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appunti dell'intero corso di metodologia della ricerca storico-artistica Prof. Savettieri, Appunti di Metodologia della ricerca

appunti dell'intero corso di metodologia della ricerca storico artistica (Prof Savettieri) dell'anno 2022-2023. Corso obbligatorio per gli studenti di lingue del terzo anno (curriculum C) e del primo anno di beni culturali

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 01/06/2023

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denise-speranza 🇮🇹

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Scarica appunti dell'intero corso di metodologia della ricerca storico-artistica Prof. Savettieri e più Appunti in PDF di Metodologia della ricerca solo su Docsity! Critica d’arte > legata alla fisionomia del critico, il critico ha un partito preso, non fa lo sforzo di comprendere ciò che non può comprendere Storia dell’arte > non si deve giudicare ma si deve comprendere linguaggi lontani da quelli a cui siamo abituati. lo storico dell’arte deve essere di mente aperta, deve studiare, comprendere e poi anche eventualmente apprezzare opere che al principio non erano di suo gusto. Deve capire la mentalità di opere, di epoche. Capacità di comprensione lucida di ciò che non ci appartiene. L’antropologo ha una funzione molto simile a quella dello storico, per le epoche più remote l’antropologo è fondamentale. Analisi visiva + contestualizzazione dell’opera. Imparare a vedere, a leggere, a comprendere. Le opere parlano un linguaggio che è lo stesso di quello scritto, chi insegna a capire questo linguaggio? Linguaggio espresso da forme, linee, spazio, luce da cui solo successivamente si può rapportare al contesto. Storicismo > comprensione storia dell’opera, legame col suo contesto. Herder, filosofo tedesco padre dello storicismo, dice che non si deve guardare gli egizi con gli occhi dei greci sennò non si arriverebbe mai ad apprezzarle o per lo meno a comprenderle. Guardare le opere con gli occhi dei contemporanei. Integrare la distanza che ci separa da quella determinata epoca per poterla analizzare. Cos’è l’opera d’arte > definizione molto ampia che varia in base alle epoche Il museo nasce nel 700, nel periodo illuminista, con la funzione educativa. METODOLOGIA DELLA RICERCA STORICO-ARTISTICA Analisi del titolo → Metodologia = la metodologa fa riferimento ai diversi modi attraverso cui si comprendono le opere d’arte, tuttavia, nonostante il fatto che disponiamo di più modi differenti, ci sono punti fermi. L’oggetto artistico è un qualcosa di complesso che molto spesso riguarda il passato e che va analizzato con diversi modi e diverse discipline. Ad esempio, il modo iconografico con cui possiamo analizzare una crocifissione (dire cosa rappresenta, il numero dei personaggi ecc.) non può essere d’aiuto per un quadro astratto per cui in questo caso abbiamo bisogno di altri strumenti. Ricerca = la storia dell’arte non è un sapere fisso ma si evolve e cambia continuamente, è una continua ricerca anche quando si parla di artisti molto noti. La ricerca può riguardare diversi aspetti di un’opera (data, significato) e corrisponde al lavoro di porsi delle domande, quante più domande ci facciamo su un’opera tanto più la conosceremo. Per questo è importante imparare a fare ricerca storico-artistica non imparare solo la storia dell’arte. Storico-artistica = l’opera d’arte è come un oggetto storico, è radicato in un contesto ben preciso. Bisogna avere il senso della distanza storica quando si osserva un’opera, l’oggetto storico va capito nella sua radicalità e diversità rispetto al nostro presente. Temi che analizzeremo → o Relatività storica del concetto d’arte > ogni epoca ha il suo concetto d’arte o Categorie culturali visive e interpretazioni d’arte > riflessione sul vedere dal punto di vista del pubblico e dell’artista dato che le opere sono un tipo linguaggio o Posterità dell’opera, concetto di “classico” > a seconda delle epoche e dei loro valori un artista può essere criticato o elogiato. Posterità significa il modo in cui viene visto l’artista dopo la sua morte o Iconografia e iconologia o Funzione dell’opera d’arte > per i secoli più remoti la funzione delle opere erano fondamentali, nell’arte contemporanea questo concetto si perde un po’. o Rapporti tra stile, tecnica, materiali o Nascita e sviluppo della storia dell’arte La storia dell’arte delle origini I primi esempi che abbiamo di arte sono le pitture rupestri dell’età preistorica. La storia vera e propria nasce in realtà con l’avvento della scrittura nel 3100 a.C. quando iniziano ad esserci documenti scritti e vede momenti di accelerazione ma il periodo della preistoria è comunque fondamentale perché molto ampio e soprattutto lento. Gli uomini e le donne dell’età preistorica erano in grado di disegnare, in questi tipi di pitture appaiono principalmente figure di animali che non vengono però rappresentati interamente ma segmentati e soprattutto ripetuti. • Tra le più antiche c’è la grotta di Chauvet, databile 32000-36000 anni fa. • Grotta di Lascaux 17000 anni fa dove appaiono pitture rupestri di tori. • Grotta di Niaux in Francia 13000 di anni fa con la raffigurazione di una gazzella e molte altre. Erano immagini destinate a pochi, facevano parte di riti propiziatori, dimensione performativa, immagini collegate a riti ai quali era collegata la dimensione ritmica della danza e della musica. Questo ce lo dimostra anche il fatto che si trovano lontano dall’entrata della grotta. Il mondo animale all’epoca era collegato all’attività della caccia che permetteva di vivere. La caccia a sua volta provocava una sensazione di paura perché poteva anche andare male cioè non riuscire a cacciare per sopravvivere. Nelle mentalità più remote dobbiamo pensare al prodotto artistico non come un qualcosa di pubblico, non era tutto pubblico come nella società di oggi perché esistevano funzioni diverse dell’arte. Il fatto che gli animali non erano interi ed erano ripetuti si lega all’idea che l’aspetto fondamentale era l’atto di fare l’immagine non tanto l’immagine in sé. Sono pitture che sono state collegate all’ipotesi magica: si disegnavano animali perché in un qualche modo disegnandoli si poteva avere un certo potere su di loro, era possibile cacciarli. Il pensiero magico significa fare delle azioni col pensiero che queste azioni possano influenzare la realtà, in questo modo l’umanità si rassicura > funzione dell’opera come rassicurazione, come permanenza nell’umanità. L’immagine serve all’uomo della preistoria per aggrapparsi a qualcosa che vede e che deve rifare, riprodurre per catturare, per pre-possedere e avere dominio sulla realtà. L’immagine anticipa ciò che avviene nella realtà. Non c’è idea di composizione e spazio, le immagini non valevano per sé stesse ma era più importante l’atto di fare immagine. Questa concezione dell’arte, della preistoria, non è il nostro modo di vedere arte, per noi questa non sarebbe arte ma non per questo allora non c’è valore artistico > relatività artistica. Il fine dell’artista paleolitico non è imitare la realtà ma fare un’azione che abbia effetto sulla realtà. Il concetto di mimesis è strettamente moderno e collegato alla volontà dell’artista di approcciarsi all’opera in modo puramente estetico. Nella preistoria non esiste ancora il concetto della consapevolezza d’artista che sa che sta facendo arte, disegnavano solo per avere un controllo sulla realtà. Si parla di artisti maschi o femmine, non si sa con certezza. Nell’800 si teorizza la società patriarcale e l’800 è anche l’epoca in cui abbiamo i primi studi sulla preistoria per questo molto spesso si parla di artisti uomini. Ma nelle epoche precedenti la donna non era centro del focolare domestico, nel 700 aveva potere. Il paleolitico è pieno di statuette ste.. cioè statuette nelle quali si accentuano caratteri sessuali femminili (seno, ventre, pube) ma anche l’acconciatura. L’archeologia ottocentesca le ha definite “venere” divinità greca successiva però al periodo preistorico. Già il titolo ci definisce la funzione cioè delle statuette di dee, dobbiamo però domandarci se veramente fosse così. La donna nella società preistorica aveva un valore uguale se non superiore a quello degli animali o della caccia. Erano società nomadi (a differenza del neolitico) e si pensava fossero matrilineari, le donne facevano figli con diversi uomini e venivano riconosciuti solo dalla madre, c’era molta fluidità. Gli scheletri delle donne mostravano ossa molto dure quindi molto probabilmente andavano anche a cacciare, non c’era Colossus/colossoi: non è detto fossero sculture colossali, potevano avere dimensioni ridotte. Non conosciamo la distinzione tra Kuroi e colossoi, entrambi manifestano un essere che non è nella nostra realtà fenomenica, ma in un mondo altrove. Vernart dice che I colossoi e I kuroi erano presenze-assenze perché erano la manifestazione di una persona che non faceva parte della realtà (un dio o defunto). Kuroi e colossoi non erano naturalistici, all’artista non interessa il realismo. Non è la rappresentazione di qualcosa, è la manifestazione/l’idolo nella realtà fenomenica di un essere (Dio o defunto) che appartiene ad un’altra sfera →ecco perché non devono essere naturalistici: perché sono manifestazioni di qualcosa che non c’è nella nostra realtà fenomenica, ma sta in un altro mondo. Sono pensieri magici. Per loro sono dei veri e propri doppi del defunto o dio, non una rappresentazione di questi. Ad un certo punto le cose cambiano però →arriviamo quindi all base della società occidentale: la Grecia classica e poi ellenistica. Ad un certo punto di Kuroi diventano sempre più naturalistici, realistici, dinamici e somiglianti. Ciò caratterizza solo la società occidentale. Perché si arriva una situazione più naturalistica? Intanto bisogna dire che il naturalismo non è migliore, superiore a quello che c’era prima. L’arte classica non è superiore al precedente. Significa semplicemente che c’è stato un cambiamento, ma quale è stata la causa? C’è da dire che quando la Grecia classica ed ellenistica è arrivata al naturalismo, gli egizi continuano con la loro rappresentazione antinaturalistica → l’arte è dettata dal luogo geografico, dal contesto, dalla cultura. Perché ad un certo punto ai greci classici viene in mente di realizzare i sostituti di defunti o divinità più simili all’uomo? È molto difficile dare una risposta. C’è però una evoluzione della religione greca che prevede che le divinità diventino sempre più simili agli uomini, hanno poteri sovrannaturali ma vengono descritti e si comportano come gli uomini. Antropomorfismo della religione greca che ha influenzato il modo di fare arte. Noi ci basiamo suo greco, la nostra base è greco-romana. L’uomo è fatto ad immagine e somiglianza di dio, ce lo dice la Bibbia. Anche noi siamo dentro all’antropomorfismo della divinità come I greci. VERNANT ci dice “dalla presentificazione dell’invisibile all’imitazione della apparenza”→ dall’idolo alla sembianza. Il concetto di mimesis viene ipotizzato per la prima volta, e non a caso, da un greco. Il concetto di imitazione nasce in Grecia, teorizzato da Aristotele e la vediamo applicata nell’arte. Doppio = manifestazione e non rappresentazione. La rappresentazione è assente nel periodo precedente a quello classico. Denuncia la sua appartenenza a un mondo diverso che non è quello dei vivi. Il kuros è concepito come una vera e propria sostituzione. Nel mentre la società greco-romana subisce un cambiamento nell’immagine artistica in senso naturalistico quella egizia rimane ferma. L’aspetto del progresso e cambiamento è tipico delle civiltà occidentali. Continuo trasformare dell’immagine a seconda delle necessità della civiltà. Progressivo passaggio dal VI VII al V IV verso una maggiore adesione al reale. Si vogliono vedere gli Dei simili agli umani. Forte aderenza all’antropomorfismo, è ciò che lega anche la religione greco-romana (politeista) a quella cristiana monoteista) > l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio. Ill compito di dio è quello di aderire sempre di più alla natura, si va verso la manifestazione e non rappresentazione > mimesis, concetto teorizzato da Aristotele. Aristotele teorizza che il riconoscere qualcosa di familiare anche se è brutto provoca una reazione. L’essenza dell’arte non consiste nella scelta di un soggetto bello o brutto ma nel modo di rappresentare. TARDA ANTICHITÁ Copia romana dell’Apollo del Belvedere e del Laocoonte. La Grecia viene conquistata da Roma ma in realtà è Roma ad essere conquistata. I romani prendono molto dalla cultura greca. Fanno venire artisti greci e collezionano anche opere greche molte delle quali in bronzo andate perdute che noi conosciamo solo attraverso copie romane in marmo. Tipico primo esempio di fortuna critica = quando un’opera è oggetto di attenzioni in un’epoca diversa da quella in cui è stata creata. Attenzione all’arte greco-classica da parte dei romani è un esempio di fortuna critica. I romani però la interpretano a modo loro. L’arte romana va verso la narrazione, naturalismo (gesta degli imperatori sulla colonna traiana) una scena dopo l’altra che danno il senso del flusso narrativo. Il naturalismo non è però una conquista definitiva: la narrazione continua lascia il posto nel tempo di Costantino e dopo (età tardoromana) a soluzioni paratattiche cioè disposizione di figure senza collegamenti (arco di Costantino). Si tratta di decadenza? Non sono capaci di rappresentarli in maniera naturalistica o non vogliono? Il naturalismo e l’arte greco-romana perdono importanza. Ci si avvia verso il medioevo. L’importante non è l’individuo ma l’universale, non la natura concreta ma l’idea di natura. Lo sguardo è rivolto verso il cielo e non verso la terra. Fino al tardo 800 il tardo antico è decadenza fino a quando lo storico dell’arte viennese Riegl scrive a inizio 900 “l’arte tardoromana” in cui spiega che l’arte tardoromana non ha la medesima intenzionalità dell’arte classica o antica > introduce per la prima volta il concetto di “Kunstwollen”. Ogni contesto ha una propria volontà artistica. La cultura elabora esigenze che prendono forma nelle opere d’arte che scaturiscono da una volontà artistica. La volontà artistica di un’artista romano è la natura, quella di un’artista tardoantico è l’approccio di ottica. Non interessa la verosimiglianza ma l’alternanza ritmica dei pieni e dei vuoti. Paratassi non è sinonimo di incapacità. Ottica perché visto da lontano trasmette ritmo, che è in questo contesto l’obiettivo principale. Il concetto di Kunstwollen serve a evitare pregiudizi che l’arte non naturalistica sia decadente. “Ogni epoca esprime una sua visione particolare che non è assimilabile alle altre: dunque non esistono epoche di decadenza ma epoche diverse” > Riegl. Ogni epoca ha la sua ragion d’essere, il concetto di decadenza è una costruzione critica del rinascimento ma non ha riscontri nel reale. Herder fondatore dello storicismo > approccio storicista è quell’approccio che ci permette di capire le manifestazioni culturali nel loro contesto specifico. È il presupposto di Riegl. “Ogni epoca va valutata secondo i suoi principi”. Secondo anche il modo di vedere di quell’epoca. Winckelmann definisce l’arte classica come perfetta. Herder si rivolge a lui dicendogli che non è possibile vedere gli egizi con gli occhi dei greci. Dall’approccio storicista ci si può collegare al concetto di volontà artistica e capire la volontà di ogni contesto. L’opposto simmetrico di decadenza è il progresso dell’arte > concetti connessi, entrambi costruzioni critiche del 300 toscano. Abbandonati solo alla fine dell’800. Debray dice: il fatto che ci fossero artisti non significa che esistesse una nozione d’arte. Per secoli dalla preistoria all’antichità al medioevo l’artista era un artigiano, non un intellettuale. Creva oggetti che servivano alla società. La nozione di arte per la quale l’artista diventa artista nasce nel 400 fiorentino. L’origine in realtà è nel 300 intorno alla figura di Giotto. Per questo motivo la storiografia artistica, l’inizio di idea di storia dellì’arte edi trattati su di essa avviene in Toscana > il culmine infatti è costituito da Vasari. Questo ha fatto si che la toscana fosse al centro di dibattiti artistici e mettere in disparte altre aree. Nell’antichità e nel medioevo i trattati erano tecnici o biografie di artisti con aneddoti (Plinio). A partire dal 300/400 si comincia a scrivere di arte come qualcosa che ha una sua dignità. Trattati storici o teorici sono legati alla cultura toscana. Nonostante ciò, ci sono stati artisti nel medioevo che hanno avuto una loro significato ma sempre legati all’attività professionale, al mestiere. Per questo nell’antichità e nel medioevo si sottolinea sempre la differenza di arti meccaniche e liberali. Le arti come le intendiamo noi (pittura, scultura) erano considerate meccaniche > l’artista era l’artigiano che produceva prodotti con le mani. Le arti liberali erano quelle più prettamente scientifiche. Poesia e musica (legate alla retorica quindi all’arte della parola) rientravano nelle liberali. Scissione che provoca tantissime conseguenze per la rivendicazione intellettuale delle arti visive. Nel 400 come modello si prende quello scientifico, con Leon Battista Alberti sussistono i due modelli. C’è sia un lato scientifico che liberale. Nel 500 il modello è quello della poesia. Il voler far apparire pittura e scultura come poesia e aritmetica > rivendicazione intellettuale. Ma allo stesso tempo svalutazione della dimensione visiva e sopravvento di quella della parola. Medioevo > persiste una visione magica delle immagini, immagini fatte da mani divine per questo ritenute miracolose e in grado di agire sulla realtà. L’artista era colui che fabbricava immagini che servivano per il culto, per tenere unita la società attorno alla dimensione religiosa fondamentale per quest’epoca. L’arte tardoantica e medievale sembra prediligere la luce (trionfo dell’oreficeria, smalti, sfondi oro, mosaici, vetrate) = volontà artistica. Disinteresse invece per spazio, anatomia e verosimiglianza. La luce potrebbe essere simbolo di luce divina ma dobbiamo trovare conferma di ciò. Descrizione dell’abate Suger di Saint Denis per contestualizzare e capire effettivamente la mentalità medievale nei confronti della luce = i prodotti dell’arte medievale servivano a trasportare lo spettatore, che era fedele, in una dimensione lontana da quella terrestre, dimensione spirituale. Per questo obiettivo era impensabile che l’artista dell’epoca si potesse interessare al dato naturalistico. Versetti incisi sulla porta in bronzo dorato della cattedrale = la luce che risplende e illumina, porta alla luce spirituale. La luce materiale è metafora di quella spirituale ed è capace di condurcelo. Cristo come colui che ci apre la porta di questa dimensione. Il naturalismo non deve essere un criterio di valutazione dell’arte. Per molto tempo l’arte è stata definita come imitazione della natura per questo Disegno di architetto piccardo Villard de Honnecourt = non parte dal concreto ma dall’astratto. Parte da figure geometriche precostituite e da lì crea forme che però non hanno corrispondenze con la realtà. questo perché lo sguardo è rivolto verso l’alto. Ad un certo punto nell’800, soggetto al cambiamento, ritorna un nuovo interesse per il naturale. Si concepiscono le figure sacre in una maniera più umanizzata. Le storie bibliche volevano diventare più umane. Questo avviene nel tardo 200 e soprattutto nel 300 caratterizzato dalla riscoperta del dato naturale. Una spinta viene data da Federico II di Svevia rilancia l’idea di impero, rifacendosi a quello romano quindi tutti gli artisti attorno a lui vanno a rivedere l’arte romana. Nicola Pisano, formatosi nel periodo federiciano, lancia questo nuovo modo di vedere l’arte. Nicola pisano è firmato nei primi documenti Nicola de a Puglia, si pensa che si sia formato in Puglia alla corte di Federico II e poi traferito a Pisa. La visione rivolta verso l’alto, astratto, universalizzazione ha quindi un cambio di rotta per la volontà di vedere la storia sacra come più a contatto con l’uomo. La paratassi lascia il posto a una forma di sintassi, di collegamento delle figure. Pulpito di Pisa = Madonna che si scosta per reazione all’angelo che si avvicina. La ripresa del naturalismo è il presupposto della rivendicazione intellettuale del ruolo di arte e quindi di una visione diversa da quella arte = artigianato. Giovanni Pisano spinge il naturalismo del padre in una chiave espressiva e dinamica. La scultura si anima di tensioni quasi tragiche > strage degli innocenti del pulpito di Siena ma anche le statue per la facciata del Duomo (sibille). Il caricamento del dato espressivo è il tentativo di avvicinamento all’umano. L’umanizzazione raggiunge il culmine co l’introduzione di nuove iconografie: madonna col bambino, dialogo tra i due. Madonna come madre. Enrico Castelnuovo in “Arte delle città, Arte delle corti” sottolinea la novità di un gesto di Giovanni Pisano > nel pulpito di Pisa, Giovanni fa qualcosa di innovativo, che nessuno aveva mai fatto: nelle iscrizioni l’artista prende la parola e difende la bontà del suo operato, lo fa perché è consapevole di essere qualcosa di più di un artigiano > spia di un cambiamento in corso. L’artista si mette in primo piano. L’idea dell’artista capace di realizzare il mondo nella sua verosimiglianza consente la creazione del termine di rinascita (e quindi anche della nascita di quello di decadenza) che avviene con Giotto. La svolta avviene con Giotto non con Giovanni Pisano perché c’è tutta una tradizione (che comprende anche Petrarca e Boccaccio) che affidano a lui questo ruolo. Affreschi con storie di San Francesco della Basilica Superiore di Assisi > scena del presepio (forma di umanizzazione) organizzato al di là della zona dell’altare. Da dietro di vede il pulpito e la croce lignea. Realizzazione sconvolgente di uno spazio verisimile, con un vero scopo dimostrativo perché si vuole mostrare la complessità di una croce vista da dietro (quasi di solito veniva vista da davanti). • Sacrestia Vecchia > spazio quadrato dove la pietra grigia va a delimitare in maniera precisa lo spazio. La cupola è misurata in spicchi. Idea della misurabilità > se misuro domino. L’esigenza di dominare la realtà si sviluppa in diverse dimensioni: questa necessità nella dimensione rappresentativa va di pari passo con l’affermazione della società mercantile > per i mercanti è fondamentale misurare. Oltre all’idea di misurabilità, la prospettiva permette l’unione di tutti gli elementi. Approccio spaziale unitario perché tutti gli elementi rispondono alla stessa legge prospettiva > differenza tra paratassi e ipotassi Confronto tra le due formelle per il concorso della porta del battistero Nella formella di Brunelleschi, l’episodio del sacrificio è al centro anche nella sua drammaticità con un gioco di gesti e movimenti tutti collegati tra loro. Brunelleschi è più radicale nonostante ci sia comunque l’antico. Ghiberti è più decorativo, più tardogotico (preziosità, enumerazione, mancanza di unità, folle di figure, interesse per i dettagli). Masaccio romperà in maniera definitiva col tardogotico, eliminerà tutti gli elementi decorativi perché l’interesse è l’umanità e la sobrietà (Tributo). Il tardogotico è contemporaneo a Masaccio e in alcuni casi anche successivi. L’esigenza di unità e misura si capisce solo in rapporto ad altro, rispetto al contesto (cosa c’è prima e durante), facendo un confronto che ci permette di comprendere le differenze. Attraverso le differenze si capisce la radicalità dei singoli artisti. Trinità Progressione dalla dimensione terrena mortale (scheletro in basso, più vicino allo spettatore) alla dimensione spirituale. Iconografia di Dio padre che sorregge la croce esisteva già, è un dogma perché non si può spiegare perché Dio è uno in tre viene però inserito in uno spazio umano. Rimane però l’antichità: contrasto frontalità del dogma, della rappresentazione della fede (Dio e croce in contrasto con la visione prospettiva dello spazio. Il mistero della fede non è possi8bile rappresentalo secondo le regole prospettiche perché queste riportano al modo di guardare dell’uomo. Composizione come scienza e retorica > modello scientifico-prospettico e retorico-ciceroniano Attraverso la prospettiva si può affermare che le arti visive sono arti liberali perché sono delle scienze. Pittura come modello scientifico per rappresentare la realtà. Leon Battista Alberti quando arriva a Firenze si rende conto di essere di fronte a qualcosa di innovativo e scriverà scientifici su Brunelleschi, Leonardo e Masaccio. L’origine c’era stata con le parole di Petrarca e Boccaccio, questi artisti hanno solo applicato delle regole matematiche. Leon Battista Alberti nel terzo libro in cui parla di come l’artista deve comporre fa però un paragone tra discorso figurativo e discorso verbale. Quindi non vede la pittura esclusivamente come modello scientifico. La composizione pittorica deve essere organizzata come il discorso retorico poetico di modello ciceroniano classico legato quindi al linguaggio verbale. Somiglianza tra modello di cicerone (tutto collegato dalle regole della sintassi latina) e rappresentazione spaziale-prospettica perché ritorna l’idea di unità compositiva > tutto ciò va contro Gotico internazionale dove l’interesse era tutt’altro. Quando Leon Battista Alberti parla di composizione non cita Masaccio bensì Giotto, anche gli stessi artisti rinascimentali erano consapevoli che il punto di partenza era Giotto. Parla di una sua opera andata perduta di cui abbiamo ora solo delle copie. Il modello ciceroniano è quello ripristinato dall’umanesimo > connessione tra rinascimento artistico e umanesimo nella figura di Leon Battista Alberti a riprova ancora dell’affermazione intellettuale dell’artista. Alberti dice che nella composizione ci deve essere varietà (tipica del tardogotico) ma non la copia cioè abbondanza > “la varietà deve essere misurata e grave”. Arte fiamminga e arte italiana rinascimentale Il gotico internazionale viene interpretato nelle Fiandre e in Italia in modo diverso. Nei fiamminghi c’è lo stesso il tentativo di approcciarsi alla realtà e di mettere al centro l’uomo ma in modo diverso. Principalmente attraverso colori e luce > ricerca di una verità ottica negli effetti di luce. Volontà di rappresentare quanta più realtà possibile. L’approccio è quindi rialzato o “a volo d’uccello” (questo si vede molto nei paesaggi). Il linguaggio visivo ha una sua concretezza rispetto al carattere più astratto del linguaggio verbale > l’affermazione: “nel 400 c’è una riconquista del mondo reale” si traduce nel linguaggio visivo in diversi modi. Dalla metà del 400 le due visioni si fondono, non dobbiamo quindi considerare i due approcci a sé perché le culture non sono mai separate. La cultura italiana e fiamminga si influenzano a vicenda a un certo punto (Antonello da Messina parte da una cultura fiamminga poi si approccia a quella prospettica per poi fonderle). Van Eyck > i coniugi Arnolfini 1434. Effetto materico nella pelliccia, specchio, lampadario. Lo specchio è un oggetto molto presente nella pittura fiamminga. Moltiplicatore di realtà e dei punti di vista, rientra nell’approccio fiammingo di inglobare quanta più realtà possibile. Dallo specchio riusciamo a vedere i testimoni e la porta che stanno davanti ai coniugi e senza il quale non potremo vederli. Specchio convesso > superficie bombata verso l’esterno, crea quindi un effetto di dilatazione. È sempre l’approccio fiammingo: dilatare quindi creare spazio e far vedere tante cose. Firma che ci dice che l’artista è presente e probabilmente è uno dei testimoni > è come un autoritratto nascosto. L’arte fiamminga ha una significativa influenza nel meridione italiano < Renato d’Angiò porta con sé diversi artisti fiamminghi a Napoli. Dopo viene Alfonso d’Aragona ma anche in Spagna la pittura era fiamminga solo spagnolizzata. Inoltre, gli Aragona erano collezionisti di opere fiamminghi, molte delle quali con rappresentazioni di specchi. Brano di Matteo Colacio umanista calabrese che si trova a operare a Padova 1475 > lode della prospettiva. L’arte prospettica è conoscenza della realtà quindi scienza. Parla delle tarsie prospettiche del coro del Duomo di Modena di Lorenzo e Cristoforo Canozi da Lendinara. Le tarsie sono intarsi di legni di colori diversi che nel 400 assumono un aspetto prospettico. Rappresentano finti stipetti che si aprono che permettono di osservare un libro aperto o uno strumento musicale che viene in fuori, tutto basato su scorci prospettici. La lode si divide in due parti: un proemio in cui cita artisti che si sono distinti per la prospettiva nell’area veneta. La seconda parte riguarda l’elogio delle tarsie. Si tratta di una mimesis all’ennesima potenza: le tarsie sono in legno e imitano stipetti in legno. “voi siete straordinari interpreti della natura non solo rappresentandola ma anche comprendendola”. > l’arte non è più meccanica, non è copia perché l’artista comprende, è conoscenza del mondo. Attraverso la prospettiva gli artisti comprendono la natura: forme, fattezze, misure. Arte come conoscenza della realtà. Rivendicazione delle arti visive come scienze Importanza dello scavo nella ricerca metodologica per andare a fondo e capire come vengono elogiati, stranamente potremmo pensare, dei tarsiatori e non solo Brunelleschi. Leonardo da Vinci L’artista che esprime al meglio d’idea di arte come scienza è Leonardo, per lui il disegno è un modo per conoscere il mondo, l’occhio è lo strumento conoscitivo per questo critica la poesia. Grande artista osservatore dei fenomeni reali. Dopo il modello scientifico lascerà il posto a quello retorico-poetico. Leonardo è un grande rivendicatore del ruolo intellettuale della pittura. Trattato sulla pittura Primo frammento> la pittura come unione di intellettualità e manualità. Non disdegna quindi la manualità. Leonardo intuisce che le arti visive sono il risultato di speculazione intellettuale che si realizza attraverso il gesto artistico. Secondo frammento> si nota l’incoerenza. È molto polemico su chi pensa che altre arti (matematica, geometria) siano superiori per questo accentua molto di più la parte intellettuale e disdegna quella manuale in realtà è ben consapevole come l’ideazione deve per forza trasformarsi attraverso la manualità per poter essere conosciuta. La polemica di Leonardo non riguarda solo le arti liberali ma anche nei confronti della scultura che gli appare troppo materiale. la pittura si basa sull’occhio la scultura sulla mano (non vero). Le polemiche anticipano un dibattito che ci sarà negli anni 40 del 500 su quale sia l’arte superiore tra pittura e scultura. Benedetto Vacchi fece una sorta di inchiesta e lo chiese a diversi pittori e scultori. Leonardo, studi di panneggio fatti su tela. Esperimenti sugli effetti plastici di alcuni tessuti generati dalla luce. Linguaggio visivo come modalità per esplorare il mondo visivo. 500 Il modello scientifico perde potere e prende il sopravvento quello teorico-letterario. Il rinascimento maturo fa tesoro delle scoperte scientifiche ma allo stesso tempo prende le distanze da ciò che era avvenuto nel primo rinascimento. Nel 500 gli artisti si muovono con maggior libertà. Vasari definisce la terza età “maniera moderna” > caratteristica che distingue gli artisti del 500 da quelli del 400. All’apice dello sviluppo della storia dell’arte come biografia d’artista che inizia con Giotto, c’è Vasari. Vasari nota una differenza nel passaggio dal 400 al 500. Capacità dell’artista del 500 di dominare così bene le regole (della seconda età) da poterne anche fare a meno e superarle. Confronto tra Perugino (400) e Raffaello (500). Edificio allontanato quindi incombe meno, senso di maggiore spazialità. Domina la prospettiva, mette le figure su un arco di circonferenza per questo crea più naturalezza, più movimento. Il copricapo storto del sacerdote rompe con la simmetria che non crea disordine ma varietà. In una rappresentazione bilanciata e perfetta rompe con la simmetria per dare naturalezza, possiede talmente bene le regole che le supera. Idea di scioltezza, naturalezza (sprezzatura di Baldassari ripresa da Vasari come licenza). Importanza di Vasari del viaggio a Roma e del disegno, fonda infatti la prima Accademia: accademia delle arti e del disegno nel 1563. Primato della teoria sulla prassi nelle Accademie • Accademia = obiettivo didattico, sostituisce le corporazioni artistiche cioè le associazioni artigianali di artisti. L’accademia, quindi, rivendica il ruolo liberale dell’arte. • Tutte le accademie da Vasari in poi sottolineano l’importanza del disegno (piuttosto che il colore). Il disegno è considerato legato alla parte intellettuale della produzione dell’arte, attraverso il disegno si visualizza l’idea cioè il soggetto > rapporto disegno-soggetto. Questo provoca tra la fine del 500 e l’inizio del 600 la radicazione della gerarchia dei generi (che dura per tutto il periodo moderno). Il lato intellettuale si collega al soggetto, nelle accademie si esalta tutto ciò che è intellettuale quindi disegno e soggetto mentre si sottovaluta il colore e anche generi minori come: scene di genere, nature morte e paesaggi. • Motivo economico > i dipinti storici valgono di più sul mercato. • Primato della teoria sulla prassi > nelle accademie si fa la teoria. • Connubio forte tra accademia e potere (mediceo, francese, papale). Chi è dentro l’accademia riceve le commissioni da chi è al potere. • Oggettività dell’insegnamento dell’arte = idea che l’arte si possa insegnare secondo principi immutabili. Indipendentemente dalle capacità individuali tutto devono sottostare allo stesso corso di studio. Non c’è l’idea di sviluppare le peculiarità, il talento di ogni artista. Nell’atelier di un artista neoclassico, David, che si fa strada un modo diverso di insegnare. Non costringeva gli allievi a fare tutto. Il prezzo della definizione di arti come facoltà intellettuale è la svalutazione di tutta un’altra grande parte della produzione artistica. Per secoli la dottrina accademica ha dominato sulla valutazione dell’arte. In un certo momento nella storia dell’accademia di Francia ci sarà una querelle del colore e del disegno, si conclude negli anni 90 del 600 con la vittoria del disegno. Con il colore si vuole prediligere il lato piacevole, sensuale della pittura > siamo agli albori del Rococò il cui obiettivo non è più illudere ma suscitare delle paesaggio uniforme se non consideriamo che attraverso la contestualizzazione le cose che appaiono similari sono invece diverse e distanti. Il classico può essere la cultura greco-romana, quella classicista è quella che si ispira alla cultura classica. I classici dell’arte sono gli artisti canone, quelli che sono rimasti nella storia perché tanto importanti. Artisti canonizzati dalla storia, da una fortuna critica consolidata. Al momento di studiarli è importante capire al loro tempo raramente erano dei classici, è raro che esistano classici contemporanei, per diventare un classico serve una certa distanza storica. Avanzare regredendo > modernità e primitivismo Senso di inadeguatezza dell’artista moderno. Cosa si intende con modernità? Se prendiamo la scansione storico-artistica l’arte e l’età moderna va dalla fine del 400 fino alla Rivoluzione francese. Modernità = situazione culturale, politica sociale ed economica che viene a radicarsi in Europa e America a partire dalla seconda metà del 700 quando si verifica la prima rivoluzione industriale, agglomeramento di grosse quantità di pop nelle future metropoli, antropizzazione del paesaggio sempre più avanzata. Varie trasformazioni sulle quali si basa la nostra contemporaneità. Parallelamente c’è una rivendicazione di diritti. In questi cambiamenti tra 700 e 800 il ruolo dell’artista (che abbiamo seguito fino all’accademia) diventa problematico. Si autonomizzano, immettono le opere nel mercato. Il peso delle commissioni diventa sempre meno importante. Chi ha il potere non è interessato all’arte, non si vuole più mostrare la propria grandiosità attraverso l’arte. Per questo è tipico il senso dell’inadeguatezza. Baudlere > solitudine dell’artista. artista come un uccello che non riesce a volare. L’inadeguatezza provoca una nostalgia per ciò che si è perso. Perdita del ruolo cruciale che l’artista aveva nella società, maggiore spiritualità che il mondo ha perso. Gli artisti quindi si proiettano in epoche non attuali, proiezioni che possono essere temporali (medioevo) o spaziale (esotico). L’inattualità è tipica della modernità. Artisti che ricercano la visualità di epoche o luoghi distanti perché non stanno bene nell’attualità. Ovviamente non è un atteggiamento tipico di tutti gli artisti moderni, non si può generalizzare ma esistono entrambi i filoni (fuggo o mi radico nel presente). Tuttavia, il lato più esplorato nel pubblico è quello del primitivismo = atteggiamento per cui ci si proietta in luoghi più primitivi perché l’industrializzazione è considerata negativa, ha fatto perdere la capacità di creare, hanno bloccato la capacità poetica. Da qui si capisce ancora meglio la definizione di Kleir. Il filone primitivista ci insegna che non possiamo ammettere l’idea di arte nella chiave vasariana di progresso. Ci sono contesti e artisti che non vogliono progredire ma regredire. “Avanzare regredendo” (titolo del corso del professore della prof). L’evoluzione dell’arte non è lineare ma fa continui salti indietro. Temporalità dell’arte è stratificata, con intermittenze e non fluida. In un mondo mercificato cisi chiude nell’arte che viene sacralizzata perché è l’unica cosa a cui ci si può appigliare > tendenza dell’arte nell’arte. Suicidio di … come senso di fallimento e disadattamento, vive in un contesto che non sente suo. Gauguin come artista primitivista Esigenza di fuga dall’occidente, cioè dalla metropoli di Parigi. Fase bretone, si spinge in zone della Franca distanti dalla modernità di Parigi Va alla ricerca del primitivo, qualcosa più spirituale, che evochi l’opposto della società mercificata. Il Calvario > ispirato ai calvari bretoni, arte sacra. Lettera a Van Gogh dove spiega cosa cerca con questo quadro. Religiosità primitiva come esigenza di spiritualità (non è la religione cristiana), valori diversi rispetto a quelli che dominano nella società. A un certo punto non ne può più e va a Taiti. Esigenza di ispirarsi a forme d’arte primitive (egizi > impostazione paratattica, gli piace tutto ciò che viene prima l’arte classica). Trovare ispirazione in un ambiente completamente diverso rispetto all’occidente. I viaggi alimentano la sua arte. Rinnegare la civiltà occidentale va a rinnegare le grandi conquiste del rinascimento e ancora prima dell’arte antica. Tutto ciò che fa parte della cultura accademica (da Giotto al neoclassicismo accademico 800esco) è considerato l’emblema di un occidente troppo complicato, poco spontaneo. Nel caso di Goguen, il diverso da cui prende ispirazione sono i calvari bretoni, l’arte medievale, quella egizia. Basta che non sia arte classica e illusionista (da Giotto). La visione dell’artista positivista è quella della semplificazione, della sintesi l’arte positivista tende a semplificare la rappresentazione (non interessano i chiaroscuri né i volumi) alimenta quindi le grandi trasformazioni del 900. L’esigenza di semplificazione viene attribuito al tardo 800 (simbolismo > Serat). Invece l’esigenza di tabula rasa risale a prima cioè nel neoclassicismo (fine 700) e nasce come reazione al barocco e al rococò e arriva a risultati sconvolgenti. Dell’antichità classica questi artisti vanno a vedere la pittura vascolare, proto-classica, arcaica dove le figure sono disposte in maniera paratattica. Ritorno all’antico ma che si spinge a una semplificazione tale che con dal punto divista 800 e 900cesco appare stravolgente. Flaxman, “incisioni per le coefore di Eschilo” > artista britannico a cavallo tra 700 e 800, si specializza in incisioni, illustrazioni di opere letterarie quali le tragedie greche e la Divina Commedia. Vede una somiglianza tra la semplificazione dell’arte medievale e quella dell’arte antica. Nel neoclassico quindi si semplifica l’arte antica fino ai minimi termini. L’artista abolisce lo spazio, il chiaroscuro e riduce la rappresentazione al disegno come pura linea di contorno. A interessare è il ritmo delle figure non lo spazio, lo scorcio o la profondità. Riprendiamo l’opera di Flaxman, incisione per le “coefore” di Eschilo. —> Incisione paratattica e semplificata, è come se si volesse tornare all’origine dell’arte. C’è un aspetto dell’illuminismo e della cultura neoclassica che è quello di un sognare di ritornare all’origine. è l’epoca in cui si riflette sulle origini del linguaggio (Rousseau). C’è una volontà di tabula rasa, che poi la Rivoluzione francese attuerà in modo violento e radicale. Outline drawing è la tecnica usata da Flaxman per le sue incisioni, è un disegno ridotto al contorno (no spazio, non prospettiva, no volume, no tridimensionalità, no ombre) > si vuole tornare al disegno, il quale è puro elemento mentale. In queste incisioni c’è una forte componente anti-illusionistica. Questo tipo di rappresentazione è anti-illusionistica in tutti i sensi perché eliminare del tutto il chiaroscuro significa sottrarre la forma/l’oggetto dalla condizione fenomenica di trovarsi in uno spazio. Se io tolgo il chiaro scuro voglio sottrarre l’oggetto dalla sua condizione fenomenica e l’oggetto ritorna ad essere un concetto (cosa che era tipica del medioevo) —> non a caso in questa epoca si riscopre il medio evo. Il medio evo è stato ricoperto da intellettuali di età neoclassica, i quali in una polemica antibarocca, urlano semplicità, sobrietà. Contrappongono all’illusionismo barocco un’arte molto idealizzata e radicale. È l’illuminismo neoclassico che riscopre il medio evo perché ricercano semplicità e sobrietà e le ritrovano lì. All’inizio L’arte medievale viene vista in modo diverso da Vasari, gli appare troppo semplificata e quindi rozza. Per lui i medievali erano incapaci di rappresentare la realtà. Poi a Fine 700 e inizio 800, la semplicità medievale viene lette in modo positivo. Basta questo movimento continuo, falsità e horror vacui dell’arte barocca. L’arte barocca è vista come falsa dagli artisti neoclassici, perché per loro l’arte barocca illude. Nell’illuminismo si definisce la sfera dell’arte come autonoma dalla realtà: l’arte non può illudere perché essa è separata dalla realtà. L’arte non può confondere i due piani di arte e realtà, perché ora si capisce che essi sono due piani diversi. Si delinea per la prima volta autonomia dell’arte. L’arte neoclassica aspira ad una forma di purezza, meno artificiosa, semplicità, ingenuità, origine. Il barocco era visto come troppo artificioso. Il concetto di ingenuità è un concetto moderno: Leopardi e Foscolo parlano di ingenuità perdita. C’è un peso della tradizione che è troppo forte e l’artista deve sbarazzarsene. Nel neoclassico si ritorna all’antico in chiave antibarocca—> è una prima forma di primitivismo Il romanticismo poi successivamente sarà antiaccademico (Non lo chiede all’esame) —> Umbert de superville, artista neoclassico che disegna opere di arte medievale per conto di un signore francese. Il signore francese decide di fare una storia dell’arte dalla caduta dell’Impero romano fino al rinascimento. Il signore francese dice che “il meglio è l’arte antica, io mi occupo di decadenza” > quindi l’arte dalla fine dell’Impero romano fino al rinascimento è decadenza per lui. A lui non piace l’arte medievale però si sente nella necessità di documentarla perché la storia dell’arte non fa salti. Quindi chiede ad alcuni disegnatori neoclassici (tra cui superville) di realizzare opere dalla caduta dell’impero al rinascimento. Ma loro sono disegnatori neoclassici, e man mano che rappresentano opere medievali si appassionano della loro semplicità e purezza. Come si collega questo discorso con il vedere? Il vedere esprime delle esigenze e il vedere può variare e avvicinarsi ad epoche passate e non contemporanee. Se io sono disturbato dall’arte che mi è contemporanea, vado a cercare tutto ciò che è diverso (i neoclassici vanno a guardare la pittura vascolare perché provano disgusto per il barocco contemporaneo). Il vedere è disturbato da ciò che è contemporaneo e cerca qualcosa del passato che gli dia piacere. I contemporanei vedono in Flaxman un modo di espressione che a loro piace e in cui si rispecchiano. Abbiamo quindi autori come blake. La processione al calvario,blake : la sua composizione è organizzata per verticali e orizzontali soltanto (no curve, no prospettiva, no profondità) Anche goya prenderà ad esempio flaxman.. tre figure incappucciate, goya—> La profondità delle figure è ridotta a delle linee Possiamo parlare anche degli artisti alternativi. Parliamo allora di un gruppo di artisti allievi di jaques-luis-david (era un giabocino, divento il braccio destro di Robespierre. Verrà arrestato quando robespierre decade). In prigione David comincia a pensare a un dipinto in cui esprima una sua maturazione politica ed estetica. Fatta a sue spese, ma aveva pochi soldi. Allora pensa bene di esporla a Louvre a pagamento —> gesto di grande modernità e autonomia dell’artista. Con il ricavato david avrebbe potuto pagare l’opera fatta a sue spese. L’opera in questione è Le sabine (1799) > la protagonista è una donna, che blocca la battaglia tra i Sabini e i romani. I romani avevano rapito le Sabine e fatto figli con le Sabine; quindi, era una lotta fratricida quella tra Sabini e romani. La donna si interpone tra Romolo (capo romano) e Tazio (capo dei Sabini) > la donna assume un ruolo attivo. David dice basta alle lotte fratricide (nel suo caso della Rivoluzione francese), è il momento della conciliazione. Non è un dipinto caravaggesco: David vuole essere greco qui, guardava maggiormente all’arte greca VS Il giuramento degli Orazi: gli uomini vestiti a battaglia al centro del dipinto, le donne di lato che piangono, sono passive. David vuole essere più romani, guarda all’arte romana. È un dipinto caravaggesco. Un gruppo di allievi di David si ribella a lui, proprio mentre sta realizzando le Sabine. Gli rimproverano si non essere abbastanza greco,arcaico. Organizzano una sorta di secessione, si allontanano dall’ atelier di David, abbandonano Parigi e vanno in collina. Qui vivono una vita monastica, si vestono all’antica e si fanno crescere la barba come i filosofi antichi. Andavano in giro in questo modo. Errano vegetariani e facevano pratiche misticheggianti—> erano alternativi, si volevano distaccare dalla società. Segnalano una propria inadeguatezza alla società è una volontà di cambiare. Questo gruppo si faceva chiamare “barbus” (barbuti) o “primitif” —> primo gruppo che si dichiara primitivista nella storia dell’arte. dripping > far gocciolare il colore sulla tela. l’intenzione c’è cioè il modo in cui si deve muovere sulla tela, la casualità si lega al gocciolamento del colore. L’inizio di Pollock è surrealista ed è possibile che la libertà di movimento di pennello di Monet gli abbia fatto scattare qualcosa ma non dobbiamo leggere Pollock in termini di Monet perché non si capirebbe per niente Monet. Cos’è l’arte? cosa fa l’artista? 1.Rappresentare la natura? Fino a che punto è possibile definire l’arte come rappresentazione della natura. La mimesis apre la sua strada con l’arte greco-classica e poi trova la sua definizione nel concetto aristotelico. Come dobbiamo concepire la parola rappresentazione e natura? Per Van Eyck, tutti i fiamminghi, Giotto, Masaccio l’arte è rappresentazione della natura. Whistler, contemporaneo di Monet anche se non impressionista. Opera tra Londra e Parigi negli anni 60- 70-80 “notturno in nero e oro” “sinfonia in bianco” “raccordo”. Tutti titoli che rimandano alla musica. Non si può dire che l’artista vuole rappresentare la natura perché non è riconoscibile nulla nel dipinto. L’arte per lui è un accordo tra colori. Rastin (preraffeolito) di un dipinto di Whistler dice che prendeva un barattolo di colore e lo buttava sulla tela e che questo non era arte. Whistler lo attacca dal punto di vista legale per diffamazione, prende vita un processo a cui Rastin non va ma manda un altro raffeilita. Processo che vede contrapposto arte come … e arte come pura forma indipendente da religione e morale. Ci sono delle fasi dell’arte in cui artisti hanno rinnegato l’arte come rappresentazione della natura. La definizione, quindi, va bene per un determinato ambito ma non per altri. Se la rappresentazione non la intendiamo come equivalente tra natura e arte ma come interpretazione della realtà allora potrebbe ritornarci utile la definizione. I titoli musicali sono importanti perché lo spettatore si aspetta un soggetto ma nel titolo non c’è. 2.Rappresentare il bello? Cos’è il bello? Armonia, piacevolezza? Per Canova, Raffaello sì. Per gli espressionisti, Picasso, Goya, Dubuffet (artista primitivista) però l’arte non può essere definita come rappresentazione del bello nel significato di armonia e piacevolezza. L’equilibrio e l’armonia erano obiettivi di alcuni artisti ma non per tutti, dire che l’arte è rappresentazione del bello presuppone una cancellazione di una grossa quantità d’arte. Perché allora vedendo l’Urlo di Munch o il Guernica che non mirano al bello la reazione è “che bello!”. È bello ciò che riesce a esprimere qualcosa di efficace, l’espressione visiva riesce a veicolarmi un messaggio efficace, comprensibile. Non sempre l’espressione artistica ha come soggetto l’armonia ma anche la disarmonia, in qualunque caso è bello perché suscita qualcosa. 3.Commuovere? Talvolta si confonde l’effetto di un’opera con la sua essenza. Siccome un’opera mi commuove allora mi emoziona. La commozione, come il bello, è qualcosa di soggettivo, non può essere il criterio per cui io mi approccio all’opera d’arte. altra cosa è dire che l’artista vuole esprimere emozioni e suscitarle nel pubblico. L’espressione di un’emozione non è l’emozione. Le emozioni in sé non sono un fattore artistico perché tutti le provano. L’opera è una formalizzazione, messa in forma dell’emozione, attraverso delle forme si esprime un’emozione ma non l’emozione stessa. Ci sono artisti che hanno sottolineato la dimensione patetica, emotiva di un’opera. Pittore fiammingo > espressione del dolore che si verifica nella mimica facciale e nella rimica tra il corpo di Cristo e quello della Vergine. Si vuole esprimere compassione, il dolore atroce della Vergine dopo la morte del figlio. Braccio teso in basso per esprimere il dolore si ritroverà in tantissimi artisti. Forma efficace di espressione della morte cioè del corpo senza vita che pesa. Contorsione delle braccia della Maddalena. Cosa ne facciamo allora degli artisti statici, impassibili a cui non interessa l’emozione? Come per esempio Piero della Francesca. Non è per forza l’espressione dell’emozione a commuoverci ma anche l’aspirazione a un mondo superiore. Espressione visiva Artista invasato dalle emozioni e crea l’opera d’arte > idea romantica. Questo non è vero perché ogni artista ha una volontà artistica che non può affidare alle emozioni. In preda all’emozione non è possibile fare qualcosa di lucido quindi pensare che l’artista crea invasato dalle emozioni e che esprime emozioni allo stato puro sarebbe una svalutazione dell’opera d’arte. Zolà, “L’opera” > Clod padre troppo concentrato sulla sua arte per pensare al figlio che muore. All’inizio preso da una fortissima emozione e inizia a piangere. Guarda il figlio, prende la tela, dimentica il dolore e dipinge perfettamente il figlio morto. La fase estetica creativa gli permette di allontanare il dolore, non può provarlo perché si deve concentrare. Se provasse dolore non potrebbe dipingere, le due cose si escludono. La creazione artistica esclude l’intromissione di qualunque altra cosa. L’artista può esprimere un’emozione ma nel momento in cui la esprime non può esserne invasato. Falso mito dell’artista in preda a emozioni fortissime che dipinge. La messa in forma dell’emozione permette anche di distaccarsi da essa, nel caso di Clod e di molti altri, ha anche un valore terapeutico. Dominare la materia emotiva e trasformarla in forme, linee e colori quindi la concentrazione deve essere sulla tela Arti della visione > si esprimono attraverso la visione. Cos’è? Autonomia del linguaggio visivo Konrad Fiedler filosofo tedesco, 1841-1891 Sulla valutazione delle opere d’arte figurative 76 Sull’origine dell’attività artistica 87 Riprende la polemica leonardesca sulla superiorità della visione che contrappone alla parola. La visione è un atto conoscitivo. Il contenuto intellettuale non coincide con quello artistico > il soggetto, ad esempio, Madonna con Bambino non dice niente di artistico, il contenuto artistico sono linee, forma, spazio che mi formano quella Madonna e non un’altra, il modo in cui si rappresenta quella Madonna Parla di attività artistica come forma di conoscenza visiva e intuitiva (non concettuale, verbale) della realtà rivendicazione delle arti visive che non dipende da una rivendicazione intellettuale che si lega alla parola, rivendica la totale autonomia della visione. conoscenza visiva e intuitiva conoscenza come l’atto di impadronirsi di qualcosa rielaborandolo e facendolo propria, prendere possesso non solo incamerare. Imparare è diverso da conoscere. Conoscenza visiva significa impadronirsi della realtà facendola mia secondo il mio punto di vista. cogliere, selezionare di quegli aspetti che più sono legati al mio modo di essere. Questi aspetti vengono colti intuitamene, cioè immediatamente non è un processo concettuale. Esiste quindi una forma di conoscenza puramente visiva. Guardare con attenzione, modo di vedere selettivo. Gli artisti hanno bisogno di prendere possesso della realtà rifacendola visivamente, riproducendola sempre secondo il proprio punto di vista. Per loro è una necessità interiore, Fiedler è il primo a parlare di necessità interiore. Il linguaggio è la modalità individuale di impadronirsi del mondo visibile e rifarlo a mio modo, il linguaggio è una creazione. Il punto di interesse è quello di vedere il punto di vista particolare di quell’artista. Attività spirituale cioè del mio proprio essere, personale. L’artista ha bisogno di dare un senso al mondo materiale visivo facendolo proprio. Dare forma visiva alla realtà, dare un senso all’esperienza serve per riconoscere il mio mondo, la mia dimensione interiore. Di questo è frutto l’opera d’arte. Il mondo visibile è come se fosse qualcosa di enigmatico, disordinato. La necessità è dare una forma quindi appropriarsene. Questo è il principio dell’attività artistica. Questa necessità porta a un cambiamento nelle tecniche. La tecnica non è separata dall’attività artistica come si credeva nell’accademia. L’arte è sempre realistica ed è sempre idealistica. Fiedler mette fine al contrasto tra realismo e idealismo (non c’è distinzione tra soggetto e oggetto). Nell’opera artistica ci sono entrambe. Realismo perché è dalla materia visiva della realtà che l’artista parte, idealista perché la rielabora. Linguaggio = modo di vedere il mondo Questo modo di vedere l’attività artistica non è solo intuitivo ma anche culturale, va contestualizzato. Questo Fiedler non lo dice. Non si può negare che nell’attività artistica non intervengano momenti intellettuali cioè razionali, il punto di partenza è sempre intuitivo. L’arte suscita emozione, il problema è che le amozioni sono troppo soggettive quindi non possono essere prese a priori come metodo artistico, approccio storico. Spirito e materia > la valorizzazione del gesto Fiedler pone fine anche alla contraddizione platonica tra spirito e materia. Nella teoria accademica si esalta di più la teoria piuttosto che la pratica. L’attività intuitiva, mentale, conoscitiva non può giungere al suo termine se non c’è il gesto, l’attività materiale, implica il coinvolgimento del corpo, la manipolazione della maniera da cui esce fuori la visione del mondo di quell’artista. Per questo Fidler parla di attività artistica e non arte perché la prima definizione implica la praticità. Vediamo qualcosa della realtà > ne prendiamo possesso > necessità di riprodurla > coinvolgimento del meccanismo esterno del corpo umano > si arriva così a un nuovo e ulteriore sviluppo di ciò che finora era soltanto consistito in processi interni, il gesto non traduce qualcosa che è già nella testa ma lo continua, vera valorizzazione della dimensione gestuale. La mano non fa ciò che l’occhio avrebbe realizzato ma costituisce un ulteriore svolgimento di ciò che fa l’occhio e interviene nel momento in cui l’occhio raggiunge il limite della propria attività. L’artista può avere un’intuizione ma arriva sempre il momento in cui questa deve continuare nel gesto. Incisione di Flaxman, Divina Commedia, Inferno > ha un tratto sempre uguale a sé stesso Girodet copia Flaxman, anche quando copia rivela di essere sé stesso e di non poter fare lo stesso. Il tratto qui non è uniforme, presenta delle parti più inchiostrate altre meno, procede per scatti. Anche solo a partire dai tratti possiamo capire come un artista ha operato. Il contenuto intellettuale è lo stesso ma quello artistico è diverso. Flaxman quindi non ha influenzato Girodet perché gli esiti sono diversi. Carlo Ludovico Ragghianti (1910-1987) Critico e storico d’arte toscano, erede di Fidler, fa tradurre in italiano i suoi testi. Rispetto a Longhi per lui fare storia dell’arte ha un significato etico e politico. Fin dall’inizio del fascismo aveva esibito posizioni antifasciste, i genitori lo mandano in un Pensionato a Firenze dove incontra Montale, il quale lo spinge a fare tante e diverse letture tra le quali “la Recherche” di Prusste. Riflessioni che lo portano a interessarsi del tempo e quindi di Fidler soprattutto per la visione dell’arte come processo artistico cioè come qualcosa che inevitabilmente avviene nel tempo. Rimane interessato dall’idea di continuità del gesto. Legge Bergson da dove prende il concetto di tempo come durata, esiste un tempo dell’orologio ma anche un tempo come percezione personale (durata). Per questo fin dagli anni 30 Ragghianti è il primo a riconoscere un rapporto tra le arti fisse e il cinema: nel dipinto il tempo è intrinseco, il tempo rimane fissato, nel cinema è estrinseco ma sempre di linguaggio visivo (nell’accezione di Fidler) si parla. Elabora la categoria delle arti della visione, tecniche diverse ma che si esprimono tutte in termini visivi. Riprende da Fidler l’autonomia del linguaggio visivo. Ragghianti insegna a Pisa, la prima sede di cattedra universitaria di storia del cinema. L’arte non è solo le tecniche tradizionali ma tutto ciò che riguarda la dimensione del linguaggio visivo. A causa dell’attività nel partito d’azione (antifascista) fu imprigionato e scrisse un libro utilizzando la carta igienica e un fiammifero > attività artistica con valore politico. L’arte non è per lui una dimensione secondaria, l’attività artistica (Fidler) è espressione dell’umanità, lo storico dell’arte deve entrare in contatto con quell’umanità che viene espressa in quell’opera. Parla di arte come organismo vivente. Figura e forma 1952 Riflessione del rapporto tra stile e contenuto intellettuale dell’opera cioè il soggetto (Fidler). Come il soggetto si collega al linguaggio visivo cioè allo stile al contenuto artistico. Punto di partenza: scandalo del nudo accanto alla crocifissione La prima risposta di Ragghianti è che non se ne era accorto perché sta attento alla dimensione artistica. Da qui la riflessione sul rapporto tra soggetto e stile. Rapporto non scontato ma problematico. In alcuni casi il Si appropria di questa iconografia Giunta Pisano, la recupera (diffusa fino a ora soprattutto in oriente) e apporta cambiamenti iconografici che hanno ricadute di tipi stilistico: la differenza principale è l’assenza delle storie della passione laterali. Visivamente questo provoca lo spostamento della concentrazione dell’osservatore sul solo cristo sofferente. Giunta pisano insiste su questo permettendo la diffusione della tipologia iconografica. Altre varianti riguardano: posizioni, busto ventre, bacino meno rigide più spostate, linea più curva che crea effetto di maggiore movimento e tensione (accentuare l’effetto patetico). Altro crocifisso di Giunta, accentuazione del chiaroscuro e dell’effetto della tensione Ancora di più spinge Cimabue nella posizione più inclinata per accentuare ancora di più l’effetto patetico Giotto: sensazione di farci sentire un corpo vero morto. Corpo tridimensionale: le mani si chiudono, senso di scorcio spaziale. Viene meno l’effetto patetico ma aumenta quello naturalistico del corpo che ha un suo peso. Diverso è anche il trattamento cromatico: diverso modo di stendere il colore, non procede per accostamento di tinte ma per fusione creando l’effetto di rotondità e profondità. Il modo di stendere il colore dell’artista pisano non è sufficiente per esprimere il dato naturalistico. 1440 Van Eyck, non è un crocifisso ma un dipinto di crocifissione e questo implica lo spazio. Due personaggi con due quinte laterali di gruppi di personaggi che vanno a divergere. Non c’è tensione ma ovviamente colori accesi 1465 Antonello da Messina: variante della presenza dei ladroni. Non ci sono gruppi di persone ma solo cinque questo ha però ricadute stilistiche perché dà un effetto di maggior ordine e più essenzialità rispetto alla varietà fiamminga. Sceglie accuratamente i colori (blu e rosso), pone le figure in modo da creare un ritmo compositivo comprensibile fin da subito. Sullo sfondo non abbiamo edifici inventati ma il porto di Messina con l’Abbazia di San Salvatore allontanati per dare la priorità alla scena centrale. Si capisce ancora meglio come iconografia e stile siano collegati. 1512-16 Matthias Grunewald Retablo di Issenheim. Una delle crocifissioni più strazianti. Il cristo è completamente ricoperto da piaghe, a questo si aggiunge lo spasmo che attraversa il corpo e che si vede nei piedi e nelle mani. Tratti somatici deformati. È presente San Giovanni Battista, la Maddalena e la Vergina tutta pallida, come un pezzo di marmo e letteralmente spezzata in due dal dolore, pallore messo in risalto dal rosso delle altre vesti. L’insistere sulla deformazione e sul brutto sembra più vicino a una sensibilità moderna considerando che invece siamo ancora del 500. È moderno o no? È qui che entra il gioco il significato iconologico > a che serviva quest’opera, chi l’aveva commissionata, dove doveva essere messa. L’opera era collocata in un ospedale che a quel tempo erano tenuti dai frati. Ospedale in cui venivano curate malattie che avevano a che fare con la pelle o malattie che provocano lesioni cutanee. Il dipinto quindi posto quasi all’entrata provocava nei ricoverati conforto, si consolavano perché vedevano la stessa sofferenza in Cristo e la interpretavano anche come un riscatto per salire al cielo. La funzione è quindi radicata nel contesto e non è per niente strano, se consideriamo questo, il modo in cui è stata realizzata. La funzione è poi sempre legata allo stile (paesaggio quasi inesistente perché la concentrazione deve essere sul Cristo). La descrizione deriva dalla visione e la visione è culturalmente e storicamente condizionata. Età contemporanea: ripristinare la crocifissione nella sua valenza scandalosa. Nitsch mette in scena delle passioni di Cristo, sangue che cola, figure nella posizione della croce con dei veri attori. Azione provocatoria ma che funzione ha? Iconografia trasformata in un’azione teatrale. Istinto alla violenta è connaturato all’umanità, è primordiale. Nella sua idea c’è un modo per prendere le distanze dalla violenza e cioè vederla rappresentata in una forma rituale, protetta perché teatrale e non reale. Da qui è possibile prendere coscienza della natura dell’uomo fatto per essere violento e liberarsene. Se ne prende coscienza in maniera non traumatica perché la drammaticità non è reale, non è come assistere a una vera scena di violenza. Iconografia ripristinata in chiave di azione. Iconografia del cristo crocifisso sottosopra 1983 Paul Fryer Cristo crocifisso ma nella maniera in cui sarebbe crocifisso negli stati dove vigeva la pena di morte negli anni 80. Morte su sedia elettrica. Artista britannico, esposta durante una veglia pasquale nella Cattedrale .. il prelato che la gestiva era interessato all’arte contemporanea. I fedeli vedendo quest’opera si scandalizzarono. Il signore si chiede come mai davanti a questo Cristo prova un’emozione e davanti a un altro crocifisso no. La risposta è l’abitudine, ci dimentichiamo il dolore, l’ingiustizia e la sofferenza. Questi artisti contemporanei sono stati capati di riportarci alla mente, di ricordarci lo scandalo del cristo crocifisso. Lo scandalo, dice il prelato, è la nostra indifferenza di fronte al Cristo crocifisso. Focillon la via delle forme 1934 > frammento su materia e tecnica Tutta l’arte, anche l’arte più spirituale deve fare i conti con la materia. La smaterializzazione delle vetrate avviene attraverso la materia. Pensiamo che forma e materia siano distinte in realtà la materia ha già in sé una forma, un suo aspetto formale (consistenza, colore, grana). La tecnica non è scelta solo per la comodità della sua lavorazione ma anche perché ogni materia si presta a un trattamento particolare, perché crea effetti diversi. La scelta del materiale e quindi della tecnica (intesa come manipolazione della materia) deriva dalla volontà artistica e dall’epoca (importanza degli effetti di luce nel Medioevo che nelle epoche successive si perde). La materia suggerisce addirittura delle intuizioni all’artista. Nonostante ciò, dobbiamo tendere in conto che la forma della materia originale si vede trasformata dalla manipolazione che ne fa l’artista. La materia cambia in base alla tecnica utilizzata. A un dato strumento corrispondono diversi effetti formali non uno solo, perché dipende da come l’artista muove lo strumento, da come la mano muove lo strumento e da come la mente muove la mano. Il tocco è il momento in cui la mano attraverso lo strumento tocca la materia e ne sprigiona la forma. Il pezzo di legno è inerme ma nel momento in cui inizia ad essere modellano inizia a vivere, da qui si origineranno risultati diversi. La forma è il risultato di una scelta di materiale, di tecnica, della visione che l’artista ha del mondo ma anche del gesto che si utilizza per mette in azione il farsi stesso dell’opera (Ragghianti, FIdler). Girodet “Scena di un diluvio” 1806 Descrizione di ciò che si vede a prima vista senza sapere nulla Contraddizione se ci soffermiamo sul titolo Scena catastrofica che coglie la famiglia che fa di tutto per salvarsi, per quanti sforzi possa fare, la famiglia non è artefice del loro destino ma legata a un qualcosa di naturale > sono appesi a un ramo che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro Colori scuri e tenebrosi > natura minacciosa, avversa Il dipinto si struttura lungo una diagonale attraversata da due forze: forza dell’uomo che tenta di salire e il peso, la gravità del gruppo con la donna e bambini A salvare la famiglia è l’uomo, la donna si lascia andare, è fragile e debole Gioco di opposizioni: uomo-donna, luce-ombra, paura e dolore nell’uomo-donna rilassata, inerzia (ambiguità: è svenuta o morta?), bellezza-bruttezza, figlio inglobato nel ventre materno- l’altro riproduce il movimento del padre. Il vecchietto sarà il padre? Panofsky > iconografia di Enea e Anchise padre sulle spalle del figlio. Interpretazione plausibile anche se non sappiamo niente dell’artista né del contesto culturale: l’umanità di fronte alle catastrofi prende i propri averi (il padre ha in mano il sacchetto con del denaro) e scappa. Dipinto che ci fa vedere l’umanità nella sua forma più inerme di fronte a una catastrofe, non c’è una visione positiva del destino dell’uomo perché dipende da una cosa esterna. L’uomo è in balia a una natura avversa. Non sappiamo se dietro la natura c’è un Dio, non si vede nessuna luce di salvezza né i personaggi che volgono lo sguardo verso l’alto. Temporalità dell’opera: dipinto che punta sul transitorio, sull’elemento più tragico, l’istante successivo è la famiglia che cade. Uno storico dell’arte non si può fermare solo su questo perché questi significati assumono ancora più valore se concepiti all’interno della loro epoca. Era scontato per il pubblico di allora che l’arista mettesse lo spettatore di fronte a questa realtà? cioè la natura avversa all’uomo. Se vediamo le critiche quest’opera venne rifiutata. In Francia siamo nel periodo della cultura neoclassica del bello ideale greco Critiche del Salon del 1806: dipinto che la vista non riesce a leggere (a noi non tocca minimamente perché oggi siamo abituati). Relatività delle emozioni. Il dipinto per l’epoca era inguardabile, la reazione comune era che lo spettatore voltasse la testa. Dipinto spietato perché non c’è possibilità di salvezza, punta sul transitorio la paura era che se si continuasse a guardare i personaggi sarebbero presto caduti (questo sì che è moderno) > estetica del sublime L’artista quindi punta a un’estetica dello shock che non è tipica del suo tempo. Contestualizzare significa mettersi negli occhi del pubblico del tempo > vedere le ricezioni dell’opera e chiedersi perché il pubblico era sconvolto. Pubblico non abituato a dipinti di queste dimensioni che diano messaggi negativi. Gerarchi dei generi: la pittura di storia era più importante, gioca con questo genere, ci presenta una pittura di storia non in senso cronachistico ma che ambisce ad essere universale. Inserendo nel titolo diluvio che ci riporta al diluvio universale ci fa capire che l’artista vuole che sia una pittura di storia. Non c’è però il messaggio positivo dell’eroismo dell’uomo. Importante capite come si pone l’artista nei confronti della gerarchia dei generi > storicizzazione Contrapposizione tra forza maschile e fragilità femminile (ragione e sentimento) già si trova ne giuramento degli Orazi di David, l’uomo è eroico e lotta pe il bene comune. Girodet estremizza, l’eroismo è diverso, la fragilità della donna è limitata all’inerzia. Girodet scrive lettere in cui dice che vuole allontanarsi completamente da David > importante considerare anche la biografia dell’artista. L’originalità di Girodet è nel dipinto stesso ma anche nei confronti del maestro. Il volto dell’uomo è stato definito dalle critiche schifoso perché il pubblico dell’epoca pensa a un’ideale di umano bello e armonico. La bocca con i denti è volgare così come la presenza del sacco di denaro soprattutto perché è legata all’iconografia di Enea e Anchise. Nel codice della pittura di storia non si poteva inserire una bassezza del genere, non si poteva pensare al denaro nel momento della salvezza, è stata interpretata come un’esaltazione dell’avidità. Effetti demistificatori della pittura di storia, mette in crisi il genere Capire com’era l’iconografia del diluvio (il pittore gioca col titolo perché ci riporta alla bibbia). Il diluvio più celebre all’epoca in Francia era quello di Poussin (1660-4). Iconografia globale cioè tantissima gente. Poussin riduce i personaggi, fa una sintesi dell’iconografia. Girodet fa una sineddoche vera e propria perché sceglie un unico episodio. In Poussin c’è un gruppo di personaggi sulla destra che ci fanno ricordare dell’episodio che troviamo in Girodet. Veramente Girodet si è ispirato a Poussin? Il dipinto di Poussin ha avuto una grandissima fortuna critica. Oggetto di discussione tra Rousseau e Saint Pierre è proprio il frammento della scena della famiglia col bambino sulla destra. Riflettono sul fatto che la tragicità della scena sta nell’innocenza del neonato punita. Oggetto di discussione è la domanda perché degli innocenti devono morire? Saint Pierre è un grande letterato amico di Girodet, i due si scrivono delle lettere L’ipotesi che Girodet si sia ispirato a Poussin ora è ancora più credibile. Girodet riprende il nucleo della famiglia, della diagonale e lo stravolge. Inondazione nel 700 di Loutheburg, Inghilterra> nucleo isolato di personaggi. Non si proponevano come pittura di storia ma Girodet le conosceva. Come le conosceva? Circolavano incisioni del dipinto Altri esempi di fine 700 del diluvio universale tendono a sintetizzarsi, a diventare eventi concentrati in un solo episodio con la selezione di un nucleo familiare. Quindi l’isolamento della famiglia di Girodet non è per niente qualcosa di nuovo. Regnault “diluvio universale”> la mano del vecchio è tesa verso l’alto. La differenza sta qui, in Girodet non c’è nessun segno della provvidenza. Girodet ricopia questo dipinto ed elimina la mano > selettività del vedere per Girodet non c’è un Dio a cui rivolgersi Tutte le scene precedenti del diluvio sono comunque scene atroci, il dolore e l’innocenza punita si vede visualizzata ma c’è sempre il riferimento alla presenza divina. Genesi dell’opera Anni 90 del 700 durante il soggiorno italiano di Girodet abbiamo degli schizzi. L’uomo trascina la donna, non c’è opposizione tra le due forze, manca anche il ramo che si spezza. In altri schizzi appaiono poi figure unite attaccate a un albero. Diversità di idee che attraverso un processo arrivano al dipinto finale. Perché riflette sulla catastrofe in Italia? Rivoluzione francese, i francesi a Roma vengono visti male. Nel 1792 rivolta a Roma contro i francesi, Girodet scappa a Napoli, verrà arrestato, scrive a David che non ha soldi. Artista abbandonato al suo destino in un paese ostile. A Napoli entra in contatto con Hamilton (ambasciatore britannico) da cui riceve protezione. In una letta in cui Girodet difende il diluvio dice che il
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