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appunti della seconda parte del corso di sociologia generale, Appunti di Sociologia

appunti della seconda parte del corso di sociologia generale con il professore marco caselli comprendente dei temi: interazione sociale, ruolo, status, gruppi, socializzazione, devianza, identità, cultura, globalizzazione e migrazione

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 08/06/2022

alicia.b
alicia.b 🇮🇹

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Scarica appunti della seconda parte del corso di sociologia generale e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! L’INTERAZIONE SOCIALE Le interazioni sociali sono azioni sociali reciproche, sono il tessuto della società che da vita alle realtà della sociologia. è Definizione di azione sociale C’è interazione sociale quando due o più persone orientano reciprocamente il loro agire. Parlare solo di agire sociale non basta a capire e spiegare cosa succede nella società: la società non è solo l’accostarsi di tante azioni sociali. (Es. per Weber la più semplice da comprendere è quella razionale rispetto allo scopo.) Non sempre si riesce a raggiungere l’obiettivo: - perché si possono sbagliare i mezzi - perché l’azione si può rivelare un azzardo, si sbaglia il calcolo dei rischi - perché ci sono elementi di contesto che non ho adeguatamente considerato - perché il raggiungimento di un nostro fine comporta l’idea che le persone con cui entriamo in relazione si comportino in un determinato modo ma queste invece si comportano in maniera imprevista Ci sono anche altri elementi: l’esito delle nostre azioni spesso deriva dalla combinazione di più azioni: esiste un effetto di combinazione, se questa azione che compiamo noi viene compiuta anche da altre persone l’effetto può essere diverso, portare ad un esito opposto a quello desiderato: in questo caso si parla di effetti perversi della combinazione dell’azione di più individui. Un’azione che individualmente avrebbe un effetto, fatta anche da altri può portare ad un effetto totalmente diverso o opposto. La società non è solo il giusto apporsi di azioni sociali, non può essere studiata e compresa nel suo insieme studiando solo le singole azioni sociali e questo non è possibile appunto perché esistono questi effetti di combinazione C’è anche un altro motivo per cui non possiamo studiare la società studiando solo le singole azioni sociali: elemento che rende impossibile la combinazione di previsioni da parte della sociologia e delle scienze sociali, perché non sempre riusciamo a prevedere tutti i possibili effetti di combinazione. Ma ce n’è un altro: il caso. Ø Un sociologo francese, Raimond Boudon che a questo proposito parla dell’effetto Cournot. Immaginiamo una sequenza di eventi tra loro correlati da una dinamica di causa-effetto, per cui A à B à C à D à E (prima catena) e F à G à H à I à L (seconda catena) Io conoscendo questa catena causale conoscendo A posso prevedere tutto fino ad E, o andare anche a ritroso. A volte però succede che in maniera del tutto casuale, due catene di eventi casuali si incrociano, dando vita a qualcosa di inaspettato e imprevedibile. Questi fatti casuali a volte hanno degli impatti notevolissimi (Es. Caduta di Napoleone) Nell’interazione sociale si orientano reciprocamente anche delle aspettative, quando agisco la mia azione è orientata verso l’altro ma oriento verso l’altro anche le mie aspettative, e queste aspettative devono essere rispettate entro un certo limite se no l’interazione finisce. Come avviene l’interazione? Non avviene mai a caso ma segue delle regole, che in genere sono non scritte e che variano da società a società. A questo proposito Goffman parla di rituali dell’interazione. L’esistenza di questi rituali, ovvero regole dell’interazione ha il grande vantaggio di permettere l’interazione anche tra sconosciuti e persone che non si conoscono, che non si sono mai viste prima, sconosciuti che consideriamo come altri generalizzati. (Es. alla prima lezione di sociologia non entro in relazione con Marco Caselli ma con il professore.) Questi rituali prendono la forma di convenzioni: ovvero norme che non sono norme scritte ma che cominciano ad essere vincolanti: se non rispettiamo una convenzione siamo sanzionati. Il fatto di non rispettare una regola dell’interazione ha come conseguenza il fatto che poi le persone non vogliano più interagire con me. (Es. alla domanda come stai? Rispondo brevemente, o si parla del tempo) Questi non sono qualcosa di oggettivo, ma qualcosa di culturalmente determinato. Tra i rituali dell’interazione c’è quello che Simmel chiama tatto: quando si interagisce bisogna avere tatto, ovvero la capacità durante un’interazione di trattenersi e di lasciare spazio anche all’altro interlocutore e di non ferirlo. Le interazioni possono essere di varia natura: Queste sono distinzioni idealtipiche. Ø simmetrica/asimmetrica: l’interazione è simmetrica quando entrambi i soggetti hanno lo stesso potere nell’orientare l’interazione verso un esito oppure un altro; asimmetrico è quando uno dei due soggetti ha maggiore potere rispetto all’altro di indirizzare l’interazione stessa. Ø cooperativa/conflittuale: l’interazione è cooperativa quando i soggetti che entrano in gioco cooperando hanno maggiori possibilità di raggiungere i proprio obiettivi, quando l’interazione serve ad entrambi per raggiungere il proprio obiettivo (l’obiettivo potrebbe essere diverso ma anche uguale); è conflittuale quando due persone interagiscono per raggiungere un obiettivo all’interno di quello che si dice un gioco a somma zero: se io lo raggiungo tu non lo raggiungi o viceversa, però si ha comunque bisogno dell’altro. Ø transitoria/durevole: transitoria è quella che dura per un limitato periodo di tempo, durevole è un’interazione che può durare nel tempo. Quando l’interazione è durevole questa in genere determina una relazione e questa relazione può creare un legame: Nel passaggio al legame l’altro smette di essere un altro generalizzato, a diventa un soggetto con caratteristiche particolari, che io conosco. In una situazione del genere le regole dell’interazione, i rituali dell’interazione, vengano modificati. Quando interagisco con un altro generalizzato seguo i rituali, ma quando la persona diventa una persona speciale e viceversa i rituali possono cambiare e possiamo crearne a nostra volta. STATUS E RUOLO Per comprendere come funzionano le interazioni sono importanti questi due concetti distinti ma tra loro collegati. Le interazioni di solito sono tra ruoli, e i ruoli dipendono dallo status. ¨ Status: posizione sociale che una persona riveste all’interno di un gruppo o di una società, posizione che ricopre e che viene riconosciuta da altri. Lo status dipende ed è associato da 4 caratteristiche sociali importanti. Questi sono spesso collegati tra di loro ma non necessariamente. 1. Potere 2. Ricchezza 3. Prestigio 4. Istruzione Ciò che determina lo status è qualcosa che varia da società a società: in tutte le società è collegato a questi, ma ciò che determina sono elementi che cambiano da società a società. Nella nostra società l’elemento che più determina la nostra posizione sociale è la nostra professione. Gli status possono essere di due tipi diversi: - Ascritti: status determinato per nascita (società tradizionali, momenti di staticità). L’esempio massimo di status ascritto è la casta. - Acquisiti: status conquistato e costruito nel corso della propria esistenza (società contemporanee, momenti dinamici). Parlando di status si può parlare del concetto di Status Symbol: quando la posizione sociale che occupiamo, soprattutto quando è elevata, vogliamo che si sappia (proprio perché lo status da prestigio). Lo status symbol è un oggetto, uno stile, che mette in risalta la nostra posizione di status, le forme di consumo vistoso. Lo status fa riferimenti ad un altro concetto che è quello di distanza sociale: distanza che c’è tra le persone in ermini di prestigio ricchezza etc. Lo status fa riferimento ad una distanza sociale. Il proprio status sociale deve essere affermato quando la distanza sociale è più piccola: quando lo status è incerto e gli altri sono incerti dello status della persona che rende chiara la distanza sociale. Rispetto allo status c’è ancora un concetto da menzionare: incongruenza di status. Lo status è abbinato spesso a potere, ricchezza, prestigio e istruzione. Quindi mi aspetto che una persona di status elevato non pecchi in nessuna di queste caratteristiche. L’incongruenza si ha quando questi 4 elementi si trovano su livelli diversi, Es. ho elevato livello di istruzione ma stipendio inferiore rispetto all’idraulico che ha la terza media, ho prestigio perche sono un professore ma poco potere à può portare anche a fenomeni negativi. sia strumentali (persona che si preoccupa che il gruppo raggiunga i suoi obiettivi). Riprende chiaramente lo schema AGIL di Parsons. Merton fa riferimento a due concetti importanti: I gruppi di cui facciamo parte in qualche modo influenzano la nostra vita. Merton ci dice che la nostra vita è influenzata dai gruppi di cui facciamo parte ma anche dai GRUPPI DI RIFERIMENTO. Un gruppo di riferimento è un gruppo di cui io non faccio parte ma di cui vorrei far parte e che orienta e influenza la mia vita. Allora per favorire il mio ingresso in questo gruppo inizio a comportarmi come se facessi parte di questo gruppo, anche se non ne faccio ancora parte, inizio ad apprendere gli stili di comportamento del gruppo, le regole del gruppo à ciò prende il nome di SOCIALIZZAZIONE ANTICIPATORIA immaginando che questo possa essere un modo per facilitare il mio ingresso in quel gruppo. LA DIMENSIONE DEL GRUPPO di Simmel La sua visione di sociologia formale (sule forme piuttosto che sui suoi contenuti). Simmel parla della dimensione di gruppo a partire dalla diade, la definizione minima di gruppo, il gruppo più semplice. La diade ha alcune caratteristiche che la rendono unica rispetto a tutti i gruppi più grandi (…) • Dove i membri sono responsabili della sopravvivenza del gruppo, • Non c’è identità del gruppo distinta da quella dei singoli, tutti sono responsabili delle decisioni. Questo lo si può estendere ponendo una distinzione tra quelli che sono gruppi piccoli e gruppi grandi. • All’interno di un gruppo piccolo ci si può conoscere tutti ed è possibile una partecipazione e relazione diretta tra tutti i membri, • Più il gruppo è grande è più ci sarà il bisogno di fissare le regole esplicite scritte o i ruoli. Più il gruppo è rande e più si possono creare dei sottogruppi o dei partiti (che weberianamente è un gruppo che all’interno di un gruppo più grande si organizza per cercare di ottenere il controllo di quel gruppo stesso). SOCIALIZZAZIONE Socializzare ≠ Socializzazione à Le società sono composte da una pluralità di persone e queste persone nel corso del tempo cambiano perché ci sono persone che nascono, che muoiono, che se ne vanno e che arrivano. La dinamica, comunque, quantitativamente più rilevante è il cambiamento dovuto alle nascite e alle morti. Questo cambiamento fa si che dopo un certo intervallo di tempo i componenti di una certa società siano completamente diversi rispetto ad un momento precedente. Questi atti sociali che caratterizzano una società sono elementi esterni all’individuo, non sono elementi innati, e questa è una distinzione fondamentale tra l’essere umano e animali. Tema della socializzazione che può essere letto da due punti di vista diversi: 1. Può essere letta dal punto di vista macro, dal punto di vista della società nel suo insieme e possiamo dire che i processi di socializzazione sono quei processi che permettono ad una società di mantenersi nel tempo, di mantenere i suoi tratti distintivi. 2. Può essere letto dal punto di vista micro, i processi di socializzazione possono essere letti come processi di apprendimento, attraverso cui una persona impara le caratteristiche fondamentali della società in cui si trova a vivere. Questi due modi vengono letti in due chiavi di lettura: 1. CONDIZIONAMENTO L’autore di riferimento è Talcott Parsons, quindi una prospettiva funzionalista. Se facciamo nostra la prospettiva del condizionamento tendiamo a leggere i processi di socializzazione come processi unidirezionali, fortemente asimmetrici, dove c’è qualcuno che insegna e qualcuno che impara in maniera critica i contenuti che gli sono stati trasmessi. 2. INTERAZIONE L’autore di riferimento è Mead, quindi la socializzazione è vista come un processo bidirezionale. Il gioco è un importante strumento di socializzazione: nei bambini in particolare il gioco non è solo un passatempo: il gioco ha una funzione importantissima nello sviluppo delle persone, dell’identità delle persone e nella capacità di queste di stare nella società Esistono due fasi distinte del gioco: 1. Fase del gioco semplice: qui il bambino imita i comportamenti degli adulti, assume per gioco i ruoli di altri soggetti (gioca a fare il maestro, la mamma, il papà etc.). questa fase è importante perché il bambino comincia ad imparare a mettersi nei panni degli altri, impara qual è il punto di vista di soggetti diversi da sé. Ma soprattutto impara che esiste una diversità di ruoli e che ci sono persone nella società in cui vive con ruoli diversi. à qui c’è solo il bambino 2. Fase del gioco organizzato: qui il bambino non solo interpreta un ruolo, ma deve al tempo stesso a relazionarsi con altri ruoli. In questo processo il bambino deve tenere in considerazione quello che si aspetta dagli altri e anche quello che gli altri si aspettano da lui, pensare a quella che è l’immagine che do di me ad altri generalizzati à qui il bambino deve prendere in considerazione anche la presenza di altri. Questo corrisponde molto bene alla visione dell’identità che hanno gli interazionisti: Mead diceva che c’è una identità che possiamo identificare con l’espressione sé: questo su articola in un io e in un me, nel gioco organizzato prende forma questa contrapposizione. è metafora esemplificativa in grado di illustrare chiaramente la differenza tra “gioco semplice” e “gioco organizzato”: quando vediamo dei bambini molto piccoli giocare a calcio, in genere vediamo un groviglio di bambini che si sposta in massa in un costante inseguimento della palla. Questo perché́ il bambino molto piccolo, gioca simultaneamente agli altri, ma non insieme agli altri: simultaneamente agli altri, e insieme a ogni singolo altro, cerca solo di prendere la palla e tirarla in porta. Tuttavia, man mano che il bambino cresce, inizia a capire che ci sono ruoli diversi, che deve interagire con gli altri, e allora inizia a giocare in maniera più consapevole e organizzata. Come esistono due fasi del gioco, nella prospettiva dell’individuo, esistono anche due fasi della socializzazione in generale: 1. SOCIALIZZAZIONE PRIMARIA: 2. SOCIALIZZAZIONE SECONDARIA: Vi sono generalmente tre distinzioni Ø Differenza cronologica: prima c’è la socializzazione primaria, poi quella secondaria, in particolare la primaria comincia al momento della nascita fino al termine della scuola dell’obbligo. La secondaria poi va avanti fino alla morte. La socializzazione c’è sempre! Ø Differenza nei contenuti, cosa impariamo in una e nell’altra: nella primaria impariamo quelle che sono le competenze di base necessarie per vivere nella nostra società, quelle necessarie, che valgono per tutti gli appartenenti ad una società (es. il linguaggio). Nella secondaria impariamo competenze specifiche, che servono in specifici contesti di azione. Ø Differenza relativa al modo di apprendimento: Nella primaria l’apprendimento è prevalentemente inconsapevole, nella secondaria prevalentemente consapevole Le persone da cui veniamo socializzati sono dette AGENZIE DI SOCIALIZZAZIONE: sono i soggetti che si occupano di insegnare alle persone come si vive in società. ¨ La prima agenzia di socializzazione è la famiglia, sia in termini cronologici, sia di importanza. Avviene in maniera esplicita ma in larga parte anche in maniera implicita. ¨ La scuola, luogo per eccellenza dove si impara. Ciò che viene sottolineato però è che quando io vado a scuola non imparo soltanto quello che mi viene insegnato, il contenuto delle materie, ma imparo anche tanto altro, socializzo per la prima volta con persone che non fanno parte della mia famiglia, sia pari che adulti: qua imparo una distinzione di ruoli, tra quello che io posso aspettarmi da un mio parente e da chi non è un mio parente. ¨ I mass media, che ormai non sono più una novità, ma sicuramente sono un elemento che differenzia la società contemporanea da quella dei nostri nonni. Sono mezzi di comunicazione che danno informazioni su come ci si comporta, su elementi culturali della nostra società ¨ La religione, per chi naturalmente la segue, porta con sé dei precetti, delle prescrizioni e un modello di etica comportamentale che, sicuramente, non sono esenti da una funzione di socializzazione ¨ La politica, anche oggi forse in maniera meno marcata rispetto al passato. ¨ L’esercito, oggi non è più così, ma in passato, almeno fino a quando era in vigore la leva obbligatoria, l’esercito ha avuto un ruolo molto importante nell’insegnamento della lingua italiana a tutti i cittadini. In ottemperanza, per l’appunto, dell’obbligo di leva, i maschi avevano l’opportunità di confrontarsi con persone che venivano da altre parti d’Italia, il che li costringeva a trovare e imparare una modalità di comunicazione comune; ¨ Il lavoro, noi passiamo gran parte della nostra vita adulta in un contesto lavorativo, e dobbiamo apprendere come si vive in quel contesto e come comportarci in quel contesto. Gli individui vengono socializzati da attori soggetti diversi. Nella socializzazione devono essere comunicati valori, norme, regole di comportamento. È chiaro che questi diversi attori non è detto che comunichino tutti le stesse cose. Questo è un elemento caratteristico delle società contemporanee, moderne, di quelle a solidarietà organica. Nelle società primitive, a solidarietà meccanica, abbiamo un ristretto numero di valori che sono largamente condivisi, Durkheim dice che in quelle tradizionale c’è una forte coscienza collettiva. Questo significa che tutti gli attori che compongono una società tradizionale tenderanno a comunicare gli stessi valori ad altri soggetti. Nella società contemporanea i valori tendono a diversificarsi: la coscienza collettiva diventa meno forte invece. I diversi agenti di comunicazione trasmettono informazioni ai soggetti che non sono tra loro necessariamente coerenti. Questa incoerenza da vita a quelli che sono definiti CONFLITTI DI SOCIALIZZAZIONE. Quali sono le conseguenze dei conflitti di socializzazione? Sono ambivalenti: Ø Il conflitto di socializzazione da libertà, autonomia all’individuo. Ø Il conflitto di socializzazione può provocare un possibile disorientamento: sono libero di scegliere ma non sono in grado di fare questa scelta à anomia Causa e conseguenza dei conflitti di socializzazione è il fatto che ogni singola agenzia di socializzazione perde di importanza e di autorità/autorevolezza. La socializzazione inizia nel momento della nascita e ci accompagna per il resto della vita, i processi di socializzazione sono quindi strettamente collegati al ciclo di vita delle persone. L’obiettivo della socializzazione è dare alle persone gli strumenti e le competenze per vivere nella società. È vero che la socializzazione dura per tutta la vita, però è anche vero che ha un momento fondamentale che si compie quando le persone entrano nell’età adulta à la persona è pienamente parte della società Il momento del passaggio all’età adulta è culturalmente determinato: varia da società a società. In molte il passaggio all’età adulta è segnato da dei riti e celebrazioni pubbliche: circoncisione, taglio dei capelli, tatuaggio rituale etc. Questo perché il passaggio all’età adulta, così come i processi di socializzazione in genere, è qualcosa che non ha solo rilevanza individuale ma anche sociale, per questo viene celebrato pubblicamente. Perché non riguarda solo la persona, ma l’intera società. Nella nostra società quando si diventa adulti? Il passaggio alla maggiore età ha un valore formale molto importante ma non segna realtà il passaggio all’età adulta, anche perché per molti di noi il passaggio dalla minore età alla maggiore età non ha avuto un impatto significativo. Cosa segna il passaggio quindi? In letteratura vengono individuate nella società occidentale contemporanea cinque soglie che segnano il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Queste sono: 1. Finire gli studi 2. Iniziare a lavorare 3. Uscire dalla casa dei genitori 4. Sposarsi 5. Avere dei figli Queste funzionano secondo uno schema diviso in tre gruppi: le prime tre (necessarie, ma non bastano alla società. Completano il percorso di crescita personale, dal punto di vista individuale) + ultime due (che permettono alla società di andare avanti e avere nuovi individui che potranno portare avanti la società). Anche queste soglie possono essere legate al rito di passaggio. (Graduation Day, matrimonio etc.) - Dilatazione nel tempo del superamento di queste soglie: Chiara Saraceno dichiara di aver avuto la sua prima figlia all’età di 32 anni, e in quel momento sulla cartella clinica venne etichettata. Si spinge sempre più in là nel tempo il momento in cui l’individuo supera queste soglie. Il percorso di studi dura sempre di più, sia nel senso che si è allungato il ciclo dell’istruzione dell’obbligo, sia nel senso che, ormai, dopo la laurea, c’è la laurea specialistica, e poi il dottorato, e poi eventuali master, abilitazioni, e quant’altro. Tutto ciò, significa che un individuo può iniziare a lavorare più tardi, e, per un naturale effetto a domino, uscirà di casa più tardi, si sposerà più tardi e avrà dei figli più tardi. - Il superamento di queste soglie non è più/è sempre meno chiaramente definito: Uno si laurea, poi va a lavorare. Però, magari, parallelamente frequenta qualche master. Oppure, chi fa il dottorato di ricerca, sta studiando o lavorando? E poi, può essere che io esca dalla casa dei genitori ma non sia ancora del tutto autonomo economicamente. Inoltre, per quando riguarda il matrimonio, lascia anche Il concetto di devianza è un concetto socialmente costruito: nessun atto è intrinsecamente deviante, per sua natura, ma determinati atti sono devianti perché la società ha deciso che sono devianti. COME LA SOCIALOGIA HA PROVATO A SPEIGARE LA DEVIANZA Esistono alcune spiegazioni: Ø Spiegazioni biologiche Tipo di spiegazione fortemente screditato. L’autore di riferimento è Cesare Lombroso (seconda metà dell’800). Le spiegazioni biologiche dicono che ci sono persone che commettono atti devianti perché sono biologicamente/geneticamente portati a compiere atti devianti. Accettiamo la sistematicità con cui ha studiato il problema, ma oggi queste spiegazioni non sono più accettate: la devianza non è un fatto oggettivo ma socialmente costruito, quindi una spiegazione biologica non sociale contrasta con quella che è la realtà dei fatti. (es. decido dove mettermi sul treno: vicino a quello con la faccia da “criminale” non mi ci metto: anche se non realtà non è un tratto biologico o fisico ma di cura di se e di come la persona si presenta) Ø Teoria della scelta razionale Cornish e Clarke, studiosi degli anni ’80 del 900. Questa teoria non è solo riferita alla devianza, è una teoria che spiega tutti i comportamenti umani, tra cui la devianza. L’idea di questi autori è che le persone agiscano seguendo il modello dell’azione razionale rispetto allo scopo e che dietro ogni comportamento umano e quindi anche le azioni devianti rispondano ad un ragionamento “mezzi/fini”. Ø Teorie funzionaliste è Durkheim: ci sono atti devianti per via dell’anomia, le norme morali non sono adeguate al tipo di società in cui viviamo. Nella prospettiva di Durkheim, basata sulla società, olistica, la colpa della devianza non è del deviante, è della società. Se vogliamo eliminare la devianza dobbiamo agire sulla società. è In ambito funzionalista si inserisce l’opera di Robert Merton che per spiegare i fenomeni devianti avanza la TEORIA DELLA TENSIONE. Per spiegare questa teoria bisogna richiamare la teoria dell’azione sociale di Parsons: egli va a sottolineare come sia l’obiettivo sia i mezzi non sono scelti completamente libera dall’individuo, ma che è che la società che propone degli obiettivi e dei mezzi all’individuo. Partendo da questa considerazione Merton costruisce uno schema: FINI MEZZI CONFORMISTA Accetta sia i fini proposti della società Accetta anche i mezzi proposti dalla società INNOVATORE Accetta l’obiettivo Ma non accetta i mezzi RITUALISTA Non accetta gli obiettivi Ma accetta i mezzi RINUNCIATARIO Non accetta né i fini Non accetta né i mezzi RIBELLE Non accetta gli obiettivi, ma propone nuovi obiettivi Non accetta i mezzi e propone nuovi mezzi La persona che risponde alla nostra idea di deviante è l’innovatore (truffatore, ladro), ma tutti eccetto il conformista possono essere considerati come devianti perché rifiutano qualcosa proposto dalla società. I funzionalisti sottolineano il fatto che la devianza possa avere delle funzioni positive che si manifestano davanti la reazione della società davanti all’atto deviante che serve a sviluppare la coesione sociale. à Un’altra funzione positiva è che la devianza permette di chiarire quali sono le norme e i valori della società vedendo quali sono gli atti che scaturiscono la reazione della società riusciamo a capire cosa è bene e cosa è male. à Ultima funzione è il fatto che la devianza contribuisce a far progredire la società, il fatto che tante persone cominciano a violare una determinata norma fa capire che quella norma non è più adeguata per quel tipo di società. Ø Teorie interazioniste è Teoria della subcultura dell’associazione differenziale: autore di riferimento è Edwin Sutherland. La devianza può essere interpretata come l’esito di un fallimento dei processi di socializzazione, in realtà la teoria della subcultura ci dice che non è sempre così in quanto le società non sono delle unità monolitiche con un unico sistema di valori, ma all’interno di una società ci può essere la cultura dominante ma ci sono alche delle subculture cioè dei sottogruppi che hanno dei valori e delle norme che possono essere diversi rispetto la maggioranza. Alcuni individui vengono cresciuti e socializzati in una subcultura considerata deviante rispetto alla cultura di maggioranza con valori diversi. è Teoria dell’etichettamento: l’autore di riferimento è Edwin Lemert. In questa teoria c’è una distinzione tra: o DEVIANZA PRIMARIA: si ha quando una persona viola una norma. I teorici dell’etichettamento dicono che non basta violare una norma per diventare deviante. Una persona diventa deviante quando la società mette l’etichetta di deviante a quella persona. o DEVIANZA SECONDARIA: quando una persona viene riconosciuta dalla società come devianti e questo ha delle conseguenze importanti: noi non commettiamo atti devianti è che abbiamo una reputazione che vogliamo difendere in quanto ci teniamo ad essere considerati delle brave persone e nel momento in cui si viene etichettati come devianti si perde la reputazione e a questo punto viene meno uno dei freni che mi trattiene di commettere atti devianti e questo scaturisce quella che in sociologia viene chiamata una profezia che si auto-adempie. Il passaggio dalla devianza primaria a quella secondaria è scaturito da diversi elementi: un primo elemento è legata al caso (commetto un atto deviante ma nessuno se ne accorge, cresco, capisco di aver sbagliato e seguo le norme oppure commetto un atto deviante, mi beccano e vado in prigione perdendo la reputazione, una volta uscito dal carcere è difficile reintegrarmi nella società). Un altro elemento è la ricchezza e il potere (commetto un atto deviante, sono figlio di un uomo ricco e potente che può pagare una somma di denaro e far chiudere un occhio a riguardo). LA CULTURA Quando si parla di cultura ci sono due prospettive: v VISIONE UMANISTICA DELLA CULTURA: è quella che porta ad identificare la cultura con ciò che viene definita la cultura alta, ossia i prodotti più elevati dell’intelletto e delle capacità umane (ciò che troviamo nei musei, arte, musica, architettura). v VISIONE ANTROPOLOGICA/SOCIOLOGICA DELLA CULTURA: in questa prospettiva la cultura alta fa parte della cultura ma è solo un elemento, una parte. La cultura è qualcosa di più ampio. Questa visione antropologica/sociologica nasce dalla constatazione della grandissima diversità che esiste nel tempo e nello spazio tra le società umane. Questa diversità è dovuta al fatto che nell’uomo l’istinto è molto meno sviluppato rispetto a quello degli altri animali. Per istinto si intende un comportamento complesso geneticamente determinato. Se un comportamento non è geneticamente dato allora deve essere appreso, ma prima di essere appresi devono essere pensati e creati (es. le case vengono costruite con determinati materiali). La cultura è tutto ciò che deve la sua creazione all’azione cosciente e tendenzialmente libera dell’uomo, cioè il patrimonio intellettuale e materiale relativamente stabile e condiviso proprio dei membri di una determinata collettività e costituito da valori, norme, definizioni, linguaggi, simboli, segni, modelli di comportamento, oggetti materiali. La cultura, dunque, non è un fatto individuale, ma riguarda la collettività, è qualcosa di condiviso tra più persone. La cultura è caratterizzata da un’ambivalenza: è qualcosa di stabile e che si mantiene nel tempo, ma al tempo stesso è qualcosa che si trasforma, in quanto è frutto dell’azione tendenzialmente libera dell’individuo. Inoltre, cultura non è sinonimo di società e questa è un po' una differenza tra antropologi e sociologi, infatti i primi tendono a sovrapporli rispetto ai secondi. La cultura è stata diversamente studiata e interpretata da diversi autori e scuole di pensiero: § LETTURA FUNZIONALISTA: autori di riferimento Durkheim, Parsons e Merton. La cultura secondo i funzionalisti serve a garantire la coesione sociale, le norme sono un elemento costitutivo della cultura, essa permette la vita associate e se queste norme non sono adeguate si sfocia nell’anomia e nel disordine sociale. Merton ancora una volta tende a sottolineare come i diversi elementi della cultura come le diverse pratiche culturali abbiano al tempo stesso delle FUNZIONI MANIFESTE e delle FUNZIONI LATENTI. La funzione manifesta è la funzione dichiarata (noi facciamo questa cosa perché abbiamo un obiettivo). La funzione latente invece non viene dichiarata ed esplicitata e di cui le persone fanno determinate cose non sono neanche pienamente consapevoli. (visione positiva). § LETTURA MARXISTA: seconda Marx la cultura è sovrastruttura e in particolare è una falsa coscienza, serve a nascondere la vera natura della società, in particolare la situazione di sfruttamento di pochi rispetto a molti. (visione negativa) § LETTURA INTERAZIONISTA: non si interrogano circa la funzione della cultura, quello che interessa agli interazionisti è come si costruisce la cultura, la sua produzione e come si trasforma e viene sottolineato come la creazione della cultura è oggetto di negoziazione continua di ciò che è bene, ciò che non è bene. ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA CULTURA VALORI è un’opinione condivisa all’interno di una società su ciò che è ritenuto buono, giusto, desiderabile da raggiungere o da conservare. Un valore è tale se è una opinione collettiva non è individuale. I valori hanno una natura prescrittiva, cioè danno indicazioni su come ci si deve comportare (comprende quello che si deve fare e quello che non si deve fare), danno indicazione anche su quelli sono gli obiettivi che ci dobbiamo porre e ciò che dobbiamo desiderare, dunque la funzione dei valori è di orientare le azioni degli individui. Inoltre, i valori servono anche come metro di giudizio delle cose che facciamo noi e di ciò che fanno gli altri. I valori non sono solo qualcosa di cognitivo, ma è qualcosa su cui abbiamo un attaccamento emotivo, e quindi la violazione di un valore non ci turba solo a livello cognitivo, ma suscita una reazione profonda e questo è legato al fatto che i valori fondamentali di una società sono oggetto della socializzazione primaria. I valori non sono tutti uguali, ma hanno una forza, alcuni hanno una forza maggiore e alcuni una forza minore e per misurale la forza di un valore ci sono 3 elementi che ci dicono qualcosa a riguardo: o Estensione del valore: quante persone si riconoscono in quel valore, maggiore è il numero delle persone, maggiore è la sua forza. o Capacità di tradursi in azioni concrete: il rispetto della vita umana è un valore importante e se qualcuno viola questo valore viene messo in carcere. o La forza della reazione della collettività rispetto alla violazione di quel valore: se una persona uccide un’altra persona lo sdegno è generalizzato e la gente diventa furiosa se la persona non viene incarcerata. Esistono valori universali? Se ci mettiamo in una prospettiva storica possiamo dire che probabilmente non esistono valori universali perché possiamo vedere ad esempio alcune pratiche che oggi “universalmente” condannate un tempo erano considerate accettabili. Se oggi esistono valori universali possiamo riconoscere che la loro universalità non è un fatto oggettivo, ma è qualcosa che è stato a sua volta socialmente costruito. Sono stati poi individuati alcuni valori trasversali, riconosciuti da tutti, come ad esempio la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, un documento che è stato costruito dalla collettività, ma anche qui ci accorgiamo che l’universalità di questi principi è “limitata”. Art. 1: tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. à oggi vale come principio, ma in passato no in quanto alcune persone nascevano schiave, ma non valeva neanche quando è stato siglato questo documento in quanto in alcuni stati degli USA vigeva ancora la segregazione razziale per cui legalmente bianchi e neri non erano liberi ed uguali. Quindi possiamo avere dei dubbi circa l’effettiva uguaglianza di diritti ad es. tra uomini e donne Art. 3: ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona à vi sono ancora pratiche di pena di morte che vengono applicate in diversi stati, quindi ci sono delle eccezioni, dei limiti. Art. 4: nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù, la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma. à in passato non era così in quanto schiavitù e servitù sono state delle istituzioni che hanno caratterizzato per lungo tempo la nostra società. Art. 5: nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumani o degradanti. à quando una punizione può essere considerata tale? Qual è il limite? L’universalità di questi principi è un’universalità in un certo senso limitata in chiave storica. LE NORME: sono strettamente legate ai valori. Una norma può essere definita come una indicazione di dover essere, e si distingue tra: • NORME PRESCRITTIVE: sono quelle che dicono cosa si deve fare • NORME PROSCRITTIVE: sono quelle che dicono cosa non si deve fare La differenziazione culturale è presente anche all’interno della società: DUE CONCETTI SUBCULTURA CONTROCULTURA Un insieme di credenze, oggetti materiali che contraddistingue un sottogruppo all’interno di una certa società= elementi riconosciuti solo da una parte degli appartenenti ad una cultura dominante. È un’appartenenza elettiva à Le persone decidono di far parte di una subcultura. Ex: subculture giovanili (i metallari). La subcultura si differenzia dalla cultura dominante della società ma non è in contraddizione con la cultura dominante. Sono gruppi che hanno le caratteristiche delle subculture ma che sono totalmente in contrapposizione con la cultura dominante e hanno come scopo quello di rovesciare la cultura della società. Ha l’obiettivo di modificare l’ordine esistente, la cultura dominante. Ex: un gruppo terroristico. è Discorso più ampio: DIFFERENZE CULTURALI TRA SOCIETA’ DIVERSE La tribù dei Nacirema (HORACE MINER). I nacirema, letti al contrario sono gli americani. HORACE MINER aveva descritto la società americana degli anni 50 così come l’avrebbe descritta uno straniero. Concetto di etnocentrismo La cultura plasma il nostro modo di pensare, il nostro modo di leggere la realtà è influenzato dalla nostra cultura. L’etnocentrismo appare quando ci convinciamo del fatto che il nostro punto di vista sia il punto di vista oggettivo e che non sia culturalmente determinato!! Ciò che è diverso necessariamente sarà sbagliato se riteniamo che il nostro punto di vista sia quello oggettivo e quindi corretto. Se noi siamo così convinti dei nostri valori e dei nostri punti di riferimento, spesso non ascoltiamo neanche gli altri à invece bisognerebbe adottare punti di vista diversi e cercare di ascoltare gli altri, in questo modo potremmo scoprire come alcune differenze culturali in realtà sono solo modi diversi di raccontare diverse cose. UNIVERSALI CULTURALI Questa somiglianza si pone a un certo livello che potremmo definire di generalità: universali culturali sono elementi comuni che troviamo in tutte le culture e che vengono declinati da cultura a cultura in maniera diversa Quali sono questi universali culturali? - Linguaggio. In ogni cultura c’è una forma di comunicazione, ma è chiaro che la lingua sia una costruzione culturale, però forme di comunicazione sono presenti anche negli animali. - Esistenza di un sistema famigliare: j ogni cultura c’è un’idea o qualcosa che possiamo ricondurre al concetto di famiglia: ovvero l’idea che ci siano legami anche diversi da altri, e più importanti di altri. Una qualche idea di rapporti famigliari rimane, rapporti profondi - Matrimonio: idea di unione stabile tra due persone - Riti religiosi, declinati talvolta in modi molto diversi - Idea dei diritti di proprietà, ovvero l’idea che alcuni beni possano appartenere in maniera esclusiva a qualcuno anche se il numero delle persone che possono beneficiare di ciò cambia - Qualche forma di produzione dell’incesto. Es faraone - Esistenza di forme di arte, forme espressive fini a se stesse - Danza, tanti tipi diverse ma in ogni cultura si trovano forme di danza - Musica - Presenza di ornamenti per il corpo, anche nelle più antiche tombe preistoriche si sono trovati i segni di bracciali etc. - Il gioco, che è qualcosa di importante nei processi di socializzazione e nel consolidamento dei legami sociali - Lo scambio di doni, come elemento fondamentale per la creazione e rafforzamento del legame social - L’umorismo, idea che ci sono delle cose di cui si può e deve ridere - Esistenza di norme igieniche. - Qualche forma di cura dei cadaveri Tutti questi sono elementi condivisi nelle diverse culture anche se cambiano da cultura a cultura e col passare nel tempo. GLOBALIZZAZIONE Difficile parlare di questo perché come vedremo la globalizzazione è un fenomeno estremamente complesso E che il concetto di globalizzazione il termine globalizzazione è un termine che viene utilizzato in diversi ambiti scientifici. Dal punto di vista geografico è utilizzato da molti teorici. In ognuno di questi ambiti disciplinari il concetto viene utilizzato con una accezione un po’ o molto diverse. Anche all’interno di singoli ambiti disciplinari non tutti la pensano e la definiscono allo stesso modo. Altro elemento: è un termine che viene utilizzato anche fuori dall’ambito scientifico: ne parano giornalisti, imprenditori, politici etc. e anche loro utilizzano il termine con accezioni diverse. Ancora altro elemento, oggi forse meno accentuato, c’è stato un forte uso del termine in termini ideologici: fu utilizzato come strumento di azione, utilizzato per portare avanti azioni (in slogan per esempio). Altro elemento di difficoltà è il fatto che l’attenzione di questo concetto è esplosa post-Guerra Fredda con una iper produzione parascientifica rispetto a questo termine. à termine usato tantissimo, in ambiti diversi, una parola che vuol dire tutto e il contrario di tutto. Concetto estremamente utile per interpretare la realtà sociale che ci circonda: Questa definizione non è corretta, ma è una definizione sociologica di globalizzazione e che cerca di tenere dentro quelli che sono alcuni dei principali contributi rispetto alla riflessione su questo tema. La globalizzazione è un insieme di processi in virtù dei quali succedono tre cose 1. Aumentano in numero e in intensità i rapporti, gli scambi, i flussi, le interdipendenze tra le diverse aree del pianeta à in epoca più vicina a noi è aumentato notevolmente sia il numero e sia la loro intensità e capillarità di questi scambi e rapporti. A questo proposito possiamo segnalare come le cose e i flussi che attraversano il pianeta siano molto diversi tra loro e di natura variegata. Cosa si sposta? Beh, si spostano le persone e di conseguenza altre cose: quando le persone si spostano si spostano con loro anche idee, comportamenti, abitudini, informazioni, tecnologia, soldi etc. le persone che si spostano sono molto diverse tra loro. Ma flussi e spostamenti ci sono sempre stati... se ci fermassimo qua potremmo dire che la globalizzazione altro non è che l’intensificazione di cose che ci sono sempre state. La differenza rispetto al passato non è solo quantitativa però, ma anche qualitativa… Quello che vediamo è che i vincoli che lo spazio e il tempo hanno sempre posto all’azione umana in qualche modo sembrano allentarsi. Questo è successo chiaramente soprattutto grazie allo sviluppo dei mezzi di comunicazione e di trasporto. Alcuni eventi che hanno cambiato il nostro modo di rapportarci con lo spazio. 1825: nel regno unito vengono inaugurate le rime linee ferroviarie di un certo rilievo: non rende solo più veloci i tempi ma riescono a rendere più prevedibili i tempi degli spostamenti 1829: diffusione della navigazione a vapore: possibilità di dominare spazio e tempo avendo tempi di percorrenza che nojsolo legati in maniera decisiva alle correnti e ai venti. 1837: invenzione del telegrafo: svolta qualitativa perché fino a quel momento se si fa l’eccezione di alcuni sistemi di comunicazione ottica es. bandiere. Con questa invenzione le informazioni possono viaggiare più velocemente rispetto a persone o oggetti. 1851: viene tirato il primo cavo telegrafico dal regno unito e l’Europa 1866 viene tirato il primo cavo trans oceanico 1878: prima rete telefonica negli stati uniti 1896: invenzione della radio comunicazione: il telegrafo ha bisogno ancora di una base materiale, ovvero del cavo: l’invenzione della radio permette di superare questo limite di materialità. 1919: primo aereo di linea 1922 avvio delle prime trasmissioni radiofoniche regolari 1936 inaugurazione degli studi televisivi della BBC quindi non solo voce non sono informazioni ma anche immagini che cominciano a spostarsi 1958: primi esperimenti della rete ARPANET, la mamma di internet, progetto del dipartimento della difesa degli stati uniti 1962: lancio del primo satellite per telecomunicazioni 1981: commercializzazione del primo personal computer 1991: inaugurazione del world wide web Queste segna il processo con cui le persone sono riuscite a superare I vincoli a cui lo spazio ha sottoposto la realtà umana. Un tempo la possibilità di avere relazioni con altri soggetti, e l'intensità di queste relazioni, era inversamente proporzionale alla distanza: io potevo avere molte relazioni e relazioni intense con chi mi era fisicamente vicino, potevo avere poche relazioni e molto rade con chi mi era fisicamente lontano. Poi c'erano alcuni fattori di nuovo materiali che entravano in gioco, ad esempio un fiume facilitava le relazioni. 2. Si trasforma, rispetto al passato, l’influenza e l’impatto che la dimensione spazio e la dimensione tempo hanno rispetto alla natura, sul numero e sull’intensità di questi scambi/rapporti. Grazie allo sviluppo dei mezzi di comunicazione e di trasporto il mondo è diventato più piccolo. Quando si è cominciato a parlare di globalizzazione alcuni dei primi autori hanno associato il concetto di globalizzazione al concetto di compressione spazio-temporale. Lo spazio e il tempo si riducono, diventano sempre meno rilevanti. Le distanze sono rappresentate proporzionalmente al tempo necessario per percorrerle quindi: partiamo 1500/1840, quando i mezzi di trasporto utilizzabili erano le carrozze a cavallo, i velieri che si muovevano mediamente su lunghe distanze a una velocità media di 10 kmh; poi tra la metà dell'Ottocento e i primi anni del 900 velocità media dei treni a vapore 50 kmh e delle navi a vapore 30 kmh. Lo spazio si comprime: anni 50 del secolo scorso velocità media di un aeroplano a elica 250/300 150 kmh, anni ‘60 del secolo scorso: velocità meglio di un aeroplano uccidi la reazione 400/600 km all'ora. Oggi un aeroplano civile a reazione viaggia a 800 kmh. Questa immagine però trascura degli elementi molto importanti, in particolare è sbagliato per due motivi opposti: al tempo stesso ci dice troppo ma anche troppo poco. è Ci dice troppo poco: non è vero che le distanze si sono ristrette/rimpicciolite, o per lo meno non vale per tute le distanze: alcune sono proprio scomparse, diventate irrilevanti. Legato a questa trasformazione c’è un concetto importantissimo, introdotto da un sociologo inglese Giddels, uno dei primi autori che negli anni ’90 si interessa di globalizzazione e questo è il concetto di DISEMBEDDING, “sradicamento/decontestualizzazione”. Questo concetto fa riferimento al fatto che un tempo tutte le attività umane avevano una chiara collocazione spaziale e temporale. à Es. mercato centrale. Non è vero che il mondo si è rimpicciolito ma sono le distanze che sono scomparse è Ci dice troppo: dal punto di vista fisico Milano è più vicina a Bergamo che a Brescia, ma sulla Milano-Brescia c’è l’alta velocità, e quindi sono 36 minuti. Milano-Bergamo invece un’ora e cinque. Dal punto di vista fisico Milano è più vicino a Bergamo rispetto a Brescia, dal punto di vista sostanziale no, è più vicina Brescia. Sarebbe quindi più corretto parlare di distorsione dello spazio: i processi di globalizzazione hanno trasformato la geografia. In questa trasformazione ci sono alcuni luoghi o spazi che grazie alla dotazione di infrastrutture di trasporto o comunicazione che hanno si trovano ad essere più vicini al resto del mondo. GLOBAL CITIES Una sociologa Sassen chiama questi luoghi Global Cities, città che vedono le distanze molto complesse, che sono più vicine al resto del mondo. Possiamo immaginarle metaforicamente come dei buchi neri. Questo concetto ci dice che lo spazio si è trasformato ma no ha perso la sua rilevanza. Alcuni autori dicevano che con la globalizzazione lo spazio non contava piu nulla: invece non è vero, conta ancora tantissimo. Trasforma la sua rilevanza lo spazio. Io spazio tende ad essere meno una variabile quantitativa e tende a diventare sempre di più una variabile qualitativa, contano sempre meno le distanze ma parallelamente aumenta l'importanza di ciò che lo spazio contiene à distorsione dello spazio legato al fatto che non tutte le distanze si riducono nello stesso modo. Allora possiamo dire che lo spazio smette di essere una dimensione oggettiva ma comincia a diventare qualcosa di relativo abbiamo: una relativizzazione dello spazio. Lo spazio e la sua rilevanza dipendono dai luoghi. soprattutto la rilevanza delle distanze si relativizza rispetto alle caratteristiche dei luoghi tra cui c'è questa distanza. la distanza tra due città servite dall'alta velocità è diversa rispetto alla distanza tra due città non servite dall'alta velocita. Elementi di globalizzazione culturale: - Diffusione su scala globale di alcuni stili di vita, modelli di consumo e prodotti. - Esistenza di alcuni eventi globali di cui grazie ai mezzi di comunicazione siamo tutti spettatori su cui tutti possiamo farci un’opinione - Esistenza di alcune comunità trans-nazionali basate su interessi, credi, culture. - L’incontro tra culture diverse legato agli spostamenti delle persone (fenomeni migratori, turismo, studio). - Dall’incontro tra culture diverse possono nascere tratti culturali/culture nuove, attraverso un processo di ibridazione. - Esistenza di alcune competizioni globali (le olimpiadi, i mondiali di calcio, il premio Nobel) - Diffusione, almeno a livello di enunciazione, di alcuni valori in cui tendenzialmente ci riconosciamo tutti. - Diffusione di alcune paure e minacce rispetto a cui noi siamo tutti sottoposti (epidemie, conflitti etc.). Oltre ad essere quindi un fenomeno multidimensionale, dato di complessità della globalizzazione, c’è un’altra cosa che contribuisce a rendere la globalizzazione un fenomeno complesso, come da definizione. È un fenomeno profondamente ambivalente: la globalizzazione è composta da un gran numero di processi e dinamiche che non vanno tutte nella stessa direzione. Non sono tante frecce che vanno nella stessa direzione. Uno dei primi sociologi a trattare della globalizzazione, Robertson, tende a definire l’era contemporanea e della globalizzazione, l’età dell’incertezza, caratterizzata da forti ambivalenze. Alcune ambivalenze che caratterizzano la globalizzazione. a. Contrapposizione omogeneizzazione-differenziazione Negli anni 90, quando si è iniziato a parlare di globalizzazione, e quando il dibattito sulla globalizzazione è uscito dall’ambito strettamente scientifico, si è diffusa l’idea che globalizzazione fosse piu o meno sinonimo di omogeneizzazione. Questo ha creato anche movimenti di protesta contro la globalizzazione e ha scaturito reazioni negative. “mio dio perdiamo le nostre identità e culture”. In realtà non è proprio così. È vero che nei processi di globalizzazione sono presenti dinamiche di omogeneizzazione ma p anche vero che assistiamo anche a dinamiche di profonda differenziazione. È una questione di punti di vista: se guardiamo il mondo da lontano vedo soprattutto l’omogeneizzazione, che piu o meno in tutto il mondo si parla inglese, si beve coca cola, c’è Mc Donald’s, etc. Se ci avviciniamo, e ci soffermiamo su una piccola area del mondo, come una regione o una città specifica, ci accorgiamo che la teoria di questa omogeneizzazione che ci rende tutti uguali non regge molto. à processi di ibridazione, aumento delle opzioni che ognuno d noi ha a disposizione b. Contrapposizione universalismo-particolarismo Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione ci permette di avere info e news che arrivano da ogni parte del mondo, anche se non abbiamo la possibilità di spostarci. Questa conoscenza del resto del mondo può sviluppare e sviluppa in molti di noi un senso di vicinanza rispetto a chi ci è fisicamente lontano, ci può aprire a valori di tolleranza e di rispetto nei confronti dell’altro. Riconoscere che ci sono valori che ci rendono tutti uguali. Al tempo stesso questo può creare un senso di paura, di preoccupazione. Da un lato quindi ci sono movimenti politici che hanno un forte messaggio di tipo nazionalistico, particolaristico, che reagiscono nei confronti di questa grande apertura. Questa reazione di particolarismo non necessariamente è qualcosa di ostile nei confronti degli altri, ma potrebbe essere un modo per valorizzare alcuni elementi che permettono di stare meglio e meglio competere in un contesto globale. La sociologa tunisina Abu Lughod dice che a Tunisi ci sono due mercati principali: il primo è collocato nel centro storico della città, in un luogo dove ci sono architetture tipicamente tunisine e dove la colonna sonora è musica tradizionale, e i clienti, solo turisti. Poi c’è un altro mercato, piu periferico, caotico, dalla colonna sonora variegata, dove le persone sono vestiti in tutti i modi possibili, e i prodotti venduti sono vari, molto di importazione e li, i clienti, sono soltanto tunisini. à noi abbiamo il nostro mercato globalizzato, poi però manteniamo il mercato tradizionale perché è una risorsa per competere a livello globale e attirare i flussi di globalizzazione positivi che vogliamo attirare. c. Contrapposizione abbattimento dei confini-creazione o ridefinizione di vecchi e nuovi confini La globalizzazione è legata al venire meno di molti confini: esistono organizzazioni che si sviluppano al di la dei confini, flussi che si spostano al di la dei confini, eventi trans-nazionali, e contesti in cui gli spostamenti delle persone sono facilitati. Area Schengen à per sottolineare a natura ambivalente dei processi che stiamo vivendo in letteratura è stato introdotto il concetto, da Robertson, di GLOCALIZZAZIONE, concetto che serve a sottolineare come la globalizzazione comporti dei processi che hanno una porta globale ma che hanno anche profonde ricadute anche a livello locale, viene dalla fusione di globale-locale. Grandi detrattori della globalizzazione. Questo concetto non ha convinto tutti… diversi contestano la validità di questo concetto e la realtà dei fenomeni che questo concetto vorrebbe indicare. Tre possibili critiche al concetto di globalizzazione che troviamo in letteratura: Ø Critica di chi dice che la globalizzazione non esiste à questo perché il mondo presenta ancora troppe differenze, fratture, ci sono ancora troppe barriere e la globalizzazione non corrisponde ad un dato di realtà. Cosa si intende per globalizzazione? Perché globalizzazione non significa unificazione! Significa che non possiamo piu disinteressarci degli altri, gli eventi che avvengono anche al di la dei confini hanno effetti rilevanti sulle nostre vite. I confini esistono, ci sono sempre stati, ma questo non p il contrario della globalizzazione, non è la fine dei confini ma che esistono processi e dinamiche che si sviluppano prescindendo dai confini. à Facciamo rientrare qua dentro anche il sotto-gruppo di autori che dicono che la globalizzazione c’è stata, ma non c’è piu. Hanno scambiato un evento transitorio per una svolta epocale à la globalizzazione sarebbe stata dal 1989 al 2001. È stato solo un momento transitorio, oggi non esiste piu Ø La globalizzazione esiste ma non è un fenomeno globale, cioè riguarda soltanto alcune persone, non tutti, e solo alcune parti del mondo, non tutte le parti del mondo. Per la contadina ugandese globalizzazione non vuol dire assolutamente niente. Esiste ma non è un fenomeno globale. à ma a causa di ciò è costretta a migrare! Questo è una causa della globalizzazione, la globalizzazione colpisce anche lei anche se in modo diverso. Ø Per gli storici, in maggior parte, la globalizzazione esiste ma non è niente di nuovo. La globalizzazione c’è sempre stata, non è una svolta epocale, ci sono sempre stati scambi di valori etc. Quello a cui abbiamo assistito è un’intensificazione di processi che ci sono sempre stati. È vero, oggi però ci sono elementi che segnano una drammatica discontinuità rispetto al passato. C’è la possibilità dell’interazione simultanea a distanza Pubblicità in inglese, con tennista svizzero e prodotto italiano. La foto non è stata fatta dal professore né in Italia, né in svizzera e né in un paese di lingua inglese, ma ad Helsinki. Paesi ricchi, quindi una globalizzazione che riguarda solo alcuni paesi… non tutti. Altri potrebbero dire, spaghetti? Provengono dalla Cina… Questa immagine non va bene Immagine dal passato: la geografia che caselli studiava alle elementari. Questa era l’Europa, molto diversa da quella di adesso à Jugoslavia, Cecoslovacchia, Germania est ed ovest, unione sovietica. Ma la differenza più importante era la cortina di ferro, il confine più confine nella storia dell’umanità. Confine politico, economico, culturale e morale (libertà vs. oppressione) I confini ci sono, e cose che avvengono al di la del confine, possono avere impatto anche immediato su altri. (es. Chernobyl su Caselli che va al mare a giocare). Anche questo fatto così privato e personale fu influenzato da Chernobyl: il latte assorbe particolarmente le radiazioni à è sicuro quindi allattare al seno il proprio bambino? Gesto intimo influenzato da ciò che avvenne al di là del confine più confine che c’è. Nel 1986 l’acqua minerale era un prodotto d’élite. Non si trovava così facilmente. Per la paura delle radiazioni quindi poi gli italiani hanno iniziato a bere acqua minerale e non hanno più smesso. Un comportamento di vita quotidiana banale è stato influenzato da un evento al di là del confine. Uno dei più grandi sociologi che si occupa di globalizzazione è Beck, che ha sostenuto che la dimensione del rischio, che ha potere globalizzante, è la dimensione maggiormente valorizzante a livello planetario. Ci sono elementi che caratterizzano la globalizzazione che possono avere andamento altalenante e scontrarsi tra di loro. GLOBALIZZAZIONE E INTERNAZIONALIZZAZIONE: LA DIFFERENZA L’internazionalizzazione è un processo che è sempre esistito, e che può avere accelerazioni o rallentamenti. Ma l'internazionalizzazione è solo una parte della globalizzazione, in particolare: Qual è la differenza la differenza? à è che l'internazionalizzazione fa riferimento a dinamiche di diverso tipo che si dispiegano tra uno stato e l'altro. Globalizzazione: fenomeni Internazionali, cioè fenomeni che si sviluppano tra gli Stati esistono anche alcuni processi alcune dinamiche che si sviluppano prescindendo totalmente dall'esistenza degli Stati. Esiste un’interdipendenza di fondo, il cuore della globalizzazione, legata al fatto che tutta l’umanità condivide alcuni rischi e che deve affrontare alcuni problemi che non possono essere affrontati dai singoli stati nazione (es. riscaldamento globale). Al di là di questa interdipendenza, il come l’umanità deciderà di muoversi o no in relazione a questi problemi, è una partita ancora aperta. Vi sono problemi che non possono essere affrontati singolarmente, ma richiedono uno sforzo condiviso. Questi problemi devono essere gestiti a livello globale à il problema è che esistono problemi che vanno affrontati su scala superiore a quello dello Stato-nazione, che devono essere gestiti su una scala superiore. GLOBAL GOVERNANCE Ma come fare, come possiamo costruire una Global Governance? Come possiamo fare in modo che questa Global Governance sia democratica, cioè parta dalla d'ascolto dei bisogni delle aspirazioni di tutti? il problema della democrazia, pur con molti limiti, è stato risolto a livello nazionale. abbiamo inventato il modello dello Stato nazione democratica dove ci sono dei parlamenti eletti dei governi responsabili dei funzionari, responsabili e questo permette una qualche partecipazione di ogni cittadino alle decisioni che lo riguardano. Replicare questa cosa su scala planetaria è probabilmente impossibile, difficile immaginare il Parlamento mondiale votato a livello mondiale con il governo mondiale. Forse bisogna inventare qualcosa di nuovo, ci sono dei tentativi di rispondere a questo problema e il tentativo forse più significativo è quello dell'organizzazione delle Nazioni unite (e proprio in questi giorni vediamo i limiti di un'organizzazione come le Nazioni Unite dove non tutti sono uguali dove ci sono 5 paesi che hanno un diritto di veto su tutte le decisioni. Questo limita molto le possibilità di azioni concrete di questa realtà). Perché è così difficile immaginare progettare una Global Governance? à qui ci dobbiamo ricondurre ad alcune cose che abbiamo visto parlando della cultura e delle differenze culturali Ci sono alcuni problemi globali che richiedono soluzioni globali e condivise. Il problema è che noi in base a cosa prendiamo decisioni? Valori. È sulla base dei valori che decidiamo se una cosa è di mio interesse. Come si possono mettere d’accorso su decisioni, arrivare ad una soluzione condivisa, soggetti che hanno valori di riferimento diversi? Diventa una scelta tra valori in ultima analisi, e si può scegliere tra valori? Beck pone questo problema nei termini della possibilità di una CRITICA INTERCULTURALE. I valori inevitabilmente sono legati ad interessi, e quindi questo collegamento rischia di sporcare e rendere molto più difficile il confronto tra i valori). Non ci sono risposte giuste ma ci sono due possibili non risposte: • IMPERILISMO CULTURALE: un sistema cultura si impone sulle altre, a valere i propri valori rispetto alle altre e prende decisioni globali in quanto cultura dominante. Questa è una non risposta perché Oggi però nessuna cultura è così forte da imporre la propria volontà. • RELATIVISMO CULTURALE ESTREMO: consiste nel dire che i valori non possono essere messi in discussione, mettere tutti i valori alla pari. È una non risposta perché è impossibile prendere decisioni condivise in quanto richiede necessariamente un confronto tra valori.
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