sigaretta, il gesto viene nobilitato, dopo di questo al soffitto sale il fumo. Gli scacchi sembrano guardare incantati il fumo, come se fosse prodotto da un incantesimo infatti Irma viene rappresentata come una maga. Gli scacchi rappresentano l’intelligenza, la razionalità, una guerra simulata che si contrappone alla guerra che si avvicina, che non è combattuta con le armi della ragione e preveggenza ma con connotati demoniaci. Dopo aver spento la sigaretta si vedono altri anelli di fumo che sono più mobili di quelli che lei ha alle dita. Il fumo della sigaretta ha creato sul soffitto un’illusione di una città, richiamo a Firenze rinascimentale, ha creato una città delle lettere della cultura. Arriva un vento da fuori che entra dentro e distrugge “la città”. C’è un altro esercito diverso da quello della scacchiera che si muove con razionalità. Ci sono uomini che non conoscono l’incantesimo di Irma, si trovano Notevole abbassamento di tono, lessico quotidiano, registro basso. Nella poesia “piove” troviamo il senso di ironia e autoironia. Satura deriva dal latino “piatto ricolmo di varie pietanze”, riferimento alla varietà tematica; satura sia varietà di temi sia toni satirico. Struttura divisa in 4 sezioni: 2 serie di xenia (“xenion” dono che a fine banchetto si offriva a chi era stato ospite, quindi soni offerti alla moglie che è stata ospite nella sua vita che non ha mai ringraziato abbastanza) 2 serie di satura, poesia introduttiva “il tu”. L’ALLUVIONE HA SOMMERSO IL PACK DEI MOBILI Da Xenia 2. Fa riferimento a un evento accaduto nel novembre del 66, ossia un alluvione e straripamento dell’Arno che fece allagare tutta Firenze. Quando va via da Firenze, Montale in una cantina lascia alcuni suoi oggetti, persi dopo alluvione. L’alluvione ha sommerso il pack dei mobili, (pack temrine che prende dall’aria semantica della geologia, ossia zona di ghiaccio che ai poli non poggia sulla terraferma quindi si proietta in mate e dal pack si staccano ogni tanto ammassi di ghiaccio che vanno alla deriva ossia gli iceberg) pack metafora ossia ammasso di elementi che galleggiano nell’acqua. Pack composto da vari oggetti che riempivano un sotterraneo chiuso a doppio lucchetto ossia chiuso con una particolare cura. Erano importantissime le cose custodide in quella cantina. L’acqua è entrata nel marocchini rossi, libri in pelle dalla rilegatura pregiata, ossia oggetti alti della cultura “ciecamente lottato”: preso alla lettera o disperatamente come se li stesse umanizzando. Ma lottano anche altre cose (sorta di elenco); gli oggetti hanno sofferto prima di perdere identitá, una volta ancora personificazione oggetti. Adesso parte un parallelismo tra lui e gli oggetti, come se gli oggetti perdono identità, cosi il poeta è stato morso corrosivamente dagli eventi della vita. L’alluvione ha fatto agli oggetti ciò che la vita ha fatto a Montale. Di fronte a questi eventi il mio coraggio me lo hai prestato tu, senza te non avrei avuto coraggio di affrontare le cose della vita e forse non lo hai saputo (moglie); la chiama mosca perchè anche in famiglia veniva chiamata così dato che aveva una forte miopia e degli occhiali molto spessi che le deformavano gli occhi e davano al suo viso la fisionomia di una testa dell’insetto. Per Montale questo nomignolo si carica di significati ulteriori,a forte miopia di Drusilla si associa quasi ad un suo sesto senso che è la capacità di orientarsi nel “bla bla dell’alta società”. Dopo “Satura” pubblica di più (materialmente) di quanto non abbiamo fatto in tutti i decenni precedenti, in pochi anni. Satura sta a metà, perché pubblica poi “Diario del 71/72”, “Quaderno di 4 anni” e “Altri versi”. Tra le diverse raccolte trascorrevano pochi anni, queste tre raccolte sono stata scritte dopo Satura. Secondo Luperini possono essere tutte riunite nella stagione dei diari. Come se Montale scrivesse il proprio diario giorno x giorno, che si riduce in un borbottio di un vecchio insoddisfatto da quello che vede. Nel 75 riceve il Premio Nobel x poesia. Discorso “è ancora possibile la poesia?” discorso fatto in occasione della vittoria del Premio Nobel. Afferma che la poesia non è una merce, ha colto che il benessere materiale ed economico non coincide con la felicità, questo benessere si accompagna alla disperazione. La poesia è l’arte tecnicamente alla portata di tutti. La poesia ancora possibile per Montale è quella che rifiuta il termine di produzione, che non ha paura di solitudine e silenzio. IL ROMANZO DEL 900 Nel 900 assistiamo alla distruzione del romanzo ottocentesco (Promessi Sposi) in cui abbiamo personaggi unitari che hanno fiducia nel tempo, quel tempo che rende giustizia. Questi aspetti non sono più presenti nel romanzo del 900. Ci troviamo davanti a quello che De Benedetti chiama “sciopero dei personaggi” come se questi ultimi non rispondessero più all’autore e facessero di testa propria. Ma dice anche che questi personaggi sono complicati perché infondo si sentono orfani. Hanno perso il rapporto con il padre, non hanno più un punto di riferimento, non sanno quali regole seguire, non hanno nessuno che gli dice in quale direzione andare. Il romanzo raffigura il mondo nella sua interezza diversamente la novella e il racconto mettono a fuoco un tratto importante della storia, senza la pretesa di una raffigurazione completa. Il romanzo del 900 influenza la novella e il racconto, si concentra sui dettagli, l’autore prosegue per digressioni e non segue una linea principale. Guido Guglielmi dice che il romanzo ottocentesco passava dal dettaglio al tutto, raffigurazione della totalità. I capitoli sono ognuno parte di una totalità, mentre nel 900 il capitolo non è più un tassello di un mosaico ma una totalità parziale, totalità perché potremmo leggere anche singolarmente, parziale perché non andiamo a conoscere tutto. 800 aveva come scopo il tutto, 900 si perde nel dettaglio, 800 narratore onnisciente ora invece non esiste più, non ci sono più certezze, la realtà più che dato oggettivo diventa enigma da decifrare. De benedetti ha evidenziato quella che è la differenza più netta tra naturalismo e nuovo romanzo. Dice che il naturalismo rappresenta, in quanto spiega e quindi rappresentate e spiegare vanno di pari passo. Tema importante è la malattia, che può essere nevrosi o inettitudine, ossia incapacità a vivere; un altro tema importante è quello della memoria. “Premessa II filosofica..” in cui Mattia Pascal si trova in una chiesa sconsacrata e don Eligio gli dice di raccontare la storia della sua vita. Mattia critica in un certo senso quello che è il naturalismo. L’uomo non è più protagonista dell’universo. Il romanzo del 900 prende coscienza di quella che è la rivoluzione copernicana. 16/12/22 SE QUESTO E’ UN UOMO Titolo di questo libro inizialmente non era questo, racconta la sua esperienza nel campo di sterminio (dove?). Campo che ruotava intorno ad una fabbrica di gomme. Tornato a casa lavora come chimico in una ditta ma il lavoro non era tantissimo e lui era in un angolino “nessuno faceva caso a me…ma su questo tavolino sbilenco scrivevo” e qui scrisse il libro “I sommersi e i salvati” ora titolo di uno dei capitoli di “Se questo è un uomo” e poi anche libro più tardo di Levi. Presentato nel 47 a Einaudi perchè disse che c’erano fin troppi resoconti di esperienze del genere, c’era fin troppa offerta sul mercato. Fu accettato dalla casa editrice De Silva con Antonicelli, che gli consiglia di cambiare titolo, che viene preso dalla sua poesia. Si trova all’inizio del libro la poesia “Se questo è un uomo”. “Ad ora incerta” titolo delle sue poesia viene da ballata di Coleridge, mariano che ha fatto esperienza della vita in morte (cerca storia) non si deve più compiere un delitto gratuito contro la vita. Levi sceglie questo titolo perché si trova nella stessa situazione, ha assistito alla morte dei suoi compagni che aveva vicino, dice che coloro che “lavoravano” nei lager avevano un’unica colpa, ossia quella di essere nati. I civili che passavano di lì (che lavoravano nella fabbrica) erano convinti che loro avessero commesso una cosa grave, vedendoli in determinate condizioni. Dice di non voler dare giudizi ma di voler esporre in maniera serena i fatti, nelle poesie invece parla la sua metà non razionale. Nessuna aureola poetica per Primo Levi. In alcuni momenti “ad ora incerta” ha sentito il bisogno di esprimersi in modo diverso rispetto al solito. Come vedremo nella poesia iniziale che ha uno stile/tono diverso rispetto al resto del libro. Nella racconta la poesia ha un titolo “Scemà” (preghiera degli ebrei, significa ascolta) ma nel libro non è presente. Riversa il messaggio, ciò che si deve ascoltare è il racconto che l’uomo è stato capace di fare ai suoi simili. Versi sono una ripresa pari pari di alcuni versi biblici “meditate che questo è stato”, “vi comando queste parole”, come avete ricordato le preghiere, ricordate queste cose. Usa il linguaggio biblico x rovesciare il messaggio biblico. Riflessioni sempre molto pacate. Einaudi riaccolse il libro e pubblicato in una collana ma nel 58 accolto nei saggi. Nella prefazione spiega i motivi della scrittura. Cerca di trovate il generale nella sua esperienza personale, lager no esperienza folle improvvisa ma deriva da serie di cose che hanno scaturito poi questa situazione. Quello che è accaduto una volta può sempre accadere di nuovo. Fin quando ci sarà qualcuno che dice “ogni straniero è nemico” ci sarà sempre il pericolo dei lager. Vuole mostrare le conseguenze della xenofobia. Vuole meditare sul comportamento umano ce lo dice all’inizio del capitolo “I sommersi e i salvati”. Scienziato che vede proprio con occhi dello scienziato il lager come esperienza biologica e sociale. È stato tutto un esperimento biologico. Deduzione più facile x Levi è che l’uomo si comporta come un animale, in maniera brutale, egoista, diventa stolto. Sembriamo eternamente scontenti ma il nostro è solo un errore di prospettiva. Per Levi non si può dir che l’uomo sia solo cattivo ma che l’uomo non riesce a volte, in certe situazioni a soddisfare un determinato istinto. Prefazione bisogno di raccontare agli altri, l’altro va fatto partecipe, è questo l’unico modo x interrompere il sillogismo “ogni straniero è nemico”. Temi: Difesa dignità dell’uomo, in particolare è emblematico la figura di Steinlauf ossia un prigioniero, strano soldato che ha combattuto nella prima guerra mondiale come soldato austriaco, che si trovava nei lager, Levi ne parla nel capitolo Iniziazione ossia l’iniziazione di una strana vita nei lager dove sembra vivere alla rovescia, deve imparare le regole per iniziare appunto. Il lager è una macchina ma si deve negare il consenso. Il lager non è fondato sulla violenza impulsiva ma un meccanismo con ingranaggi ben mirati. (riferimento Anna Arendt-La banalità del male- Apparato di burocrati che hanno semplicemente fatto il loro dovere, avevano obbedito agli ordini) Steinlauf dice invece che si può negare il consenso, si può non obbedire agli ordini. Personaggio che simboleggia la dignità dell’uomo lo troviamo nel capitolo L’ultimo dove c’è un esecuzione singola, un impiccagione, dei prigionieri sono riusciti ad organizzarsi e avevano fatto saltare un forno crematorio, e quindi uno viene ucciso davanti a tutti gli altri, questi erano i politici che per la loro formazione avevano una forza d’animo che agli altri era sconosciuta. Il grido del morente (Compagni, io sono l’ultimo!) si può interpretare in due modi: può sembrare un grido di incoraggiamento nei confronti degli altri, oppure lui sarà l’ultimo uomo in grado di opposi, di tentare una rivolta. Lui ultimo perché stanno arrivando i russi. Alberto amico dell’università, con lui andava in montagna, passavano molti giorni insieme, proprio grazie all’allenamento di montagna è riuscito a resistere nei lager. Si separano Alberto nella marcia dei russi e Levi in infermeria, nel momento della liberazione. Sopravvivono quelli in infermeria ma non sopravvive nessuno dei prigionieri fatti avviare nella marcia di evacuazione perché i tedeschi li fucilano e li gettano nelle fosse da loro create. Levi racconta anche le piccole cose, che fanno parte della quotidianità nei lager. Un altro legame di amicizia è quello con un italiano operaio civile di none Lorenzo, siamo in un capitolo I fatti dell’estate “non pensava si dovesse fare bene per un compenso”, Lorenzo ha dato qualcosa di pratico ma anche la sua amicizia, il rischiare in modo del tutto gratuito. Levi non si sente privilegiato, anzi lui stesso dice che x un puro caso non fu scelto lui rispetto al suo compagno di corsa (prigionieri in due file, ognuno aveva un bigliettino con il proprio numero, dovevano correre per consegnare il numero, uno destinato alla camera a gas e uno destinato “alla vita”) che era un giovane, quindi x un errore il suo numero era stato messo tra quelli che dovevano essere salvati. Solo Lorenzo è riuscito a non farsi ingannare dalle idee degli altri civili. Aspetto della banalità del male: Levi entra nel laboratorio chimico x un esame perché ai tedeschi servivano chimici, non si trova davanti ad un carnefice, è un uomo di scienza che lo guarda ritenendo che fosse normale che Levi fosse in quelle condizioni. Nell’Appendice fa un resoconto delle domande più frequenti che gli fanno quando va a visitare le scuole. All’interno del lager non si riesce a capire il perché di tutto quello che succedeva, come si può percuotere un uomo senza collera? Nel capitolo Sul fondo, tutti i prigionieri erano chiusi in una baracca senza cibo ne acqua, vede un pezzo di ghiaccio e cerca di prenderlo, ma viene fermato. Nei campi non c’è nessun perché? La loro salvezza era il non cercare di capire, non porre e non porsi domande. C’è la mancanza del linguaggio adeguato per descrivere tutto questo. 21/12/22 Il tema dei bisogni è talmente importante che si presenta anche nei sogni, sogni che sono però comuni a tutti i prigionieri, anche nella tregua ci sono i sogni riguardo i bisogni primari. Tornare, mangiare, raccontare. Nel capitolo Le nostre notti c’è la descrizione di questo sogno ricorrente. Nel sogno entrano anche gli stimoli
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