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La paideia della Grecia classica, Appunti di Storia Della Pedagogia

Un'analisi dell'educazione nella Grecia classica, con particolare attenzione alla formazione dell'ethos cittadino e alla sua relazione con la politica, l'economia e la cultura. Si esplorano inoltre le funzioni della religione nella formazione degli abiti mentali dell'uomo greco e si analizzano le differenze tra l'educazione a Sparta e quella proposta da Platone. Il testo si concentra sulla trasmissione della cultura ai membri di una comunità e sulla formazione di una nuova classe dirigente capace di guidare saggiamente la città.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 15/01/2024

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Scarica La paideia della Grecia classica e più Appunti in PDF di Storia Della Pedagogia solo su Docsity! LA PAIDEAIA DELLA GRECIA CLASSICA La Grecia è una delle civiltà, assieme a quella romana, che costituisce la matrice della civiltà occidentale. Si può dividere in tre età il periodo greco. L’età arcaica l’età classica l’età ellenistica. Nella seconda parte dell’età arcaica si ha una crisi dell’egemonia aristocratica che non ha saputo coniugare bene i due aspetti fondamentali che sono la coercizione e il consenso. Nel V secolo inizia il periodo classico, la colonizzazione era praticamente conclusa e Atene si confermava la città più grande e popolosa assicurandosi la supremazia sull’Egeo. Questa venne a urtare con l’impero persiano a cui fece fronte fondando la LEGA ATTICA che ben presto iniziò a obbligare le città alleate a pagare onerosi tributi. Questo fece perdere ad Atene il consenso delle città alleate poiché essa si era trasformata in un puro dominio intollerabile per le altre città greche. Sparta allora organizzò una lega di città ostili ad Atene e iniziò la GUERRA DEL PELOPONNESO. Tra le funzioni fondamentali della società vi sono: LA SFERA DELL’ECONOMIA LA SFERA POLITICA SFERA DELLA CULTURA strettamente collegate alla TRASMISSIONE DELLA CULTURA ai membri di una comunità che è tale solo se mette in comune un certo patrimonio culturale. (ETHOS – che per i romani sarà il MOS) La funzione concernente l’educazione è dunque strettamente intrecciata con quelle inerenti all’economia, alla politica e alla cultura; pertanto, il fenomeno dell’educazione è comprensibile solo all’interno di un determinato contesto storico-sociale. L’educazione greca tende ad essere fusa nella prassi sociale della comunità, a far parte integrante del suo ETHOS, del suo costume, della sua forma di vita. L’educazione è ethos; quando vi è una concezione condivisa della vita vi è scarsa necessità della pedagogia poiché il senso comune condiviso dai membri è sufficiente per indirizzare le pratiche educative. In questo processo di formazione dell’ethos le classi dominanti hanno un ruolo più incisivo di quelle subalterne e dunque L’ETHOS DIPENDE PERCIO’ PREVALENTEMENTE DALL’EGEMONIA POLITICO-CULTURALE ESERCITATA DAI GRUPPI DOMINANTI. Ogni volta che si verifica una CRISI D’EGEMONIA CULTURALE, tende a risvegliarsi il problema dell’educazione. Il termine utilizzato dai greci per intendere l’educazione è “paideia”, da “pais” bambino. La paideia riguardava il modo di trattare il ragazzo per farne un uomo e una maniera per formare lo stesso uomo adulto in quanto cittadino. Bisogna pensare alla POLIS come una comunità educante, le cui dinamiche sociali e culturali operano una formazione dell’uomo secondo l’ethos cittadino. La religione nelle polis svolge una importantissima funzione nelle polis. La stessa religione appare connessa alla questione dell’egemonia sul versante della persuasione e del consenso poiché essa può avere una notevole efficacia formativa nello strutturare abiti e modalità di condotta. La religione era un’esperienza pervasiva rispetto all’esistenza e aveva un’influenza incisiva nella formazione degli abiti mentali dell’uomo greco poiché coinvolgeva tutta la massa dei cittadini; di fatto la religione non era tanto un’esperienza interiore, un rapporto personale con la divinità ma era più PRASSI SOCIALE, un vissuto condiviso nelle comunità ed efficace in senso formativo. Le religioni misteriche era il culto delle classi sociali subalterni e questo lo si evince dal fatto che alle celebrazioni religiose erano ammessi anche gli schiavi e le donne. La religione greca aveva una forma mitologica, di racconto e di fatto non aveva un libro sacro comparabile alla bibbia ebraica. Non esisteva perciò il concetto di eresia ma esisteva quello di empietà. I poemi omerici dell’iliade e dell’odissea sono paradigmatici in quanto concorrono alla formazione dell’uomo greco. Achille e Ulisse però sono due protagonisti molto diversi. Achille è l’eroe greco mosso dall’areté bellica che rinuncia all’immortalità terrena per morire glorioso in battaglia e ottenere così l’immortalità sociale. Ulisse invece è l’uomo coraggioso ma insieme prudente, che ama l’avventura ma che rinuncia all’immortalità non per la fama ma per ricongiungersi con la sua famiglia. Importanti sono le favole esopiche tipiche della formazione delle classi sociali subalterne. La favola esopica utilizza animali antropomorfi per mostrare vizi e virtù dell’uomo e funzionano come brevi storie basate sul contrasto tra due o tre personaggi che riflettono le caratteristiche negative e positive dell’essere umano. Vi si trovano due atteggiamenti nella favola esopica: - la critica sociale della situazione esistente - lo spirito di rassegnazione verso la propria dura condizione così la morale esopica è ambigua e se da un lato porta alla consapevolezza dell’ingiustizia e dell’ipocrisia del mondo, dall’altro lato finisce col rafforzare il predominio dei gruppi egemoni, connotando come vana la ribellione. EDUCAZIONE A SPARTA – L’educazione a Sparta era direttamente controllata dallo Stato e lo scopo fondamentale era la formazione dell’uomo come guerriero, forte, coraggioso e disciplinato. Dopo il primo periodo passato in famiglia a 7 anni il bambino iniziava l’EDUCAZIONE PUBBLICA, che aveva un carattere PLATONE – Muove da un problema politico: la condizione di ingiustizia in cui è caduta Atene ha mandato a morte Socrate, l’uomo più giusto della città. Allora come è possibile assicurare una città giusta dove regni il bene di tutti? La questione fondamentale è allora quella di assicurare l’unità della città. Ma come fare? Per Platone la risposta è di tipo etico pedagogico: occorre la formazione di una nuova classe dirigente, capace di concepire il bene della città e di guidarla saggiamente in tale direzione. Gli unici capaci di ciò sono i FILOSOFI. TEORIA DELL’ANIMA D’ORO, D’ARGENTO E DI BRONZO. Il compito dell’educazione è di sviluppare pienamente il tipo di anima di cui ogni individuo è dotato e di assicurare che ciascuno approdi alla funzione per cui è adatto. (un uomo d’oro poteva avere genitori sia nobili che popolani) Platone si ispirava al metodo Spartano e indicava che alla nascita i bambini dovevano essere sottratti alle loro famiglie per essere allevati collettivamente dallo stato in modo tale da cancellare qualsiasi diseguaglianza sociale. Tutto questo valeva sia per i maschi che per le femmine. ARISTOTELE – Egli assunse per primo un atteggiamento sistematico verso il sapere distinguendo le scienze in:  TEORETICHE (volte puramente alla conoscenza)  PRATICHE (inerenti alla guida dell’azione)  POIETICHE (relative alla produzione di un’opera). L’UOMO è UN ANIMALE POLITICO. La politica deve quindi realizzare le condizione per una vita felice nella polis e ciò non riguarda solo la disponibilità di beni materiali, ma anche beni spirituali e in primo luogo morali. La civiltà ellenistica raggiunse uno sviluppo culturale avanzato e perfino sofisticato, ma politicamente rimase debole a causa dei suoi conflitti interni. Così a partire dal volgere dal III al II secolo a.C. Roma – la nuova potenza mediterranea – iniziò a intervenire nella questione del mondo greco assorbendo progressivamente nella propria sfera d’influenza, fino a porlo sotto il proprio imperio verso la metà del II sec a.C. Parallelamente Roma iniziò a entrare nell’orbita culturale greca. Si generò così una civiltà ellenico-romana. NUOVA PAIDEIA – la paideia non è più concepita entro l’orizzonte politico della formazione del cittadino ma in quello della formazione dell’uomo, come uno sviluppo autonomo di sé secondo un’ideale umanistico di perfezione spirituale personale. E dunque rispetto alla tradizionale importanza della ginnastica e della musica è la CULTURA LETTERARIA ad acquisite una funzione formativa predominante. In questo periodo la scuola non è lasciata più totalmente all’organizzazione privata ma viene regolamentata a livello pubblico da parte della municipalità cittadina. La scuola primaria rimane comunque affidata all’iniziativa privata e serba le caratteristiche tradizionali tranne che per il fatto che è ormai aperta anche alle bambine. Questa nuova paideia legata all’ideale della formazione completa e al collegio efebico manteneva però un carattere elitario volto alla formazione delle classi dirigenti. Nel periodo ellenistico sorgono però anche le cosiddette SCUOLE FILOSOFICHE. Epicureismo vs stoicismo _______________________________________________________________________________________ ROMA PERIODO MONARCHICO (fino alla fine del VI sec a.C.) PERIODO REPUBBLICANO (dal V sec a.C. fino alla fine del I sec a.C.) PERIODO IMPERIALE (dalla fine del I sec a.C. alla metà del V se d.C. – crollo dell’Impero Romano d’occidente) Inizialmente Roma aveva un sistema politico di tipo monarchico che fu soppiantato da un’aristocrazia terriera che fece sopraggiungere la repubblica. Questo periodo fu contrassegnato dalla divisione tra i PATRIZI e i PLEBEI; alle massime istituzioni cittadine potevano accedere soltanto i Patrizi e in questo modo la nobiltà ereditaria teneva in pugno il potere. I patrizi tendevano a concentrare nelle proprie mani la proprietà terriera riducendo in servitù per debiti i contadini poveri. Nella sua espansione Roma entrò in urto con Cartagine che riuscì a sconfiggere definitivamente nel 146 a.C. Parallelamente caddero sotto il dominio di Roma la Spagna e la Grecia. La conquista di quest’ultima rafforzò il processo di fusione tra la cultura romana e quella ellenica. Queste conquiste facevano di Roma la più grande potenza del mediterraneo portando nella città immensi bottini di guerra e ingenti masse di schiavi che venivano venduti a prezzi irrisori. LE DIVISIONI POLITICHE SI PRODUSSERO SUL TERRENO MILITARE: Invano i legionari romani chiesero ripetutamente l’assegnazione di terre al loro congedo ma con caparbia miopia il senato continuò a negarle fino a che non scoppiò nel I sec a.C. un periodo di GUERRE CIVILI. Si consolidarono le due fazioni dei POPULARES e degli OPTIMATES che riflettevano le divisioni interne ai gruppi dirigenti tra la classe dei cavalieri (gli uomini nuovi arricchitisi con gli affari e aperti ad alcune istanze popolari) e la tradizione aristocratica conservatrice senatoria. Rispetto alla POLIS greca i fenomeni culturali che caratterizzarono la Roma arcaica sono meno declinati in senso artistico e sportivo e sono anche meno inclini dei greci alla poesia e alla speculazione filosofica. COSÌ LA LORO VITA CULURALE ERA INDIRIZZATA PREVALENTEMNTE ALLE PRATICHE RELIGIOSE E ALLA PARTECIPAZIONE MILITARE. RELIGIONE ROMANA – politeista. Il pantheon arcaico delle divinità maggiori riflette la funzione tripartita comune alle religioni di molti popoli di origine indoeuropea: GIOVE – funzione della sovranità MARTE – funzione bellica QUIRINO – presiede alla sussistenza e al benessere della collettività Questo pantheon arcaico riflette le strutture sociali e mentali della comunità romana e contribuisce a perpetuarle, fissandole in un ordine sovrannaturale. La formazione del cittadino-contadino-guerriero, cioè rispecchia l’esigenza di conformità a questo ordine religioso della vita. Il sentimento che pervadeva era quello della PIETAS – ossia la devozione verso gli dèi e verso la patria che diventava anche rispetto per i genitori e gli antenati, per le tradizioni ed i costumi della città nonché del senso del dovere verso le sue istituzioni. La pietas era quindi il riferimento donsmentale per la formazione dell’uomo romano. La religiosità romana aveva anche una cospicua presenza nella sfera privata della famiglia e al pater familias spettava di officiare i riti religiosi dedicati alle divinità domestiche, i LARI e i PENATI. Così la stessa esperienza familiare era pervasa dal sentimento religioso. Col mutamento politico dalla monarchia alla repubblica lo stesso pantheon delle divinità romane subì un mutamento: GIOVE - GIUNONE – protettrice della famiglia e della donna MINERVA – divinità a tutela delle arti e dei mestieri Roma entra in contatto con la cultura greca e iniziava anche un’assimilazione dei miti greci legati a queste figure. Dal III sec a.C. iniziarono a circolare divinità egizie, siriane e iraniche; questi culti furono accolti con una certa tolleranza sebbene i romani restassero ligi alle proprie tradizioni religiose. EDUCAZIONE ROMANA – A differenza della Grecia i romani trovano nella famiglia un ambiente formativo basilare. È attraverso la famiglia che avviene l’eduzione fondamentale del romano della quale si occupa dapprima la madre (invece che una nutrice come in Grecia). Poi dai 7 anni dell’educazione dei figli maschi si occupa direttamente il padre (costume sconosciuto in Grecia) che è il vero e cruciale educatore romano. Le ragazze invece rimangono a casa con la madre e imparano ad occuparsi della tenuta. La considerazione della donna fu più alta rispetto alla concezione greca, non di meno il suo compito principale era comunque quello di diventare sposa e madre. L’educazione romana era legata al MOS MAIORUM, ossia al costume degli antenati. Il patrimonio dei valori e delle usanze della tradizione era il riferimento cruciale dell’educazione romana dell’età arcaica e repubblicana. Verso questa tradizione il romano era animato da qualcosa di più di una semplice adesione conformista. Questa adesione profonda e sincera ai mores maiorum da all’educazione un riferimento certo e indubitabile che conferisce una notevole capacità di conformazione al carattere romano ideale. Dove vige un ETHOS (=MOS) totalmente condiviso, l’educazione dipende completamente da queto e non vi è necessità di un vero e proprio pensiero pedagogico. DA UN LATO ABBIAMO QUINDI IL PROGRAMMA CICERONIANO DI UN’HUMANITAS CHE SI PONEVA COME INTEGRATIVA RISPETTO ALLA TRADIZIONE DEL MOS MAIORUM E QUINDI UNA NUOVA PAIDEA INDIRIZZATA A RINSALDARE LE VIRTU’ CIVICHE E L’EGEMONIA DELLE CLASSI DIRIGENTI. DALL’ALTRO L’EPICUREISMO DI LUCREZIO E IL NEOTERIMO DI CATULLO CHE ERANO ESPRESSIONI TANTO DELL’ASSORBIMENTO DELLA CULTURA ELLENISTICA IN AMBITO ROMANO, QUANDO DELLA COMPARSA DI UN NUOVO ATTEGGIAMENTO ETICO ALL’INTERNO DELLE CLASSI SOCIALI SUPERIORI. UN ATTEGGIAMENTO DI DISIMPEGNO DALLA POLITICA E DI RIPIEGAMENTO NELL’INTERIORITA’ PERSONALE, CHE GENERAVA UN’AUTOFORMAZIONE DOVE L’HOMO PREVALEVA SULL’ANTICO CIVIS. NELL’ETA’ IMPERIALE QUESTO SECONDO ORIENTAMENTO DIVENNE PROGRSSIVAMENTE DOMINANTE. FASE IMPERIALE ROMANA La guida di AUGUSTO garantì un lungo periodo di pace (PAX AUGUSTEA) che favorì una nuova fase di prosperità. La persona dell’imperatore divenne oggetto di culto. Tuttavia Augusto lasciò irrisolti alcuni problemi che con il tempo portarono una forte crisi socio economica. - Il problema del potenziale contrasto tra l’aristocrazia senatoria e l’esercito - L’esercito che era esiguo rispetto alla vastità dell’impero e oneroso economicamente per un un’economia agricola a bassa produttività - La mancata soluzione giuridica della successione imperiale Dopo l’imperatore Traiano il flusso degli schiavi derivanti dalle guerre di conquista iniziò ad esaurirsi con la conseguenza che il prezzo degli schiavi salì tanto da non rientrare nei costi di mantenimento della produzione. Questo fece scoppiare una forte crisi socioeconomica risvegliando le contraddizioni che augusto aveva lasciato in sospeso. I costi della schiavitù e l’erosione dei profitti derivanti dall’agricoltura latifondista diedero origine a un parziale cambiamento del mondo di produzione con la nascita del COLONATO. Nel frattempo, nell’impero si andava diffondendo la RELIGIONE CRISTIANA, presente a Roma fu dal I secolo d.C. ma che con la situazione di incertezza prodotta dalla crisi socio economica e dal caos politico del II secolo, trova terreno fertile per la propria espansione, favorita anche dall’assistenza ai poveri praticata dalle comunità cristiane. Tra la fine del III e l’inizio del IV secolo l’anarchia politica fu superata e l’imperatore Diocleziano (184-305) riorganizzo politicamente la compagine territoriale frazionandola tra l’impero d’Occidente e impero d’Oriente (in questo modo fu sancita anche la divisione culturale tra la componente latina e quella greco- ellenica). L’IMPERATORE COSTANTINO (306-337) avviò la cristianizzazione dello stato e con TEODOSIO (379-395) il cristianesimo divenne la religione ufficiale dell’impero. Con la cristianizzazione si sviluppò però un apparato ecclesiastico che costituiva un ulteriore onere per le casse dello Stato. Col V secolo la parte occidentale dell’impero arrivò al collasso e non vi fu più la forza di opporsi alla pressione delle popolazioni germaniche. AUGUSTO – Il programma politico-culturale e al tempo stesso pedagogico di Augusto era diretto alla restaurazione degli ideali morali arcaici del MOS MAIORUM e dunque ripristinare i pilastri dell’antica società. Tentativo decisamente anacronistico rispetto alla dinamica sociale e alla sofisticazione dell’ambiente romano. La divaricazione tra l’homo e il civis che si era aperta nell’ultima fase della repubblica veniva piuttosto ad acuirsi entro il nuovo regime che se intendeva moralizzare i costumi voleva però tenere sedate le tensioni politiche, e quindi era incline a favorire il riflusso nella vita privata. La stessa letteratura dell’età augustea, tranne nei suoi aspetti celebrativi della grandezza di Roma e di Augusto, percorreva questa poetica della vita privata e dei sentimenti personali. Con la poesia dell’età di Augusto la divaricazione tra l’ideale dell’homo e quello del civis si acuisce e si va verso L’HOMO. Augusto ripristina le SCUOLE LATINE DI RETORICA ma essa perde la sua originaria funzione etico-politica limitandosi alla DECLAMATIO. Si trattava di un addestramento volto a formare brillanti oratori capaci di stupire l’uditorio con la loro eloquenza ma il profilo etico-politico dell’oratoria si era dissolto. Con la DINASTIA DEI FLAVI e dunque L’IMPERATORE VESPASIANO si riprende ad avere un interesse pratico verso la cultura retorica. Egli da un lato riattiva una politica culturale di ripresa del MOS MAIORUM dopo le inclinazioni ellenistiche e la corruzione dei costumi dell’età di Nerone. Dall’altro riorganizza l’amministrazione del vasto Impero Romano che ha ormai necessità di un corpo di funzionari imperiali ben preparati. A questo scopo egli istituirà cattedre statali ben retribuite di retorica greca e latina, inaugurando un’istruzione superiore pubblica. A ricoprire la cattedra di retorica latina fu QUINTILIANO. QUINTILIANO – Egli non definisce l’arte retorica come arte della persuasione, che lascia intendere la possibilità di manipolare gli altri, ma come DISCIPLINA DEL PARALRE BENE. Dove “bene” indica non solo l’eleganza dell’eloquio ma soprattutto la sostanza etica del discorso. Riprende dunque la concezione della retorica di CATONE e CICERONE. L’originalità del suo pensiero sta nell’aver pensato la formazione dell’oratore nel quadro dell’intero percorso educativo dall’infanzia all’età adulta. E nell’aver indicato nella scuola pubblica, anziché nel ricorso al precettore privato (ancora diffuso) l’istituzione cardine di questo percorso. Nell’epoca imperiale fioriscono anche le SCUOLE FILOSOFICHE i cui indirizzi erano essenzialmente 4: - SCUOLA STOICA - SCUOLA EPICUREA - SCUOLA PLATONICA - SCUOLA ARISTOTELICA Tra il III e il IV secolo i primi due indirizzi scompaiono e gli ultimi due si fondono nel NEOPLATONISMO. Nell’età imperiale la partecipazione alla vita politica si affievolisce e la filosofia guadagna molte attenzioni e oltre a frequentare le scuole varie famiglie patrizie ospitavano nella propria casa un filosofo col compito di consigliere morale e direttore spirituale. In questa fase l’insegnamento filosofico non aveva tanto uno scopo intellettuale quanto educativo nel senso più impegnativo del termine. Infatti, esso mirava a orientare gli atteggiamenti etici ed esistenziali fino a farne abiti mentali, modi di essere e vedere le cose e in ultima istanza modi di vivere. La tendenza alla valorizzazione della vita privata, unita al nuovo sentimento della propria individualità porta a un nuovo orientamento educativo centrato sulla coltivazione di sé e della propria HUMANITAS. SENECA – Divenuto precettore di Nerone, guidò i primi anni del suo principato. Quando l’imperatore però mostrò la sua volontà di potere assoluto si ritirò dalla vita politica e si dedicò completamente alla filosofia. Dopo pochi anni, fu però accusato di aver congiurato contro Nerone e fu costretto al suicidio. Egli mise al centro l’esigenza della formazione morale della classe dirigente, ed ebbe chiara consapevolezza della rilevanza di un’adeguata educazione del principe. Infatti, alcune sue opere ebbero Nerone come destinatario, col disegno (indubbiamente fallito) di formare la sua personalità in senso liberale. Le sue tragedie sonno innervate da uno scopo politico-pedagogico. L’opera di Seneca assume un trasparente taglio educativo (pedagogico) con i DIALOGHI e con le LETTERE A LUCILIO. Non si tratta di trattazioni meramente teoriche. Seneca intende orientare l’atteggiamento e la condotta del lettore, vuole favorire la trasformazione del suo modo di essere e a questo scopo intercala la trattazione dell’argomento con MASSIME E SENTENZE ICASTICHE destinate a incidersi nell’animo. L’insegnamento di Seneca è che la terapia delle malattie dell’anima consiste nel rinunciare all’attaccamento ai falsi beni, ai beni esteriori (fama, potere, ricchezza) per riporre ogni bene in sé stessi e nella propria anima. La felicità deriva dalle gioie intime. Questo messaggio filosofico-educativo, tuttavia, era destinato all’élite sociale e non al popolo che egli disprezzava considerandolo incolto e volgare. AGOSTINO – Si pone al confine tra due epoche e riepiloga la cultura antica e influenza quella medievale. Prima di convertirsi al cristianesimo e prendere i voti egli è professore di retorica latina. Così giunge ad assommare in sé il sapere pagano e quello cristiano. La sua conversione, dopo una vita mondana e non priva di eccessi, fu un processo lungo e sofferto, di cui egli ha lasciato un documento significativo con le sue CONFESSIONI. Con quest’opera fonda un nuovo genere di esercizio spirituale, di pratica auto-educativa: quello dell’autobiografia, della rammemorazione della storia della propria vita come base dell’autocoscienza personale. AGOSTINO È IL PADRE DEL MODELLO TEOLOGICO CHE INFORMERÀ LA CHIESA MEDIEVALE. DOTTRINA DELLA PREDESTINAZIONE – Agostino, memore della sua esperienza personale, crede che l’essere umano, reso debole dal peccato originale, non possa salvarsi che in virtù della grazia divina. L’uomo infatti è corrotto dal peccato originale di Adamo, che viene trasmesso con l’atto sessuale ed è quindi ereditato da ogni generazione. Pertanto, solo la grazia può portare alla salvezza e gli uomini sono predestinati alla beatitudine o alla dannazione secondo il volere id Dio, in base alla sua misericordia e alla sua giustizia. Agostino porterà a compimento la dottrina della Trinità nei termini di una sola e unica sostanza comune e tre persone (padre, figlio, spirito santo) che sono tra loro in stretta e reciproca interazione, insistendo sull’unità di Dio, più che sul suo carattere trino. Lo stesso Dio è presentato dunque come Persona. Questa sottolineatura del concetto di persona e questa corrispondenza tra la persona umana e quella divina sarà destinata a svolgere un ruolo fondamentale in tutto la pedagogia cristiana. La ricerca del vero si compie indagando dentro sé stesso e nel proprio universo interiore. Secondo Agostino, la conoscenza è un’illuminazione che rischiara la verità alla mente. La mente, cioè, è come un occhio interiore, ma essa non potrebbe vedere le cose se queste non fossero illuminare da una sorgente di luce. E tale sorgente di luce è garantita dalla presenza di Dio nell’anima umana. Dio stesso, quindi, illumina la verità e la rende percepibile alla mente umana. DE MAGISTRO – TEORIA DEL MAESTRO- La tesi fondamentale di questa opera è che l’unico vero maestro è il “maestro interiore”: il Cristo, che abita nell’interiorità dell’uomo. In questa opera Agostino stabilisce le due funzioni del linguaggio: l’insegnare e il richiamare alla memoria. Il De Magistro è un’indagine sulle condizioni di possibilità di un rapporto di insegnamento basato sulla COMUNICAZIONE LINGUISTICA. Tale rapporto è possibile a condizione che le parole siano “segni”, ed esse sono tali solo se hanno un significato per l’allievo, se questi è in grado di interpretarle. Se questa condizione non si realizza non si ha un vero e proprio rapporto di insegnamento e a rigore è perfino improprio definire “Insegnamento” l’emissione verbale del docente. Quindi prima che si possa insegnare, il soggetto deve aver appreso cose e nomi dall’esperienza. Quindi la comprensione avviene per l’intervento dell’illuminazione divina, e le parole esteriori del maestro si limitano ad ammonire, dirigere e a verificare se il soggetto è pronto a ricevere reale illuminazione. IL VERO MAESTRO è SOLO QUELLO INTERIORE:IL CRISTO. Il maestro umano può solo preparare l’azione di quello interiore, dirigendo l’attenzione del discente su determinati contenuti. Ossia il discente impara non se accetta passivamente ciò che gli dice il docente ma se lo esamina e comprende che ciò è valido in sé (non perché lo dice il docente). A ben guardare, quindi, la dottrina dell’illuminazione divina suggerisce un’autonomia del discente dal docente. Quanto ai contenuti dell’istruzione agostino li individua nelle arti liberali: la grammatica, la retorica, la dialettica, la matematica, che secondo la sua ottica neoplatonica erano capaci di orientare l’anima dalla realtà materiale a quella spirituale. ETA’ MEDIEVALE L’età medievale va dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (V secolo) al Rinascimento (XV secolo) L’età antica aveva visto l’unità del Mediterraneo sotto l’Impero Romano, la nuova epoca assiste invece al suo frazionamento: - Invasioni germaniche - VII e VIII secolo – espansione araba - Pirati saraceni Questi eventi comportano la caduta del commercio nel mediterraneo che riprenderà dopo l’anno Mille. Le strutture d’aggregazione medievali saranno i villaggi, i monasteri e i castelli più che le città. Solo a partire dall’anno Mille si assiste alla ripresa della vita cittadina parallelamente alla ripresa dei commerci. Il modo di produzione feudale si lega strettamente alle nuove strutture politiche del feudalesimo che si baseranno sul rapporto di vassallaggio, legato al beneficio territoriale concesso da un signore a un suo subordinato. Questo frazionamento del potere da modo alla Chiesa di emergere progressivamente come l’altra grande forza del medioevo. Se l’impero detiene la forza militare, la Chiesa ha il monopolio culturale (ossia l’altra leva dell’egemonia). La chiesa, infatti, controlla a lungo la formazione e le scuole e attraverso l’amministrazione della religione cristiana ha una grande influenza sulle masse. La mentalità dell’uomo medievale risente del senso d’insicurezza e di precarietà dell’esistenza ed è permeata dall’ossessione dell’aldilà e dal terrore della dannazione eterna. ALTO MEDIOEVO (V-X secolo) Si apre con le invasioni germaniche; queste popolazioni si convertirono poi al cristianesimo scegliendo però la formula dell’arianesimo. Ebbe così inizio un processo di fusione e di acculturazione reciproca tra la componente germanica e quella romanico-latina. L’epoca medievale si poneva ormai sotto il segno di due grandi ideali universalisti: - EUROPA COME REPUBBLICA CRISTIANA, che sebbene divisa politicamente rappresentava una civiltà unitaria nel segno della comune fede cristiana - L’IDEALE DELL’IMPERO, di unità politica sovranazionale e multiculturale della repubblica cristiana. Il confronto tra la Chiesa e l’Impero sarà quindi il confronto tra due disegni complementari e convergenti: l’unità politica e quella religiosa. Il problema era se al vertice di questa unità dovesse stare il papa o l’imperatore, se il primato appartenesse al potere spirituale o a quello temporale. EDUCAZIONE – L’educazione si pone come educazione cristiana e il pensiero pedagogico trova la propria genesi entro quello cristiano. La società medievale aveva una struttura gerarchica e dopo l’anno Mille si iniziò a considerarla ripartita in tre ordini: - ORATORES - BELLATORES - LABORATORES La distinzione di questi tre ordini era una ideologia che fissava le divisioni sociali come naturali, immutabili, volute da Dio, assegnando a ciascuno un ordine un compito necessario per l’unità del tutto. L’educazione medievale era un dispositivo funzionale al mantenimento dell’egemonia di chierici e signori sui contadini. MONACHESIMO – Il monaco si isola nel deserto per meditare e cercare una connessione con Dio. I monaci cenobitici si riuniscono in una comunità separata dalla comunità, i monasteri. MONACI IRLANDESI MONACI BENEDETTINI – Non eccedevano nelle pratiche ascetiche e non era indirizzata a una mera contemplazione, la sua massima era ORA ET LABORA, pregare e lavorare, l’ozio era ritenuto un pericolo per l’anima. AGOSTINO – la ricerca interiore e l’innalzamento dello spirito sono due aspetti cardine dell’ideale verso cui tende la vita monastica. (Hegel descriverà poi questa fase nella figura della coscienza infelice) SCUOLE ALTOMEDIEVALI – Scompare il sistema delle scuole pubbliche romane che aveva portato ad una maggiore alfabetizzazione del ceto popolare, ma vengono mantenute le SCUOLE EPISCOPALI CITTADINE per l’istruzione e la formazione dei chierici. Il tasso di alfabetizzazione cala e la chiesa detiene il monopolio dell’istruzione. Si escludono le donne dall’istruzione e il confine tra scuola primaria e secondaria si fa labile. 2^ FASE DELLA SCOLASTICA – Vi è un recupero di Aristotele grazie ad AVICENNA E AVERROE il rapporto rime tra la fede la ragione ma si pone la questione dell’autonomia della ragione naturale e dunque della sua differenza rispetto alla fede, oltre a quella della loro unità. Nascono in questo clima l’ordine dei domenicani e dei francescani. SAN TOMMASO – DOMENICANO E DOCENTE ALL’UNIVERSITA’ DI PARIGI. Assieme ad Agostino egli è il più importante pensatore del cristianesimo e la sua dottrina è stata adottata ufficialmente dalla Chiesa. Il suo pensiero è legato alla scolastica e dunque al problema fede e ragione. Connessa alla relazione tra teologia e filosofia. Alla base della gnoseologia di san Tommaso FEDE e RAGIONE possono essere collegate ai concetti metafisici di ENTE ed ESSENZA. Solo in Dio ente ed essenza coincidono mentre nell’uomo no e dunque l’uomo per passare dalla potenza all’atto necessita l’intervento di Dio. PER SAN TOMMASO LA CONOSCENZA PROCEDE PER ASTRAZIONE DALLA SENSAZIONE E, DIVERSAMENTE DA AGOSTINO CHE PENSA CHE QUESTA ILLUMINAZIONE DEBBA PROVENIRE DA DIO, CRE CHE DIO ABBIA MESSO IN OGNI UOMO IL LUME DELLA RAGIONE. DE VERITATE – è una risposta al De Magistro di Agostino. Nel De Veritate, san Tommaso tenda di capire se l’uomo, o soltanto Dio possa insegnare e dirsi maestro”. Agostino aveva risposto che solo Dio era in grado di illuminare l’uomo e portarlo alla conoscenza e che i maestri esteriori non sono tali ma dirigono solo l’attenzione del discente sull’oggetto della conoscenza. Tommaso allora elabora una sua gnoseologia e utilizza il metodo della disputatio, tipico della scolastica. La conoscenza per Tommaso non può venire solo dall’esterno e fa l’esempio della ferita. I risultati medici non dipendono solo dall’esterno. La guarigione a volte è dovuta al solo organismo che si cura e a volte necessita di interventi esterni (dottori/ farmaci). Il maestro umano, dunque, è posto come causa seconda della conoscenza ma è comunque vera causa del sapere dell’allievo. L’azione del maestro sebbene secondaria è necessaria come lo è l’intervento del medico. San Tommaso crede inoltre che la fede debba ammettere che l’uomo è dotato di LIBERA RAGIONE e che è lui stesso che può scegliere di comportarsi bene o male altrimenti non vi sarebbe premi né punizioni, ne merito ne demerito. NEL 1313 LA DOTTRINA DI SAN TOMMASO DIVENNE OBBLIGATORIA PER I MAESTRI DOMENICANI. ETA’ DELLA CONTRORIFORMA – I GESUITI SI AVVALGONO DEL PENSIERO TOMISTA E NEL 1879 SARÀ ADOTTATA COME DOTTRINA UFFICIALE CON L’ENCICLICA AETERNIS PATRIS DI LEONE XIII TANTO CHE LA PEDAGOGIA E LA FILOSOFIA CRISTIANA DEL 900 SARANNO INNEVATE DA UNA ROBUSTA VENA NEOTOMISTA. 3^ FASE DELLA SCOLASTICA – DISSOLVIMENTO DEL XIV SECOLO – L’idea di un’armonia tra fede e ragione viene meno ed esse intraprendono indirizzi filosofici diversi. TRANSIZIONE-ALL’ETA-MODERNA: -FINE DEI RAPPORTI DI PRODUZIONE FEUDALI -NASCITA DI UNA NUOVA CLASSE SOCIALE, LA BORGHESIA ETA’ MODERNA L’età moderna è legata a una serie di eventi che vanno dalla seconda metà del XV secolo alla prima metà del XVI secolo. - UMANESIMO E RINASCIMENTO - SCOPERTE GEOGRAFICHE (AMERICA) - MODERNO SISTEMA DEGLI STATI (tendenti verso l’assolutismo - LA RIFORMA PROTESTANTE UMANESIMO – L’età moderna è inaugurata dall’Umanesimo e dal Rinascimento che vanno dal XV al XVI secolo. Esse rappresentano una rivoluzione culturale che apre un deciso mutamento rispetto all’età medievale. L’umanesimo consisteva nella riscoperta del mondo classico e dei suoi valori. I primi umanisti si richiamarono a Petrarca. Il culto per le opere antiche greche e latine non era una semplice ammirazione o una imitazione passiva. Si ricercava un patrimonio di valore il medioevo aveva oscurato e che si caratterizzavano in senso mondano e in prospettiva civica. Gli umanisti vedevano nella cultura greco-romana la linfa con cui nutrire il nerbo civico del cittadino. La cultura antica non veniva semplicemente letta e imitata, essa doveva essere assimilata come base per sviluppare una nuova cultura moderna. La nuova cultura è concepita in vista di un uomo nuovo, da formare secondo nuovi principi rispetto a quelli medievali. L’umanesimo fu un movimento culturale che riguardò un’élite di letterati. Il rinascimento rappresenta la maturazione dei motivi e dei valori dell’umanesimo, e la loro estensione all’intera società colta, sia su scala italiana che europea. Il medioevo era stato teocentrico e aveva caratterizzato l’uomo secondo una tensione trascendente verso Dio. Il rinascimento invece si caratterizza per un nuovo senso di immanenza che fa della realtà terrena la patria dell’uomo. Questo nuovo concetto dell’umano, che passa dall’idea di un’essenza immutabile a quella di una realtà umana che è frutto di scelte è fondamentale anche in chiave pedagogica: - PEDAGOGIA DELL’ESSENZA – Educazione vincolata da un’essenza immutabile dell’uomo (la pedagogia antica e medievale erano più vicine a questo tipo di pedagogia) - PEDAGOGIA DELL’ESISTENZA – Non vi è alcuna essenza precostituita che vincola il processo educativo. Col rinascimento compare l’idea che l’uomo non sia determinato da un’essenza precostituita. Ciò implica che l’educazione non deve obbedire a una legge prefissata. Assistiamo qui a una ripresa dell’immaginario cavalleresco e alla trattatistica sulla vita di corte e le buone maniere. (ARIOSTO Orlando furioso, CERVANTES Don Chisciotte, SHAKESPEARE Enrico IV,V,VI, CASTIGLIONE Il Cortigiano, DELLA CASA Il Galateo) ERASMO – Sosteneva gli ideali di una riforma interna alla Chiesa e perciò fu interlocutore di Lutero. Egli sostiene l’opportunità di iniziare in età precoce, prima dei sei anni, l’istruzione del bambino per sfruttare la plasticità della sua mente e prevenire la formazione di cattive abitudini. Inoltre, egli svolge una vigorosa polemica contro una scuola basata sul castigo, l’umiliazione e la violenza, sostenendo la necessità di un maestro capace di attrarre con dolcezza, perché col gioco e l’amore si impara più facilmente mentre le percosse allontanano dal sapere e non si addicono alla formazione di un uomo libero. (DE PUERIS STATIM AC LIBERALITER INSTITUENDIS) - CONCETTO DI EDUCABILITA’ DELL’INFANZIA IN SENSO NON SOLO MORALE MA ANCHE INTELLETTUALE - LA NECESSITA DI UN ATTEGGIAMENTO RISPETTOSO E NON VIOLENTO VERSO IL BAMBINO Erasmo crede anche che i problemi dell’umanità si possano risolvere solo grazie all’educazione. MONTAIGNE - Fu un nobile francese che si ritirò nel proprio castello e meditò giungendo a scrivere i SAGGI (1580) – DELLA PEDAGOGIA – DELLA EDUCAIZONE DEI FANCIULLI Egli diceva “SCEGLIERSI UN PRECETTORE CHE AVESSE PIUTTOSTO LA TESTA BEN FATTA CHE BEN PIENA” Nell’auspicare un maestro intelligente anziché pedante erudito, Montaigne indicava la priorità della formazione della mente (la testa ben fatta) sul mero nozionismo (ben piena). In questo modo egli sottolinea l’importanza della capacità di giudizio autonomo, di saper pensare con la propria testa. Siamo lontani da Tommaso D’Aquino secondo cui chi non possiede la scienza non può essere vero maestro. In Montaigne pare che si debba piuttosto dire che non può essere veramente tale che non ha una testa ben fatta. Egli critica anche uno dei capisaldi dell’educazione umanistica, lo studio del greco e del latino, RIVOLUZIONE INGLESE – il re fu imprigionato e decapitato nel 1649, INIZIA L’EPOCA DELLE RIVOLUZIONI BORGHESI. LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA E IL PENSIERO UTOPICO – Siamo in una epoca in cui prende corpo un’esigenza di rigore di pensiero, generata dalla consapevolezza del nesso tra la validità di una conoscenza e il modo utilizzato per raggiungerla. CARTESIO 1) NON ACCETTARE MAI NULLA PER VERO SENZA RICONOSCERLO COME EVIDENTE; 2) DIVIDERE OGNI PROBLEMA COMPLESSO IN PARTI SEMPLICI 3) PROCEDERE ORDINATAMENTE DALLA QUESTIONE PIU SEMPLCE A QUELLA PIU COMPLESSA 4) RICONRTOLLARE IL PROCEDIMENTO SEGUITO FINO A ESSERE SICURI DI NON AVER TRALASCIATO NIENTE Il razionalismo di Cartesio lo porta a sviluppare un pensiero analitico in cui è evidente la fiducia nell’intelligenza umana anziché nell’auctoritas della tradizione. Questi principi non rinviavano ad una autorità superiore ma alla capacità di pensare con la propria testa. (tuttavia, gli uomini possiedono alcune idee innate preliminari alla stessa scienza, ad esempio il concetto di Dio) TOMMASO MORO – PENSIERO UTOPICO (EU-TOPIA = luogo buono; OU-TOPIA= luogo inesistente). Le utopie tendono a nascere in situazioni di profonda crisi sociale e rappresentano tentativi di risposta – sebbene immaginaria – a tali situazioni. COMENIO – Aderiva alla riforma hussita. Per Comenio la vita terrena è una preparazione alla vita eterna e la stessa educazione va vista in questa prospettiva. Sviluppa il concetto di PANSOFIA, ossia la necessità di INSEGNARE TUTTO A TUTTI con un metodo universale, la DIDACTICA MAGNA. PANSOFIA – Il metodo pansofico è fondato su tre cardini. - La coerenza – tutte le conoscenze saranno connesse in una struttura unitaria - La gradualità – il sapere consiste nel fatto che le conoscenze posteriori sono sempre legate a quelle anteriori e preparate da queste senza alcun salto o discontinuità - L’uniformità – il metodo pansofico è capace di dare ordine a qualsiasi materia e dunque rimarrà lo stesso in ogni ambito del sapere DIDACTICA MAGNA – Si apre dichiarando che essa consiste in un metodo universale grazie al quale si può riuscire ad insegnare tutto a tutti. Contrariamente alle posizioni luterane, per Comenio il peccato originale è stato redento dal Cristo, tuttavia l’educazione è necessaria a sviluppare i semi innati delle virtù e prevenire la caduta nel vizio. L’educazione è necessaria a tutto il genere umano, sia agli uomini che alle donne e nessuno deve essere escluso, nemmeno i soggetti che oggi definiamo disabili. Per realizzare l’educazione è necessario istituire la scuola come luogo d’istruzione comune per tutti i giovani, per i fanciulli come per le fanciulle, per i ricchi come per i poveri, per i soggetti svegli come per quelli tardi. Individua 7 PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’INSEGNAMENTO: 1. “LA NATURA ASPETTA IL TEMPO FAVOREVOLE” – L’educazione deve cogliere il momento giusto, rispettando i tempi del bambino e la gradualità del suo apprendimento 2. “LA NATURA PRIMA DI COMINCIARE A DARE LA FORMA, SI PROCACCIA LA METERIA” – Nella scuola invece spesso ci si preoccupa di insegnare la forma verbale prima della realtà materiale. Le regole d’insegnano in astratto prima dell’esperienza concreta. Occorre perciò partire dalle cose concrete dell’esperienza per giungere alle parole e alle astrazioni. 3. “LA NATURA PRENDE UN SOGGETTO ADATTO ALL’OPERAZIONE CHE VUOL COMPIERE, OPPURE SE LO RENDE ADATTO CON UNA CONVENIENTE PREPARAZIONE” – è necessario preparare i discenti a ricevere un dato insegnamento, eliminando gli eventuali impedimenti. 4. “LA NATURA NON È CONFUSA NELLA SUA OPERA, MA PROCEDE DISTINTAMENTE” – Le scuole spesso vogliono invece affastellare troppe cose da imparare nello stesso tempo generando confusione nel discente. Quindi è necessario procedere in modo distinto e ordinato, insegnando prima la grammatica e poi la retorica e non contemporaneamente (ad esempio) 5. “LA NATURA OPERA SEMPRE COMINCIANDO DALL’INTERNO” – per esempio forma prima le ossa e poi la pelle. Le scuole invece partono dalla memorizzazione delle nozioni anziché dalla loro comprensione. È necessario dunque educare all’intelligenza e solo dopo alla memoria 6. “LA NATURA OGNI SUA CREAZIONE LA COMINCIA DALLE COSE PIÙ GENERALI E TERMINA COI PARTICOLARI” – Occorre iniziare l’istruzione da una serie di nozioni fondamentali che costituiscano la base per gli apprendimenti successivi, che provvederanno ciclicamente al loro ulteriore sviluppo. 7. “LA NATURA NON FA SALTI MA PROCEDE PER GRADI” In collegamento con il SECONDO PRINCIPIO per Comenio è molto importante la predisposizione del LIBRO SCOLASTICO. Lo spirito della Didactica Magna sembra consistere in una generalizzazione della posizione Luterana. Lutero aveva indicato che tutti dovessero essere in grado di leggere la Bibbia. Per Comenio tutti dovevano essere messi in grado di leggere e comprendere l’intero sistema dei libri del sapere (PANSOFIA) ORBIS SENSUALIUM PICTUS (1658) – Il mondo per immagini delle cose sensibili, libro di testo illustrato che accoppia la forma verbale alla raffigurazione dell’oggetto designato. ALLA BASE VI è L’IDEA CHE LA CONOSCENZA MUOVA DALLA DENOMINAZIONE DELLE COSE, E QUELLA DI RADICE AGOSTINIANA, CHE I NOMI HANNO SIGNIFICATO SOLO QUANDO SONO RIFERITI ALLE COSE. La pedagogia di Comenio si poneva una domanda tipo: “ho un insieme di saperi. Come li insegno?” In effetti la psicologia di Comenio non va al di là della dottrina agostiniana delle tre facoltà: intelletto memoria, volontà. Rousseau rovescerà completamente questa impostazione, mettendo il discente al centro dell’educazione (puerocentrismo). L’ETA DELLE RIVOLUZIONI BORGHESI (1600-1700) RIVOLUZIONE INGLESE (1640-1649) aveva mostrato la tendenza della borghesia di appropriarsi di un ruolo politico. Il problema del rapporto tra aristocrazia e borghesia diventa il fulcro della politica interna degli stati. - Nei paesi in cui l’aristocrazia riuscì ad imporre il proprio dominio (Italia, Spagna e Germania) l’economia rimase ancorata alla prevalenza della produzione agricola estensiva e lo sviluppo della borghesia rimase debole - I paesi dove si rafforzò la borghesia (Inghilterra, Olanda e Francia) andarono invece incontro a uno sviluppo mercantile e manifatturiero. CULTURA DEL 600 – LA CULTURA EUROPEA INCLINAVA VERSO ESITI DIFFERENZIATI TRA AREE CATTOLICHE E QUELLE PROTESTANTI. (Francia, cattolica, monarchia assoluta / Inghilterra, protestante, liberalismo parlamentare) RIVOLUZIONE FRANCESE LOCKE – Egli fu prima di tutto un pensatore politico, esponente del liberalismo. In Inghilterra, prima di lui, il problema politico era stato affrontato da THOMAS HOBBES che nel suo leviatano aveva indicato la legittimità del potere statale non in un fondamento divino della monarchia, bensì in un contratto tra sovrano e sudditi, diretto all’utilità e alla sicurezza. Il contrattualismo hobbesiano costituiva un passo avanti rispetto ala monarchia per diritto divino. Locke nel suo SECONDO TRATTATO SUL GOVERNO (1689-90) muove anch’egli da un fondamento contrattuale della legittimità del potere politico, anteriormente al quale si ha un’IPOTETICO STATO DI NATURA. Questo stato per Locke non è necessariamente una guerra di tutti contro tutti poiché gli uomini sono comunque guidati da una legge di natura. IL FONDAMENTO DEL CONTRATTO, DUNQUE, NON è LA PAURA MA LA RAGIONE E CON IL CONTRATTO NON SI HA L’ALIENAZIONE DEI DIRITTI INDIVIDUALI ALLO STATO MA LA LORO PIENA ASSICURAZIONE. I DIRITTI GARANTITI RIGUARDANO LA PROPRIETÀ PRIVATA, LA LIBERTÀ PERSONALE E LA LIBERA ATTIVITÀ ECONOMICA. LETTERA SULLA TOLLERANZA (1689) – Qui Locke esprime il suo liberalismo anche nella tolleranza religiosa Laddove la borghesia era più debole, come nell’area germanica e in quella italiana, l’illuminismo rimase un fenomeno prevalentemente culturale senza una vera liberazione politica. L’illuminismo dunque è connesso alla riorganizzazione dell’egemonia politico-culturale legata all’ascesa della borghesia e raggiunse esiti diversi a seconda del grado di forza e di maturazione di questo gruppo sociale. L’illuminismo è stato un fattore di emancipazione umana ma non fu veramente universale. La liberazione ha riguardato solo una parte dell’umanità lasciandone la parte più cospicua nell’oppressione e nello sfruttamento. ROUSSEAU (1712-1778) – Dal punto di vista pedagogico egli rappresenta una vetta dell’epoca e secondo certi studiosi uno spartiacque dell’intera storia della pedagogia Egli soffrì a lungo per la propria condizione sociale che gli precludeva la frequentazione degli ambienti più colti. Ciò che caratterizza il suo pensiero è la stretta connessione tra politica, etica ed educazione. 1749 – L’ACCADEMIA DI DIGIONE lancia un concorso sul tema se il progresso artistico e scientifico avesse contribuito o no al progresso dei costumi. Rousseau vinse il premio con il suo DISCORSO DULLE SCIENZE E SULLE ARTI in cui dichiarava che il progresso delle scienze non migliorava l’uomo e i suoi costumi morali, Infatti l’uomo è buono per natura ma la società lo corrompe. Fin dal principio quindi il suo pensiero si fonda sull’antitesi natura e società, bontà originaria e caduta morale. DISCORSO SULL’ORIGINE DELLA DISEGUAGLIANZA (1755) – Egli addita qui la fonte della corruzione morale dell’uomo nella diseguaglianza sociale. Rousseau muove dall’ipotesi di uno stato di natura dell’uomo cercando di ricostruirne i caratteri plausibili chiarendo subito che si tratta solo di una congettura e che esso non sia probabilmente mai esistito. L’uomo delle origini non possiede una ragione già sviluppata, ma non è nemmeno chiuso nel suo egoismo. Più plausibilmente, egli prova soltanto un naturale amore di sé che lo spinge all’autoconservazione e un’altrettanta naturale compassione verso i propri simili, di cui avverte l’analogo anelito verso la vita. In tale stato originario si danno DIFFERENZE NATURALI TRA GLI UOMINI, ma queste non diventano DISEGUAGLIANZE SOCIALI. Posta questa descrizione dello stato di natura e della sostanziale eguaglianza che vi regna, Rousseau introduce la propria tesi sull’origine sociale della diseguaglianza. - La prima fonte di diseguaglianza è la PROPRIETA’ PRIVATA poiché essa crea l’ambizione e la brama di ricchezza. La difesa della proprietà privata secondo Rousseau rappresenta un patto iniquo, la ratifica dell’esito di una rapina. Allora il filoso inizia a chiedersi: “è possibile restituire all’uomo la sua bontà originaria nonostante egli viva in società?” DISCORSO SULL’ECONOMIA POLITICA (1755) – Tenta di rispondere a questo quesito. L’uomo può vivere nella società moderna senza perdere la libertà e l’eguaglianza solo se esso vive in una società giusta. Una società giusta, o meno iniqua, richiede uno Stato in cui la sovranità sia del popolo e si esprima come volontà generale attraverso la deliberazione delle leggi da parte del popolo stesso riunito in assemblea. La volontà generale garantisce scelte compiute nell’interesse collettivo e quindi giuste. Si tratta del tema della DEMOCRAZIA DIRETTA ROUSSEAUIANA, che riguarda però solo il momento legislativo e non quello esecutivo che è affidato a un governo incaricato di attuare quanto deliberato dall’assemblea. Rousseau pone qui un principio pedagogico-politico che sarà poi ripreso da DEWEY. L’effettivo funzionamento di un regime democratico richiede una conveniente educazione dei cittadini. Questa educazione deve essere pubblica, a somiglianza di quanto avveniva nell’antica Sparta. In questa indicazione la critica ha individuato una influenza della REPUBBLICA di PLATONE. Inoltre, deve essere lo Stato a curare questa educazione pubblica, che deve iniziare fin da bambini e svolgersi secondo regole dettate dallo stato e sotto la guida di magistrati preparati a questo compito dallo Stato stesso. A differenza di Locke non si tratta di formare un gruppo sociale determinato, quello dei gentlemen, come futura classe dirigente; bensì di educare tutti come cittadini. Lo stato ha un compito educativo ancora più ampio, poiché “è sicuro che a lungo andare i popoli diventano ciò che il governo li fa diventare”. Questo tema dello STATO EDUCATORE sarà una delle questioni fondamentali della teoria politica e pedagogica contemporanea. CONTRATTO SOCIALE (1762) – “L’UOMO è NATO LIBERO E DAPPERTUTTO è IN CATENE” -In un patto sociale che non sia iniquo, l’uomo aliena la propria libertà non a un altro uomo (nemmeno il monarca) bensì all’intera comunità sociale. Così dal momento che tutti si rimettono alla volontà generale della comunità ognuno resta libero in quanto partecipa come cittadino alla formazione di tale volontà e nell’obbedire a esse non farà altro che obbedire a sé stesso. Questo però presuppone che la volontà generale sia esprimibile soltanto dal popolo e non possa essere delegata a rappresentanti ma sia espressa direttamente dell’assemblea popolare. In altri termini la sovranità appartiene al popolo e non è in alcun modo cedibile ad altri soggetti. Il governo e solo un organismo di commissari che deve attuare la volontà popolare e i suoi membri sono revocabili dal popolo stesso. Questo ideale di democrazia diretta invece che rappresentativa esercitò una forte influenza sulla Rivoluzione Francese. EMILE (1762) – Qui Rousseau affronta il tema di una educazione in grado di preservare la naturale bontà umana. “TUTTO è BENE USCENDO DALLE MANI DELL’AUTORE DELLE COSE, TUTTO DEGENERA NELLE MANI DELL’UOMO”. Dio crea buone tutte le cose mentre l’uomo le corrompe tutte. E questo vale anche per l’uomo, buono in natura e degradato nella società. Il che è come dire che il bambino nasce buono, ma una volta adulto lo troviamo guastato, e nel mezzo c’è stata la sua formazione da parte della società. “OBBLIGATO A COMBATTERE LA NATURA O LE ISTITUZIONI SOCIALI BISOGNA DECIDERSI SE FARE UN UOMO O UN CITTADINO; POICHÉ NON SI PUÒ FARE L’UNO E L’ALTRO NELLO STESSO TEMPO”. Si possono distinguere dunque due tipi di educazione: - Una educazione pubblica volta a formare il cittadino - Una educazione domestica (o naturale) volta a formare l’uomo Poiché la formazione del cittadino tramite l’educazione pubblica richiede uno Stato giusto, ma gli stati odierni sono iniqui, è impossibile formare un cittadino virtuoso e propende duqnue verso l’educazione domestica volta alla formazione dell’uomo. Il modello dell’EDUCAZIONE DOMESTICA (O NATURALE) mira a formare l’umo secondo la sua natura e quindi non a prepararlo per un ruolo sociale particolare o una specifica professione bensì per il suo compito di essere umano, per il mestiere di vivere. Ma come è possibile educare alla vita mantenendo la bontà originaria dell’essere umano se la società è corrotta e tende a degradare l’uomo? Roussea propone di impedire alla società di corrompere l’uomo educandolo per un lungo periodo lontano da essa. Anche qui si può ravvisare un’analogia con la REPUBBLICA di PLATONE. Platone proponeva di sottrarre i bambini alle famiglie e di educarli in maniera tale che il loro ceto sociale non pregiudicasse il loro successo. Rousseau invece propone di sottrarre l’educando all’influenza dell’intera società per educarlo in un contesto naturale dove l’unico contatto sociale è rappresentato dal precettore, che quindi si occupa del suo allievo. Quest’opera descrive l’itinerario educativo di Emilio attraverso le sue diverse età e rappresenta implicitamente un CRITICA ALL’IMPOSTAZIONE EPISTEMOCENTRICA DI COMENIO che Rousseau rovescia completamente mettendo al centro dell’educazione non il sistema del sapere (la pansofia) bensì il soggetto educando (Emilio). COMENIO – “HO UN SISTEMA DI SAPERI. COME LI INSEGNO?” ROUSSEAU - “HO UN SOGGETTO DA EDUCARE. COME LO EDUCO?” EDUCAZIONE NEGATIVA – Dalla naturale bontà del bambino deriva il principio che l’educazione deve essere essenzialmente negativa. Non ci si deve cioè preoccupare tanto di insegnare al bambino cosa è vero o a comportarsi in modo virtuoso, quanto a evitare che apprenda cose errate e condotte viziose. Pertanto l’educazione non consiste >(come indicato dal LOCKE) nell’acquisizione di un repertorio di abitudini virtuose. L’uomo non deve essere guidato dall’abitudine, ma dalla propria coscienza. Pertanto la sola abitudine che si deve lasciar prendere al fanciullo è di non contrarre alcuna abitudine. EDUCAZIONE ATTIVA – Il bambino non deve imparare dai libri inizialmente ma dalle cose concrete. Il suo apprendimento si deve svolgere attraverso l’attività con le cose, col gioco libero e col lavoro spinto dalla molla della curiosità e dell’interesse. Attraverso questa esperienza attiva egli affinerà i sensi e la motricità e ricaverà una serie di conoscenze concrete. PRINCIPIO DELL’EDUCAZIONE INDIRETTA (RIPRESA POI DALLA MONTESSORI) – L’educatore non indirizza l’attività del bambino in modo diretto e autoritario bensì in maniera indiretta, predisponendo ad arte le situazioni educative, in modo che siano le cose stesse a dirigere l’attività del bambino. CRITICA ROUSSEAU – La concezione di Rousseau circa la condizione naturale di bontà originaria dell’uomo è in contraddizione con la dottrina del peccato originale che egli considera una invenzione di AGOSTINO. (IL SUO PENSIERO DI FATTI ERA SGRADITO ALLA CHIESA) Questa prima parte dell’Ottocento si chiude con la crisi economica iniziata nei primi anni ’70 che sarebbe durata più di vent’anni e che portò alla crisi dell’egemonia britannica. L’IDEA DI NAZIONE, COME UNITÀ FONDATA SU UNA TRADIZIONE STRICA FU UNO DEI CARTINI POLITICI DELL’OTTOCENTO E DELLO STESSO ROMANTICISMO. Fu un periodo di tensioni nazionali e sociali che riaccesero le braci della rivoluzione. PARIGI 1830 – Viene rovesciata la monarchia reazionaria di Carlo VIII e diventava re FILIPPO DI BORBONE per volontà della nazione (e non per volontà divina). Il nuovo monarca favorì soprattutto la grande finanzia e non i ceti produttivi così nel 1848 scoppio nuovamente LA RIVOLZIONE CHE DEPOSE IL RE E PROCLAMÒ LA REPUBBLICA. 1848- MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA – Appare lo “spettro del comunismo” in Europa e dunque si affacciava all’orizzonte un cambiamento non più solamente limitato all’ordine politico ma esteso a quello sociale. Così mentre la borghesia si avviava a conquistare l’egemonia, doveva iniziarsi a preoccupare di un nuovo avversario: il proletariato industriale. Siamo nel quadro dell’età contemporanea caratterizzata dal costante conflitto sociale tra capitale e lavoro. ROMANTICISMO – Quando si parla di romanticismo non ci si riferisce a una categoria perenne dell’animo umano che consiste in un generico sentimentalismo, ma a un movimento culturale situato nel tempo e nello spazio. Inoltre, mentre l’illuminismo fu un fenomeno europeo il romanticismo fu tale soprattutto sul versante letterario mentre dal punto filosofico e pedagogico su un fenomeno essenzialmente tedesco. La matrice del pensiero romantico viene comunemente indicata in Rousseau e nel movimento settecentesco dello STURM UND DRANG. L’accentuazione del motivo del sentimento e il carattere antirazionalista contrassegnarono soprattutto il romanticismo letterario e in particolare quello più direttamente pedagogico (mentre HEGEL fu essenzialmente un razionalista). L’elemento del sentimento su alla base anche dell’enfasi sull’elemento popolare su quello nazionale. Da una parte vi è: - il culto per la storia e in particolare per un medioevo feudale idealizzato; - dall’altra un’inedita attenzione per l’educazione popolare che trovò in PESTALOZZI il suo interprete pratico. Sul piano filosofico si parla di idealismo romantico (o filosofia classica tedesca) per indicare il pensiero tedesco che muove dalle problematiche sollevate dalla filosofia kantiana per andare in direzione di un idealismo soggettivo (il soggetto diviene il principio primo) e assoluto (il soggetto come Spirito, è l’unica vera realtà) FICHTE HEGEL PESTALOZZI (1746-1827) – Svizzero, non conduce a termine gli studi universitari di legge e di teologia. Influenzato dalla lettura di Rousseau aderisce ai circoli studenteschi progressisti per convertirsi presto a un atteggiamento più moderato ma innervato di motivi umanitari 1769- FATTORIA DI NEUHOF- Postalizzi apre questa fattoria con l0intento di farne una impresa modello destinata ad impiegare anche ragazzi poveri e a dare loro un’istruzione elementare e un mestiere. Pochi anni dopo chiuse. Pestalozzi indica la via per la felicità dell’umanità nella fede in Dio e nell’amore per il prossimo, al quale deve ispirarsi anche il rapporto educativo; si preoccupa dell’educazione popolare 1797 – a seguito dell’ECCIDIO DI STANS da parte dei francesi vi erano molti orfani e dunque la necessità di contenerli e educarli per non farli deviare. Lo stato creò un istituto affidando la direzione a Pestalozzi. Qui egli enfatizzò ancora di più il motivo dell’amore, facendone l’essenza del rapporto educativo: PER SVILUPPARSI MORALMENTE IL BAMBINO DEVE SENTIRSI AMATO. L’istituto chiude nel 1799. 1800 – APRE UN ISTITUTO SCOLASTICO PRIVATO A BURGDORF – In questo periodo mette a punto i vari aspetti del suo metodo educativo. Questa esperienza fallì a causa dell’ostilità dei gruppi aristocratici conservatori che temevano una diffusione di idee democratiche. 1805 – APRE UN ISTITUTO SCOLASTICO A YVERDON La premessa al suo pensiero pedagogico è la TEORIA DEI TRE STATI, che riguardano sia società che lo sviluppo del singolo e indicano il percorso ideale dell’educazione: dallo stato di natura, a quello sociale e, infine, a quello morale. 1. STATO NATURALE – L’uomo segue in modo innocente i suoi istinti, che lo spingono verso i piaceri sensibili, ma il suo naturale egoismo lo porta al conflitto con i propri simili. 2. STATO SOCIALE – lo stato sociale (a differenza di Rousseau) nasce come rimedio a questo limite, in quanto regola l’egoismo dei singoli nei rapporti interumani, ma questo è accettato dall0individuo solo per il proprio interesse e ciò non elimina la possibilità del conflitto. È necessario dunque un principio superiore di giustizia che è lo stato morale. 3. STATO MORALE – qui il rapporto con gli altri non è pura mediazione dei rispettivi egoism, ma espressione dell’ideale dell’armonia umana e della rettitudine personale, ed è anche scoperta del rapporto col divino. Il primo concetto pedagogico fondamentale di Pestalozzi è quello di EDUCAZIONE ELEMENTARE che sviluppa l’idea che le attitudini specificamente umane sono: - LA MORALITÀ (IL CUORE) – Lo sviluppo della facoltà morale e religiosa trova la propria matrice nel rapporto d’amore della madre verso il bambino e muovendo da questo rapporto di amore reciproco il circolo degli affetti del bambino si allarga progressivamente fino a estendere il rapporto d’amore a Dio. È solo dall’amore reciproco che può derivare l’obbedienza spontanea del bambino. - L’INTELLETTO (LA MENTE) – lo sviluppo dell’intelletto muove dall’intuizione sollecitata dal contatto sensoriale con gli oggetti. Il compito dell’educazione è di stimolare questo contatto sensoriale con gli oggetti e la connessa espressione verbale. Euindi l’insegnamento della lingua è il primo mezzo per promuovere la formazione spirituale che procede dall’intuizione. - L’ARTE PRATICA (LA MANO) – è lo sviluppo delle capacità in senso tecnico-pratico. L’educazione deve sviluppare in modo equilibrato queste tre diverse attitudini umane così da realizzare l’unità e l’armonia dell’essere umano. Lo squilibrio unilaterale di una singola facoltà rende eccessive le sue pretese e compromette la naturale armonia dell’uomo. Il secondo concetto pedagogico fondamentale in Pestalozzi è quello di METODO NATURALE: per essere conforme alla natura il metodo deve semplificare i suoi mezzi e ciò lo fa adatto all’educazione popolare, rendendolo inoltre praticabile da qualsiasi maestro. La massima fondamentale di ogni educazione secondo natura è che “la vita educa” e quindi l’uso dei principi del metodo deve seguire la via che la vita stessa indica. In ogni caso il metodo deve puntare allo sviluppo della mente piuttosto che all’accumulo di conoscenze. Il “sentimento dell’infanzia” inizia a mutare grazie alla svolta puerocentrica di Rousseau per quanto riguarda la cultura e per quanto riguarda le condizioni materiali questo sentimento ha una svolta con la Rivoluzione industriale. L’impiego di entrambi i genitori nelle fabbriche generava un bisogno sociale di custodia del bambino piccolo, ancora inadatto alla produzione. Le prime SALE DI CUSTODIA DELL’INFANZIA sorsero nell’ultima parte del 1700 e si diffusero gradualmente nelle zone a elevata concentrazione industriale. Solo con l’inizio del 1800 si avranno le prime vere istituzioni educative per l’infanzia, con gli esperimenti di Owen in Inghilterra e soprattutto con la nascita dei GIARDINI D’INFANZIA DI FROEBEL. FROEBEL (1782-1852) – è considerato il pedagogista più tipico del Romanticismo. In effetti sulla sua opera non incisero solo Rousseau e Pestalozzi ma anche Schiller, Fichte e Schelling. Nel 1839 apre il primo giardino dell’infanzia. Questa era una metafora floreale che paragonava il bambino a una pianta e l’educatore a un giardiniere. Essi non erano sale di custodia ma veri e propri spazi educativi in cui doveva iniziare la formazione dell’uomo attraverso l’attività ludica. Dopo una prima diffusione in Germania saranno colpite dalla reazione conservatrice posteriore al 1848 che li accuserà di attuare un’educazione atea e socialista. Ciò non impedirà però alle dottrine froebeliane e ai suoi Giardini di diffondersi in Europa, inclusa l’Italia. L’EDUCAZIONE DELL’UOMO (1826) – in questo testo Froebel riprende la metafisica di Schelling. Ossia tutto procede da un’unica essenza divina. La crisi economica degli anni ’70 dell’800 fa si che si sostituisca il liberismo di mercato con politiche protezionistiche che mirano a tutelare le produzioni nazionali con dazi e tariffe doganali. Nasce il capitalismo monopolistico. Sorge anche un capitalismo finanziario basato anche sul finanziamento internazionale e l’esportazione di capitali. Ne è principale protagonista l’Inghilterra. IMPERI COLONIALI – Riprende con forza la spartizione coloniale del mondo da parte dei paesi occidentali allo scopo di assicurare materie prime e mercati per i propri prodotti industriali. La competizione imperiale-coloniale vede impegnate l’Inghilterra, la Francia, la Germania, gli Stati Uniti, il Giappone (e da ultimo l’Italia) CONFLITTO SOCIALE TRA CAPITALE E LAVORO – Il conflitto sociale tra capitale e lavoro tra gli anni ’70 e gli anni ’90 porta alla nascita di partiti socialisti che si coordinano nella Seconda Internazionale nel 1889. Il più forte e organizzato di questi partiti è la socialdemocrazia tedesca (nata nel 1875). L’internazionale socialista non riesce ad evitare il primo conflitto mondiale e si disgrega. Con la conferenza di Parigi si sanziona pesantemente la Germania tanto da concorrere al sentimento di ingiustizia che i tedeschi provavano e che avrebbe portato al secondo conflitto mondiale. 1929 – CROLLO DELLA BORSA DI WALL STREET – Crisi economica che giunge fino in Europa e che in Germania portò alla rapida crescita del partito nazista guidato da Hitler. Si trattava di una formazione politica basata su una ideologia autoritaria, razzista e nazionalista. Hitler andò al potere nel 1933 e lo trasformò rapidamente in un regime dittatoriale, sopprimendo tutte le libertà e iniziando la persecuzione degli ebrei. Dopo aver invaso l’Austria Hitler tenda di invadere la Polonia, la goccia che fa traboccare il vaso e costringe gli altri paesi europei a iniziare la Seconda guerra mondiale. IL POSITIVISMO – Dopo la rivoluzione del 1848 si diffonde in Europa un nuovo clima culturale: il Positivismo, che non fu tanto una corrente ben delineata ma un’atmosfera culturale, una mentalità diffusa che attraversò vari paesi e vari piani culturali, da quello filosofico a quello culturale. Si cominciò a credere che il progresso scientifico avrebbe consentito di risolvere tutti i problemi dell’umanità, da quelli materiali a quelli sociali, conducendo a un atteggiamento fiducioso e ottimistico. La scienza era vista come un sapere basato sulla prova dei fatti e non su idee metafisiche indimostrabili. Essa era perciò considerata anche come una forza emancipatrice contro i miti e le superstizioni che la religione era accusata di perpetuare. Un aspetto generale del Positivismo fu la tendenza a vedere l’uomo come un prodotto dell’ambiente sociale, che a sua volta era regolato da leggi naturali. Il corrispettivo letterario del Positivismo è il Naturalismo la cui poetica rappresentava una reazione a quella romantica. Sul piano pedagogico il positivismo si sviluppa in tre direzioni: 1. GRANDE IMPORTANZA ALLA SCUOLA 2. PROMOZIONE DELLA FORMAZIONE SCIENTIFICA RISPETTO A QUELLA MERAMENTE LETTERARIA 3. SPINGE VERSO LA COSTITUZIONE DELLA STESSA PEDAGOGIA COME UNA SCIENZA POSITIVA, BASATI SUI FATTI EDUCATIVI E NON SULA METAFISICA Solitamente si usa indicare la nascita del Positivismo con la pubblicazione CORSO DI FILOSOFIA POSITIVVA (1830) di COMTE. Qui Comte affermava che il compito della cultura positiva era quello di estendere l’atteggiamento scientifico dal campo naturale a quello sociale arrivando a elaborare una scienza positiva della politica e della società: LA SOCIOLOGIA. E formula la TEORIA DEI TRE STADI DI SVILUPPO STORICO DEL SAPERE: 1. STADIO MITOLOGICO RELIGIOSO – I fenomeni naturali sono considerati causati da divinità o entità soprannaturali. 2. STADIO METAFISICO – Predominano le astrazioni del pensiero speculativo 3. STADIO POSITIVO – Stadio proprio del sapere scientifico caratterizzato dall’osservazione dei fatti e dalla scoperta delle leggi scientifiche della natura. POSITIVISMO INGLESE – La particolarità del positivismo inglese è costituito dalla sua connessione con L’EVOLUZIONISMO. Si tratta di una teoria che si occupa della evoluzione biologica delle specie e come tale si distingue dal creazionismo secondo il quale le specie furono create dall’origine con le caratteristiche attuali. (L’ORIGINE DELLA SPECIE – 1859 – DARWIN). DARWINISMO SOCIALE – Il Positivismo usò la nozione di evoluzione per dare una veste scientifica al progresso sociale. Oltre quella naturale, vi era anche una evoluzione sociale che rispondeva alle medesime leggi selettive determinando la sopravvivenza del più adatto nella competizione sociale. SPENCER (1820-1903) – La sua opera si basa sui principi del POSITIVISMO EVOLUZIONISTICO e concepisce la società come un organismo sociale regolato da proprie leggi evolutive. Occorre dunque applicare il punto di vista evoluzionista per conoscere la società e guidarne lo sviluppo. Spencer aderisce all’utilitarismo ma nel suo pensiero la moralità non è legata a un calcolo (come in Bentham) ma a un’intuizione che rappresenta l’esito del processo evolutivo. L’EDUCAZIONE INTELLETTUALE MORALE E FISICA (1861) – Qui Spencer si chiede quali siano le cognizioni che hanno un più elevato valore e dunque vuole stabilire cosa è maggiormente importante sapere rispetto alle varie attività umane. Dato che il tempo per apprendere le cognizioni è limitato, occorre dare la precedenza a ciò che ha maggiore valore. In altre parole, l’utilità per la vita è il criterio per valutare l’importanza dei diversi apprendimenti, per questo si dice che il suo approccio sia di matrice UTILITARISTA. Spencer non si domanda che cosa sia l’uomo ma di che cosa egli abbia bisogno per vivere un’esistenza completa. Egli articola l’esistenza sociale in 4 dimensioni e attività: 1. LE ATTIVITÀ CONCERNENTI LA CONSEVAZIONE DELL’ESISTENZA – DIMENSIONE ECONOMICA 2. L’ATTIVITÀ DI ALLEVAMENTO DELLA PROLE DA PARTE DEI GENITORI - BIOPSICOLOGICA 3. LE ATTIVITÀ RELATIVE ALLA VITA SOCIALE E POLITICA - SOCIOPOLITICA 4. LE ATTIVITÀ DEL TEMPO LIBERO – ESTETICO-CULTURALE Spencer riprende il concetto di Herbart secondo cui l’esercizio della mente capace di portare a una disciplina del pensiero avviene parallelamente all’acquisizione delle conoscenze. Nel libro prosegue con tre capitoli dedicati a: 1. L’EDUCAZIONE INTELLETTUALE – I fanciulli dovrebbero essere spinti a fare da sé le investigazioni ed a trarre le loro conclusioni 2. L’EDUCAZIONE MORALE – La moralità dell’uomo di basa sullo sviluppo naturale della simpatica sociale. Questo ambito educativo consiste nell’acquisizione di abitudini utili per la felicità personale e il benessere sociale. L’educatore deve integrare l’insegnamento dell’esperienza senza sostituirsi ad esso, ricordando che il miglioramento morale deriva più dalla soddisfazione di sé che dalle punizioni. Lo scopo di questa educazione è portare il soggetto alla capacità di autogoverno. 3. L’EDUCAZIONE FISICA – spesso trascurata ma necessaria per la salute che, come tale, ha un valore morale. Essa va promossa attraverso il gioco più che attraverso la ginnastica ed è necessario evitare esercizi troppo pesanti MARX (1818-1883) – Si forma nella SINISTRA HEGELIANA. Per il suo radicalismo politico è costretto a lasciare la Germania per Parigi. La sua prospettiva filosofica viene solitamente designata come MATERIALISMO STORICO, di fatto nel Manifesto indica che il principio dinamico della storia è la lotta tra le classi sociali. IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA (1848) – Pubblicato pochi mesi dopo la rivoluzione egli è costretto a riparare in Inghilterra. PER UNA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA (1859) – “Nella produzione sociale della loro esistenza gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la STRUTTURA ECONOMICA DELLA SOCIETÀ, ossia la base reale sulla quale si eleva una SOVRASTRUTTURA GIURIDICA E POLITICA e alla quale corrispondono determinate forme sociali della coscienza. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e della vita”. Nel loro complesso i fenomeni ideologico-culturali (la sovrastruttura) sono influenzati dalla struttura socioeconomica. Marx aggiunge che a un certo punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti e subentra un’epoca di rivoluzione sociale. IL FATTORE CHE CREA UNA SITUAZIONE POTENZIALMENTE RIVOLUZIONARE È QUINDI LA CONTRADDIZIONE TRA LO SVILUPPO DELLE FORZE PRODUTTIVE E I RAPPORTI SOCIALI VIGENTI. hanno sete di questa cultura si trovano ai margini e il loro bisogno di una guida è destinato a rimanere frustrato perché anche i filosofi sono ormai funzionari statali privi di ogni originalità e autorevolezza. SCHOPENHAUER COME EDUCATORE (1874) – Il nesso con il lavoro sull’avvenire delle scuole è trasparente: l’ultimo filosofo che sia stato un vero educatore è Schopenhauer (e quindi Nietzsche suo erede). Entro questo lavoro prende forma l’ideale dell’UOMO EROICO. Secondo Nietzsche i tuoi educatori non possono essere nient’altro che i tuoi liberatori e questo è il segreto di ogni formazione. Il compito dell’educatore è quello di rimuovere tutto ciò che può ostacolare lo sviluppo e l’estrinsecazione dell’essenza dell’individuo. UOMO EROICO – Poiché nella gretta società borghese a un giovane nobile d’animo è impossibile condurre una vita felice il massimo che egli può raggiungere è una vita eroica. L’uomo eroico si pone domande abissali: perché vivo? Cosa amo veramente? E quindi smette di essere un giocattolo del proprio tempo e delle sue mode. 2° FASE – UMANO TROPPO UMANO. UN LIBRO PER SPIRITI LIBERI (1878-79) In questa fase Nietzsche abbandona il pessimismo metafisico di Schopenhauer e l’estetismo romantico di Wagner, visti ormai come momenti della decadenza dello spirito europeo. E con essi cade anche l’ideale dell’uomo eroico. Da questa postura critica nei confronti del romanticismo wagneriano, Nietzsche perviene a un nuovo atteggiamento illuministico in base al quale il principio formativo dell’uomo non sta tanto nell’arte quanto nella scienza e nella ragione. Il nuovo tipo umano da formare è quello dello SPIRITO LIBERO. Nietzsche dice che tali spiriti non esistono ma non si deve dubitare che prima o poi possano esistere realmente e a ciò rinvia il compito educativo. Critica duramente l’educazione intesa come socializzazione rispetto a una certa eticità comunitaria, ossia quella forma di educazione alla quale Hegel e i romantici avevano attribuito la massima importanza. Pare che l’educazione impartita non sia volta a formare uomini liberi, gli educatori trattano l’individuo come fosse sì qualcosa di nuovo ma dovesse diventare una ripetizione. Il filosofo di riferimento in questa fase è VOLTAIRE. Secondo la sua posizione, dunque, la vera educazione nasce quando ci si inizia a distanziare dall’educazione ricevuta dal proprio ambiente così che la vera educazione è liberazione dall’educazione avuta ed è necessariamente autoformazione. 3° FASE – COSÌ PARLÒ ZARATHUSTRA (1883) – CAMMELLO – corrisponde allo SPIRITO VINCOLATO, obbedisce al “tu devi” LEONE – corrisponde allo SPIRITO LIBERO, risponde al “io voglio” BAMBINO – corrisponde allo SPIRITO CREATIVO Il cammino dello spirito trova pieno compimento nella figura del BAMBINO, cioè L’OLTREUOMO o il SUPERUOMO. Questa figura rappresenta il superamento dell’uomo in una nuova forma di umanità e i presupposti sono due: - DIO è MORTO – al di là dell’ateismo di Nietzsche questa espressione simboleggia la fine sotica di una morale fondata su valori trascendenti, prescritti dalla religione, ma anche la crisi dei valori eteronomi in genere nella società moderna. - Il disgusto per l’uomo vincolato a tali valori eteronomi e trascendenti, il grande disprezzo per ciò che è troppo umano che spinge ad andare oltre l’uomo a superarlo per avventurarsi verso una nuova frontiera esistenziale. TRIPLICE LIBERAZIONE DELL’OLTREUOMO: 1. LIBERAZIONE DALL’ASSERVIMENTO DELL’ESISTENZA A UNO SCOPO, il recupero dell’innocenza del divenire, del suo carattere gratuito di cui sono emblemi il gioco (di pensi a Schiller) il riso e la danza. 2. LIBERAZIONE DALLA RATIO DEL SISTEMA, dalla tirannia dello Stato e della società, dalla morale del gregge, dei valori trascendenti e/o eteronomi 3. LIBERAZIONE DELLA CREATIVITÀ, della possibilità di creazione e di sperimentazione di nuovi valori immanenti e terrestri posti in modo autonomo. Connessa alla figura dell’oltreuomo è quella della VOLONTÀ DI POTENZA che non è tanto una volontà di dominio quanto la forza di imposizione di prospettive interpretative (la capacità di dare alle cose un senso dal proprio punto di vista) e di valutazione dei valori (l’imposizione del proprio giudizio). In Nietzsche la risposta alla crisi della società borghese viene indicata non in un cambiamento politico-sociale, bensì in una trasformazione esistenziale e infine antropologica dell’uomo. Le principali alternative al Positivismo, il materialismo storico di Marx e l’irrazionalismo di Nietzsche, ci consegnano anche una rilevante antitesi pedagogica. La pedagogia positivista prefigurava una conformazione dell’uomo alla società borghese. Essa si poneva perciò in linea con l’ideologia borghese e i suoi valori E VEDEVA L’EDUCAZIONE COME UNA RIPRODUZIONE SOCIALE DELL’ORDINE ESISTENTE. Sia Marx che Nietzsche benché in maniera diversa, sono critici della società borghese e all’idea della conformazione e della riproduzione sociale oppongono quella del CAMBIAMENTO. MARX – Ha in mente una trasformazione sociale. Il compito dell’uomo non è quello di contemplare il mondo ma di modificarlo attivamente. È attravero il processo di cambiamento del proprio ambiente che l’uomo forma sé stesso e gli altri uomini. NIETZSCHE – Ha in mente una trasfomazione esistenziale. Il disprezzo per ciò che è diventato l’uomo richiede il suo superamento e dunque una trasformazione esistenziale radicale che porti all’oltreuomo. L’uomo che aspira a qualcosa di superiore deve mirare a cambiare sé stesso, non il gregge sociale. L’ATTIVISMO – Il movimento dell’EDUCAZIONE ATTIVA o delle SCUOLE NUOVE nacque alla fine dell’800 e si sviluppò nei primi anni del ‘900 dato che le nuove trasformazioni storico-sociali richiedevano nuove esigenze formative. Questo movimento ha un carattere internazionale e come tale e non risponde a un modello univoco. Tuttavia, si possono indicare alcuni punti salienti del paradigma attivista: 1. L’idea dell’attività spontanea del bambino (la cui radice è individuabile in Froebel e nell’idealismo di Fichte). Il soggetto dell’educazione non è una realtà passiva da modellare ma un centro di energie vivente che si esprime naturalmente nell’agire. 2. La centralità del bambino nel processo educativo (il puerocentrismo di matrice Rousseauiana) rispetto alla materia del sapere 3. Il primato dell’esperienza diretta del fare e dell’agire (principio Pestalozziano= 4. La rilevanza dell’interesse come fattore di motivazione intrinseco che spinge il bambino a impegnarsi spontaneamente nell’attività educativa 5. L’antiautoritarismo che non porta all’anarchismo ma all’idea che la disciplina anziché essere imposta dall’esterno debba sorgere dalla logica stessa dell’attività, in quanto capace di catalizzare l’interesse e l’impegno degli scolari. MONTESSORI (1870-1952) – dapprima si interessa all’educazione dei deboli mentali per poi comprendere che la questione è di carattere pedagogico più che di carattere medico. Nel suo libro Riassunto delle lezioni di didattica (1900) indica l’educazione sensoriale come il fondamento per quella intellettuale. Ella capisce però che i metodi proposti per i deboli mentali possono essere estesi a tutti i bambini. CASA DEI BAMBINI – La Montessori inizia a sperimentare il suo “metodo”. Le attività si dividono in due parti: - quelle dedicate alla gestione domestica della Casa - E le attività sensoriali-intellettuali che si basano su materiali strutturati ispirati a quelli di Séguin Il metodo montessoriano è fondato sul libero lavoro individuale dei bambini, volto a sviluppare le loro capacità sensoriali-intellettuali, ma anche a soddisfare il loro bisogno di attività e di indipendenza, così da favorirne un equilibrio sviluppo socioaffettivo. (IL METODO SCIENTIFICO DELLA PEDAGOGIA – 1909). Nel 1932 la Mussolini tiene una conferenza su L’EDUCAZIONE E LA PACE che le attira accuse di compromettere la formazione dell’uomo nuovo fascista che deve possedere una tempra da combattente. Nel 1934 quindi ella decide di lasciare l’Italia dove viene accusata da Gentile di utilizzare un metodo troppo individualista e da Lombardo Radice di essere troppo positivista. In Italia, dunque, prevale il MODELLO AGAZZIANO per il suo profilo spiritualista che risultava gradito alle scuole di matrice ecclesiastica. DUE ASPETTI DEL PENSIERO DI MARIA MONTESSORI: devono essere assicurate a tutti in modo equo. Inoltre, poiché l’educazione è una funzione sociale della comunità, la stessa scuola deve essere concepita come una comunità democratica, poiché solo in quanto tale essa può veramente assicurare la crescita intellettuale e morale di tutti. - LIBERALISMO E AZIONE SOCIALE (1935) - LOGICA. TEORIA DELL’INDAGINE (1938) - ESPERIENZA E EDUCAZIONE (1938) GENTILE (1875-1944) – Insieme a Benedetto Croce fu protagonista della rinascita dell’IDEALISMO. Agli inizi del 900 scatenò il suo attacco verso l’ormai decadente Positivismo sia verso l’HERBARTISMO. In seguito, aderì al fascismo e ne fu il più grande intellettuale. Gentile polemizzava contro il Positivismo, rifiutandosi di considerare l’educazione un fatto sociale basato su meccanismi naturali anziché un atto spirituale. Egli espresse quindi un fermo rifiuto della pedagogia come scienza positiva, caratterizzandola come scienza puramente filosofica. Attaccava anche l’ herbartismo, poiché la riunione della psicologia e dell’etica della pedagogia era lui vista come un mero artificio eclettico. LA FILOSOFIA DI MARX (1899) RIPRENDE LA TERZA TESI SU FEUERBACH. EDUCATORE/ALLIEVO. Il significato della pedagogia gentiliana è di carattere schiettamente elitario ed è mirata alla formazione della classe dirigente. La stessa cosa si può dire della sua riforma della scuola (1923), che dopo la scuola elementare presentava una tripartizione mirata a canalizzare gli studenti secondo la qualità del loro spirito e di fatto secondo la loro appartenenza sociale RELIGIONE – Gentile critica la laicità puramente negatica della scuola positiva, limitata all’intento di sopprimere l’insegnamento della religione. Gentile era convinto che per la scuola primaria fosse importante l’insegnamento della religione cristiano poiché in essa il bamino trovava una fede in grado di ispirare forza morale. La religione garantisce ai bambini una concezione morale della vita e prepara allo studio della filosofia. Di fatto nella scuola media la religione viene sostituita con la disciplina filosofica. UNITÀ SPIRITUALE EDUCATORE/EDUCANDO – In gentile non c’è una vera distinzione tra il maestro e il discepolo, c’è piuttosto una fusione, c’è identità. Il maestro con le parole attira a sé l’educando ma allo stesso tempo il maestro si abbassa al livello dell’allievo, cerca di porsi nella sua sfera. Questo principio si collega al suo pensiero dialettico (tesi-maestro, antitesi – allievo, sintesi- fusione dei due) GRAMSCI (1891-1937) – Di origini Sarde, studia all’Università di Torino grazie ad una borsa di studi. Tra il ’13 e il ’14 s’iscrisse al partito socialista e inizio a collaborare al “Grido del Popolo” e all’edizione torinese dell’”Avanti” lasciando gli studi universitari. Nel 1921 si iscrisse al partito comunista e nel 1926 fu arrestato dalla polizia fasciata. Morì in carcere nel 1937. QUADERNI DEL CARCERE – Qui Gramsci tenta di capire i motivi della sconfitta del proletariato per reimpostare la strategia per la sua ascesa a classe dirigente. È proprio qui che si colloca la sua riflessione pedagogica. La soluzione elaborata da Gramsci è quella della conquista dell’egemonia attraverso una GUERRA DI POSIZIONE. Secondo Gramsci l’EGEMONIA della classe dominante consiste in un esercizio del potere affidato non solo alla forza della coercizione ma anche e soprattutto alla capacità di creare consenso. A questo scopo una classe è egemone se riesce a diffondere la propria ideologia, cioè la sua concezione del mondo, anche verso le classi subalterne, radicandola nel loro senso comune. In questo modo i subordinati tendono a consentire spontaneamente con la classe al potere. Quando però si verifica una crisi d’egemonia e la classe dominante perde il consenso entra in crisi anche la sua capacità di direzione intellettuale e morale, cosicché il suo dominio rimane affidato alla sola forza e alla passività delle masse. MA COME PUÒ ESSERE ATTUATA L’ASCESA AL POTERE DEL PROLETARIATO IN OCCIDENTE? In Russia la rivoluzione bolscevica aveva conquistato il potere rovesciando il governo borghese da poco instaurato con un colpo di mano. In occidente la situazione storico-sociale è diversa e occorre perciò una strategia differente: dalla guerra di movimento si deve passare alla guerra di posizione, ossia a un conflitto prolungato e a bassa intensità. In occidente dietro alla “trincea” dello Stato, stava un sistema di fortezze della società civile, ossia i suoi apparati egemonici (stampa, associazioni, scuole eccetera) che provvedevano alla diffusione dell'ideologia della classe dominante. Il tentativo di espugnare lo stato con un colpo di mano rivoluzionario sarebbe così stato isolato e battuto. Di fronte alla struttura dello Stato allargato occidentale, era necessaria una strategia diversa il passaggio alla guerra di posizione. Si tratta di una lotta culturale di ampio respiro e di lungo periodo volta ad assicurare al proletariato una posizione culturale egemonica nella società civile cosicché essa possa porsi come classe dirigente già prima di arrivare al potere. Secondo Gramsci, la conquista dell'egemonia richiede una filosofia superiore a quella della classe dominante. Tale filosofia è rappresentata dal materialismo storico marxiano, o meglio dalla filosofia della praxis, elaborata da Gramsci leggendo le tesi su feuerbach. La superiorità della filosofia della prassi sulla filosofia borghese risiede nel fatto che quest'ultima non riesce a interpretare le contraddizioni della società capitalistica e ne dà solo una conciliazione astratta volta a mascherarle. La filosofia della prassi invece è la teoria delle contraddizioni sociali: permette di comprenderne la natura e si pone essa stessa come contraddizione rispetto al sistema capitalista. La filosofia della prassi vuole promuovere un atteggiamento attivo e fattivo volto a trasformare il mondo. Ai fini della guerra di posizione la filosofia della prassi non deve però rimanere prerogativa di una élite ma deve realizzare una forma intellettuale e morale delle masse. Il proletariato va emancipato dalla mentalità subalterna e va formato secondo una mentalità da dirigente politico così da diventare un soggetto attivo nella storia. A questo scopo la formazione scolastica rappresenta un presupposto fondamentale. Il sistema scolastico dell'epoca di Gramsci, infatti, tende a riprodurre la stratificazione tra classe dirigente e classi subalterne. Di fatti nella scuola elementare e posta a fondamento e coronamento la religione cattolica favorendo la cristallizzazione di una mentalità arcaica e dogmatica. La scuola media invece si presenta diviso in senso classista tra un ramo riservato alla classe dirigente cioè il ginnasio liceo è un ramo destinato alle classi subalterne di carattere meramente professionale. in questa maniera i soggetti provenienti dalla classe proletaria non possono sviluppare una mentalità critica e sono perciò facile preda dell'ideologia dominante che tende a chiuderli nella loro subalternità. È di fondamentale importanza, dunque, per Gramsci formare tutti gli uomini come potenziali dirigenti. Gramsci individua tre diverse prospettive di connessione della pedagogia: 1. pedagogia e americanismo - l'americanismo costituisce il correlato culturale e dunque pedagogico delle esigenze poste dalla industrialismo nella fase fordista taylorista ossia la necessità di elaborare un nuovo tipo umano conforme al nuovo tipo di lavoro e di processo produttivo Gramsci unisce così l'americanismo al tema del conformismo. Lo sviluppo della personalità non è un processo spontaneo bensì è il frutto dell'ambiente storico. Qui sul piano generale il principio educativo è legato a questa esigenza di conformismo mentre sul piano storico particolare va posto in relazione con l’industrialismo fordista 2. pedagogia e egemonia - ogni rapporto di egemonia è necessariamente un rapporto pedagogico. In altre parole Gramsci presenta il rapporto pedagogico in senso stretto come analogicamente esemplare del modo come deve essere impostato ogni tipo di rapporto di egemonia. Il rapporto di egemonia tra dirigente e subalterno è simile al rapporto educativo tra maestro e discente: è un rapporto potenzialmente dialettico reciproco a doppio senso anche se può decadere in forme a senso unico. Parallelamente il rapporto educativo è analogo a quello egemonico: si basa prioritariamente sul consenso- persuasione, ma non esclude il ricorso alla coercizione. Tuttavia se la coercizione e l'autoritarismo fanno parte della relazione educativa ne devono però rappresentare solamente un momento transitorio da superare verso l'autonomia e l'autodisciplina del discente 3. pedagogia e filosofia della praxis - a questo proposito soltanto la filosofia della praxis mira all'emancipazione dei subalterni. la filosofia della praxis non tende a mantenere i “semplici” nella loro filosofia primitiva del senso comune ma tende invece a condurli a una concezione superiore della vita. tale filosofia consiste nell'equazione tra filosofia e politica tra pensiero e azione ponendosi come coscienza delle contraddizioni della realtà e contraddizione essa stessa. Il lato critico della filosofia della praxis appare di natura intrinsecamente pedagogica. La pedagogia di Gramsci, quindi, va vista come legata a questo lato Pertanto, tale filosofia ha anche un compito formativo (trasformativo), che si esprime nel criticare il modo di pensare diffuso, la mentalità esistente, allo scopo di promuovere una riforma intellettuale e morale. L’educazione viene presentata come una lotta contro il senso comune diffuso nell'ambiente attribuendolo cioè un compito critico coerente con la filosofia della praxis. Dal momento che lo scolaro non è mai una tabula rasa l'educazione (l'istruzione) è sempre una lotta tra due concezioni del mondo: il senso Comune di cui è pervaso l'ambiente e la cultura superiore impartita dalla scuola. Una lotta tra due diverse egemonie. Il rapporto tra filosofia della praxis e senso comune è analogo a quello tra insegnamento scolastico e folklore. In entrambi i casi si tratta di una lotta contro una forma di cultura inferiore per l'affermazione di una cultura avanzata contro una mentalità subalterna per creare una mentalità superiore. SUPERARE LA RIFORMA GENTILE - Per superare le contraddizioni della riforma gentile Gramsci avanza l'ipotesi di una scuola unica iniziale destinata a tutti ed estesa fino ai 15 16 anni. Tale scuola doveva assicurare una formazione di carattere generale e culturale ma anche la connessione tra attività la strategia egemonica del regime si estinse con e l'occupazione di tutti gli apparati egemonici che attraversavano lo stato e la società civile. Lo stato totalitario voleva essere tale anche rispetto all'educazione intendeva sussumere tutti gli spazi culturali che concorrono la formazione dell'uomo. In questo modo si voleva realizzare un indottrinamento di massa. Così il regime si impegnò nel tentativo di fascistizzazione della scuola. L'intervento formativo sui giovani non si fermava però alla scuola ma includeva anche il tempo extrascolastico - 1926 - opera nazionale balilla - 1937 - gioventù italiana dell'attore la politica culturale e pedagogica del regime si interessava però anche alla formazione e dell'indottrinamento degli adulti. Aboliti i sindacati e i partiti furono istituite le corporazioni del lavoro fasciste col compito di mediare tra gli interessi del capitale e quelli del lavoro. Fu inoltre creata nel 1925 l'opera nazionale del dopolavoro col compito di organizzare le attività di svago del tempo libero. Il controllo culturale venne esteso anche ai nascenti mezzi di comunicazione. - Radio - ente italiano per le audizioni radiofoniche - Cinema - istituto luce 1926, Mussolini definì il cinema l'arma più forte EDUCAZIONE NAZISTA - anche il nazismo fu una dittatura totalitaria che pratico un indottrinamento sistematico. Il baricentro ideologico del nazismo furono la nozione della razza superiore e quella della comunità di sangue come fondamento della nazione germanica. Queste idee vennero inculcate sistematicamente nei tedeschi e in particolare nei giovani (gioventù hitleriana). La strategia di indottrinamento era basata principalmente sulla propaganda martellante orchestrata da goebbels con l'uso di tutti i mezzi di comunicazione e sulla partecipazione alle adunate di massa che funzionavano come grandi riti collettivi capaci di catalizzare intense emozioni EDUCAZIONE SOVIETICA - In Russia i contadini erano stati emancipati dalla servitù della gleba soltanto nel 1861. Lev Tolstoj (1828-1910) - di ascendenze nobili e proprietario terriero egli aveva aperto fin dal 1849 delle scuole rivolte ai contadini nella sua tenuta con lo scopo di favorirne una maggiore istruzione una preparazione tecnica così da promuovere la loro reale emancipazione. Il suo pensiero si ispirava a Rousseau ed era quindi innervato di una tensione antiautoritaria che avrebbe condotto esponenti della scuola attiva a vedere in lui un precursore. Il nuovo governo comunista iniziò subito una serie di interventi sul sistema educativo affidati al commissariato del popolo per l'istruzione. La nuova Politica era fondata sull'introduzione dell'istruzione universale obbligatoria e gratuita attraverso una scuola unica del lavoro. Il naturalismo era considerato come un ostacolo rispetto all'idea sociale dell'uomo propria del marxismo e lo spontaneismo rischiava di condurre all'anarchismo e all'individualismo anziché al socialismo. La compagna di Lenin che pur ammirando la pedagogia americana sosteneva la necessità di concepirla in rapporto dialettico con il collettivismo socialista. Con l'ascesa al potere da parte di Stalin nel 1929 la trasformazione del regime comunista in una sua dittatura personale lo sperimentalismo era però destinato ad estinguersi. Nel 1936 la pedagogia venne condannata e le opere di Vygotskij furono proibite. Lo studio psicologico del bambino venne etichettato come borghese: la realtà del soggetto era sociale e l'istruzione doveva essere centrata sui contenuti. DAL SECONDO DOPOGUERRA ALLA FINE DEL NOVECENTO Con la fine della Seconda guerra mondiale emerge un nuovo assetto mondiale, si contrappongono le due superpotenze gli Stati Uniti con un'economia di mercato e il sistema liberale, e l'unione sovietica con la sua economia controllata dallo stato e il socialismo reale. 1947 - piano Marshall - Gli Stati Uniti provvedono a consistenti aiuti economici per la ricostruzione post bellica 1947 - costituzione del Cominform - un organismo destinato a coordinare i vari partiti comunisti questo portò alla guerra fredda e ha una costante l'ottica lotta politica economica per l'egemonia globale. Il conflitto ideologico era altrettanto acceso e per propagandare la superiorità dei rispettivi modi di vita si ricorreva a tutte le risorse culturali da quelle alte a quelle di massa. Nel frattempo si verificava un processo di decolonizzazione che vedeva gli antichi domini della Francia e dell’Inghilterra raggiungere l'indipendenza. Il dopoguerra vide una grande crescita dell'economia e del commercio internazionale trainato dagli Stati Uniti. Nasce così la società dei consumi di massa. Vi fu un generale sviluppo civile orientato in senso democratico di cui faceva parte anche un forte inedito sviluppo della scolarità che investiva anche la scuola secondaria e poi l'università portando a una progressiva elevazione dei livelli di istruzione. PEDAGOGIA DELLA CONTESTAZIONE - Con l'avvento della società dei consumi caratterizzato dai valori del benessere e del consumismo non si accompagnava un mutamento delle culture politiche di fondo . Le giovani generazioni nate nel dopoguerra e crescite nel clima dei nuovi consumi iniziano a manifestare insoddisfazione per la società borghese e i suoi valori materiali che vedevano permanere rapporti sociali e autoritari di carattere patriarcale o paternalistico. Verso la metà degli anni 70 la contestazione giovanile esplose nei campus americani intrecciandosi con le rivendicazioni civili della popolazione nera e del femminismo. Questo movimento raggiunse l'Europa dilatandosi soprattutto in Francia e in Italia. Il 1968 segnò l'apice delle proteste giovanili disegno antiborghese e antiautoritario portando a un profondo cambiamento dei rapporti sociali d genere e investi anche la scuola e il rapporto educativo. Alla fine degli anni 60 sopravviene la rivoluzione del 68. Prima nel 64 con le proteste contro la guerra del Vietnam. Si tratta di una rivoluzione culturale più che sociale contro l'autoritarismo diffuso nella società americana con i suoi apparati tecnocratici e il suo modello di vita consumistica. Le accuse della contestazione alla scuola erano essenzialmente due 1. l'accusa di essere borghese e classista e quindi di colpire con la selezione scolastica le classi subalterne determinando una riproduzione della stratificazione sociale esistente 2. l'accusa alla scuola di essere un'istituzione autoritaria e dogmatica, Rea di conformare i giovani secondo l'ideologia borghese capitalista e farne quindi sudditi docili e utili al sistema ANNI 70 – GRAVE CRISI ECONOMICA - negli anni 70 ci fu una grave crisi economica a causa della massa di moneta americana che circolava nell'economia mondiale e per la crisi petrolifera. Questi eventi mostrarono i limiti dello sviluppo capitalista fordista KEYNESIANO e il necessario superamento di questo. Il nuovo modo da accumulazione si regge essenzialmente su tre pilastri: 1. la rivoluzione informatica telematica robotica 2. le delocalizzazioni produttive 3. la finanziarizzazione dell'economia, che produceva denaro per mezzo di denaro questi fenomeni avvengono nel quadro della globalizzazione. Questa gigantesca trasformazione socio economica è accompagnata dal tramonto delle politiche socialdemocratiche e dalla progressiva egemonia di una nuova ideologia: il neoliberismo. Dopo il crollo dell'unione sovietica la globalizzazione si estende su scala planetaria e il neoliberismo conquista l'egemonia politico culturale pretendendo ormai di porsi come il pensiero unico. Il mercato assume così una dimensione totalizzante e la democrazia va sottomessa alle necessità dei mercati senza possibilità di alternative. La Cina comunista dopo la morte di Mao ha adottato riforme economiche di mercato che le hanno permesso una crescita vertiginosa quindi il nuovo secolo si chiude e se ne apre uno nuovo con la prospettiva di una grande competizione egemonica questa volta tra l'America e la Cina. DAL DOPO GUERRA AGLI ANNI 70 Grosso modo la prima fase connotata da uno sviluppo democratico delle società occidentali mentre la seconda parte verso un riorientamento in senso conservatore. A grandi linee anche il movimento della pedagogia può essere collegato a questa parabola. Nella prima fase del dopoguerra gli Stati Uniti sono la potenza mondiale egemone sia a livello economico che politico militare nell'ambito della stessa pedagogia l'America diviene il centro di elaborazione più importante ed eserciterà una costante influenza sulla pedagogia europea e su quella italiana. L'America contrassegnata dall'anticomunismo che raggiunse i livelli ossessivi scatenando una sorta di caccia alle streghe l'espressione più dura fu il maccartismo. In Europa in questa fase il nesso tra pedagogia e filosofia si mantiene significativo: la filosofia occidentale appare articolata in tre grandi correnti:
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