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Appunti del corso di Cultura Latina 2022/2023, Elisa Della Calce, Sintesi del corso di Lingua Latina

Appunti di Cultura Latina, Elisa Della Calce

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 14/09/2023

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Scarica Appunti del corso di Cultura Latina 2022/2023, Elisa Della Calce e più Sintesi del corso in PDF di Lingua Latina solo su Docsity! CULTURA LATINA - 22/23 21.11.2022 LA FAMIGLIA ROMANA E LA SUA ORGANIZZAZIONE La prima cosa che spicca della famiglia romana è il ruolo del PATER FAMILIAS. ● La famiglia era centrata sulla sua figura e in età arcaica aveva un significato e un’accezione molto più ampia rispetto a quella di ora. La famiglia all’epoca comprendeva gli schiavi e indicava tutti i componenti di una casa che avessero uno status libero o servile. ● Il pater familias aveva un’autorità illimitata sui suoi sottoposti e poteva persino decidere di condannarli a morte → decideva le punizioni ai membri della sua famiglia. ● Il pater amministrava la proprietà familiare, conduceva l’attività economica legata di solito a una proprietà terriera, ad un fondo; decideva, e in questo caso era supportato da un consiglio domestico, cioè un gruppo di persone a lui vicine e fedeli e poteva anche pronunciarsi su questioni di natura giuridica come la punizione da infliggere a un membro della famiglia colpevole di qualche delitto. ● Ma poteva anche svolgere funzioni religiose e amministrare, come una sorta di sacerdote, i culti legati alla casa → ci sono 2 forme di culto legate alla casa: LARI e PENATI. ★ LARI della famiglia: erano delle divinità che dovevano essere onorate perchè tutelavano il buon andamento della casa, della famiglia, tutelavano la buona gestione delle attività domestiche e venivano concepiti come degli spiriti relativi agli antenati. Onorare i lari voleva dire onorare i propri antenati, infatti a livello strutturale di una casa c’era una sorta di edicola, chiamato larario, cioè una nicchia dove vi erano delle statuette, delle rappresentazioni dei lari intese come divinità che tutelavano la famiglia. ★ PENATI: altra divinità della famiglia che in origine si trovavano nella parte più interna della casa perchè loro dovevano proteggere e tutelare la dispensa, dove si teneva il cibo. Poi andavano ad indicare le divinità che proteggevano la parte più interna della casa. Il pater familias quindi si occupava anche di amministrare il culto legato ai lari e ai penati oltre alle funzioni economiche e giuridiche. RAPPORTO PADRE-FIGLIO: il potere del pater familia durava tutta la vita, non si estingueva con la maggiore età del figlio e infatti le fonti riportano alcuni episodi degli uomini politici che pur rivestendo cariche di potere influenti dovevano sottostare all’autorità dei loro pater familias. >>> Episodio raccontato da uno storico latino, Valerio Massimo: un certo Gaio Flaminio quando era tribuno della plebe (=rappresentante della plebe) stava discutendo con il popolo una proposta di legge in opposizione al il senato romano, ad un certo punto arriva il padre che mette la mano sul dorso del figlio, questo gesto viene chiamato MANO CON IGNIECIT, pose la mano sul figlio per rivendicarne la proprietà e allora l’uomo, pur essendo una figura politica influente, fino ad allora aveva resistito alle forti opposizioni del senato, ma non appena arriva il padre che impose la sua mano su di lui, si ritirò perchè non poteva disubbidire alla potestà paterna. → simbolo di totale subordinazione del figlio al pater familias. MATRIMONIO: anche quando i figli si sposavano, restavano subordinati al pater familias fino alla sua morte. C’erano anche altri mezzi con cui il figlio poteva emanciparsi dall’autorità paterna, che si svilupparono con il passare del tempo: con la morte del padre, il figlio diventava libero dal vincolo del pater familia e diventava lui stesso pater familias; altre soluzioni per svincolarsi erano la EMANCIPATIO o emancipazione che consentiva l'estinzione di questo legame di subordinazione e il figlio veniva escluso dal nucleo e diventava indipendente come soggetto di diritto. → questo avviene sempre di più man mano che evolve la struttura della famiglia arcaica perchè si era anche un pò di più al passo con il tempo e questi procedimenti di emancipazione che avevano un preciso rituale diventano man mano sempre più frequenti e anche lo stesso ruolo del pater familias non rimane lo stesso, ma si modernizza con il passare del tempo. Durante il II secolo d.C la PATER POTESTAS (=potere del pater familias) porta a compimento la sua evoluzione che era già iniziata in epoca repubblicana → processo evolutivo iniziato in epoca repubblicana e che continua per tutto il principato e che porta a una modifica della struttura interna della famiglia e anche al ruolo del pater familias che è sempre il vertice della struttura familiare ma non più autorevole e rigido come in epoca arcaica. Durante l’impero di Adriano (76-138 d.C): intervenne a punire con una deportazione su un’isola un individuo che avea ucciso durante una partita di caccia il proprio figlio reo di aver compiuto adulterio con la matrigna e in questo caso, l’imperatore agisce per punire un fatto che spettava al pater familias e questo testimonia il fatto che in età imperiale c’è una maggiore sensibilità e una maggiore evoluzione del ruolo e una considerazione differente del pater familias. → il padre viene deportato su un’isola per aver ucciso il figlio. Età imperiale: maggior ammorbidimento del potere del pater familias che non mette in discussione il ruolo di vertice del padre. 1 A una famiglia si poteva accedere per nascita, aggregazione o adozione → erano molto frequenti le adozioni in epoca romana o romana arcaica, ad es. Giulio Cesare adotta Augusto che non era figlio naturale ma entra nella famiglia e viene considerato suo erede. LA DONNA NEL NUCLEO FAMILIARE: La donna era filia familias, cioè figlia di famiglia ma poteva entrare nella famiglia come moglie = UXOR Per Cicerone: esistevano 2 forme di uxor, due condizioni dal punto di vista giuridico: ❖ CONVENTIO IN MANUM: La donna una volta sposata poteva scegliere o la famiglia sceglieva di far stringere un accordo contestuale al matrimonio che prende il nome di CONVENTIO IN MANUM → la donna sposata tagliava ogni legame con la sua famiglia di origine per entrare a tutti gli effetti nella famiglia del marito, ma ne entrava come se ne fosse subordinata al pater familias del marito. Con questa istituzione donna e patrimonio passavano dal padre al marito. La conventio in manum secondo alcune fonti era svolta con il consenso pieno della donna: le fonti riportano la donna come soggetto effettivo della negoziazione. ❖ MATRIMONIO: In assenza di conventio in manum, la donna rimaneva legata al suo pater familias, alla sua famiglia di origine quindi sposava il marito ed entrava come moglie, ma rimaneva subordinata all’autorità del suo pater familias. Carla Fayer: “L’opinione che la conventio in manum e il matrimonio fossero due istituti diversi e indipendenti tra di loro è seguita per il periodo più tardo, per il periodo medio-repubblicano e classico. Per il periodo arcaico, almeno fino alla metà del V secolo a.C., è teoria dominante che al matrimonio seguiva subito la conventio in manum, quindi la donna sposata entrava a far pare dell’autorità del marito”. Questa divisione degli istituti, per cui la donna poteva anche non fare la conventio in manum con il matrimonio, è più tarda e viene fatta risalire al periodo della media repubblica, al periodo classico. In età arcaica c’è una situazione di inscindibilità tra matrimonio e conventio in manum, mentre nel periodo successivo della media repubblica/periodo classico c'è una distinzione tra matrimonio e conventio in manum. MATRIMONIO= contratto giuridico in cui la donna era subordinata all’autorità del marito. C’era un rituale molto antico che prevedeva la divisione di una focaccia di farro, chiamato matrimonio con farratio, poi ci sono altri tipi di unione ma la cosa comune è il contratto giuridico e cerimoniale tra le parti e le famiglie dei due sposi. Il Pater Familias aveva dei diritti nella famiglia romana arcaica: poteva ESPORRE I NEONATI, cioè poteva decidere se tenere o no il figlio. Era un pratica comune nella Roma arcaica, ma anche in Grecia. → Di solito il neonato veniva esposto sulla nuda terra e se il padre di famiglia lo sollevava, era un buon segno e voleva dire che era stato accolto nella famiglia: se non lo raccoglieva non era accolto. Una volta accolto nella famiglia c’era un rito di purificazione, di imposizione del nome e via dicendo. L’esposizione era una prassi piuttosto comune, basti pensare alla leggenda di Romolo e Remo che sono stati esposti, abbandonati perchè non erano stati accolti nella famiglia perchè la madre era una vestara, una sacerdotessa che non poteva avere figli e quindi li espone. Gli esposti potevano poi essere adottati, quindi presi e accolti in altre famiglie oppure morivano. Inoltre il pater familias poteva avere il diritto di vita e di morte = IUS VITAE AC NECIS sulla prole. Era la punizione estrema che poteva dare il pater familias a qualsiasi membro della famiglia. Ma questo diritto va ad attenuarsi con il passare del tempo perchè tra l’età repubblicana e l'età imperiale va ad attenuarsi il ruolo del pater familias e la famiglia evolve. Il diritto di vita e di morte venne esercitato sempre meno. Questo diritto veniva esercitato solo per una giusta causa e le fonti parlano di un esercizio limitato in caso di situazioni gravissime: ad es. casi di alto tradimento, corruzione, sacrilegio, reati militari che portavano il padre a prendere questa decisione estrema. Anche nell’età arcaica non c’era un uso indiscriminato di questo diritto. SISTEMA ONOMASTICO: I Romani erano riconosciuti tramite un sistema onomastico e avevano 3 nomi = TRIA NOMINA 1. PRAENOMEN: prenome che equivale al nostro nome personale, al nostro nome proprio 2. NOMEN: nome gentilizio: più famiglie si aggregavano per formare un gruppo più grande conosciuto come GENS. La gens era un gruppo di più famiglie che tendenzialmente si identificava nella discendenza da un antenato comune e spesso questo antenato comune era per le famiglie più prestigiose un personaggio mitico-leggendario: 2 Allora Collatino, afflitto di non aver ottenuto nulla di ciò che chiedeva, dice di liberare i giovani in quanto possiede gli stessi poteri di Bruto, ma Bruto lo minaccia dicendo che finchè lui sarà vivo non succederà nulla di tutto ciò. Collatino a questo punto viene mandato in esilio. Secondo il racconto di Dionigi, Collatino andò in esilio volontario perchè ci fu una grande rottura tra i consoli a partire da questo episodio della congiura. Livio, però, non menziona Collatino, nomina solo Bruto. Secondo le informazioni Livio, Collatino era già in esilio in precedenza, ecco perchè non è menzionato nella scena. Se da un lato Bruto è visto come pater, Collatino viene percepito come avunculus con due modelli di condanna diversa, severità estrema e debolezza per voler risparmiare i giovani. Alla fine si impone la severità e il modello di Bruto. Questo confronto dimostra come uno stesso episodio può essere recepito in modo diverso dalle fonti e questo è solo un esempio. Dionigi aveva una visione meno romanocentrica rispetto a quella di Livio che voleva dimostrare come un console come Bruto avesse eliminato uno dei pericoli che minacciavano la neonata Repubblica, cioè il ritorno dei Tarquini sul trono. Collatino aveva un legame con la famiglia dei Tarquini e si sentiva il peso di questa eredità che non era più tollerata durante la Repubblica e questo per Livio era motivo anche del suo esilio. RAPPORTO PADRE FIGLIO NELLA LETTERATURA LATINE IN ETÀ ARCAICA: Plauto e Terenzio PLAUTO E TERENZIO sono due autori di commedie e rappresentano il rapporto padre figlio e la figura del pater familias nell’età arcaica e soprattutto anche la gestione domestica della casa (fondo, proprietà terriera, rapporto con gli schiavi, rapporto con i figli). TEATRO ARCAICO: ❖ Commedie e tragedie nell’antichità romana venivano rappresentate in contesti ludici e si parla di LUDI SCENICI → venivano organizzati in contemporanea con altri spettacoli e infatti se al pubblico non piaceva una rappresentazione teatrale, voltavano le spalle e seguivano un’altra rappresentazione (gladiatori, giochi di funamboli) che magari attiravano di più l’attenzione o erano di più gradimento. >>> Il povero commediografo rimaneva senza pubblico ❖ Erano organizzati dai magistrati, da uomini politici che instauravano un contratto con il capo della compagnia teatrale e si attribuivano tutto il carico finanziario della rappresentazione. Davano un compito preciso al commediografo o al tragediografo. ❖ In tutte le rappresentazioni teatrali si usavano maschere perchè i personaggi venivano incasellati in tipi fissi. Le donne non potevano recitare, ma solo gli uomini ❖ Prima rappresentazione teatrale: 240 a.C. → data di origine anche della letteratura latina, non che prima non ci fosse attività poetica, tuttavia mancava la dimensione letteraria che sarà data alle prime rappresentazioni teatrali. >>> Inizialmente c’erano contesti religiosi, formule rituali, in caso di funerali venivano pronunciati elogi ai defunti. ❖ Commedie e tragedie latine nascono sotto l’influenza del modello greco che viene rimaneggiato e anche un po’ contaminato con la volontà dell’autore tragico o comico che sia, ma le opere greche erano un modello per gli autori latini ❖ In latino commedia o tragedia vengono chiamate FABULA, in caso di commedia può essere: ➢ PALLIATA : pallium era una sorta di mantello usato dai greci ed era la commedia ambientata in un contesto greco ➢ TOGATA : nome dalla toga e aveva un ambientazione romana Se invece si parla di tragedia, c'è una distinzione tra: ➢ COTURNATA : di ambientazione greca perchè i coturni erano i calzari che usavano gli attori tragici ➢ PRAETEXTA : di ambientazione romana perché praetexta era una toga con l’orlo di porpora, era un abbigliamento politico usato in senso scenico. ❖ Due autori di commedie: PLAUTO e TERENZIO: tema della famiglia nelle loro opere ❖ La situazione delle tragedie in ambito latino è abbastanza difficile perchè a parte alcuni esempi tardi dell’età imperiale, nell’età arcaica sono giunte a noi sotto forma di frammenti. Abbiamo i titoli, ma la lettura integrale è molto difficile da recuperare TERENZIO: II secolo a.C. – – – non si hanno molte informazioni su di lui e sulla sua vita. Si sa che era originario di Cartagine, era africano ed entrò in contatto con la nobiltà romana, giravano intorno agli aristocratici del tempo e le sue opere ebbero una fortuna minore rispetto a quelle di Plauto. Di Terenzio possediamo 6 commedie. Terenzio non predilige una commedia grossolana e farsesca come quella di Plauto o quella classica, ma inserisce alcune tematiche di riflessione nei suoi versi che se da un lato lo rendono più moderno rispetto ai suoi predecessori, dall’altro lato lo espongono a molte critiche perchè il pubblico non era pronto a queste innovazione infatti durante una delle sue commedie il pubblico si spostò da una rappresentazione ad un’altra evidentemente perchè non gradiva le tematiche che venivano rappresentate o il modo introspettivo e meno farsesco con cui presentava queste tematiche. 2 commedie di Terenzio: 1. IL PUNITORE DI SE STESSO: titolo in greco per simboleggiare l’influenza dei modelli greci 5 Commedia di Terenzio rappresentata nel 163 a.C. La commedia latina ha una struttura tale per cui ha come protagonista un giovane chiamato ADULESCENS che si trova spesso in conflitto con il padre perchè ostacola l’amore con una fanciulla o perchè non è di status libero o perchè è troppo povera e deve cercare di raggiungere e coronare il suo amore con un matrimonio, vincendo le varie opposizioni che vi sono. Ruolo fondamentale svolto dal SERVO che fa un po’ da regista interno alla commedia perchè il servo favorisce il suo giovane padrone per cercare di coronare l’amore con questa fanciulla, oggetto di desiderio. Terenzio adotta questa trama di base, ma aggiunge una particolarità: produce un maggiore approfondimento psicologico dei personaggi e si occupa di tematiche un po’ più profonde come l’effrazione, il rapporto padre-figli e nella fattispecie questa commedia narra la storia di un padre che si chiama MENEDEMO che punisce sè stesso perchè si sente in colpa per aver fatto allontanare il figlio che è partito come mercenario perché gli aveva negato di sposare una fanciulla povera e senza dote. Il padre ha ostacolato l’amore del figlio e questo decide di partire come mercenario. Il vicino di casa di Menedemo, CREMETE, non si fa gli affari suoi perchè vede Menedemo intento a punire sè stesso, lavorando la terra, simbolo e fonte di proventi della famiglia romana arcaica. Cremete interviene per sapere il perchè di questo suo accanimento e Menedemo si indispettisce perchè prorompe contro Cremete dicendogli di farsi gli affari suoi. Cremete gli risponde “sono umano e tutto ciò che è umano mi riguarda” → non sembra una frase da commedia, non fa ridere, ma è un qualcosa che fa riflettere. Obiettivo della commedia: far riflettere Scambio rapido di battute perchè Cremete cerca di far smettere Menedemo di lavorare, ma lui è tenace nel suo lavoro. Tenacia tipica del pater familias che non cede, che è irremovibile, che è inflessibile e che non si lascia persuadere da alcuno, perchè Menedemo è fedele a questo modello di paternità severa, austera che è messo in discussione dal vicino di casa e dall’autore stesso. Alla fine Menedemo cede e racconta la storia al suo vicino di casa. Crede che il figlio sia morto in guerra. Corinto: ambientazione greca della commedia che dà una maggiore libertà all’autore di attribuire delle affermazioni, dei concetti a dei personaggi che pur incarnando dei valori della romanità erano greci e quindi una critica velata nella gestione dei rapporti possibile grazie all’ambientazione greca. Il figlio ha perso la testa per questa ragazza poverissima al punto da considerarla sua moglie e tutto ciò mentre il padre era all’oscuro → quando Menedemo scopre la cosa reagisce con violenza senza comprendere le pene d’amore di un adolescente. Ad assistere alla scena c’erano molti pater familias che a sentire la scena erano un po’ stupiti dalla sua reazione. Modello arcaico del padre grava molto sul figlio: il figlio deve essere come il padre, se non addirittura migliore di lui. → Con questo discorso Menedemo colpisce il figlio che decide di partire, stanco e umiliato di sentirsi dire sempre le stesse cose se ne andò in Asia al servizio del re di Persia come mercenario. Cremete dice a Menedemo di aver sbagliato e loda il figlio dicendo che ha avuto coraggio ad andarsene di casa, a rischiare la vita pur di continuare a vivere la situazione di difficoltà con il padre. Menedemo ribadisce la volontà di autopunirsi per il male che ha fatto al figlio – – → riflessione su sè stesso è nuova, sembra un padre che fa ammenda, un padre diverso rispetto al tipico ritratto del padre di famiglia. Padre che rivede le sue educazioni e si accorge di aver sbagliato a livello educativo. Evidente ammissione di colpa Cremete cerca di rassicurarlo perchè non tutto è perduto, ma Menedemo non sa che il figlio è davvero ritornato a casa, però ovviamente non è andato dal padre, ma dal vicino di casa. La situazione ha uno scioglimento positivo nel senso che la ragazza di cui è innamorato il ragazzo si scopre essere la figlia del vicino di casa, Cremete che era stata esposta (=abbandonata) dalla famiglia e grazie ad un anello la moglie di Cremete riconosce che quella era effettivamente sua figlia e dunque i 2 giovani possono sposarsi. Prima di arrivare a tutto ciò ci sono una serie di equivoci e intrecci complicatissimi in cui spicca la novità del valore di una paternità alternativa che non si basa solo sulla severità del comportamento ma che lascia uno spiraglio un po' più generoso nei confronti dei figli. Testo teatrale: il riconoscimento fa parte dello spiazzamento dopo un equivoco, dopo l’esposizione. 23.11.2022 2. ADELPHOE = i fratelli: Rappresentata nel 160 a.C. e fu una delle ultime commedie di Terenzio ad essere rappresentate. 6 Caratteristica comune a tutti i suoi testi è l’inserimento di squarci in difesa al suo teatro e queste parti prendevano spazio nei prologhi, nelle parti iniziali delle sue commedie. Non contenevano un riassunto o un’anticipazione dei fatti che sarebbero poi stati raccontati nella rappresentazione, ma erano un modo per l’autore di difendersi dalle accuse che spesso gli erano mosse riguardo al suo teatro. Queste accuse consistevano nell’aver effettuato plagio nei confronti di altri autori e nell’aver messo in scena commedie già rappresentate. Terenzio si difende da queste accuse dicendo che il punto di partenza delle sue commedie, ma in generale di altri autori, era il modello greco ed era inevitabile contaminare e intrecciare storie che potessero avere una trama simile alla sua, quindi l’accusa di plagio cercava di smontarla in questo modo. Viene anche accusato di essere un prestanome e da questa accusa si difende nel prologo dell’Adelphoe, era accusato che dietro alla sua persona si celassero figure importanti che volevano veicolare un messaggio di rottura rispetto alle convenzioni dell’epoca. Tutte le accuse sono dipanate e risolte nei prologhi che hanno una funzione differente rispetto alla tradizione plautina e precedente. Tema dell’Adelphoe: rapporto padre-figlio. Il titolo prende spunto dal rapporto tra due fratelli che sono anche padri: DEMEA e MICIONE, oltre ad essere padri e fratelli hanno anche una visione opposta dell’educazione. DEMEA: è il classico pater familias, rigido e intransigente, legato alla vita di campagna. Si occupa dell’educazione di CTESIFONTE MICIONE: rappresenta una figura molto più mite e accondiscendente, mette in crisi i capisaldi del pater familias. Si occupa dell’educazione di ESCHINO. CTESIFONTE ed ESCHINO sono gli ADULESCENS della commedia e in realtà sono entrambi figli di Demea, però Micione, in quanto fratello di Demea, si occupa dell’educazione di Eschino, mentre Ctesifonte cresce sotto le cura di Demea. Era abbastanza comune la pratica adottiva. La situazione si complica con l’amore che provano Ctesifonte ed Eschino per due differenti fanciulle e di conseguenza gli ostacoli che vi sono per arrivare a questo obiettivo. Ctesifonte è innamorato di una cortigiana, mentre Eschino è innamorato di una fanciulla povera. Duplice schema tipico della commedia. Eschino ad un certo punto non torna a casa e Demea dà credito alle voci secondo le quali il ragazzo avrebbe rapito una fanciulla, questo viene interpretato da Demea come qualcosa di scandaloso frutto di un’educazione troppo mite, poco severa, che era quella data da Micione. In realtà Micione ha rapito la ragazza per il fratello Ctesifonte. Sottrae la cortigiana di cui il fratello era innamorato e questo non viene allo scoperto subito, infatti Demea pensa che Eschino abbia rapito la ragazza per sè stesso. Ma Eschino in realtà è innamorato di un’altra povera fanciulla, di umili origini che aspetta un figlio da lui. Quando Demea viene a sapere che non è Eschino ad essere coinvolto in questo affare di donne, ma è il figlio che aveva educato con intransigenza, severità e inflessibilità il suo ideale educativo entra in crisi perchè tutto questo sistema pedagogico viene ad infrangersi con la violazione di Ctesifonte. A questo punto Terenzio inserisce un cambio improvviso di Demea: da padre intransigente e severo, diventa estremamente accondiscendente, dice di sì a tutto e accoglie anche a braccia aperte l’amore di Ctesifonte per questa cortigiana. Non solo: affranca gli schiavi, regala denaro in modo estremamente prodigo ed organizza persino le nozze di Micione con la madre della ragazza povera di cui era innamorato Eschino. → Diventa un’altra persona. Messaggio di Terenzio: perchè c’è questo cambiamento repentino del personaggio da padre intransigente, a persona estremamente liberale incline verso l’altro eccesso? – – → Conseguenza di questo cambio repentino di Demea è un gesto di Ctesifonte che è in contrasto con quello che era il modello educativo di Demea. MONOLOGO DI MICIONE: rottura rispetto alle convenzioni → ha rifiutato il matrimonio, mentre invece Demea sta in campagna fa una vita dura, di sacrifici (richiama Menedemo del Punitore di sé stesso). Dissenso tra Demea e Micione è molto aperto. Ritmo della commedia è incalzante con interrogative dirette molto brevi → quasi come se ci fosse un interrogatorio da parte di Demea nei confronti del fratello perché non è d’accordo con il metodo educativo del fratello. Micione attribuisce le differenze che vi sono tra lui e il fratello a quelle che ci sono tra un padre e un padrone: lui è il padre in senso amorevole e affettuoso del termine, Demea è padrone che non lascia spazio all’indulgenza. vv.885-997: Demea interviene e crede che sia stato Eschino ad aver dato scandalo, ad aver rapito la cortigiana per sè stesso. Cultura dell’esteriorità: è importante che tutti pensino bene della famiglia e dei membri che vivono all’interno. Picco dell’ironia: Demea non sa che Eschino sta facendo quello che sta facendo per Ctesifonte, il figlio che lui stesso ha cresciuto → il fatto che il personaggio lo pronunci e lo espliciti suscita ironia nel pubblico e una comicità. 7 ➔ La pentola gli viene rubata dal servo dell’adulescens che vuole avere questo denaro per coronare il desiderio del suo padroncino, cioè quello di avere un matrimonio e sposare la donna amata che è la figlia di Euclione ➔ Alla fine Euclione scopre che il servo del giovane innamorato ha rubato la pentola e soltanto la restituzione del tesoro consente ai giovani di sposarsi → questo viene dedotto perché la parte finale della commedia è mancante T.1: BATTIBECCO TRA EUCLIONE E LA SERVA, STAFILA: _ Stafila = nome parlante, deriva dal greco e significa grappolo di vite, allude alla tendenza di bere della serva _ Linguaggio più crudo, più forte e meno raffinato rispetto a quello di Terenzio _ Il testo mostra l’avarizia di Euclione e il suo rapporto con i servi _ Euclione cerca di evitare che la pentola gli venga sottratta e fa di tutto in modo paranoico ed ossessivo affinché non gli venga rubata. _ Frustrate: metodo di punizione dei servi se disobbedivano _ Riferimento all’impiccarsi è stato interpretato come una presa in giro da parte dell’autore verso il teatro tragico perchè di solito le rovine della tragedia greca in momenti di grande crisi potevano arrivare anche a togliersi la vita e un classico modello è quello della madre di Edipo (Giocasta) che si toglie la vita dopo scopre di aver sposato il figlio → mira a deridere il teatro classico e poteva essere colto anche dagli spettatori di Plauto _ Dal rapporto con i servi emerge l’arroganza del padrone e la remissività che è accompagnata a volte da reazioni consulte dovute al rovesciamento dei ruoli e l’idea che Stafila fa sfogare Euclione perchè la sua è diventata una vera e propria ossessione per il denaro. _ Si alternano atteggiamenti remissivi ad atteggiamenti sboccati e attivi da parte della serva non è una contraddizione, ma fa parte del teatro plautino che sacrifica la verosimiglianza per ottenere il riso dal pubblico _ Ritratto che Plauto delinea del servus callidus per eccellenza, cioè del servus che aiuta l’adulescens a coronare le sue trame d’amore. Servo dell’adulescens = STROBILO riassume i compiti del buon servitore e si presenta come l’aiutante fedele dell’adulescens che ha consapevolezza dei suoi compiti → patina di farsa e di commedia, ma viene sottolineata la subordinazione del servus al pater familias. >>> Strobilo non può pensare ad una elevazione dal punto di vista sociale a meno che il padrone non decida di affrancarlo. Ruolo salvifico di Strobilo nei confronti dell’adulescens innamorato → Plauto inserisce una metafora marina indicando il servo come un salvagente per il padroncino innamorato perchè grazie a lui potrà raggiungere il suo obiettivo, cioè l’amore per la fanciulla. _ Tema della fustigazione è tratta dalla vita romana, ma ci sono anche elementi verosimili _ Servus callidus che ordisce le sue trame: osserva, scruta, indaga, segue per dare soddisfazione al suo padrone. vero e proprio artefice degli intrecci, come se instaurasse una trama nella trama perchè si rende responsabile delle azioni che portano al coronamento dell’obiettivo del suo padrone. T.2: vv. 608-662 ★ Ritratto dell’avarizia di Euclione e della furbizia del servo perchè Euclione dopo aver nascosto la pentola nel tempio di Fides (=personificazione del concetto di fede), si allontana per preparare un sacrificio in favore delle nozze della figlia → pater familias si occupa delle questioni religiose della famiglia e quindi anche dei sacrifici propiziatori nella volontà divina affinchè fosse favorevole al matrimonio della figlia ★ La pentola viene rubata da Strobilo in quel momento ★ Battibecco con il servo che ha un tono grossolano e farsesco, fatto di battute brevi e incalzanti, basato anche sui doppi sensi e su un modo molto sboccato di parlare ★ Rovesciamento dei ruoli: il servo di solito non si rivolgerebbe così al padrone, ma qui è concesso nella cornice della commedia ★ Euclione ha talmente tanta paura di essere derubato che pensa che ci siano tantissimi complici del servo all’interno del tempio → Euclione perquisisce il servo, tutto questo è destinato al divertimento e alle risa del pubblico ★ Latino sboccato ed esplicito, il servo si rivolge in modo sgarbato al padrone anche prendendosi gioco della religione stessa dicendo “Spero che Giove e gli Dei ti fottano”. ★ La scena finisce quando la pentola viene restituita e si arriva al lieto fine ★ Plauto mette insieme temi sociali come il rapporto servo-padrone anche se calati in un contesto carnevalesco ★ Differenze con Terenzio che ha un'altra sensibilità e un altro modo di trattare i problemi legati alla famiglia e ai rapporti tra padre e figlio e con il servo. → la percezione del pubblico è diversa nei confronti dei due autori: comicità e intrattenimento con Plauto, riflessione con Terenzio. Il punto comune è che gli autori fanno filtrare dai loro testi degli aspetti della vita familiare che sono cruciali per capire come oltre alle fonti giuridiche e storiche anche la letteratura dà il proprio contributo a testimoniare come vivevano i romani e come costruivano il rapporto padre-figlio e come costruivano la famiglia romana. PLAUTO E TERENZIO: II-III secolo a. C → Familia romana in età arcaica 28.11.2022 FIGURA FEMMINILE ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA E DELLA SOCIETA PUBBLICA ROMANA: 10 Manus del marito - matrimonio col marito - conventium in manum - matrimonio aveva un effetto giuridico, ma che aveva delle limitazioni avveniva tra cittadini romani o tra romani e un’altra popolazione che aveva il diritto di sposare una persona romana → IUS CONNUBII (=diritto di connubio tra romani e non romani, soprattutto con i latini). Fino a metà del V secolo non poteva verificarsi il matrimonio tra diversi ordini sociali: tra patrizi (= aristocrazia, classe nobiliare che aveva come antenati illustri personaggi e aveva il monopolio delle magistrature) e plebei (=massa della popolazione che fino al III sec. a.C. non aveva un riconoscimento politico effettivo, non svolgeva cariche politiche che erano per lo più in mano ai patrizi, tra cui il consolato). Era vietato il matrimonio tra patrizi e plebei fino al V secolo quando con una legge il matrimonio venne approvato. Il nome della donna era unico ed era o quello gentilizio, cioè dalla gens da cui derivava e spesso poteva essere seguito da un aggettivo per indicare l’ordine della nascita delle figlie, ma poteva anche essere seguito da una specificazione (Tullia figlia di Marco = Tullia Marcii filia), oppure il suo nome derivava da quello del padre (Plauzio → Plauzia). La questione del pronome è stata analizzata: molte donne non ce l’avevano e solo pochissime lo usavano. A differenza degli etruschi che usavano il pronome, questo fatto potrebbe far capire che fosse un segno distintivo dei romani. Nella famiglia: la donna non esercitava la patria potestà, nemmeno in assenza del marito a cui era giuridicamente subordinata. Si parla di MATRONA per indicare la sposa del pater familias e aveva delle funzioni produttive, un ruolo importante nella gestione domestica. Si tratta di famiglie di un certo lignaggio, con una certa capacità economica e quindi la donna poteva anche sovrintendere alle questioni organizzative relative alla servitù ad esempio. → Anche se subordinata al marito aveva una certa autonomia nella casa. Nell’antichità iniziano a stabilirsi dei presupposti morali per cui una donna sposata poteva essere considerata virtuosa: doveva essere cata, improntare il suo comportamento alla pudicizia e saper tessere la lana >>> in molte epigrafi viene indicato il filare la lana come un’attività più congeniale alla donna nell’ambito domestico, accanto al prendersi cura dei figli e della casa. C’erano anche restrizioni e punizioni per quanto riguarda l’adulterio e la possibilità da parte della donna di bere vino: erano colpe tanto gravi da poter essere punite con la morte e più tardi, meno severamente, attraverso una forma di ripudio. Il divieto di bere vino in epoca classica tende a cadere in desuetudine perchè ci sono alcuni autori che scrivendo “un tempo” (=oli) “alle donne era proibito bere vino” e questo fa pensare che in epoca classica questo divieto fosse smussato. L’adulterio, invece, rimane colpa grave a seconda che ci fosse la flagranza del reato o meno. Ma anche in età imperiale, di Augusto, a inizio del principato venne emanata una legislazione precisa sui doveri familiari che si riferivano a tutta la famiglia e non solo alla donna. Il divieto di bere vino viene specificato nella legislazione come una colpa grave perchè era collegato anche se in modo indiretto all’adulterio, il vino portava alla licenziosità, ad essere privi di un senso della misura e di conseguenza era vietato. Si parla anche di un diritto, IUS OSCULI (=diritto del bacio), che veniva esercitato dagli uomini parenti più stretti e consisteva nel baciare la donna per capire se avesse bevuto o meno. Contrasto tra la condizione che c’era in Roma antica della donna, ma anche della condizione più libera che le donne presso gli etruschi avevano: ad esempio alcuni autori, tra cui Tito Livio, fanno dei riferimenti alle nuore del re Tarquinio che era di origine etrusca che aveva il collo adorno di ghirlande, un comportamento libero e facevano da contrasto alle matrone romane che erano più dedite alla casa e alla pudicizia e che non potevano bere vino. → Tratto peculiare della condizione della donna. Nel corso dell’età repubblicana le donne ampliarono il campo della loro azione e della loro vita prettamente domestica, soprattutto quando sono ricche e possono contare su un grande patrimonio. Patrimonio che doveva rimanere nella famiglia della donna per non essere trasferito nella famiglia del marito. C’erano donne con grandi patrimoni. Dopo le guerre puniche e in particolare dopo la 2a guerra punica, le donne potevano anche avere un ruolo nella gestione dei patrimoni, sempre dietro la presenza di un tutore o di una figura maschile che guidasse l’operato, ma questo perchè eran complice la crisi, la diminuzione della popolazione maschile in condizione di guerra e quindi anche le donne avevano una maggiore incidenza in questo campo. In epoca tardo repubblicana ci sono delle matrone che parlano in pubblico >>> Non bisogna guardare alla condizione della donna come sempre uguale a sè stessa, ma ci sono delle evoluzioni nella storia romana. Ad esempio ci furono delle situazioni in cui vennero poste delle restrizioni alle donne di vestire con determinati capi, limitando l’uso del lusso nel proprio abbigliamento e nel proprio corredo di accompagnamento (carrozze, gioielli) e questa legge venne fortemente avversata dalle donne. C’è una testimonianza, sempre di Tito Livio, in cui un uomo politico che era molto avverso a questa situazione, parla di una schiera di matrone che si era opposta a questa legge. La donna non prendeva parte attiva alle riunioni politiche, ma poteva partecipare in modo indiretto alla vita politica, come ad esempio: Messalina, imperatrice, moglie dell’imperatore Claudio, Agrippina, madre di Nerone, donne che non avevano una carica politica precisa, ma che influivano indirettamente sulla vita politica. Quando si parla di matrona a livello letterario, il modello ideale di matrona rimane sempre operativo nella letteratura, anche in quella successiva all’età arcaica perchè le virtù, le caratteristiche della matrona sono perpetuate dalla letteratura e spesso ciò avviene attraverso la contrapposizione del modello matronale (donna casta, dedita alla vita domestica, fedele) e l'anti modello. Modello ideale di matrona = CORNELIA Anti modello = CLODIA Queste due donne vivono in momenti diversi della storia, ma il modello di Clodia è passato alla storia perchè il suo personaggio fu demonizzato dall’oratore, CICERONE, che ne fa un ritratto pietoso. 11 CORNELIA = modello ideale di matrona. ● Episodio della vita di Cornelia tratto da un’opera di Valerio Massimo, autore di “Detti e Fatti Memorabili” che è una raccolta di esempi, di aneddoti in cui vengono messi in luce vizi e virtù di personaggi storici e letterari. Valerio Massimo vive nella prima età imperiale e compone quest'opera come se fosse un bacino da cui l’oratore poteva attingere. ● Cornelia era la figlia di Scipione l’Africano. Cornelia = nome gentilizio ● Era la madre dei tribuni della plebe (=rappresentanti della plebe) Tiberio e Sempronio Gracco → personaggi molto influenti nella politica popolare: si fecero promotori di alcune riforme rivoluzionarie nell’ambito politico-repubblicano e in ambito agrario. ● Aveva 12 figli, ma solo 3 raggiunsero l’età matura: i 2 tribuni e una figlia che si chiamava Sempronia, prende il nome dal padre che apparteneva alla gens Sempronia ● Cornelia sposa Tiberio Sempronio Gracco e rimane vedova abbastanza presto e una volta morto il marito non si risposò. Si dice che avesse rifiutato la proposta di fidanzamento con un principe egiziano che ambiva alla sua mano, ma Cornelia lo rifiutò. ● Era una donna colta, elegante, dedita alla cultura greca e Cicerone rivolge a Cornelia grandi parole di elogio ● Episodio famoso riportato da Valerio Massimo riguardo al fatto che i figli sono per le madri il più grande ornamento. → episodio che sottolinea come la ricchezza non sia quella materiale, ma quella identificata con la prole. Valerio Massimo allude alla risposta che Cornelia diede ad una sua amica matrona quando questa le chiese di mostrarle i suoi gioielli e Cornelia non mostrò i suoi ornamenti, ma lo fece indicando i figli. >>> Può sembrare un episodio insignificante, ma nella mentalità arcaica romana, era considerato un aspetto importante perchè è un elogio della sobrietà rispetto al lusso che non aveva una forte influenza sulla matrona e sottolinea l’importanza della famiglia. ● Quando si parla di matrona, Cornelia rappresenta l’esempio più autorevole. CLODIA: antimodello ★ Contesto politico + testo di Cicerone – – → CICERONE fu un celebre avvocato, un oratore, autore di discorsi giudiziari e politici che pronunciava in senato, ma anche di fronte all’assemblea popolare (=foro), oltre che in tribunale. Non si dedicò soltanto all’oratoria, ma fu anche autore di opere filosofiche soprattutto nell’ultima parte della sua vita. Muore infatti nel 43 a.C., in una fase della repubblica in cui è stato da poco assassinato Giulio Cesare nel 44 a.C. e i suoi eredi politici, Antonio e Ottaviano, stanno cercando di organizzare Roma. Cicerone viene brutalmente assassinato nel 43 a.C. e il suo ruolo è all’apice ben prima della morte di Cesare, intorno al 63-60 a.C perchè nel 63 a.C. Cicerone raggiunge il consolato e in questo momento autocelebrandosi nelle sue opere si gode dall’aver salvato la repubblica da una pericolosa congiura avvenuta nel 63 a.C che aveva l’obiettivo di fare un colpo di stato e i congiurati capeggiati da un certo Catilina, avrebbero così preso in mano le rendini della repubblica. Cicerone vive una fase della repubblica molto in fermento e in cui i ruoli di un oratore erano sostanzialmente 3: 1. DOCERE: insegnare → presentare la propria opinione al pubblico 2. DELECTARE: intrattenere l’uditorio → dare un tono al suo uditorio affinchè il suo discorso fosse apprezzato 3. MOVERE: commuovere → trascinare il pubblico e agire sulle corde emotive del pubblico. Perchè dalla commozione deriva la sentenza Per ogni finalità c’è un modo diverso di esprimersi: la funzione del movere richiede uno stile piuttosto solenne, alto ed è spesso quello che si usa nella parte finale dell’orazione che i latini chiamavano PERORATIO (nella peroratio c’era la funzione del movere), che era il punto più critico dell’orazione perchè portava a trascinare l'uditorio dalla parte dell’avvocato. Delectare: richiedeva uno stile equilibrato, temperato, non con quella forza espressiva che richiedeva il movere. Anche il docere aveva uno stile misurato, senza gli eccessi della peroratio. Un’orazione oltre alla peroratio (parte finale), aveva anche un parte centrale che era quella dedicata all’argomentazione euna aprte iniziale che era una sorta di prefazione, proemio che serviva a illustrare gli argomenti che poi sarebbero stati esposti o perchè l’oratore doveva confutare le tesi dell’avversario o perchè doveva sostenere le proprie. Nella costruzione di un discorso, l’oratore doveva attingere a esempi della storia, della letteratura, della filosofia e doveva quindi avere un bagaglio culturale piuttosto ampio. ★ Orazione di Cicerone in cui nomina CLODIA: PRO CAELIO (= in difesa di Celio). ○ Era un’orazione in cui Cicerone ha il ruolo di difensore, difende l’imputato che si chiama Marco Celio Rufo, un giovane che venne accusato di molti crimini tra cui quello di aver commesso atti di violenza politica. ○ L’accusa si riassume con DE VI (= sulla violenza politica) perchè Celio fu accusato di aver partecipato ad un complotto per eliminare uno degli ambasciatori egiziani venuti a Roma e in tutto ciò Clodia era l’amante di Celio. Ed è Clodia stessa che secondo Cicerone, muove i fili del processo perché è Clodia che fa in modo che Celio venga accusato, perché oltre a questa accusa di violenza politica, Clodia accusa Celio di aver tentato di ucciderla e di aver tentato di avvelenarla, probabilmente perchè lei aveva scoperto di questo complotto e di conseguenza Celio avrebbe ordinato ad alcuni servi di ucciderla. Spetta a Cicerone, il compito di smontare una per una queste accuse. ○ Il processo si celebra nell’aprile del 56 a.C. Gli accusatori erano 3 e non ne fa un ritratto positivo, infatti li descrive come delle pedine nelle mani di Clodia che ha architettato il piano dell’imputazione. Dopo aver respinto le prime accuse, Cicerone inizia a denigrare pubblicamente Clodia e trasforma quello che è un tribunale in una rappresentazione teatrale di impatto comico; Cicerone infatti usa tutte le sue capacità e abilità oratorie per rappresentare Clodia come un personaggio negativo ★ Clodia era la sorella maggiore di un tribuno della plebe: Publio Clodio → tribuno della plebe era una magistratura che era nata per sostenere e rappresentare i plebei in politica. Lui era uno dei nemici più aspri di Cicerone, un acerrimo nemico di Cicerone perchè Clodio contribuì a mandare Cicerone in esilio nel 58 a.C. >>> Dietro questo processo, dietro all’attacco a Clodia, c’è anche l’attacco politico al suo nemico Clodio. 12 Nel testo, Celio viene presentato con un tono differente da quello con cui viene presentata Clodia, da parte di Cicerone: Cicerone si rivolge a Celio o come pater familias arcaico, severo, mentre dall’altra parte anche come padre comprensivo che perdona un po' tutto e richiama sullo sfondo i due modelli di padre di Terenzio → Cicerone cita un passo degli Adelphoe e vuole dimostrare come le colpe di Celio se considerata tutta la regia di Clodia, non sono poi così gravi e sono influenzate dalle forti calunnie che Clodia gli rivolge. Cicerone usa una formula latina molto efficace contro Clodia: “libidinosa (=lussuriosa) meretricio more (=come una meretrice)” → Il fatto che Celio si fosse innamorato di Clodia e che poi sia successo ciò che è successo è davvero una colpa del panorama di corruzione animata da Clodia stessa? >>> Stile molto più elevato rispetto alla medietà di stile dei capitoli precedenti: periodare più ampio, sintassi più complessa, per dare la stoccata a Clodia. Ritratto di Clodia si estende dal capitolo 33 al capitolo 38-39. DONNA NEI TESTI POETICI: in età repubblicana, I secolo a.C. CATULLO: ★ poeta che scrive prevalentemente poesie d’amore e molti dei suoi versi sono dedicati a Clodia → non si riferisce a Clodia con il suo nome, ma usa uno pseudonimo che è quello di LESBIA – – – Non tutti gli interpreti moderni sono convinti del fatto che Lesbia e Clodia siano la stessa persona, ci sono però degli indizi che identificano Clodia con Lesbia, anche se non viene detto espressamente da Catullo ★ La sua poesia crea una rottura nel panorama letterario del I secolo a.C. ★ Originario della Gallia Cisalpina (= Verona), nasce nel 84 a.C. e secondo le fonti morì a 30 anni ★ Il padre di Catullo doveva essere un membro molto influente dell’aristocrazia locale e secondo alcune tradizioni letterarie ricevette in casa sua Quinto Metello, marito di Clodia ★ La scelta di scrivere poesie d’amore si può considerare una scelta di rottura perchè una delle caratteristiche fondamentali degli autori di letteratura latina erano persone ben inserite nell’ambiente politico, avevano anche ruoli importanti, come ad esempio Cicerone, Sallustio, Cesare → Qui invece, Catullo vuole allontanarsi dal fermento politico per dedicarsi ad una poesia più intima in cui l’amore ha un ruolo totalizzante. ★ I versi d’amore di Catullo traggono ispirazione dalla sua vita, ma sono sempre filtrati dall’esperienza letteraria; sono elaborati e modificati in base alle esigenze poetiche, non sono una cronaca della sua vita. Sono un punto di partenza, ma non mette in versi la sua vita. ★ STILE: appartiene ad una cerchia di poeti conosciuti come POETAE NOVI = poeti nuovi, l’aggettivo novus vuol dire novus nel senso di novità, ma anche nel senso di pericoloso, di rottura con la tradizione → Res novae: usato in alcuni testi per indicare eventi rivoluzionari che scardinano la tradizione poetica precedente basata su tematiche più serie, che non avevano l’amore come tema principale. ○ I poetae novi sono criticati da Cicerone che ne sottolinea la lontananza dalla tradizione e dalla cultura romana. Ad esempio Cicerone critica la loro mancanza di senso del dovere verso la res publica, non si occupavano della repubblica, non avevano un impegno civile, anzi fuggivano proprio la realtà politica; non sottolineavano i valori della famiglia; non rispettavano i canoni tradizionali della tradizione e della cultura romana. ○ La poesia non era più al servizio della res publica, ma era uno spazio per sfogare i propri sentimenti, per dare luogo alle relazioni, per chiarire le relazioni private (amorose e di amicizia) e anche relazioni adulterine ○ Altro aspetto di rottura con la tradizione, anche a livello stilistico: tutti i poetae novi scrivono dei versi improntati alla brevità che però non vuol dire negligenza nello stile, frettolosità di comporre. Un componimento poteva essere breve, ma veniva curato, modificato nei minimi particolari per raggiungere una perfezione artistica e stilistica → si parla di LABOR LIMAE = lavoro di lima, un continuo ritornare sui propri versi per renderli perfetti ed elaborati dal punto di vista stilistico, con espedienti retorici. ○ Il labor limae va di pari passo con la brevità e con una propensione all’erudizione. C’erano molte tematiche d’amore, ma c’erano anche molte tematiche che trattavano argomenti dotti: storie di miti, leggende che non erano conosciute, meno note per dare sfoggio di erudizione ○ Tutte queste caratteristiche vennero riprese e fatte proprie dalla poesia greca: modello di riferimento = poesia greca o POESIA ALESSANDRINA che mise in atto queste caratteristiche stilistiche (brevità, lavoro di lima, erudizione) ○ Il principale poeta che fa riferimento a questo tipo di parametri stilistici in ambito greco si chiama CALLIMACO (310-240 a.C.) che visse ben prima dei poetae novi, che sono circoscritti al I secolo a.C. ○ Frase di Callimaco che è modello di Catullo e dei poetae novi è: “Quando un libro è tanto lungo e tanto grande è come se fosse un grande danno” → Critica di callimaco andava alla letteratura epica lunghissima ed estremamente poco agevole da leggere, con ripetizioni e contraddizioni interne. Qui si riassume il culto della brevità a cui si rifanno i poetae novi. ○ Contro la magniloquenza, a favore della brevità, dell’erudizione e dell’eleganza nello stile tramite questo lavoro di lima. ★ Catullo scrive diverse poesie, più di 100 CARMI, il cui ordine non è cronologico, ma dato successivamente probabilmente in base ad un criterio metrico ★ La definizione di Catullo delle sue poesie: NUGAE = inezie, cose di poco conto. Ovviamente Catullo non è che pensasse che le sue poesie non valessero nulla, ma era una strategia poetica per sottolineare come fossero brevi e corti componimenti circoscritti che non avrebbero mai il tono magniloquente dell’epica, ma un tono più intimistico e legato alla riflessione interiore e anche sentimentale. ★ Proprio perchè le sue poesie sono delle inezie definisce il suo libro LIBELLUS, cioè libricino, è un diminutivo che indica la dimensione fisica e metaforica della sua raccolta. Un libro di poesiole. 15 ★ La maggior parte dei carmi sono dedicati all’AMORE e a LESBIA. → Le vicende d’amore di Catullo divennero la materia ispiratrice dei suoi versi, un amore totalizzante che, leggendo le sue poesie, sembra essere la sua unica ragione di vita. ★ Si tratta di un connubio del sentimento del poeta e dell’elaborazione stilistica in modo elegante e curato come prescrivevano i canoni della poesia alessandrina. ★ Lo PSEUDONIMO di LESBIA si riallaccia a una poetessa greca di nome SAFFO (VII-VI secolo a.C.) attiva sull’isola di Lesbo e nelle sue poesie aveva dato grande importanza al tema dell’amore e per Catullo era un vero e proprio esempio, che era anche un conoscitore della poesia alessandrina e non solo, ma anche arcaica e ci sono diverse poesie di Catullo che compiono una vera e propria trasposizione della poesia di Saffo, soprattutto per quanto riguarda la sintomatologia dell’amore, sono molto famosi alcuni versi in cui Catullo riprende una poesia di Saffo in cui Saffo ricorda i sintomi della passione amorosa e di conseguenza anche Catullo la riprende e la adatta al suo contesto di riferimento, volgendola a lesbia (es. colorito che va via, quasi da scolorire e il rossore dovuto all’insorgere della passione, il tremore dello star vicino all’amata → sintomi fisici ricondotti al sentimento amoroso). ★ Dai componimenti di Catullo si possono evincere anche il modo di rappresentare la donna e la sua relazione con la familia romana CARME 5: invito a godere delle gioie dell’amore Viviamo, Lesbia mia, ed amiamoci, e i brontolii dei vecchi austeri valutiamoli, tutti insieme, due soldi. Il sole può tramontare e tornare, ma noi, quand’è tramontata la nostra breve luce, dobbiamo dormire una sola notte, perpetua. Dammi mille baci, e poi cento, poi altri mille e altri cento, poi ancora altri mille e altri cento. Quando ne avremo fatti molte migliaia, li confonderemo per non sapere più il loro numero, che nessuno possa farci il malocchio, sapendo un numero così enorme di baci. ● “vecchi austeri” → rappresentano i benpensanti, la tradizione, quelli che pensano che la relazione tra Lesbia e Catullo può risultare scandalosa ● “brontolii” = rumores, da cui viene rumors in ignlese ● l’idea di approfittare delle gioie dell’amore perchè il tempo è breve, perchè bisogna cogliere il tempo che l’amore dà agli amanti, viene reso con l’immagine della notte, dell’alternarsi del giorno e della notte. ● versi celebri evocati anche da poesie e canzoni moderne come Fabrizio de Andrè che allude ai versi di Catullo. ● “malocchio” → idea del malocchio rimanda alla superstizione, i romani erano molto superstiziosi e veniva anche scambiata con la religiosità tradizionale. Era importante svolgere un rituale preciso nei confronti delle divinità perchè altrimenti queste potevano volgersi in modo negativo e fare vendetta sugli uomini che non li onoravano. Qui il malocchio non rimanda a qualcosa di innocente, ma ha radici nella mentalità culturale romana che era piuttosto legata a queste convenzioni. >>> Il fatto di conoscere in modo preciso i beni di qualcuno, possa attirare la gelosia e l’invidia di altre persone e far svanire l’amore di Lesbia e Catullo ● Non si può dedurre la cronologia della relazione tra i due amanti sulla base della numerazione dei carme di Catullo perchè non sono ordinate secondo un ordine cronologico, ma dal tono che qui ha Catullo, si può intuire che qui i due siano all’inizio della loro relazione in cui le cose andavano piuttosto bene. → ci saranno poi dei carmi in cui Catullo sfoga tutta la sua ira nei confronti dell’amata che si dà ad alcuni tradimenti e Catullo ne resta addolorato, anche se lui non si risparmiava altre avventure amorose. ● Poesie brevi ed efficaci secondo l’estetica della poesia alessandrina. CARME 109: Vita mia, mi prometti che questo nostro amore → Iucundum, mea vita, mihi proponis amorem sarà piacevole ed eterno fra di noi. → hunc nostrum inter nos perpetuumque fore. Grandi dei, fate che ella possa promettere il vero → Di magni, facite ut vere promittere possit, e che lo dica sinceramente e dal cuore (lett. dall'animo), → atque id sincere dicat et ex animo, affinché possa continuare tutta la vita → ut liceat nobis tota perducere vita questo santo eterno patto d'amicizia (amore tenero e puro). → aeternum hoc sanctae foedus amicitiae. ❖ Foedus = patto, si riallaccia ad un’altra parola nella cultura romana che è “fides” = fedeltà, lealtà e rispetto della parola data nei giuramenti. In guerra ad esempio, quando i romani risultavano vittoriosi potevano stringere un patto con i propri nemici e i nemici si sottomettevano alla fides (=lealtà) dei romani. C’erano determinate condizioni che non potevano essere rotte perché magari si era fatto un giuramento che creava un vincolo. La fides unisce anche uomini e dèi, nel senso che gli uomini quando vengono meno alla fides, vengono anche meno al rispetto della volontà divina, degli dei che presidiano ogni azione degli uomini. 16 Qui Catullo non può parlare di matrimonio, data la condizione giuridica e sociale di Lesbia, ma parla di foedus, di un patto d’amicizia che spera che sia eterno, perenne. Come se il rapporto tra due amanti assuma dei risolvi più ufficiali e sacrali, paragonabili con quelli del matrimonio. Qui uomo e donna sono in una posizione paritaria, perchè entrambi scelgono di stringere un patto d’amore, non è l’uomo che lo impone sulla donna. Lesbia può aderire al patto che viene reso attivo dal punto di vista religioso, come dimostra l’invocazione agli dei ❖ Di magni = o dei grandi → vocativo. Vengono invocati come garanti al patto d’amicizia tra Lesbia e Catullo. ❖ Situazione idilliaca in cui Catullo ha ancora speranza di preservare il suo rapporto con Lesbia in eterno, ma ben presto, questo va contro le sue aspettative. CARME 85: ODI ET AMO ➔ Versi che Catullo rivolge a Lesbia e indica la contraddizione di Catullo nel ritrovarsi legato ad una donna per cui l’amore è totalizzante e dall’altra parte la odia perchè è torturato dai tradimenti di Lesbia e sa che dovrebbe cessare questa relazione, ma non riesce perchè è l’amore che ha la meglio. CARME 11: Catullo sa che la relazione con Lesbia è giunta alla fine Furio e Aurelio, compagni di Catullo, sia quando penetrerà fra gli indiani più lontani, dove la costa è battuta dall’onda Eoa che riecheggia da lontano, sia fra gli Ircani o gli effeminati Arabi, sia tra gli Sciti e i Parti portatori di saette, sia alle (distese di) acque che il Nilo dalle sette bocche colora, sia che avanzerà fra le elevate Alpi, desideroso di osservare i luoghi della memoria del grande Cesare, il Reno Gallico e l'Oceano spaventoso e i lontanissimi Britanni, tutte queste cose, qualunque cosa comporterà la volontà degli Dei celesti, pronti a fronteggiarle, annunciate alla mia fanciulla poche non buone (cattive) parole. → non bona dicta Con i suoi amanti viva e se la spassi, che in trecento tiene insieme abbracciandoli, senza amarne in verità alcuno, ma allo stesso modo rompendo i reni di tutti; e non si si rivolga, come prima, al mio amore, che per colpa di lei è caduto (morto) come un fiore a bordo estremo del prato, dopo che è stato toccato dall’aratro che passa. ● Catullo usa molto le contrapposizioni per descrivere il suo stato d’animo: odi et amo. Catullo dice che il suo amore per Lesbia continua, brucia di passione per lei, ma non le vuole più bene → differenza tra amare e voler bene: il voler bene si basa sulla fiducia, su un rapporto di lealtà che Lesbia continua ad infrangere e di conseguenza Catullo dice che continua ad amarla, ma non le vuole più bene. ● Qui si rende conto che è arrivato il momento della separazione, d’altronde Lesbia aveva acconsentito a stringere il patto d’amore con il poeta, trasgredendo a quella posizione di fides che aveva con il marito, la sua condizione di matrona. ● Catullo sottolinea come la relazione sia giunta al termine ● Catullo si rivolge a 2 suoi amici: FURIO e AURELIO, sono due comites (=compagni, amici) a cui chiede di comunicare a Lesbia che il loro rapporto è ormai finito, di comunicare il brutto discorso = NON BONA DICTA = (parole non così belle) figura retorica che si chiama LITOTE: cioè un’attenuazione di qualcosa di negativo. C’è una differenza nel dire “è una persona non proprio simpatica”, dal dire “è una persona antipatica”. ● Giustapposizione di immagini forti e crude indirizzate ad una Lesbia infedele e un’immagine che il poeta rivolge a sè stesso in cui l’amore del poeta è paragonato ad un fiore reciso, calpestato da un aratro, i suoi sentimenti si annichiliscono con l’infedeltà della sua amata. ● L’idea che ci siano dei compagni di Catullo che trasmettano questo brutto messaggio e trasmettano la fine della relazione con Lesbia, fa riferimento ad una prassi esistente nella realtà: cioè il DIVORTIO PER NUNTIUM, cioè la separazione tramite un messaggero e questo veniva applicato nel caso in cui il marito dovesse trasmettere il messaggio di separazione in caso di adulterio da parte della moglio per mezzo di un messaggero, di un intermediario e questo in realtà afferma come Catullo paragonasse il rapporto con Lesbia come un qualcosa di estremamente stretto, non poteva coincidere con il matrimonio ma per Catullo il foedus aveva un valore sacrale. → importanza del rapporto, quasi sacrale per Catullo CARME 77: tradimenti di Lesbia nei confronti di Catullo, con anche una parte in cui Catullo sembra rivolgersi a Marco Celio, uno degli amanti di Lesbia-Clodia Oh Rufo, io mi sono fidato di te, come di un amico, ma senza frutto e inutilmente (senza frutto? che dico? l’ho pagata cara e salata), così ti sei insinuato nel mio cuore, e, bruciando ogni mio affetto, così hai strappato, a me infelice, ogni mia gioia. Sì, l’hai strappata, acerbo veleno della nostra vita. ohimè, infamia della nostra amicizia. ★ Rufo: identificato con MARCO CELIO RUFO, anche se in altri carmi di Catullo in cui viene nominato Celio, la sua identificazione non è certa ed è molto discussa dagli studiosi. ★ Il rapporto tra Celio Rufo e Catullo è problematico probabilmente c’era un’amicizia tra i due che viene meno nel momento in cui Clodia-Lesbia ha come amanti entrambi. Si parla proprio di un tradimento ★ Le ripetizioni a livello stilistico non sono casuali, per sottolineare la sofferenza e la rabbia che Catullo prova nei confronti di Celio. 17 Tito Livio scrive in età augustea, una fase della repubblica già in declino, tuttavia quando descrive l’inizio della Repubblica si può percepire una nostalgia verso questo sistema politico che era improntato sulla libertà. I,1-2: Livio mette una linea di demarcazione tra la monarchia precedente a Tarquinio e quella di Tarquinio il Superbo. Non ha un giudizio negativo sulla monarchia in assoluto, perchè i predecessori di Tarquinio avevano fatto riforme: Numa Pompilio aveva istituito gran parte delle festività e delle celebrazioni religiose, Servio Tullio aveva fatto delle riforme che avevano migliorato la struttura dell’assemblea cittadina e dell’esercito. → Non tutti i sovrani avevano agito in modo negativo, quindi la linea di demarcazione va messa solo all’ultimo sovrano. Tirannia = superbia → caratteristica di Tarquinio il Superbo MAGISTRATURE sono annuali, sono cariche pubbliche al servizio dello Stato. Annuaria perchè garantiva una rotazione di anno in anno. Non tutte le magistrature durano un anno, ad esempio il CONSOLATO sì, durava un anno con elezioni annuali. Non c’era una costituzione, ma c’erano leggi raccolte in tavole di leggi. Le norme del diritto iniziarono ad essere raccolte in libri successivamente, con il Codice di Giustiniano. I, 3: Bruto è sempre stato presentato come il personaggio liberatore della patria e la sua azione non avrebbe avuto senso se lui avesse tentato di scacciare monarchi diversi da Tarquinio il Superbo. Quando sale al potere il Superbo, secondo il sentimento repubblicano, a Roma regna la discordia e quando viene ripristinato l’ordine, la stabilità delle magistrature, alla superbia rientra la concordia → DISCORDIA E CONCORDIA sono due parole chiave del pensiero politico repubblicano >>> Nel momento in cui le magistrature e il popolo cooperano e non vi sono insoddisfazioni popolari e tutto viene gestito nei migliori dei modi, regna la concordia. Più uno stato è in concordia più risulta solido e forte nei confronti dei nemici esterni. Di solito, nei primi secoli della Repubblica la maggior parte degli attacchi esterni vengono imputati a una mancanza di concordia interna perchè i romani non riescono a fare fronte comune contro il nemico I, 7-8: imperium = potere. L’alternanza dei consoli, il cambiare console ogni anno non permette l’accentramento di potere nelle mani di una sola persona. Fasci = simbolo di potere In tempo di pace, i consoli esercitano a turno il potere supremo, proprio perchè erano 2. Mentre in guerra erano entrambi a capo degli eserciti per essere anche più forti e condurre le truppe contro i nemici. → IMPERIUM MILITARE E IMPERIUM DOMI (=civile, legato alle attività civili). Bruto tenne per primo i simboli di potere. I, 9: sentimento di odium regni. Motivo della LIBERTAS puntella tutto il testo. → Concetto attorno a cui gravitava la nuova forma di potere. I, 10: il senato era uno degli organi politici più importanti di Roma, aveva molte funzioni soprattutto in campo diplomatico: gestiva i rapporti con gli Stati esteri con cui Roma entrava in contatto (riceveva le ambascerie degli altri popoli che arrivavano a Roma) → in epoca monarchica era una sorta di consiglio formato da aristocratici che aiutavano il re nelle sue funzioni. “vi incluse i principali cittadini dell’ordine equestre” → anacronismo perchè Livio vive in età augustea, quando la Repubblica ormai volge al termine e inserisce elementi propri della sua epoca che nel 509 quando viene fondata la Repubblica non c’erano ancora: es questa fondazione dell’ordine equestre. I, 11: padri e coscritti = senatori → patres deriva dai senatori appartenenti alle antiche famiglie patrizie, quelle che erano più famose per antenati, mentre coscritti erano i membri del senato che furono aggiunti in un secondo momento. → è anacronistico far derivare i coscritti dall'ordine equestre perché non era ancora operante questa ripartizione all’interno del senato >>> elemento che ha origine posteriore. CETO EQUESTRE: anche chiamato ceto dei cavalieri perchè erano coloro che possedevano un’armatura e un cavallo e più avanti nella Repubblica si orientano verso attività economiche e commerciali tra cui anche l’esenzione delle imposte (=esattori), avevano funzioni legate all’ambito economico e che non sempre erano giusti siccome si intascavano parte di ciò che riscuotevano diventando ricchissimi. II,1: rex sacrificulus = re dei sacrifici → titolo più onorifico, re che aveva esclusivamente mansioni religiose perchè le mansioni politiche erano svolte dai consoli. Ci furono poi altri collegi sacerdotali tra cui quello dei pontefici, gestito e controllato dal pontefice massimo. Esistevano vari collegi dedicati alle divinità del pantheon romano, ciascun collegio si occupava di onorare una determinata divinità e i pontefici erano una figura autorevole nella religione romana. CACCIATA DI COLLATINO: secondo la versione di Dionigi da Alicarnasso si contrappone a Bruto perchè non era d’accordo nel mandare a morte i congiurati. Ma Livio attribuisce l’allontanamento di Collatino ad un’altra motivazione. Siccome il nome di Collatino era LUCIO TARQUINIO COLLATINO, questo nome infastidiva i romani perchè era considerato un ostacolo alla libertà, di conseguenza cacciato il Superbo rimaneva Collatino insieme a Bruto a regnare. Il nome Tarquinio era collegato all’odium regni e tutta questa situazione portava Collatino ad allontanarsi da Roma. Livio descrive e si dilunga nel delineare le circostanze di questo allontanamento perchè Collatino non voleva farlo e continua a giustificare questa sua azione con la paura che poteva suscitare il nome regio. Tutto ciò che poteva essere ricollegato alla memoria dei Tarquini doveva essere sradicato e quindi anche il primo console poteva essere considerato un pericolo. Collatino viene poi convinto dal suocero ad abdicare e ad abbandonare la città. Bruto poi continuando con questa motivazione bandisce tutti i Tarquini dalla città e nomina al posto di Collatino PUBLIO VALERIO PUBLICOLA come secondo console dopo un’elezione dei comizi centuriati. >>> Il comportamento di una gens era ereditato da tutti i membri → non si guardava all’individualità: Collatino come il suo membro della gens poteva comportarsi come lui e poteva essere un pericolo per la libertà della Repubblica. 20 Questo capitolo 3 del secondo libro è molto efficace perchè sottolinea sotto forma di antitesi le caratteristiche che dal punto di vista di Livio devono essere attribuite alla monarchia e quelle che devono essere attribuite alla repubblica. → vengono messe le basi per la congiura che verrà descritta. Alla monarchia di Tarquinio era ricondotta la LICENTIA = concetto negativo che si differenzia dalla libertas. La licenzia è la libertà di fare tutto ciò che si vuole senza il freno della legge. La LIBERTAS consiste nell’assicurare che ciascuno viva secondo la legge in armonia con le magistrature. La licenzia caratterizza i Tarquini, tutti agivano secondo i propri desideri, invece nella repubblica era la libertas il concetto governante perchè viene limitata dalla legge. L’antica licenza era quella che bramavano i seguaci di Tarquinio, mentre la libertà, quella della nuova repubblica, veniva percepita dai seguaci di Tarquinio come un limite. LEGGE = vista come un’applicazione cieca del diritto che non porta a fare eccezioni, mentre il RE può adirarsi e perdonare secondo il suo arbitrio → visione tendenziosa. Contrapposizione tra libertas e licenzia, diversa da quella che Livio aveva descritto nel primo paragrafo iniziale che rispecchia il suo pensiero più vero, cioè l’importanza della repubblica che ha soffocato la superbia dell'ultimo re. PRINCIPALI MAGISTRATURE: Dopo la fase monarchica, con la cacciata dell’ultimo re si forma la repubblica e l’ordinamento politico romano si basa sull’interazione fra 3 forse principali: 1. MAGISTRATURE: magistrati avevano una funzione pubblica e avevano diverse prerogative, ma tutte le prerogative militari che potevano esercitare i magistrati dovevano svolgersi al di fuori del POMERIO (=confine della città entro cui non si poteva entrare con le armi, zona sacrale.) Il pomerio in origine era lo spazio che correva intorno alle mura di Roma e poi assume dei significati diversi. Le prerogative militari dell’imperium dovevano essere svolte fuori dalla linea sacrale del pomerium. Nelle cariche pubbliche si distingue tra: a. magistrati superiori = avevano un imperium ed erano i consoli, pretori e censori i. Consoli: erano 2, stavano in carica un anno, avevano come funzione la gestione della politica, dell’amministrazione dello Stato, comandavano gli eserciti e potevano proporre delle leggi alla popolazione cittadina → funzione civica e militare ii. Pretori: stavano in carica un anno, in origine erano 2, ma il loro numero era abbastanza variabile, amministravano la giustizia civile e potevano anche sostituire i consoli quando questi erano lontani dalla città e più avanti amministravano i territori provinciali >>> Quando Roma si espande, organizza il suo territorio in province e i pretori potevano governare queste province iii. Censori: figure un po’ più a sé stanti, stavano in carica 18 mesi e venivano eletti ogni 5 anni tra gli ex-consoli. Organizzavano il censimento dei cittadini e avevano anche una funzione morale molto significativa, perchè dovevano controllare la moralità pubblica. Ad es. se uno dei componenti del senato si era distinto per una serie di atti inappropriati (corruzione, concussione, macchiarsi di crimini lesivi per la moralità pubblica) poteva ricevere una nota censoria e poteva essere espulso dal contesto dei senatori → censori intervenivano e controllavano l’operato dei politici e dei senatori b. magistrati minori = avevano delle competenze meno influenti sulla politica dello stato i. Questori: in origine erano 2, ma il numero varia nel tempo. Amministrano il tesoro dello stato e la giustizia penale ii. Edili: si occupavano della cura della città. Si occupavano dell’edilizia della città, della viabilità e dell’urbanistica. Organizzavano mercati, allestivano spettacoli, si occupavano delle attività legate alla vita cittadina e all’urbanistica c. Magistratura temporanea : veniva rivestita solo in casi di urgenza militare, politica e civile all’interno della repubblica ed era la DITTATURA → il dittatore stava in carica 6 mesi, la sua era una carica temporanea che veniva richiesta e dopo 6 mesi la carica cadeva. Ci sono casi di dittatore perpetuo, come CESARE. Temporaneità della carica legata a un’urgenza che di solito era militare. Alle dipendenze del dittatore c’era un maestro della cavalleria: gestiva le funzioni operative militari nel campo di battaglia. 2. SENATO: dopo la magistratura, gli ex-magistrati confluivano nel senato, il più importante contesto politico. Entravano a far parte del senato per diritto gli ex-magistrati e il senato si riuniva per esprimere pareri che spesso avevano un valore vincolante per i magistrati. Si esprimevano su problemi di politica interna e estera. Il senato dava continuità politica: la magistratura aveva una durata annuale, mentre il senato dava continuità perchè qui confluivano gli ex-magistrati e la politica romana doveva essere condotta da una politica stabile che non cambiasse ogni anno come i singoli magistrati. I senatori indossavano una toga detta LATICLAVIO = striscia porpora cucita sull’orlo della toga. Avevano privilegi: posti riservati agli spettacoli e alle cerimonie. In età monarchica i senatori formavano il consiglio del re e il loro numero aumenta progressivamente (100, 300, 600, 900 con Cesare, ma poi ridotti da Augusto a 600). Oltre agli ex-magistrati, più avanti rientrano nel senato anche ufficiali di origine italica, reclutamenti straordinari, ecc… I senatori potevano avere un controllo sulle uscite: destinare delle somme precise ai governatori delle province, potevano avere voce in capitolo sulle spese ordinarie. Avevano un controllo capillare in politica interna, estera e anche la linea politica e diplomatica di Roma. 21 3. POPOLO: si riuniva in assemblea, c’erano varie assemblee tra cui i COMIZI = assemblee cittadine con varie funzioni tra cui l’elezione dei magistrati in carica. Non tutte le assemblee potevano eleggere i magistrati superiori come i consoli, ma alcune erano deputate ad eleggere magistrati minori e altre con imperium maggiore. Esisteva una GERARCHIA DELLE MAGISTRATURE per poter ricoprire queste cariche pubbliche conosciuta come CURSUS HONORUM (da honores= cariche che danno prestigio): percorso che parte dalla questura, dalle magistrature minori e arriva fino al consolato, magistratura di vertice. Si poteva saltare qualche gradino del cursus honorum, infatti all'inizio della repubblica non c’è una gerarchia ben definita ma diventa completo intorno al IV secolo a.C. Ci sono regolamentazioni sulla gerarchia dal II secolo a.C. e poi anche nel I sec. a.C in una successione che vedrebbe: questura > edilizia > pretura > consolato > censura. Interazione tra magistrature, senato e popolo. 7.12.2022 CITTADINANZA ROMANA: Cittadino = civis in latino → cittadino appartiene alla comunità di cittadini = civitas >>> doppio significato: insieme di cittadini e cittadinanza. I cittadini avevano obblighi militari e fiscali, oltre che vantaggi a livello politico. Si poteva considerare cittadino colui che nasceva da giuste nozze, cioè da un matrimonio che rispondeva a regole fissate dal diritto, da padre e madre entrambi romani, oppure padre romano e madre latina o di origine peregrina (=ciò che non apparteneva alla comunità romana), ma questo poteva avvenire solo se c’era il diritto di connubio tra i 2, quindi la madre doveva appartenere ad un popolo che avesse il diritto di connubio, cioè la possibilità di sposare un romano. Ma era possibile assumere la cittadinanza anche per le categorie di persone che un tempo erano in status servile → gli schiavi che venivano liberati potevano ricevere la cittadinanza. = Gli schiavi affrancati, liberati si chiamavano LIBERTI. La cittadinanza data ad un liberto non era piena: c’erano delle eccezioni per cui non poteva accedere alle magistrature più importanti oppure il suo voto non aveva lo stesso peso del voto di un cittadino romano. C’erano dei limiti però il fatto che gli schiavi potessero essere affrancati dal dominus era un’istituto caratteristico della Roma antica, si parla infatti di manomissione dello schiavo , cioè liberazione dello schiavo dalla condizione servile. → Selva Gardena (autore latino) diceva che attraverso la manomissione un cittadino creava un altro cittadino. ALTRI MODI PER ACQUISIRE LA CITTADINANZA ROMANA: ● Potevano essere emanate leggi che concedevano la cittadinanza a determinati popoli e questo fu un processo che divenne più frequente man mano che Roma espandeva il suo dominio >>> cittadinanza ai popoli latini, agli italici → ci fu una progressiva espansione della cittadinanza anche se non sempre la cittadinanza comportava il diritto di voto: ad alcune popolazioni venne data la cittadinanza senza diritto di voto ● Nel tardo impero ci fu una legge che passò alla storia come Constitutio Antoniniana che concedeva la cittadinanza a tutti gli abitanti dell’impero (212 a.C.) Essere cittadino romano comportava avere diritti politici e civili, come: - diritto di contrarre matrimonio - diritto di esercitare la patria potestas sulla prole - diritto di stipulare dei contratti - diritto di proprietà di un bene - diritto di fare testamento - diritto di votare in assemblea - diritto di essere eletti, votati alle magistrature Tra gli obblighi c’era quello di leva, dover servire la patria con il servizio militare e pagare i tributi (tasse). Ci fu un momento della repubblica in cui il bottino accumulato nelle guerre, soprattutto quelle contro la Macedonia, contro Alessandro Magno, bastavano all’impero tanto che le imposte per un certo momento nella storia di Roma non furono chieste ai cittadini di Roma. CITTADINANZA: ★ Nascita ★ Affrancamento ★ Leggi (popolazioni) ASSEMBLEE POPOLARI: erano molte, ma le più importanti sono 3 1. COMIZI CURIATI: hanno un peso importante in età monarchica più che in età repubblicana, anche se continuarono a sussistere in età repubblicana ma perdendo ogni ruolo politico. In età repubblicana avevano solo delle funzioni in materia di diritto privato, quindi si occupavano di autorizzare delle adozioni, di norme in materia testamentaria, funzioni ridotte. In età monarchica avevano la funzione di suddividere le tribù in vari gruppi che serviva come base per reclutare uomini e creare l’esercito. → età monarchica: funzione di reclutamento militare /=/ età repubblicana: funzioni riguardo al diritto privato 2. COMIZI CENTURIATI: istituzione nasce nel 6 secolo a.C. e viene fatta risalire per tradizione al re Servio Tullio. Assemblea si basa su una particolare strutturazione dei cittadini che erano chiamati a servire la patria con il servizio militare. C’era una suddivisione della popolazione in 5 classi di censo, ognuna delle quali doveva fornire un determinato numero di uomini che cooperavano alla formazione dell’esercito. Un raggruppamento di uomini costituiva la centuria. La popolazione era divisa in 193 centurie. → centuria = unità di base dell’esercito composta da 100 unità di uomini. La prima classe di censo forniva 80 centurie, i cavalieri fornivano 18 centurie. → Questa suddivisione in centurie era importante per il sistema di voto perchè si andava a votare per centurie e in ordine gerarchico, quindi dalle classi più ricche a quelle più povere. >>> Disequilibrio nel sistema di voto perchè 80 centurie della prima classe + le 18 centurie dei cavalieri = 98 centurie che erano contro le 95 delle altre classi di censo 22 La religione non è una religione intimistica, separata dalla vita politica. MARCO FURIO CAMILLO: condottiero romano, importante per aver liberato Roma dal pericolo dei Galli. Nel 390 a.C. Roma venne invasa dai galli, messa a fuoco e il salvatore dei romani fu Marco Furio Camillo che riuscì a salvare la città e a fare in modo che non andasse in mano ai Galli. Marco Furio Camillo evitò che la città di Roma venisse riscattata dai Galli che si erano offerti di lasciare il territorio in cambio di un lauto riscatto, quindi i romani avrebbero dovuto pagare con l’oro il riscatto, Marco Furio interviene con un gesto che divenne proverbiale: disse di voler difendere l’onore della patria non con l’oro, ma con il ferro → Marco Furio Camillo scatenò il suo esercito contro i barbari trovando vittoria. Tuttavia la situazione è successiva alla vittoria dei romani sui galli, vittoria che i romani hanno esagerato moltissimo, perchè in realtà probabilmente i galli si erano allontanati oer altri motivi o che Roma può aver pagato i galli per allontanarli o perchè minacciati da altre popolazioni e quindi si allontanano volontariamente. → Manipolazione della storia, voluta dalle fonti per esaltare la forza e il prestigio dei romani. Episodio di Marco Furio Camillo manipolato dalle tendenze filo romane per esaltare i fatti. Una volta risolto il problema dei Galli, la popolazione di Roma viene sconvolta da una proposta: i tribuni della plebe propongono di abbandonare la città di Roma e trasferirsi in un’altra città: la città di VEIO, città di origine etrusca che i romani avevano conquistato da poco e che era una città bella e pronta che non aveva subito le devastazioni di incendi come Roma dopo il passaggio dei Galli. >>> Interviene allora Marco Furio Camillo con un discorso che dura circa 5 capitoli, in cui Camillo anzichè sottolineare motivi militari, fa perno sulle tradizioni religiose dei romani per convincerli a non abbandonare la loro patria e a convincerli a restare nell’urbe. – – – Tutti sono persuasi da Camillo che viene acclamato facendo accantonare la proposta. Discorso è il manifesto del MOS MAIORUM = (da mos= costume/ tradizione e maiores = padri) insieme delle tradizioni religiose, morali della città ed è considerato vincolante perchè si fa risalire all'antichità, agli antichi padri romani. Il mos maiorum è fatto di valori astratti come la fides, l’importanza della religione, il rispetto della volontà divina, il rispetto della parola data, atteggiamento serio e all'occorrenza misericordiosa nei confronti dei nemici, contegno frugale e moderato nel lusso. → Camillo richiama il mos maiorum nel suo discorso. TITO LIVIO: Storia di Roma e della sua fondazione, cap 49-54 Il discorso di Camillo viene manipolato da Tito Livio, non sono esattamente le parole di Camillo, il discorso viene rielaborato da Tito Livio. *1: La volontà degli dei accompagna le azioni umane e quando smette di accompagnarli, perchè i romani sono empi, viene meno anche il loro successo in guerra. *2: Tempio dedicato a Giove sul Campidoglio era il centro religioso e culturale, cuore di Roma, era la rocca che nemmeno i Galli erano riusciti a conquistare. Comportamento durante la guerra era conforme al mos maiorum: preservare ciò che c’era di sacro affinchè non cadesse in mano nemica. Cedere davanti ai Galli: interpretato come l’interruzione del volere degli dei. Contrapposizione tra: A. costume dei romani, ossequioso della religione e B. del valore in guerra rispetto al nemico, rappresentato come accecato dall’avarizia, dalla cupidigia dei Galli che erano pronti a mercanteggiare il valore di Roma con dell’oro . *3: Quiriti = romani Riferimento agli auspici e agli auguri che Romolo e Remo ricevettero dalle divinità prima di fondare Roma Calendario romano: distinzione tra giorni fausti e giorni infausti → nei giorni infausti non era permesso fare nulla, nemmeno un'assemblea politica, né andare in guerra >>> nei giorni fausti, al contrario, l’armonia con gli dei era attiva e gli dei accompagnavano l’operato degli uomini. Valore militare si accompagna allo scrupolo religioso, nonostante l'assedio i romani non smettono di onorare gli dei. Camillo ragiona per assurdo: tutti i riti legati a Giove o a Vesta non sono trasferibili, nascono a Roma e sono connaturati a Roma, sarebbe empio spostarli altrove. Camillo continua poi con altri esempi per dimostrare come l’abbandono di Roma, coincide con l’abbandono di una tradizione religiosa che sarebbe irrispettosa portare a termine, data al fatto che Roma è stat fondata in seguito a degli auspici e dato che tutti i romani hanno fatto durante l’assedio gallico. 12.12.2022 Importanza dei riti religiosi → motivo per non abbandonare Roma e trasferirsi a Veio Pulvinare = letto su cui si collocavano le immagini degli dei durante il lettisternio, una cerimonia religiosa, una specie di banchetto in onore della divinità → avveniva due volte all’anno: il 13 settembre, giorno della fondazione del tempio di Giove Capitolino, durante i ludi Romani e il 13 novembre durante i ludi plebei. Ancile = scudo → secondo la tradizione sarebbe caduto uno scudo dal cielo come pegno della protezione che il dio Marte offriva ai romani. Perchè non venisse rubato da qualcuno, il re Numa Pompilio (2° re di Roma), ne avrebbe fatti fare altri 11 uguali, in modo che quello originale fosse confuso con gli altri e ne venisse prevenuto il furto ed erano dedicate a Marte Gradivo >>> Gradivo è un epiteto che veniva rivolto alle divinità, deriva dal verbo gradior = camminare, alludendo forse al fatto che il dio Marte camminasse in battaglia affiancando i romani. Abitudini dei romani ad accogliere nuove divinità. Molte divinità del pantheon sono le stesse dei greci, ma hanno nomi diversi e molti altri dei derivano da culti religiosi orientali: ad es. nel 204 a.C. venne istituito a Roma il culto dedicato alla Grande Madre, Magna Mater, conosciuta in oriente come la DEA CIBELE , dea della fertilità, forse perché nel bel mezzo della seconda guerra punica, si era in una fase critica e i romani sembravano non essere ascoltati dalle loro divinità. 25 Ci furono dei culti che furono banditi: BACCANALI, in onore del dio Bacco, dio del vino, che secondo la politica romana del tempo, del II secolo a.C., erano riti che comportavano dei disordini pubblici, sovvertimento dei ruoli, sviluppi di comportamenti irrazionali sotto l’effetto del vino come riti orgiastici e secondo la mentalità romana potevano avere dei risvolti negativi. Camillo sottolinea come tutti i riti che sono nati a Roma, non possono essere trasportati a Veio: Vestali hanno una sola residenza a Roma, il flamine Diale si occupa del culto di Giove e non gli è permesso allontanarsi o uscire da Roma. La vittoria ottenuta con così grande fatica, non può essere vanificata dai romani e da queste proposte fuori luogo dei tribuni. L’orgoglio nazionalisticio che sottolinea Camillo assume un maggior peso quando viene paragonato ai nemici: i nemici hanno distrutto Roma, ma i romani hanno lottato per mantenerla sotto il proprio dominio e ora che i nemici se ne sono andati, i romani sono i primi a volersene andare dalla loro città? → i romani che si comportano così sono peggio dei barbari. Camillo persuade i romani a non andarsene. Il Campidoglio, la rocca su cui si innalzava il tempio dedicato a Giove, era ancora illeso, non era stato preso dai nemici quindi se il cuore pulsante di Roma c’era ancora non aveva senso trasferirsi. Il lessico incentrato sul sacrilegio è importante per dare solennità al discorso e soprattutto Camillo utilizza un termine cruciale quando si parla di religione: NEFAS e FAS. FAS: ciò che è lecito, richiama una serie di attività che sollecitano la buona volontà degli dei NEFAS: ciò che non è lecito, quindi ciò che è sacrilego → trasferirsi a Veio per Camillo è nefas, sacrilegio CAP. 55: Livio sottolinea come il discorso della religione fu uno dei principali che mosse la popolazione romana a rimanere a Roma. Quindi il fatto di menzionare la ritualità, le abitudini del costume dei romani, ha fatto presa sul popolo che alla fine ha deciso di ricostruire Roma e non trasferirsi a Veio. DALLA REPUBBLICA AL PRINCIPATO: CICERONE, SALLUSTIO, CESARE, VIRGILIO, ORAZIO Conflitto patrizi-plebei dovuto al volere dei plebei di una parificazione in ambito politico. → Conflitto si risolve nel III sec a.C. CONFLITTO OTTIMATI-POPOLARI: si sovrappone al dualismo tra patrizi e plebei. - OTTIMATI = conservatori della ricca aristocrazia, più intransigenti. Cicerone dà una definizione più fluida degli ottimati, dal suo punto di vista gli ottimati sono coloro i quali si comportano in modo da favorire e far prosperare la repubblica. Per i Cicerone gli ottimati sono i boni viri, cioè gli uomini buoni tant’è che include anche i liberti (= schiavi affrancati). - POPOLARI = gruppo che faceva gli interessi del popolo, facendosi anche promotore di iniziative demagogiche, soprattutto legate a distribuzioni gratuite di grano, fondazione di colonie, concessione e allargamento della cittadinanza non solo ai romani, ma anche agli italici → cercavano di proporre iniziative che colpissero l’iniziativa popolare. Potevano essere guidati da aristocratici. >>> es. Cesare, appartenente alla gens Iulia, una delle più importanti famiglie di Roma, aveva delle simpatie per i populares. Ottimati e popolari erano due visioni diverse della politica romana tra il II e il I secolo a.C. All’interno di questa contrapposizione si collocano delle personalità che nella storia si conoscono come HOMINES NOVI - homo novus = coloro che appartenevano ad una famiglia che prima di allora non avevano mai ricoperto delle cariche magistratuali → es. Cicerone è un homo novus, il primo ad intraprendere la carriera politica in famiglia. Passi avanti che alcuni settori dell’esercito avevano fatto: ● suddivisione in centurie → viene consentito in questo momento anche ai nullatenenti di arruolarsi, viene tolto il limite di censo per accedere ad una carriera militare, al servizio militare, proletari e contadini più poveri possono accedere al servizio militare. ● GAIO MARIO (homo novus) porta avanti una professionalizzazione dell’esercito, quindi la possibilità dei nullatenenti di accedere al servizio militare. La conseguenza di questa riforma è che l’esercito si lega molto di più alla figura del comandante perchè viene a crearsi un rapporto molto più stretto tra subordinato e generale e quindi dà la possibilità al generale di servirsi dell’esercito anche per interessi personali → rapporto che c’è tra alcune legioni dell’esercito romano legato a Cesare e l’esercito dei primi secoli della repubblica: c’è una forte differenza perchè prima di diventare dittatore perpetuo varca il Rubicone con le sue truppe = risultato di una relazione molto più stretta tra generale e truppe. Si parla di un maggiore personalismo nella gestione della politica militare romana. GAIO MARIO: è importante per aver risolto una guerra che vedeva impegnata Roma da un pò di anni contro GIUGURTA → re della Numidia (=zona dell’Africa nord-occidentale) che si era autoproclamato re perchè aveva usurpato il trono e rimandava di volta in volta con i romani perchè riusciva a corromperli con l’oro e di conseguenza i romani non aprivano nuovi fronti di guerra. La guerra contro Giugurta è oggetto di un’opera di SALLUSTIO che attraverso quest’opera denuncia la corruzione della classe senatoria da parte del sovrano della Numidia e alla fine il partito favorevole alla guerra prevale per motivazioni politiche e commerciali e Mario rappresenta il vertice di questo movimento e alla fine riesce a sconfiggere l’esercito della Numidia, ad avere la meglio e a trionfare sul nemico dell Numidia. >>> GUERRA GIUGURTINA a cavallo tra II e I secolo a.C. Il culmine del conflitto tra ottimati e popolari si ha quando Mario si scontra con un’altra figura: SILLA, membro del ceto più conservatore, ha avuto un ruolo anche nella guerra contro Giugurta. L’antitesi tra MARIO e SILLA è diventata proverbiale nella storia di Roma: Mario rappresentante dei populares e Silla dei conservatores . → Lo scontro assunse i connotati di una guerra civile perchè da un lato si schierarono i mariani e dall’altro i sostenitori di Silla, tanto che quando Silla era impegnato 26 nell’89 a.C. in una guerra sulle coste del Mar Nero, approfittando della sua assenza, i seguaci di Mario volevano sottrarre il comando della guerra a Silla e affidarlo a Mario; si crea un conflitto interno che si sovrappone a quello esterno e va avanti anche dopo la morte di Mario nell’86 a.C., ma Silla riesce a soffocare i mariani e diventa colui che ha il controllo degli equilibri politici. SILLA: ➢ Con Silla si entra in una fase di violenza, perchè Silla diventa dittatore, ma la dittatura è una magistratura temporanea, infatti Silla la riveste per un periodo limitato. Quando pensa di aver completato l’ordinamento e le riforme decide di ritirarsi e depone la dittatura. ➢ Silla dà una veste preferenziale agli ottimati e ai conservatori e limita i poteri dei tribuni della plebe che favorivano la fazione dei populares e rafforza moltissimo l’autorità del Senato, favorevole al ceto degli ottimati ➢ Crea delle LISTE DI PROSCRIZIONE = liste di persone considerate nemiche dello stato che potevano essere uccise impunemente e i loro beni potevano essere confiscati che andavano a finire nelle casse dello Stato. Furono molti i proscritti che Silla mise al bando → Liste di proscrizione attivate anche dopo Cesare, con Augusto e Cicerone morirà proprio così. ➢ SALLUSTIO scrive di Silla anche se vive nell’età di Cesare GNEO POMPEO: ● Smantella la svolta aristocratica che Silla aveva dato alla repubblica romana, ridando ai tribuni della plebe il loro potere → figura militare forte ● Grande generale a cui si devono molte vittorie contro i pirati e successi contro Spartaco nella rivolta di schiavi che ha tenuto impegnata Roma per 2 anni ● Pompeo raggiunge il consolato nel 70 a.C., ma la contrapposizione ottimati-popolari non ha ancora una fine. CICERONE (106-43 a.C.): oratore e avvocato nella Pro Caelio, scrive anche opere politiche, retoriche e filosofiche. Cicerone, vive in piena età repubblicana e dà la sua versione del conflitto tra ottimati e popolari. Cicerone scrive il DE REPUBLICA (54-51 a.C.) = sulla Repubblica, evoca l’opera di Platone sulla Repubblica, sull’idea di Stato ➔ 6 libri, arrivati a noi in modo frammentario a parte oltre i primi 2 ➔ Modello di riferimento: Platone, ha delineato un’idea di Stato utopistico, Cicerone secondo una mentalità romana più pragmatica e concreta immagina lo Stato come se effettivamente potesse operare nella politica concreta, non è ancorato a un’idea filosofeggiante di Stato ➔ Angelo Mai nel 1820 trova al di sotto di un testo di Agostino, che non centrava nulla con Cicerone, ampie parti del De Republica coperte da un’altro testo. → grazie la suo contributo si conosce un po’ di più della sua opera ➔ Cicerone teorizza una repubblica in cui le parti in lotta (ottimati e popolari-patrizi e plebei) possano vivere secondo una concordia delle classi. Lui parla di concordia ordinum, tuttavia ritiene che ci debba essere una figura autorevole che lui definisce rector o princeps (non inteso nel senso monastico, ma nel senso di persona importante, autorevole) che possa garantire l’equilibrio tra i vari poteri della repubblica. Uno dei principali pregi di Roma è la sua costituzione mista perchè contempera delle forme della monarchia (consoli hanno l’imperium), forme democratiche (assemblee popolari) e componente aristocratica (senato) → queste 3 parti, interagendo cooperano tra loro. Princeps-rector armonizza tutte queste parti di cui si compone la repubblica ➔ Opera ambientata nel 129 a.C. in una villa: la villa di Scipione Emiliano → protagonista di quest’opera e dialoga con vari amici e collaboratori. Punto fondamentale è il ruolo politico del saggio, di chi si occupa di far quadrare le varie classi della repubblica. Scipione l’Emiliano derivava da una famiglia illustre perchè era stato adottato dalla famiglia degli Scipioni ed era figlio di Lucio Emilio Paolo, ma fu adottato tramite la pratica dell’adoptio SOMNIUM SCIPIONIS = Il sogno di Scipione pag. 629 - Parte del De Republica tratta dal 6° libro (ultimo) - Episodio che racconta il sogno di Scipione l’Africano: eroe della 3a guerra punica con cui Cartagine viene distrutta definitivamente nel 146 a.C. - Durante questa campagna militare Scipione Emiliano sbarca in Africa e si reca presso il re della Numidia, antenato di Giugurta, che si chiama MASSINISSA, questo era già nella 2a guerra punica un alleato dei romani. → Prima la Numidia era alleata di Cartagine, ma poi si allea con i romani quando subentra la figura di Massinissa. - Massinissa ricorda la figura di Scipione l’Africano (vincitore di Annibale nella 2a guerra punica), nonno di Scipione Emiliano - Agli amici che sono con lui nella villa, Scipione racconta di aver avuto un sogno quando si trovava in Africa, probabilmente suggestionato dai ricordi che Massinissa si era scambiato con lui riguardo al nonno adottivo. - Massinissa entra a far parte del dialogo, non è un romano → strategia retorica importante perchè anche chi non è romano riconosce la validità e il valore dell’organizzazione politica dei romani >>> presenza di Massinissa non è casuale per Cicerone - Inizialmente parla Scipione l’Africano → sottolinea il legame di alleanza con la Numidia e con Massinissa - Scipione Emiliano dopo la conversazione con Massinissa sogna il suo antenato, Scipione l’Africano, suggestionato dal suo discorso con il re: il discorso diventa più incline ai riferimenti colti - Omero - Ennio : considerato da Cicerone il padre della letteratura latina, autore di un’opera frammentaria gli Annales scritta in una metrica che è comune ad Omero, cioè l’esametro → Ennio racconta di aver sognato Omero e in questo sogno Omero sembra che abbia dato ad Ennio una sorta di inserzione poetica e lui stesso si definisce un “secondo Omero” perchè scrive questo poema epico-storica e si ricollega alla tradizione omerica >>> Cicerone cita questo collegamento colto 27 con i complotto, scardina la tradizione, la legalità repubblicana e si contrappone al console, a Cicerone che si fa portavoce di questi valori. ★ Si rivolge di nuovo a Catilina. ★ codeste canaglie: tono più basso perchè pronuncia il discorso nel foro ★ Caratteristiche di Catilina: resistente al freddo, alla fame, alla sete – – – parallelismo con Sallustio ★ Cicerone sottolinea come Catilina fosse il leader della congiura da un lato, ma non nega che fosse anche piuttosto prestante dal punto di vista della resistenza fisica e anche del suo malaffare che per quanto fosse rivolto ascopi malvagi, dava prova di uno zelo instancabile. Quella che poteva essere una caratteristica positiva, attribuita a Catilina, assume una connotazione negativa, perchè catilina questo insonne zelo lo rivolge al male → aggettivazione abbondante (come nel caso di Clodia), variazione del lessico e lo dispone in modo non casuale. ★ scelus = termine più frequente per indicare il misfatto, qualcosa di negativo, qualcosa al confine con il sacrilego, illegalità, crimine, per dare un ritratto negativo di Catilina ★ Ripetizione non è casuale, è un artificio retorico per mostrare tutta l’importanza negativa di Catilina ★ accampamento di briganti = soldati in Etruria → Cicerone li descrive come dei briganti, non come dei soldati ★ Prove che lo hanno indotto a scoprire le trame di Catilina: una delegazione di una popolazione gallica, i galli allobrogi, che era una delle delegazioni che giungevano a Roma presso il senato, i catilinari cercano di corromperli per portarli dalla propria parte, tuttavia i galli rivelano i piani agli anti-catilinari mandandogli delle lettere e dei documenti che smascherano l’intento illegale. ★ Forma passiva dei verbi, ma il merito è tutto di Cicerone QUARTA CATILINARIA: L’ULTIMA PERORATIO pag 613 ➔ Tono di Cicerone diventa commovente e patetico ➔ Pronunciato in senato ➔ Siccome deve essere la stoccata finale verso Catilina, Cicerone ha bisogno di trovare l’appoggio e il consenso totale die senatori davanti a lui ➔ Già l'inizio è solenne ➔ vostra sicurezza = dei romani ➔ Rinuncia ad avere comandi provinciali per dedicarsi alla difesa dell’urbe ➔ La richiesta di Cicerone cela una professione di falsa modestia perchè ha grande opinione di sè, del suo consolato e vuole che anche quelli intorno a lui pensino la stessa cosa e condividano il suo ruolo salvifico per il ruolo della repubblica. ➔ Vertice del patetismo: Cicerone affida suo figlio ai senatori, nel caso in cui i sovversivi potessero avere il sopravvento → paradosso perchè la situazione dei catilinari non era così favorevole e Cicerone lo sapeva benissimo di avere la meglio – – – argomento patetico, funzionale alla sua strategia. ➔ Cicerone vuole sottolineare il suo ruolo salvifico e il tono patetico accresce il sentimento e commuove l’uditorio → funzione del movere è quella principale, come spetta ad ogni peroratio. ➔ Richiamo fortissimo al mos maiorum, il costume degli avi e ritorna anche il riferimento agli avi, alla religione, ai costumi domestici, lari e penati, santuari e templi che erano dedicati a varie divinità a Roma, il focolare domestico che richiamava quello della dea Vesta simbolo della patria >>> elementi che Cicerone era riuscito a salvare dalla brama di Catilina ➔ Conclusione: Cicerone si rimette alla volontà del senato e questo è prova di abilità retorica perchè si considera un attore nelle mani del senato, ma in realtà è lui che aveva tenuto le redini fino a quel momento della politica contro Catilina e anche dell’averlo mandato fuori da Roma e dell’aver arrestato gli altri capi della congiura ➔ Elemento patetico-drammatico e l’actio erano sentite e partecipate ➔ Discorsi messi per iscritto erano diversi e adattati per l’actio ➔ Tenacia di Cicerone nel combattere Catilina e nel stroncare ogni resistenza da parte dei congiurati gli provoca un esilio successivo perchè Cicerone vuole mandare a morte i congiurati senza che ci sia il diritto di appello e questo era qualcosa di straordinario, infatti la tradizione romana preferiva dare sempre il diritto di appello al condannato → Cicerone in virtù del pericolo di questi congiurati vuole evitarlo, mentre altri, tra cui Cesare, volevano solo confiscargli i beni e infliggere una pena più mite >>>> L’acerrimo nemico di Cicerone, Clodio, si appella a questo motivo per mandarlo in esilio negli anni successivi alle catilinarie Cicerone nasce nel 106 a.C. e muore nel 43 a.C. vittima delle liste di proscrizione di Cesare. SALLUSTIO: ❖ 86-35 a.C. ❖ Homo novus e simpatizzante di Cesare e dei populares ❖ 50 a.C. viene espulso dal senato per indennità morale → non era un esempio di moralità, viene riammesso in senato per intervento di Cesare ❖ Gli viene affidato il governo della provincia dell’Africa Nova che corrispondeva al regno di Numidia, ma anche qui viene accusato di malversazione durante il suo governo e interviene di nuovo Cesare, ma alla fine pur essendo salvato dalla condanna da Cesare si ritira dalla vita politica ❖ Una volta che si estranea alla politica si dedica alla storiografia, abbandona il negotium per dedicarsi all’otium, alla letteratura, alla storiografia ❖ Opere: ➢ GUERRA GIUGURTINA: descrive la situazione che si era creata tra romani e numidi (Giugurta sconfitto da Mario) ➢ BELLUM CATILINAE/ LA CONGIURA DI CATILINA: opera monografica in cui descrive solo la congiura di Catilina ■ Proemio dal tono molto filosofeggiante e all’interno Sallustio vuole giustificare la scelta di fare lo storico: i romani sono uomini d’azione, hanno la mentalità pragmatica e la missione più alta era dedicarsi alla politica e alla repubblica, allora Sallustio vuole giustificarsi dicendo che la situazione della politica è talmente corrotta, è in una situazione di decadenza morale che l’unico modo per venire in aiuto ai romani è quello di scrivere e dedicarsi alla storiografia perché ogni azione in politica non può essere estranea alla corruzione → detta poi da Sallustio che di corruzione ne aveva fatta parecchia, è paradossale. 30 ■ Opere hanno un taglio moralistico fortissimo. La storia e quindi la politica sono così giudicate tramite dei valori morali che sono traditi continuamente da questi politici corrotti che si lasciano trascinare dall’ambizione (ambitio), dalla cupidigia (avaritia) e dall’amore per il lusso (luxuria) → ambitio, avaritia e luxuria sono le cause della decadenza morale della repubblica per Sallustio ■ pag 515: Sallustio si descrive. Non nega di essersi lasciato trascinare da questa situazione di corruzione in cui versava Roma ■ Catilina per Sallustio è il punto di arrivo di questa decadenza morale, dei costumi e l’esempio più eclatante della decadenza di Roma. Catilina stravolge il mos maiorum e mette a repentaglio il nucleo di valori ancestrali dei romani e dà prova che l’avarizia, la cupidigia e l’ambizione portano a conseguenze disastrose ■ Sallustio tramite la storiografia ritiene di servire la respublica ■ L’otium è il modo per salvare l’immagine dell’uomo politico impegnato: non può più fare politica perchè la politica è corrotta, allora lo fa con la storiografia ■ C’è un momento cruciale in cui Roma ha iniziato a venir meno al suo mos maiorum: dopo la distruzione di Cartagine, 146 a.C.e da lì in poi i romani iniziarono a peggiorare perchè viene meno il metus hostilis (=paura del nemico) → quando viene meno la paura del nemico perchè i romani hanno raggiunto un grande traguardo distruggendo definitivamente i cartaginesi, la paura del nemico lascia spazio all’ambizione, all’amore per il lusso, alla volontà di voler sempre di più e questo porta a una corruzione dei costumi e delle abitudini sane che i romani avevano un tempo >>> Sallustio ha una visione pessimistica della politica e della storia contemporanea ■ Stabilisce di voler raccontare i fatti scegliendo, prendendo qua e là. Non racconta come Tito Livio, ma dà un taglio monografico alla sua storia, scegliendo la congiura di Catilina e la Guerra Giugurtina ■ Dedica a Catilina un ritratto molto acceso definito un ritratto paradossale perchè è fatto di una commissione di vizi, ma lascia spazio anche a qualche virtù (meno dei vizi), ma ne fa un ritratto più equilibrato. IL RITRATTO DI CATILINA: Pag. 537 ➢ Lucio Catilina discendente della gens Sergia, discendeva da uno dei compagni di Enea ➢ Malvagio e pravo (=malus colui che ha una natura cattiva e tutte le sue azioni sono volte al male, pravus) ➢ Antitesi del buon governo ➢ Aggettivi presenti nella descrizione di Cicerone: resistente al freddo, capacità dissimulativa che lo rende infido e inaffidabile perchè il suo obiettivo è sovvertire il governo repubblicano di Roma, impadronirsi del potere perchè mosso dall'ambizione che è pericolosissima per la repubblica ➢ Poca eloquenza perchè non è volta verso la salvaguardia della respublica ➢ Sallustio semplifica volutamente e attribuisce le azioni di Catilina a una corruzione di natura morale, natura prava e malvagia. ➢ Catilina è un esempio di una situazione già corrotta ➢ Cambiamento, involuzione della repubblica: da una situazione come la repubblica difesa da Bruto, il primo consolato di Bruto e Collatino ad arrivare al quadro istituzionale delle magistrature, al ruolo del senato, viene tutto a corrompersi a causa dell’ambizione, del lusso, della corruzione e di queste motivazioni che sono di natura morale → visione sallustiana che esaspera la situazione per giustificare la scelta personale di essersi allontanato dalla politica e anche perchè era funzionale a una scrittura coinvolgente nei confronti dei destinatari. >>> Motivazioni personali e retoriche. ➢ Contrasto tra una repubblica felice e ben strutturata rispetto a una repubblica in completa decadenza ➢ Regnum: paura dei romani di tornare a una monarchia e qui Catilina viene assimilato ad un nuovo Tarquinio che vuole aspirare al regno e la sua situazione deve essere stroncata → Cicerone entra qui come personaggio, come console che ha stroncato la congiura IL RITRATTO DEI CATILINARI: pag. 529 ● Differenza tra la descrizione di Cicerone e Sallustio di presentare i fatti: per Sallustio, il male che si irradia da Catilina è trasversale nella società romana, fa perno su una situazione di corruzione generale… per Cicerone, l’iniziativa era circoscritta a un leader e a pochi complici >>> Sallustio dà una motivazione più pessimistica di quella che dà Cicerone che sottolinea che l’iniziativa è frutto di pochi ● Popolazione romana ha un sentimento trasversale di corruzione ● Silla privilegiò moltissimo la casta senatoria rispetto a quella dei populares: riferimento alle riforme di Silla ● Sallustio non risparmia nessuno: i ricchi animati dalla cupidigia, la plebe che si fa trascinare da programmi demagogici e accogli i peggiori delinquenti e nemmeno i giovani hanno speranza perchè animati dall’otium, inteso come inattività, che subentra alla fatica, al servire la repubblica, alla coltivazione dei campi, che procurava una ricchezza onesta, infatti nella mentalità antica il pater familias aveva l’amministrazione di un podere e occuparsi della proprietà familiare era considerato qualcosa di onesto ● Dittatura di Silla e contrasti tra ottimati e popolari ha portato la repubblica a trovarsi in una situazione di completa instabilità in cui Catilina e i suoi hanno potuto troneggiare. ● Riferimenti al programma politico di Silla: proscrizioni e confische di beni che ormai erano all’ordine del giorno e questo acuiva il sentimento di lotta e contrasto nella repubblica ● Repubblica esce lacerata dai contrasti tra fazioni opposte → esempio della corruzione che imperversa nella repubblica. Cicerone non aveva una visione così pessimistica della repubblica, come Sallustio. >>> Anche Cicerone era cosciente della situazione di corruzione e degradazione progressiva che si stava imponendo nella società romana. 14.12.2022 OPERA GIUDIZIARIA DI CICERONE: IN VERREM Cicerone nella sua produzione differenzia l’oratoria di stampo politico da quella di carattere giudiziario. Le orazioni di carattere politico sono tenute davanti al senato o davanti al popolo e sono definite orazioni deliberative. Le orazioni giudiziarie necessitano di un capo di imputazione preciso e si svolgono tenendo conto di una parte di accusa (riguardi al crimine compiuto), deve esserci un colpevole e poi il difensore che ne assuma le parti. → Assumere le parti del colpevole era più prestigioso e complicato e il ruolo del difensore era considerato appannaggio di un oratore esperto. Di solito, infatti, si iniziava la carriera all’interno dei tribunali come oratori (=moderni avvocati), facendo la parte dell’accusatore che richiedeva meno strategie retoriche e abilità;, mentre nella difesa bisognava aver maturato una certa esperienza nel campo. 31 Cicerone in una delle varie orazioni giudiziarie recepisce le lamentele della popolazione siciliana che erano ormai prostrati dalle continue ruberie, dai continui tentativi di corruzione che stava svolgendo il governatore della sicilia: GAIO VERRE. Cicerone pronuncia e mette poi per iscritto un gruppo di orazioni che sono conosciute come IN VERREM oppure come VERRINE, cioè le orazioni contro Verre. → risalgono al 70 a.C., qualche anno prima alla congiura di Catilina e alle Catilinarie (63 a.C.) L’accusa contro Verre era l’accusa di de repetundis (=concussione). Sono in tutto 3 orazioni: 1. La prima è conosciuta come DIVINATIO IN CAECILIUM, cioè visto che Verre era stato accusato di questo crimine piuttosto grave bisognava che qualcuno assumesse ufficialmente di pubblica accusa ed era stato proposto oltre a Cicerone un certo CECILIO che a quanto pare era un accusatore compiacente dell’imputato e quindi un accusatore come Cecilio avrebbe favorito sicuramente la causa di Verre perchè era un po’ colluso con la sua schiera. Cicerone riesce a prendere l’incarico, ad avere la meglio in questa sorta di primo scontro oratorio e riesce così ad assumere pubblicamente l’accusa. 2. ACTIO PRIMA: tenuta in tribunale. Fu breve ed efficace perchè Cicerone non discute in modo dettagliato tutti i capi d’imputazione, tutte le accuse e tutti i crimini di Verre rimandandole ad un momento secondario, ma parte con l’interrogazione dei testimoni e questo stravolge la prassi tradizionale, vuole subito giungere alla discussione delle prove e dei testimoni in modo da incastrare immediatamente l’imputato → questa strategia ha successo 3. ACTIO SECUNDA: ebbe un’elaborazione in forma scritta perchè già con l’actio prima Cicerone riuscì a cogliere e a raggiungere il suo obiettivo, cioè quello di mandare Verre in esilio → Verre si allontana da Roma e preferisce l’esilio perchè il discorso e la strategia fu così abile da rendere superflue le altre orazioni che elabora in forma scritta. Sono su varie argomenti in cui sottolinea le nefandezze e i crimini di Verre in Sicilia. ACTIO PRIMA: pag. 584 + 590 Nel tratteggiare il ritratto di Verre ci sono anche dei punti in comune con Catilina proprio perchè Verre prima e Catilina poi, in maggior misura, rappresentano due esempi di come non deve comportarsi l’uomo di stato; è l’anti-modello di quello che Cicerone ha presentato nel De Republica. ★ Non cita Verre per nome ★ Tono aggressivo ★ Verre aveva preso il potere della Sicilia 3 anni prima dell’orazione ★ Verre amministra la giustizia in modo del tutto arbitrario e porta ad un rovesciamento della tradizione. Giustizia sommaria e un rovesciamento dei ruoli: i delinquenti sono assolti dietro versamenti di denaro ricordano i briganti a cui faceva riferimento Cicerone nelle Catilinarie per identificare i seguaci di Catilina ★ Verre era pretore (magistrato maggiore) ed era mandato come governatore della Sicilia. La provincia inizialmente indicava il campo di azione di un magistrato, generalmente un pretore o un console, poi quando Roma si espande, provincia va ad indicare anche il territorio concreto su cui si esercita il potere. La Sicilia è una delle prime province che viene annessa al territorio di Roma e venivano mandati dei rappresentanti a governare e ad amministrare. ★ Sovrani = che avevano tenuto controllo delle grandi città come Agrigento, Siracusa nel VI secolo a.C e anche più avanti ★ Verre non ha rispetto per l’arte, per i monumenti che vennero restaurati dai generali ★ Contrapposizione con generali romani che sono rispettosi del mos maiorum e Verre che non si comporta da romano non avendo rispetto di ciò che identifica l’identità dei romani ★ Oltre ad essere corrotto politicamente è anche empio perchè giunge a depredare i santuari, simbolo della religione e quindi il concetto definito come pietas (= devozione verso la religione tradizionale e verso anche la famiglia e la patria) → essendo privo di pietas si dà alla depredazione di tutto ciò che era sacro. ★ Strategia oratoria: non voglio dire ciò che alla fine dico per accrescere la suspense del discorso, tacere qualcosa per poi metterla in posizione finale e dare un peso. ★ Corruzione di Verre si propaga a macchia d’olio e colpisce giudici e avvocati → aveva un’organizzazione perfetta del suo malaffare: un po’ lo teneva per sè, un po’ lo dava ai suoi alleati e poi corrompeva anche giudici per non entrare in queste condizioni in cui Cicerone lo ha posto. ★ Strategia retorica: paradosso di Cicerone consiste nel dire che forse si dovrebbero abolire i processi per concussione perchè almeno i governatori avrebbero rubato soltanto per sè stessi e non per tutti a quelli a cui avrebbero dovuto dare del denaro per corromperlo e quindi ci sarebbero stati meno corrotti >>> paradosso vero e proprio: meno processi per corrompere meno persone. Cicerone usa questo paradosso perchè spera di colpire i giudici che stanno giudicando Verre perchè si comportino in modo differente dai giudici e dagli avvocati che Verre in quel triennio in Sicilia aveva corrotto. – – – Potrebbe essere una captatio benevolentiae per cercare di portare dalla sua parte i giudici e farli comportare diversamente da quelli corrotti da Verre | Cicerone ovviamente non vuole abolire i processi di concussione, ma vuole sottolineare come la corruzione si sia infiltrata anche in quella che doveva essere la legalità per eccellenza, cioè il processo. ★ Cicerone continua poi in modo fortemente ironico e porta agli estremi il paradosso di cui parlava prima ★ Il paragone che Cicerone fa è provocatorio perchè paragona la giuria all’imputato per sottolineare come loro hanno il compito di comportarsi in modo esattamente opposto a quello di Verre ★ Tutti questi artifici che portano ad amplificare la corruzione di Verre sono abbastanza utopici nelle sue orazioni: l’aggettivazione abbondante, esclamazioni per dare enfasi al discorso, uso del paradosso e dell’ironia che fanno anche parte del delectare. Periodare ampio e complesso ACTIO SECUNDA: pag. 593 → TORTURA E MORTE DI UN CITTADINO ROMANO ● Tono analogo all’actio prima, ma qui c’è il filtro letterario 32 le sue responsabilità lo fa eccedere nell’orgoglio perchè non sopportava che nessuno gli fosse superiore nell’astuzia e nell’attività ➔ consilium = piano, astuzia, macchinazioni di Silla per raggiungere i suoi obiettivi politici ➔ Ritratto di Silla meno oscuro di quello di Catilina che è il male assoluto della repubblica. Silla ha un ritratto paradossale, con aspetti negativi ma le virtù sono molto più enfatizzate rispetto a quei piccoli elementi positivi che si potevano intravedere nel ritratto di Catilina ➔ Ritratto di Mario in cui Sallustio sottolinea l’essere homo novus che si pose in testa all’esercito romano contro Giugurta non in nome dei suoi antenati, ma del suo valore e prestanza militare che lo hanno portato ad ottenere ottimi risultati. ➔ Visione fortemente pessimistica di Sallustio della storia di Roma che attingeva ad un fondo realistico: la corruzione effettivamente c’era, anche se le cause sono di natura morale per Sallustio ➔ Silla muore poco dopo aver deposto il potere dittatoriale, nel 78 a.C. PANORAMA DELLA FINE DELLA REPUBBLICA E L’INIZIO DELL’IMPERO: POMPEO E CESARE Dopo la morte di Silla rimangono le sue riforme in vigore che avevano indebolito la fazione dei populares. C’era un generale malcontento tra la plebe e i populares che non si sentivano rappresentati da queste riforme che avevano rafforzato la componente conservatrice del senato limitando le prerogative dei tribuni della plebe e con le liste di proscrizione → riforme forti Le lotte interne tra schieramenti politici si intrecciano con problemi di politica estera: ci sono vari fronti a cui i romani devono fare attenzione: 1. In Spagna dove si crea un movimento di secessione ad opera di uno dei seguaci di Mario: SERTORIO che cerca di instaurare una forma di governo, un regime nell’attuale Portogallo cercando di tessere delle alleanze tra la classe dirigente romana e i capi locali. Creare un governo separato da Roma era una minaccia che non poteva essere tollerata nella gestione del potere repubblicano e viene a crearsi una guerra che durò 4 anni (76 a.C-72 a.C.) dove grande ruolo nella vittoria spettò ad un generale: GNEO POMPEO GNEO POMPEO: a partire da questi anni accumulò moltissime vittorie militari che lo rendono uno dei più potenti di Roma perchè anche a Pompeo si deve la sconfitta definitiva della rivolta degli schiavi capeggiati da SPARTACO → gladiatore di origine tracia che cercò di coagulare una gran parte degli schiavi del meridione per cercare di opporsi al potere centrale e ottenere una lotta interna >>> crea una ribellione degli schiavi che di solito erano facilmente represse, ma nel caso di Spartaco fu una ribellione organizzata che impegnò l’esercito romano per più di 2 anni, nonostante i mezzi a disposizione degli schiavi non fossero pari a quelle dei romani. ➢ Pompeo fu particolarmente attivo assieme a CRASSO, generale dell’epoca. Prima Crasso e poi Pompeo sconfiggono completamente gli schiavi e Spartaco. ➢ Dopo aver ottenuto queste vittorie, Pompeo ambisce alla carica più alta di Roma, cioè il consolato, anche se non ha compiuto tutto l’iter delle magistrature precedenti per accedere alla carica. ➢ Pompeo cerca l’appoggio di uno degli esponenti politici più influenti del tempo che era molto ricco e appoggiava i cavalieri, l’ordine equestre (ceto di affaristi, riscuotevano le tasse e si arricchivano) → Crasso appoggiava questo ceto, aveva delle immense ricchezze e poteva garantire anche a Pompeo il supporto necessario per avere dei riconoscimenti pubblici ufficiali tramite il consolato. ➢ Pompeo pur essendo un aristocratico in parte di origine sillana e ha capito che non puo’ portare avanti la politica di Silla se vuole conservare il potere, ma ha bisogno di nuove alleanze e di contare su nuove forze politiche, tra cui quelle dei cavalieri, del ceto equestre e di emanare riforme che sedino il malcontento della plebe all’indomani delle riforme di Silla. >>> Deve mediare tra le forze in campo, ci riesce e infatti nel 70 a.C. Pompeo e Crasso sono nominati consoli di Roma. ➢ Le leggi emanate sono favorevoli ai populares e smantellano l’apparato aristocratico, conservatore che aveva creato Silla: ★ Ripristinate le prerogative dei tribuni della plebe ★ Controllo dei tribunali che Silla aveva dato in mano al ceto più conservatoriale senatoriale, adesso le giurie sono controllate per ⅓ dai senatori e ⅔ dai cavalieri ★ Ripristina la censura di un tempo che Silla aveva ridotto notevolmente e fa sì che anche gli italici vengono censiti nelle tribù dell’urbe → integrazione era ben vista dal popolo romano ➢ Dopo aver raggiunto questa posizione di vertice, Pompeo è impegnato sul fronte della politica estera e sono molti i successi che ottiene: ● 3 anni dopo il suo consolato, ottiene dei poteri straordinari per combattere contro i pirati che infestavano il Mediterraneo e anche qui riesce a debellare il pericolo dei pirati ● Vittorie in Oriente contre il Re del Ponto che si affacciava sul Mar Nero ● Riduce la Siria a provincia romana ● Estende il dominio romano anche su alcune parti della Palestina ➢ Pompeo organizza le sue conquiste in un modo in cui il senato avrebbe potuto accettare anche perchè il senato era abbastanza spaventato dall’enorme potere personale che si stava accumulando nelle mani di Pompeo dopo questi successi e il processo di fedeltà delle truppe verso il comandante diventava sempre più stretto → si crea un esercito al servizio del leader di riferimento che con grande carisma può anche marciare sulla città di Roma e imporre il potere e anche Pompeo qui avrebbe potuto farlo, grazie ai suoi successi. MA sceglie di non farlo, sceglie di rispettare la legalità repubblicana e torna a Roma in cerca di nuovi alleati: Crasso e CESARE. ➢ Pompeo vuole che i suoi veterani ricevessero delle terre in compensazione del servizio militare prestato e anche su questo il senato si era mostrato intransigente e allora Pompeo cercava degli appoggi nel coronare i suoi obiettivi. Alleanza tra Cesare, Pompeo e Crasso si realizza nel 60 a.C. e prende il nome di TRIUMVIRATO: era un patto, un accordo privato tra queste 3 grandi figure. L’obiettivo del patto era che ciascuno dei contraenti potesse raggiungere il proprio obiettivo: Cesare il consolato e il controllo delle Gallie, Pompeo voleva dare le terre ai veterani e Crasso oltre ad arricchirsi ulteriormente, voleva intraprendere una spedizione in Oriente contro il Regno dei Parti (dinastia di origine iranica con radici persiane) che era uno dei nemici più acerrimi dei romani. Questo equilibrio che si era creato non era ben visto dal ceto più conservatore, tra cui Cicerone che stava lavorando per scoprire e sventare ed espellere Catilina e non vedeva di buon occhio questo eccesso di potere e che questa elite stavano accumulando nelle proprie mani. → Andava contro le sue idee 35 CESARE: ● Cesare aveva iniziato la sua carriera politica ricoprendo il ruolo di pontefice massimo e pretore ● Ambisce al consolato per il 59 a.C. , l’anno successivo ● Chiede anche che gli venga dato il comando delle Gallie per i 5 anni successivi ● Cesare ottiene il consolato nel 59 e il comando delle Gallie ● Una volta console fece immediatamente approvare i provvedimenti di Pompeo in Oriente che consistevano nel dare prerogative ad alcune nobiltà locali e fece in modo che questi li mantenessero, diede l’indipendenza ad alcune città che prima facevano parte del regno di Siria, aveva unito due regioni in Ponto e la Bitinia in un’unica provincia sotto il controllo di Roma, oltre a fare in modo che i veterani ottenessero le proprie terre. Anche la plebe fu beneficiata di alcune concessioni agrarie per sedare un po’ gli animi. Crasso ottenne una serie di agevolazioni fiscali per il ceto equestre → Questi accordi furono duraturi e furono rinnovati nel 56 a.C. con ulteriori proroghe di questi equilibri. ● Con il rinnovo del primo Triumvirato, Crasso e Pompeo sono eletti consoli per il 55 e Cesare ottiene un'ulteriore proroga nel comando in Gallia (58-50 a.C.) perchè riesce a pacificare la Gallia transalpina Ci sono degli aspetti che vanno a turbare gli equilibri: 1. Crasso parte per la campagna in Oriente contro i Parti e muore in guerra nel 53 a.C . → ci fu una disfatta dell’esercito romano e i Parti prendono le insegne dei romani >>> sconfitta molto dura. Vengono fatte delle trattative in epoca successiva per recuperare le insegne che erano cadute in mano nemica 2. Situazione a Roma di pericolo : Cesare era in Gallie e la situazione delle fazioni politiche non era migliorata per nulla c’erano i conservatori/aristocratici che lottavano contro i populares Vista la situazione di fragilità, il senato nomina nel 52 a.C. Pompeo console senza collega (consul sine collega) fatto dirompente rispetto alla tradizione repubblicana perchè i consoli erano sempre stati 2. Pompeo aumenta la sua influenza politica e militare e si crea il terreno per uno scontro tra Cesare e Pompeo. Cesare finisce le sue operazioni in Gallia nel 50 a.C. e rientra a Roma con la volontà di farsi rieleggere console. Questo comportava andare a Roma senza un esercito al suo seguito perchè non si poteva entrare con le armi a Roma. Avrebbe dovuto presentarsi come un cittadino, ma Pompeo d’altra parte aveva creato una vasta rete di appoggi mentre Cesare era in Gallia e questo era uno squilibrio che Cesare non voleva sopportare → Forte del potere che aveva sulle truppe, decide di varcare il confine e viene ricordato nella storia come Giulio Cesare che attraversa il Rubicone, il confine tra la Gallia cisalpina e Roma. Cesare attraversando il rubicone viene considerato una sorta di nemico pubblico e di conseguenza si creano le condizioni per una guerra civile tra Cesare e Pompeo. Pompeo diventa il simbolo delle istituzioni repubblicane e del senato, Pompeo però si rifugia, fugge verso l’Oriente e Cesare apre molti fronti di scontro con le truppe seguaci di Pompeo. Perchè prima di seguire Pompeo sconfigge una serie di resistenze pompeiane in Spagna, poi in Grecia e lo scontro definitivo avviene nel 48 a.C. con la BATTAGLIA DI FARSALO, in Tessaglia che porta alla sconfitta di Pompeo ma non dei pompeiani che saranno poi sconfitte tra il 48-47-45 a.C. con una serie di scontri successivi. Pompeo viene ucciso a tradimento non da Cesare, ma dopo la sua sconfitta a Farsalo, Pompeo fugge in Egitto e qui viene ucciso a tradimento da Tolomeo che voleva ingraziarsi il favore dell’altra parte, di Cesare. Cesare, ormai vincitore assoluto, viene nominato dittatore nel 48 a.C.con rinnovi nel 46 e nel 44 a.C. dove viene nominato dittatore perpetuo e imperator → carica che mantenne a vita. Non vuol dire imperatore, ma comandante, generale e dà luogo ad una serie di riforme: - Cerca di mediare tra le forze aristocratiche e popolari - Basa questa sua politica sul perdono e sulla clemenza degli avversari → molti che si erano schierati a favore di Pompeo, tra cui Cicerone stesso, viene perdonato da Cesare. Cesare li riammette a Roma, non fa delle liste di proscrizione come aveva fatto Silla vittorioso contro Mario >>> politica di clemenza: risparmia i vincitori e li reintroduce a Roma. - Aumenta il numero dei senatori portandolo a 900 e inserisce molti suoi ufficiali - Distribuzione delle terre che piacque agli italici e ai popolari - Fondò delle colonie soprattutto nelle province e non ne territorio italico perchè non era in mano ai grandi proprietari terrieri e togliere queste terre avrebbe voluto dire guadagnarsi il malcontento della parte più conservatrice e quindi le colonie vennero fondate maggiormente nelle province - Cercò di aumentare le entrate e diminuire le uscite → diminuì le elargizioni gratuite di frumento + Impone delle tasse e dei dazi sulle merci che venivano importate Nonostante le riforme di Cesare, gli ex sostenitori di Pompeo, gli aristocratici, tutti coloro che vedevano un tradimento nella figura di Cesare, della vecchia legalità repubblicana, organizzano una congiura che ha un esito positivo per i congiurati perchè Cesare viene ucciso nelle idi di marzo del 44 a.C., poco dopo che diventa dictator perpetuus, da 2 congiurati tra cui alcune persone che gravitavano intorno alla sua cerchia: BRUTO → tradisce Cesare e coopera con i congiurati che lo vedevano come un pericolo per un’idea di repubblica che probabilmente alla fine del I secolo a.C. era un pò anacronistica perché non c’erano più le condizioni come nel III-II secolo in cui la repubblica aveva un’altro volto (maggiore rispetto delle istituzioni, no lotte tra fazioni così aspre). Eredità di Cesare da chi viene presa? Come viene gestita? Chi prende in mano le redini di Roma? >>> Cesare aveva fatto un testamento, aveva adottato un certo GAIO OTTAVIO, conosciuto come OTTAVIANO, ma c’era anche un altro suo ufficiale, che aveva combattuto con lui, MARCO ANTONIO che aveva una certa influenza → si creano nuovi fronti di contrapposizione. CESARE: uomo politico e autore di 2 opere: DE BELLO GALLICO e DE BELLO CIVILIS conosciute con il nome di COMMENTARI >>> Sono una sorta di forma ibrida tra il diario privato del generale che annotava volta per volta i suoi risultati militari e la narrazione storica. Non hanno però la prefazione con cui lo storico sottolinea i suoi intenti, come aveva fatto Sallustio. 36 Cicerone ha parole di elogio verso lo stile dei Commentari che definisce uno stile elegante, essenziale, che non è affatto trascurato pur facendo parte del genere dei Commentari. Cesare scrive in terza persona per dare maggiore patina di obiettività. DE BELLO GALLICO: riguarda la campagna in Gallia ed è composto da 7 libri. Aggiunto un 8° libro non ad opera di Cesare, ma di un suo luogotenente. I primi 7 libri vanno dal 58 al 52 a.C., mentre l’ultimo copre gli anni dal 52 al 50 a.C. quando Cesare termina il suo comando in Gallia. Qui vuole esaltare la sua opera di generale cercando a tutti i costi di nascondere come questa guerra contro i Galli avesse dei risvolti fortemente imperialistici, prevale l'intento apologetico, di difesa del generale, vuole sottolineare come il suo intervento nella Gallia transalpina fosse doveroso e necessario → più volte infatti Cesare sottolinea che il suo intervento in Gallia è dovuto perchè alcune popolazioni nella Gallia Narbonese era messa in pericolo da alcune popolazioni germanico-galliche e interviene militarmente per dare aiuto ai galli narbonesi >>> può essere una giustificazione, oppure la verità, ma il fatto che Cesare insista molto su questo aspetto fa pensare che i risvolti imperialistici c’erano eccome. Ci sono parti che descrivono le tattiche militari, gli scontri con le popolazioni germaniche, galliche, spedizioni in Britannia. Non mancano degli excursus di tipo etnografico, cioè per descrivere usi e costumi di queste popolazioni con una visione romano-centrica: le popolazioni sono presentate come dei Barbari che pur avendo un’organizzazione interna si dedicano a pratiche che agli occhi dei romani sono considerate disumane (sacrifici umani). La battaglia definitiva che porta al trionfo di Cesare sui Galli avviene nella città di ALESIA che è una roccaforte dove si riuniscono tutti i galli che sono al seguito di uno dei capi galli più famosi: VERCINGETORIGE. RITRATTO DI VERCINGETORIGE: pag. 466 ➔ Capo degli Arverni = popolazione gallica stanziata nella zona del massiccio centrale ➔ Organizza la resistenza gallica contro Cesare ➔ Simbolo del nazionalismo francese e di libertà, di lotta contro gli invasori ➔ Cesare parla di popolazioni barbare, ma lo fa con un lessico romano che descrive la colpa del padre di Vercingetorige come la colpa di bramare al regno, cioè del crimine di adfectatio regni ➔ Non tutti i galli erano d’accordo con il volere di Vercingetorige ➔ V. presentato come un capo che riesce a guadagnarsi il favore dei suoi seguaci, delle sue truppe per l’obiettivo comune della libertà che anima il re degli Arverni e che gli procura il titolo di re degli Arverni e dei Galli → Aggrega a sè alcuni popoli e ottiene il comando della guerra ➔ Sembra una descrizione innocente quella di Cesare, ma c’è un pò di diffidenza nei confronti del capo che pur avendo unito i galli contro i romani, ha degli atteggiamenti disumani nei confronti di chi viola le sue norme. L’andare nel particolare sottolinea l’estraneità dei romani a questo costume che poteva sembrare eccessivamente crudele. → Punto di vista filo-romanico. ➔ L’ultimo paragrafo dimostra come Vercingetorige fosse un barbaro a tutti gli effetti, con questi costumi eccessivamente disumani. ➔ Poi parla di un altro capo di galli che ha dei tratti di cannibalismo nei confronti gli uni tra gli altri. ➔ L’elemento etnografico viene sommato a una capillare organizzazione capillare militare di Vercingetorige: esaltare la capacità militare del nemico per Cesare, era anche un modo per enfatizzare la sua superiorità perchè non ha sconfitto un nemico disorganizzato ma aveva un obiettivo preciso in mente, la libertà dei galli e soprattutto aveva organizzato una difesa salda. Aspetto per nobilitare l’impresa di Cesare LA CITTÀ DI ALESIA: pag 467 Descrizione di come i romani e Cesare si impadroniscono dell’ultima roccaforte dei galli e cosa succede a Vercingetorige. La città di Alesia (oggi Alise-Sainte-Reine, vicino a Digione) è descritta come un oppidum = roccaforte, città fortificata diverso da urbs = città (Roma). Alesia si trovava alla sommità di un colle davanti al quale c’era una distesa: i nemici hanno costruito un fossato e un muro edificato a secco, con pietre non unite da collante. L’assedio di Alesia fu piuttosto complicato perchè il discorso del capo gallo Critognato sul cannibalismo è dovuto alla situazione di difficoltà che i galli stavano attraversando, di impossibilità di rifornirsi e c’era o l’opzione della resa al nemico che al momento non era contemplata o quella di cibarsi dei compagni più deboli. → Alla fine le truppe di Vercingetorige sono sconfitte attraverso un progressivo annientamento, i galli svolgono delle sortite dopo aver avuto rinforzi, ma Cesare riesce sempre a bloccarli con l’aiuto di una cavalleria abilissima che segna stragi perchè avevano un’altra tattica e un’altra tecnica militare. I capi galli vengono catturati dopo queste stragi della cavalleria cesariana e alla fine anche Vercingetorige viene catturato. Nell’ultimo paragrafo Cesare descrive la resa del suo nemico e l’ultimo momento definitivo è la conquista di Alesia. Le truppe di Cesare distruggevano i nemici, prendevano le insegne nemiche e poi inseguimenti con massacri. Descrizioni di Cesare dettagliate e minuziose. vercingetorige viene presentato con onore, come un nemico che ha combattuto fino alla fine per la libertà dei galli, non c’è lo smantellamento del nemico. → Una volta compreso che non c’erano più speranze, Vercingetorige ribadisce come la guerra non è per i propri interessi, ma agiva per gli interessi della collettività, per la comune libertà >>> aspetto positivo. LA RESA DI VERCINGETORIGE: pag. 476 . Due soluzioni per i galli: dare soddisfazione ai romani con la morte di Vercingetorige o consegnarlo vivo. . Anche se l’assedio è stato durissimo, Cesare sottolinea la sua clemenza, risparmia alcune popolazioni perchè voleva ingraziarsele e non inimicarsi le altre popolazioni . Vercingetorige non muore subito dopo la battaglia, ma nel carcere di Roma nel 46 a.C. quando Cesare è all’apice del potere . Cesare non descrive negativamente il capo gallo, ma anzi nobilita la volontà di libertà di Vercingetorige e Cesare mostra pietà nei confronti degli sconfitti. 20.12.2022 DE BELLO CIVILI: ● Fa parte dei Commentarii 37 Il triumvirato venne rinnovato e rinforzato da un legame matrimoniale: Antonio sposa la sorella di Ottaviano, OTTAVIA >>> Questo marginalizza ancora di più Lepido, perchè venne privato di ogni influenza politica di peso, mantenne solo la carica a vita di pontefice massimo, ma non ebbe un ruolo rilevante negli scontri successivi. ANTONIO: nella gestione delle province orientali, oltre alla spedizione contro i Parti, si legava sempre di più a CLEOPATRA , regina d’Egitto. >>> Legame amoroso e politico da cui Antonio ebbe anche dei figli e questo creò le basi per lo scontro aperto tra Antonio e Ottaviano. Antonio si comportava come un vero e proprio monarca alla corte di Cleopatra, abbandonando le tradizioni romane. OTTAVIANO e la sua cerchia: costruiscono una vera e propria propaganda anti-antoniana mostrando Antonio come la figura corrotta dal lusso, dai costumi orientali che si atteggiava da re, una parola che i romani non sopportavano secondo le loro abitudini repubblicane. D’altra parte Ottaviano presentava sè stesso come il campione della legalità repubblicana. Antonio riuscì ad avere delle vittorie durante il suo governo nelle province occidentali: occupò l’Armenia nel 34 a.C., portò un’organizzazione migliore nell’Asia minore in più territori che rese subordinati al potere di Roma Diventava sempre più forte il sentimento di rivalità che c’era tra i 2: lo scontro tra Ottaviano e Antonio porta alla vittoria di Ottaviano nella BATTAGLIA DI AZIO del 31 a.C. (Azio: promontorio nella Grecia nord-occidentale, attuale Golfo di Arta, sulle rive dell’Epiro). Scontro tra Ottaviano e Antonio + Cleopatra: Antonio: prima dello scontro chiede a tutte le città italiche di giurare fedeltà per combattere una guerra contro una regina straniera, Cleopatra. Il fatto che Cleopatra fosse in prima posizione non è casuale: Antonio per quanto presentato traditore della patria era comunque un romano, la guerra doveva essere condotta in primis contro il pericolo di un potere straniero, di una regina straniera, quindi la guerra venne propagandata come debellare il pericolo di Cleopatra e di conseguenza Antonio è presentato come un monarca ellenistico. La battaglia avvenne nel settembre del 31 a.C. e Antonio e Cleopatra vennero sconfitti. I due riuscirono a fuggire verso l’Egitto dove si diedero la morte prima Antonio e poi Cleopatra, ma ciò rese Ottaviano il vero padrone della situazione, che una volta tornato a Roma, bisognava capire come organizzare il potere perchè tutti i suoi acerrimi avversari erano stati sconfitti. Ottaviano prima del 27 a.C. non ha il titolo di AUGUSTO, dopo sì. La battaglia di Azio venne percepita dalla propaganda augustea come un evento epocale, in particolare, uno dei grandi autori di questo meccanismo si chiamava MECENATE: amico e collaboratore di Augusto che creò un circolo letterario alla corte di Augusto che inglobava intellettuali e poeti del tempo. L’idea era quella di creare una letteratura conforme all’ideologia che si fonda sui nuovi principi di questa figura politica che è destinata a fare grandi cose → in seguito si chiamerà ideologia augustea. Il fatto che molti poeti e intellettuali del tempo partecipassero a questo circolo non vuol dire che erano la penna di Mecenate e che scrivevano tutto ciò che lui ordinava loro, ma fu un’integrazione difficile quella degli intellettuali al seguito di Mecenate, ma non fu una integrazione obbligata, perchè questi autori avevano la libertà intellettuale, ma comunque l’idea era quella di sottolineare i buoni valori su cui si fondava questo nuovo governo di Ottaviano. >>> Non c’era un ordine dall’alto, una censura sugli intellettuali, ma Mecenate era molto attento a incanalare le tematiche verso un obiettivo politico che potesse creare consensi e appoggio al potere. – – – Integrazione complicata ma che non vuol dire che questi erano dei propagandisti di regime, ma erano figure che traggono beneficio dalla situazione di pace imposta dopo Azio e propagandano questi nuovi valori. ORAZIO: ➔ 65 a.C. - 8 a.C. ➔ Poeta dell’età augustea ➔ Scrive una raccolta di odi, di poesie → i primi 3 libri li pubblica nel 23 a.C. ➔ Instaura un’amicizia con Mecenate e gli viene data una villa in Sabina (vantaggi economici dal rapporto con mecenate) ➔ Inizialmente si era schierato con la fazione dei cesaricidi, ma dopo cambia partito e si converte a quello di Ottaviano ➔ Scrive un'ode dedicata alla regina Cleopatras sconfitta ad Azio ODE A CLEOPATRA: ★ Inizio è caratterizzato da un’atmosfera gioiosa di festa ★ Orazio aveva una profonda conoscenza della poesia greca antica, inserisce qui un’allusione ad un poeta greco antico: ALCEO → aveva inneggiato alla morte di un tiranno dicendo che ora era il momento di bere e festeggiare con gli amici per festeggiare la morte di questo tiranno che opprime i cittadini >>> Orazio riprende questo stesso motivo e lo applica alla situazione di Cleopatra. ★ Cleopatra: assoluta protagonista, non c’è la guerra contro Antonio e Cleopatra → frutto della propaganda di Ottaviano che sottolineava come la guerra fosse contro la regina straniera, non contro Antonio ★ triclinio degli dei: lettisternio = quando agli dei veniva dedicato un banchetto con sopra alcuni cuscini le foto degli dei e a loro venivano offerte vivande in una sorta di banchetto rituale. ★ “battere il piede senza ceppi al piede”: riferimento al collegio sacerdotale dei Salii = collegio sacerdotale dedicato al culto del dio Marte ed erano i custodi degli scudi sacri chiamati ancilia, che si diceva fossero discesi dal cielo a proteggere Roma e Numa Pompilio ne aveva fatti costruire altri 11 uguali al primo per evitare che fossero rubati. Il nome del collegio è riconducibile al verbo salio = saltare perchè quando facevano cortei o processioni per inneggiare l’inizio della stagione di guerra, battevano il piede secondo i passi di danza che si svolgevano su 3 tempi. Battere il suolo al piede richiama questa usanza. ★ Bere vino quando la regina tramava distruzioni al Campidoglio era non solo inopportuno, ma anche sacrilego perchè non era ancora avvenuta l’opera salvifica di Ottaviano che ha sconfitto i nemici ★ Nemici presentati come un mandria contagiata di uomini impuri. → motivo topico della propaganda augustea che presentava Augusto e Cleopatra come dei veri e propri monarchi orientaleggianti che erano 40 circondati da cortigiani adulatori ed eunuchi, definiti un gregge, una mandria di uomini impuri, infetti >>> connotazione fortemente negativa ★ Follia, demenza di Cleopatra venne spenta dalla capacità ed abilità militare di Ottaviano e del suo esercito. ★ In questo testo poetico, la realtà storica viene deformata e girata a proprio piacimento dall'autore: manipolazione della realtà quando Orazio dice che una sola nave si salvò che era quella di Cleopatra, ma in realtà si sa che Cleopatra era riuscita a scappare con almeno 60 imbarcazioni, ma questa è un’iperbole che serve per dare una sfumatura patetica e tragica al racconto ★ cecubo degli avi e vino mareotico: il primo è un vino romano, il secondo è un vino egizio che ubriaca la mente e porta alla follia delle operazioni di Cleopatra che vengono spente da Ottaviano paragonato ad un cacciatore, ad uno sparviero >>> similitudini al mondo della caccia: Cleopatra è la preda e Ottaviano è il cacciatore ★ Connotazione negativa che Orazio dà a Cleopatra si ha quando lui la chiama fatale monstrum = ha duplice accezione: creatura mostruosa oppure qualcosa di prodigioso di grandioso. >>> L’essere definita fatale è come se Cleopatra fosse stata inviata dal fato per mettere alla prova il potere dei romani, tuttavia l’essere un monstrum, non è inteso in senso elogiativo ★ Nelle ultime strofe Cleopatra sembra essere un po’ più nobilitata da Orazio ★ Non viene mai citata per nome : si parla di regina, di donna in generale. è come se fosse messo in atto un annientamento del nemico anche a livello espressivo, oltre che militare. ★ Nonostante la descrizione negativa di Cleopatra in tutta l’ode, nelle ultime strofe viene nobilitata nel momento estremo della morte: divenne più fiera con la morte pur di non cadere nelle mani del nemico ed essere portata in trionfo nel corteo trionfale che Ottaviano celebrò due anni dopo la battaglia e fu costretto in questo corteo a sfilare con accanto un’immagine di Cleopatra circondata da serpenti >>> Allude al fatto che Cleopatra si diede alla morte con un morso di serpente. ★ Aver deposto il ruolo politico di regina perchè costretta dalla sconfitta, va di pari passo con il diventare una donna perchè ormai priva di ogni ornamento regale; quindi una donna che diventa ancor più fiera di quella regina che era un fatale monstrum perche aveva messo in pericolo Roma. La donna ha più nobiltà della regina stessa perchè si dà alla morte pur di non cadere in mano nemica. ★ Il poeta non riesce a nascondere un certo senso di ammirazione per Cleopatra e il suo gesto tragico, ma eroico ★ Contrasto tra superbo triumpho e humilis mulier = superbo trionfo e donna umile privata di tutti i suoi ornamenti regali ★ Orazio riprende un elemento dai poeti greci classici, ma l’ambientazione, l’atmosfera è romana: ci sono elementi volti a soddisfare la propaganda augustea che per esempio aveva messo tanta attenzione a denigrare il rapporto tra la regina e Marco Antonio che andava contro i costumi e la sobrietà propagandata dal mos maiorum. >>> Ottaviano cercherà di ripristinare un ritorno agli antichi costumi, anche in senso di moralità e per questo non si proclama re, ma princeps, uomo autorevole per non tradire le idee e la paura dei romani nei confronti della monarchia. 21.12.2022 DALLA REPUBBLICA AL PRINCIPATO: 31 a.C.: Ottaviano sconfigge Antonio e Cleopatra ad Azio e diventa vincitore assoluto della situazione. Ottaviano era molto astuto e viene ricordato per la sua scaltrezza politica. → Dopo Azio a Roma torna a regnare la pace, tuttavia bisognava fare in modo che una persona sola come Ottaviano non si impadronisse del potere monarchico >>> Ottaviano voleva tutto tranne che farsi definire re perchè un’interpretazione di questo tipo metteva paura ai romani, infatti anche Cesare era visto come una personalità troppo incline ad un potere personale e allora Ottaviano cerca di preservare la formalità delle istituzioni repubblicane, ma dall’altra di assicurarsi una solida base di potere. – – – Situazione di comporomesso: evita ogni riferimento al regnum e preferisce farsi chiamare princeps (=principe, primo). C’era infatti un titolo, quello di princeps senatus ● era il data alla persona più autorevole tra i senatori ● prendeva la parola per primo in virtù della sua autorevolezza ● richiama la tradizione secondo Ottaviano, non era qualcosa di dirompente rispetto al passato 27 a.C.: il senato concede ad Ottaviano il titolo di Augustus → così si conosce il primo imperatore di Roma, con il nome di AUGUSTO, ma perchè Augustus e non Romulus? Perchè avrebbe rimandato al titolo di re. AUGUSTUS deriva dal verbo augeo = accrescere, aumentare, colui che fa accrescere. Dalla stessa radice di augeo deriva anche il sostantivo auctoritas, parole entrambe legate ad augustus. Augusto rifiutò che gli venissero attribuiti degli onori divini perchè questo l’avrebbe equiparato ad un monarca orientale. Cesare era stato divinizzato dopo la morte, era stato istituito un culto in suo onore: il culto del divus iulius, ma dopo la morte; essere glorificato come un dio mentre si è in vita era considerato inopportuno per la mentalità romana perchè rimandava alla sovranità di Cleopatra che tanto aveva demonizzato Ottaviano nella sua propaganda. Ottaviano apparteneva alla gens Iulia che era molto prestigiosa anche a livello di antenati: dal figlio di Enea, Ascanio detto Iulo. Dal 27 fino al 23 a.C. Ottaviano cerca di fare delle manovre che da un lato facciano guadagnare il consenso dei senatori e dall’altro di mantenere stabile le masse popolari: 1. Rinuncia al consolato e a tutte le altre cariche pubbliche: azione strategica per sottolineare come una delle principali cariche della repubblica rimanesse ancora stabile come era prima e non voleva ricoprire anno dopo anno il consolato lui stesso, perchè questo avrebbe potuto essere intepretato come un segno di dispotismo 2. Chiede che gli venga dato un imperium maius et infinitum = aveva il comando militare di tutte le forze militari presenti a Roma, senza limiti temporali → imperium pro consolare, cioè un imperium militare in tutte le forze che lo poneva al vertice della carriera militare a Roma 3. Riveste la potestà tribunizia: poteva avere le prerogative dei tribuni della plebe, poteva porre il veto e opporsi ad ogni forma di legge e proposta che non andava in contro ai suoi interessi ponendo il veto. 4. Attua un ripristino della tradizione antica repubblicana, soprattutto un ripristino del costume degli avi, del mos maiorum che era stato messo alla prova dalla corruzione morale nell’ultimo periodo della repubblica. Ideali di sobrietà, frugalità, moralità contenuta quelli che aveva opposto nella propaganda contro Antonio e Cleopatra tornano ad essere in auge per volersi riallacciare alla repubblica → ciò mostra il rispetto dei princeps verso le antiche forme di potere in quanto non cerca di sostituirsi a queste forme di potere e non vuole essere definito monarca 41 5. Rende molto più severa la punizione per adulterio: alcune donne della sua famiglia vennero relegate su isole lontane per scandali legati alla moralità pubblica. 6. Importanza della terra che dava idea di parsimonia e frugalità: l coltivazione della terra era un’attività nobilitante perchè faceva ritornare alla memoria i vecchi fulgori della repubblica dove la coltivazione della terra era un’attività onesta che praticavano i boni viri ed era lontana dai commerci che potevano procurare profitto, ma erano anche fonte di corruzione. 7. Trasformazioni della società: dà alcuni riconoscimenti al senato facendo rimanere in vita le antiche magistrature repubblicane e dà anche molta importanza all’ordine equestre, al ceto dei cavalieri → importante a livello di posizione commerciale, erano un ceto di affaristi e Augusto fece in modo che alcuni membri di rango equestre potessero diventare dei funzionari di nomina imperiale che potessero amministrare alcune province dell’impero, oppure il prefetto del pretorio (= capo della guardia personale del princeps) poteva essere di rango equestre. >>>> alcune province erano amministrate da governatori di estrazione senatoria, secondo la tradizione, e altre province erano amministrate da cavalieri di nomina imperiale. 8. Cerca di guadagnarsi il favore delle masse popolari a. Dando distribuzioni gratuite di grano b. Concedendo occasioni di divertimento: spettacoli di gladiatori 9. Opera di restaurazione e innovazione dovute al fatto che lui avesse instaurato la pace dopo anni di lotte e contese civili: viene realizzata l’Ara Pacis dedicata al concetto di pace dell’età augustea. 10. Si fa nominare pater patrie = colui che ha contribuito a consolidare Roma, dandole una nuova linfa vitale e a renderla una città pacifica. In tutto ciò il circolo di Mecenate era ancora attivo perchè i poeti che gravitavano intorno a questo circolo praticavano tematiche che non potevano dispiacere al princeps. Nell’ultima fase del potere augusteo, si dice che questo circolo sia diventato più aspro e più autocratico e che quindi ci siano stati anche casi di censura durante il suo governo, anche se questa adesione all’ideologia e alla propaganda augustea non fu imposta, ma fu architettata in modo estremamente abile perchè i poeti accoglievano nelle loro produzioni letterarie delle tematiche conformi all’ideologia augustea → es. ORAZIO con la battaglia di Azio e VIRGILIO con l’Eneide e anche nelle altre opere dedica degli elogi all’Italia, celebrando tutti i valori che erano cruciali per l’ideologia di Augusto (importanza della vita nei campi, valori della parsimonia, della frugalità) che erano il nucleo delle tradizioni romane ancestrali. ENEIDE: VIRGILIO ❖ Capolavoro della latinità e del periodo augusteo ❖ Eneide: poema epico-mitologico ❖ Virgilio compone l’Eneide tra il 29 e il 19 a.C. ❖ Composto di 12 libri ❖ Incentrato sulla storia mitica di Enea e dei troiani che sbarcano nel Lazio ❖ Protagonista: eroe troiano, ENEA, che affronta la guerra contro gli avversari italici latini e riesce poi a fondare questa nuova patria e il figlio, ASCANIO detto IULO, a sua volta fonderà la città di Alba Longa da cui discenderanno tutti gli antenati di Romolo e Remo ❖ Il mito ha un ruolo fondamentale perchè tutta la storia è avvolta dal mito dove ci sono divinità, che sono attori principali nella storia, visto che si schierano accanto dei troiani o dei loro avversari. Grande nemico di Enea è la dea Giunone che svolge il ruolo che Poseidone svolgeva nel racconto di Ulisse nell’Odissea, come ira e persecuzione nei confronti del protagonista → altre divinità che proteggono Enea e i troiani come la dea Venere, madre di Enea. ❖ Nel poema ci sono delle digressioni di carattere storico dove sono occasione per elogiare la politica augustea e la famiglia di Augusto → mito e storia si intrecciano e il mito trova voce nell’Eneide grazie a questi excursus che interrompono la narrazione poetica. >>> Ce ne sono 2 molto importanti: ➢ Nel 6° libro: dove Virgilio sotto forma di profezia che fa pronunciare dal padre di Enea, Anchise, ormai morto ma che Enea riesce ad andare a trovare in questa zona dove risiedono i beati, con questo viaggio ultraterreno nella zona dei Campi Elisi. Anchise rivela ad Enea che ci sarà un popolo, capace di accumulare grande potere e presagendo la vicenda di Romolo e Remo. → occasione per aprire una parentesi sul futuro e mostrare la gloria di Roma e di chi detiene il potere in quel momento, cioè Augusto ➢ Nell’8° libro: digressione che prende spunto da uno scudo che il dio Vulcano, il fabbro degli dei (chiamato Efesto dai greci), costruisce per Enea dietro invito di Venere. → Questo episodio si riconnette al modello classico perchè come tutti i poemi epici latini, il culto di riferimento per la composizione sono i poemi di Omero (Iliade e Odissea). C’è anche un episodio in cui viene forgiato lo scudo di Achille, eroe greco per eccellenza, Virgilio si riallaccia a questo modello e lo cala in un contesto romano. ❖ L’Eneide veniva letta pubblicamente e Augusto poteva apprezzare i riferimenti al suo programma ideologico LIBRI VIII-XII: dal verso 626 _ Ignipotens = aggettivo, colui che ha potere sul fuoco _ Ascanio = Iulo, è parente di Augusto _ Virgilio descrive tutto ciò che è raffigurato sullo scudo creato dal dio Vulcano che sono anticipazione di ciò che avverrà dopo Enea: finzione che Virgilio crea per sottolineare le prole di Roma che culminano nella vittoria di Azio e quindi in Ottaviano e per far vedere al suo eroe protagonista quanto sarà florida la sua generazione successiva ● Riferimento alla lupa nel verde antro: lupercale = grotta nella quale giunsero Romolo e Remo dopo che furono abbandonati 42
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