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Appunti del libro "La società di antico regime, XVI‑XVIII secolo", di Romagnani, Appunti di Storia Moderna

appunti PRESI A LEZIONE, quando il prof ha spiegato questo libro nel corso dell'anno accademico 2021/2022

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 12/07/2022

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Scarica Appunti del libro "La società di antico regime, XVI‑XVIII secolo", di Romagnani e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Romagnani 16 dicembre È un libro specificamente sull’antico regime, si affrontano temi e problemi storiografici relativi alla società di antico regime, che corrisponde all’età moderna. Primi due capitoli: questioni storiografiche. Dal terzo al sesto: storia sociale, mondo rurale e mondo urbano, quinto e sesto su borghesie e le nobiltà europee. Poi tre capitoli in cui si parla del potere politico, cioè dello stato, poi degli elementi caratteristici dello stato, cioè deve controllare l’amministrazione, quindi giustizia, fisco, esercito. Decimo capitolo su povertà, criminalità, controllo sociale. Undicesimo sulla dimensione religiosa, intesa nella vita quotidiana. Ultimi due capitoli sulle questioni culturali: 12 su figure e spazi della cultura, quindi dove si fa cultura e come si diffonde, 13 sull’educazione e istruzione. Primo capitolo: il lavoro dello storico Terzo paragrafo: scrivere di storia, si citano alcuni problemi venuti fuori dopo Bloch: venne avanzata la proposta di tornare a scrivere la storia come se fosse un racconto di ciò che è successo, forse proprio come reazione al fatto che i libri stavano diventando sempre più pesanti e illeggibili da parte del pubblico più vasto. Ovviamente si dovevano comunque rispettare le regole della storiografia, cioè quelle di veridicità e attendibilità delle fonti e il riferimento ad esse. Lo storico Stone proponeva di raccontare i fenomeni in un modo più facilmente digeribile, mantenendo comunque il carattere problematico della storia (storia che nasce da delle domande) e trasformando questo approccio critico in una scrittura narrativa. La narrazione comunque non deve prevalere sull’interpretazione, cioè proprio dove lo storico ha maggiore intervento; è stato quindi suggerito che lo storico imparasse le tecniche narrative, questo però ha dato adito anche a narrazioni un po’ troppo libere, che si allontanavano un po’ troppo dalle regole di precisione storiografica. Questo però ha fatto sì che i libri di storia diventassero più accessibili. Secondo capitolo: le molte dimensioni della modernità Ritroviamo un po’ le proposte di periodizzazione dell’età moderna: 1453, la caduta di Costantinopoli, 1517, Lutero, un po’ per trovare delle alternative al classico 1492, la scoperta dell’America; per la fine, oltre al 1815 data della Restaurazione, in Francia per esempio l’età moderna finisce nel 1789 con la Rivoluzione, e per altri invece è il 1861 (Regno d’Italia) oppure il 1848 (Risorgimento). Vengono spiegati anche i due termini “antico regime” e “età moderna” che in teoria corrispondono, anche se sembrano ossimori: l’età moderna è quel periodo che porterà alla fine dell’antico regime. Fattori di modernizzazione, modernità nell’economia, nella società, nella politica, nella cultura: abbiamo la scoperta dell’America, la Riforma (in Europa occidentale, per l’Europa orientale è un po’ diversa la periodizzazione), nascita degli stati moderni, invenzione della stampa, rivoluzione militare. Terzo capitolo: gli spazi della vita e mondo rurale Le campagne è il mondo in cui vive la stragrande maggioranza delle persone, non è completamente abitato; infatti, ne fanno parte anche le parti non coltivate che possono anche essere di interesse economico: nel mondo feudale, i diritti sui boschi erano molto importanti nell’economia quotidiana dei contadini che potevano magari andare a raccogliere legna per scaldarsi. Spesso, infatti, quando i proprietari disboscavano per coltivare, i contadini protestavano perché andavano a perdere quei diritti sanciti da una prassi secolare che faceva parte della loro economia domestica; in quei casi, i proprietari ci guadagnavano mentre i contadini ci perdevano, è un processo di capitalismo delle campagne, più pronunciato nell’Europa del nord (enclosures). La produzione agricola è inoltre utile per la vendita, le città infatti sono luoghi di consumo della produzione agricola. Il mondo rurale conosce anche delle specializzazioni in base alle culture, che si sviluppano molto nell’età moderna: in molte parti dell’Europa, la produzione è quella delle monocolture (Polonia, Ucraina, Italia del sud); questo richiede la commercializzazione delle derrate alimentari, bene cospicuo che deve essere spostato e quindi vi devono essere i mezzi di comunicazione adeguati, e spesso non lo sono: quella su strada a trazione animale è ovviamente lenta e limitata, nelle parti più avanzate si sviluppano dei canali (anche qui spesso con barche trainate da cavalli a riva); per questo la città è rifornita dalle campagne circostanti, anche se cominciano a fare la loro comparsa prodotti esotici ma non essenziali come la canna da zucchero. La vita in campagna è quindi destinata all’autoconsumo e alla vendita, ma manca per esempio della manifattura, gli utensili infatti devono essere comprati dalla città, e spesso vi erano dei venditori a domicilio. Altro elemento fondamentale è quello della demografia, non tanto come numero degli uomini (è molto difficile capirlo, le fonti non sono precise), ma delle famiglie, intesa in modo diverso rispetto ad oggi, sia in senso quantitativo (di quanti membri è composta) che qualitativo, cioè i rapporti interfamiliari. Come si può definire la famiglia premoderna? dal medioevo all’età moderna, si identifica col termine “fuoco”: una famiglia intesa come gruppo unito da una parentela che vive sotto lo stesso tetto, che deriva dall’ambito fiscale, proprio per capire chi dovesse pagare le tasse; venivano dette “focatico” perché colpivano una comunità a seconda di quanti fuochi fosse formata. Ciò è lontano dall’idea moderna di famiglia perché sotto lo stesso tetto potevano vivere famiglie diverse da quelle moderne, perché potevano convivere più generazioni e addirittura dei servi, che potevano esserci anche nelle famiglie dei contadini ricchi; perciò, la famiglia di antico regime si considera una famiglia allargata, diversa da quella nucleare di oggi. Secondo una ricerca, si definiscono cinque modelli di famiglia: quella nucleare (coniugi con o senza figli), estesa (più parenti sotto lo stesso tetto), multipla o complessa (quando due o più unità coniugali vivono nella stessa casa), convivenze allargate con o senza legami parentali, e una persona che vive da sola. Le famiglie complesse possono essere di varie tipologie, ci sono per esempio convivenze facente parte della stessa generazione (fratelli che si sposano), quindi famiglie orizzontali, oppure famiglie più tradizionali con anche tre generazioni che convivono, quindi famiglie verticali, famiglie ceppo (dal pater familias fino ai discendenti). La famiglia dell’antico regime non è esclusivamente una famiglia allargata, quindi estesa o multipla: non è vero che la famiglia nucleare si è formata solo dopo la rivoluzione industriale (necessità di inurbamento); questo fenomeno della rivoluzione industriale non ha provocato, come si credeva, la destrutturazione delle famiglie, perché continuava ad esistere l’agricoltura. Anzi, è stato riscontrato che già per esempio nella Firenze del 500 esistevano famiglie nucleari: la città, quindi, è la sede delle famiglie nucleari, perché spesso la città è destinataria di un’urbanizzazione; quindi, coppie nuove vanno a stare in città, anche perché le attività che si possono svolgere in città si prestano bene a una vita di coppia, a differenza dell’attività agricola, che necessita di numerosa manodopera. In generale quindi si può dire che in età moderna il modello è diversificato, con la compresenza delle due tipologie di modello nucleare e modello allargato. Nel modello allargato, resta centrale la figura del patriarca, e gli individui sono classificati anche in base a una divisione del lavoro, in cui i ruoli sono molto separati (uomo-donna, singole generazioni); i rapporti affettivi sono molto poco visibili, i padri sono molto lontani; nella famiglia nucleare i rapporti sono più equilibrati. Le famiglie si formano attraverso il matrimonio, in cui nel mondo cattolico ovviamente la Chiesa influisce molto; molto significativa è anche l’età del matrimonio, perché più età si ha quando ci si sposa più si abbassa la fecondità e la natalità. Le coppie che emigrano in città creano una famiglia neolocale (si installa in un nuovo luogo), mentre chi resta nelle case rurali sono famiglie patrilocali. Si vede che nell’Europa occidentale (Francia e Inghilterra) dell’età moderna ci sono poche famiglie complesse e comincia a svilupparsi la famiglia nucleare, mentre nell’Europa orientale prevalgono le famiglie multiple (Russia, proprio a causa della servitù della gleba). Questi due sono i casi più estremi, nell’Europa mediterranea, ad esempio in Italia, ci sono tre livelli: nelle campagne del centro nord si vive in famiglie complesse e si tende a sposarsi in tarda età; nelle campagne del sud il matrimonio abbastanza precoce e la residenza è neolocale, quindi c’è una grande mobilità, essendo il lavoro di tipo bracciantile, salariato e stagionale, i braccianti si spostano; nelle città è frequente la famiglia neolocale ma il matrimonio è tardivo. La situazione sociale in generale deve essere costituita dall’analisi di anche altri fattori, come il mercato del lavoro (braccianti, mezzadria), questioni giuridiche (distribuzione dei rapporti di proprietà della terra), questioni legate al distacco della famiglia, che può avvenire anche diverso tempo dopo il matrimonio, crisi di mortalità (epidemie che creano dei vuoti demografici che favoriscono le generazioni successive, che pubblico. Le istituzioni urbane sono quasi sempre di origine medievale e hanno questo carattere di relativa chiusura verso il rinnovamento: il patriziato, infatti, è un ceto che tende ad occupare le magistrature e a non lasciarle ad altri, anche tenendo stretto l’accesso alla cittadinanza; sono un po’ sempre le stesse famiglie che dominano le magistrature, anche in città in cui non ci sono signorie. Il patriziato si può definire come una specie di oligarchia locale, che ha la sua massima espressione nelle cosiddette repubbliche oligarchie: a Venezia, per esempio, dove per aprire l’oligarchia a nuovi membri possono passare anche dei secoli. Nell’ambiente urbano vive anche la borghesia, che si dedica ad attività mercantili ed è riunita in corporazioni (anch’essa ha delle strutture protettive). I cambiamenti di questa situazione vengono provocati da una svolta in senso capitalistico, che vengono frenate più o meno in base a dove ci si trova, in Inghilterra infatti abbiamo un’agricoltura di tipo più capitalistico. A mano a mano le corporazioni vengono viste come ostacoli al progresso, e i diritti garantite da queste come dei privilegi. Il lavoro è anche giovanile: l’apprendistato è una fase molto importante nella vita dell’individuo maschio, mentre le donne sono relegate al lavoro domestico, anche se in città ci possono essere degli inizi di produzione tessile a domicilio. La borghesia urbana si intende questo ceto che ha interessi socioeconomici nella città, non è nobile ma ha una presenza importante: può essere molto ricca, molto attiva, ma non è nobile. Dal punto di vista economico, si vedono differenze nel regime di vita delle famiglie e dei consumi, anche nell’accedere a prodotti superflui, che nel corso dell’età moderna diventano di moda (tabacco, cacao); in alcune città era molto importante l’attività bancaria per la borghesia, che aveva appunto un ruolo molto forte (es Genova), e nel corso dell’età moderna assistiamo a uno spostamento dell’asse verso nord, da Genova poi Lione, Anversa, Amsterdam, Londra, a causa dell’espansione dei mercati. La produzione di tipo manufatturiero è presente in piccola parte anche in campagna, ma la maggior parte è praticata in città; non è un’attività industriale perché non provoca rivolgimenti sociali, alcune città poi si specializzano e diventano famose per prodotti specifici. In generale c’è comunque un modesto mercato tra le città, ci sono ovviamente delle variazioni delle forme di consumo che dipendono anche dalle mode, dalla situazione economica in generale: ad esempio, nel settore tessile assistiamo al cambiamento dell’uso della lana al cotone. Capitolo sesto: le nobiltà europee La nobiltà è la quintessenza della parte privilegiata della nazione, la cui componente quantitativa è limitatissima nella società (di solito intorno al 2-3 percento, in Polonia arriva al 10); gode di enormi privilegi, è nella posizione più alta; i loro diritti sono sanciti più giuridicamente che economicamente, la nobiltà può essere infatti anche povera ma il suo status è garantito dalla legge. Al suo interno, la nobiltà può essere stratificata a livello di importanza (duchi, conti, marchesi, baroni). Serve allo stato perché costituisce il ceto dirigente, le monarchie di antico regime si basano infatti anche sulla nobiltà, che viene anche controllata per evitare che sia un pericolo per la corona, ma comunque non può farne a meno: ci deve essere un equilibrio. La nobiltà rivendica il suo status in base a dei diritti secolari acquisiti nel Medioevo, di cui ha o pretende di avere prova documentaria, e si situa nei vari livelli di importanza. Molti titoli saranno addirittura inventati. Ci sono varie tipologie: la nobiltà terriera, il patriziato urbano, nobiltà di servizio, come la nobiltà di toga in Francia (spesso giudici o comunque nobilitati dal re), militare in Prussia; un tipo particolare è la gentry inglese. La legittimazione fondamentale è l’avere il sangue puro, quindi no mescolanze con non nobili; normalmente la nobiltà non deve praticare attività economiche, spesso gli viene affidato il compito di controllare dei territori. Il caso di un’aristocrazia molto forte è quella polacca, che prevale sulla monarchia, che produce però una debolezza dello stato; in Inghilterra è molto forte il Parlamento, in cui la nobiltà ha la sua Camera (Camera dei Lords). Durante l’età moderna, la nobiltà più ricca finirà ad apparentarsi con l’alta borghesia, e cominciano sempre di più ad essere chieste le deroghe per svolgere un’attività imprenditoriale, e alla fine del 700 diviene ovvio che un ricco nobile possa fare un’attività imprenditoriale di sua iniziativa: cambia un po’ la mentalità, decade l’incompatibilità tra nobili e affari, ciò andrà poi a sfociare in un’unica classe di ricchi, in cui l’elemento economico prevale sul titolo giuridico. Tutto ciò cambia anche a causa della Rivoluzione francese, ormai l’uguaglianza giuridica nell’800 è assodata. In alcuni stati i nobili hanno poteri giurisdizionali, esercitano una sovranità; è anche importante a livello statale, collaborano col re in varie forme: un tipico impiego della nobiltà è quello di essere ambasciatori, diplomatici, per il loro prestigio, per la loro conoscenza delle lingue, per i loro rapporti internazionali; in alcuni paesi, i nobili vengono impiegati nelle alte gerarchie militari, nell’esercito, come in Prussia. Ci sarà poi la nobiltà nuova, rigenerata dalla politica accentratrice dei sovrani. I nobili hanno tutto un loro ambito culturale, di solito viaggiano specialmente da giovani, normalmente i figli nobili fanno i viaggi d’istruzione: il grand tour; il grand tour viene fatto perché si ritiene che la nobiltà deve conoscere le lingue, il mondo, i luoghi fondamentali della cultura europea, e in questo senso è molto importante l’Italia, che è una tappa obbligata: Italia intesa come sede dell’Impero Romano e Venezia, Firenze, Milano, di solito si arriva fino a Napoli; spesso i rampolli erano accompagnati da precettori. A Roma la parte più importante è rappresentata dalle rovine della Roma antica, Venezia è la sede di una forma di governo tramandata dall’antichità, mito come archetipo di un governo misto perfetto che sta lì da un millennio; pure essendo l’Italia in crisi economica fra 700-800 comunque l’attività culturale è molto forte; la nobiltà europea si riferisce all’Italia come elemento imprescindibile della sua cultura, e non di rado i nobili parlano italiano all’estero; la nobiltà infatti in fondo agli stessi gusti, anche se sono molto diverse tra loro rispetto alle nazioni. Questa internazionalità, infatti, produce anche matrimoni tra le varie nobiltà. Esempi di 4 nobiltà: Francia, nobiltà di spada e di toga, due nobiltà da mettere l’una contro l’altra in modo che nessuna delle due prevalga sulla monarchia. Inghilterra: esiste la grande nobiltà proprietaria di grandi territori che è rappresentata nella Camera dei Lords, esclusa dal gioco della corona dopo le vicende medievali; di solito la Camera dei Lords sostiene il re come farà il partito di tories dopo la rivoluzione, mentre la Camera dei Comuni rappresenta i ceti borghesi ma anche la gentry, piccola nobiltà che non ha grandi titoli, ma corrisponde ad attività economiche. Infatti in Inghilterra è il paese europeo in cui si sviluppa più precocemente l’attività economica in senso capitalista. Russia: nobiltà al servizio dello zar, che viene inquadrata in vari ranghi. Polonia: nobiltà che controlla la monarchia perché è elettiva, eletta dalla Dieta (all’unanimità); spesso si eleggono re stranieri, la monarchia si indebolisce fino al punto che si indebolisce la Dieta stessa. 22 dicembre Capitolo settimo: sovranità e potere politico All’inizio vengono affrontati i tipi di Stato e poi sulle caratteristiche dello Stato moderno. Lo stato moderno tende ad essere accentrato la cui realizzazione più compiuta è quella di Luigi XIV e alla fine dell’età moderna quello di Napoleone. Gli elementi di uno stato accentrato sono: esercito accentrato, non più dei feudatari, burocrazia permanente, diplomazia permanente, tassazione per avere entrate (spesso purtroppo sprecate per guerre e spese di corte), legislazione unificata, mercato unitario (dà la possibilità di applicare il protezionismo). È fatto di ceti, che tra di loro hanno un patto: tra ceti dirigenti, con le corone. Quest’accentramento è una tendenza che si sviluppa in vario modo a seconda degli stati e anche nelle varie fasi storiche in modo più o meno pronunciato; alla fine sia arriva a un compromesso, perché è voluto da tutti i sovrani fin dal 500, passando poi per Luigi XIV; c’è questa tendenza ad accentrarsi, a semplificare il potere, ma è necessario un patto con i ceti dirigenti, che in alcuni stati è equilibrato, in altri la monarchia è in vantaggio (Francia, Russia), in altri ancora è più forte l’aristocrazia (Polonia, Fronda in Francia). Nell’antico regime, gli organismi (come i Parlamenti francesi) che rappresentano i ceti spesso non ne rappresentano la volontà politica, non sono eletti, difendono i vecchi privilegi di un determinato gruppo sociale. La monarchia può essere di tipo composito, nazionale, territoriale (corrispondono a un determinato territorio); ci sono monarchie assolute, consiliari, elettive, repubbliche (quasi sempre oligarchiche), caso particolare è quello olandese, poi stati sovranazionali (Impero), federazioni di città (leghe cittadine del nord della Germania), Stato teocratico (Stato della Chiesa). Il caso italiano è un caso di debolezza, ci sono vari fattori che hanno ostacolato la formazione di un unico stato territoriale: permangono vecchie istituzioni, privilegi signorili, crisi economica, egemonia straniera, i ceti dirigenti tendono alla chiusura (es Venezia) per la conservazione del potere. Capitolo ottavo: giustizia e fiscalità Fuori dall’Italia c’è il tentativo dello stato di monopolizzare giustizia e fiscalità ma è molto difficile: nella stessa Francia assolutista la giustizia è amministrata in modo differente su basi giuridiche diverse a seconda delle varie zone, anche l’esistenza del feudalesimo significa l’esistenza di una giustizia parallela a quella del re perché c’è una giustizia signorile, poi c’è anche la giustizia ecclesiastica (Inquisizione). Ci sono differenti modelli giuridici: in Inghilterra c’è la Common Law: diritto consuetudinario, la giustizia si basa sulla giurisprudenza, cioè sulle decisioni precedenti che in un certo senso fanno legge. Fiscalità: lo stato forte dovrebbe esercitare un sistema di tassazione uniforme, ma gli stati moderni riescono solo per quanto riguarda le imposte indirette, cioè sui consumi; inoltre, il sistema di riscossione fiscale è tutt’altro che statalizzato, anzi, è delegato con dei contratti, degli appalti di riscossione delle tasse, e spesso gli appaltatori prendono una percentuale più ampia di ciò che dovrebbero: lo stato quindi è incapace di trarre dal proprio territorio tutte quelle risorse che potrebbe riscuotere, e questo porta all’imposizione di nuove tasse, che spesso colpiscono la popolazione e porta a delle rivolte. Questa situazione arriva fino al 700, fino all’Illuminismo: caso dei catasti, ciò significa conoscere il territorio e destinare un investimento alla formazione di chi misura questi territori per stabilire delle proprietà relative a una tassazione su di esse; ciò ovviamente provoca opposizione da parte dei nobili proprietari che non vogliono pagare le tasse, vanificando queste politiche. Capitolo nono: la guerra e gli eserciti Il passaggio da un esercito feudale a uno statale è indice di modernità, inoltre ci sono anche dei cambiamenti nel modo di fare la guerra: le guerre sono molto più frequenti, perciò c’è la necessità di creare degli eserciti permanenti, per non ricorrere ai mercenari, ma anche perché la guerra ormai è di fanteria (a piedi) e non più di cavalleria; prenderà inoltre sempre più piede l’artiglieria, che diviene la parte più importante dell’esercito. Mantenere tutto ciò costa un sacco di soldi allo stato, e il re di solito trova questi soldi perché le vittorie militari sono indici di grande prestigio. Grandi spese sono destinate anche alle difese militari: durante il 500 c’è un grande boom di architetti militari. C’è un’evoluzione anche per quanto riguarda le guerre navali: Lepanto è l’ultima battaglia fatta con la tecnica dell’abbordaggio. Luigi XIV, all’akmé del suo impegno militare per la guerra di successione spagnola, spende circa il 75% del budget dello Stato per fare guerre; Pietro il Grande per la flotta e per l’esercito spende l’85. Cambiano molto anche i soldati, che non sono più i contadini portati del feudatario, ma si organizzano in una struttura uniformizzata, come ci fa capire la diffusione delle divise: individui tutti uguali pronti a combattere, a ricevere ordini, a sacrificarsi. Capitolo decimo: povertà, criminalità e controllo sociale Anche questo aspetto si connette col tema dell’accentramento, perché è lo stato che deve farsi carico di questa povertà, perché tende ad essere vicina alla criminalità, e va quindi a stimolare un controllo sociale. Il controllo sociale è stato molto importante per quanto riguarda l’età della Controriforma, con il fenomeno del disciplinamento, in cui la Chiesa e lo Stato hanno il comune interesse di controllare i sudditi e le coscienze dei fedeli. Fenomeni sociali come il pauperismo mettono alla prova questo controllo sociale. I poveri si formano nell’età moderna a causa, per esempio durante l’Inghilterra di Elisabetta I, di un effetto di un’economia sulla società che produce un impoverimento dei cittadini che vengono espulsi dalle campagne per una gestione più capitalistica dei possedimenti che fa sì che i contadini perdano quei diritti secolari sulle terre: la proprietà privata si fa più stringente, ci sono meno spazi per i ceti poveri di aver dei benefici dal territorio. Questo fenomeno di impoverimento dei contadini fa sì che questi si spostino verso le città come luogo di possibile riscatto economico: si crea un flusso di immigrazione quasi costante, i poveri sono attratti dalle città, e creano problemi in queste. La povertà può essere determinata anche da casi congiunturali, cioè da cattivi raccolti, da guerre. C’è anche una povertà strutturale, permanente, che è quella dei mendicanti, che sopravvivono con l’elemosina, oppure di anziani, donne sole, che vanno ad aumentare
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