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Appunti del corso Teorie del cinema DAMS 2023, Appunti di Teoria Del Cinema

Queste 42 pagine discorsive raccolgono non solo gli appunti completi e riordinati delle lezioni del corso Teorie del cinema, ma in aggiunta vi sono anche approfondimenti di argomenti citati dalla professoressa e i link ai materiali multimediali mostrati in presenza. Ogni citazione è riportata per intero fra virgolette insieme all'autore a cui essa appartiene. Gli appunti sono complementari ai materiali su Virtuale e quando ciò che ci veniva mostrato può essere trovato su Virtuale, lo cito esplicitamente.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 27/04/2023

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Scarica Appunti del corso Teorie del cinema DAMS 2023 e più Appunti in PDF di Teoria Del Cinema solo su Docsity! 1 Teorie del cinema – lezioni Lezione 1 • Argomenti generali del corso Arriveremo fino agli anni ’60 del Novecento con le teorie del cinema. Si passa dalle teorie essenzialiste del cinema (approccio ontologico) a teorie più interessate al funzionamento della significazione cinematografica e al cinema come mezzo di comunicazione. André Bazin Che cos’è il cinema: raccoglie gli studi di Bazin sul cinema, pubblicato negli anni ’50. Tale riflessione teorica sul cinema è ancora oggi fondamentale e attuale. Era un critico cinematografico che si è poi occupato di scrivere testi ed articoli più generali. Nella realizzazione di un’inquadratura possono essere implicati aspetti etici → Godard ci diceva che “una carrellata è una questione di morale”. Es. film Kapò: in una delle scene più crude fu utilizzata il metodo della carrellata in avanti, primo piano, che diede un tono estetico ad una scena agghiacciante di una fucilazione. Tale estetica del dolore è stata trovata di cattivo gusto da vari critici cinematografici. Dell’abiezione, recensione del film Kapò da parte di Jacques Rivette sui Cahiers du cinéma: condanna la scelta stilistica di Pontecorvo. Una semplice carrellata può rilevare una determinata attitudine morale. Concetto di straniamento. Walter Benjamin: riflessione sulle opere artistiche del suo tempo, in particolare sul concetto di “appropriazione” dei materiali culturali. Questi possono essere appropriati, rielaborati e riutilizzati per produrre oggetti nuovi. Valore d’uso degli oggetti culturali e delle conoscenze: questi non sono soltanto da contemplare, dobbiamo essere in grado di appropriarcene. Uomo con la macchina da presa, Dziga Vertov. Secondo Godard (e la professoressa), è il più bel film della storia del cinema. Nella prima parte del corso ci occuperemo delle teorie classiche del cinema. Si fa riferimento, in primo luogo, al regista hollywoodiano Griffith, ma anche ai registi sovietici degli anni ’30. Dal punto di vista formale questi ultimi non sono così diversi dal cinema di Hollywood. Le teorie classiche del cinema si sviluppano nel periodo in cui questo tipo di linguaggio è più diffuso. Colui che introdusse la distinzione tra teorie classiche del cinema e teorie moderne fu André Bazin. Con la Nouvelle vague ci si stacca dalle metodologie e formalità del cinema classico. Diegesi: La diegesi è un concetto narratologico, sviluppato da Gérard Genette, il cui uso è stato ampliato al mondo del cinema. Si intende con essa una costruzione spazio-temporale nella quale si svolgono azioni ed eventi riguardanti i personaggi. È l'insieme di tutti gli elementi che appartengono alla storia raccontata e al mondo proposto e supposto dalla finzione. La diegesi è dunque sempre raccontata da un narratore che può essere più o meno visibile all'interno del racconto stesso. Le teoriche del montaggio: con il termine “teoriche” si intendono quei discorsi con vocazione teorica; si differenziano dalle teorie scientifiche poiché queste ultime necessitano di essere dimostrate, le teoriche no. Le teoriche partono da un certo sguardo dell’autore e sono funzionali al suo obiettivo. La poetica è la riflessione che un autore fa sulla propria opera. 2 Le teoriche della fotogenia: gli autori francesi hanno ripreso questo concetto ottocentesco e l’hanno applicato al cinema. È complesso definire la fotogenia: è un concetto oggettivo e/o soggettivo. Nell’Unione Sovietica, tutta la riflessione sul cinema si concentrava sul montaggio; anche se il concetto di fotogenia e quello di montaggio sono ben diversi, i sovietici leggevano la fotogenia come una questione di montaggio. André Bazin fu sicuramente influenzato da Benjamin, i cui testi furono spesso tradotti prima in francese che in altre lingue. Bazin, pur avendo profondamente recepito il messaggio di Benjamin, sposta la sua risposta su un altro campo. Quando Bazin parla di piano sequenza e profondità di campo, occorre tenere ben presente l’influenza che il trauma della Seconda Guerra Mondiale ha avuto sull’autore. Lezione 2 • Teorie del cinema (introduzione) e dispensa Che cos’è la teoria del cinema? di Monica Dall’Asta: 28 dicembre 1985 è ufficialmente la data in cui nasce il cinema (prima proiezione pubblica dei fratelli Lumière). Le teorie classiche/ontologiche del cinema coincidono con il periodo del cinema classico. Sono definite “ontologiche” perché l’obiettivo è quello di definire l’essenza ultima del cinema. Spesso vengono anche definite teorie “indigene” del cinema poiché provengono da registi che stanno all’interno del mondo del cinema. Le teorie metodologiche del cinema invece hanno l’obiettivo di trasformare il campo della riflessione sul cinema in un ambito scientifico, con la creazione di discipline di studio quali la filmologia, la semiologia, ecc. Spesso coloro che si occupano di teorie metodologiche sono psicologi, i quali studiano i processi mentali coinvolti durante l’esperienza cinematografica e simili. Tali teorie sono prodotte in ambito accademico. Un altro filone di studio nell’ambito metodologico è la semiotica; tuttavia, la semiotica come disciplina nasce come strumento per studiare i segni della lingua naturale e dunque non è chiaro se tale studio possa essere anche applicato allo studio di un’immagine nell’ambito cinematografico. Primo fa tutti i critici dell’applicazione della semiotica al cinema è stato Gilles Deleuze. L’obiettivo di queste teorie è quello di perfezionare un approccio sistematico alla ricerca. Dagli anni Ottanta del Novecento si sviluppano le teorie di campo, in seguito alla cosiddetta “svolta culturalista” che ha interessato tutti i campi degli studi umanistici → studi culturali (es. Feminist film theory, Eco-criticism, Queer theory, Animal studies, ecc.). L’obiettivo è quello di svolgere un ruolo politico all’interno della comunità di studiosi di cinema, non tanto quindi quello di enunciare una verità sul cinema. Il termine teoria, in greco antico, designa innanzitutto l’azione dei teori. I teori erano, per così dire, dei diplomatici, che venivano inviati da città in città per assistere a cerimonie. L’azione specifica dei teori era quella di contemplare con reverenza una certa celebrazione di un evento religioso. Hans Gadamer ci dice che tale termine passa dal designare questa specifica azione all’indicare lo studio conoscitivo delle discipline. Nel termine stesso “teorie” è implicata l’idea di spettatorialità: è un tipo di partecipazione che però implica distacco, che si realizza attraverso l’uscita da sé in un’esperienza di estasi. 5 esempio di poetica dell’immobilità: scene lunghe, costante presenza del lutto e di personaggi tormentati dal ricordo di persone care. Si fa spazio all’attore. - Cinedramma: film non russi, in particolare il cinema americano caratterizzato da forte movimento e montaggio veloce Molti artisti russi abbandonano la Russia andando in Francia e in Italia per fondare delle case di produzione. -Non è un piano sequenza perché sono presenti stacchi, è solo una scena molto lunga e lenta, la durata di un’inquadratura e la profondità di campo sono correlate: l’attore deve muoversi in molto spazio; quindi, nell’inquadratura non ci possono essere posti messi a fuoco e posti non messi a fuoco. Questo può avvenire grazie alle pellicole usate: la pellicola ortocromatica è molto sensibile alla luce; dunque, non c’è bisogno di aprire il diaframma per far entrare tanta luce perché le immagini vengono già luminose quindi era facile avere profondità di campo. Diverso è per le pellicole pancromatiche, che permettono più gamme di grigi ma è meno sensibile alla luce ed è quindi più difficile da usare. Lezione 4 In questo corso ci occuperemo principalmente delle teorie classiche del cinema, ovverosia delle teorie ontologiche. Leggere voce Teorie del cinema sull’enciclopedia Treccani online (voce che si trova linkata su Virtuale nel primo modulo). Altra voce da leggere: Teorie del cinema sul sito La comunicazione. • Il cinema dell’Impero Russo: Periodo cinematografico russo pre-rivoluzione: i critici russi sostengono che il cinema russo ha la necessità di sviluppare una sua estetica, la quale deve opporsi allo stile del cinema americano, considerato fin troppo estetico; dunque, non verrà valorizzato il movimento, il ritmo, ma l’immobilità della scena. L’obiettivo è quello di proporre uno stile cinematografico che permetta all’attore di sviluppare la sua interpretazione del personaggio → scene piene e lunghe! Di stampo russo, sia in riferimento alla letteratura russa ottocentesca sia al teatro. Ciò che caratterizza questa tipologia di cinema è la sensibilità decadente che emerge nelle storie: queste sono tristi, senza un lieto fine, i personaggi, tramite flashback, sono rivolti verso le immagini del passato. Si tratta di un cinema languido, tipici i melodrammi. • Il cinema dell’Unione Sovietica: In seguito, si andrà ricercando una tipologia di cinema russo che rompa con la tradizione del cineromanzo russo e con il cinedramma americano, poiché esso deve sostenere la rivoluzione → cinema politico. Era necessario costruire il futuro del cinema sovietico. I giovani cineasti del cinema sovietico guardano con immensa ammirazione al cinema americano, anche se necessitano di trovare la loro strada. Sergej Ejzenštejn, saggio Dickens, Griffith e noi → l’idea che emerge in questo saggio è che i cineasti sovietici sono andati oltre, anche se hanno appreso dal cinema americano. Griffith, spiega Ejzenštejn, ha inventato il montaggio alternato, che trasmette l’immagine di una società ove c’è un confronto diseguale tra le classi sociali, operaia e borghese, che non si risolve mai → i cineasti sovietici hanno inventato il montaggio intellettuale, che risolve questo conflitto tramite uno scontro e poi la sintesi. Nel 1919 viene emesso un decreto che stabilisce il passaggio progressivo dell’industria cinematografica russa nelle mani dello stato; tuttavia, passeranno diversi anni prima che l’intero settore cinematografico venga nazionalizzato. 6 Nel frattempo, Lenin e il nuovo gruppo sovietico bolscevico, introducono la NEP → acronimo che sta per nuova politica economica, che implicava un mix di economica pubblica e privata. Esfir Šub inaugura il genere del found footage nel 1927 con La caduta della dinastia Romanov. Il Found footage (filmato ritrovato), in ambito cinematografico, è un termine che si usa per descrivere film realizzati parzialmente o interamente con un metraggio preesistente, successivamente riassemblato in un nuovo contesto. Si tratta di una pratica di prelievo e recupero, un cinema che parte dai nastri di celluloide impressionata per rimodellarli in una nuova forma. Nel 1924 si avvicinarono al cinema con il cortometraggio comico Le avventure di Ottobrina. Vladimir Vladimirovic Majakovskij, punto di riferimento degli artisti di sinistra russa → rivista LEF (fronte di sinistra delle arti). Manifesto Agit-Prop di Majakovskij, inventava lui stesso gli slogan al servizio della propaganda rivoluzionaria → “Lo vuoi? Aderisci. 1. Vuoi superare il freddo? 2. Vuoi superare la fame? 3. Vuoi mangiare? 4. Vuoi bere? Affrettati a aderire al gruppo avanzato di lavoro esemplare!”. Agit-Prop significa “agitazione” o “propaganda”, lo scopo è quello di movimentare la popolazione alla costruzione della rivoluzione. Venivano utilizzati manifesti, giornali e film (Agitki = brevi film, di pochi minuti, destinati ad un pubblico popolare. Tono satirico per ironizzare sulle figure del vecchio mondo prerivoluzionario). Agit-treni e Agit-navi, mezzi utilizzati per portare in giro la propaganda. Gli agit-treni avevano una carrozza adibita a stamperia e giornali, si trovavano anche grammofoni con i quali Lenin comunicava alle persone e infine il vagone del cinema. Molti contadini di campagna hanno guardato il loro primo film su uno di questi vagoni. Guardare su YouTube Agit-prop train → footage della Rivoluzione russa, rivoluzione come carnevale; il carnevale sta ad indicare l’inversione dei consueti ruoli sociopolitici. Dziga Vertov diceva che il cinema serviva per sensibilizzare le classi popolari. • Dispensa su LEV KULEŠOV: Importantissimo teorico del montaggio, inteso come strumento per la creazione di senso. Nel 1919 viene aperta, a Mosca, quella che sarà la prima scuola di cinema al mondo: il VGIK. All’interno di questa scuola, nel 1920, viene aperto il laboratorio sperimentale, assegnato al giovanissimo Lev Kulešov (era più giovane dei suoi allievi). Mancavano quasi completamente le risorse e le attrezzature, al punto che non disponevano nemmeno della pellicola. Eppure, Kulešov riuscì a formare innumerevoli registi. Riuscì a fare ciò in primis mostrando una grandissima quantità di film → si impara a fare i film guardando i film. Inoltre, tentavano anche di rimontare i film, impiegando scene già girate. Cinema fatto senza macchina da presa. Tutto ciò portò a quelle idee che ancora oggi, nell’ambito della teoria del montaggio, prendono il nome di Effetto Kulešov. Da un lato prese spunto dalle pellicole americane, dall’altro lato sperimentando il rimontaggio con pellicola già impressionata. Gli americani avevano sviluppato uno stile di montaggio specifico che produce effetti molto diversi da quelli del cineromanzo russo → Kulešov lo chiama metodo americano. È lui che sistematizza le regole che sostengono quel tipo di linguaggio cinematografico, il funzionamento del montaggio all’americana. Si rende conto, mostrando pellicole americane al pubblico, che quel tipo di cinema funziona, è efficace, fa andare il pubblico in visibilio. All’opposto dei critici del periodo prerivoluzionario, gli esponenti dell’avanguardia guardano al dinamismo dei film americani come alla quintessenza della sensibilità moderna, come a una qualità intrinsecamente rivoluzionaria. “Divenne palese che il film russo era composto di inquadrature molto lunghe e riprese da una sola posizione. Il film americano, al contrario, comprendeva un gran numero di inquadrature riprese da diverse posizioni. Procedendo nella comparazione fra il cinema 7 russo e quello americano ci convincemmo che la fonte fondamentale dell’impatto del film sul pubblico non era semplicemente il contenuto di certe inquadrature ma la loro organizzazione, combinazione e costruzione, ovvero la relazione tra le inquadrature, la sostituzione di una inquadratura con un’altra”. (Kulešov 1929, p. 46). Metodo americano → Kulešov ammirava il cinema americano per la sintesi, la concisione ammirevole e l’impiego sistematico del primo piano e dei dettagli. Il primo piano non è scontato, è nato in seno al cinema americano; tali inquadrature sono in grado di focalizzare l’attenzione dello spettatore su un aspetto specifico della scena → capacità di predeterminare un percorso dello sguardo dello spettatore. “(…) dividevano ogni singola scena in unità di montaggio, in una serie di inquadrature che componevano ciascuna sequenza; riprendevano ogni singolo momento in modo tale che solo l’azione fosse visibile, soltanto ciò che risultava categoricamente essenziale. […] Chiamammo questo metodo di mostrare solo il momento o il movimento essenziale di una data sequenza, omettendo tutto il resto, “metodo americano” e lo ponemmo tra i fondamenti del nuovo cinema che stavamo cominciando a creare”. (Kulešov 1929, pp. 49-50). Differenza tra scena e inquadratura → Una inquadratura è la ripresa di un paesaggio, una persona, ecc. Mentre una scena è l'insieme di più inquadrature che hanno la stessa unità di luogo e di tempo. La teoria del cinema sovietico, dunque, inizia con la ripresa del metodo americano, per quanto ciò possa sembrare paradossale. Lezione 5 • Dispensa su Lev Kulešov e l’effetto Kulešov I film realizzati dal VGIK avevano l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione alla rivoluzione. Il dinamismo dei film americani pareva incontrare molto più favorevolmente il gusto del pubblico, sicuramente in misura maggiore rispetto ai vecchi film russi prerivoluzionari; di conseguenza, Lev Kulešov, insieme ai suoi studenti, si interroga sulla ragione di tale efficacia. Scopre che i film americani fanno ampio uso del montaggio → metodo del montaggio americano. Tale metodo è guidato dal principio di controllare l’attenzione dello spettatore per portarlo a concentrarsi sugli aspetti più rilevanti del susseguirsi narrativo. Ciò veniva fatto principalmente usando il primo piano. Da qui nascerà in seguito la critica di André Bazin alle teorie del montaggio sovrano (= costruzione filmica basata sulla volontà di controllare l’attenzione del pubblico). Fu, dunque, proprio Lev Kulešov a riconoscere e sistematizzare la metodologia che stava alla base dei film americani dell’epoca. Iniziò a realizzare tutta una serie di esperimenti cinematografici, che consistevano in rimontaggi. Giunge infine alla comprensione di un principio alla base di tutti questi film: il montaggio è portatore di senso. Tale senso non emerge nelle singole inquadrature, ma tramite il loro accostamento. Questa serie di esperimenti è passata alla storia come effetto Kulešov → purtroppo, tali esperimenti sono andati perduti. Uno degli esperimenti di Kulešov → accostamento di tre immagini al primo piano di Ivan Mozžuchin. Il viso di quest’ultimo era del tutto privo di espressione, impassibile; eppure, se accostato all’immagine di un piatto di minestra, trasmetteva l’impressione di una persona affamata. Se accostato invece all’immagine di una donna con una bara, pareva che stesse soffrendo. Kulešov mostrava questi esperimenti ai suoi studenti, i quali commentavano offrendo le 10 Münsterberg secondo la quale il funzionamento del linguaggio del cinema non è altro che il funzionamento del nostro pensiero. • Eccentrismo (dispensa su Lev Kulešov) L’avanguardia sovietica dell’eccentrismo è stata di breve durata; per certi versi era molto simile al futurismo, specialmente per quanto riguarda la rottura con la cultura precedente. Leggere il Manifesto del teatro della varietà. Un ulteriore tratto caratterizzante dello stile dei membri dell’eccentrismo era l’americanismo → corrente più americanofila dell’avanguardia sovietica. Il gruppo si chiama FEKS, Kozincev e Trauberg erano fra i membri. Sarà questo gruppo culturale eccentrico a realizzare Le avventure di Ottobrina, ispirata ai serial americani → la figura di Ottobrina è il corrispettivo sovietico di Pearl White. Sergej Ejzenstejn, in questo periodo, lavorava ancora nell’ambito teatrale. Nel 1923 si cimenta in un allestimento in chiave eccentrista della pièce di Ostrovskij Anche il più saggio si sbaglia, presso il teatro del Proletkul’t di Mosca. Ejzenstejn mostrerà il suo primo film: Diario di Glumov → film estremamente diverso rispetto a quelli che realizzerà in seguito, comico ed esterofilo. La comicità veniva vista nell’ottica culturale eccentrica come una forma dirompente di rottura con la cultura passata. Secondo Gor’kij, Lenin avrebbe definito la comicità “eccentrica” degli artisti di varietà come “un atteggiamento satirico e scettico verso le opinioni comunemente accettate e la tendenza a rovesciarle completamente, a deformarle, a dimostrare l’illogicità di quella che è la regola. Un po’ arzigogolato, ma interessante!”. • Il montaggio delle attrazioni (dispensa su Ejzenštejn) «Il conflitto all’interno dell’inquadratura è il montaggio potenziale che, intensificandosi, sfonda la propria gabbia quadrangolare e proietta il proprio conflitto in impulsi di montaggio tra i pezzi di montaggio» (Sergej Ejzenstejn) Sergej Ejzenstejn chiama in causa la teoria marxista → riprende la teoria dialettica al fine di sviluppare un metodo di montaggio funzionale al ruolo di formazione politica che doveva rivestire il cinema sovietico. Questi sono i prodromi della teoria del montaggio intellettuale o dialettico che sviluppò in seguito. Teoria del montaggio delle attrazioni → il concetto di attrazione deriva dalle forme dello spettacolo popolare moderno, tra cui il circo, la commedia dell’arte e il teatro di varietà. Ejzenstejn fa riferimento ai numeri del circo → l’attrazione circense è efficace, poiché riesce ad ottenere dal pubblico esattamente ciò che si prefigge di ottenere. Il suo obiettivo è quello di realizzare un cinema capace di stimolare degli effetti calcolabili, ovverosia delle determinate e specifiche reazioni. Come gli esperimenti dello psicologo Ivan Pavlov, il pubblico era visto come un cane ammaestrabile, il quale poteva essere educato a reagire in un determinato modo → la sua ricerca cinematografica si prefiggeva di trovare la chiave per condizionare in questi termini la reazione del pubblico. Il montaggio delle attrazioni, e anche quello intellettuale, vengono spesso associati al mondo del marketing pubblicitario, proprio perché sono estremamente efficaci nel loro intento persuasivo. Le attrazioni di uno spettacolo circense sono tra loro isolate, non sono tra loro in rapporto di continuità, ma unità autonome, monadi. Nell’articolo del 1923 Il montaggio delle attrazioni scrive parlando del teatro: “L’attrazione (dal punto di vista teatrale) è ogni momento aggressivo del teatro che sottoponga lo spettatore ad un’azione sensoria o psicologica, sperimentalmente 11 verificata e matematicamente calcolata al fine di ottenere determinate scosse emotive da parte del soggetto che percepisce, scosse che a loro volta, nel loro insieme, esclusivamente determinano la possibilità di percepire il lato ideale dello spettacolo, la finale conclusione ideologica (Il processo della conoscenza “attraverso il gioco vivo delle passioni”, è specifico per il teatro). Questa “azione sensoria” o psicologica deve essere intesa, naturalmente, nel senso della realtà immediata, così come viene usata per esempio nel teatro del Guignol: occhi cavati oppure mani e gambe tagliate sulla scena; l’attore che per telefono partecipa ad un avvenimento orribile che si sta svolgendo a decine di chilometri di distanza; la situazione di un ubriaco che avverte l’avvicinarsi di una catastrofe e le cui implorazioni d’aiuto vengono prese per un vaneggiamento”. In questo periodo, il concetto di attrazione Sergej Ejzenstejn era in netta rottura con la logica del montaggio in continuità. Ogni inquadratura deve costituire una unità autonoma e tra il loro accostamento deve esserci una rottura, uno scontro. Tale scontro ha come obbiettivo quello di stimolarci sensorialmente. Nella teoria di Ejzenštejn, la mobilitazione dei sensi e il pathos convivono con il livello intellettuale: infatti, secondo l’avanguardista, per giungere al livello intellettuale è necessario passare per il livello sensoriale. L’inquadratura deve fare ciò, anche in modo violento. Riuscire ad indurre lo shock nello spettatore, in maniera matematicamente calcolata come credeva Ejzenštejn, richiede una profonda conoscenza del pubblico a cui ci si rivolge. Questo, inoltre, è uno dei motivi per cui alcuni film dell’artista, come ad esempio Ottobre, non sono facilmente fruibili da parte di un pubblico moderno, poiché con si rivolgeva allo spettatore russo degli anni ’20 de Novecento. Sciopero è il primo lungometraggio del regista, film molto godibile anche agli occhi di uno spettatore contemporaneo. L’inquadratura, secondo la teoria di Ejzenštejn, deve essere autosufficiente, ma tale idea non si applica interamente a Sciopero, continua ad esserci una sorta di struttura narrativa, che invece è nettamente rotta in chiave allegorica in Ottobre ed altri suoi film. Con il suddetto montaggio metaforico, le inquadrature non sono tra loro in rapporto diegetico, cioè non appartengono allo stesso mondo (es. scena finale del macello e della repressione della rivolta proletaria in Sciopero). Principio della selezione delle attrazioni → l’elemento formalista nell’approccio di Ejzenštejn emerge quando analizziamo la sua idea di selezione, che coincide non solo con la scelta del contenuto, ma anche, e soprattutto, con l’individuazione del punto di vista. Pertanto, rispetto a Kulešov, la scelta del contenuto dell’inquadratura è estremamente importante. Per Kulešov era il montaggio ad essere al centro dell’opera filmica, di conseguenza il contenuto passava in secondo piano. Per Ejzenštejn invece, senza questa selezione tendenziosa non è possibile pervenire all’obiettivo ideologico dell’insieme. Il punto di vista è una presa di posizione! Infatti, il lavoro del regista cinematografico, a differenza di quello del regista teatrale, “esige, oltre all’arte della messa in scena (sistemazione dei piani e recitazione), la scienza dei punti, calcolati in funzione del montaggio, da cui la cinepresa riprende questi elementi”, in quanto “ogni elemento deve essere presentato con il maggior profitto possibile e da un punto di vista esclusivo”. “Maggior profitto” significa per Ejzenštejn maggiore funzionalità all’obiettivo di mobilitazione dello spettatore, che viene postulato come materiale fondamentale su cui operano i procedimenti del cinema. “Non sono i fatti mostrati che sono importanti, ma le combinazioni delle reazioni emotive dello spettatore. In virtù della qual cosa è concepibile, sul piano teorico e pratico, imbastire una costruzione senza nesso logico dettato dal soggetto, e 12 suscitare una catena di riflessi condizionati [...] il che si rivela essere la realizzazione della nostra direttiva [...] vale a dire l’esecuzione di compiti di agitazione”. Lezione 7 Articolo su Virtuale circa il rapporto tra Viktor Šklovskij e Sergej Ejzenštejn. • Ejzenštejn (Dispensa): montaggio delle attrazioni, cine-pugno Il film Sciopero viene descritto dal regista stesso come un esempio di montaggio delle attrazioni; egli spesso riprende i suoi stessi film per esplicare il discorso teorico. La poetica si intreccia con la teoresi. Nel 1924 pubblicò l’articolo Il montaggio delle attrazioni nelle arti cinematografiche. Montaggio delle attrazioni → inquadratura extradiegetiche che hanno come obiettivo quello di mobilitare il pubblico sotto il profilo emotivo → queste, dunque, devono essere di natura aggressiva. Nell’articolo del 1925 L’atteggiamento materialistico verso la forma in gran parte dedicato all’analisi di Sciopero, l’idea di attrazione assume un’aggressività ancora maggiore. Ejzenštejn attribuisce al suo film il progetto di “conquistare lo spettatore” scagliandogli addosso “brani della realtà circostante secondo un calcolo cosciente e volontario”. Il termine “attrazione” lascia il posto a un’immagine perfino più estrema, quella del “cine-pugno”, ovvero del “trattore che ara a fondo la psiche dello spettatore in una data direzione classista”. Ejzenštejn è in polemica con l’idea di Vertov dell’organizzazione del mondo visibile e ad essa oppone l’idea dell’organizzazione dello spettatore. Ciò significa che per Ejzenštejn, la dimensione visibile delle immagini che passano sullo schermo è solo un livello preliminare e preparatorio del compito attribuito al montaggio, ovverosia quello di generare delle immagini nella mente dello spettatore. Il cine-pugno è infatti una esplicita risposta al metodo del cine-occhio di Vertov, che Ejzenštejn pone sotto accusa ritenendolo un semplice assemblaggio di immagini prive di orientamento programmatico, frammenti prelevati dall’attualità e accostati in modo casuale, senza preoccuparsi di “calcolare” gli effetti del montaggio sulla psiche dello spettatore. Dziga Vertov → valorizzazione del cinema attraverso la sua dissociazione dalla categoria di arte. Questo perché secondo Vertov l’idea dell’arte come “valore intangibile” è problematica. Si differenzia in questo anche da Kulešov, le cui inquadrature prese isolatamente non significano niente: sono materiali inerti, indifferenti, che acquistano il loro senso solo nell’accostamento con altre immagini. Secondo Ejzenštejn, invece, ogni inquadratura deve essere accuratamente costruita, il tutto per non sfociare in “semplici effetti di impressionismo primitivo”. • Ejzenštejn (Dispensa): la dialettica marxista e il montaggio intellettuale Il montaggio intellettuale, o dialettico, prende ispirazione dalla teoria marxista. Marx, che fu allievo di Hegel, riprende da quest’ultimo l’idea di “dialettica” e la integra nella sua teoria socioeconomica. A modo suo, in seguito, Ejzenštejn riprenderà quest’intuizione e la applicherà al contesto cinematografico. Secondo Marx ed Engels, il sistema dialettico non è che la riproduzione cosciente del corso dialettico dei fatti esterni del mondo. La dialettica si sviluppa secondo un andamento triadico: nel primo momento l’idea si pone come affermazione in sé (tesi), nel secondo incontra la propria negazione uscendo fuori da sé e oggettivandosi (antitesi), nel terzo supera la contraddizione risolvendo in sé l’altro da sé (sintesi). In altri termini, la dialettica è il movimento suscitato dalla 15 allegorico è quello della Rivoluzione, ma i contenuti delle inquadrature provengono tutte da un contesto extradiegetico. Dialettica dell’angolazione. • Introduzione a Dziga Vertov e ai Kinoki Il vero nome di Dziga Vertov era David Abelevich Kaufman. Yelizaveta Svilova era la moglie di Vertov, che aiutò Vertov nel montaggio de L’uomo con la macchina da presa. Faceva parte del consiglio dei tre, struttura piramidale dei Kinoki con Vertov, suo fratello e appunto Svilova in cima. Durante la realizzazione del film L’uomo con la macchina da presa, il fratello di Vertov, Michael Kaufman, criticò ampiamente la metodologia delle riprese e realizzò nel 1929 il film Primavera, realizzato impiegando la sua prospettiva ed i suoi personali metodi. Il film di Vertov è una presa di posizione sul modo di utilizzare e fare cinema; è un film che viene dopo l’esperienza dei Kinoki (i “cine-occhi”, 1919-1926), utilizza materiali realizzati durante quel periodo. I Kinoki avevano in sé una grande varietà di figure cinematografiche. Ci sono inoltre i Kinoki osservatori, un esercito di persone senza competenze pratiche: il loro compito è quello di stare con gli occhi aperti, osservare e captare ciò che, dice Vertov, “merita di essere ricordato”. In quest’ottica, il cinema è quel mezzo che libera l’occhio degli spettatori, che può essere impiegato per formare e informare la popolazione. Il montaggio cinematografico, secondo Vertov, rende percepibili i nessi fra le immagini, le realtà riprodotte sulla pellicola. Ogni immagine, inquadratura, è intesa come la riproduzione di realtà concretamente esistenti → in questo senso, la sua concezione è nettamente opposta alla concezione di Ejzenštejn. Il montaggio è lo strumento di rivelazione dei nessi reali. L’uomo con la macchina da presa (1929) → fin da subito una parte delle immagini sono riprese dalla Kino-Pravda (= film-verità), in particolare immagini di giovani individui alcolizzati. Questo film si inserisce nel filone delle Sinfonie delle grandi città, titolo ripreso dal primo film che ha dato il via a questo filone: Berlin – Sinfonia di una grande città, girato da Walter Ruttmann. Tipico di questa tipologia di film è di riprendere una città dalla mattina fino alla sera. Messa a nudo del procedimento impiegato per girare una scena, uso della pratica dello straniamento. La maggior parte delle inquadrature le ha realizzate il fratello Michael Kaufman. Nel film emerge l’equiparazione dello sguardo umano e quello della macchina presa → non però un occhio umano qualunque, ma quello di un uomo sveglio e consapevole. Simmetria tra la prima parte del film e l’ultima parte, incredibile dal punto di vista metrico. Lezione 9 • Dziga Vertov (Dispensa): il Costruttivismo e il Kinoglaz Alexandr Rodčenko fu uno dei fondatori del costruttivismo, un movimento culturale nato in Russia nel 1913, che rifiutava il culto dell’arte per l'arte a favore dell'arte come pratica diretta verso scopi sociali. Dziga Vertov era fortemente affiliato al costruttivismo e infatti i due collaborarono nella realizzazione della Kino-Pravda. Vertov lancia la parola d’ordine del Kinoglaz (= cine-occhio), alla fine del 1919, in un manifesto intitolato Noi, in seguito ripubblicato nel 1922 su Kino-fot, rivista ufficiale del Costruttivismo, diretta da Aleksei Gan. Il movimento Kinoglaz aveva come obiettivo quello di utilizzare il cinema per sensibilizzare e rendere consapevole il popolo russo; dunque, il cinema non era inteso come una forma d’arte. Infatti, Vertov credeva che ritenere il cinema una forma artistica svilisse le sue 16 potenzialità, le quali invece dovrebbero tendere a formare una visione nuova nella popolazione sovietica. Per fare ciò, era necessario educare lo sguardo del pubblico tramite la partecipazione della popolazione stessa al processo di produzione cinematografica. Vertov non concepisce l’idea di cinema come qualcosa di meramente consumato dal pubblico: il suo obiettivo era quello di rendere partecipativa la popolazione russa, per dare un’autorappresentazione del popolo sovietico. A fine anni Venti ed inizio anni Trenta il movimento del Kinoglaz sarà ormai concluso. Ma prima di tale evento, Vertov mise in atto una rete di corrispondenze nella popolazione (i cine-occhi osservatori) al fine di riprendere tutti quei materiali che, secondo il regista, meritavano di essere ricordati nel futuro. Tali materiali eterogenei venivano poi inviati al Consiglio dei tre, i quali avrebbero poi proceduto con il montaggio. Vertov si oppone al cinema di finzione, un film come Ottobre di Ejzenštejn è già una forma eccessivamente allegorica della narrazione della Rivoluzione d’ottobre. La posizione leninista del cinema vorrebbe che i film fossero sostanzialmente documentari e Dziga Vertov abbraccia questa visione. Quando esce il film L’uomo con la macchina da presa nel 1929, la maestosità del progetto originario e utopico di Vertov può dirsi già terminata. Vertov definiva in questo modo i Kinoki: “un gruppo che dissocia la propria esistenza e il proprio lavoro dalla cosiddetta arte. Noi ci dedichiamo direttamente allo studio dei fenomeni reali che ci circondano. […] Vedere e udire la realtà, analizzarne i nodi e le contraddizioni, sorprendere lo scricchiolio delle vecchie ossa del passato sotto il rullo compressore della rivoluzione, seguire la crescita del giovane organismo sovietico, fissare ogni fenomeno vivo e caratteristico e organizzarlo in un sistema, in un concentrato, in una definizione: ecco il nostro compito più immediato. Un compito che naturalmente non può essere affrontato da poche persone e neppure da qualche decina di persone, ma va posto, invece, allo Stato sovietico nella sua totalità. [...] La rete via via più fitta di corrispondenti operai e contadini ci dà la garanzia che il lavoro sarà concreto e non illusorio”. (Vertov 1924a). Vertov e Ejzenštejn non condividono la stessa idea di montaggio: il primo parla di organizzazione del mondo visibile, mentre il secondo aveva come obiettivo quello di controllare lo sguardo dello spettatore. Trattando questo problema dalla prospettiva di Vertov, lo sguardo delle classi popolari è stato offuscato e acciecato nel corso della storia per far sì che non comprendesse i rapporti di poteri; per tale motivo, il cinema ha il compito di formare e rieducare la capacità di vedere delle masse. Quello che Vertov ha in mente è una gigantesca mobilitazione di cineprese, la collettivizzazione dei mezzi di produzione del cinema, che vanno messi direttamente a disposizione del popolo allo scopo di realizzare una grandiosa alfabetizzazione visiva delle masse sovietiche. Come si legge nell’articolo L’essenziale del Kinoglaz (1925): “Il nostro compito essenziale, il nostro programma è quello di aiutare ogni oppresso in particolare e tutto il proletariato nel suo insieme a veder chiaro nei fenomeni reali che lo circondano. [...] Per noi [...] registrare la realtà significa registrare il processo storico [...]. Istituire un cinelegame tra i proletari di tutti i paesi sulla piattaforma della decifrazione comunista della realtà”. • Inizio film La sesta parte del mondo, Dziga Vertov e i cine-occhi: 17 Vertov fa uso di materiali da repertorio. La trama essenziale del film è il rapporto dell’Unione Sovietico con tutto il resto del mondo. All’inizio del film tutto ciò che è ripreso è “il resto del mondo” = il mondo capitalista. Ciò che emerge dal montaggio di Vertov è la frivolezza dell’esistenza borghese, spesa tra lusso e divertimento, a discapito dei lavoratori. Mette in evidenza, tramite il montaggio, i nessi tra fenomeni ed eventi molto distanti tra loro (es. popolazioni africane ridotte in schiavitù, gli artisti neri che lavorano per far divertire i bianchi e scene di ricchezza borghese). Tali nessi non sono visibili ad occhio nudo, ma possono esserlo tramite l’occhio del cinema, ed ecco perché l’occhio cinematografico è più potente dell’occhio umano. L’occhio cinematografico è un occhio comune secondo Vertov (e non autoriale come secondo Ejzenštejn), perché dietro a quell’occhio ci possono essere tanti occhi diversi → montaggio come concatenazione di percezioni collettive. Lezione 10 • Film Kinoglaz (1924): Il cine-occhio, ci dice Vertov, è in grado di far muovere il tempo al contrario → mostrare il processo di produzione di un prodotto. Invita a comprare dalla Cooperativa e non dal settore privato: così educa i giovani bambini sovietici. Tale film non fu accolto positivamente dalla critica dell’epoca. Vertov è un anticipatore della serialità che caratterizzerà in futuro altre opere cinematografiche e televisive. Vertov è il mero organizzatore di questo film, non lo crea. Egli è contro il cinedramma, che offusca la vista delle masse popolari. Scena seguente: i giovani pionieri vanno a visitare il manicomio. Si trasforma anche in una sorta di denuncia. Propone anche una prospettiva di apertura, visto che è possibile essere reintrodotti alla vita di tutti i giorni. Questo era l’obiettivo profondo ed iniziale di Vertov: una marea di cineprese e di cine-occhi in grado di rivelare la realtà. • Vertov (Dispensa): Teoria degli intervalli Teoria degli intervalli: “Sono gli intervalli (passaggi da un movimento all’altro), e in nessun caso i movimenti stessi, a costruire il materiale”. Ogni pezzo di montaggio è un movimento, gli intervalli sono gli stacchi, ovverosia quello spazio virtuale che esiste tra un’inquadratura e un’altra. Non si deve dunque cercare continuità tra un’inquadratura e un’altra, ma in maniera differente rispetto a come lo intendeva Ejzenštejn. Nell’intervallo, per Vertov, c’è ciò che è fuori dal cinema, c’è la vita, la realtà. “Sono gli intervalli che conducono l’azione alla qualità cinetica. Il kinokismo è l’arte di organizzare i movimenti necessari delle cose nello spazio [...] in un insieme artistico ritmico conforme alle proprietà del materiale e al ritmo interno di ogni cosa” (Vertov 1922). Gli intervalli sono il luogo virtuale ove si costruiscono i nessi tra realtà non solo diverse, ma lontane tra loro. Il cine-occhio offre una visione più lucida della realtà e per questo non è una forma d’arte, che invece la mistifica. Ognuno di questi registi ha una sua idea di come applicare la dialettica al mondo cinematografico: secondo Kulešov la dialettica si produce con il montaggio in continuità, creando la sintesi spazio- temporale diegetica. Nel caso di Ejzenštejn con il montaggio dialettico si crea l’immagine mentale nello spettatore. Secondo Vertov invece, la sintesi è nella realtà, ove si fa questa pratica 20 • Teoria della prosa di Šklovskij: Cos’è l’artisticità di un’opera d’arte? È l’effetto di straniamento, cioè quella sensazione che permette di percepire l’oggetto in modo nuovo, non come le vediamo nella sua quotidianità pratica. Attraverso la percezione del linguaggio riusciamo ad avere una nuova esperienza: usciamo dall’automatismo della percezione (li riconosciamo ma non li vediamo) per ritrovarci in un’esperienza vergine. Per ottenere ciò la poesia non deve essere ovvia, deve essere complessa. La fotogenia è la trasposizione cinematografica del concetto di straniamento: l’immagine colpisce i sensi dello spettatore dandogli l’impressione di star vedendo per la prima volta qualcosa anche di estremamente familiare producendo grande sorpresa (treno dei Lumière). Il soggetto ripreso diventa un puro oggetto estetico con il quale non interagisco. La fotogenia è la predisposizione di un soggetto ad avere determinate caratteristiche amplificate attraverso la macchina da presa. • Louis Delluc: La fotogenia di un soggetto consiste nel far risultare le caratteristiche fisiche piacevoli. La maestria del regista sta nel prevedere come la macchina da presa vedrà il soggetto (si deve valutare: luci, esposizione, pellicola ecc.). In Delluc è importante la luce e le sue variazioni che determinano la fotogenia. Non fa direttamente riferimento al tempo ma la luce dipende da esso. «Il cinema è precisamente il primo passo verso questa soppressione dell’arte che va oltre l’arte, essendo la vita». • Jean Epstein: La fotogenia di un soggetto consiste nell’accrescere il suo valore morale: «Che cos'è la fotogenia? Chiamerò fotogenico ogni aspetto delle cose, degli esseri e delle coscienze che accresca la sua qualità morale attraverso la riproduzione cinematografica». Può essere fotogenico solo ciò che è mobile. Nel ‘900 l’arte ha avuto grande influenza dal concetto di tempo come quarta dimensione (dalle scoperte in fisica quantistica). La mente si sposta nello spazio in tre dimensioni mentre nel tempo può muoversi solo in una direzione dettata dal vettore passato-futuro. Il punto di intersezione di queste 4 dimensioni è il presente (qui e ora). L’assassinat du duc du Guise (1908) è un esempio di cinema dove la mobilità del tempo non viene impiegata (teatrale e statico). Epstein voleva rompere con questo tipo di cinema perché il cinema ha la capacità di plasmare il tempo. Il fatto che il cinema possa evocare mondi inesistenti ma lo fa attraverso metodi materiali che possono però evocare i pensieri dei personaggi. Nulla è immobile, anche le montagne si muovono per Epstein, perché nell’arco di secoli queste cambiano. Come facciamo a vedere il loro movimento? Attraverso le tecniche cinematografiche (time-lapse). L’idea del regista è filtrata attraverso il cervello della macchina da presa; quindi, diventa un’idea di un’idea (un’idea al quadrato), c’è sempre la collaborazione tra regista e macchina da presa. Dobbiamo liberarci dei pregiudizi dell’occhio umano. Le Tempesteire (1947) di Epstein, il mare in tempesta rallenta. Il cinema è riproduzione e creazione allo stesso tempo, perché rivela all’occhio umano ciò che non può vedere (come un telescopio che mostra l’universo), quindi crea una nuova visione ampliando la concezione della realtà. 21 Lezione 13 • Fotogenia e liricismo Ci spostiamo dal focus sul montaggio a quello sull’aspetto fotografico del cinema → riproducibilità del cinema. Il discorso sul cinema diviene estremamente più estetizzante, soprattutto in Francia. Gli autori che hanno scritto di fotogenia sono accusati di essere un po’ irrazionalisti, mistici, poiché lo stile di scrittura è particolarmente lirico, evocativo. È complesso parlare in questo contesto di “teoriche del cinema”, poiché l’argomentazione e la sistematizzazione non sono proprie di questa scrittura poetica, il cui obiettivo è invece evocare l’essenza della fotogenia. Jean Epstein: “l’immagine fotografica entra in me come un sacramento” → impossibilità di esprimersi circa la fotogenia. Ciò che indicano tali scritti viene costantemente fuori nella storia del cinema, ritornerà anche in Godard → Adieu au langage (2014, Jean-Luc Godard). Esempio di scrittura teorica del cinema in chiave lirica: Bonjour Cinéma di Epstein. • Teorica di Ricciotto Canudo: il cinema come settima arte Ricciotto Canudo fu uno dei primi a sistematizzare un discorso teorico sul cinema: è a partire dai suoi scritti che nasce l’idea di cinema come settima arte, anche se egli in verità parlava di “sesta arte”. Si trasferì a Parigi e qui divenne una figura talmente importante che intorno a sé si costruì un circolo di intellettuali interessati alla nuova pratica cinematografica → era amico con Apollinaire, Marinetti e in questo senso era un ponte fra Italia e Francia. Prenderà la cittadinanza francese e combatterà per essa durante la Prima Guerra Mondiale. Fu uno dei primi a creare un cine-club, di cui Jean Epstein fu uno dei membri. Epstein dedicò persino un omaggio a Canudo: si immagina di trovarsi sull’Etna, ove girò un documentario durante un’eruzione, con Canudo, il quale era morto di recente. Due intuizioni sono fondamentali nella sua teorica del cinema: il cinema è la rappresentazione moderna dello spirito templare e il cinema come settima arte. In primo luogo, il cinema rispecchia la rappresentazione moderna dello spirito templare perché in esso emerge una sensibilità antica. Qui si toccano i due estremi: da un lato la massima modernità e dall’altro lato il picco della sensibilità greca. La sala cinematografica diviene un luogo di culto, il tempio ove si celebra la dea velocità, divinità propria della modernità. Nella sala cinematografica si celebra un rito perché l’unanimità del pubblico reagisce agli stimoli come un unico corpo. Il secondo concetto centrale della teorica di Canudo è il cinema come settima arte: questo perché il cinema viene a ricomporre una frattura che si era formata nel corso della storia dell’arte, tra le arti dello spazio e le arti del tempo. Le arti del tempo sono musica e poesia, mentre le arti dello spazio sono scultura, architettura e pittura. Ecco perché all’inizio parlava di cinema come sesta arte: è una sintesi spazio-temporale. Così facendo, riprende l’espressione di “sistema delle arti”, che a partire dal ‘700 divideva le forme artistiche nei due grandi raggruppamenti di arti dello spazio e arti del tempo. Secondo Canudo il cinema ha scardinato l’equilibrio all’interno della categorizzazione delle arti (tale idea la ritroveremo sia in Benjamin che in Bazin). Ci dice che non esiste più nessuna possibilità di competizione circa la rappresentatività nell’arte → le altre arti si sono allontanate dalla dimensione rappresentativa poiché essa è stata interamente inglobata e vinta dall’arte cinematografica. La pittura in risposta dovrà uscire da sé, non più riproducendo la realtà, ma 22 evocandola. Questo avviene anche con la musica tonale o con il verso libero in letteratura. Nell’arte moderna, pertanto, l’aspetto più importante è l’evocazione e non la riproduzione: lo spettatore deve entrare in un rapporto simbiotico con l’opera, diventando un ingranaggio di essa. Questo discorso, di conseguenza, pone una certa responsabilità sul cinema: esso deve essere all’altezza di questa nuova potenza dell’arte. Canudo critica aspramente tutte quelle forme di cinema che si limitano alla mera riproposizione di moduli rappresentativi propri del teatro; il cinema deve andare oltre la rappresentazione per giungere all’induzione dell’esperienza evocativa. Il teatro secondo Canudo è una forma d’arte effimera e per questo, a differenza della danza, non lo inserirà nelle categorie artistiche (anche perché si innamorò di Valentine de Saint- Point, una ballerina futurista). • Impressionismo: un’avanguardia cinematografica Anticipa il discorso sulla fotogenia, parlando di cinema come arte della luce. Sia Delluc che Epstein sono ricordati come autori che scrivono poeticamente di cinema, pur sempre mantenendo una vocazione teorica. Con il termine Impressionismo, utilizzato in ambito cinematografico, si designa quel gruppo di registi francesi attivi nei primi anni Venti, portatori di una rinnovata consapevolezza della nuova forma espressiva come forma di arte autonoma basata sul fondamentale concetto di fotogenia elaborato da Louis Delluc. Del gruppo, oltre allo stesso Delluc, facevano parte Abel Gance, Marcel L'Herbier, Germaine Dulac e Jean Epstein, tutti legati da rapporti di amicizia, di collaborazione, di affinità intellettuale, e identificati con quella che inizialmente venne chiamata Prima Avanguardia, a stabilire una distinzione rispetto alla successiva, e ben più famosa, Seconda Avanguardia, ossia il Surrealismo. I membri di questa corrente avevano in comune una ricerca estetica molto avanzata, la quale si avvale di tutte le potenzialità del mezzo cinematografico (es. sperimentazione con i vari trucchi). Questa dimensione estetica coesiste con la dimensione narrativa dei loro film: questi sono sì sperimentali, ma circolano nei circuiti del cinema commerciale, grazie ad esempio alle loro trame melodrammatiche. Il cinema è contemporaneamente creazione e riproduzione diceva Epstein. Il cinema viene da egli inserito nella genealogia degli strumenti ottici (es. telescopio, microscopio), che considera “strumenti del diavolo”. Tali strumenti rivelano una dimensione nascosta della realtà → “il cinema ingrandisce”, dice Epstein. I micromovimenti del viso vengono ingranditi come se si trattasse di un paesaggio naturale. Prima che il telescopio ci dicesse che è il mondo a girare intorno al sole e che esso non è al centro dell’universo, esisteva in un certo qual modo un altro mondo. Dopo l’utilizzo del telescopio nasce un nuovo mondo: per questo è sia creazione che riproduzione. Lezione 14/15 Immagini e sistema della riproducibilità. È necessario porsi di fronte a queste tecnologie con coscienza etica → non ingannare il pubblico. Non fa passare per riproduzione qualcosa di generato con l’intelligenza artificiale. Louis Delluc: «Il cinema è precisamente il primo passo verso questa soppressione dell’arte che va oltre l’arte, essendo la vita». Louis Delluc e Jean Epstein pubblicano 2 romanzi sulla fotogenia, nel 1920 e nel 1921. Delluc muore molto giovane nel 1924 ma dal 1917 al 1924 pubblica moltissimi libri. Luis Delluc è 25 NFT → opere d’arte digitale di cui puoi comprare solo il certificato. Ha senso solo nel contesto della riproducibilità tecnica, il mercato dell’arte è una concezione moderna. La funzione commerciale dell’arte emerge dal rinascimento con il concetto dell’arte per l’arte. Con la riproducibilità tecnica si crea una funzione auratica che viene assorbita dalla funzione commerciale, a questa si affianca. Diversi usi politici dell’immagine Triumph of the will (1935) → Hitler viene ripreso dal basso, per farlo risultare imponente, è tutto in funzione di Hitler e del suo discorso. È reso inarrivabile, c’è una distanza tra lui e la folla che funge da ornamento. Questo si può manifestare solo grazie alla riproducibilità tecnica del cinema. In antitesi, La corazzata Potëmkin dà valore alla massa, non viene rappresentata come omogenea e oceanica ma singolo per singolo. Ogni singolo ha la sua importanza e lo spettatore è portato a empatizzare ed entrare nella massa. Il cinema non è il teatro → La prestazione dell’attore teatrale è auratica nella misura in cui è legata all’hic et nunc dello spettacolo. Dunque, al pubblico arriva una prestazione autentica dell’attore. La prestazione dell’attore cinematografico invece viene presentata attraverso un’apparecchiatura, che non è tenuta a rispettare questa prestazione nella sua totalità. Pertanto, l’attore del cinema perde la possibilità di adeguare la sua interpretazione al pubblico durante lo spettacolo. Il cinema non è la pittura → Il rapporto tra il pittore e la realtà che rappresenta è simile a quello di un mago nei confronti del malato che pretende di curare attraverso l’imposizione delle mani: c’è sempre una distanza tra mago e malato (distanza braccio-malato) e alla stessa maniera il pittore ha una determinata distanza dal disegno. Invece un operatore cinematografico è paragonabile a un medico che penetra il paziente per curarlo, poiché l’operatore penetra profondamente nel tessuto dei dati. Cinema e architettura → L’architettura è sempre stata in grado di proporre l’oggetto alla ricezione collettiva simultanea, cosa che invece la pittura non è mai riuscita a fare. Oggi ci riesce invece il cinema. Ricezione ottica: distanza (pittura) Ricezione tattica: uso dell’immagine (architettura) La riflessione di Benjamin avrà importanti conseguenze sulla teoria del cinema di Bazin: egli, grazie ad un nuovo rivolgimento dialettico, ritrova l’aura nel cinema ad un altro livello, facendo dell’immagine un filtro trasparente capace di far apparire la realtà nella sua più autentica verità. Découpage → termine che per Bazin ha più significati: 1. Prima della fase delle riprese che possono essere segmentate → preproduzione → in questo caso si frammenta la storia. 2. Durante le riprese → eseguo un’operazione di segmentazione dello spazio-tempo. 3. Dopo le riprese → il montaggio → si ritaglia il girato. L’esponibilità (sinonimo di riproducibilità) si sostituisce su tutta la linea al valore culturale. Meno ha valore culturale, più si può vedere. La funzione artistica non scompare, viene ricollocata in un’altra dimensione. 26 Lo straniamento è soggettivo? È intersoggettivo, ci sono degli operatori che decidono se l’immagine ha la resa desiderata. Inventario=profilmico “Tutti gli sforzi in vista di un’estetizzazione della politica convergono verso un punto. Questo punto è la guerra” → l’esempio portato da Benjamin è il manifesto per la guerra d’Etiopia di Marinetti. Quest’ultimo esalta la guerra come un uso innaturale delle forze produttive. L’aura è quella della vita umana. L’aura alle immagini è un mascheramento, una strategia che va interrotta. Qual è il vero ricettacolo è la vita umana? Non è solo qualità dell’immagine ma anche qualità della vita umana. Lezione 17 • Guy Debord “Là dove Ejzenštejn fallì, riuscirò io” → il suo libro La società dello spettacolo si propone come una riscrittura del Capitale di Marx → “détournement”, anche detto “distornamento” (= simile alla parodia satirica, ma impiega un riutilizzo più diretto o un'imitazione fedele delle opere originali, piuttosto che costruire una nuova opera che si limiti ad alludere fortemente all'originale). Lo spettacolo, secondo Debord, è la forma moderna del capitale. “Dépassement de l’art” = il superamento dell’arte → la filosofia non si deve più limitare a pensare il mondo ma a cambiarlo; per questo si deve superare l’arte. Il Dadaismo tentò di fare la medesima operazione di superamento, era un tema caldo ai tempi. Vertov stesso tento di applicare questa linea di pensiero. Dopo la politicizzazione di Godard, sui muri della Sorbonne emerge la scritta “il più coglione dei filocinesi”, poiché partecipò al movimento maoista. I situazionisti erano profondamente in disaccordo con questa decisione. In Italia i movimenti verranno chiamati marxista-leninisti, ma sono gli stessi movimenti che in Francia vengono definiti movimenti maoisti → il libro di riferimento era il Libretto rosso di Mao (La Chinoise, Godard: scena in cui vengono inquadrati solo libretti rossi). I situazionisti chiaramente si opponevano al movimento. L'Internazionale Situazionista fu un movimento filosofico-sociologico ed artistico marxista libertario, con radici nelle avanguardie artistiche d'inizio Novecento, come il Dada, il surrealismo ed il costruttivismo russo, e nel pensiero politico legato al cosiddetto comunismo di sinistra, in particolar modo consiliarista e luxemburghista-spartachista, benché risentisse anche di vaghi accenti anarchici, in particolar modo in alcune delle idee legate al pensiero di Max Stirner. Formatosi nel 1957, restò attivo in Europa per tutti gli anni Sessanta, aspirando ad importanti trasformazioni sociali e politiche. Nel corso degli anni Sessanta si scisse in vari gruppi, tra cui la Bauhaus Situazionista e la Seconda Internazionale Situazionista. La Prima Internazionale Situazionista si sciolse nel 1972. Riproducibilità dell’arte → street art. L’opera di street art a Bologna di Blu, che è stata distrutta, sopravvive grazie alla riproducibilità permessa dalla fotografia. BIG BANG BIG BOOM → artista Blu. La trasformazione cinematografica delle opere di street art. • André Bazin: Dall’aura dell’immagine all’aura dell’evento (power point) I suoi allievi divennero i grandi rappresentati della Nouvelle Vague: Truffaut, Godard, etc. 27 La politique des auteurs → La politica degli autori è stata una corrente di pensiero di critica cinematografica sorta in Francia negli anni Cinquanta, che teorizzava un modo completamente nuovo di fare critica al cinema. I principali esponenti di questo movimento furono François Truffaut, Jean-Luc Godard, Jacques Rivette, Éric Rohmer, ossia giovani critici (tutti e quattro destinati al successo anche come registi) che lavoravano all'interno di riviste di cinema specializzate, come Cahiers du Cinéma e Gazette du Cinéma. Nella politique il concetto di autore si allarga anche ad alcuni registi commerciali. Infatti, ai critici della politica degli autori va attribuito il merito di aver saputo rivalutare, ad esempio, un regista come Alfred Hitchcock, che molta critica coeva tendeva invece a snobbare e sottovalutare. Nella politique si segue l'opera nel suo da farsi, ossia un film che viene analizzato deve essere visto come il frutto di un progetto più ampio, che è il progetto dell'autore. Un autore, per essere tale, deve possedere particolari capacità di gestire la messa in scena. La messa in scena, nella politique, è considerata l'essenza stessa del cinema, è vista come un linguaggio universale, da cui è possibile individuare le caratteristiche del suo autore. Se tali caratteristiche non si individuano, allora la messinscena è incompiuta, quindi "immorale". Secondo Bazin e i critici della Politique la messa in scena è un'organizzazione degli esseri e delle cose che trova in sé il suo significato sia estetico che morale. Sviluppare dunque il proprio stile, se necessario anche contro il sistema produttivo hollywoodiano; per tale motivo si parla di “politica degli autori”. Grazie all’elaborazione teorica di Bazin è nata l’idea del cinema moderno → distinzione tra cinema primitivo, cinema classico, cinema moderno e cinema post-moderno. È dunque grazie a Bazin che viene teorizzato anche il cinema classico, insieme al cinema moderno. Tradizionalmente si dice che il cinema classico è nato nel 1917, in particolare con il découpage classico (una vera e propria suddivisione dei materiali cinematografici → il lavoro cinematografico diviene una segmentazione dello spazio-tempo). Ci sono varie modalità in cui si può operare questa segmentazione: infatti, Bazin divide il découpage classico da quello moderno. Nel cinema moderno prevale il momento del découpage durante le riprese e dunque non più in funzione del montaggio, poiché quest’ultimo viene dopo. Il cinema post-moderno, visto che recupera numerosi elementi del cinema classico, potrebbe anche essere definito “cinema-neoclassico” → il montaggio, il découpage classico. Lezione 18 • André Bazin: fotografia e cinema come realizzazione del Realismo nell’arte È stato un grande articolista, ha pubblicato 2500 articoli nell’arco di una ventina d’anni. Che cos’è il cinema fu originariamente pubblicata in 4 volumi. L’anno 1945 è particolarmente simbolico essendo stato un anno trasformativo a livello culturale e spirituale. Nasce ad esempio la Nouvelle Vague francese, ma non è l’unica nuova onda europea. Nel medesimo periodo emerse anche il Neorealismo italiano. Bazin pubblica l’articolo Ontologia dell’immagine fotografica: egli si occupò principalmente del cinema fotografico. Molto probabilmente Bazin ha letto Benjamin e questo lo si può apprendere dall’influenza che questi ha probabilmente avuto sulla sua teoria. Il saggio di Benjamin L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica fu inizialmente pubblicato solo in Francia, in una rivista della scuola di Francoforte in esilio a Parigi. Si rivolgeva all’avanguardia francese. Esquisse d’une psychologie du cinéma, André Malraux: viene citato nella nota 2 nel testo di Bazin. Si può pensare che l’articolo di Bazin fosse una risposta al tema della riproducibilità di Benjamin; Bazin si interroga circa il recupero dell’aura. Il testo di Benjamin termina con le armi chimiche, con 30 già presente e radicata nel periodo muto. La linea che viene valorizzata dai Cahiers du cinema è quella di Hitchcock, mentre dall’altro lato la rivista Positif dava rilevanza alla linea più hollywoodiana. Da un lato ci sono i “registi che credono nelle immagini”, ovverosia coloro che credono che il film tragga il suo valore da tutto ciò che la rappresentazione aggiunge a ciò che rappresenta. Questa prima direttrice si divide a sua volta in due: 1. I registi che privilegiano la dimensione della plasticità dell’immagine: scenografia, trucco, illuminazione, angolature e, inoltre, entro certi limiti, la recitazione; tra gli esempi di Bazin ci sono gli autori del cinema espressionista tedesco (es. Ernst Lubitsch, Robert Wiene, Fritz Lang e Friedrich Wilhelm Murnau). 2. I registi che privilegiano il montaggio, tra cui gli autori sovietici, Griffith e Gance. Ejzenštejn è un esempio chiaro di questa attenzione alle immagini: ciò che si vede sullo schermo è molto meno importante dell’obraz, ovverosia dell’immagine mentale che si crea nella mente dello spettatore grazie al montaggio. Montaggio parallelo (Griffith → vari episodi vengono alternati sulla base di un principio di analogia), montaggio accelerato (Abel Gance → accostamento di inquadrature di breve durata, susseguirsi di tagli per dare una sensazione di tensione), e soprattutto montaggio delle attrazioni (Ejzenštejn). Quest’ultimo rende chiaramente l’idea di aggiungere il senso ai soggetti rappresentati secondo un procedimento diverso rispetto a quello impiegato da Griffith. Bazin vede nel montaggio una costrizione, una forzatura nelle possibilità di sperimentare l’immagine da parte dello spettatore. Tale suddivisione di Bazin ci fa comprendere quindi che il cinema fosse moderno già ai tempi del cinema muto. Dall’altro lato ci sono i “registi che credono nella realtà”, che credono che il film valga per quanto rivela della realtà. Sono questi i registi che traggono le maggiori conseguenze dall’introduzione del sonoro, creando le condizioni per lo sviluppo del cinema moderno. Tra questi, nel periodo muto, Bazin cita Murnau, Dreyer e Stroheim, che vengono quindi presentati come altrettanti pionieri del cinema moderno. Essi anticipano l’approccio ontologicamente realista di autori come Renoir, Welles e Wyler. Sul piano tecnico, il sonoro favorisce la continuità della ripresa. Il Quarto potere è il primo film di Hollywood in cui vengono inquadrati i soffitti delle scene, che prima non venivano nemmeno costruiti poiché erano sempre fuori dalle inquadrature → realismo scenografico. Stroheim è un caso straordinario di cinema della crudeltà → espressione ereditata dal teatro della crudeltà di Artaud, ambedue rimandano alla condizione dell’attore sulla scena, il cui obiettivo è quello di rendere una scena di vita vissuta; es. il sudore che si vede sul volto dell’attore nel finale di Greed non è trucco, le lacrime non sono glicerina, ma è il corpo stesso dell’attore che sta vivendo e viene dunque modificato dalle condizioni della scena → hic et nunc irripetibile. Il tutto si ricollega all’idea di Bazin di realismo crudo. Stroheim, nel film Greed (Rapacità in italiano), non può fare a meno del montaggio, ma questo viene utilizzato in modo sottrattivo, per togliere ad una realtà che è di per sé eccessivamente abbondante. Dunque, Stroheim si è distanziato sia dalla plasticità dell’immagine che dagli artifici del montaggio → nei suoi film la realtà confessa il suo senso, non è il film a costruirlo, come l’imputato sotto l’interrogatorio instancabile del commissario. Guardare il mondo così da vicino affinché sia questo a rivelare la bruttezza e la crudezza dell’esistenza → naturalismo di Stroheim. Deleuze in seguito assocerà tale naturalismo a Luis Buñuel. 31 Dreyer nel film impiega il montaggio con inquadrature brevi e primi piani → è un esempio iconico di cinema della crudeltà → regista che chiaramente crede nella realtà. Si interseca qui la questione del realismo scenografico, poiché il film è girato in un vero convento e non in una riproduzione in studio. Anche qui il montaggio non è utilizzato alla maniera di Ejzenštejn, per costruire un senso altro oltre alle immagini, e nemmeno secondo la modalità di Griffith che utilizzava le inquadrature per dare una coerenza spaziale. Le angolature delle inquadrature in questo film sono anomale, non vengono costruiti dei raccordi tra le inquadrature per rendere il montaggio invisibile → c’è dunque sia una denuncia dell’uso del montaggio, ma anche un utilizzo sottrattivo del montaggio. Mosca che durante l’interrogatorio si posa sul volto dell’attrice Renée Jeanne Falconetti, che ancora una volta evidenzia l’unicità del momento, l’irripetibilità della ripresa (dunque, buona la prima). • La critica di Bazin al découpage analitico: Con l’espressione découpage analitico Bazin fa riferimento alla frammentazione della scena in vista del montaggio, procedimento che caratterizzerebbe sia l’avanguardia sovietica che il cinema hollywoodiano. Nel caso del cinema narrativo classico, l’obiettivo del découpage analitico è ottenere una perfetta chiarezza narrativa, guidando lo sguardo del pubblico attraverso i dettagli su cui ricade l’attenzione nella scena → miglior esempio di ciò è il campo-controcampo. Il problema del découpage analitico è che vincola il pubblico a seguire un percorso di senso univoco, mentre Bazin vorrebbe proporre una forma di cinema che promuova una percezione attiva del pubblico. Valorizzazione dell’evento (événement), definito da Deleuze come getto di singolarità. Per Bazin il cinema deve lasciare il posto ad uno stile che ci deve far dimenticare di essere al cinema → tale funzione può essere svolta secondo Bazin dal piano-sequenza. La durata dell’inquadratura diventa una garanzia della veridicità dell’evento, diventa lo strumento dello spettatore per valutare se l’immagine che si trova di fronte ci sta restituendo l’evento nella sua autenticità, senza manipolazione → così si recupera l’aura, non tramite il valore dell’immagine, ma con il valore dell’autenticità dell’evento che l’immagine restituisce. Qui emerge chiaramente l’afflato etico del discorso di Bazin. Come la profondità di campo, il piano sequenza prescinde dal montaggio, che attua un processo di sintesi eliminando tutto ciò che non serve al racconto, sfruttando la molteplicità dei piani all'interno della singola inquadratura e rispettando il tempo del mondo reale. Lezione 20 • Autenticità dell’immagine in Bazin e Benjamin Il discorso di Bazin verte sull’autenticità dell’immagine e non più sull’estetica; la domanda diventa: fino a che punto l’immagine può diventare testimonianza di ciò che ha avuto luogo, che ha avuto una durata (→ dimensione dell’evento e dunque dimensione auratica che si trova nella singolarità dell’evento stesso)? In quest’ottica, secondo Benjamin, lo spettatore diventa giudice. Questa intuizione ritorna in Bazin nell’afflato etico che dovrebbe guidare il regista nella produzione dell’immagine: il piano sequenza, grazie alla durata, è un’immagine che garantisce l’assenza di manipolazioni nella rappresentazione dell’evento. • Critica di Bazin al découpage analitico La critica da parte di Bazin è principalmente indirizzata al cinema americano. Questa critica concerne la postura etica nei confronti degli spettatori: il problema è che il découpage analitico 32 non lascia alcuna libertà al pubblico vincolando il suo sguardo attraverso lo spazio → dunque, il pubblico qui si ritrova in una posizione completamente passiva, poiché privato della possibilità di scegliere quale punto di vista seguire. Il piano sequenza invece stimola la percezione attiva del pubblico → questa intuizione la riprende da Sartre, che diceva “l’immagine è il luogo della libertà”. Tuttavia, questa frase è veritiera solo per metà, perché il cinema sovietico e quello americano utilizzano le immagini senza lasciare libertà a chi ne fruisce. Il Realismo Ontologico secondo Bazin si concretizza nel cinema grazie al piano sequenza in profondità di campo perché quest’operazione permette di restituire l’ambiguità del reale, nella misura in cui permette allo spettatore: 1. Di scegliere su quali elementi concentrare la propria attenzione. 2. Di cogliere e valutare le relazioni reciproche tra i vari elementi che partecipano all’azione. Questo perché noi, de facto, nella nostra esistenza vediamo in piano sequenza. Ciò che Bazin intende restituire nel cinema sono i mezzi di percezione naturale. Anche Hitchcock faceva uso del piano sequenza, ad esempio nel film Rope, ma Bazin criticava aspramente l’uso che ne faceva il regista: il problema non era nel procedimento in sé, ma in come questo viene applicato. Hitchcock faceva uso del piano sequenza secondo le direttive del découpage classico/analitico. Il piano sequenza che invece propone Bazin deve essere in primis in profondità di campo: la durata e la profondità devono andare insieme. Se abbiamo profondità di campo possiamo fare durare l’inquadratura, poiché viene meno la necessità di instaurare relazioni tra le varie parti dello spazio tramite il montaggio. Il piano sequenza non è solo un’inquadratura che svolge la funzione di una sequenza; il piano è la sezione di spazio che viene messa a fuoco nell’inquadratura. Fino al cinema moderno, ogni inquadratura corrispondeva ad un piano. Secondo Bazin, nell’inquadratura del piano sequenza in profondità tutti i piani dello spazio sono contemporaneamente messi a fuoco, senza effettuare stacchi. Qui si vede l’influenza del pensiero fenomenologico nel pensiero di Bazin: il piano sequenza ci mostra la relazione tra soggetto e oggetto, che secondo la fenomenologia precede i due separatamente. In questo senso il piano-sequenza in profondità di campo riproduce le condizioni della percezione naturale → noi nella nostra percezione quotidiana abbiamo la possibilità di scegliere su che cosa focalizzarci e in che modo interpretare le relazioni nello spazio-tempo. Bazin non critica nemmeno l’utilizzo del montaggio in se stesso, al contrario di quello che si potrebbe credere stando all’articolo Montaggio proibito. Anzi, Bazin coniò il termine “neo- montaggio”, che faceva sostanzialmente riferimento al genere del foundfootage. Sequenza del piccolo Kane: è grazie al piano-sequenza in profondità di campo che viene resa l’emotività drammatica della sequenza; il montaggio non avrebbe potuto renderla alla stessa maniera. È presente il montaggio all’interno dell’inquadratura, che però è diverso dal montaggio in senso tradizionale: senza il montaggio all’interno dell’inquadratura non sarebbe possibile sviluppare in questa maniera le relazioni tra i piani. La Règle du jeu, Jean Renoir (1939): utilizza il piano-sequenza in profondità di campo come lo intendeva Bazin. Renoir utilizzò nella versione in lingua originale anche la profondità di campo sonora, che però risulta un po’ difficile da seguire in certi momenti. 35 Muoiono in serie sulle strade, ad ogni epidemia di influenza, ad ogni ondata di caldo, per ogni errore di coloro che adulterano i loro alimenti, per ogni innovazione tecnica che crei profitto ai molteplici imprenditori di un ambiente di cui essi sono i primi a subire gli inconvenienti. Le loro spaventose condizioni di vita sono la causa della loro degenerazione fisica, intellettuale, mentale. Si parla loro sempre come a dei bambini obbedienti, ai quali è sufficiente dire: ‹‹bisogna››, ed essi sono subito pronti a crederlo. Ma soprattutto li si tratta come bambini scemi, davanti ai quali barbugliano e delirano decine di specializzazioni paternaliste dell’ultima ora, che fanno loro credere non importa che cosa dicendoglielo non importa come; e, l’indomani, altrettanto bene il contrario. Dunque, secondo Debord, i responsabili ultimi di questa degenerazione sociale, culturale, umana, sono gli spettatori stessi; questi si limitano ad accettare lo status quo e a esistere proprio nella condizione di spettatori e non di attori del processo storico. Son art et son temps (1994), ultimo film di Debord. Il film-saggio interpella direttamente il suo pubblico. • Bazin su Lettre de Sibérie (Chris Marker) Lettre de Sibérie (Chris Marker, 1957) → Bazin dice che non assomiglia a nessun documentario realizzato in precedenza, lo definisce “un saggio documentato da un film”. La parola fondamentale parlando di questo film è “saggio”. Non è il primo saggio cinematografico, ma è un titolo che marca un momento di passaggio importante. Bazin commenta circa il documentario di Marker: The important word is “essay”, understood in the same sense that it has in literature—an essay at once historical and political, written by a poet as well. Generally, even in politically engaged documentaries or those with a specific point to make, the image (which is to say, the uniquely cinematic element) effectively constitutes the primary material of the film. The orientation of the work is expressed through the choices made by the filmmaker in the montage, with the commentary completing the organization of the sense thus conferred on the document. With Marker it works quite differently. I would say that the primary material is intelligence, that its immediate means of expression is language, and that the image only intervenes in the third position, in reference to this verbal intelligence. (…) Marker brings to his films an absolutely new notion of montage that I will call “horizontal”, as opposed to traditional montage that plays with the sense of duration through the relationship of shot to shot. Here, a given image doesn’t refer to the one that preceded it or the one that will follow, but rather it refers laterally, in some way, to what is said. Leggere articolo: Laura Rascaroli, "The Essay Film: Problems, Definitions, Textual Commitments". Marker ci mostra come il significato delle immagini può essere modificato dal discorso che si associa a queste. La stessa sequenza è mostrata tre volte: la prima volta con un commento che elogia i progressi socialisti dell’Unione Sovietica nella città, la seconda volta con un commento che critica le derive autoritarie sovietiche e la terza volta invece con un commento neutro che potrebbe generalmente essere associato ad una presentazione turistica. Comprendiamo dalla 36 visione come una diversa descrizione possa far scaturire una nuova interpretazione delle stesse immagini. Lezione 22 • Visione di scene estratte da Sur le passage de quelques personnes à travers une assez courte unité de temps (Debord 1959) Sequenza in cui viene mostrata una delle uniche 3 “opere d’arte” di Debord → scritta sul muro: Ne travaillez jamais (= “non lavorate mai”, si inserisce nella critica marxista alla svalutazione del tempo impiegato per il lavoro salariato). Vi è anche un détournement in favore del suo primo film Hurlements en faveur de Sade → alternanza schermo bianco-nero con sola voce. Sequenza in cui Debord critica l’idea bazaniana circa il piano-sequenza: la vita non è controllabile come un piano-sequenza ci fa pensare; il film sarà sempre una ricostruzione della realtà, per quanto accurata questa sia → “povera e falsa come questa carrellata mancata”. Critica gli autori della Nouvelle Vague, coloro che facevano parte della politica degli autori e che scrivevano sulla rivista Cahiers du cinéma; prende di mira uno dei totem di questi autori: il piano- sequenza. Questo non potrà mai riprendere la vita vera, se non in una carrellata sbagliata. “L’unica impresa interessante è la liberazione della vita quotidiana” → questione politica centrale tra i situazionisti. “Anche il cinema è da distruggere” → è lo slogan che rinchiude la pratica cinematografica di Debord, già a partire dalla prima opera cinematografica: mettere in atto la distruzione del cinema. Ejzenštejn ha particolarmente influenzato Debord: quest’ultimo definiva i singoli détournements come “attrazioni”; aveva inoltre, come il regista sovietico, una visione monadologica/monistica delle parti. Ogni parte non è altro che un frattale del tutto. • Il détournement per Guy Debord Definizione di détournement → è una sorta di citazione senza virgolette, ripresa di frammenti di tesi di ogni genere, o la correzione degli stessi. Debord parla di due pratiche di détournement nell’articolo Détournement: istruzioni per l’uso!: il détournement minore e il détournement abusivo. Citando direttamente l’articolo: Il détournement minore è il détournement di un elemento che non ha importanza autonoma e che dunque deriva tutto il suo senso dalla messa in presenza che gli si fa subire. Si pensi ai ritagli stampa, a una frase neutra, alla fotografia di un soggetto qualunque. Al contrario, il détournement abusivo, detto anche détournement di proposizione premonitrice, ha per oggetto un elemento significativo in sé: elemento che dal nuovo accostamento trarrà un valore differente. Uno slogan di Saint-Just, una sequenza di Ejzenstejn, per esempio. Nella maggior parte dei casi, le opere détournées dì una certa portata saranno dunque costituite da una o più serie di détournements abusivi minori. Dunque, mentre nel caso del détournement minore questo acquista il suo senso solo in relazione al contesto in cui viene inserito, nel caso del détournement abusivo il senso originale dell’elemento détourné persiste: si crea dunque una stratificazione di senso. Con Guy Debord comprendiamo bene l’idea di film-saggio: la parola ha più valore dell’immagine, questa trae il suo significato dall’associazione con il pensiero. Sono i lettristi, i membri dell’ultima 37 avanguardia, i primi a proporre questa concezione → nella loro arte mettono al centro la lettera come elemento primario, inteso in modo duplice: sia come immagine (grafema) che come suono (fonema). • Breve excursus sul Futurismo russo Il futurismo russo fu fortemente influenzato da quello italiano, in particolare da Marinetti. Si allontaneranno poi da Marinetti per motivi politici. Vi erano futuristi russi che fin dall’inizio non apprezzavano particolarmente il futurista italiano. Fu un movimento principalmente letterario, dopo la Rivoluzione nasceranno tante altre avanguardie sperimentali che prenderanno il posto occupato dai futuristi. • Il film-saggio Hans Richter è un esponente della seconda avanguardia cinematografica, dada-surrealismo. Scrisse un articolo sul film-saggio come nuova forma di film-documentario negli anni ’40 del secolo scorso. Il suo film-saggio non lo si può intendere come modello odierno che abbiamo di film saggio, trascura ad esempio la dimensione soggettiva tipica del film-saggio. Laura Rascaroli scrive sull’articolo di Richter: In his article, Richter (himself often listed as an author of essay films) announces a new type of intellectual but also emotional cinema, able to provide “images for mental notions” and to “portray a concept.” Its relationship with documentary cinema is explored: “In this effort to give body to the invisible world of imagination, thought and ideas, the essay film can employ an incomparably greater reservoir of expressive means than can the pure documentary film. Freed from recording external phenomena in simple sequence the film essay must collect its material from everywhere; its space and time must be conditioned only by the need to explain and show the idea.”1 Le intuizioni di Richter erano già de facto state sostenute da Ejzenštejn quando diceva che il cinema attraverso il montaggio potesse veicolare nuove idee. Alexandre Astruc e il suo articolo Naissance d'une nouvelle avant-garde: la caméra-stylo → l’idea era quella di promuovere un utilizzo libero della macchina da presa, come una penna stilografica. In questo periodo iniziano a diffondersi le prime cineprese 16 mm, molto più leggere e facilmente maneggiabili rispetto alle precedenti. Astruc inizia a pensare che proprio questa maggiore leggerezza consentirà un uso più libero della cinepresa. La macchina da presa diventa uno strumento per scrivere (ricordiamo Lettre de Sibérie che iniziava con la frase “vi scrivo dalla Siberia”), per questo motivo il cinema diventa un linguaggio tramite il quale l’artista esprime il suo pensiero, per quanto astratto questo possa essere → soggettività del regista. Per questo motivo Astruc parla di questa nuova epoca cinematografica come “macchina da presa stilografica”. Ogni film è un “teorema”, luogo di passaggio ove si sviluppa una logica implacabile, o ancora meglio una “dialettica”. Dice inoltre che nel giro di poco tempo potremo catalogare i film come cataloghiamo i libri, per genere. 1 Laura Rascaroli, "The Essay Film: Problems, Definitions, Textual Commitments", Framework, n. 49/2, 2008, pp. 24–47 40 come processo induttivo e non più meramente deduttivo-cartesiano. Il ragionamento induttivo parte dall’osservazione dei fenomeni naturali. Gallerani dice che in seno all’individualismo moderno il saggio non trova più una voca unificatrice del discorso, ma diventa ora un mezzo logico di produzione di concetti, verificabile dai lettori e praticabile nella vita quotidiana. Haefner → il saggio montaignano era personale, familiare, solipsistico, disorganizzato, spontaneo e meditativo; dall’altro lato, il saggio baconiano era oggettivo, impersonale, interessato alle grandi questioni sociali e morali, razionale, sistematico, autorevole e metodico. Ceserani dice che ciascuno dei due autori ha utilizzato il termine saggio attribuendogli una accezione diversa, sviluppando dunque due linee parallele nella storia moderna: da un lato la linea rapsodica e concreta della propria esperienza vitale e delle proprie impressioni in Montaigne; dall’altro, quella dell’analisi razionale, fredda e particolareggiata, di scorcio e impersonale in Bacon. • Esfir, Nicole e le altre: percorsi femminili nel film saggio Nicole Védrès, Paris 1900 (1947) → primo film di foundfootage che utilizza elementi di finzione, la sua importanza è stata riconosciuta ed evidenziata da Bazin. Utilizzò una serie di materiali estrapolati da film di finzione per illustrare la storia della Belle Époque, oltre che alla storia di Parigi e più in generale della Francia. Bazin elogiò il montaggio di questo film, quasi come se fosse una nuova forma di montaggio. Jean Rostand, Nicole Védrès, Aux Frontières de l’homme (1953) → si interroga sul ruolo sociale della scienza, in particolare della scienza genetica. Germaine Dulac, Le cinéma au service de l’histoire (1935) → un film sulla storia del cinema stesso, si pone fra gli avanguardisti che produssero film non narrativi. Cecilia Mangini, Essere donne (1964) → film importantissimo per la storia del cinema femminista, è una decostruzione del mondo femminile messa in scena dalla pubblicità con un riscontro invece effettivo con quella che è la vita concreta delle donne lavoratrici. Non è solo un film di montaggio (Mangini nasce come montatrice) ma utilizza anche tutta una serie di materiali da repertorio. Agnès Varda faceva parte della riva sinistra della Nouvelle Vague (il riferimento è la Senna di Parigi), che raccoglieva gli autori più radicali della onda. Marguerite Duras → la maggior parte dei suoi film sono dei film saggi. Ha collaborato alla sceneggiatura di Hiroshima Mon Amour; questo film ha caratteristiche del film saggio poiché il testo del film è fondamentale. Duras ha realizzato anche tutta una serie di cortometraggi originali in proprio il cui andamento è rapsodico-poetico. Le cineaste si sono particolarmente dedicate alla forma del film saggio; forse fu principalmente la dimensione soggettiva/personale del film saggio ad attrarle, ma questa caratteristica ci porta ad evidenziare un altro aspetto più materiale molto importante: la povertà degli strumenti a disposizione per realizzarli. I film saggi non richiedono un’ampia mobilitazione di mezzi produttivi (es. utilizzo di foundfootage). • Il saggio elegiaco L’elegia è un genere letterario che riflette sulla morte; il saggio elegiaco, di conseguenza, raccoglie tutti quei film saggi che hanno trattato della morte o più in generale della fine di qualcosa. 41 George Franju, Le sang des bêtes → dedica una riflessione profonda e intensa per la sorte a cui questi animali vanno in contro. Alain Resnais, Chris Marker, Les statues meurent aussi (1953) → applica la teoria della riproducibilità di Benjamin, si tratta di una riflessione sulla commercializzazione dell’arte africana in Occidente come una vera e propria desacralizzazione di opere originariamente cultuali. Leggere: Coviello, Massimiliano. L’universo concentrazionario della memoria in Tutta la memoria del mondo e Anche le statue muoiono. Cinergie: Il Cinema e le altre Arti 5 (2014): 196-206. Quasi tutto il cinema di Resnais si occupa del tema della memoria (es. Notte e Nebbia (1956), Toute la mémoire du monde (1956); molti dei suoi film sono film saggi, soprattutto i primi. • Visione del film saggio Les statues meurent aussi Lezione 25 La rabbia, Pier Paolo Pasolini → film di foundfootage, il produttore Gastone Ferranti propose a Pasolini (vicino ai comunisti) e a Guareschi (conservatore) di collaborare per la sua realizzazione. Fu ricostruito nel 2008 dalla Cineteca di Bologna. Tutta la poetica del lettrismo si fonda sulla provocazione; deriva dalle avanguardie storiche, in particolare dal dadaismo → una delle posture più celebri delle avanguardie storiche era “scandalizzare il piccolo borghese”. Guy Debord si allontanerà dal movimento lettrista perché il cuore di questo movimento era fondamentalmente artistico. • Introduzione alla scena lettrista Il lettrismo fu un movimento avanguardista artistico e culturale teorizzato dal poeta, scrittore, autore teatrale e in seguito cinematografico francese ma di origine rumena Isidore Isou nei primi anni Quaranta. L'idea era quella di rinunciare, almeno inizialmente, all'uso delle parole, utilizzando invece la poetica, i suoni, l'onomatopea, la musicalità del discorso. Il movimento in senso stretto si concretizzò nel 1946 in Francia, dalla collaborazione tra Isou e Gabriel Pomerand. Non si trattava ancora di un movimento fortemente politicizzato come il Situazionismo, il suo obiettivo artistico era più quello di scandalizzare, di andare fuori dagli schemi perbenisti borghesi. Visione di un frammento di un documentario di Orson Welles; il titolo non ufficiale era Le lettrisme est la poésie en vogue. La poesia poteva essere o sonora o visiva. Inventavano vere e proprie nuove lettere, parole, che nella loro rappresentazione hanno un valore artistico. Tale ricerca grafica e pittorica viene definita ipergrafia. Come movimento si colloca tra il modernismo e il post-modernismo: da un lato si rivolge alle altre avanguardie storiche, ma dall’altro lato non credono di poter proseguire con quel tipo di ricerca. Questo perché, il fondatore Isidore Isou e il movimento portano avanti un’idea circolare della storia dell’arte, che attraversa due fasi: la fase amplica e il cesello. La prima fase è quella in cui si amplifica il processo artistico, in cui emergono nuove forme di espressione artistica. Ad un certo punto le energie ampliche si esauriscono e non è più possibile creare qualcosa di nuovo; di conseguenza, i lettristi dicono che gli artisti che si ritrovano in questa fase di cesello devono dedicarsi al riuso del materiale culturale esistente (anticipano le idee del Situazionismo, non a caso Debord nasce lettrista), ma un riuso inteso come appropriazione e distruzione. 42 Visione del raro film lettrista L’Anticoncept, Gil J Wolman (1952). Assomiglia al primo film di Debord Hurlements en favor de Sade, senza immagini. Molti film lettristi iniziano enunciando le tappe della storia del cinema nel tentativo di esplicare la collocazione del Lettrismo in questo processo. Maurice Lemaître fu forse il lettrista che ci ha lasciato più opere → mauricelemaitre.org Visione del film lettrista Traité de bave et d'éternité, Isidore Isou (1951) → non essendoci nulla di nuovo da aggiungere alla scena cinematografica dopo i grandi registi, tutto ciò che resta ai lettristi è appropriarsi del patrimonio cinematografico con uno spirito distruttivo. Lezione 26 Visione di Paris 1900, Nicole Védrès (1947) → importante film di foundfootage; spesso i film di repertorio si intersecano con i film-saggio. Impiegò anche frammenti di materiali di film di finzione per rappresentare lo spirito della belle époque. Tale epoca si concluse con l’inizio della guerra. Bazin parlò di questo film in uno dei suoi articoli. Lo definì un “film puro” e chiamò in causa Proust per descriverlo. In questo articolo opera un détournement di una poesia di Mallarmé, La tomba di Edgar Allan Poe, in particolare del primo verso della poesia, piegando il significato al contesto del cinema. La pellicola ortocromatica rendeva in maniera molto più forte il contrasto tra bianchi e neri (a differenza di quella pancromatica); è questo forte contrasto bianco (“bianco osseo”) a cui fa riferimento Bazin nel testo.
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