Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia del cristianesimo dalle origini al medioevo - Rigo, Appunti di Storia della Chiesa

Appunti delle lezioni del professor Rigo; sono presenti tutte le informazioni necessarie per poter sostenere l'esame al meglio: fonti sulla vita di Gesù, la storia della vita di Gesù, cosa accadde dopo la sua morte, documenti trattati a lezione che parlano del cristianesimo all'epoca (come il 'Dialogo con Crifone') ecc...

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 17/05/2023

gallinarogiulia
gallinarogiulia 🇮🇹

4

(1)

10 documenti

1 / 23

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Storia del cristianesimo dalle origini al medioevo - Rigo e più Appunti in PDF di Storia della Chiesa solo su Docsity! STORIA DEL CRISTIANESIMO DALLE ORIGINI AL MEDIOEVO Rigo 2022/2023 Introduzione: Uno studio critico del cristianesimo è qualcosa che nasce nell’età moderna, anche se aveva degli antecedenti nel cristianesimo stesso all’interno della letteratura teologica fin dall’età antica. Dal IV secolo in poi, un genere molto diffuso della letteratura cristiana è quello della storia ecclesiastica. Lo studio critico del cristianesimo è una conseguenza indiretta delle guerre di religione in Europa tra XVI e XVII secolo, da cui iniziò una riflessione di tipo storico. Se si parla di storia antica del cristianesimo un peso decisivo nella nascita e nello sviluppo degli studi è rappresentato dalle ricerche sui testi biblici e neotestamentari, per i quali viene applicato un metodo filologico, che era stato messo a punto per quanto riguardava i testi classici antichi. Si sosteneva che il testo della Bibbia andasse studiato ed emendato secondo gli stessi principi e regole che valevano per qualsiasi altro testo. Quali sono le fonti a nostra disposizione per quanto riguarda il cristianesimo antico? Il cristianesimo antico rappresenta un problema innanzi tutto per quanto riguarda le fonti, con il porsi il problema della sua fondazione, di chi lo avesse fondato, che voleva attribuire a Paolo un ruolo decisivo. Oggi le cose sono completamente differenti, ci è assolutamente chiaro che l’ebreo Gesù non concepiva la sua missione come la fondazione di una religione ma allo stesso tempo c’è anche l’idea che Paolo non pensava di fondarne una. La storiografia, attualmente, si pone altri tipi di interrogativi: quali sono i motivi e i tempi del distacco di quelli che poi chiamiamo cristiani dal giudaismo e quando si configura un sistema religioso autonomo? Cristianesimo è un termine che comparve soltanto all’inizio del II secolo nell’area di Antiochia. Le fonti sono molte, diverse e abbondanti per quel che riguarda Gesù, significativo per l’impatto che la sua figura ebbe nei contemporanei. Per il I secolo, a parte un’eccezione, la testimonianza di Flaviano, tutte le fonti su Gesù provengono dai suoi seguaci, fatto che viene riproposto di frequente da alcuni per mettere in dubbio l’esistenza storica di Gesù; idea insostenibile perché si basa sul seguente argomento: il silenzio degli storici contemporanei romani, i quali non si preoccupavano di raccontare le vicende di una provincia come la Giudea sotto Ponzio Pilato, del quale, a parte le testimonianze di due fonti giudaiche, si ha solo la menzione in un’iscrizione frammentaria a Cesarea Marittima; inoltre non avevano ragione di occuparsi di un ebreo giustiziato qualunque. Le cose cambiarono velocemente, all’inizio del II secolo, si vede che lo storico romano Tacito, menziona Ponzio Pilato solo nel contesto in cui accenna a Gesù e ai cristiani; ne abbiamo numerose fonti che presentano anche delle contraddizioni. Per i primi due secoli la documentazione è esclusivamente letteraria, con il passare del tempo le fonti si moltiplicarono, le fonti scritte si differenziarono e si ebbe un’attenzione degli stessi cristiani per la storia che si trova già testimoniata in qualche modo nei vangeli. Più tardi i cristiani si appropriarono del genere cronografico e crearono la storia ecclesiastica. La più antica attività letteraria praticata dalle prime comunità fu finalizzata ad un’attività missionaria (il missionario che percorreva le grandi vie commerciali diffondeva il messaggio). La predicazione orale veniva sostituita o completata da lettere. Una buona parte della prima produzione letteraria in forma epistolare è andata perduta e quello che conosciamo è opera di un personaggio della chiesa primitiva, Paolo. Si ha un numero consistente delle sue lettere autentiche, alle quali vanno aggiunte altre divulgate sia sotto il suo nome che sotto quello di altri rappresentanti della fase missionaria: Pietro, Giovanni, Giacomo, Giuda, Barnaba. La centralità della lettera è tale che possiamo vedere alla fine del I secolo ed oltre, delle opere, spesso ampie, che non hanno un destinatario preciso. In questa produzione epistolare la figura più conosciuta è Paolo, di lui abbiamo delle testimonianze molto chiare anche se è sicuramente più complicato avere un quadro cronologico più preciso della sua carriera e della sua vita. L’origine secondo gli atti degli apostoli avvenne a Tarso di Cilicia, Saul Paolo (doppio nome per gli ebrei provvisti di cittadinanza romana), dalle lettere emerge una sua formazione rabbinica e dagli atti sappiamo che trascorse un altro periodo di istruzione a Gerusalemme presso un rabbith. Va ricordato anche che entrò in contatto con le esperienze culturali del mondo greco- romano. Dopo un periodo di due anni e mezzo in Arabia andò a Gerusalemme incontrandosi con Pietro e Giacomo; successivamente si recò in Siria e Cilicia, pose la sua base ad Antiochia e nel 48 d.C. risale una seconda permanenza a ……. ??? giurlaime??? Tornato ad Antiochia entrò in conflitto con Pietro per quanto riguardava i rapporti da tenere con i cristiani provenienti dal paganesimo. Si spostò poi ancora molto. L’unica data certa di tutto il suo itinerario è quella di quando soggiornò a Corinto nel 51/52 d.C. lo si ricorda perché le sue opere sono le fonti più antiche sul cristianesimo; non tutte le sue lettere sono giunte sino a noi. Le lettere se sono sicuramente sue sono: • lettera ai tessaloniceti, 50-52 d.C. • due lettere ai corinzi, metà anni 50 • lettera ai galati, metà anni 50 • lettera ai filippesi, metà anni 50 • lettera a Filippone, metà anni 50 • lettera ai romani, scritta durante l’ultimo soggiorno a Corinto, tra 57 e 58 d.C. Pseudo-epigrafia → una lettera posta sotto il nome di Paolo, solo per questo, è autorevole. Si tratta di un modo di volersi ricollegare alla memoria e all’insegnamento di una persona. C’è una questione centrale che emerge dall’epistolare paolino, quella dell’osservanza, in senso rituale e religioso all’interno del giudaismo. La comunità nacque e si sviluppò all’interno di un giudaismo molto variegato (es. Farisei, Saducei ecc…), un mondo che si conosce meglio grazie alla scoperta del 1947 delle grotte Datazioni Vangelo di Marco: poco prima del 70 d.C. Vengelo di Matteo e vangelo di Luca: dopo il 70 d.C. (Luca più tardi) C’è ancora un forte dibattito per quanto riguarda le date esatte dei vangeli; ci sono delle voci che tendono a retrodatare i vangeli sinottici. Sotto il nome di Giovanni ci è pervenuta una serie di scritti che comprendono un vangelo (quarto vangelo), 3 lettere e l’apocalisse (la rivelazione), attorno al 100 d.C.; per il luogo di origine sono state avanzate numerose proposte: Siria, Alessandria d’Egitto e Asia Minore. Il vangelo di Giovanni condivide con i vangeli sinottici il quadro narrativo e anche alcuni episodi ma se ne distacca profondamente, oltre che per una diversa sistemazione cronologica degli eventi, perché l’accento è posto più che su opere e biografia, sulla persona, di cui è affermato in maniera esplicita fin dal prologo il carattere divino del figlio di Dio diventato uomo. Giovanni è una sorta di profeta che opera in una comunità dell’Asia Minore alla fine del I secolo. Afferma di aver avuto mentre si trovava nell’isola di Patmos/patamos?? una serie di visioni che hanno come tema lo sconvolgimento di questo mondo che si concluderà con il trionfo finale di Cristo sulle potenze avverse cui seguirà l’instaurazione in terra della nuova Gerusalemme regno dei giusti. Apocalisse appartiene al genere dell’apocalittica; si tratta di un genere che ha sempre un luogo ed una data di nascita: mondo giudaico e isola Eden nell’epoca legata all’esilio babilonese. Con questi scritti siamo a cavallo tra I e II secolo; questi scritti giovannei, insieme ai vangeli sinottici, agli atti degli apostoli, costituiscono un insieme disparato di scritti che rispondo alle esigenze più diverse delle comunità, anche se caratterizzati da indirizzi in parte contrastanti. Più tardi questi scritti vennero a far parte del canone del nuovo testamento che si sarebbe costituito gradualmente a partire dalla fine del II secolo. I e II secolo, in assenza di un canone neotestamentario, le comunità ebbero La Scrittura, in uso nel giudaismo, letta generalmente nella traduzione greca. Lì La Scrittura era la Bibbia. Ricostruzione storica del cristianesimo delle origini partendo da Gesù Per la sua figura abbiamo a disposizione le raccolte dei suoi fedeli, le sue parole e narrazioni della sua attività. La narrazione più antica è stata composta intorno al 70 d.C. ed è presentata come un’opera di un certo Marco, collaboratore dell’apostolo Pietro; questa comincia con la parola Vangelo e delle lettere di Paolo, l’annunzio di Gesù; in seguito si indicò invece come vangelo il libro attribuito a Marco ed altri analoghi che trasmettevano la memoria di Gesù. Sulla nascita di Gesù non sappiamo praticamente nulla; Paolo afferma solo che egli era nato da donna e sotto la legge (così dice nella lettera ai Galati), era ebreo. Della sua nascita non ne parlano né Marco né QU. Nei vangeli di Matteo e Luca sono presenti dei racconti sulla sua nascita e sulla sua infanzia; presentano nei capitoli 1 e 2, dei racconti che hanno degli elementi in comune ma anche delle divergenze molto forti. Probabilmente questi capitoli si basano su delle citazioni bibliche selezionate come profezie sulla sua nascita, dalle quali furono ricavati diversi episodi e racconti fra i quali 2 divennero canonici. La nascita a Betlemme è giustificata da Matteo e Luca in modo completamente diverso: • perché c’era la profezia di Michea che diceva che li sarebbe nato il Messia. • Problema divenuto dalla frammentarietà delle fonti; Gesù era discendente da re Davide (?), la discendenza di Gesù da questo personaggio la troviamo già affermata da Paolo nelle sue lettere ai romani. • Racconti della nascita: si trova un rapporto con il regno di Erode e poi si parla del nome dei genitori che sono confermati da altre fonti (Marco, dalla madre e da Giovanni). Famiglia di Gesù Si parla della madre e appaiono anche i nomi di 4 fratelli di Gesù: Giacomo, Joses, Giuda e Simone; vengono nominate anche le sue sorelle. Un passo molto importante di Marco in cui si parla (6;3) dei suoi fratelli e sorelle. Due dei fratelli portano il nome dei patriarchi: Giacomo sta per Giacobbe, Joses sta per Giuseppe; gli altri due hanno il nome di due eroi nazionali nella rivola dei macabei. Gesù è una forma abbreviata di Giosuè che è il successore di Mosè. Questi nomi danno l’idea di una famiglia molto legata all’identità nazionale di Israele. Non c’è nessun motivo per non ritenere che fossero tali; vi sono spiegazioni date più tardi per ragione di ordine teologico (IV secolo con Girolamo); figli di primo matrimonio di Giuseppe sui vangeli apocrifi. Questo passo di Marco è importante anche perché si capisce che Gesù è figlio di Giuseppe, il quale faceva il lavoro del carpentiere, non il falegname (Matteo 13,55 stessa cosa); forse per non attribuire a Gesù un modesto lavoro manuale. Rispetto alla sua istruzione non si sa nulla, tuttavia è molto probabile che avesse una conoscenza di base sia della scrittura che della lettura, discute e commenta dei passi biblici, cosa che lo fa supporre; non è comunque da dimenticare che in epoca antica molte opere si apprendevano a memoria (conoscenza mnemonica molto ampia). Un racconto di Luca ci parla di una lettura storica di Gesù in sinagoga, si suppone che questo sia frutto della penna dell’evangelista stesso. Marco 6,1: dice che Gesù era di Nazareth in Gallilea; Nazareth non è menzionata nella Bibbia ebraica né da nessuna fonte giudaica e cristiana prima del III secolo d.C.; non si sa nulla se non quello che dicono gli archeologi, era un piccolo centro di qualche centinaio di abitanti e si trovava a circa 5km Seffori (o Zippori); Erode l’aveva ampliato e fortificato tra 4 a.C.e 19 d.C. facendone la prima città della Gallilea; Gesù durante la sua vita non ebbe alcun rapporto con questa città. L’attività di Gesù si svolse per gran parte nelle campagne e nei villaggi della Gallilea; Marco, seguito da Matteo e Luca, distingue nella vita di Gesù due periodi e un’attività in Galliela e pochi giorni trascorsi a Gerusalemme verso la festa di pasqua, durante i quali fu poi arrestato e crocifisso. Se si prende il vangelo di Giovanni si vede che anche per lui l’attività di Gesù è principalmente in Gallilea ma per lui festeggiò ben tre pasque a Gerusalemme. Gran parte delle località nelle quali operò erano intorno al lago di Gallilea, poi Cafarnao (citata in Marco e QU), una cittadina in cui gli scavi archeologici hanno portato alla luce i resti di un’abitazione della metà del I secolo d.C: che forse serviva per le riunioni, con la presenza di graffiti in aramaico, greco ecc.. con disegni di una croce e di una barca; tutto ciò dimostra che quel luogo aveva un significato particolare per le antiche comunità (secondo le tradizioni li c’era la casa di Pietro). La Gallilea è a noi conosciuta grazie a delle fonti dell’epoca, in particolare grazie allo storico Flavio Giuseppe originario della regione, che descrive come molto ricca, produttiva e popolata, nella quale era sviluppato soprattutto il latifondo. Luca 16,19,20 ‘c’era un nuovo ricco, vestito di porpora e …’; una regione ricca ma anche nella quale le disparità economico-sociali erano enormi. Questo quadro non deve farci pensare che la regione fosse teatro di sommosse sociali, questa immagine non corrisponde alla realtà come quella di contrapporre questa regione alla Giudea. Gli studi hanno mostrato la necessità di abbandonare questa visione, soprattutto per via dei risultati degli scavi archeologici, che hanno mostrato che le pratiche religiose della regione non differivano da quelle della Giudea (rispettosa quindi della tradizione religiosa giudaica). Luca 2,1,2 : ‘In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si fece censimento di tutta la terra…’, sia Luca che Matteo sono d’accordo nel collocare la nascita di Gesù sotto al regno di Erode il grande; ‘[…] andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città, anche Giuseppe andò a Betlemme’: questo elemento è incompatibile con quello detto poco fa, perché il censimento indetto avvenne 10 anni dopo la morte del re erode, databile agli inizi del 4 a.C., Luca utilizza il censimento di Quirino per giustificare lo spostamento dei genitori di Gesù da Nazareth a Betlemme ma non si rese conto dell’incongruenza cronologica alla quale diede vita. Se si tiene la datazione sotto Erode si può pensare che Gesù nacque poco prima del 4 a.C. Matteo 2,1: ‘Gesù nacque a Betlemme di Giudea al tempo di re Erode…’ Luca 3,1: L’inizio della vita pubblica di Gesù di cui si hanno dei dati molto precisi che ci conducono a un intervallo di tempo abbastanza ristretto, ovvero gli anni tra il 26 e il 30 d.C.; Giovanni 2,20: ci conducono al 27/28 d.C. Combinando questi dati si può fissare la morte di Gesù in un anno fra il 27 e il 34 d.C. I vangeli canonici dicono che Gesù è morto la vigilia del sabato ma divergono per quanto riguarda il giorno, secondo i sinottici è morto il 15 del mese di nissan, il giorno successivo alla cena pasquale, secondo Giovanni il 14 di nissan quindi prima della cena pasquale. Secondo gli studiosi le indicazioni di Giovanni in questo caso sono preferibili e sappiamo che il 14 di nissan cadde di venerdì nell’anno 30 o nel 33 d.C. Diverse fonti connettono l’inizio dell’attività di Gesù con la figura di Giovanni battista, come: Marco 1,4,8 – ‘Si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di…’ Luca 3,7,… - gran parte del primo capitolo del vangelo di Giovanni. Giovanni battista era conosciuto anche da una fonte estranea a queste fonti cristiane, Flavio Giuseppe parla infatti di lui. Le fonti sono d’accordo, parlando del battesimo, cioè dell’immersione nell’acqua del Giordano, un segno di conversione e penitenza con remissione delle colpe. Giovanni annunzia la venuta imminente del giudizio di Dio su Israele, e di uno più forte che doveva manifestarsi dopo di lui e che avrebbe svolto un ruolo decisivo nel giudizio; chi era questo più forte? Vengono date diverse interpretazioni, forse questo ‘più forte’ era Gesù. Opposizione tra regno di Dio e le forze spirituali del male →troviamo nei vangeli un’oscillazione temporale per quanto riguarda il regno di Dio, tra qui ora a nel futuro; un segno dal regno di Dio è rappresentato dalla lotta nei confronti dei demoni, il cacciarli degli uomini e simili. Elemento che si trova in tutti i vangeli sinottici, l’esorcismo era praticato in ambito giudaico, ellenistico e romano. Un altro tratto comune sono le resurrezioni. La venuta del regno di Dio, collegato a ciò, non è qualcosa di statico ma bensì di dinamico (parabole della crescita, Marco 26,29) – (Marco 10,23) No opposizione tra Israele e altri popoli. Regole della purità → questioni molto importanti che riguardano il rapporto tra Gesù e la Torah (5 libri normativi della Bibbia e il loro insegnamento), che rappresenta una questione assolutamente centrale nella prima comunità, più nel momento successivo a Gesù, quando l’adesione sempre maggiore di non ebrei al suo messaggio fece sorgere il problema se si dovesse obbligarli ad osservare la legge. C’erano delle distinzioni spesso molto chiare e delle discussioni vivaci su quale fosse la corretta interpretazione della Torah. Per Gesù, in quanto figura alla quale era riconosciuto un potere spirituale, era del tutto naturale che gli venissero poste delle domande riguardanti la Torah, la sua interpretazione e simili (Marco 10,17,22 – come a una risposta della salvezza Gesù risponde con l’osservanza dei comandamenti mosaici) (Marco 12,28,31) (Gesù parlò del divorzio, che era il ripudio della moglie da parte del marito, lo dicono QU, Luca, Marco in e Paolo nella prima lettera ai corinzi, presentano un suo detto a riguardo – ‘L’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto’, fondava questa sua affermazione su Genesi 1,27 , era molto calato nella realtà religiosa e spirituale dell’epoca). Un altro caso ci mostra come l’interpretazione della Torah fosse una questione all’ordine del giorno nel mondo giudaico dell’epoca, si tratta della questione del sabato, i dibattiti a riguardo e cosa fosse permesso fare in quella giornata, vediamolo con Matteo 12,9/12 – Gesù va in sinagoga il sabato e cura degli ammalati, cosa che portò a degli interrogativi; tuttavia nel documento di Damasco si legge che se un animale cade in una cisterna o in un fosso non lo si deve tirare fuori di sabato, cosa che Gesù aveva detto in termini opposti (‘il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato’). Si possono trovare parole analoghe nei detti di alcuni rabbini. C’è una questione che riguarda le norme di purità, la loro osservanza fu discussa nella prima comunità cristiana, Gesù non aveva ne infranto ne detto di infrangere queste norme ma il problema si era acuito man mano che non ebrei aderivano alla fede in Gesù. Molte delle parole sulla purità che vediamo attribuite a Gesù, probabilmente sono state elaborate in tale contesto. Se si prendono alcuni passi del vangelo, per quanto riguarda la pratica dei pasti, vediamo che Gesù non si astiene dal cibo e dalla bevanda e lo fa con persone ‘impure’ che un uomo prossimo a Dio non dovrebbe avvicinare, disarticolando quindi le regole sociali che si inserivano nella prospettiva del regno. Spesso le parole di Gesù hanno una forma particolare e uno strumento principe: le parabole. Troviamo queste nei vangeli sinottici, non nel vangelo di Giovanni. ‘Parabole’ deriva dal greco che troviamo nella traduzione greca della Bibbia, dalla parola ebraica ‘mashal’; la parola greca vuol dire ‘paragone’ e rende in modo semplificato la parola ebraica mashal, che significa ‘narrazione’ e richiede un’interpretazione. Possiamo trovarne due tipi: la similitudine (che consiste nel spiegare qualcosa attraverso analogie e paragoni con oggetti/situazioni ecc…) e la parabola propriamente detta, ossia il racconto dove il messaggio è comunicato dalla situazione stessa che viene costruita. Questo strumento non è un’invenzione di Gesù, è una forma di discorso conosciuta dalla tradizione rabbinica, ne abbiamo degli esempi nella stessa Bibbia. La parabola è strutturata in modo tale da porre un interrogativo e induce lo spettatore a prendere posizione e quando lo fa si schiera, e viene messa in questione radicalmente la sua posizione appunto – Luca 15,11 e seguenti ‘il figlio prodigo’ → quando il figlio minore tornò il padre fece un banchetto per festeggiarlo mettendo così a repentaglio il suo onore e quello della famiglia, ridandolo però così al figlio minore che si era auto-escluso. Nelle parabole Gesù attribuisce a se un ruolo, in questo processo presente o imminente del regno di Dio? Sappiamo che all’epoca di Gesù nel giudaismo, i diversi gruppi man mano evocati, avevano parlato di intermediari tra Dio e Israele, collocati nel presente o nel futuro; Gesù attribuisce a se stesso un ruolo preciso, un momento decisivo per la storia di Israele, cioè la venuta del regno di Dio. Il fatto che si attribuisca uno statuto speciale, ci fa vedere che così non si è mai attribuito uno statuto più che umano, non ha mai affermato di essere Dio. In QU e in una lettera di Paolo si parla di Gesù e lo si mette in linea con i profeti perseguitati ed uccisi da Israele, tuttavia se si passano i vangeli, ci si trova l’appellativo ‘figlio dell’uomo’ e si tratta di un termine che ritroviamo al tempo di Gesù in altri testi e soprattutto in testi apocalittici (libro di Daniele II secolo a.C. con la visione del giudizio finale; libro delle parabole, in cui il figlio dell’uomo vi appare come di aspetto umano, visto da Enok […]). Gesù parla del figlio dell’uomo e della sua presenza sulla terra e della sua azione futura, sembra che ci sia qualche rapporto tra Gesù e il figlio dell’uomo. Nei vangeli si vede il figlio dell’uomo come figura di giudice escatologico e applicata a Gesù. Il sommo sacerdote dopo l’arresto di Gesù gli chiese se fosse il Messia, un titolo che deriva dall’ebraico, unto, che sta ad indicare una persona che ha ricevuto un’unzione con un olio che lo ha consacrato, storicamente all’epoca di Gesù indicava però una figura o delle figure con un ruolo centrale nella svolta verso la liberazione e la salvezza. Un titolo che non viene mai utilizzato da Gesù per se stesso ma attribuito dai sostenitori (episodio di Cesarea, in cui interrogava i discepoli chiedendo loro chi dicesse che lui fosse il Messia). Soggiorno di Gesù a Gerusalemme → purificazione del tempio, con interpretazioni diverse da parte degli studiosi: chi ha visto l’eco di una sorta di attacco armato di Gesù e dei suoi seguaci al tempio per porre fine alle attività affaristiche dell’aristocrazia sacerdotale; uno studioso ha dato un’altra spiegazione, studiandolo sulla base dei sinottici e su quello di Giovanni, nel quale ultimo Gesù dice ‘distruggete questo tempio ed in 3 giorni lo rialzerò’, durante all’interrogatorio davanti ai sacerdoti ci sono alcuni che danno falsa testimonianza ‘lo abbiamo udito mentre diceva che avrebbe distrutto il tempio e ricostruito in 3 giorni’, quindi una profezia sulla distruzione del tempio. Era un momento molto delicato dell’anno, stava per arrivare la pasqua. Gesù metteva in discussione il ruolo dell’aristocrazia sacerdotale, quindi i sacerdoti, trovatisi in quella situazione, intervenirono, facendo catturare Gesù di notte e in un luogo appartato. La morte di Giuda viene probabilmente calcata sulla base di un episodio biblico. Giovanni dice che Gesù è stato catturato da dei soldati romani, cosa molto improbabile, sarebbe nel caso stato portato direttamente da Ponzio Pilato. La crocifissione mostra che Gesù fu processato e giustiziato dall’autorità romana. INRI → mostra che Gesù fu condannato come ribelle politico, denunciato come tale e che si basava sull’appellativo di Messia che molti gli avevano dato; la crocifissione era la pena del disonore e utilizzata per evitare qualsiasi ribellione, ormai abituale nella zona. Di solito coloro che venivano crocifissi, dopo la morte erano lasciati sulla croce a lungo ed i resti venivano poi gettati in fosse comuni; abbiamo anche testimonianze di crocifissi sepolti però dalla famiglia; vicino a Gerusalemme è stata trovata una tomba con lo scheletro di un uomo che era stato crocifisso. Il vangelo di Marco racconta che la tomba di Gesù fu ritrovata vuota e che i discepoli sostenevano che Dio l’avrebbe resuscitato. Con la morte di Gesù il suo movimento, attraverso i suoi discepoli, iniziò un nuovo percorso. Si tratta della transizione da una religione ad un’altra, differenziandosi dalla base di partenza attraverso un processo più o meno lungo giungendo a formare una religione nuova ed autonoma. Uno dei fuochi del dibattito è individuare se c’è stato un momento cronologico in cui le due strade si sono separate. Per un certo numero di tempo, questo momento, è stato collegato a dei momenti tragici e decisivi della storia di Israele, ossia le rivolte anti-romane: dal 66 al 70 d.C. e dal 132 al 135 d.C. Oggi gran parte degli studiosi hanno abbandonato l’idea di separazione delle due vie e si parla piuttosto di un processo progressivo, dalla durata almeno di due secoli. Come già detto, dopo la morte di Gesù, il suo gruppo di discepoli continuò ad annunciare la venuta del regno di Dio; si vede quindi una ricomposizione del gruppo ed è molto probabile che questi siano tornati in Gallilea: su questa attività nel luogo noi abbiamo pochissime informazioni, non ci sono riferimenti espliciti neanche nelle fonti più antiche e probabilmente questa attività itinerante ebbe come primo tema il ricollegare la morte di Gesù alla sorte dei profeti biblici uccisi da Israele ma approvati da Dio. La morte infamante di Gesù, sicuramente avrà impedito al grosso dei seguaci di continuare la loro attività e di credere che egli avesse avuto l’approvazione divina, se non fosse intervenuto un nuovo elemento: quello della sua resurrezione suffragata da una serie di apparizioni individuali e collettive. Una resurrezione che diventa la legittimazione della sua missione e quindi anche della predicazione da parte dei discepoli. Sui primissimi tempi della loro attività abbiamo pochissimi dati: una fonte ci informa, gli atti degli apostoli, che tuttavia è da prendere con grande cautela, in quanto l’autore ha un progetto molto chiaro. Luca concentrava tutti i fatti successivi alla morte di Gesù a Gerusalemme, senza menzionare minimamente la Gallilea (cosa che si trova in Marco e Giovanni), inoltre c’era anche l’intenzione di armonizzare il racconto in modo da presentare compatto e senza tensioni il gruppo dei discepoli, non voleva far trapelare i contrasti che invece c’erano. Gli atti dicono che i discepoli e i familiari di Gesù si riunivano in una abitazione a Gerusalemme dove vengono presentati nei vari atti (ad esempio 2,42-47 che ci fornisce La discussione era riguardante la necessità o meno di praticare la circoncisione ai non ebrei e delle regole della purità rituale da osservare per rendere possibile la vita in comune tra i discepoli di origine ebraica e quelli che invece non lo erano (i cosiddetti gentili). Questo avvenne circa nel 49 d.C. nel concilio di Gerusalemme. C’erano degli ebrei seguaci di Gesù che sostenevano la necessità di circoncidere i convertiti di origine non ebrea e sembra che la comunità di Gerusalemme fosse su tale posizione anche se disposta a discuterne con gli altri interlocutori. Per Giacomo e i suoi, gli ebrei, erano vincolati all’obbligo dell’osserva della legge mosaica e non ammettevano una condivisione di mensa con coloro che erano in uno stato di impurità rituale. L’incidente di Antiochia riguarda questo punto: Pietro prima dell’arrivo dei rappresentanti di Giacomo mangiava con i convertiti ma quando questi arrivarono cambiò idea; si vede che Paolo si irrita nei confronti di Pietro, dandogli torto; qui iniziano ad affrontarsi due concezioni completamente diverse e la soluzione che ne emerge è una completamente radicale e che si trova in conflitto la con la posizione di coloro che restano fedeli alle osservanze della legge. Questo incidente divenne un’occasione per Paolo di esprimere un’opinione netta sulla questione della convivenza rituale di discepoli ebraici e gentili. Per Paolo all’interno della comunità dei fedeli di Cristo non c’era più alcuna distinzione. (la posizione di Paolo sembra ignorare la presenza forte di una linea divergente, quella di Giacomo; l’autore degli atti cerca di far concordare le due linee) Abbiamo quindi le diverse posizioni di Pietro e di Giacomo. Per Giacomo nell’era messianica, segnata dalla venuta di Gesù, i gentili si convertiranno e saranno ammessi al culto dell’unico e vero Dio, restando tuttavia gentili quindi senza essere assimilati ad Israele; per lui la salvezza è loro offerta attraverso la conversione al vero Dio (la funzione di Gesù per lui era quella di dare inizio ai tempi messianici in cui c’era la salvezza anche per i gentili). La sua posizione, se ben calata nella realtà, è ben costruita dal punto di vista della metodica. Giacomo e la comunità di Gerusalemme redattero il cosiddetto ‘decreto apostolico’ redatto alle comunità di Antiochia e Siria, contenente 4 divieti e basato sulle norme della legge del levitico (es. divieto di cibarsi del sangue e della carne di animali soffocati, divieto di avere rapporti sessuali tra consanguinei ecc…). Paolo nelle sue lettere non parla mai di questo decreto apostolico (parla invece di questioni alimentari come quello di mangiare carni immolate agli idoli). Tuttavia questo decreto che doveva caratterizzare le missioni in particolar modo e che si richiamavano a Giacomo e la comunità di Gerusalemme, ebbe una larga diffusione nei primi secoli cristiani. Si hanno delle testimonianze diverse, anche di fonti non cristiane, che ci parlano di divieti alimentari. Ci si trova quindi di fronte ad un problema posto dalle fonti. Quindi già attorno all’anno 50 d.C., il movimento di Gesù si presenta come qualcosa di variegato ed articolato, con tendenze e dinamiche ben distinte; si possono distinguere due gruppi: quello dei discepoli credenti di Gesù di origine ebraica e quello dei credenti di Gesù formato dai gentili. L’opera di Paolo ebbe un effetto dirompente e accellerò l’emergere di certi problemi. Si hanno delle tendenze riconducibili a due realtà: che si distinguono per il tipo di vita, le pratiche religiose ed il rapporto con le istituzioni giudaiche. I rapporti dei credenti di Gesù di origine giudaica sono rappresentanti dalla comunità di Gerusalemme guidata da Giacomo, la quale diede vita a delle missioni che erano soprattutto proiettare verso l’area sirio-mesopotamica, sulle quali abbiamo poche informazioni. La comunità di Gerusalemme ebbe ripetuti conflitti con l’autorità giudaica. Scorrendo gli Atti degli apostoli si viene a conoscenza di tutta una serie di episodi: Pietro che viene fatto arrestare dai sacerdoti, Stefano lapidato, l’uccisione di Giacomo per aver trasgredito la legge (non negli Atti ma raccontato dallo storico Flavio Giuseppe). Chi sono i nazarei? Nella letteratura cristiana eresiologica sono dei cristiani che sono rimasti fedeli alle pratiche e ai riti giudaici, alcuni dei quali giudaizzano dal punto di vista rituale ma anche per la loro concezione giudaica di Gesù, che viene ritenuto come una specie di profeta e non come una figura divina. Uccisione di Giacomo nel 62 d.C., per mano del sommo sacerdote e del sinedrio, con l’accusa di aver trasgredito la legge. Questo mise la comunità in una posizione molto difficile, trovatasi senza leader sentì la pressione degli altri gruppi giudaici che la invitavano ad unirsi a loro nei progetti di rivolta contro i romani. Eusebio di Cesarea ci racconta che subito prima dell’inizio della vera e propria rivolta, la comunità di Gerusalemme scappò trasferendosi al di là del Giordano nella città di Pella (dibattito a favore dell’attendibilità di questa notizia: clima di paura e incertezza nel quale la comunità cristiana si venne a trovare dopo l’uccisione di Giacomo, era poi stata probabilmente posta davanti all’alternativa di unirsi alla rivolta o meno, decidendo di non prenderne parte. Un altro elemento è che la comunità cristiana sopravvisse alla guerra e alla distruzione di Gerusalemme, se fossero rimasti in sede le cose non sarebbero andare in questo modo. Eusebio ci fornisce una lista di vescovi che si sono succeduti alla guida della comunità di Gerusalemme da dopo la rivota del 70 d.C. a quella del 132-135 d.C.; i vescovi di questa lista sono tutti di origine giudaica. Dopo il 135 d.C. (divieto per i giudei di abitare nell’area da parte dei romani), si vede che i capi della comunità furono di origine non ebraica (sempre per volere dei romani). Dalle notizie di Eusebio sappiamo quindi che almeno parte della comunità fece ritorno a Gerusalemme o nell’area circostante, mentre molti altri rimasero al di là del Giordano. Come si sa da fonti più tarde la presenza dei discepoli di Gesù nell’area è attestata all’epoca della terza rivolta, da un autore importante, Giustino, che in una delle sue opere attesta che il capo della rivolta aveva ordinato una severa punizione nei confronti dei cristiani che non rinnegavano la messianicità di Gesù. La rivolta di Bar Kochba fu un momento estremante decisivo nei rapporti tra i seguaci di Gesù in Palestina e gli altri giudei; i discepoli di Gesù si erano rifiutati di schierarsi accanto ai loro connazionali nella lotta contro l’invasore, cosa che fu vissuta come una sorta di tradimento che assimilava al nemico i seguaci di Gesù (tappa decisiva nell’alienazione dei discepoli di Gesù rispetto agli altri giudei). Giustino, storico: Il dialogo con Crifone. Circa metà del II secolo. Molto importante perché per la prima volta viene discusso esplicitamente il problema dei rapporti tra i cristiani giudaici e gli altri e qual è il loro ruolo all’interno della più vasta comunità di Gesù. Qual è il significato della figura di Gesù e qual è la soluzione per quanto riguarda i rapporti tra i seguaci di Gesù e i giudei che non hanno ascoltato e aderito al suo messaggio. Si vede Giustino condotto a dire: se è compatibile ai fini della salvezza l’essere giudeo e voler continuare a seguire le prescrizioni della legge mosaica e il credere a Gesù e obbedirgli dall’altro. Giustino diede una risposta molto articolata che ci da un quadro della situazione: distingue all’interno dei fedeli diverse realtà, diversi gruppi con posizioni differenti. I cristiani di origine gentile: si trovano due posizioni, una che accetta di vivere in comunione con i Giudei credenti in Gesù che continuano ad osservare la legge della Torah, ammettendo la possibilità che si salvino, purché essi non vogliano imporre anche agli altri cristiani l’osservanza di tali prescrizioni; l’altra posizione esclude la possibilità che questi seguaci di Gesù si salvino, rigettando la comunione con loro, ritenendo che l’osservanza della legge non sia compatibile con la fede in Gesù. Un’altra categoria è rappresentata dai cristiani provenienti da altre credenze, che a tratti, affascinati dal giudaismo, decidono di seguire la prescrizioni della Torah. Anche tra i giudei credenti in Gesù possiamo trovare due posizioni: quella più moderata vedeva chi continuando nell’osservanza delle leggi della Torah non pretendeva di imporle anche ai gentili ed accettano la comunione con loro; quelli più radicali intendevano imporre i precetti anche ai gentili. Giustino parla anche dei giudei che non credono in Gesù e lanciano maledizioni contro i cristiani, per questi non c’è possibilità di salvezza. Questa ultima cosa ci mostra come il contrasto tra giudei e cristiani emerga anche dalla conversazione tra i due protagonisti, posizioni ben delineate e non immuni ad una polemica molto accesa. La metà del II secolo è un momento decisivo per la comparsa di un nuovo fenomeno religioso, che interessa anche le comunità cristiane e che non è di per sé cristiano ma piuttosto un qualcosa di trasversale, lo gnosticismo, ossia un movimento che si diffonde in quest’epoca e che ritiene che la conoscenza intuitiva trasmessa tramite una rivelazione, sia salvifica; per certi versi è una forma di religione in grado di inculturarsi in diversi ambienti religiosi, come ad esempio in ambiente pagano. Nel II secolo comportò il venir meno della crisi di quell’equilibrio evocato nel dialogo di Giustino con Trifone e favorì l’aggregazione di una corrente maggioritaria, la cosiddetta ‘grande chiesa’, che si adoperò in maniera sempre più netta per marcare i confini di quella che stava diventando una nuova religione. I rapporti tra i vari gruppi dei seguaci di Gesù subirono quindi un grande mutamento; certe credenze e pratiche fino a poco tempo prima accettate, come espressione di un movimento religioso in cui c’erano diverse possibilità e tendenze, cominciarono ad essere guardate con sospetto e diffidenza perché divergenti dalla norma che si stava lentamente imponendo ed i gruppi che si distinguevano per queste pratiche vennero etichettati come eretici ed esclusi dalla comunione. In questo meccanismo vennero esclusi anche i gruppi di seguaci di origine giudaica che si erano mossi all’interno di modelli tipicamente giudaici e continuavano, in misure diverse, a Si tratta del modello della sostituzione → dell’antico Israele con il nuovo Israele; si tratta di qualcosa che vale soprattutto in rapporto con gli ebrei per definire la propria identità. Se il modello della sostituzione vale per differenziarsi dagli ebrei, si vede che i cristiani nei confronti dei gentili si definiscono in maniera diversa, come una terza stirpe distinta sia dai giudei che da coloro che credono negli dei. Le autorità romane da parte loro vedevano i cristiani come un gruppo diverso rispetto ai giudei, ritenevano che fosse un gruppo di tipo politico sociale e non qualcosa di religioso. Queste 3 stirpi, giudei, cristiani e pagani sono qualcosa che si ritrova ben delineato, dal punto di vista religioso, già in testi molto antichi (prima lettera ai Corinzi di Paolo, Vangelo secondo Giovanni, Gesù al pozzo con la samaritana in uno scritto degli inizi del II secolo, anonimo, nel quale si distinguono tre modi diversi di adorare lo stesso Dio). Nonostante questo si vede che la continuità fra cristiani e giudei continua ad essere stretta; rimane la suggestione esercitata da certe pratiche ebraiche sui cristiani. C’è poi anche un complesso di inferiorità che dimostrano i cristiani in date occasioni nei confronti dei giudei, soprattutto a motivo della migliore conoscenza della Bibbia da parte di questi ultimi. - Alla fine del IV secolo, ad Antiochia, Giovanni Crisostomo nelle sue prediche si scagliava contro i cristiani che frequentavano le sinagoghe della città. - Girolamo nel IV secolo tradusse la Bibbia dall’ebraico al latino; con le continue discussioni sulle letture della Bibbia accadeva che i giudei si appellassero al testo ebraico e che i cristiani fossero limitati alla Bibbia greca o tradotta dal greco al latino. - Con l’avvento al potere dell’imperatore Costantino la realtà cambiò in maniera radicale, in particolar modo con un’alleanza tra impero e cristianesimo. Da questo momento la situazione dei cristiani mutò radicalmente e questo accadde anche per i giudei ma per loro in maniera sempre più sfavorevole; già con Costantino ci sono delle decisioni che vengono prese con cui si tocca anche il giudaismo e da cui emerge lo sguardo negativo che viene loro rivolto (come i canoni del consiglio di Nicea); con lui i giudei finirono all’ultimo posto della triade, al di sotto del cristianesimo e del culto tradizionale. Si venne a formare poi un altro triangolo: impero, cristianesimo/chiesa ed ebrei (sfavoriti in seguito all’accordo politico-religioso tra impero e chiesa); per quanto riguarda i cristiani di origine giudaica, sono biasimati dagli altri cristiani per il fatto di continuare le pratiche giudaiche (non era più possibile continuare ad avere una vita da giudeo essendo cristiano). Anche da parte ebraica troviamo comunque un irrigidimento. La tappa definitiva è nel 380-381, a cui corrisponde l’editto di Tessalonica di Teodosio, che fece del cristianesimo, nella forma cattolica, l’unica religione dell’impero. Si può ricordare anche l’anno 388, in cui i cristiani della città di Callinico, guidati dal vescovo, bruciarono la sinagoga, le autorità imperiali imposero la ricostruzione della stessa. Da questo momento i giudei sono considerati eretici, perseguitati, condannati e sottoposti a tentativi di forzata conversione di massa. Da un lato si può vedere qual era l’atteggiamento dei seguaci della religione tradizionale, i pagani, nei confronti dai cristiani, dall’altra parte si deve considerare qual è l’atteggiamento dei cristiani nei confronti di questo sistema nel mondo greco-romano. Il confronto con il mondo greco-romano è inevitabile, sia visto dove nasce il movimento, sia per la grande espansione al di fuori dei confini del giudaismo che ebbe lo stesso con tempi molto rapidi. La diffusione nel mondo mediterraneo rese inevitabile l’uso del greco per la predicazione (parlata, utilizzata per i commerci, per la cultura ecc…), volontà dei discepoli di Gesù di mostrare la loro capacità di inserirsi nel mondo che li circonda, nell’impero romano (si vede che Gesù è compatibile con i doveri del cittadino romano). Anche nella primissima produzione dei discepoli, si sono salvati solo documenti in greco. Se si guarda all’atteggiamento nei confronti dei cristiani si notano diversi livelli: tutta una serie di dicerie che circolano nei loro confronti di tipo diffamante, attacchi mossi da parte di intellettuali (che spesso attaccano direttamente i fondamenti dottrinali, la scrittura ecc…), provvedimenti di tipo giudiziario effettuati da magistrati locali con incarichi governativi. Questi livelli sono distinti ma anche collegati l’uno all’altro. C’è una sorta di visione standardizzata di rapporti fra il cristianesimo e l’impero romano; la storiografia moderna ha mostrato che è assolutamente centrale, ancora più della figura dell’imperatore, l’atteggiamento ed il ruolo dei governatori locali (che fanno la politica anche sulla base della specificità delle situazioni, l’atteggiamento delle popolazioni nei confronti dei cristiani ecc…). I cristiani erano nettamente distinti dai giudei dall’impero romano, cosa che per loro rappresentava un problema: dal punto di vista giuridico il giudaismo era sicuramente rassicurante mentre i cristiani non ebbero per lungo tempo la caratteristica di culto lecito. Questa distinzione ha delle testimonianze nei testi: negli atti c’è una vicenda databile all’anno 49 d.C: durante il principato dell’imperatore Claudio, della stessa vicenda parla anche Svetonio “Claudio espulse da Roma i giudei i quali era continuamente in tumulto a Causa di Cresto” → Cresto è corretto? E’ il nome di una persona? Oppure ha sbagliato e Cresto sta al posto di Cristo? Comunque sia gli ebrei a Roma erano talmente tanti da rendere impossibile l’espulsione di tutta la comunità, quindi furono mandati via solo coloro che facevano parte dei tumulti. Questa è una prima attestazione del potere imperiale che interviene a proposito dei seguaci di Cresto/Cristo e dei giudei che seguivano il suo messaggio causando problemi. 15 anni dopo Tacito ci dice che la punizione dei cristiani, in quanto colpevoli dell’incendio di Roma, dimostra la capacità da parte dell’autorità imperiale di distinguere i seguaci di Gesù ed i giudei. Questo ci porta a credere che i cristiani non godessero di buona fama presso l’opinione pubblica. In epoca successiva viene presentato un caso molto significativo, quello di un personaggio conosciuto, Plinio il Giovane, legato in Bitinia, dove si trovò coinvolto in una vicenda di cui fanno parte i cristiani. Attorno al 111 d.C. scrisse all’imperatore Traiano per chiedere delle direttive sulla questione; non sapeva se graduare le punizioni a seconda dell’età o a seconda della gravità del crimine commesso, oppure se perseguitare i cristiani solo a causa del loro nome e dicendosi incerto se intervenire anche nel caso di chi era stato in passato cristiano. Scrisse di aver adottato un criterio che poi diventerà abbastanza comune nell’applicazione successiva nei processi a carico dei cristiani: venivano colpiti solo coloro che persistevano nella loro fede e si rifiutavano di apostatare. Nella lettera fornisce a Traiano anche informazioni avute dai cristiani durante i loro interrogatori. Tutto ciò gli permise di concludere “quella cristiana è una superstizio perversa e sfrenata, che merita in quanto tale di essere punita”, affermando che le misure da lui prese avevano ottenuto un certo risultato. Traiano gli rispose approvando quanto era stato fatto, dicendo di procedere caso per caso e vietando di dar ascolto ad accuse anonime anche se nel caso di denunce molto precise si doveva procedere per esaminare la situazione. Nel II e III secolo si vede un atteggiamento altalenante da parte degli imperatori, dall’avversione alla tolleranza. Il primo imperatore ad indire una persecuzione deliberatamente anti-cristiana fu Valeriano alla metà del III secolo, con i suoi due editti. Questi comportamenti sono legati alle reazioni popolari e non solo di fronte alla diffusione e alla presenza dei cristiani. Molte accuse che circolavano nei loro confronti erano già state messe in circolazione per quanto riguarda i giudei, ma con una differenza essenziale: mentre il giudaismo era una religione conosciuta e circoscritta, il cristianesimo era una realtà trasversale che aveva dato vita ad un’attività missionaria aggressiva. Circolavano voci che i cristiani fossero dediti al cannibalismo, che praticassero unioni fra consanguinei e odiassero il genere umano. Queste probabilmente derivavano da fraintendimenti delle cerimonie come l’eucarestia, l’insistenza sull’amore fraterno. L’odio nei confronti del genere umano è qualcosa che viene ricavato dall’esclusivismo delle comunità cristiane ma soprattutto dall’astensione da parte dei cristiani alle cerimonie religiose pubbliche della religione tradizionale, dalle quali si pensava dipendesse la salvezza della res publica. Abbiamo una testimonianza iconografica che risale alla fine del II secolo, a Roma, che è la più antica raffigurazione di Gesù crocifisso, che tuttavia è ritratto da qualcuno di pagano; venne ritratto con testa d’asino e abiti servili, davanti a lui una figura sempre con abiti servili in atteggiamento di adorazione, descrizione: “Alexamenos che adora il suo Dio”. Gli abiti servili fanno comprendere che il cristianesimo aveva i suoi seguaci fra i subalterni. I cristiani erano poi accusati di ateismo, che all’epoca indicava qualcuno che non credeva agli dei tradizionali, ai protettori del popolo romano. Se questa è la reazione a livello medio-basso allora qual è la reazione degli intellettuali al cristianesimo? C’è un silenzio di questi nei confronti del cristianesimo e di Gesù, rimarcabile per quanto riguarda le opere storiche: queste erano di carattere aristocratico con l’attenzione focalizzata sul principato. Per avere qualcosa di un certo interesse si deve arrivare alla seconda metà del II secolo, l’età di Marco Aurelio, in cui abbiamo la prima opera scritta da un’esponente della cultura antica sul cristianesimo; l’opera è Il discorso veritiero di Celso, un filosofo stoico e platonico. Quest’opera non fece una bella fine ma siamo fortunati, Origene infatti, scrisse una confutazione del discorso di Celso, questo venne fatto seguendo la prassi tradizionale utilizzata per questo tipo di documento, riprendendo per intero i passi dell’opera che si aveva intenzione di confutare, in questo modo l’opera si è in parte conservata.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved