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Giovanni Pascoli: La Vita e La Poesia Di Questo Decadentista e Simbolista, Appunti di Italiano

Biografia di Giovanni Pascoli, poeta decadente e simbolista italiano, nativo di Romagna. Tratta della sua infanzia, studi, relazioni con le sorelle, carriera accademica, poesia e temi preferiti. Pascoli è noto per la sua ricerca di significati nascosti nella natura e la sua affinità per la poesia quotidiana.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 08/12/2022

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Scarica Giovanni Pascoli: La Vita e La Poesia Di Questo Decadentista e Simbolista e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI Giovanni Pascoli nasce nel 1855 in Romagna a San Mauro, un paese che oggi si chiama San Mauro Pascoli in onore dell’autore. La sua famiglia era benestante, il padre aveva un ruolo di prestigio: era il fattore, l’amministratore dei campi dei principi Torlonia (una famiglia nobile riminese). Quindi Pascoli faceva parte della borghesia di campagna e aveva una famiglia numerosa. Tutto campi a improvvisamente nel 1867, quando il padre di Pascoli viene ucciso, in circostanze che rimasero sempre oscure, per tutta la vita Pascoli cercò di scoprire la verità (secondo le sue teorie fu ucciso per motivi di gelosia professionale). Dopo la morte del padre la famiglia si trova in grandi difficoltà economiche e Pascoli dovette affrontare una serie di altri lutti: la madre, la sorella maggiore e due fratelli, di questa famiglia numerosa rimane solo Pascoli e due sorelle, Ida e Maria. Nonostante questo Pascoli compie degli studi abbastanza regolari perché sin da bambino dimostra grande talento: trascorre l'infanzia a Urbino per studiare nel collegio degli Scolopi di Urbino (un ordine monastico). Poi si trasferisce a Bologna, dove si iscrive alla facoltà di Lettere: qui sarà discepolo di Giosuè Carducci, che occupava la cattedra di Lettere, ebbe un maestro d'eccezione. Negli ultimi anni dei suoi studi (anni 70/80 dell’800) Pascoli aderì al Socialismo, partecipò a diverse manifestazioni e venne arrestato. Passa alcuni mesi in prigione e da quando uscì dal carcere non intervenne più nelle questioni politiche (al contrario di D’Annunzio). Pascoli è molto introverso e riservato e la sua vita è tranquilla, vive con le sorelle, spostandosi insieme a loro in diverse città d’Italia per insegnare (è professore di Latino e Greco) e alla morte di Giosuè Carducci ottiene la cattedra di Letteratura italiana all’università di Bologna. Il suo rapporto con le sorelle fu sempre molto stretto, quasi morboso, in particolare con Maria, perché Ida si sposa, cosa che Pascoli visse questo evento come un tradimento, come un segno di poca riconoscenza da parte della sorella. Pascoli cercava di conservare il nucleo familiare che è rimasto dopo la distruzione della famiglia iniziata con la morte del padre, ciò che lui chiama il “nido”. Pascoli non si sposò mai (ebbe un’opportunità di sposarsi ma fu ostacolato dalle sorelle gelose), il poeta acquista una casa a Castelvecchio in Toscana e alterna lunghi soggiorni in questa residenza e periodi a Bologna, dove insegnava. Pascoli ebbe molto successo: alla fine 800 era uno dei massimi poeti europei in lingua latina e vinse numerosi premi a livello europeo. Fu riconosciuto dalla Accademia Olandese di Amsterdam come più grande poeta latino dell’epoca. Nel 1912, poco prima di morire, Pascoli fece l’unico intervento politico di tutta la sua carriera: scrive un’orazione “La Grande proletaria s’è mossa” (discorso pubblico) per sostenere la campagna in Libia (1911) voluta dal governo Giolitti. Pascoli morì nel 1912, in circostanze poco chiare: ufficialmente muore per cirrosi epatica, malattia del fegato, probabilmente morì per un tumore anche se la medicina dell’epoca non lo diagnosticò, ci sono testimonianze della tendenza di Pascoli ad abusare di alcol (i poeti di questo periodo hanno lati oscuri, non solo i “maledetti”). Pascoli si forma alla fine 800 nel clima del Positivismo, lui stesso era un grande appassionato di astronomia, astrologia e botanica. Quindi inizialmente notiamo l'influenza del rigore scientifico, Pascoli afferma che “La natura va studiata con precisione, esattezza e scientificità”, perciò non si può parlando generalmente di un fiore o un albero ma bisogna dire l'esatta la sua specie (polemica contro Leopardi nel sabato del villaggio, rose e viole). Ma questa precisione scientifica è solo una base, poiché questi elementi naturali simboleggiano sempre qualcosa di più profondo (stati d’animo, emozioni, ricordi..): nella natura c’è una rete segreta di significati che solo il poeta può scoprire (come nel simbolismo francese), infatti Pascoli è un poeta decadente e simbolista. La poesia di Pascoli parte dalla descrizione di paesaggio e natura attraverso cui arriva a qualcosa di profondo e ignoto che il poeta deve scoprire. Il poeta è un profeta che porta in superficie messaggi nascosti lasciandosi trasportare dall’irrazionalità. La tematica del fanciullino All’interno di ogni uomo c’è un fanciullino, ossia una natura rimasta autentica, ingenua e irrazionale che non è stata corrotta dalla ragione e dagli aspetti negativi della vita, ma è solo il poeta che dà spazio a questa componente, solo lui ne può ancora sentire la voce mentre gli altri uomini non sono più in contatto con questa parte di sé. Le caratteristiche fanciullino: - Si emoziona e meraviglia davanti le cose del mondo come se le vedesse per la prima volta, possiede questo stupore genuino e curiosità tipica dei fanciulli. - È un nuovo “Adamo” (primo uomo che vive sulla Terra), colui che ha scoperto tutti gli elementi della natura e gli diede dei nomi (ne cogliere l'essenza e la profondità), per questo Pascoli dice che non bisogna nomi generici ma specifici, perché così se ne coglie l'essenza. - Il fanciullino ha una capacità conoscitiva che gli permette di arrivare alla verità profonda delle cose, saltando i gradini della ragione, che arriva al vero attraverso dei passaggi lenti e precisi, mentre la conoscenza irrazionale del fanciullino è superiore perché è istintiva e immediata. Egli coglie relazioni e somiglianze tra le cose (simbolismo, Baudelaire), ha una sorta di illuminazione: all’improvviso si presenta diversamente da come l’abbiamo sempre visto). Questi rientra in una visione decadentista: la conoscenza avviene attraverso epifanie (manifestazioni) e la visione del fanciullino ha una conseguenza: in questa visione illogica e irrazionale non ci sono più le gerarchie, le cose sono più o meno importanti ma tutto è sullo stesso piano, come un bambino che non sa se sta parlando con una persona comune o persona famosa o importante. Per questo a volte il poeta si concentra su un oggetto minuscolo o apparentemente insignificante che per lui potrebbe avere una grandissima importanza. Nella poesia di Pascoli entrano gli oggetti della vita di tutti i giorni: infrange la regola della retorica classica, in base alla quale la poesia ha sempre stile elevato e tratta di elementi astratti (la quotidianità poteva solo essere parte della poesia comica). Il poeta è per Pascoli un veggente, ma non ha ruolo politico come per D’Annunzio (il vate era una figura pubblica, una guida per gli uomini) in entrambi i casi comunque c’è un’orgogliosa affermazione della supremazia del poeta come una figura fuori dal comune (poetica decadentista, ostilità verso le vite regolari fatte di routine o di ricerca economica, quindi è contro la società industrializzata e borghese). IL FANCIULLINO (1897) Il fanciullino è un saggio pubblicato sulla rivista Fiorentina “Il Marzocco” (tra la fine dell'800 e l'inizio del 900 in Italia si sviluppano tante riviste letterarie, come accadeva anche durante l’illuminismo e ogni poeta si riconosceva in una rivista piuttosto che un’altra, ad esempio D’Annunzio si riconosceva nella rivista “Biblioteca”). X AGOSTO Pascoli scrisse questa poesia per ricordare l’omicidio del padre (avvenuto il 10 agosto 1867, ovvero il giorno di San Lorenzo in cui ci sono molte stelle cadenti). Rispetto a Lavandare (che era basato sull'analogia) l’aspetto simbolico è più chiaro ed esplicito perché le stelle comete che cadono nella notte di San Lorenzo vengono viste come un pianto del cielo, addolorato per la morte del padre (è comunque una visione personale, ma il nesso è più immediato). Prima strofa: vengono accostate le stelle cadenti alle lacrime e il poeta si rivolge a San Lorenzo, dicendo che sa perché tante stelle cadono in quel giorno. La seconda e la terza strofa sono dedicate all’immagine della rondine e la quarta e la quinta strofa sono dedicate all’immagine del padre (perfetto simbolismo tra le due vicende). Seconda strofa: una rondine fu uccisa mentre tornava al suo nido per portare la cena ai suoi rondinini e cadde fra gli spini. Terza strofa: la rondine uccisa appare come una creatura crocifissa, con ancora in bocca la cena per i suoi piccoli. I cuccioli nel nido sono in ombra e attendono e pigolando sempre più piano (i rondinini stanno lentamente morendo di fame). Quarta strofa: parallelamente il padre torna a casa, in punto di morte chiede perdono ai suoi assassini, stava portando a casa un dono, delle bambole per le figlie Quinta strofa: i bambini aspettano invano il ritorno del padre e il padre morto ha il viso rivolto verso il cielo con le bambole in mano Parallelismo: la rondine porta il cibo per i rondinini, il padre porta delle bambole per le figlie, entrambi vengono uccisi anche se sono innocenti, entrambi guardano il cielo (i corpi vengono descritto allo stesso modo) e in entrambi i casi la famiglia li aspetta invano. C’è una mescolanza tra il mondo animale e quello umano: la rondine torna al tetto e il padre torna al nido. La rondine è come in croce (richiamo a Cristo in croce, ucciso ingiustamente per salvare l'umanità) e il padre perdona i suoi assassini (Gesù chiede perdono a Dio e perdona i suoi assassini). Ultima strofa: c’è una visione del cielo e della divinità: il cielo è immortale, nell’alto dei mondi sereni ed è indifferente alla vita umana. Il mondo viene visto come un qualcosa di estremamente piccolo e impregnato di male (atomo). Dal punto di vista dello stile ci sono effetti fonetici "atomo opaco" (suono “o” chiuso indica il dolore) e un’anafora “ora è là” e “ora là”. L’ultima strofa dà la chiave di lettura di tutta la poesia: non è solo il dolore di Pascoli ma di tutta l’umanità perché nel mondo prevale l’ingiustizia (uccisione di innocenti). In questa poesia riconosciamo uno dei simboli più importanti della poesia di Pascoli: il nido che indica un luogo di affetto e sicurezza, che offre protezione e va anch'esso protetto. Myricae è stata pubblicata in diverse edizioni: nella prima edizione (1891) c'erano solo 22 poesie, mentre nell’ultima edizione (1900) le poesie sono 156. La poesia di Pascoli è definita sincronica, ovvero che si occupa sempre degli stessi temi e caratteristiche formali, quindi che non di evolve nel tempo (poi ci sono però anche opere sperimentali dopo la raccolta di Myricae). LA TEMPESTA In una prima lettura può apparire come un'osservazione paesaggistica di gusto impressionista con grande attenzione per i colori (lampi che contrastano con le nuvole scure). A guardare più in profondità però ci sono dei simboli espressi attraverso la tecnica dell'analogia: la tempesta sono le minacce, i drammi, i turbamenti che disturbano la quiete e la sicurezza della vita nel nido. Il poema si conclude con l'immagine di un casolare (un rifugio, un luogo dove si protegge la famiglia, tema del nido) e di un'ala di gabbiano (riferimento al nido e al volo come desiderio di libertà, di fuggire da queste minacce della vita). Il componimento è tipico dello stile e della sintassi tipici di Pascoli: non ci sono congiunzioni né coordinanti né subordinanti, le frasi sono spesso incomplete ed ellittiche ("rosseggia" è l'unico verbo presente nella poesia). L'ASSIUOLO L'assiolo è un rapace notturno che di notte emette un suono lugubre e triste che Pascoli in questa poesia traduce con l'onomatopea pregrammaticale "chiu". L'opera inizia con una descrizione della notte (i notturni, tipici della letteratura italiana ed europea dell'epoca). La luna non è ancora spuntata, è come se il mandorlo e il melo si sporgessero per vederla (personificazione, come anche il cielo), metafora del cielo, sinestesia del soffio, elementi inquietanti, "fru fru" onomatopea, verso allitterante Emerge poi un ricordo del passato: i versi delle cavallette strumenti musicali antichi (usati per accompagnare i riti di Iside e Osiride, che segnavano il passaggio alla vita ultraterrena, Iside aveva ricomposto il corpo smembrato del marito e ottenuto la possibilità di una seconda vita per lui) paragonato ai versi cavallette, tintinnio di porte che non si aprono più. Pascoli sa razionalmente che la morte è qualcosa di definitivo, ma qui esprime un dubbio: c'è possibilità di dialogo tra vivi e morti? Le tre strofe si concludono con il verso che viene percepito tutte e tre le volte in maniera diversa: la voce di un uccello dai campi, poi un singulto una sorta di pianto, poi mostra la sua vera natura, un pianto di morte (chiave di lettura finale). Questa poesia appare nell'ultima edizione di Myricae e viene definita un capolavoro dell'impressionismo simbolico pascoliano, è tutto molto allusivo, i morti o le vicende personali del poeta vengono nominati solo dell'ultima strofa, anzi vengono descritte immagini serene della natura, ma tutti gli elementi la richiamano, fonosimbolismo. POEMETTI (1897) È un'opera di Pascoli che verrà poi ripubblicata e separata in due volumi: Primi Poemetti e Nuovi Poemetti. I componimenti sono lunghi e Pascoli recupera il verso tradizionale della letteratura italiana: terzine dantesche, l'endecasillabo in terza rima. Si articolano in quattro sezioni: sementa (autunno), accestire, fioritura, mietitura. I componimenti sono georgici, trattano della vita di campagna, fortemente idealizzata, autentica (mentre la città è corrotta), le persone sono oneste e solidali, lavorano con dignità, hanno sentimenti sinceri e conservano la tradizione. Pascoli è lontanissimo dal clima del verismo con la vita dura e fatta di stenti dei braccianti siciliani, infatti si occupa dei piccoli proprietari benestanti. Oltre a questi temi alcuni Poemetti affrontano temi particolari: il peccato, i drammi della vita, il turbamento sessuale e l'immigrazione. Nei poemetti c’è impianto narrativo: raccontano la storia della famiglia di Barga (vicino a Castelvecchio). Nei Poemetti lo stile si alza: nel lessico Pascoli usa forme che ricalcano i poemi omerici con registro linguistico elevato. Dal punto di vista lessicale invece, come in Myricae, sperimentale: ci sono parole scientifiche accostate a quelle quotidiane ed elementi dialettali. ITALY Questo componimento è incentrato sul tema dell'emigrazione e tratta la storia di una famiglia emigrata in America che torna per poco tempo in Toscana per le vacanze (la figlia Molly sta male e vanno in Toscana per migliorare la sua salute). Il linguaggio è sperimentale: notiamo elementi del dialetto toscano (il mi babbo) e termini del gergo familiare, Pascoli gioca col lessico e l’inglese è italianizzato.. La famiglia sta salutando Joe e chiacchierano insieme prima di partire (lo chiamano Ioe, gli immigrati italiani non sapevano bene l’inglese) prima di tornare in America. Ghita è invece l’abbreviazione di Margherita, la ticchetta è il biglietto. Non si sa bene chi parli, il lettore deve immaginarsi la scena, è uno stile irrazionale e immediato. Margherita è vestita molto bene e nel cappello ha una spilla con una penna di fifa (un uccello, Pascoli si sofferma sulla spilla per indicare la migrazione). Compaiono i soliti temi cari a Pascoli: tutto sembra sereno e tranquillo, ma presto intuiamo un senso di malinconia il poeta nomina la sfioritura delle rose (che a maggio dovrebbero in realtà fiorire). "Sweet sweet" è il verso delle rondini che volano in cielo, ma vuol dire anche dolce. La terzina è dedicata a Molly, bambina molto delicata, rosea, bionda. Il nonno che sta per salutare la nipote guarda verso il cimitero nel paese e non verso la nave perché era morta la moglie. I bambini chiedono a Molly se tornerà e lei risponde di sì. Le terzine creano un clima di inquietudine, le rose e gli uccelli che portano il messaggio dei defunti. Molly in realtà morirà e non tornerà più. CANTI DI CASTELVECCHIO (1903) La seconda raccolta di poesie sono i Canti di Castelvecchio, una sorta di continuazione di Myricae. Anche questa raccolta si apre con un verso di Virgilio. Canti si riferisce alle opere di Leopardi mentre Castelvecchio è il luogo dove vive Pascoli. In questa raccolta Pascoli riprende i temi di Myricae: la sofferenza umana, la vecchiaia, i defunti, il senso di colpa di essere sopravvissuti, la simbologia collegata agli elementi della natura. Notiamo un uso attento della metrica tradizionale: torna l’endecasillabo e le strofe regolari. C’è spesso una contrapposizione tra la natura romagnola (paesaggio legato all'infanzia, innocenza, scoperta della vita) e toscana (maturità). IL GELSOMINO NOTTURNO (1901) È una poesia d’occasione (per un evento o celebrazione), scritta come omaggio per un amico che si sta sposando, Gabriele Briganti (Dante Gabriele Giovanni sarà il nome del figlio in onore di Pascoli). Pascoli celebra l’amore coniugale in modo simbolico partendo da una descrizione paesaggistica. Il poeta era appassionato di fiori e di botanica e sapeva che il gelsomino si apre di notte e si chiude al mattino. Tutta la poesia è descrizione di un paesaggio, gli odori del fiore, si allude all’unione coniugale. Ci sono ottonari e le rime sono alterate. Si crea il ritmo di una filastrocca, c'è molta attenzione alla musicalità. La poesia inizia con la “e”, come se fosse un discorso già iniziato che continua, come un fluire del pensiero. Si parte dal tema dei cari defunti (la notte è il momento in cui il poeta pensa ai familiari morti) La casa è come un nido, protetto dalle ali della madre, come gli occhi sotto le ciglia, similitudine per indicare una condizione di pace. Si fa riferimento ai petali di un fiore da cui viene un profumo intenso, l’odore di fragole rosse (sinestesia): l’odore è forte e intenso, ma piacevole e quindi invito all’amore, indicato dal rosso. C’è la descrizione
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