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appunti di arte 5 anno, Appunti di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche

appunti dell’intero anno scolastico di 5 superiore

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 02/07/2024

ludovica-guano
ludovica-guano 🇮🇹

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Scarica appunti di arte 5 anno e più Appunti in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! Romanticismo Si sviluppa quasi contemporaneamente al Neoclassicismo —> sono espressione della stessa epoca anche se presentano aspetti inconciliabili. Nel romanticismo l’arte diviene espressione dell’interiorità dell’artista attraverso l’indagine del sentimento umano dei personaggi rappresentati. Per i romantici anche il paesaggio assume espressività attraverso la rappresentazione delle forze della natura, di spazi sconfinati, o di condizioni di luce e atmosfera particolarmente suggestivi. Il romanticismo si sviluppa all’inizio del XIX secolo: vengono designate opere in cui si avvertono atteggiamenti malinconici o ribelli, di irrequietezza d’animo, o di abbandono alla natura. Il carattere malinconico dell’artista è sintomo del suo genio, della sua innata propensione all’atto creativo: è un eroe isolato e incompreso. La sua è una continua fuga nello spazio e nel tempo, alla ricerca di epoche o contesti considerati vitali e felici: si fanno sempre più introspettivi e si rifugiano nel proprio mondo interiore. La natura acquista un valore importante: una natura primigenia, una natura sentita, che ricerca l’essenza delle cose nel sentimento che esse suscitano nell’osservatore. La nuova poetica della natura oscilla tra il sublime, la sensazione che scaturisce dalla contemplazione della natura avvertita nella sua immensità; e il pittoresco. William Turner Luce e colore (la teoria di Goethe) 1843 L’opera è nata dal grande interesse di Turner per il libro di Goethe, chiamato “la teoria dei colori”, pubblicato nel 1810. La scena è tratta dal Libro della Genesi: protagonista è il Diluvio Universale raccontato proprio nel libro della Genesi, il cataclisma che secondo la tradizione biblica sommerse con le acque l’intero globo terrestre —> Turner vuole sottolineare l’ambivalenza della natura, che “costruisce sempre e sempre distrugge”. Protagoniste indiscusse della tela sono la possibilità della natura di donare la vita e nel contempo la sua straordinaria forza distruttrice. I colori utilizzati in questo lavoro rappresentano una sorta di vortice, che a tratti lascia intravedere sagome incerte e indefinite, come la figura di un uomo, che si suppone essere Noè, e un serpente, simbolo del male che corrompe la ragione. Turner, colpito dagli studi di questo intellettuale, sceglie di riportare le conclusioni che ha raggiunto all’interno di questa tela, secondo cui la nascita del colore dipende semplicemente dal confronto bipolare tra luce e tenebra che vengono riflesse da un oggetto trasparente. Caspar David Friedrich Il viandante sul mare di nebbia 1818 Il primo piano è occupato da un precipizio roccioso, sul quale, in controluce si eleva un’elegante figura maschile. L’uomo si erge in atteggiamento di fiera consapevolezza, regge con la mano destra un bastone da passeggio; i capelli scompigliati dal vento della montagna sono il simbolo della sua irrequietezza. Con la faticosa ascesa il viandante ha acquisito una posizione privilegiata dalla quale ammirare il mistero e la potenza della creazione. La natura nel quale è immerso rappresenta la poetica del sublime e del bello, che si innescano come moto dell’anima al cospetto della magnificenza e all’imponenza del paesaggio. La posizione dell'uomo rispetto alla vastità del paesaggio ci permette di capire quanto sia piccola la dimensione umana a confronto con la natura, facendo dunque nascere un senso di sgomento di fronte all’immensità dell’universo, dato anche dall’uso dei colori con tonalità tali da creare uno stacco con lo sfondo. Il pittore contrappone cromaticamente il cielo azzurro e bianco al cupo marrone della terra. Particolare è il simbolo del bastone al quale si regge il viandante: si tratta infatti delle illusioni, che sorreggono l’uomo nella sua esistenza. Lo stile è L’opera si attesta come il primo nudo profano della storia dell’arte, la cui ostentata sensualità costa al pittore una convocazione presso il tribunale dell’Inquisizione. Pertanto, il quadro è rivoluzionario, in quanto per la prima volta la protagonista non è né dea, né una figura mitologica: solo in questo caso la nudità sarebbe stata accettata dalla chiesa. La Maja desnuda, commissionata dal primo ministro Manuel Godoy, ritrae una Maja, una “bella ragazza”, svestita, che fissa con sguardo provocante lo spettatore. Anche la posizione delle braccia sembra studiata apposta per offrire completamente alla vista il corpo della giovane. I suoi capelli, ricci e di colore scuro, incorniciano il viso, mentre le guance sono arrossate. La luce, che colpisce il soggetto da sinistra, illumina di chiarore quasi bianco l’incarnato della modella, conferendo volume e consistenza al corpo. Un lenzuolo e due cuscini avvolgono il corpo della donna, dando ancora più luce all’insieme, valorizzato anche per contrasto dallo sfondo scuro e dal verde del divano. Il 3 maggio 1808, Goya, 1814 La rappresentazione, appartenente a un ciclo di 82 acqueforti dedicate ai disastri della guerra, allude all’invasione delle truppe francesi e alle insurrezioni che il 2 e 3 maggio 1808 sconvolgono Madrid. —> L’opera è un manifesto di denuncia delle atrocità che segnano ogni guerra. Inoltre, l’opera, rappresenta uno degli snodi cruciali della storia dell’arte, nel passaggio tra modernità e contemporaneità. La scena si presenta fortemente chiaroscurata: l’illuminazione è interna al dipinto, offerta da una lampada poggiata per terra, che esalta le forme e la drammaticità del contrasto tra luce e ombra. È presente la prospettiva scorciata, ovvero il punto di fuga è esterno al dipinto, questo permette la confluenza di più espressività e l’innaturale vicinanza tra vittime e carnefici. Le vittime, inquadrate frontalmente, vengono rappresentate in un flusso continuo di disperazione e morte (davanti gli uomini che stanno per essere fucilati, di fianco si vedono i prossimi condannati all’esecuzione, in un’attitudine di rassegnata disperazione). Gli spaccapietre, Courbet, 1849 L’opera rappresenta, quasi a grandezza naturale, due uomini, uno più giovane e l’altro più vecchio, impegnati nel duro lavoro di spaccapietre. Il dipinto è estremamente sintetico, ci sono pochi elementi essenziali: il paesaggio spoglio, le due figure intente nella loro attività, gli attrezzi da lavoro e le pietre da spaccare. Il loro lavoro si ripete meccanico, impersonale —> alienazione e omologazione. È questa impersonalità a far si che la loro fatica diventi metafora universale del lavoro di un’intera classe sociale. Si tratta di un’arte concreta, che consiste solo nella rappresentazione di cose vere ed esistenti. L’artista ricerca un bello che è nella natura e si incontra nella realtà sotto le forme più diverse. Colazione sull’erba, Manet, 1863 Rappresenta 4 personaggi: due uomini vestiti modernamente, impegnati in una conversazione con una donna nuda, e un’altra donna, più in fondo, che esce da una pozza d’acqua dalla quale ha fatto il bagno. Il pittore ambienta la scena ai suoi tempi, veste gli uomini realisticamente e rappresenta con altrettanto realismo la donna (non dea ma una donna comune). Manet elimina quasi completamente il chiaroscuro, rendendo i colori puri e piatti, e le figure senza densità e volume. In questo modo le figure risultano quasi ritagliate e montate sullo sfondo. La composizione è basata su un gioco di triangoli sovrapposti. Manca però il senso di unità e gerarchia che la composizione triangolare dovrebbe avere. In più è del tutto assente una costruzione prospettica, in grado di dare unità allo spazio del dipinto, per cui il corpo della donna in secondo piano appare completamente sproporzionato. Olympia, Manet, 1863 Il dipinto è una rivisitazione del nudo femminile, con precisi riferimenti iconografici alla Venere di Urbino di Tiziano e alla Maja desnuda di Goya. Olympia è una prostituta professionista. Il suo atteggiamento è sfrontato, dalla posa fredda e studiata e lo sguardo diretto e calcolatore, con gli occhi rivolti allo spettatore e il corpo nudo esibito senza pudore. Alcuni particolari rivelano la sua professione: il letto sfatto, il collare di velluto, il gatto nero (simbolo di lussuria). Manet costruisce un violento contrasto fra aree chiare, nella parte inferiore, e aree scure, in quella superiore. Il corpo di Olympia, chiarissimo, è delineato da una linea, come una sagoma ritagliata su uno sfondo piatto. Il bouquet costituisce la sola nota di colore, ed è reso per pennellate sintetiche e rapide. Donna con il parasole, Monet, 1875 Una domenica alla Grande Jatte, Seurat, 1884 Utilizza la tecnica da lui elaborata, in cui sfrutta i colori puri e accosta i colori complementari. Viene eliminato ogni elemento accidentale e dipinge le forme, rese essenziali, con la tecnica puntinista, assembrando gli elementi in una composizione coerente. La scena è congelata in una calma assoluta, una gioia immobile, statica. Seurat rappresenta uno dei luoghi di ritrovo del cero medio parigino durante un pomeriggio domenicale. I personaggi principali hanno lo sguardo rivolto verso sinistra, concentrato sull’osservazione contemplativa dell’acqua con una serenità quasi innaturale. I personaggi sono ridotti ai loro volumi essenziali e sono messi in risalto dal chiaroscuro. L’artista elimina dal suo dipinto il senso di immediata contingenza, con lo scopo di cogliere l’essenza stessa del reale, superando la mera apparenza delle cose. I mangiatori di patate, Van Gogh, 1885 Prima opera completa e prima e ultima composizione con un folto gruppo di personaggi. Il dipinto mostra una scena povera dall’intento morale e sociale: un gruppo di contadini siede a un tavolo per cena mangiando patate e bevendo caffè. L’opera è armonizzata su una cupa tinta verde, che, insieme alla prospettiva schiacciata, favorisce l’impressione di un ambiente casalingo chiuso e stretto. Le figure appaiono deformi e grossolane: la luce fioca, al centro della tavola che proviene dalla lanterna appesa al soffitto, l’unica fonte luminosa, colpisce parzialmente i volti grotteschi e mette in risalto le mani, grosse, sgraziate e sproporzionate. Le nocche descrivono il peso delle loro fatiche. Un’espressione stanca e priva di speranza è dipinta sui loro volti. L’urlo, Munch, 1893 Grazie alla sua efficace sintesi simbolica, L’urlo diventa icona della sofferenza umana, personale e collettiva, del Novecento. Secondo la sua testimonianza scritta, l’artista ebbe la sensazione di udire un urlo attraversare la natura durante una passeggiata serale per un sentiero che divideva la città e il fiordo in basso. Munch racconta una crisi nervosa, un attacco di panico, che non è solo individuale ma appartiene a tutta la natura: il grido terrorizzato dell’uomo si riflette nel cielo macchiato di rosso, nelle linee curve e sinuose della costa, solcate da segni e abrasioni. In lontananza sono rappresentate due figure indefinite, presumibilmente gli amici, che continuano a camminare nell’indifferenza, inconsapevoli della disperazione che pervade l’esistenza. Munch raggiunge il massimo del suo antinaturalismo: il volto dell’uomo in primo piano è trasformato in senso espressivo, con gli occhi sbarrati ed esterrefatti, la bocca aperta in un grido muto. Il corpo è privo di peso, curvo come il paesaggio attorno a lui. Il vampiro, Munch, 1895 In quest’opera, Munch sofferma la propria attenzione sulla figura femminile. Amore e dolore, chiamato spesso anche il Vampiro (non da Munch), raffigura una donna dai lunghi capelli rosso fuoco che bacia un uomo sul collo e lo abbraccia nella sua completa totalità. Il gesto colpisce particolarmente perché è in grado di trasmettere un grande senso di amorevolezza e consolazione. La donna, a primo impatto, manifesta dolcezza e beatitudine, tuttavia è una figura enigmatica, che conduce l’uomo all’annientamento. La donna in realtà viene colta in un gesto fatale e non amorevole. Per il pittore la donna rappresenta tematiche forti che si rivelano splendenti, come il piacere e l’inizio della vita, ma anche qualcosa di straziante e malinconico, come il dolore e il sopraggiungere della fine di tutto attraverso la morte. Moulin Rouge, Toulouse-Lautrec, 1891 Manifesto realizzato per il celeberrimo locale parigino. Realizzato con la tecnica della litografia, il manifesto presenta un’immagine sintetica e convincente, in grado di imprimersi nella memoria. I colori piatti sono ridotti ai soli rosso, verde, giallo, bianco e nero. Tutte le figure sono trasformate in silhouette, compresa quella in primo piano, mentre spicca la ballerina, con i capelli biondi, la maglia a pois, la grande gonna bianca. La linea è morbida ma veloce e il testo è perfettamente integrato nell’immagine. La litografia riprende il dipinto Ballo al Moulin Rouge, in particolare nella posa della ballerina e del contrappuntò della figura in primo piano. È dipinto a olio, argento e oro su tela. Klimt rappresenta il ricorrente tema dell’abbraccio e del bacio, simbolo di amore ed Eros, che rappresenta il raggiungimento dell’armonia. I due amanti sono la gioia e la concordia, e il loro sentimento li eleva a uno stato sublime di irrealtà, in uno sfondo oro senza tempo ne spazio. L’uomo bacia la donna con presa sicura, si piega seguendo il formato della tela, mentre lei gli si abbandona. I corpi si perdono nella bidimensionalità delle vesti, lasciando trasparire pochi, espressivi particolari: collo e mani di lui; volto, mani e piedi di lei. Le vesti seguono i due personaggi e ne accentuano la posa e l’espressione. Espressionismo Movimento artistico sviluppatosi in Germania all'inizio del 20° sec., con l'intento di contrapporre alla visione impressionista un'arte di pura espressione intima, schermo nel quale si proietta il drammatico travaglio della vita interiore. La danza II, Matisse, 1910 Cinque danzatori si tengono per mano, fino a formare un cerchio, ancora aperto, sul punto di saldarsi. La figura in basso sembra volteggiare in uno slancio verso il suo compagno di sinistra, il quale, a sua volta, si torna per afferrare la mano che gli è tesa. Il ritmo del ballo occupa interamente lo spazio, che sembra assecondare il movimento circolare dei ballerini. Matisse definisce le sagome dei corpi con linee sicure e continue, che rendono il movimento fluido. Al blu e al verde intensi, che richiamano il paesaggio mediterraneo, corrisponde il rosso acceso. L’effetto è quello di una maggiore brillantezza dell’insieme, un’armonia perfetta nella quale i colori si esaltano vicendevolmente, e di vividezza: nonostante la bidimensionalità del dipinto, i corpi sembrano avanzare verso lo spettatore, staccandosi nettamente dal fondo. La danza rappresenta l’unione primordiale e mitica fra uomo, terra e cielo. I grandi cavalli azzurri, Franz Marc, 1911 Tre grandi cavalli occupano quasi tutta la superficie orizzontale del dipinto. Il cavallo di destra è interamente disegnato di profilo con una semplificazione molto evidente. Non si tratta di una deformazione della figura del cavallo grottesca o sgradevole, piuttosto si tratta di una geometrizzazione delle parti dell’animale. Infatti, il cavallo è realizzato utilizzando due semi curve che nascono dal centro della sua schiena. Unendo la parte destra, del posteriore dell’animale con la parte sinistra che corre lungo la sua criniera e prosegue nel muso si può chiudere una forma a cuore.  La composizione ritmica è scandita dall’uso dei colori primari, ai quali Marc assegna un significato simbolico: il blu dei cavalli simboleggia la spiritualità, il giallo, gentile e sensuale, caratterizza un paesaggio accogliente, mentre il rosso del cielo è la brutalità che minaccia la scena. Marcella, Kirchner, 1910 Una giovane donna è seduta in primo piano tra cuscini dai colori forti. La ragazza è nuda e presenta un’apparenza fragile e indifesa e sembra chiudersi in una posizione di imbarazzo e disagio. Siede rivolta verso l’osservatore e incrocia le gambe accavallandole. Le sue labbra sono carnose e tinte da un rosso brillante mentre gli occhi sono segnati da spesse linee nere. I capelli lunghi sono liberi sulle spalle e solo sulla sinistra sono raccolti da un grosso fiocco bianco. La giovane si trova all’interno di uno spazio chiuso e molto colorato. Il volto di Marcella è semplificato, triangolare e sgraziato. Gli occhi sono definiti poi da pennellate nere che sembrano delle strisce di trucco pesante. La bocca è dipinta con due pennellate di rosso fuoco. Due pennellate verdi segnano inoltre le occhiaie di Marcella. L’immagine che ne emerge è di una ragazza magra, non in salute e psicologicamente instabile. Kirchner utilizza colori forti e innaturali. I toni dell’opera sono puri e distesi senza alcuna sfumatura. Le forme sono prive di chiaroscuro, sono i contrasti di chiarezza a mettere in risalto la figura di Marcella con il pavimento giallo. Anche i capelli della ragazza spiccano contro il chiaro della pelle e del muro dietro di lei. Le parti, che dovrebbero essere in ombra, sono sottolineate da pennellate verdi che creano contrasti complementari con il rosso e il rosa. Gli unici colori secondari utilizzati sono il verde e alcune pennellate di arancio. In particolare, le parti verdi sulla sinistra e all’interno della figura di Marcella creano un effetto stridente. Il verde contro gli incarnati della ragazza determina un effetto insano. Cubismo – Pablo Picasso Il termine Cubismo indica un movimento artistico d'avanguardia originatasi agli inizi del XX secolo in Francia, contraddistinta dalla scomposizione delle figure in forme geometriche, da piani taglienti e da un nuovo modo di rappresentare lo spazio attraverso la presenza simultanea di molteplici punti di vista, determinando così il definitivo distacco dalla prospettiva lineare e dai principi dell'equilibrio e della simmetria. Il cubismo richiama al moderno pensiero scientifico dell'inizio del Novecento, alla fisica di Einstein, all'idea della quarta dimensione. Quel che accomuna gli artisti del movimento cubista è la concezione dell’arte come mezzo in grado di reinterpretare la realtà con libertà assoluta, senza curarsi della verosimiglianza né dei canoni estetici o decorativi.  Picasso (Malaga, Spagna, 1881 – Mougins, Francia, 1973). Suo padre è maestro di disegno all’Academia. Questo lo aiuta a sviluppare le sue precoci capacità artistiche. A Barcellona entra nell’Accademia a soli 13 anni. Va a Parigi dove conosce diversi artisti, tra cui Degas, Toulouse-Lautrec, e conosce critici e intellettuali, mentre a Barcellona frequenta i circoli anarchici. Questi sono gli anni del periodo blu (1901-1904), in cui si dedica a soggetti di natura sociale intrisi di malinconia, solitudine, emarginazione (come poveri, vecchi): la tavolozza è ristretta alle sole tonalità fredde dell’azzurro e del blu.  Nel successivo periodo rosa (1904-1907) riacquista i toni caldi e si mantengono i modi simbolisti.  Entra in contatto con l’avanguardia e conosce l’arte primitiva e la scultura africana. Rimane impressionato di fronte a un canone estetico completamente differente da quello occidentale. Dipinge quindi Les Demoiselles d’Avignon, La molteplicità dei punti di vista permette di rappresentare la disperazione continua, in cui le strade irrompono nelle case, squarciate e distrutte.  Picasso aggiunge un’espressività, immagine della sofferenza umana: gli occhi della donna e dell’uomo disperato sono lacrime e il corpo del bambino morto è molle, il dolore del cavallo è espresso dalla lingua sporgente, i piedi di colei che guarda il cielo sono grandi e pesanti, come di chi non può fuggire.  Oltre che commemorazione della guerra civile, il quadro diviene rappresentazione di tutte le guerre, delle loro devastazioni e della loro tragicità.  Il futurismo  1909: il poeta Filippo Tommaso Marinetti pubblica sulla rivista Le Figaro il Manifesto del Futurismo, dove esalta la velocità, l’amore per il pericolo, l’energia e la temerità, la ribellione e l’audacia. Inoltre, il futurismo implica un rifiuto assoluto del passato e disprezza la società borghese, statica e tradizionale, mentre esalta la massa. È contro il femminismo e glorifica la guerra, infatti è caratterizzato da una convinta posizione interventista e dalla successiva adesione al partito fascista.  Il futurismo si sviluppa intorno a due concetti primari: la sinestesia, ovvero il coinvolgimento di sensi diversi; e la cinestesia, che è la sensazione legata al movimento.  Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 1882 – Verona 1916)  Massimo interprete del futurismo.  Il movimento è il tema principale della sua opera, ma esso non è il solo studio dello spostamento di un corpo nello spazio, bensì il considerare spazio e tempo come dimensioni strettamente connesse, talvolta una unica.  La visione di Boccioni si basa sulla considerazione che anche un corpo fermo si muove, perché il suo movimento si realizza nella memoria di chi guarda, implicando la fusione dell’oggetto guardato con chi guarda.  La città che sale 1910-1911 Rappresenta la frenesia della città di Milano in espansione, in una composizione dedicata al tema del lavoro. Rappresenta uno scontro di carrozze in cantiere con la periferia cittadina sullo sfondo. Predomina la figura del possente cavallo al centro della composizione, dai colori accesi e antinaturalistici, simbolo della forza e del progresso. Le lunghe e sottili pennellate seguono il movimento dei personaggi, imprimendo dinamismo che si riflette nei corpi dell’animale, degli operai e nella folla retrostante.  La rappresentazione si concentra sul cavallo che aumenta in dimensioni e trascina nel suo movimento i personaggi. La luce smaterializza i corpi che perdono consistenza e la loro forza si esprime nelle pose enfatiche. L’energia dell’insieme si manifesta nel dettaglio del cavallo impennato e nei musi contrapposti dei due cavalli, tra i quali si vede l’unico volto umano definito.  La composizione è impostata sulla contrapposizione tra il dinamismo delle linee oblique su cui sono costruite le figure in primo piano e la verticalità statica delle impalcature.  Materia 1912-1913 Il dipinto rappresenta la madre del pittore seduta con le spalle al balcone della sua casa, aperto sulla città; a sinistra si intravede un cavallo; mentre a destra una figura umana in movimento.  Il titolo costituisce l’intersezione tra la parola mater e Matière et memoire, il saggio in cui Bergson teorizza la fusione tra l’io e lo spazio.  Al centro della composizione sono rappresentate le mani intrecciate della madre che risultano avanzate nello spazio, da esse parte la linea circolare delle braccia che si concludono nel volto deformato.  La figura della madre è l’origine di ogni cosa: le mani sono il centro delle linee radiali che determinano la forma dei piani cubisti. Il balcone è un’apertura sulla realtà cittadina. Sullo sfondo si riconoscono un mulino e una centrale elettrica propri di Milano. Il cavallo che irrompe in primo piano si contrappone con il personaggio a destra, che si muove in direzione opposta. Le due figure sono accumunate dai colori caldi, simbolo della vita pulsante che circonda la donna. Le forme uniche della continuità e dello spazio 1913 Boccioni traduce in scultura le idee di forza e velocità. L’opera rappresenta una figura umana che avanza eroica. Il corpo è deformato da piani curvi e dinamici. La scultura è fatta di bronzo, che rende l’idea di un uomo meccanico, il superuomo di Nietzsche.  Boccioni rende simultaneamente nel bronzo il movimento successivi al passo di corsa: il piede sinistro poggia a terra e la gamba sinistra è tesa, mentre quella destra risulta sollevata e piegata. Il procedere è esaltato dalle linee curve che avvolgono la figura.  Astrattismo L’idea di astrattismo si riferisce alla ricerca di un’arte non figurativa, caratterizzata dall’assenza di riferimenti diretti e immediatamente riconducibili alla realtà.  Funzionali al percorso verso l’astrazione sono l’autonomia dell’arte e la diffusione di una critica purovisibilista, che riconosce all’opera un valore slegato dalle sue capacità narrative o mimetiche.  Alcune ricerche astratte hanno una radice espressionista, utilizzano la forza espressiva degli elementi del linguaggio visivo per trasferire all’opera il proprio mondo interiore senza far ricorso alla figurazione. Altre ricerche rientrano invece in una tendenza analitica di carattere più razionale che parte da un processo di estrema sintesi geometrica degli elementi del reale.  Allo sviluppo dell’astrattismo contribuiscono l’interesse per la percezione e l’aspirazione alla trascendenza e alla purezza. Si manifesta anche la ricerca di un realismo estremo, che presenta il dipinto come un oggetto bidimensionale in cui vengono disposte forme semplici e concrete. Fondamentale è il paragone fra l’arte e la musica, capace di comunicare sensazioni all’ascoltare senza riferimenti diretti alla realtà.  Vasili Kandinskij (Mosca, 1866 – Neuilly-sur-Seine, 1944)  Indaga la pittura in ogni sua possibilità, facendo dell’astrazione un linguaggio al tempo stesso lirico e metafisico. All’espressionismo libero si sostituiscono forme geometriche in composizioni attentamente studiate nei rapporti linee e colore.  Solo lo stretto paragone con la musica può spiegare queste opere, in cui i segni sono organizzati come note su uno spartito.  Il primo acquerello astratto, composizione VII 1910 Con il primo acquerello astratto, Vasilij Kandinskij rinuncia alla rappresentazione della realtà fisica. Viene eliminato qualsiasi riferimento al mondo visibile. Questo genere artistico viene chiamato non figurativo o astratto. Vasilij Kandinskij è il primo artista che inizia a portare avanti una sua ricerca di figurazione astratta. È una delle maggiori icone dell’arte moderna e quella che lui stesso definisce la sua opera più importante. Si tratta di un’opera in cui scultura e pittura si fondono, in modo nuovo per il periodo.  Il senso enigmatico e misterioso di questo lavoro è un invito rivolto all’osservatore, spronandolo a esplorare nuovi orizzonti visivi e intellettuali. A comporlo sono due grandi lastre di vetro sovrapposte e separate a metà da una cornice d’acciaio. Sulle lastre, disegnati col filo di piombo, sono rappresentati i protagonisti, la sposa in alto, ossia l’oggetto del desiderio, e i suoi corteggiatori in basso, avviliti dall’impossibilità di raggiungerla poichè le due parti del tutto sono separate dalla cornice. Nessuno di loro ha connotati umani, tutti sono costituiti da parti meccaniche.  L’opera rappresenta la concezione meccanicistica dell’amore. La donna è definita da Duchamp stesso “macchina agricola”, così che si può interpretare l’opera come un’allegoria della natura fertile asservita all’uomo. Durante la trasportazione dell’opera le lastre si rompono accidentalmente. Duchamp legge l’accaduto come un evitabile intervento del fato e accetta la rottura come parte dell’opera. La metafisica e Giorgio de Chirico (Volo, 1888 – Roma, 1978) È caratterizzata da un’atmosfera enigmatica e straniante. La metafisica è un’avanguardia nata nei primi anni Dieci, ufficialmente battezzata nel 1917 e già conclusa nei primi anni Venti. Recupera la figurazione tradizionale e può essere vista per questo come un “ritorno all’ordine”, ed è caratterizzata da un’espressione puramente mentale e concettuale dell’arte. Si esprime nella rappresentazione di segni ermetici di una nuova malinconia.  L’assenza totale di vita rafforza l’effetto straniante. Gli oggetti sono statici e l’atmosfera è rarefatta, fatta di luce chiara e irreale.  De Chirico cerca di rappresentare passato, presente e futuro, rimanendo ancorato alla realtà. Recupera le regole del passato e richiama soprattutto al ‘400. Recupera il classico perché è come se ci fosse un’immagine che è sempre esistita. L’enigma di un pomeriggio d’autunno 1910 Una composizione semplice in una piazza immaginaria dominata da una facciata trecentesca, da una statua classica mutila e girata di spalle e da due personaggi, in atteggiamento classico e malinconico.  Lo spazio è chiuso da un muro che copre l’orizzonte. Il tragico è quindi in ciò che non è, in ciò che non si può vedere. L’enigma dell’ora 1910 L’edificio copre la vista del paesaggio, che si può intuire oltre le piccole aperture. Le arcate restituiscono quella sensazione di grandezza infinita e lontana. Ma l’architettura così semplificata non appartiene a nessun luogo e a nessun tempo. Questa immobilità è rappresentata dalla vasca nera e dalle due figure, una alla luce e una all’ombra. Tale contrasto è terno e immutabile, di loro non si percepisce nessun movimento. Così com’è statico l’orologio, bloccato a segnare un’ora (14:55), smentita dalle ombre lunghe della sera.  I due personaggi sono presenze assenze, sono presenti perché se ne vede l’ombra ma assenti perché non se ne vede l’immagine.  Canto d’amore 1914 È accentuata l’assurdità prospettica. De Chirico non si concentra in modo particolare sulla ricerca tecnica, al contrario pone attenzione sui rebus visivi. De Chirico propone una nuova poetica dello spazio, recuperando l’immobilità e la tradizione. Gli oggetti sono decontestualizzati, enormi e appartenenti all’antichità classica, figure immobili senza tempo. Appeso alla parete esterna di un grande edificio vi è il calco classico dell’Apollo del Belvedere. Accanto ad esso, un enorme guanto di plastica è fissato alla muratura da un chiodo. Sul piano stradale una grande palla è immobile in primo piano. A destra un tratto di colonnato si sviluppa in altezza con murature vuote, mentre a sinistra, dietro a un muretto di mattoni, transita un treno sbuffante di vapore. Il figliol prodigo 1922 L’opera si ispira alla Parabola del padre misericordioso. La scena raffigura la fine della vicenda, ovvero il perdono del padre nei confronti del figlio minore pentito della propria condotta. L’opera è ambientata nello scenario di una delle piazze metafisiche proprie dell’autore.  Il padre misericordioso presentato come una rigida statua, vista di spalle, il giovane prodigo è rappresentato da un manichino, vivacemente colorato: creature a metà tra geometria e fantascienza. Quello che colpisce è il duplice gesto dei due che si mettono reciprocamente la mano sulla spalla, allo stesso tempo però continuano a tenersi a distanza, si fronteggiano e tengono la testa abbassata.  Ritratto di Guillaume Apollinaire 1914 Il ritratto di Apollinaire è uno dei quadri più famosi del periodo metafisico.  Il poeta francese viene ritratto come un’ombra, che per De Chirico corrisponde all’assenza dell’uomo. La sua silhouette sembra una sagoma di tiro al bersaglio con il centro proprio sulla testa, nel punto dove Apollinaire verrà ferito durante la guerra.  Il soggetto del dipinto sembra voler scardinare ciò che è dato per scontato, attraverso l’inusuale e lo straordinario.  Salvador Dalì (Figueres, Spagna, 1904-1989) È considerato il protagonista del surrealismo, seppur presto emarginato per il suo carattere istrionico e controcorrente. La sua pittura è figurativa, classica; i colori sono ricchi, armonizzati sugli azzurri dei cieli, sugli ocra e sui gialli di grandi deserti; il disegno è elegante e virtuoso.  Nelle sue opere predominano figure molli, biomorfe, si stagliano su paesaggi deserti, privi d’identità.  Volto del grande masturbatore 1929 Le esplicite allusioni sessuali presenti nell’opera dimostrano il rapporto tra erotismo e senso di colpa, il conflitto autobiografico con la figura paterna.  Al centro del dipinto vi è un volto distorto verso il basso, in base alla forma di una formazione rocciosa naturale lungo la riva del mare della Catalogna. Una figura femminile, nuda, si alza dal retro della testa. Accanto alla faccia della donna appare una figura maschile, vista solo dalla vita in giù.  Sotto al volto appare una locusta, un insetto di cui Dalì aveva una paura irrazionale. Uno sciame di formiche si raccolgono sull’addome della locusta.  Nel paesaggio sottostante sono rappresentati un uovo, simbolo di fertilità, e tre figure.  La persistenza della memoria 1931 Il paesaggio è quello della costa catalana, di Ligat. È rappresentata la scura spiaggia deserta che finisce nel mare e, a destra, la scogliera. Gli elementi sono disposti senza alcuna ricerca di unità né di simmetria. La luce crea ombre profonde.  Protagonisti dell’opera sono 4 orologi: uno, chiuso, ricoperto di insetti, mentre gli altri tre si sciolgono, sono molli, appoggiati su un parallelepipedo, un albero, e un profilo dissolto dell’artista. Realizza il dipinto dopo una cena a base di camembert: la consistenza degli orologi ricorda quella del formaggio.  L’orologio è lo strumento di misurazione oggettiva del tempo. Il suo sciogliersi, disordinato e imprevedibile, ne mette in dubbio l’oggettività.  L’unico orologio integro è quello chiuso attaccato dalle formiche, per le quali Dalì nutriva una particolare repulsione: nella sua opera rappresentano al tempo stesso la morte-distruzione e il desiderio sessuale.   Un cane andaluso 1929 È un cortometraggio diretto ed interpretato da Luis Bunel e Salvador Dalì. Ha le sue radici nel movimento cinematografico francese dell’avanguardia surrealista e si pone al contempo come una critica verso movimenti precedenti. Il film è un continuo susseguirsi di scene senza apparente connessione, che causa nello spettatore l’impressione di assistere alla messa in scena di un delirio onirico.  La prima scena è una delle più terrificanti dell’intera storia del cinema. Il regista stesso, dopo aver guardato la luna, affila un rasoio e si avvicina a una donna seduta alla quale tiene ben aperto l’occhio sinistro, nella scena successiva taglia l’occhio in due. La scena intende squarciare l’occhio dello spettatore per fargli vedere, anche a costo di grandi sofferenze, tutto quello che non ha mai visto e non ha mai voluto vedere.  Frida Khalo: il realismo in messico (Coyoacàn, Messico, 1907-1954) Nasce con un problema di poliomielite, ha una gamba più corta dell’altra. Fa un incidente in pullman. Viene afflitta da un palo e inizialmente rimane paralizzata rompendosi numerose vertebre.  La sua opera è fondamentalmente rivolta alla rappresentazione di se stessa. Costruisce un’iconografia personale, sfruttando anche i propri difetti, in questo modo l’artista afferma un’identità femminile che sfrutta la potenza della ripetizione, per creare una moderna e indipendente Madonna, libera e di fede comunista. Frida è una donna libera, racconta un proprio mondo in maniera forte, e soprattutto libera di poter portare avanti i propri ideali. Incarna la figura di una donna nuova, che combatte per i propri diritti. Non ha alcun rapporto con il surrealismo, nelle sue immagini non c’è mai una realtà alterata, al contrario le sue sono testimonianze della realtà, non hanno a che fare con il sogno, il surreale.  La colonna spezzata 1944 Frida si ritrae dopo l’ennesimo riposo forzato in seguito a un’operazione. Il corpo nudo mostra un grande squarcio che la attraversa dal collo in giù, tenuto insieme solo dal corsetto. Al posto della colonna vertebrale viene dipinta una colonna ionica rotta. Lo sguardo è fermo, ma la faccia e il corpo sono ricoperti di chiodi che la torturano e sul volto lacrime.  I chiodi rappresentano la sua sofferenza continua in più punti del suo corpo, ma il chiodo più grande si trova nel cuore, che rappresenta il dolore provocato dal marito Diego Rivera.  Utilizza una prospettiva intuitiva, raffigura ciò che vede.  Frida si guarda allo specchio e come una psicanalista racconta la realtà in maniera oggettiva, congelata, senza esternare le emozioni e i sentimenti. Accetta il dolore in maniera libera dal dolore, riesce a controllarlo attraverso la pittura. Affronta il dolore con dignità. Le due Frida 1939 L’opera mostra il travaglio sentimentale di Frida, in quell’anno divorziata da Diego Rivera. Le due figure sono sedute frontalmente rispetto all’osservatore e si tengono per mano. A distinguerle è il diverso abbigliamento: quella a destra indossa vestiti della tradizione sudamericana, quella a sinistra un vestito bianco di fattura occidentale.  La Frida a destra tiene in mano un piccolo cameo di Rivera da piccolo, dal quale parte una vena che connette i due cuori, visibili nel petto aperto delle due protagoniste. Le due presentano entrambe metà del cuore, collegate dall’arteria. Il cuore è un’immagine della sua sofferenza. La Frida a destra è sofferente, mentre quella a sinistra è decisa, forte, e, pur nella sofferenza, recide la vena con delle forbici emostatiche e ferma l’emorragia.
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