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Socrate: Vita, Contesto Storico e Pensiero, Appunti di Storia Della Pedagogia

Biografia e contesto storico di Socrate, filosofo greco del V secolo a.C. Discutiamo della sua vita, del contesto culturale e sociale in cui visse, e dei termini chiave del suo pensiero: maestria, virtù, demone, cura e autosapienza. Socrate e la sua filosofia del non sapere, l'autoeducazione e l'ironia.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 21/06/2022

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Scarica Socrate: Vita, Contesto Storico e Pensiero e più Appunti in PDF di Storia Della Pedagogia solo su Docsity! LEZIONE 2: SOCRATE VITA Socrate è nato e vissuto ad Atene durante la guerra del Peloponneso; la data della sua nascita si può dedurre dalla sua apologia dove afferma, ormai settantenne, di stare per morire (470-469 a.C.); certi invece siamo della data della sua morte (399 a.C.) poiché abbiamo la testimonianza del suo processo. CONTESTO STORICO Socrate è vissuto nel V secolo che termina con la morte del filosofo stesso e che viene identificato come il momento della democrazia ateniese. La democrazia compare per la prima volta in una tragedia di Eschilo (470 a.C.) che racconta delle donne scappate dall’Egitto per rifugiarsi ad Atene e chiedere asilo, dove però ricevono una risposta diversa dalle loro aspettative poiché Socrate dice loro che lì vige la democrazia, ovvero il potere del popolo (dal greco demos, popolo). In questo contesto storico quindi si è affermato il regime politico, che si è fondato sulle cariche elettive, ovvero l’elezione dei capi che avrebbero governato l’esercito e capi che si sarebbero occupati del governo della città. Il V secolo è caratterizzato, inoltre, dalla presenza di una democrazia diretta (la nostra è una democrazia indiretta) ovvero la partecipazione diretta dei cittadini alle pratiche legislative; coloro che avevano il diritto di voto erano solo ed esclusivamente i maschi liberi e maggiorenni, che si dirigevano all’ecclesia (assemblea del popolo) e votavano le leggi; solitamente la votazione avveniva per alzata di mano, ma all’epoca era presente anche una votazione scritta, ossia la votazione dell’ostracismo (il termine ''ostracismo'' deriva dall’antico greco e significa, letteralmente, “coccio di vaso di terracotta" o "conchiglia". All’epoca il papiro scarseggiava, o comunque costava molto importarlo dall’Egitto; quindi, le bozze e le votazioni venivano eseguite su frammenti di vasellame. L'ostracismo è il procedimento attraverso il quale una persona viene posta davanti all’assemblea, la quale ha il compito, dopo aver ricevuto un pezzetto di coccio con cui poter scrivere e uno stilo con cui poter incidere, di giudicare se quella persona sia retta e onesta oppure se abbia provocato dei danni alla patria, caso in cui la persona viene condannata all’esilio (votazione negativa). Le persone chiamate a votare, quindi i maschi liberi, dovevano assolutamente saper scrivere. Ci doveva essere un livello di alfabetizzazione di base diffusa anche se minima; per questo motivo tra l’inizio del V e la fine del VI secolo si comincia a diffondere la scolè (in greco, quella che oggi è la nostra scuola), parola con la quale si tende ad indicare il tempo libero poiché si potevano permettere di andare a scuola coloro che avevano del tempo libero e non dovevano andare a lavorare. I bambini in età scolare che provenivano da famiglie benestanti avevano l’opportunità di andare a scuola costantemente e per parecchi anni (continuità), mentre invece coloro che provenivano da classi sociali meno elevate avevano l’obbligo di andare anche a lavorare e quindi non potevano vivere la scuola con continuità, la frequentavano per 2/3 anni e si fermavano; da ciò si può affermare che la scuola era considerata un privilegio. La scolè iniziava a 6/7 anni (sempre e solo per i maschi) perché proprio a quell’età avveniva il cambiamento della chiostra (termine impiegato da Solone) dei denti e i bambini, per via della mortalità infantile che vigeva, al raggiungimento di quell’età erano considerati più robusti e idonei a frequentare la scuola (prima dei 6/7 anni c’era l’educazione domestica, ossia il pedagogo). Dopo tale scuola, che si finiva all’età di 14 anni, si frequentava quella che ad oggi si chiama scuola superiore, dove si approfondivano altre discipline come l’eloquenza e la retorica che a quei tempi era considerato il sapere più importante; successivamente chi voleva poteva continuare la scuola fino ai 20 anni (sempre chi stava bene economicamente). In questo contesto storico ci sono stati anche dei cambiamenti a livello culturale, nacque infatti la medicina da Ippocrate, il quale fondò la medicina occidentale e fu anteriore a Socrate. Nacque, inoltre, lo studio della società e la storia da Erodoto; un’epoca di grandi cambiamenti di cui Socrate fece parte. Il tema vigente in questo periodo storico, nonché centrale per Socrate, è la magistralità, ovvero la relazione tra maestri e allievi; Socrate, inoltre, si pone diversi interrogativi sul quale fosse il ruolo dell’intellettuale nella società (riflessione). Se prima quindi vigeva solo la teoria del cosmopolitismo (quando è nato il mondo?), in questo periodo storico ad Atene si inizia a discutere sull’essere umano. Dal punto di vista educativo la polis era una comunità educante per cui la scuola costituiva solo una piccola parte dell’educazione dei cittadini, i quali venivano educati anche attraverso il teatro (es. Nel V secolo, Pericle istituisce il Teoricon, una sovvenzione per pagare i cittadini per andare a teatro), gli agonali, i riti e le assemblee dove venivano passati messaggi educativi. Si trattava di luoghi e momenti di partecipazione e di educazione collettiva. Nel V secolo, oltre al diffondersi della scuola, inizia a diffondersi il libro, inteso come rotolo che veniva srotolato e letto (manualità complessa); inizialmente in luoghi pubblici dove le persone si recavano per ascoltare, leggere e discutere. Successivamente ad una transizione, il libro diventerà un bene privato. Socrate nasce in una famiglia non benestante; sua madre è un’allevatrice (ostetrica) mentre suo padre un comune scultore, non famoso. Egli vive sempre ad Atene, allontanandosi solo quando era costretto per via del servizio militare. Durante uno di questi viaggi (in Tracia a nord della Grecia) egli incontra Zalmoxis, colui che gli insegnò molto sull’anima e sul corpo (meditazione-sciamanesimo) e ciò ci fa capire che Socrate non era esente da influssi occidentali ed orientali. Infatti, si confronta con tutti gli esponenti culturali del tempo, quali Sofocle ed Erodoto; ad Atene inoltre viene a contatto con i sofisti (es. Protagora), diversi da lui poiché non ateniesi (grande differenza biografica) ma itineranti, ovvero che si spostavano. La morte di Socrate non fu una morte naturale poiché appunto egli, a causa del processo che lo accusava di aver praticato corruzione dei giovani, empietà e introdotto ad Atene nuove divinità non riconoscendo quelle tradizionali (demone), fu condannato a morte tramite avvelenamento con la cicuta (usata, nell'antica Grecia, per assegnare la pena capitale). PENSIERO DI SOCRATE MAIEUTICA Nel pensiero di Socrate ci sono diversi termini che ci fanno capire quale fosse il suo ragionamento e il suo modo di affrontare la vita; uno di questi è la MAIEUTICA (dal greco maia, nutrice e maieuco, tiro fuori il bambino): Socrate afferma di non insegnare niente poiché egli prima si rivolge ai suoi allievi ponendo delle domande, tirando fuori le loro risorse per poi iniziare un percorso insieme, e questo per lui è il vero maestro, non colui che spiega e basta. Nel dialogo Menone, Socrate fa un esempio vero e proprio di questo pensiero comparando l’azione che fa l’allevatrice quando tira fuori il bambino, dicendo che il vero maestro fa “partorire” - ciò porta ad un paragone al dolore poiché partorire è doloroso. Socrate dice che il sapere implica dolore poiché porta alla conoscenza di sé stessi e di aspetti che magari non accettiamo; per Socrate quindi il sapere non può essere qualcosa di fruibile immediatamente ma implica anche sofferenze (tema del sapere intrecciato con il dolore). Questa concezione che Socrate ha della maieutica voleva essere cambiata da Platone, il quale sosteneva che la maieutica si avvicinasse alla reminiscenza, ovvero il far riemergere qualità che noi già abbiamo; Socrate però rimase convinto che volesse dire tirare fuori le risorse, partire dall’allievo.
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