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Migrazioni e Reti Sociali: Approcci e Caratteristiche, Appunti di Sociologia

Il concetto di migrazione sociale, enfatizzando il ruolo degli attori sociali e le loro reti di relazione. Vengono discusse le differenze tra approcci etnici e etici, il cambiamento climatico e i microsistemi sociologici. Inoltre, vengono analizzate le reti sociali degli immigrati, le loro risorse di capitale sociale e le loro funzioni svolte.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 22/01/2024

Letiziaaizitel11
Letiziaaizitel11 🇮🇹

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Scarica Migrazioni e Reti Sociali: Approcci e Caratteristiche e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! Sociologia dei processi migratori In questa disciplina si cerca di fare analisi sociologica dei processi migratori quindi di applicare strumenti di carattere sociologico all’analisi delle migrazioni. Insomma, quello che noi faremo è sociologia e applicheremo questo fare sociologia al fenomeno migratorio, che per definizione è un fenomeno sociale complesso. Ma cosa studia la sociologia? La sociologia è la disciplina che studia ciò che accade ‘’tra e fra’’ gli attori e si colloca nel modo di osservare più che nell’oggetto osservato. Difatti la sociologia è una postura analitica verso i fenomeni sociali. Le migrazioni, in quanto tali, sono un fenomeno sociale rilevante in quanto ci parlano di ciò che migrazione non è. Le migrazioni sono difatti una ‘’via di accesso’’ per comprendere aspetti della società in cui si verificano e sono plasmate dalla società in cui si verificano. Sociologia significa prestare attenzione a quello che accade tra e fra (among e between) gli attori. La psicologia clinica sta dentro alle testa delle persone, gli economisti sommano e i sociologi guardano le dinamiche di interazione che stanno tra di noi, tra e fra gli attori. La sociologia sta nel modo di osservare un fenomeno (non sta nelle migrazioni ma nel modo in cui osserviamo le migrazioni). Singoli fenomeni possono essere osservati in modo differenziato. La postura analitica nei confronti dell’oggetto è quindi fondamentale. Come pratichiamo analisi sociologica del fenomeno migratorio? Assumiamo un approccio tipico della teoria dell’attore: i fenomeni sociali sono l’outcome/risultato degli effetti aggregati derivanti dalle scelte degli attori collocati in reti di relazioni (strutture di interdipendenza) che hanno determinati vincoli ed opportunità. Gli attori stanno sul palcoscenico della nostra analisi e hanno capacità di agency. Molto spesso immaginiamo gli immigrati come agenti privi di autonomia decisionale ma in realtà è importante capire quali spazi di azioni hanno avuto, seppur talvolta minimi. A priori bisogna considerarli quindi come attori che hanno fatto delle scelte. Ci sono alcuni autori che gli attori non li prendono nemmeno in considerazione, Weber ritiene invece che è importante scendere al livello micro, quindi appunto quello degli attori, per comprendere il livello macro, ma non tutti la pensano così, come ad esempio Marx e Durkheim. Modello di razionalità proposto da Weber: Weber sosteneva che per studiare un fenomeno collettivo è utile capire quali sono le logiche attraverso cui gli attori prendono determinate decisioni. Weber difatti trattava gli attori come se fossero razionali nonostante lui era perfettamente consapevole che gli individui non agiscono sempre in maniera razionale. In un certo senso si può dire che Weber operi una risemantizzazione di questo concetto, tenendo separate due forme di razionalità: - Razionalità rispetto allo scopo: agire orientato sulla base della valutazione dei mezzi più adeguati per raggiungere un certo scopo; - Razionalità risetto al valore: chi agisce, compie ciò che ritiene gli sia comandato da un valore(un precetto religioso, un dovere, una causa giusta) senza pensare alle conseguenze. I fenomeni migratori sono fenomeni eminentemente sociali. Ma cos’è la società? Nel momento in cui facciamo analisi scientifica è difficile circoscrivere che cos’è la società, essendo un entità molto complessa e così tanto astratta che per farne un’analisi scientifica bisognerebbe circoscriverla identificando alcune sue componenti. All’interno dei fenomeni sociali troviamo però una componente fondamentale rappresentata dagli attori sociali: le persone. Esse sono tendenzialmente almeno 2, in quanto formano così una componente minima di un gruppo sociale. I fenomeni sociali sono infatti composti da più persone che ve ne prendono parte in modo differenziato e che sono differenziati tra di loro in quanto possono avere diverse risorse che impiegheranno per ottenere determinati risultati, confrontandosi sempre con opportunità e vincoli che però possono anche modificarsi nel lungo periodo. E’ difficile pensare a fenomeni sociali senza che ci siano attori sociali. Meglio parlare di attori sociali e non di persone, ovvero di rappresentazioni stilizzate e modellizzate delle persone (pensiamo ai personaggi del calcetto, rappresentazione del giocatore di calcio). Il nostro obbiettivo e spiegare i fenomeni sociali ed eventualmente, gli attori sociali, ci sono utili per spiegare proprio questi ultimi. Per far ciò non ci basta fare la somma delle azioni individuali ma bisogna notare anche come gli attori sociali si relazionano tra di loro, in quanto, all’interno di una situazione sociale si ha un impatto reciproco tra gli individui. Quello che fanno gli altri ha un impatto su quello che faccio io e viceversa, per cui ci condiziona soprattutto se non abbiamo un orientamento preciso verso una cosa piuttosto che un’altra. Quello che fanno gli altri quindi interagisce e retroagisce su quello che faccio io. Per definizione le migrazioni sono un fenomeno socialmente rilevante e sono soprattutto un fenomeno costituito. Le migrazioni ci permettono di comprendere molte cose che riguardano in generale il funzionamento del mercato del lavoro, della politica, dell’istruzione e dell’economia. Esse sono quindi rilevanti in sé ma ci parlano anche di quello che le migrazioni non sono. Se noi studiamo le migrazioni capiamo difatti molte cose della società in generale: 1) Sono rilevanti in sé; 2) Rilevanti perché ci parlano di qualcosa d’altro. Concetti base La sociologia si colloca non nell’oggetto in se ma nello sguardo. E’ un modo di osservare la realtà. La distinzione tra chi è immigrato e chi non lo è, è molto più sfumata di quello che sembra. Questo dipende dal fatto che i concetti che riguardano la questione delle migrazioni sono apparentemente molto semplici ma in realtà piuttosto complessi. I concetti del fenomeno migratorio vengono trattati come se fossero scontati, ‘’naturalizzati’’, come avessero un significato evidente incontrovertibile. In realtà sono complessi ed equivoci. Un esempio è il concetto di ‘’extracomunitario’’, che per un po’ di tempo è stato utilizzato come sinonimo si immigrato (ci sono stati anni in cui la provenienza nazionale diventa sinonimo di immigrato es. i marocchini negli anni ’90 erano gli immigrati in generale, era come un sinonimo di immigrato). Ma cosa vuol dire extracomunitario? Quando si parla di comunità in sociologia il discorso è molto ampio. L’extracomunitario può essere chi non appartiene a forme forti di identità collettiva o è anche colui con cui sento una soglia di diversità rispetto a me maggiore. Un altro concetto importante e complesso è quello di immigrato di seconda generazione. Simmel riflette riguardo al concetto di straniero. Come può essere definito in concetti sociologici? Può essere collocato in una dimensione di estraneità, di non conoscenza rispetto a lingue, tradizioni, costumi. Ma potremmo percepire come estraneo qualcuno con una lingua uguale alla nostra rispetto al contrario. Fondamentale anche il contatto e la dimensione temporale. Lo straniero non è come il viandante che arriva e se ne va (è un estraneità divertente ed un po' esoterica). L’estraneità diventa una componente costituiva della realtà al momento in cui il viandante diventa straniero, quindi che ‘’oggi arriva e domani resta’’ (Simmel). E’ facile essere amico del viandante ma un po’ difficile essere amico dello straniero, in quando quest’ultimo ha un impatto più forte rispetto alle nostra convinzioni. La contemporaneità spaziale e temporale sono alla base di chi si riconosce e chi no come straniero. Spazio e tempo dei fenomeni sociali I fenomeni sociali si formano nello spazio e mutano nel tempo. Spazio e tempo sono due assi di riferimento fondamentali per le migrazioni: spazio perché indicano movimento, tempo perché indicano il tempo di permanenza. Gli spazi sociali hanno dei loro vincoli intrinsechi e offrono delle opportunità. Lo straniero, da un punto di vista analitico, è portatore di tratti rovesciati rispetto al gruppo che era stanziato in un determinato territorio prima del suo arrivo. Si entra quindi in contatto con un’alterità che per noi era sconosciuta in quanto l’altro era collocato altrove e non nel qui ed ora. Lo straniero è tale quando entra in contatto da un punto di vista temporale e spaziale con un gruppo già presente in un determinato spazio e tempo. Bisogna quindi rinegoziare il tempo e lo spazio in quanto, è solo in questo modo che lo straniero si integra con quelle persone già presenti nel territorio. Lo straniero attiva una serie di processi complessi e duplici dal punto di vista della costruzione delle identità collettive in quanto, paradossalmente, da un lato è come se mettesse in discussione la nostra identità collettiva costituita, e dall’altro è come se la rendesse più forte. Lo straniero ci forza a mette in discussione le ‘’nostre divinità’’ perché non c’è solo quello che crediamo noi. Bisogna allora fare una scelta proattiva: rimanere con le mie credenze o aprirmi ad una ‘’divinità’’ sconosciuta. E in questo caso emerge l’arbitrarietà. Lo straniero, quindi, attiva un processo duplice mettendo sotto stress identità/alterità: - Produce fragilizzazione: minaccia, imitazione, fascinazione, pausa, messa in discussione Il concetto di razza non deve essere assolutamente utilizzato se non per ricostruire la storia della scienza; il concetto di etnia può essere usato ma con molta cautela e non può essere una gabbia concettuale in cui rinchiudiamo gli altri. Eventualmente può essere utilizzato come uno strumento di ricerca per osservare i processi attraverso cui alcuni gruppi si riconoscono in alcuni presunti tratti etnici. L’idea di etnia è al più uno strumento di analisi e non una determinazione della realtà. C’è una differenza tra prospettiva emica e prospettiva etica: in antropologia il termine emico si riferisce al punto di vista degli attori sociali, alle loro credenze e ai loro valori (ottica del nativo).Etico si riferisce invece alla rappresentazione dei medesimi fenomeni ad opera del ricercatore (ottica "scientifica", o dell'osservatore). Oggi, il razzismo esiste ugualmente ma si è, ovviamente, trasformato e non è più un razzismo biologico, basato sul concetto di razza, ma è un razzismo culturale. Per analizzare il fenomeno migratorio è necessario parlare di Stato, Nazione e cittadinanza: - Stato: lo stato può essere definito come un’entità sovrana all’interno di un determinato territorio. Lo Stato declina la sua sovranità nei modi più diversi (modelli centralistici come in Francia, modelli federali come in Germania, modelli più complicati come in Italia…). Parlando di stato di diritto, una caratteristica è quella di immaginare che lo stato non coincida con la società civile, quindi ciascuno di noi ha una propria autonomia rispetto allo stato in cui però formalmente si riconosce (avendo la cittadinanza di un paese abbiamo diritti e doveri ma manteniamo una certa autonomia entro il quale lo stato non può entrare es. lo stato di diritto non entra ad esempio negli orientamenti sessuali). Il presidente della repubblica ha come fonte principale del suo potere la legge. Il potere legale e razionale deriva dalla legge stessa, ma non è l’unico in quanto esistono alti tipi di potere come quello potere carismatico la cui fonte è ‘’l’eccezionalità individuale’’. La legge definisce anche i limiti del potere del presidente della repubblica al contrario dei confini del potere carismatico che non sono invece definiti. Nel potere tradizionale, invece, la fonte della legittimazione è la tradizione stessa e le dinamiche stoiche in quanto tali. Lo stato ha in ultima istanza un diritto, concesso dalla legge, di ricorrere alla forza. I confini della legittimità dell’uso della forza si spostano nel corso del tempo ed inoltre, noi, pretendiamo che ci sia un limite nella forza dello stato e, se viene superato, pretendiamo che lo Stato paghi. - Cittadinanza: è un concetto che dialoga con quello di stato ma non coincide. Essere cittadino è un argomento ampio e complicato. Diritti e doveri sono titolari di chi ha la cittadinanza ma apparentemente ci sono dei diritti e dei doveri che attribuiamo anche a coloro che la cittadinanza non ce l’hanno. Essere cittadino non vuol dire solo avere o non avere la cittadinanza, ma chiama anche la nozione di appartenenza ad un gruppo sociale, ad una comunità. Diritto civile è la libertà di espressione. Storicamente, i diritti civili vengono inclusi all’interno della cittadinanza ma in realtà si affermano anche una serie di diritti che escono dal contesto della cittadinanza. Essi sono diritti riconosciuti dall'ordinamento giuridico come fondamentali, inviolabili e irrinunciabili. Ci sono poi i diritti sociali, che, in generale, sono diritti di avere un benessere psico-fisico. I diritti civili-politici-sociali sono costitutivi della cittadinanza. Le migrazioni ci permettono di mettere sotto stress un concetto come quello di cittadinanza facendo emergere delle contraddizioni, in quanto ci sono delle posizioni sfumate in cui si è cittadini parzialmente, o si può essere più o meno cittadino: ‘’denizenship’’ (non sei formalmente cittadino di quel paese ma vengono comune riconosciuti alcuni diritti). Tutti parlano di cittadinanza e hanno un’opinione sulla cittadinanza e la maggior parte delle persone pensano in realtà che o ce l’hai o non ce l’hai. - Nazione: quando si parla di nazione si fa riferimento ad una collettività di individui caratterizzata da una reciproca consapevolezza. Qual è la differenza tra la variabile dicotomica e quella lineare? Variabile dicotomica: sono variabili che hanno una contrapposizione (si/no, bello/brutto) Variabile lineare: si basa su una scala che ha un inizio una continuità e una fine. Etnia-stato-nazione sono dei concetti con dei rapporti molto complicati. Il rapporto tra stato, etnia e nazione storicamente non è univoco come magari poteva esserlo nell’800. Si è passati ad un rapporto uno a uno con stato, etnia e nazioni ad un cambiamento nel corso del tempo del modo in cui ci si sente parte ad una determinata nazione. M.Walzer sottolinea come prima ci si sentisse parte di una nazione come se si fosse in una famiglia, poi si è passati a sentirsi come all’interno di un circolo e infine in un quartiere. Sono tre metafore che mettono nella famiglia un’appartenenza esclusiva, molto più vincolante e rigida, nel circolo un’appartenenza che permette una via di accesso e nel quartiere è un’appartenenza molto più libera. Ripetiamo cosa sono le migrazioni e chi sono i migranti… Il fenomeno migratorio è un fenomeno sociale che riguarda una collettività di persone ed uno spostamento nello spazio e nel tempo. Lo spostamento per definizione si ha nel corso del tempo ma è definito anche da specifiche che lo limitano. Difatti, la migrazione, se è sotto ad una certa durabilità nel tempo, non la si può ritenere tale. Ma quanto devo stare in un determinato luogo perché si definisca migrazione? La soglia che si assume per una migrazione è un anno. Il migrante è una persona che vive continuamente in un paese diverso da cui si è nati da almeno un anno di tempo (essere migranti è inoltre una condizione in cui transitoriamente ci si può trovare nel corso della propria vita). Un altro aspetto fondamentale oltre al tempo è lo spazio. Esistono da questo punto di vista diversi tipi di migrazioni: - Migrazioni internazionali/interne (che avvengono all’interno dei confini di un paese); - Migrazioni regolari/irregolari/clandestine/illegale: Gli immigrati irregolari possono anche essere immigrati che hanno avuto un permesso di soggiorno regolare ma che poi, per diverse ragioni, non gli è stato rinnovato e di conseguenza assumono subito uno status di irregolarità, in quanto rimangono comunque nel paese. I clandestini/illegali sono immigrati che accedono ad un determinato paese senza avere un requisito per accedervi. Illegale è un concetto terribile perché esso fa riferimento a dei comportamenti che le persone mettono in atto ma, in quanto tali, sono lesive ad altre persone, cose o oggetti. L’illegalità rimanda quindi al compimento di un reato. Immigrato legale è colui che ha invece un regolare permesso di soggiorno. - Migrazioni volontarie/fozate: migrazione volontaria, ragioni interne a me, migrazione forzata ragioni esterne a me che mi portano/forzano a migrare. - Migrazioni temporanee/permanenti: sono migrazioni distinte in base alla durata. In ogni caso il concetto di ‘’permanente’’ è un po’ una forzatura, in quanto nessuno di noi è permanete. Ai diversi tipi di immigrazioni corrispondono diversi tipi di migranti: - Per lavoro; - Stagionali o a contratto; - Qualificati; - Familiari al seguito; - Rifugiati richiedenti asilo. Quando si fa ricerca sul fenomeno migratorio si è chiamati a dare una definizione perché non ne abbiamo una che li definisca tutti : essere immigrato non è una condizione di natura e non è detto che la migrazione sia così prolungata da farci capire che è permanente. E’ una condizione dell’esserci in un tempo spazialmente e temporalmente situato. Gli immigrati di seconda generazione Esistono tre tipologie di immigrati di seconda generazione: 1. Nativa, primaria o in senso proprio: sono coloro nati da genitori che hanno già realizzato il processo di migrazione, insomma, figli di migranti nati nel paese di destinazione dei genitori. Essi non compiono però il processo di migrazione in prima persona. Sono sicuramente tra coloro i quali mai sono immigrati nel corso della loro vita. Nonostante loro non abbiano mai compiuto una migrazione, c’è un rafforzativo della dimensione del loro stato migratorio anche nella sottolineatura del ’’in senso proprio’’. 2. Improria: sono coloro nati in un paese diverso da cui risiedono che raggiungono i genitori che hanno emigrato prima dell’età scolare (0/6 anni). 3. Spuria: sono quelli che arrivano nel paese di migrazione dei genitori dal 6 ai 14 anni c.a. quindi giunti nel paese di destinazione durante il ciclo scolastico primario o secondario. Quindi: 1. Nativa, primaria, in senso proprio: nati nel paese di migrazione; 2. Impropria: nati nel paese da cui emigrano in età prescolare; 3. Spuria: giunti nel paese di destinazione durante il ciclo scolastico primario e secondario. Alcune appartenenze apparentemente dicotomiche in realtà danno a luogo ad appartenenze differenziate (lo puoi essere di più o di meno). Se noi pensiamo che gli immigrati di seconda generazione sono solo quelli nativi, costruiamo un universo in cui le altre due categorie non esistono. Le migrazioni e la storia Le migrazioni sono un fenomeno complesso e differenziato e cambiano enormemente da un punto di vista storico in quanto avvengono in contesti socio-economico che sono condizionati dall’andamento dalla politica, dal funzionamento dell’economi e altre componenti. Possiamo distinguere delle fasi storiche dei processi migratori:  Processi migratori della fase fordista anni (’50 anni ’90): il fordismo è un modo di organizzare la produzione industriale. L’industria difatti è il cuore dell’economia fordista. Quel modello di produzione aveva bisogno di masse di lavoratori indifferenziate e non qualificate, dotate di buona salute. Ne servivano tantissime. Questo processo produttivo si basava spesso sull’economia di scala, un processo che funzionava a partire da un presupposto: i prodotti che realizzavo dovevano essere poco differenziati tra di loro (es. for che sosteneva che il suo ‘’modello T’’ poteva essere di tutti i colori, basta che quel colore fosse il nero). Ad un certo punto, con il sedimentarsi dello sviluppo industriale, se pensiamo ad un prodotto come la macchina, cominciavano a possederla tutti e allora cambiò il metodo di produzione, perché non bisogna più convincere a comperare una macchina qualunque ma a buttare quella vecchia per comprarne una nuova. Inizia quindi a differenziarsi la produzione. Il fordismo funzionava bene per i prodotti omologati ma non per prodotti diversi tra loro. In ogni caso, nel fordismo, spesso ci si trovava in una situazione in cui c’era un eccesso di domanda di lavoro rispetto all’offerta di lavoro (quando si parla di offerta di lavoro, sono i lavoratori che offrono il proprio lavoro, mentre i datori di lavoro sono quelli che domandano lavoro, quindi lo chiedono) perché tante persone erano morte in guerra, nella WW2. Attraverso processi normali di reclutamento, basati anche sulla migrazione (si importano migratori) si andarono quini a recuperare persone delle campagne del sud, le quali abitavano in un contesto sociale in cui non volevano più rimanere. La Fiat ad esempio organizzò il trasferimento di migliaia di lavoratori dal sud verso il nord Italia. Queste sono migrazioni interne che hanno coinvolto centinaia e migliaia di persone. Ad un certo punto la richiesta di manodopera si satura, quelle imprese non hanno più bisogno di manodopera, perché l’automatismo dei processi diminuisce la necessità di manodopera, oppure le aziende cominciarono a spostarsi ove la manodopera costava meno. In questo modo cambia totalmente l’economia. L’economia durante la fase fordista era facilmente prevedibile, il che non vuol dire che cresceva sempre, ma le crisi erano molto più prevedibili di quelle attuali. Adesso le crisi economiche sono molto più impattanti e sono molto più difficili da prevedere. Quindi caratteristiche della fase fordista sono: - Eccesso di domanda di lavoro sull’offerta; - Dispositivi formali di reclutamento; - Concezione funzionalista del migrante; - Figura del ‘’lavoratore ospite’’.  Processi migratori nella fase della globalizzazione avanzata: l’economia è più differenziata e accelerata. In presenza di un’economia così diversa cambiano anche le migrazioni, che rispetto alla migrazione fordista saranno meno programmate. Oggi non ci sono più processi di reclutamento formale, i paesi eventualmente cercano di definire la loro necessità di immigrati attraverso il decreto flussi, il quale cerca di capire quanti immigrati l’economa è in grado di incorporare. Gli immigrati diventano molto più instabili, come lo è l’economia. Le immigrazioni sono differenziate dal punto di vista del genere (più femminili), diverse dai titoli di studi… Quindi caratteristiche della fase di globalizzazione avanzata sono: - Più paesi interessati da flussi di ingresso e di uscita; - Accelerazione; - Differenziazione; - Femminilizzazione. Le migrazioni cambiano quindi in relazione alle fasi storiche, ed è un po’ come se queste ultime avessero delle caratteristiche che poi si ritrovano all’interno delle stesse migrazioni. Le migrazioni sono ora più complesse e differenziate, sono aumentati i paesi di provenienza, sono cambiati gli iter che i migranti compiono per arrivare a destinazioni, sono differenziati per genere, status, le migrazioni sono più difficili da programmare a priori ed è più alta la quota di migranti con qualifiche formative rilevanti. E’ cresciuto inoltre, negli anni il numero di migranti che cercano forme di protezione internazionale. Le migrazioni sono quindi divenute: - Più entropiche e complesse, nei percorsi e nelle distinzioni; - Meno programmabili; - Più difficilmente regolabili a priori a livello politico; - Più alta la quota di migranti skilled; Le ‘’spiegazioni meso’’ non guardano solo alle interazioni ma anche ai fattori macro e micro, ma le dinamiche di interazione sono il nostro punto di partenza. Ciascuno di noi è collocato in un gruppo di riferimento con cui ci si confronta e sono persone sulle quali le mie azioni hanno effetti e le cui azioni hanno effetto su di me. Questa è la prospettiva meso che tiene conto delle reti di relazione che sono embedded quindi radicate in noi. Il cuore degli approcci meso sta nelle interazioni ma tende comunque a considerare attori, opportunità e vincoli. E’ come se le prospettive meso cercassero di convergere anche le prospettive micro e macro. Stando nel mezzo è come se questo approccio fosse un intermediario tra i due livelli. L’idea delle causazioni cumulative delle migrazioni Le componenti economiche possono essere essenziali alla base delle migrazioni ma è molto ingenuo che i migranti si spostino solo per motivi salariali. Molto spesso le motivazioni alla base delle migrazioni sono molto eterogenee e si possono anche impastare tra di loro. I migranti quindi non rispondono meccanicamente ai differenziai salariali ma hanno motivazioni differenti e disomogenee, in quanto prendono anche le loro decisioni in contesti differenti. E’ quindi importante avere un approccio multidimensionale e dinamico, in quanto le migrazioni sono un intreccio tra motivazioni individuali, condizioni familiari, risorse reazionali, struttura socio-economica. Le migrazioni possono quindi essere adeguatamente spiegate con riferimento a più cause che si alimentano a vicenda. Importanti a riguardo sono: Agenzia e contesto: hanno senso nel momento in cui immaginiamo che dei fenomeni sociali siano dei fenomeni complessi, ovvero dei fenomeni che a livello macro funzionano secondo leggi diverse da come funzionano le componenti micro (es. studio dello stormo degli uccelli). Cerchiamo a partire da un fenomeno collettivo di dissezionarlo in componenti di scala inferiore, come possono essere ad esempio gli agenti sociali. Queste componenti micro a livello individuale si comportano con diverse logiche rispetto a quelle che governano il fenomeno collettivo. Questi agenti, infatti, si informano interagendo tra di loro e dall’interazione si genera un fenomeno collettivo sulla base di effetti aggregati (es. processi migratori). Le reti dei migranti sono a tutti gli effetti delle reti sociali. Le reti sociali con riferimento alle migrazioni permettono in modo empiricamente robusto di dare risposte parziali di alcuni fenomeni che conosciamo a livello di mera cittadinanza. Perché capita che alcuni gruppi di migranti si concentrino in uno spazio? Le concentrazioni territoriali non riguardano solo le migrazioni. La concentrazione sociale dello spazio può riguardare anche la classe sociale di appartenenza in quanto esistono comunque delle zone in cui non si può accedere se il reddito è inferiore ad una certa cifra. La segregazione spaziale può riguardare quindi sia i migranti, sia gli autoctoni ma può anche sfociare in determinate nicchie lavorative (es. settore della cura degli anziani). Reti migratorie Le reti migratorie sono quell’insieme di legami (internazionali) che interconnettono i migranti e coloro che sono in procinto di emigrare, sia nei paesi di provenienza che in quelli di destinazione (Massey). Tipicamente, ad esempio, è innervato nelle reti il processo in cui ciascuno di noi cerca o cambia lavoro. Le reti diventerebbero nella condizione attuale, in cui le migrazioni non sono più prevedibili, agenzie di supporto per gli emigrati nel momento in cui cercano casa, lavoro e il paese in cui emigrare. Nei contesti anglosassoni si parla spesso di reti etniche ma noi preferiamo parlare di reti sociali degli immigrati. Le reti contavano molto nelle migrazioni transoceaniche, meno in quelle industriali. Tuttavia, oggigiorno, hanno riacquisito valenza ed importanza. Definizione di reti sociali (wiki): Una rete sociale (in inglese social network, termine con cui si intendono anche le piattaforme informatiche sociali) consiste in un qualsiasi gruppo di individui connessi tra loro da diversi legami sociali. Per gli esseri umani i legami vanno dalla conoscenza casuale, ai rapporti di lavoro, ai vincoli familiari e anche a legami di amicizia. Le caratteristiche morfologiche delle reti sociali La forma della rete ha un impatto sulle dinamiche delle reti stesse. Le reti sociali possono essere rappresentate tramite matrici di adiacenza. Caratteristiche morfologiche delle reti sociali sono: 1. Nodi: ovvero gli attori sociali 2. Ampiezza della rete: che per esempio è definibile tramite la numerosità dei nodi e dei passaggi per raggiungere i nodi più lontani; 3. Densità: densità di una rete può rendere un'idea di quanto sia efficiente l'interscambio relazionale tra i vari elementi della rete stessa. Se tutti gli elementi della rete instaurassero tra loro dei legami allora le densità della rete sarebbe pari ad uno, diversamente, nel caso in cui gli elementi della rete non comunicassero tra loro, la densità della rete sarebbe pari a zero (assenza di comunicazione/relazione). Si calcola attraverso il numero dei legami presenti in una rete per rapporto al numero massimo dei rapporti che potrebbero esserci in quella rete. 4. Indice di centralità:vuol dire pensare a quanto una rete sia orizzontale o verticale, ovvero pensare se all’interno della rete c’è una persona con un numero più elevato di legami . Possiamo trovarci con molti attori con pochi legami ma anche con pochi attori con molti legami. 5. Buchi strutturali (Burt): assenza strutturale di un legame tra due persone (manca legame strutturale, quindi una rete strutturale mancano legami tra alcune persone). Reti small-world Tipologia di rete (tradotta di rado con “rete mondo piccolo”) in cui è possibile raggiungere qualunque posizione da qualsiasi altra in pochi passi; è interessante in ambito sociale, ecologico e tecnologico per la sua capacità di diffondere segnali velocemente e in maniera efficace. Si ha una small world network quando coesistono cluster (agglomerati, sottogruppi densi) di nodi strettamente connessi tra di loro (hub) e collegati con altri cluster da legami cosiddetti deboli, secondo una distribuzione che segue una legge di potenza, che descrive a sua volta la complessità della rete. Le reti small world sono caratterizzate da alto coefficiente di aggregazione e da pochi gradi di separazione. La definizione di small world network, anche se trova anticipazioni negli anni ’60 e ’70 del Novecento in studiosi come S. Milgram e M. Granovetter, viene elaborata da D. Watts e S. Strogatz negli anni ’90. Le reti small world si dividono in due grandi famiglie chiamate “reti aristocratiche” e “reti egualitarie”: - Reti aristocratiche: tipiche scale free network come Internet o il Www, sono caratterizzate dalla presenza di hub che tendono a crescere e dominare nel tempo (es. le reti aristocratiche sono caratterizzate dalla presenza di hub come nell’esempio di Bob, che tendono a crescere e dominare nel tempo. Il nodo centrale tende ad aumentare la sua importanza nel corso del tempo, o perché conviene o perché è facilmente inciampare in una persona socialmente visibile rispetto ad una persona socialmente isolata). - Reti egualitarie: come i social network o le linee aeree low cost, presentano vincoli di vario tipo che limitano la crescita degli hub oltre una certa soglia, bilanciandoli con la nascita di hub concorrenti. Le small-world sono quindi reti che richiedono un numero relativamente basso di passaggi relazionali per passare da una rete all’altra. Questa è un’idea che viene rappresentata dal concetto dei ‘’6 gradi di separazione’’mediamente per raggiungere i nodi più lontani abbiamo bisogno di passaggi relazionali, ma attori che ci sembrano enormemente lontani dallo spazio in realtà sono raggiungibili in 6 passaggi. To sum up… - Le small-world network sono caratterizzate da alto coefficiente di aggregazione e da pochi gradi di separazione; - Rilevanza e potenza delle reti a elevata eterogeneità, preminenza dei nodi che si mettono a cavallo di reti diverse. Le reti small world network sono caratterizzate quindi da un alto coefficiente di aggregazione e da pochi gradi di separazione. Ci sono coloro che riescono anche a costruire dei ponti sociali. Caratteristiche dei legami all’interno di una rete - Intensità: quanto è alto il coinvolgimento emotivo con quella persona? - Durata: da quanto tempo dura il rapporto? - Frequenza: quante volte vediamo quella persona in un determinato tempo? - Contenuto: è un rapporto solo di colleganza, oppure è anche un amico (ciò determina il contenuto del discorso)? Il contenuto di quella relazione è più o meno eterogeneo? Tutti questi sono parametri che possiamo immaginare di attribuire ad un legame. La distinzione che ne viene fuori è quella tra LEGAMI FORTI e LEGAMI DEBOLI. Ciò si deve a Granovetter il quale sosteneva ‘’la forza dei legami deboli’’. Le persone legate da legami forti hanno possibilità prettamente simili tra di loro, i legami deboli invece ci interconnettono con un altro mondo dissimile da quello che ci può dare il legame forte, e di conseguenza può fornirci informazioni dissimili. I legami forti sono utili come legami di supporto (hanno informazioni ridondanti), mentre al contrario i legami deboli hanno informazioni molto più eterogenee. Se noi ci limitassimo a questo potremmo già rispondere a come si formano le nicchie del mercato del lavoro dove sono inseriti i migranti. Sono prevalentemente legati con i loro connazionali da legami forti, per cui ricevono si un supporto ma si intrappolano all’interno di un determinato mercato di lavoro. Per cambiare quella rete non servono però i legami forti in quanto intrappolano. Molto spesso i migranti hanno un surplus di legami forti e un deficit di legami deboli e quindi di risorse specifiche che gli permettono di trovare lavoro in settori differenziati. - Legami forti: alta omofilia, le informazioni hanno alta velocità di veicolazione ma sono poco differenziate, rete più densa; - Legami deboli: bassa omofilia, le informazioni hanno più bassa velocità di circolazione ma sono differenziate, rete meno densa. Bad and good reputation Circola più velocemente la buona o la cattiva reputazione? La cattiva. Noi abbiamo bisogno di legami qualificati per avere una buona reputazione, e questi sono pochi. In una certa misura noi crediamo ad una cattiva reputazione perché conviene. Ci conviene far finta che quella cattiva reputazione sia fondata in modo da evirare di sottopormi ad una revisione di quella voce che potrebbe essere molto costoso. Capitale sociale Un concetto importante in sociologia e nello studio delle migrazioni è quello di CAPITALE SOCIALE. Con ciò si intende un insieme di risorse a cui ciascuno di noi può attingere sulla base delle reti sociali di appartenenza. Alcune di quelle strutture di relazione le possediamo dalla nascita (es. parti della nostra famiglia), altre strutture le costruiamo transitando a scuola, a lavoro e in altri ambienti. E’ rilevante osservare la forma delle reti e in base a questo metterle a fuoco in termine di risorse di capitale sociale. Ci sono due approcci relativi al capitale sociale: 1. Approccio strutturale: legato ad autori quali Putnam e Fukuyama. In relazion a questo approccio il capitale sociale è una proprietà dell’intero sistema sociale che favorisce la democrazia e lo sviluppo economico (cit. Bagnasco); 2. Approccio legato alla ‘’teoria dell’attore’: coltivato da autori come Coleman, per cui il capitale sociale è una risorsa. Esso non sarebbe presente né negli individui né negli strumenti fisici della produzione ma è inerente alla struttura delle relazioni tra persone e fra le persone. Sono stati delineati diversi tipi di capitale sociale: 1. Putnam distingue tra capitale sociale di BRIDGING e BONDING (ponti relazionali): il primo è quello che circola tra gruppi chiusi, il secondo è quando riesco a creare reti sociali trasversali. Putnam stesso ritiene che il capitale sociale possa avere effetti sia positivi, in termini di mutuo soccorso, cooperazione, fiducia, efficacia istituzionale, sia negativi, in termini di settarismo, etnocentrismo, corruzione. Egli distingue due tipi di capitale sociale: quello di tipo bonding e quello di tipo bridging. Il primo è il prodotto di relazioni che «serrano», legano, escludono. E il capitale sociale che agisce come «super-colla sociale», fa tendere all’isolamento, si limita a rafforzare vincoli comunitari esistenti, assicura reciprocità specifica e mobilita la solidarietà in gruppi omogenei al loro interno. Il secondo, al contrario, è il prodotto di relazioni che si aprono e includono. Si tratta del capitale sociale che agisce come «lubrificante sociologico», permette di Com’è distribuita la popolazione per genere ed età nel nostro paese? Le persone giovanissime (0- 15 anni) non sono più numericamente la quota maggiore. Le società nei paesi europei infatti tendono più all’anzianità con tassi di natalità bassi, speranza di vita media molto elevata e una quantità altissima di anziani. Nell’Ue mediamente ogni 10 anziani ci sono 13 giovani, in Africa Subsahariana ogni 10 anziani ci sono 159 giovani. Molto spesso è possibile che gli immigrati scelgano delle prospettive di adattamento all’interno del mercato del lavoro quasi come se si trovassero a fare una determinata mansione perché ‘’predestinati’’. In questo modo si attua un iper adattamento alle opportunità. Le caratteristiche delle reti amplificano questo andamento individuale (a livello macro, e di opportunità, comunque devono esserci molti posti aperti per quel determinato lavoro). Coleman boat La sociologia è interessata a come funziona il mondo sociale, in particolare è interessata ai buchi sociali come gli stati, le comunità, le organizzazioni e i gruppi che possono essere chiamati macro realtà sociali. Gli individui umani sono la componente cruciale di queste formazioni sociali su scala macro. Gli individui e le loro interazioni rappresentano la realtà micro-sociologica. Molte delle questioni centrali in sociologia sono legate alle relazioni tra macro e micro. Le istituzioni e le strutture sociali influenzano il modo in cui gli individui pensano e si comportano, tuttavia nel mondo sociale nulla funziona senza l’azione individuale. Dopotutto le formazioni sociali su larga scala sono fondamentalmente costituite da individui e dalle loro relazioni sociali. La società non è una mera somma di individui ma anche del modo in cui i fattori macro dipendono dai fatti rigardanti gli individui. Questo è cio che i sociologi vogliono capire. La Coleman boat è uno strumento progettato per aiutare a pensare a queste relazioni micro-macro : Il diagramma è flessibile: - La scala macro può variare a seconda del fatto che vogliamo prendere in considerazione gruppi, nazioni o organizzazioni; - La scala micro solitamente è composta da singole persone ma in alcune applicazioni i micro agenti posso anche essere famiglie, aziende, o altri gruppi organizzati. REALTA’ SOCIALE SU SCALA MACRO SCALA MICRO (AGENTE INDIVDUALE) CAMBIAMENTO COMPORTAMENTALE Quando si usa il diagramma il punto di partenza è la relazione tra il livello MACRO (A) e D, il quale asse individua una relazione casuale ed ipotetica. Con l’aiuto del diagramma possiamo studiare se tale relazione casuale ha senso . Ciò viene fatto ricostruendo il meccanismo casuale sottostante. Comprendere il meccanismo è importante per due ragioni: - In primo luogo l’assenza di un meccanismo sensato e supportata empiricamente solleva seri dubbi sulla relazione casuale; - In secondo luogo il meccanismo fornisce una comprensione esplicativa di come il corso produce l’effetto. Un esempio: Come il livello macro influenza il micro (passaggio da A a B)? Il macro cambiamento può trasformare le opportunità e gli incentivi dell’individuo, e può anche influenzare le sue convinzioni o desideri (es. l’introduzione del reddito di base a livello macro, potrebbe cambiare il livello di reddito dell’individuo, le sue relazioni, la ricchezza e le convinzioni su cosa ci si aspetta da lui, a livello micro). Le influenze del livello macro sul micro sono registrate nel punto B. Lo stesso macro cambiamento può influenzare diversi individui in modo diverso, per questo non è sufficiente presumere che ogni individuo possa rappresentare l’intera popolazione. L’influenza casuale di A su B è mediata da condizioni di fondo strutturali e istituzionali. Lo stesso cambiamento politico può avere conseguenze molo diverse in diversi contesti istituzionali. Mentre queste condizioni di fondo non sono rappresentate nel diagramma, uno dei suoi scopi e però quello di aiutare gli scienziati sociali a pensare su di essi. Il passaggio successivo, quello da B a C copre la teoria del comportamento individuale. I cambiamenti di B hanno conseguenze comportamentali? E se si quali sono ad esempio nel caso del reddito di base? (es. possiamo supporre che i cambiamenti negli incentivi legati al lavoro influenzeranno i comportamenti di alcuni individui ma anche i cambiamenti nelle aspettative sociali). I sociologi possono essere aiutati da teorie e scoperte psicologiche ma spesso devono fare affidamento sul proprio buon senso. La C sottolinea quindi i cambiamenti comportamentali individuali. Per completare la nostra analisi sociologica dobbiamo poi tornare ai fattori macro sociali definiti dal punto D. Secondo Coleman il passaggio da C a D è un collegamento tra micro e macro, sarebbe stato spesso trascurato nella teoria sociologica ed è ancora abbastanza comune presumere che il macro è il risultato di un mero aggregato o una media di micro fatti. Capita però che ci possa essere un influenza dei comportamenti vero altri attori individuali, quindi un passaggio da C a B. Importante per delineare l’idea di Coleman è innanzitutto sottolineare la distinzione tra due tipi di variabili in un’ipotetica Coleman boat riguardo i servizi di care giving: Variabile indipendentemente: fabbisogno lavoro di cura, ci sono molte persone che chiedono servizi di cura per gli anziani. Variabile dipendente: elevata concentrazione di lavoratrici immigrate appartenenti a gruppi specifici nel settore del care giving. Secondo Coleman gli attori agiscono sulla base di quelli che possiamo chiamare MECCANISMI SITUAZIONALI (es. reti sociali che hanno un’azione di retroazione su ciò che io faccio, desideri, opportunità), e MECCANISMI TRASFORMAZIONALI. Un esempio classico che Coleman fa è spiegare quello che Weber ha scritto riguardo alla nascita del capitalismo: Weber scrisse ‘’l’Origine del capitalismo’’ dove spiegò l’origine del capitalismo, appunto, con una matrice di carattere religiosa. In questo caso la variabile macro indipendente è la dottrina religiosa protestante, mentre quella dipendente è il capitalismo. Coleman però non si accontenta di queste connessioni a livello macro e nota come da questa dottrina protestante nascono una serie di valori religiosi, a livello micro, i quali portarono verso determinati comportamenti economici delle persone. Dalle macro credenze religiose derivano quindi dei valori che orientano i nostri comportamenti concreti. Questo comportamento economico, significativo a livello aggregato, costituisce un particolare modello che è quello capitalistico. Sociologia economica per Weber è come fenomeni non economici producono effetti economici e viceversa. Politiche per l’immigrazione In primo luogo i ‘’3 volti della politica’’ sono: - Politics: fanno riferimento al tema del potere e al rapporto tra le istituzioni. - Polity: fanno riferimento ai confini delle comunità politiche organizzate. Quindi il tema è quello dei confini, delle identità e delle appartenenze (meccanismi di inclusione ed esclusione con diritti doveri diversi) - Policy: fanno riferimento ai provvedimenti politici in senso concreto. In italiano si usa ‘’le politiche’’ (es. sull’immigrazione, sulla tassazione, sul sostegno al reddito…). Quando parliamo di politica in senso stretto ci rifacciamo alle prime due. Le migrazioni hanno un impatto fortissimo sulla polity in quanto esse impattano sui confini, sui diritti dei nuovi arrivati ma in realtà, esse, tagliano trasversalmente tutte e tre le politiche. Quello che noi osserviamo sono per giunta delle ‘’politiche pubbliche’’, ovvero misure politiche che vengono varate per affrontare issues, problemi, che hanno una qualche rilevanza collettiva. Scelgo di varare o non varare politiche, in quando anche non ‘’varare’’ è una scelta politica. Studiare e osservare le politiche sull’immigrazione significa osservare linee di pensiero complicate che fanno riferimento anche al territorio (nazionale, sovrannazionali, locali) e si differenziano anche in base ai contenuti. Proviamo in qualche modo a disossare questi incroci. Tre modelli di inclusione a livello nazionale: Partendo a livello nazionale possiamo definire 3 grandi modelli: temporaneo, assimilativo, pluralistico. I tre modelli si distinguono tra loro in relazione alla configurazione assunta da aspetti quali: la concezione dell’immigrazione, accesso allo status di cittadino, criteri per l’accesso alla nazionalità, rapporto autoctoni-immigrati, politiche del lavoro, politiche sociali. MODELLO TEMPORANEO: modello di regolazione che aveva la pretesa di far credere che le migrazioni fossero dei fenomeni temporanei e per questo modello le/i migranti non si sarebbero stabiliti. I migranti sono considerati un po’ come ‘’lavoratori ospiti’’. Non è impiotante, in questo caso, il tema della cittadinanza perchè tanto sono migranti temporanei così come non è importante favorire forme di relazioni tra autoctoni e immigrati. La Germania si avvicina molto a questo modello. MODELLO PLURALISTICO: i migranti tendenzialmente rimangono e perciò bisogna porsi il problema della cittadinanza. Quello che dobbiamo fare però e favorire il mantenimento delle singole culture come se il nostro paese si fondasse su un insieme di culture e di mescolanze tra queste. E’ necessario un rapporto tra autoctoni e immigrati basato sul reciproco diritto di mantenere alcuni riferimenti culturali e di farli valere nello spazio pubblico. Io nello spazio pubblico voglio essere riconosciuto come cittadino che fa parte di quel paese e distinguermi dall’immigrato. Inghilterra e Usa rispondono a questo modello tramite le misure politiche di sostegno alle minoranze, misure politiche di discriminazione positiva. L’idea è che ci siano delle minoranze e queste minoranze, essendo svantaggiate devo supportarle perciò posso ad esempio decidere in parlamento una quota di seggi che devono andare in quella minoranza. Supporto le minoranze con una sorta di discriminazione positiva. Anche in Italia sono state varate leggi simili, come la legge Golfo-Mosca che prevede un numero minimo di donne nel consiglio di amministrazione delle società quotate in borsa. MODELLO ASSIMILATIVO: il punto essenziale è l’idea che nello spazio privato ciascuno di noi è espressione della cultura che vuole ma nello spazio comune facciamo tutti parte di una società comune in quanto siamo tutti cittadini di una repubblica. Non c’è spazio per il riconoscimento di alcune prerogative di ogni cultura (es. non c’è il velo e non c’è neanche il crocifisso). L’Italia è caratterizzata gran parte da confini marittimi e perciò sarà maggiormente presente la guardia costiera a controllare i confini. In Italia le emigrazioni erano regolamentate attraverso misure politiche non organiche sul fenomeno migratorio fino ai primi anni 90. La prima legge organica sull’immigrazione viene varata nel 1992, LEGGE MARTELLI, che però fu poi sostituita dalla TURCO-NAPOLITANO. Questa legge è importante per alcuni punti essenziali: - Vengono riconosciuti i diritti alla persona e i diritti civili connaturati che prescindono da qualsiasi diritto di legge (viene ribadita un’ovvietà giuridica); - Misure volte a favorire l’integrazione per gli immigrati, con l’apertura di un fondo specifico di risorse; - Stabilisce le quote di immigrati che il paese poteva accogliere; - Viene istituita la figura dello sponsor: se un datore di lavoro vuole assumere un lavoratore immigrato ed è disponibile da fargli da sponsor allora questo immigrato può venire; - Vengono allungati i permessi di soggiorno; - Vengono creati i centri di accoglienza per i migranti definiti CPT; - Diventano più incisive le norme per l’espulsione: maggiore chiusura delle frontiere e accompagnamento alle frontiere degli espulsi Era una legge liberale di apertura ma con anche degli aspetti di chiusura. La legge BOSSI-FINI poi fini per inasprire i meccanismi di controllo delle frontiere ed era maggiormente improntata in un meccanismo di legge/ordine: - Inasprimento delle norme relative alla clandestinità e irregolarità, espulsione indiscriminata - Permesso di soggiorno affiancato al contratto di soggiorno per lavoro con un consistente appesantimento burocratico: si rende molto più complesso il permesso di soggiorno e per averlo ,dovevi avere un contratto di lavoro. - La figura dello sponsor viene abolita e quindi si arriva ad un’abolizione del permesso di lavoro tramite lo sponsor; - Verifica dell’indisponibilità dei lavoratori italiani a svolgere quel lavoro: un datore di lavoro doveva verificare presso tutti gli italiani del mondo, che nessuno di loro voleva fare il lavoro che gli si stava offrendo, e solo dopo aver fatto questa verifica il datore di lavoro poteva assumere un immigrato; - Massima permanenza nei CPT da 30 a 60 giorni: viene impilato il periodo di permanenza massima dei CPT (centri di accoglienza). Il prolungamento del tempo massimo dei CPT creò un sacco di discussioni; - Aumento della pena detentiva pe il reingresso illegale. Uno dei due cofirmatari di questa legge, Fini, ha criticato la sua stessa legge sostenendo che sarebbe opportuno superarla. Cittadinanza Quando parliamo di essere cittadino vuol dire fare parte di una sorta di membership o sentirsi all’interno di una comunità. Questa membership, l’essere parte, è cambiata nel corso del tempo. Attualmente se sono considerato cittadino possono manifestare liberamente il mio orientamento sessuale, il mio orientamento religioso, posso fare politica in modo attivo e poi ho dei diritti dal punto di vista socialr, per cui io cittadino ho per esempio il diritto di vedere la mia entità psico-fisica intatta. L’idea di cittadinanza è collegata alla cittadinanza formale. Esistono comunque dei diritti che pre-esistono alla cittadinanza formale tra cui alcuni diritti civili, sociali e politici ma anche la sanità. L’idea di cittadinanza come appartenenza che mi da legittimazione di godere di molti diritti, e connessa alla cittadinanza formale ma non è direttamene sovrapponibile. Esistono anche delle forme di cittadinanza parziale. Qui però ci concentreremo sulla prima. Ci sono diversi criteri ispirativi dell’ottenimento della cittadinanza. Ci trona utile anche il riferimento di Walter il quale diceva che si poteva appartenere alla nazione così come si appartiene ad una famiglia, ad un circolo/club o ad una quartiere: 1. Se io immagino che si è cittadini come si è membri di una famiglia, e come se ci fosse una sorta di diritto di sangue. Questa idea del sangue è collegata al meccanismo dello ‘’jus sanguinis’’; 2. Se io vedo come percorso di accesso alla cittadinanza un matrimonio o una forma legalmente riconosciuta (es. contrarre un’unione civile con un italiano/a, ciò darà prima o poi accesso alla cittadinanza) questo è il meccanismo dello ’’jus connubi’’. 3. Se io nasco qui ho la cittadinanza invece grazie al meccanismo dello ‘’jus soli’’ o dello ‘’jus territori’’. 4. C’è anche il meccanismo della ‘’jus culturae’’. Se sei nato qui da genitori stranieri e ne apprendi la ‘’cultura’’ puoi ottenere la cittadinanza. Questi quattro meccanismi sono concretamente alla base che ispirano le normative per ottenere la cittadinanza. Nel caso dell’Italia sono presenti maggiormente i meccanismi dello jus sanguinis e dello jus connubi. Se legittimo la cittadinanza sul sangue e sul matrimonio le altre strade sono fortemente disincentivate. Ottenere la cittadinanza in Italia richiede un numero di anni molto esteso ma è generoso ad assegnare la cittadinanza a persone che generazioni prima avevano sangue italiano. Chiaramente vi è un pregiudizio positivo verso gli italiani nel mondo, i coetnici. Giovanna Zincone parlando della legge per la cittadinanza in Italia la definisce schizofrenica e ritardataria. E’ un po’ come se questa legge si occupasse di privilegiare l’accesso agli immigrati italiani nel mondo ma che non si accorge di quelli che ha al suo interno. La cittadinanza italiana quindi si può dire, in generale, che affonda le sue radici nell’ide di famiglia, in quanto si acquisisce prevalentemente per discendenza o per matrimonio. Accesso alla cittadinanza in Italia E’ molto estesa dal punto di vista temporale in quanto per ottenerla possono volerci fino a 10 anni. Le seconde generazioni rimangono prive di cittadinanza italiana fino ai 18 anni di età poi dall’anno successivo possono richiederla. Viceversa, essendo l’ottenimento della cittadinanza italiana basato sullo jus sanguinis e connubi bastano 3 anni di residenza legale, mentre per il matrimonio (jus conubi) dopo 12 mesi con presenza di figli, 24 senza figli e 18 mesi se residente all’estero. E’ quindi abbastanza agevole avere la cittadinanza italiana senza aver mai trascorso neanche un giorno in Italia rispetto anche solo alle seconde generazioni che devono aspettare fino al compimento dei 18 anni. In Italia sono 10 anni per la naturalizzazione in Canada solo 3, ma a San Marino 30 anni. Riassumendo: - Per nascita: straniero nato da almeno un genitore italiano; - Per nascita sul territorio italiano: straniero nato in Italia al compimento dei 18 anni; - Per adozione: minorenne adottato da cittadino italiano; - Per matrimonio: 1. Il cittadino straniero coniugato con italiano può richiedere la cittadinanza se risiede legalmente dopo 12 mesi in presenza di figli, oppure dopo 24 mesi senza figli; 2. Se residenti all’estero: 1 mesi in presenza di flili, oppure 36 mesi senza figli; - Per resienza: 1. 10 anni di residenza legale per gli extracomunitari; 2. 3 anni di residenza legale per i discendenti di cittadini italiani per nascita (sino al secondo grado) e per i nati in Italia; 3. 5 anni di esidenti per apolidi, adottati maggiorenni, rifugiati; 4. 4 anni di residenza legale per i comunitari; 5. 5 anni di sevizio, anche all’estero, per lo Stato Italiano. I centri per l’immigrazione I cittadini stranieri entrati in modo irregolare in Italia sono accolti nei CPT dove richiedono assistenza, vengono identificati e trattenuti in vista dell’espulsione oppure, nel caso di richiedenti protezione internazionale, per le procedure di accertamento dei requisiti. Esistono inoltre strutture di primo soccorso e di accoglienza, poi i centri di prima accoglienza e di accoglienza straordinaria, nonchè centri di permanenza per il rimpatrio: Molto speso nei CPR transitano migranti che rivendicano il diritto di asilo e che quindi dovrebbero essere nel CPA e nei CAS. In Italia si ha la percezione che gli immigrati siano molto più numerosi di quanto sia in realtà quindi si tede a coltivare maggiormente un atteggiamento nazionalista (vedere indice di ignoranza).Si hanno percezioni diverse di ciò anche in base alla classe sociale di appartenenza. C’è quindi uno stacco molto forte tra la percezione e la realtà. Inoltre è falso il fatto che gli immigrati usino più welfare di quello che producono essendo che loro, lavorando, pagano comunque le tasse. Quindi la realtà è che gli immigrati producono più risorse di spesa pubblica rispetto alle risorse che consumano. Questo accade perché sono prevalentemente attivi nel mercato del lavoro e sono più giovani della media in Italia. Economicisticamente quindi conviene. In Italia si credeva quindi che…: - Il 30% della popolazione fosse composta da immigrati (in realtà era il 7% circa nel 2014 ed ora è circa l’8,7%); - Il 20% degli immigrati siano musulmani (erano e sono circa il 4%): - Che il tasso di disoccupazione fosse il 49%, in realtà è il 7,8% (Eurostat e Istat, Agosto 2022). …in realtà: 1. Al primo gennaio 2021 gli immigrati regolari presentati in Italia erano poco più di 5.035 milioni, di cui il 51.9% donne, circa quindi il 9% della popolazione. Gli irregolari sono stimati in 519.000 circa (Istat 2022). 2. Gli immigrati producono circa l’11% del PIL del nostro paese. La spesa sociale destinata agli immigrati e pari l 3% del totale. 3. Quanto alla distribuzione territoriale dei cittadini stranieri residenti, prevale il Nord (58.5%) in particolare il Nord-Ovest (34%). Il Nord-Est è il Centro assorbono pressoché la medesima percentuale di popolazione straniera, intorno al 25,5% mentre il Sud e le Isole rispettivamente Nord-centro e sud America sono paesi da cui non provengono rifugiati politici, tranne per quanto riguarda il caso del Venezuela. Allo stesso modo avviene in Europa (paesi che non producono rifugiati politici). L’est Europa produce però consistente numero di richiedenti di asilo politico in uscita. Al contrario chi accoglie i richiedenti asilo sono soprattutto l’Europa (area nel mondo coinvolta ne processi di ricezione dei richiedenti di asilo politico) ma anche paesi che ingenuamente ci vengono presentati solitamente solo come paesi di partenza ma sono in realtà anche paesi di ricezione: esempi sono il medio oriente e i paesi africani. Ci sono aere del mondo molto più povere dell’Europa che accolgono però molti più rifugiati politici di quel che si pensa. Percentualmente i rifugiati politici si presentano di più nei paesi poveri che in paesi ricchi. La percentuale relativa di rifugiati politici è più alta laddove il PIL è più basso contrariamente a quello che si poteva pensare. Le aree più ricche del mondo sono invisibili da questo punto di vista. La gran parte dei rifugiati politici rimane nelle zone limitrofe a quelle della loro provenienza, non si spostano verso un paese lontano, quella che fa così è una quota minoritaria. Tra i 25 paesi che occupano la maggior parte dei rifugiati politici in rapporto alla ricchezza sono tutti paesi in via di sviluppo. Il 76% dei rifugiati politici si concentra in paesi caratterizzati da un reddito pro-capite basso o medio/basso. Se l’UE afferma che accoglie la gran parte dei rifugiati politici dice una cosa falsa, perché la gran parte dei rifugiati politici sono accolti nei paesi poveri. La ghigliottina di Hume distingueva l’essere dal dover essere, ossia bisogna distinguere le descrizioni dalle prediche. Quando si descrive, si descrive la realtà non si descrive quello che si vorrebbe che il mondo fosse. La metafora che utilizza Hume divide in due l’essere del dover ‘essere: non bisogna confondere con la realtà con ciò che si vorrebbe che la realtà fosse. Asilo politico in Italia: pratiche, dati, fatti Cosa succede nel corso del tempo agli immigrati coinvolti nella protezione internazionale? Attualmente, nel mondo sono circa 108 milioni. Di questi 108 milioni ci sono 335 milioni di persone al mondo che hanno lo status di rifugiato politico, 5 milioni che hanno fatto richiesta di silo politico, 5 milioni che hanno fatto richiesta di altre forme di protezioni internazionale, 62 milioni sono persone che sono dislocate internamente (motivi politici e naturali). Sono persone sforzate a spostarsi ma sempre nel confine del loro territorio. Uno dei fenomeni recenti di esodo di richiedenti asilo consistente riguarda i Siriani. Questo tema ha scatenato un dibattito pubblico molto acceso con il presupposto implicito che l’Europa si stava facendo carico di una grande quantità di richiedenti asilo. In realtà quasi 2 mln di persone erano dislocate internamente mentre i veri rifugiati erano solo 600mila e la gran parte si è spostata nei paesi confinanti; quelli arrivati in EU furono una quota veramente minima. L’idea che l’EU fosse l’area del mondo che stava dando accoglienza alla quota più significativa dei richiedenti asilo della Siria era completamente falsa e sono ancora molteplici i miti e le narrazioni che costruiscono delle rappresentazioni fuorvianti riguardo le migrazioni. Asilo politico in Italia In Italia le realtà territoriali sono così diverse per cui è difficile avere una rappresentazione di sintesi. La media funziona bene quando ci sono differenze contenute, e questo non è il caso dell’Italia. Uno de limiti dell’Italia è il fatto che non ci sia una legge a d’oc sull’asilo politico. Possiamo dire che il fatto di non avere una legge organica sull’asilo è simbolico. L’Italia è però uno dei paesi che ha una formulazione dei concetti di asilo politico più specifica. ‘’Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della repubblica’’. E una legge più che avanzata rispetto a quella che c’è nell’accordo di Ginevra in quanto non fa neanche distinzione di genere e orientamento. Il sistema è basato a livello territoriale e da commissioni miste. Il sistema di accoglienza, che è stato indebolito dal primo decreto Salvini, vede al centro la rete degli enti locali che realizzano progetti di ‘’accoglienza integrata’’ sul territorio. Questo si chiama ‘SIPROIMI’. Gli enti locali possono attivare progetti di accoglienza di richiedenti asilo, e i richiedenti asilo vengono dislocati nei vari progetti territoriali. Per attivare il sistema, gli enti locali possono utilizzare le risorse finanziare messe a disposizione dal ministero dell’interno. Con questo strumento vengono assegnati contributi in favore degli enti locali che presentino progetti destinati all’accoglienza per i richiedenti asilo, rifugiati e destinatari di protezione. Il sistema di protezione è caratterizzato da: - Il carattere pubblico delle risorse messe a disposizione e degli enti responsabili dell’accoglienza, e dal governo centrale, secondo una logica di governance multilivello. - La partecipazione degli enti locali alla rete dei progetti di accoglienza: partecipazione diffusa degli enti locali vrso l’accoglienza dei richiedenti asilo. - Politiche sinergiche sul territorio con i soggetti del terzo settore che contribuiscono in maniera essenziale alla realizzazione degli interventi: es. molte fondazioni bancarie particolarmente ricche fanno anche progetti di supporto per i richiedenti asilo. In Italia c’è quindi un modello elastico che realizza progetti molto virtuosi a livello locale ma fragili a livello centrale. Mancando un coordinamento centrale ci sono esperienze virtuose, ed esperienze molto poco virtuose all’interno di un paese che possiamo definire ‘’arlecchino’’ (es. differenze di accoglienza tra nord e sud). L’Italia non ha una legge ad oc sull’asilo ma è uno dei pochi paesi in cui sono prsenti istituti di protezione: 1- protezione sussidiaria: no persecuzione personale ma grave rischio in caso di ritorno prevalentemente per persecuzioni politiche/religiose/orientamenti sessuali. Essa dura 5 anni ed è concessa da un questore; 2- Protezione speciale: clausola di salvaguardia. Essa dura 2 anni ed è disposta per mutamenti climatici, disastri naturali, land grabbing, water grabbing. Con il decreto Salvini venne: 1. Abolita la protezione umanitaria: nel 2017 sono state presentate 130.000 domande di protezione umanitaria. Il 52% è stato respinto, il 25% è stata concessa). La protezione sussidiaria ha sostituito quella umanitaria in Italia ma è molto più residuale (devo dimostrare di essere a rischio per esempio per appartenere ad una comunità perseguitata per l’orientamento sessuale). 2. Introduzione di un permesso speciale per chi subisce violenze domestiche, sfruttamento lavorativo, cure mediche o calamità naturali; 3. Estensione del periodo in cui si puòstare nei CPR: da 90 a 180 giorni; 4. Revoca o dinigo dello status di rifugiato politico o della protezione internazionale:il decreto estende la lista d reati che comportano la revoca dello status di rifugiato o la protezione internazionale. Saranno anche inclusi i reati come violenza sessuale, produzione, detenzione e traffico di sostanze stupefacenti, rapina ed estorsione, furto, furto in appartamento, minaccia, violenza e resistenza a pubblico ufficiale; 5. Restrizione dello SPRAR (divenuto SIPROIMI) a minori non accompagnati e a chi gode di protezione internazionale; 6. Restrizione della concessione della cittadinanza: revoca della cittadinanza a chi viene condannato per reati legati al terrorismo. Per questi reati è possibile anche negare la concessione della cittadinanza. Tra i rifugiati politici e quelli che ricevono altre forme di protezione la differenza è che il rifugiato politico merita lo status solo nel momento in cui è in grado di dimostrarmi la sua persecuzione (richiedente asilo politico). Le due protezioni sono più di carattere collettivo. In Italia, rispetto agli altri paesi dell’Ue, il numero dei richiedenti asilo è minore. Durante il governo Gentiloni sono stati introdotti accordi che mitigano quello di Dublino in cui i paesi si accordano per la rilocazione di una quota dei richiedenti asilo. Il governo italiano voleva inoltre chiudere la rotta Libia-Italia per allentare il flusso di richiedenti asilo. Vennero creati i CPR e reso più restrittivo il numero di richiedenti Asilo in quanto venne abolito il grado di appello per i richiedenti asilo cosa che poi venne ritenuta anti-istituzionale. Il decreto Salvini abolisce quindi la protezione umanitaria. Viene introdotto un permesso speciale di soggiorno che però aveva delle grandi restrizioni. Venivano estesi i termini di permeanza dei CPR, vengono estese le motivazioni per cui si possono revocare le motivazioni di asilo. Insieme a decreto Salvini, paradossalmente, venne anche emanato il DECRETO SICUREZZA BIS , composto da 18 articoli, il quale si occupava di soccorso in mare e di riformare del codice penale per quanto riguardava la gestione dell’ordine pubblico durante le manifestazioni. Nel articolo 1 si stabilisce che il ministero dell’interno può limitare o vietare l’ingresso in transito o la sosta di navi nel mare territoriale, per ragioni di ordine e sicurezza, ovvero quando si presuppone che sia stato violato il testo unico sull’immigrazione e in particolare si sia compiuto il reato di ‘’favoreggiamento dell’immigrazione clandestina’. In ogni caso rimaneva comunque decreto importantissimo che, contrariamente, obbliga tuttora il soccorso in mare a qualsiasi condizione. Si crea quindi un conflitto fra due istanze profondissime. Un altro punto rilevante di questo decreto è che si prevede una sanzione che va da un minimo di 150 mila euro ad un massimo di un milione di euro per il comandante della nave in caso di violazione del divieto di ingresso ,transito o sosta in acque territoriali italiane. Come sanzione aggiuntiva è previsto anche il sequestro della nave e l’arresto in flagranza per il comandante che compie di ‘’delitto di resistenza o violenza contr nave da guerra’ ’L’inserimento di sanzioni penali così alte sembravano quasi un incentivo per non salvare le persone in mare. Questo decreto ha suscitato tra i giuristi una serie di dibattiti molto accesi in quanto: - Non c’erano i presupposti di urgenza e necessità previsti per varare un decreto sicurezza, quindi questo secifico strumento legislativo; - Il decreto non rispetta il requisito di omogeneità della materia trattata; - Possibile violazione del diritto marittimo; - Le sanzioni penali e amministrative previste dal disegno di legge sono un ostacolo al soccorso e rappresentano una violazione del diritto a non essere discriminati; - MULTICULTURALISMO SOTTO AL REGISTRO PROGRAMMATICO-POLITICO: si fa riferimento a quelle politiche concrete che supportano le diverse culture e la coesistenza di diverse culture. Il presupposto del multiculturalismo e che esistano culture diverse e che io faccia qualche cosa per riconoscere e conservare quelle diverse culture. I modelli multiculturali prevedono trattamenti giuridici e servizi speciali per le minoranze: 1- MODELLO INCLUSIVO: mira ad accogliere gli immigrati come parte della popolazione, valorizzando la cultura di origine. Si riconoscono agli immigrati il fatto di essere portatori di differenze culturali che io voglio che siano individuabili anche nello spazio pubblico . Vengono quindi sostenuti ed aiutati a mantenere anche la loro cultura d’origine. In questo contesto collochiamo innanzi tutto il Regno Unito, l’Olanda e i Paesi Scandinavi. Gli immigrati partecipano pienamente alla vita pubblica, economica e sociale. Identifichiamo in questo modello due sotto- dimensioni: - INCLUSIVO STATALISTA: dove vi è un sostegno attivo da parte dello stato nel riconoscimento delle culture di cui sono portatori gli immigrati (es. bilinguismo nelle scuole, spazi in tv). E’ quindi lo stato che si attiva per mantenere le differenti culture di cui gli immigrati sono espressione. Ciò avviene per esempio in Olanda. - MODELLO SOCIETARIO: non è lo stato che interviene ma delega alle varie associazioni. Ciò avviene in Gran Bretagna dove è meno forte il ruolo dello stato, maggiore quello delle associazioni e della società civile. 2- MODELLO ESCLUSIVO: consente agli immigrati di mantenere la loro cultura di origine al fine di escluderli dalla popolazione stabile e dalla cittadinanza. Il riferimento principale va all’idea di immigrato come guest workers, interessato cioè all’esclusione politica, isolato culturalmente ma con accesso a eguali diritti nella sfera socio-economica. Consento agli immigrati di mantenere la propria cultura a patto che non si mischi con la mia. Vuole escludere quindi forme di contagio, sovrapposizione, ibridazione con la cultura maggioritaria. In anni recenti, nel dibattito politico tornano però ad essere prevalenti le istanze assimilazioniste che portano ad una crescente attenzione alla concessione di determinati diritti, ai test linguistici, ai testi di cultura e al controllo che l’immigrato si impegni a rispettare diversi valori. Un rischio del multiculturalismo è quello di oggettivare le differenze culturali di gruppi differenti (talvolta la preservazione di identità culturali rischia di irrigidire i confini, di essere un ostacolo alla mescolanza e via dicendo…): noi possiamo avere una volontà molto costruttiva verso gli immigrati con il risultato però che come effetto perverso possiamo delimitare le culture in una sorta di gabbia ratificando proprio il confine tra le varie culture. In questo modo costruiamo, nella realtà, diversi tipi di identità collettive molto forti che generanno differenze sociali molto rigide che possono diventare svantaggiose per gli immigrati. Il risultato è quindi che quello che volevo evitare, quindi la creazione di gruppi sociali separati, è quello che in realtà ottengo. E’ un processo perverso. Molte forme di integralismo religione hanno portato persone che non avevano nella loro biografia nessuna forma di religione forte, ma poi si sono riattivate come minoranze a causa di discriminazioni e razzismo e quindi quella forma religiosa diventa attiva. IDENTITA’: bisogna pensare alle identità sociali come un prodotto non come un fato di partenza, in quanto sono costruite socialmente e sono in parte frutto di meccanismi espressivi e strumentali. Esse inoltre sono frutto di un effetto emergente di situazioni di interazione date nel tempo e nello spazio. INTEGRAZIONE Dobbiamo pensare all’integrazione come un processo dinamico che attiene all’avvicinamento di due gruppi. Questa integrazione può essere: 1- Unilaterale di tipo adattivo: ‘’tu immigrato di adatti a me’’ 2- Bilaterale: ‘’come scambio culturale’’ Il concetto di integrazione è un concetto multidimensionale. Esso di fatti ha: 1- Una dimensione culturale 2- Una dimensione economica 3- Una dimensione sociale Ma cosa vuol dire integrato culturalmente? Sono etichette molto scivolose. E’ interessante andare a vedere come si comportano le dimensioni delle integrazioni fa di loro, principalmente quella sociale ed economica in quanto quella culturale è troppo scivolosa. FALLACIA E DILEMMI DEL CONCETTO DI INTEGAZIONE 1. Unilaterale o multilaterale: tendenzialmente si fa riferimento al secondo aspetto quando si parla di integrazione mentre il primo si avvicina di più al concetto di culturalizzazione. 2. Unidimensionale/multidimensionale: è importante operativizzare il concetto di integrazione come un processo multidimensionale per lo meno dal lato sociale e economico, ma anche culturale. 3. Interdipendenza tra le dimensioni: i rapporti di ricaduta tra le diverse dimensioni del concetto di immigrazioni sono articolate tra di loro; 4. L’integrazione cambia nel corso del tempo 5. Integrazione è plasmata sia da fattori contestuali sia da fattori di gruppo. I fattori di gruppo sono aspetti che riguardano la lingua ,ad esempio, che possono facilitare l’incontro tra gli immigrati e gli autoctoni. Ci sono poi fattori di contesto che riguardano l’andamento del mercato del lavoro, la situazione politica che impattano sul processo di integrazione. Tra contesto è gruppo c’è dilago. 6. Anche il concetto di integrazione ci sottopone la questione tra aspetti normativi e aspetti oggettivi. SEGREGAZIONE TERRITORIALE Ci sono città in cui notoriamente gli abitanti sono maggiormente segregati, non solo dal punto di vista dell’immigrato ma anche della classe sociale. Shelling aveva fatto un modello di simulazione territoriale sostenendo che le persone che fanno parte di un determinato gruppo sociale si circondano di persone simili a loro. Shelling costruisce il suo modello sulla base del caso critico: immagina che gli attori abbiano una bassissima preferenza di circondarsi di attori simili. Malgrado a livello individuale ci sia una scarsissima preferenza di stare vicino a persone simili a livello collettivo emerge uno spazio altamente segregato che rimane stabile nel tempo. A livello individuale può esserci una scarsissima percentuale di persone che vogliono stare vicino a persone simili, ma quella scarsissima percentuale invece incide moltissimo a livello collettivo. Bastano pochi ingredienti per fare un disastro tendenzialmente irrimediabile in quanto lievi preferenze individuali generano una situazione estrema. Ci son altre componenti che incremento alla potenza ennesima la situazione segregazionale come le politiche abitative, il mercato immobiliare e le politiche migratorie. IMMIGRAZIONE E MERCATO DEL LAVORO Importanti sono 3 concetti basilari: 1- Forza lavoro: è composta da tutte le persone occupate e da quelle che cercano un’occupazione in modo attivo. 2- Tasso di disoccupazione: sono le persone in cerca di occupazione sulla forza lavoro (non contano le persone che non lavorano e non cercano lavoro). Rapporto tra ilnumero di individui in cerca di occupazione e la forza lavoro. 3- Tasso di occupazione: è l’incidenza degli occupati sul totale della popolazione in età da lavoro (15-64 anni). In questa popolazione ci possono essere persone occupate, disoccupate e coloro che il lavoro non ce l’hanno e non lo stanno cercando (dato non presente nel tasso di disoccupazione e anzi lo diminuiscono pure). Oppure: indicatore statistico che misura l’incidenzadegli occupati sul totale della popolazione in età da lavoro. Si ottiene dal rapporto tra gli occupati tra i 5 e i 64 anni e a popolazione della stessa classe di età. Gli immigrati sono generalmente più giovani della popolazione italiana e quelli presenti in Italia hanno livelli di istruzione piuttosto elevati. Questi sono aspetti che condizionano la forza lavoro. La struttura produttiva del paese condiziona la domanda del lavoro. In Italia la struttura industriale è caratterizzata da una quota molto elevata di piccole e micro imprese e da una quota consistente di media imprese (dai 25 ai 250 dipendenti). Tutte queste imprese richiedono manodopera scarsamente qualificata. Presenza immigrata nel MdL: Caratteristiche del sistema produttivo italiano rilevanti per gli immigrati (alias, il lato della domanda): 1. Struttura industriale con molte piccole e medie imprese in settori a bassa intensità di capitale umano e tecnologico: richiede lavori poco remunerati; 2. Edilizia, turismo, agricoltura domandano lavoro stagionale, discontinuo, con elevati tassi di sommerso; 3. Basso terziario urbano: pulizie, facchinaggio, custodia e sorveglianza degli immobili; 4. Domanda di consumo esotico: nei grandi centri urbani (es. Milano, Roma, Torino); 5. Welfare poco generoso nel care giving; 6. Lavoro domestico. Perché questi lavori non vengono svolti da italiani? Italia è caratterizzata da disuguaglianze economiche, sociali e territoriali ma: - Livello di istruzione dei giovani elevato, lavori disponibili hanno poco appeal. Scarsa domanda di lavoro qualificato; - Rischio invischiamento nei gradini bassi della scala sociale (Bison e Schizzerotto 1996); - Protezione della famiglia (redistribuzione interna e intergenerazionale dei redditi); - Vischiosità del mercato abitativo; Kogan mostra che nei paesi di destinazione con una più forte domanda di lavoro non qualificato, quali sono quelli dell’Europa meridionale, gli immigrati hanno buone probabilità di trovare lavoro ma sono basse le probabilità di raggiungere occupazioni più qualificate. Gli occupati stranieri in Italia sono 2,3 milioni, circa il 10% del totale, ma il 35% degli occupati spariti nel 2020 (160 mila su 450 mila) sono stranieri. Gli occupati italiani sono calati dell’1,4%, gli extra Ue del 6%, i comunitari del 7,1%. Parallelamente, gli inattivi italiani sono aumentati del 3,1%, gli extra Ue del 15,1%, i comunitari del 18,7%. Le donne straniere sono sempre più penalizzate (-10% di occupate extra Ue nel 2020, contro il –3,4% di occupati extra Ue e –1,6% di occupate italiane) e notevoli differenze si registrano anche tra settori e comunità diverse.Il rapporto mostra che, a parità di altre condizioni, gli stranieri hanno più probabilità degli italiani di perdere il posto. Il rischio è massimo per le giovani donne straniere, con basso livello di istruzione, occupate in professioni low skill e residenti al Sud. In Italia è più facile per gli immigrati trovare il primo lavoro ma è molto più difficile in Italia fare processi di mobilità ascendente. E’ quindi un mercato lavorativo semplice ma che intrappola molto. A parità di altre condizioni, gli immigrati hanno anche più probabilità di perdere il lavoro in momenti di instabilità e le donne immigrate hanno ancora maggiore possibilità che accada ciò. Perché c’è una resistenza da parte dei lavoratori italiani a svolgere determinati lavori che quindi vengono svolti dagli immigrati? L’Italia ha disuguaglianze economiche, sociali e territoriali. La classe media italiana è fortemente patrimonializzata. In 30 anni il paese è riuscito a diventare dal secondo paese diseguale ad uno dei più diseguali sia a livello economico che a livello territoriale. Il livello di istruzione dei giovani è relativamente elevato il problema e che i lavori disponibili sono poco appiling per ciò che uno studia, in sostanza, vi è una scarsa domanda di lavoro qualificato rispetto alle qualifiche che di solito possiedono i giovani. Da un punto di vista razionale conviene non accettare un lavoro purchessia ma aspettare un lavoro accettabile, ma ciò costa molto. Non tutti hanno soldi per permettersi ciò quando non lavorano. Questo diventa un eccezionale meccanismo di riproduzione delle disuguaglianze sociale: chi non può aspettare deve per forza accettare un lavoro e rimarrà in una classe sociale disagiata rispetto chi ha un capitale per aspettare un lavoro che più si addice al loro titolo di studio. I giovani italiani stanno in casa più a lungo dei loro coetanei europei perché il mercato abitativo italiano è deverso da quello del resto d’Europa e non da presunti tratti culturali della famiglia. Il mercato abitativo italiano è vischioso in quanto gli italiani sono grandi proprietari di case e c’è poca disponibilità di affitto ancora tagliato da piattaforme come air b&b. Queste caratteristiche sono molto accentuate nel mercato abitativo italiano e stano rendendo l’uscita di casa molto complicata. Prima il lavoro era la condizione sufficiente per non essere povero, mentre oggi cresce percentualmente la cosiddetta percentuale dei lavoratori poveri. Talvolta non bastano gli orari lavorativi standard per garantire una vita che non sia effettivamente povera. I lavoratori immigrati spiazzano o rimpiazzano? Tra i lavoratori italiani e i lavoratori immigrati che rapporto c’è? Bomol dice che ci sono dei settori nell’economia che sono colpiti nel corso del tempo da un aumento della produttività (rapportò tra costi di produzione e costo del prodotto) ma ci sono anche alcuni settori dove la produttività non cambia (es. per curare una persona anziana ci vuole sempre una persona sola). Se la produttività non aumenta non si generano spazi per gli aumenti salariali. I settori che riguardano i servizi di cura alla persona quindi non possono aumentare i salari. In molte circostanze è richiesto l’intervento dell’attore pubblico per supportare un equilibrio di mercato che altrimenti genererebbe uno squilibrio di mercato. Allo stesso tempo la presenza di lavori migrati genera vantaggio perché è un’alternativa alla delocalizzazione produttiva. Es. i servizi di cura alla persona lo necessito nel contesto in cui mi trovo, e non possono spedire un nonno in India solo perché li i costi di cura alla persona costano meno. Se pensiamo alle attività produttive nell’industria posso delocalizzare la mia attività per avere un costo minore per la produzione oppure posso assumere migranti che di solito si pagano molto meno. In alcune zone del mezzogiorno ad alta disoccupazione sono attivi alcuni processi di sostituzione (i lavoratori migrati sostituiscono la manodopera italiana) ma sono zone molto limitate. Nelle regioni economicamente
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