Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Appunti di Chimica Organica, Appunti di Chimica Organica

Argomenti: struttura elettronica; acidi e basi; alcani e cicloalcani; alcheni e alchini; reazioni di alcheni e alchini; chiralità; alogenoalcani; alcoli, eteri e tioli; benzene e derivati; ammine; aldeidi e chetoni; carboidrati; acidi carbossilici; derivati funzioni degli acidi carbossilici; amminoacidi e proteine; lipidi.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 30/01/2022

alessia_ab
alessia_ab 🇮🇹

4.5

(2)

11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti di Chimica Organica e più Appunti in PDF di Chimica Organica solo su Docsity! 1. STRUTTURA ELETTRONICA Gli elettroni non si muovono liberamente nello spazio intorno a un nucleo, ma sono confinati in regioni dello spazio denominate livelli principali di energia o, più semplicemente, gusci. I gusci elettronici sono identificati dai numeri 1, 2, 3 e così via, da quello più interno a quello più esterno. I gusci sono suddivisi in sottogusci designati dalle lettere s, p, d ed f e, nell’ambito di questi sottogusci, gli elettroni sono raggruppati in orbitali. L’orbitale rappresenta una regione dello spazio che può contenere due elettroni. La configurazione elettronica di un atomo è una descrizione degli orbitali occupati dai suoi elettroni. Ogni atomo ha un infinito numero di possibili configurazioni elettroniche. La configurazione elettronica dello stato fondamentale è la configurazione elettronica a minima energia. Gli elettroni del guscio più esterno sono chiamati elettroni di valenza e sono quelli coinvolti nella formazione dei legami chimici e nelle reazioni. Il carbonio ha una configurazione elettronica allo stato fondamentale , ha quattro elettroni di valenza. È possibile illustrare gli elettroni del guscio più esterno di un atomo utilizzando una rappresentazione chiamata struttura di Lewis, che si ottiene disegnando il simbolo dell’elemento circondato da un numero di punti corrispondente al numero degli elettroni presenti nel guscio più esterno di un atomo di quell’elemento. Un atomo che possiede un numero di elettroni di valenza prossimo a otto tende ad acquistare gli elettroni necessari per completare l’ottetto del suo guscio di valenza e, quindi, ad assumere la configurazione elettronica del gas nobile più vicino come numero atomico. Gli atomi possono acquisire i gusci esterni completi in due modi: 1. Un atomo può perdere o acquistare un numero di elettroni sufficiente a raggiungere un guscio di valenza completo. Un atomo che acquista elettroni si trasforma in un anione (uno ione carico negativamente), mentre un atomo che perde elettroni diventa un catione (uno ione carico positivamente). Un legame chimico tra un anione e un catione è chiamato legame ionico. 2. Un atomo può condividere elettroni con uno o più atomi per completare il suo guscio di valenza. Un legame chimico formato dalla condivisione di elettroni è chiamato legame covalente. Il legame legame che si viene a stabilire tra due atomi dipende dall’elettronegatività. L’elettronegatività è una misura della tendenza di un atomo ad attrarre a sé gli elettroni di legame che esso condivide con un altro atomo. I valori dell’elettronegatività aumentano da sinistra verso destra lungo un periodo perché aumenta la carica positiva del nucleo che genera un’attrazione più forte per gli elettroni del guscio di valenza. I valori aumentano dal basso verso l’alto nell’ambito di un gruppo perché, diminuendo il raggio atomico (la distanza tra il nucleo e gli elettroni di valenza), gli elettroni di valenza sono attratti più fortemente dal nucleo. È possibile prevedere gli angoli di legame in queste e altre molecole covalenti usando le strutture di Lewis e il modello VSEPR, Valence Shell Electron Pair Repulsion (repulsione tra le coppie di elettroni del guscio di valenza). Secondo tale modello, gli elettroni di valenza di un atomo possono essere coinvolti nella formazione di legami semplici, doppi o tripli o possono essere non 1s22s22p2 1 condivisi. Ciascuna combinazione crea una regione di densità elettronica che, essendo occupata da elettroni, è carica negativamente. Per descrivere molecole e ioni per i quali non è adeguata una solo struttura di Lewis si usa la teoria della risonanza. Secondo questa teoria, molte molecole e molti ioni sono descritti correttamente mediante due o più strutture di Lewis che contribuiscono a rappresentare la reale struttura della molecola o dello ione. Le singole strutture di Lewis sono chiamate strutture limite di risonanza, ovvero rappresentazioni che differiscono solo per la distribuzione degli elettroni di valenza. Per mostrare che la reale molecola o ione è un ibrido di risonanza delle varie strutture limite di risonanza, queste vengono interconnesse da frecce a doppia punta. Le frecce curve indicano la ridistribuzione degli elettroni di valenza tra una struttura limite e quella successiva. • Tutte le strutture limite di risonanza devono avere lo stesso numero di elettroni di valenza. • Tutte le strutture limite di risonanza devono rispettare le regole del legame covalente; quindi, nessuna struttura limite deve avere più di 2 elettroni nel guscio di valenza dell’idrogeno o più di 8 elettroni nel guscio di valenza di un elemento del secondo periodo della Tavola Periodica. Gli elementi del terzo periodo, come zolfo e fosforo, possono avere fino a 12 elettroni nel loro guscio di valenza. • Le posizioni di tutti i nuclei devono restare invariate; cioè, le strutture limite di risonanza differiscono solo per la distribuzione degli elettroni di valenza. • Tutte le strutture limite di risonanza devono avere lo stesso numero totale di elettroni appaiati e spaiati. Secondo il modello di sovrapposizione degli orbitali, la formazione di un legame covalente deriva dalla sovrapposizione di orbitali atomici. Maggiore è la sovrapposizione, più forte è il legame covalente risultante. La combinazione di orbitali atomici è chiamata ibridazione e gli orbitali risultanti sono chiamati orbitali ibridi. • La combinazione di un orbitale atomico e tre orbitali produce quattro orbitali ibridi . • La combinazione di un orbitale atomico e due orbitali produce quattro orbitali ibridi ; la maggior parte dei doppi legami C=C, C=O e C = N sono una combinazione di un legame 2s 2p sp3 2s 2p sp2 2 3. ALCANI E CICLOALCANI Gli idrocarburi sono un’ampia classe di composti organici che contengono solo atomi di carbonio e idrogeno. Gli alcani sono idrocarburi saturi, ovvero molecole le cui catene di carbonio contengono solo legami singoli carbonio-carbonio. Sono classificati ”saturi” perché gli atomi di carbonio hanno il numero massimo di idrogeni legati e sono sostanzialmente non reattivi. Gli idrocarburi insaturi, invece, contengono almeno un legame carbonio- carbonio. Alcheni, alchini e areni sono idrocarburi insaturi. Gli alcani hanno formula generale CnH2n+2. Gli isomeri costituzionali sono composti che possiedono la stessa formula molecolare, ma diversa formula di struttura, ovvero, gli atomi sono legati con un ordine differente. Per le formule molecolari CH4, C2H6 e C3H8 è possibile connettere gli atomi in un solo modo. Per la formula molecolare C4H10 sono possibili due modi diversi di legare gli atomi. Il butano e il 2-metilpropano sono isomeri costituzionali e, in quanto tali, sono composti differenti e presentano proprietà fisiche e chimiche diverse. Ogni composto organico, in linea di principio, deve avere un nome da cui poter ricavare univocamente la sua formula di struttura. Per questo motivo, i chimici hanno adottato una serie di regole stabilite da un’organizzazione, o nomenclatura, denominata International Union of Pure and Applied Chemistry (IUPAC). Il nome IUPAC di un alcano formato da una catena di atomi di carbonio non ramificata consta di due parti: un prefisso che indica il numero di atomi di carbonio nella catena e il suffisso -ano per indicare che il composto è un idrocarburo saturo. Il nome IUPAC di un alcano con catena ramificata è costituito dal nome della catena più lunga di atomi di carbonio (catena principale) presente nel composto e dai nomi dei sostituenti, che indicano i gruppi legati alla catena principale. Un gruppo alchilico è un gruppo sostituente derivante dalla rimozione di un atomo di idrogeno da un alcano; esso è comunemente rappresentato dal simbolo R-. Il nome dei gruppi alchilici si π 5 ottiene rimuovendo la desinenza -ano dal nome del corrispondente alcano e aggiungendo il suffisso -ile. Le regole del sistema IUPAC per assegnare il nome agli alcani sono le seguenti: 1. Il nome di un alcano con una catena di atomi di carbonio non ramificata consta di un prefisso che indica il numero di atomi di carbonio presenti nella catena e della desinenza -ano. 2. Per gli alcani con catene ramifícate, si individua la catena più lunga di atomi carbonio come catena base (o principale) e si assegna il nome dell’alcano corrispondente come ra-dice del nome dell’idrocarburo 3. A ciascun sostituente presente sulla catena principale si assegna un nome e un numero. Il numero indica l’atomo di carbonio della catena base al quale il sostituente è legato. Si usa un trattino per connettere il numero al nome. 4. Se vi è un solo sostituente, bisogna numerare la catena principale a partire dall’estremità che consente di assegnare al carbonio che lega il sostituente il numero più basso possibile. 5. Se vi sono due o più sostituenti identici, bisogna numerare la catena principale a partire dall’estremità che permette di assegnare il numero più basso al sostituente incontrato per primo. Inoltre, il numero di volte che il gruppo sostituente si ripete è indicato da un prefisso di-, tri-, tetra-, penta-, esa- e così via. Si usa una virgola per separare i numeri che indicano la posizione dei sostituenti. 6. Se vi sono due o più sostituenti diversi, bisogna elencarli in ordine alfabetico e numerare la catena principale dall’estremità che consente di assegnare il numero più basso al sostituente incontrato per primo. Se vi sono sostituenti diversi in posizioni equivalenti sulla catena base, al sostituente che viene prima in ordine alfabetico viene assegnato il numero più basso. 7. I prefissi di-, tri-, tetra- e così via, non vengono considerati per stabilire l’ordine alfabetico. Lo stesso vale per i prefissi sec- e terz-, ma non per il prefisso “iso”, come nel gruppo isopro-pil, che è parte integrante del nome del sostituente. Quindi, si scrivono prima i nomi dei sostituenti in ordine alfabetico e, poi, vengono inseriti i prefissi. Nell’esempio che segue, l’ordine alfabetico è etil e metil, non dimetil ed etil. Nel vecchio sistema di nomenclatura comune, il nome di un alcano è determinato dal numero totale di atomi di carbonio presenti nell’alcano, indipendentemente dalla struttura. I primi tre alcani sono metano, etano e propano. Tutti gli alcani con formula molecolare C4H10 sono chiamati butani, tutti gli alcani con formula molecolare C5H12 sono chiamati pentani e quelli con formula molecolare C6H14 sono chiamati esani. Per gli alcani oltre il propano, il prefisso iso- è usato per indicare che un’estremità di una catena, non ulteriormente ramificata, termina con un gruppo (CH3)2CH–. Un atomo di carbonio è classificato come primario (1°), secondario (2°), terziario (3°) o quaternario (4°) in relazione al numero di atomi di carbonio a esso legati. Un carbonio legato a un solo altro carbonio è un carbonio primario; un carbonio legato a due altri carboni è un carbonio secondario e così via. Allo stesso modo, gli idrogeni sono classificati come primari, secondari o terziari a seconda del tipo di carbonio al quale sono legati. Quelli legati a carboni primari sono classificati come idrogeni primari, quelli su carboni secondari sono idrogeni secondari e quelli su carboni terziari sono idrogeni terziari. Un idrocarburo che contiene atomi di carbonio uniti in modo da formare un anello è un idrocarburo ciclico. Quando tutti gli atomi di carbonio dell’anello sono saturi, l’idrocarburo è chiamato cicloalcano. Composti ciclici a cinque termini (ciclopentani) e a sei termini (cicloesani) sono particolarmente abbondanti in natura e hanno ricevuto particolare attenzione. La formula generale dei cicloalcani è CnH2n; quindi i cicloalcani contengono due atomi di idrogeno in meno rispetto agli alcani aventi lo stesso numero di atomi di carbonio. Per assegnare il nome ai cicloalcani, occorre premettere al nome del corrispondente idrocarburo a catena aperta il prefisso ciclo- e indicare il nome e la posizione di ciascun sostituente presente sull’anello. Se vi è 6 un solo sostituente, non vi è necessità di assegnare a esso un numero. Se vi sono due sostituenti, bisogna numerare l’anello a partire dal sostituente che viene prima in ordine alfabetico. Se vi sono tre o più sostituenti, bisogna numerare l’anello in modo da assegnare loro la combinazione di numeri più bassi possibili, dopodiché, si elencano i sostituenti in ordine alfabetico. Gli alcani/cicloalcani con due o più atomi di carbonio possono assumere differenti disposizioni tridimensionali, per rotazione intorno a uno o più legami carbonio-carbonio. Ciascuna disposizione tridimensionale degli atomi, che deriva dalla rotazione intorno a legami singoli, è chiamata conformazione. La proiezione di Newman è un modo per rappresentare una molecola guardandola lungo un legame carbonio-carbonio. Una conformazione sfalsata (b) è una conformazione intorno a un legame singolo carbonio-carbonio in cui gli atomi legati ad un carbonio si trovano alla massima distanza possibile rispetto agli atomi legati al carbonio adiacente; mentre una conformazione eclissata (c) è una conformazione intorno a un legame singolo carbonio-carbonio in cui gli atomi legati a un carbonio si trovano alla minima distanza possibile rispetto agli atomi legati al carbonio adiacente. In altre parole, gli atomi di idrogeno sul carbonio posteriore sono eclissati dagli atomi di idrogeno sul carbonio posto anteriormente. Le conformazioni sfasate sono a energia più bassa (più stabili) rispetto alle conformazioni eclissate. La tensione molecolare puó essere di tre tipi: 1. tensione torsionale (chiamata anche tensione da interazioni eclissate), che si genera quando atomi non legati tra loro, separati da tre legami, sono costretti a passare da una conformazione sfalsata a una eclissata; 2. tensione angolare, che si genera quando un angolo di legame in una molecola è espanso o ridotto rispetto al suo valore ottimale; 3. tensione sterica (chiamata anche tensione da interazione di non legame), che si genera quando atomi non legati tra loro, separati da quattro o più legami, sono forzati ad avvicinarsi troppo l’uno all’altro, ovvero, vengono a trovarsi a una distanza inferiore rispetto a quella consentita dai loro raggi atomici. I ciclopentani, i cicloesani e tutti i cicloalcani con anelli di dimensioni maggiori esistono in equilibrio dinamico tra una serie di conformazioni non planari. La conformazione a più bassa energia del ciclopentano è una conformazione a busta. In questa conformazione, quattro atomi di carbonio sono in un piano, mentre il quinto è spostato al di fuori del piano con una disposizione spaziale che somiglia a una busta, con il lembo rivolto verso l’alto. Nella conformazione a busta, il numero di interazioni tra idrogeni eclissati è ridotto e, quindi, la tensione torsionale è minore. Le conformazioni a più bassa energia del cicloesano sono due conformazioni a sedia interconvertibili. In una conformazione a sedia, sei legami sono assiali, che si estendono parallelamente a un asse immaginario passante attraverso il centro dell’anello, e sei legami sono 7 4. ALCHENI E ALCHINI Gli idrocarburi insaturi sono composti formati da carbonio e idrogeno che contengono almeno un legame pi greco. L’etene è un alchene CnH2n, un idrocarburo contenente uno o più doppi legami carbonio-carbonio, e l’etino è un alchino CnH2n-2, un idrocarburo contenente uno o più tripli legami carbonio-carbonio. Gli areni costituiscono la terza classe di idrocarburi insaturi, il più rappresentativo dei quali è il composto benzene. Gli areni sono composti contenenti uno o più anelli benzenici. I nomi IUPAC degli alcheni si ottengono cambiando il suffisso -ano del corrispondente alcano in -ene. Quindi, CH2 = CH2 è chiamato etene e CH3CH = CH2 è chiamato propene. Per gli alcheni superiori, per i quali esistono isomeri che differiscono per la posizione del doppio legame, si utilizza un sistema di numerazione. Bisogna numerare la catena carboniosa più lunga contenente il doppio legame in modo da assegnare agli atomi di carbonio del doppio legame i numeri più bassi. La posizione del doppio legame è indicata dal numero del primo carbonio del doppio legame. Il nome agli alcheni ramificati o sostituiti viene assegnato in maniera simile agli alcani. Si numerano gli atomi di carbonio, si posiziona il doppio legame, si indicano i gruppi sostituenti con il loro nome e la loro posizione, si assegna il nome alla catena principale. Nota che il numero che indica la posizione del doppio legame può essere posto o prima del nome principale oppure immediatamente prima della desinenza che indica il doppio legame. Inoltre, i nomi comuni metilene (un gruppo CH2), vinile e allile sono spesso usati per mostrare la presenza dei seguenti gruppi alchenilici. I nomi IUPAC degli alchini si ottengono cambiando il suffisso -ano del corrispondente alcano in -ino. Così, HC=CH è chiamato etino e CH3C = CH è chiamato propino. Il sistema IUPAC conserva il nome acetilene così, vi sono due nomi corretti per HC = CH: etino e acetilene. Di questi, il termine acetilene è usato più frequentemente. Per molecole di dimensioni maggiori, la catena più lunga di atomi di carbonio che contiene il triplo legame è numerata dall’estremità che permette di assegnare ai carboni impegnati nel triplo legame i numeri più bassi. La posizione del triplo legame è indicata dal numero del primo carbonio del triplo legame. Nell’assegnare il nome ai cicloalcheni gli atomi di carbonio del doppio legame del ciclo sono numerati 1 e 2 nella direzione che consente di dare il numero più basso al sostituente incontrato per primo. Vengono indicati i nomi e le posizioni dei sostituenti, elencati in ordine alfabetico. La configurazione di ciascun doppio legame è cis. A causa della tensione angolare non è possibile avere una configurazione trans in cicloalcheni di sette o meno atomi di carbonio. Gli alcheni sono caratterizzati dalla presenza del doppio legame, cioè di un legame e di uno . La rotazione intorno al doppio legame è fortemente impedita, in quanto l’energia necessaria è notevolmente superiore all’energia termica disponibile a temperatura ambiente. σ π 10 A causa della rotazione impedita, un alchene in cui ciascun carbonio del doppio legame lega due gruppi differenti mostra isomeria cis-trans. L’orientamento degli atomi di carbonio della catena principale intorno al doppio legame determina se un alchene è cis o trans. Gli alcheni cis sono meno stabili dei loro isomeri trans a causa della tensione dovuta all’interazione di non legame tra sostituenti alchilici che si trovano dallo stesso lato del doppio legame. Usando un insieme di regole di priorità, possiamo specificare la configurazione di un doppio legame carbonio-carbonio anche con il sistema E,Z. Se i due gruppi con priorità più alta sono dallo stesso lato del doppio legame, la configurazione è Z (dal tedesco: zusammen, insieme); se essi sono da lati opposti, la configurazione è E (dal tedesco: entgegen, opposto). Regole di priorità: 1. La priorità è basata sul numero atomico: più alto è il numero atomico, più alta è la priorità. 2. Se la priorità non può essere assegnata sulla base degli atomi direttamente legati al doppio legame, si osserva il successivo gruppo di atomi e si continua fin quando la priorità può essere assegnata. La priorità viene assegnata a livello del primo punto di differenza. 3. Per confrontare carboni non ibridati sp3, si trattano i carboni in modo da massimizzare il numero di gruppi legati a essi. Così, atomi che partecipano a un doppio o triplo legame si considerano legati a un equivalente numero di atomi simili con legami semplici; cioè, gli atomi del doppio legame sono considerati due volte. 11 5. REAZIONI DI ALCHENI E ALCHINI La reazione più caratteristica degli alcheni è l’addizione al doppio legame carbonio-carbonio in cui il legame pi greco si rompe e al suo posto si formano legami sigma con due nuovi atomi o gruppi di atomi. Nella figura sono mostrati diversi esempi di reazioni al doppio legame carbonio- carbonio, insieme con i nomi descrittivi associati a ciascuna di esse. Dal punto di vista dell’industria chimica, la reazione di gran lunga più importante dell’etilene e di altri alcheni a basso peso molecolare è la formazione di polimeri di addizione (dal greco: poly, molti, e meros, parte). In presenza di determinati catalizzatori, chiamati iniziatori, molti alcheni formano polimeri mediante addizione di monomeri (dal greco: mono, uno, e meros, parte) a una catena polimerica in accrescimento. Un meccanismo di reazione descrive in dettaglio come avviene una reazione chimica. Esso descrive quali legami si rompono e quali nuovi legami si formano, l’ordine con cui i vari stadi di rottura e di formazione di legami si susseguono e le loro velocità relative, il ruolo del solvente se la reazione avviene in soluzione e il ruolo di ciascun catalizzatore. In aggiunta ai meccanismi di reazione, i chimici spesso utilizzano altri strumenti per descrivere le varie caratteristiche della reazione chimica. Uno di questi strumenti è il diagramma dell’energia di reazione, che mostra le variazioni di energia che si verificano passando dai reagenti ai prodotti. Durante una reazione chimica la rottura di un legame corrisponde ad un aumento di energia, mentre la formazione di un legame corrisponde ad una diminuzione di energia. L’energia è rappresentata lungo l’asse verticale, mentre la variazione della posizione degli atomi durante la reazione è rappresentata sull’asse orizzontale, chiamato coordinata di reazione. La coordinata di reazione indica di quanto la reazione sia progredita, da nessuna reazione a reazione completa. La differenza di energia tra i reagenti e i prodotti è chiamata calore di reazione, . Se l’energia dei prodotti è minore di quella dei reagenti, il calore viene liberato e la reazione è esotermica. Quando l’energia dei prodotti è maggiore di quella dei reagenti, viene assorbito calore e la reazione è detta endotermica. Lo stato di transizione è un punto sulla coordinata di reazione per il quale l’energia è a un massimo. Allo stato di transizione c’è energia sufficiente da causare la rottura dei legami nei reagenti. ΔH 12 rompono il loro legame con un atomo di carbonio per formare un nuovo legame con un altro atomo di carbonio. La forza motrice di questo processo risiede nella maggiore stabilità del carbocatione di nuova formazione rispetto al carbocatione di origine. Schema 5: Rottura di un legame con formazione di uno ione stabile o una molecola. Un carbocatione si può formare anche quando una specie chimica si stacca da una molecola, portando con sé gli elettroni del legame semplice coinvolto. La specie chimica che si stacca è detta gruppo uscente e il legame si rompe in quanto si formano uno o più ioni stabili o molecole. Analizziamo tre tipi di reazione di addizione: l’addizione di acidi alogenidrici (HCl, HBr e HI), acqua (H2O) e alogeni (Br2, Cl2). Per le reazioni di addizione degli alcheni e per le reazioni di molte altre classi di composti organici, le regioni ad alta densità elettronica delle molecole o degli ioni reagiscono con le regioni a bassa densità elettronica di altre molecole o ioni, spesso portando alla formazione di un nuovo legame covalente. Le specie ricche di elettroni sono dette nucleofile (amanti del nucleo), a significare che esse cercano una regione a bassa densità elettronica. Le specie a bassa densità elettronica sono dette elettrofile (amanti degli elettroni), a significare che esse cercano regioni ad alta densità elettronica. In effetti, i nucleofili sono basi di Lewis e gli elettrofili sono acidi di Lewis. A. ADDIZIONE DI ACIDI ALOGENIDRICI. Gli acidi alogenidrici HCl, HBr e HI si addizionano agli alcheni per dare alogenoalcani (alogenuri alchilici). Queste addizioni possono essere condotte o con i reagenti puri o in presenza di un solvente polare come l’acido acetico. Meccanismo: Addizione elettrofila di HCl al 2-butene. STADIO 1: Addizione di un protone. La reazione inizia con il trasferimento di un protone da HCl al 2-butene. La prima freccia curva mostra che il legame pi greco dell’alchene si rompe e che la coppia di elettroni viene usata per formare un nuovo legame covalente con l’atomo di idrogeno di HCl. In questo stadio, il doppio legame carbonio-carbonio dell’alchene è il nucleofilo (la specie ricca di elettroni e in cerca di nucleo) e l’HCl è l’elettrofilo (la specie povera di elettroni e in cerca di essi). La seconda freccia curva mostra la rottura del legame covalente polare in HCl e questa coppia di elettroni che viene ceduta interamente al cloro, formando lo ione cloruro. In questo meccanismo lo Stadio 1 porta alla formazione di un carbocatione e dello ione cloruro. 15 STADIO 2: Reazione tra un elettrofilo e un nucleofilo con formazione di un nuovo legame covalente. La reazione del catione sec-butilico (un elettrofilo e un acido di Lewis) con lo ione cloruro (un nucleofilo e una base di Lewis) completa il guscio di valenza del carbonio e porta alla formazione del 2-clorobutano. L’addizione di H — X è una reazione regioselettiva, cioè una reazione in cui una direzione di formazione o rottura di un legame prevale rispetto a tutte le altre possibili. Si dice che questa reazione segue la regola di Markovnikov, secondo la quale quando si addiziona HX o H2O ad un alchene, l’idrogeno si addiziona al carbonio del doppio legame che presenta il maggior numero di idrogeni già legati a esso. B. ADDIZIONE DI ACQUA: idratazione catalizzata da acidi. In presenza di un catalizzatore acido, generalmente acido solforico concentrato, l’acqua si addiziona al doppio legame carbonio-carbonio di un alchene per formare un alcol. L’addizione di acqua è chiamata idratazione. Nel caso di alcheni semplici, H si addiziona al carbonio del doppio legame con il maggior numero di idrogeni e OH si addiziona al carbonio con il minor numero di idrogeni. Così, H— OH si addiziona agli alcheni secondo la regola di Markovnikov. Meccanismo: Idratazione acido-catalizzata del propene. STADIO 1: Addizione di un protone. Il trasferimento di un protone dal catalizzatore acido, in questo caso lo ione idronio, al propene porta alla formazione di un intermedio carbocationico 2° (un acido di Lewis). STADIO 2: Reazione tra un nucleofilo e un elettrofilo con formazione di un nuovo legame covalente. La reazione dell’intermedio carbocationico (un acido di Lewis) con l’acqua (una base di Lewis) completa il guscio di valenza del carbonio, formando uno ione ossonio: 16 STADIO 3: Rimozione di un protone. Il trasferimento di un protone dallo ione ossonio all’acqua dà l’alcol e genera una nuova molecola di catalizzatore. C. ADDIZIONE DI BROMO E CLORO Il cloro e il bromo reagiscono con gli alcheni a temperatura ambiente addizionando atomi di alogeno ai due atomi di carbonio del doppio legame, formando due nuovi legami carbonio- alogeno. L’addizione di bromo e cloro a un cicloalchene produce un dialogenocicloalcano trans. L’addizione di un alogeno a un cicloalchene è stereoselettiva. Una reazione stereoselettiva è una reazione in cui si forma o si consuma uno stereoisomero in prevalenza rispetto a tutti gli altri che si possono formare o consumare. Possiamo dire che l’addizione del bromo a un alchene avviene con stereoselettività anti, cioè l’addizione di atomi o gruppi di atomi avviene ai lati o facce opposte di un doppio legame carbonio-carbonio. Meccanismo: Addizione di bromo con selettività anti. STADIO 1: Reazione tra un nucleofilo e un elettrofilo con formazione di un nuovo legame covalente. La reazione degli elettroni pi greco del doppio legame carbonio-carbonio (un nucleofilo) con il bromo (un elettrofilo) forma uno ione bromonio a ponte, un intermedio in cui il bromo porta una carica formale positiva: STADIO 2: Reazione tra un nucleofilo e un elettrofilo con formazione di un nuovo legame covalente. Uno ione bromuro (un nucleofilo e una base di Lewis) attacca il carbonio (un elettrofilo e un acido di Lewis) dal lato opposto dello ione bromonio a ponte, provocando l’apertura dell’anello a tre termini: L’addizione di cloro o di bromo al cicloesene e ai suoi derivati dà un prodotto trans diassiale, in quanto solo le posizioni assiali su atomi adiacenti di un anello cicloesanico sono anti e coplanari. 17 STADIO 2 E SUCC: La reazione successiva, l’ossidazione con perossido d’idrogeno, determina la sostituzione del boro con un gruppo —OH mediante un meccanismo piuttosto complicato. RIDUZIONE DI UN ALCHENE AD ALCANO La reazione di un alchene con H2 in presenza di un metallo di transizione come catalizzatore converte tutti i doppi legami dell’alchene in legami singoli mediante addizione streoselettiva sin di un idrogeno a ciascun carbonio del preesistente legame. Poiché la conversione di un alchene in un alcano comporta la riduzione a opera dell’idrogeno in presenza di un catalizzatore, il processo è chiamato riduzione catalitica o, alternativamente, idrogenazione catalitica. I metalli di transizione utilizzati nella riduzione catalitica sono capaci di adsorbire grandi quantità di idrogeno sulla loro superficie, formando probabilmente legami sigma metallo-idrogeno. Questi metalli adsorbono sulla loro superficie anche le molecole di alchene, formando legami carbonio- metallo. Gli atomi di idrogeno si addizionano all’alchene in due stadi. (a) L’idrogeno e l’alchene sono adsorbiti sulla superficie metallica e (b) un atomo di idrogeno è trasferito all’alchene con formazione di un nuovo legame C — H. L’altro carbonio rimane adsorbito sulla superficie metallica. (c) Si forma un secondo legame C—H e l’alcano viene desorbito. RIDUZIONE DI UN ALCHINO Molti reagenti differenti riducono gli alchini. La riduzione catalitica eseguita in presenza di un metallo di transizione come catalizzatore dà un alcano. La riduzione catalitica in presenza di un catalizzatore, chiamato catalizzatore di Lindar, è stereoselettiva e dà un alchene cis. 20 6. CHIRALITÀ Gli isomeri sono composti differenti con la stessa formula molecolare e si dividono in: Gli enantiomeri sono stereoisomeri le cui molecole sono immagini speculari non sovrapponibili; il termine si riferisce a una relazione tra coppie di oggetti. Se, spostando l’immagine speculare, riesci a farla coincidere esattamente con l’originale, nel senso che tutti i legami, gli atomi e ogni altro dettaglio corrispondono, allora le due molecole sono sovrapponibili. In questo caso, l’immagine speculare e l’originale rappresentano la stessa molecola; esse sono soltanto orientate in modo differente nello spazio. Oggetti che sono sovrapponibili sono identici e non c’è possibilità di enantiomeria. Un oggetto di questo tipo è detto achirale e possiede almeno un piano di simmetria, ovvero un piano immaginario che divide l’oggetto tale che una metà sia l’immagine speculare dell’altra metà. Se, invece, per quanto tu possa ruotare l’immagine speculare nello spazio, non riesci a farla coincidere con l’originale con tutti i dettagli che corrispondano, allora le due molecole sono non sovrapponibili, cioè, sono molecole diverse. Oggetti che non sono sovrapponibili alla propria immagine speculare sono detti chirali. 21 Le molecole chirali possiedono almeno un centro chirale, ovvero un carbonio tetraedrico legato a quattro gruppi differenti. I centri chirali rappresentano solo un tipo di stereocentro, definito come un atomo tale che l’interscambio tra due atomi o gruppi di atomi legati a esso produce uno stereoisomero differente. Essendo due enantiomeri composti diversi, per assegnare a ciascuno di essi il proprio nome si utilizza il sistema R,S. Per assegnare la configurazione R o S a uno stereocentro: 1. Localizza lo stereocentro, identifica i suoi quattro sostituenti e assegna la priorità da 1 (più alta) a 4 (più bassa) a ciascun sostituente. 2. Orienta la molecola nello spazio in modo che il gruppo a priorità più bassa (4) sia diretto lontano da te. 3. Leggi i tre gruppi che si proiettano verso di te nell’ordine da priorità più alta (1) a priorità più bassa (3). 4. Se la lettura dei gruppi procede in senso orario, la configurazione è designata R; se la lettura procede in senso antiorario, la configurazione è S. SCENARIO 1: Il gruppo a priorità minore è già diretto lontano da te. Se la formula prospettica presenta il gruppo a priorità più bassa legato allo stereocentro tramite un cuneo tratteggiato, è facile leggere gli altri tre gruppi nell’ordine dalla priorità più alta a quella più bassa. SCENARIO 2: Il gruppo a priorità minore è diretto verso di te. Se la formula prospettica presenta il gruppo a priorità più bassa legato allo stereocentro tramite un cuneo pieno, leggi la priorità degli altri tre gruppi, ma assegna la configurazione opposta a quella che si ricava dalla lettura. SCENARIO 3: Il gruppo a priorità minore è nel piano della pagina. Se la formula prospettica presenta il gruppo a priorità più bassa nel piano della pagina, guarda verso il basso il legame che lega il gruppo allo stereocentro e disegna una proiezione di Newman (Paragrafo 3.6A). 22 Il numero di gradi, , di cui deve essere ruotato il filtro analizzatore per ripristinare il buio nel campo visivo è chiamato rotazione osservata. Se il filtro analizzatore deve essere ruotato verso destra (senso orario) per oscurare il campo visivo, diciamo che il composto è destrogiro (+). Se il filtro analizzatore deve essere ruotato a sinistra (senso antiorario), diciamo che il composto è levogiro ( ). La rotazione specifica, [ ], è definita come la rotazione osservata in una specifica cella di una determinata lunghezza e con una specifica concentrazione del campione espressa in grammi per millilitro: La temperatura ( , in gradi centigradi) e la lunghezza d’onda ( , in nanometri) della luce sono indicati come apice e pedice, rispettivamente. Per ciascun membro della coppia il numero di gradi della rotazione specifica è esattamente lo stesso, ma il segno è opposto. Una miscela equimolare di due enantiomeri è chiamata miscela racemica, un termine derivato dal nome “acido racemico”, originariamente attribuito a una miscela equimolare degli enantiomeri dell’acido tartarico. Poiché una miscela racemica contiene un uguale numero di molecole destrogire e levogire, la sua rotazione specifica è nulla. Alternativamente, si può affermare che una miscela racemica è otticamente inattiva. Una miscela racemica è indicata aggiungendo il prefisso (±) al nome del composto. α − α T λ 25 7. ALOGENOALCANI Gli alogenoalcani, o, nel sistema di nomenclatura corrente, alogenuri alchilici, sono composti che contengono almeno un atomo di alogeno legato covalentemente ad un atomo di carbonio ibridato sp3. Il simbolo generale per un alogenuro alchilico è RX, dove X può essere F, CI, Br o I: Il nome IUPAC degli alogenoalcani deriva dal nome del corrispondente alcano secondo le regole: 1. Individua la catena base e numerala a partire dall’estremità che permette di assegnare al sostituente incontrato per primo il numero più basso possibile. 2. Indica i sostituenti alogeni mediante i prefissi fluoro-, cloro-, bromo- e iodo-, ed elencali in ordine alfabetico insieme agli altri sostituenti. 3. Usa un numero che precede il nome dell’alogeno per localizzare ciascun atomo di alogeno presente sulla catena base. 4. Negli alogenoalcheni, la numerazione della catena base è determinata dalla posizione del doppio legame carbonio-carbonio. In molecole contenenti gruppi funzionali designati da un suffisso (per esempio -olo, -ale, -one, acido-oico), la numerazione è determinata dalla posizione del gruppo funzionale indicato dal suffisso. Gli alogenoalcani danno le reazioni di sostituzione nucleofila e di -eliminazione. REAZIONI DI SOSTITUZIONE NUCLEOFILA Nelle reazioni di sostituzione l’alogeno è sostituito da un reagente chiamato nucleofilo. Un nucleofilo è un qualsiasi reagente capace di donare una coppia di elettroni non condivisa per formare un nuovo legame covalente; un nucleofilo è anche una base di Lewis. Una sostituzione nucleofila è una reazione in cui un nucleofilo è sostituito da un altro nucleofilo. Nella seguente equazione generale, N:− è il nucleofilo, X è il gruppo uscente e la sostituzione avviene su un atomo di carbonio ibridato sp3: • Se il nucleofilo ha una carica negativa, come per esempio OH- e RS-, allora l’atomo che dona la coppia di elettroni nella reazione di sostituzione diventa neutro nel prodotto. • Se il nucleofilo è privo di cariche, come per esempio NH3 e CH3OH, allora l’atomo che dona la coppia di elettroni nella reazione di sostituzione diventa carico positivamente nel prodotto. Spesso, i prodotti possono andare incontro, successivamente, a un ulteriore stadio che coinvolge il trasferimento di un protone per dare un prodotto di sostituzione neutro. Per completare una reazione di sostituzione: a. Identifica il gruppo uscente. β 26 b. Identifica il nucleofilo e il suo atomo nucleofilico. L’atomo nucleofilico sarà carico negativamente o possiederà una coppia di elettroni non condivisa da donare. Se la carica negativa e la coppia di elettroni non condivisa coesistono, allora l’atomo carico negativamente sarà I’atomo più nucleofilo. Nel seguente esempio, CH3O- è un miglior nucleofilo di HOCH3 poiché l’ossigeno di NaOCH3 è carico negativamente. c. Sostituisci il gruppo uscente nel reagente con l’atomo o il gruppo nucleofilico. Ogni gruppo legato all’atomo nucleofilico mediante legami covalenti rimarrà legato a quest’atomo nel prodotto. Gli ioni spettatori sono di solito mostrati come parte di una coppia ionica con il gruppo uscente carico negativamente. Si differenziano due meccanismi limite per le sostituzioni nucleofile: meccanismo SN1 e SN2. Nel meccanismo SN2 avvengono due processi: (1) la reazione tra un elettrofilo e un nucleofilo con formazione di un nuovo legame covalente e (2) la rottura di un legame con formazione di uno ione o una molecola stabile. I due processi sono concertati, cioè, la rottura e la formazione del legame avvengono simultaneamente. L’allontanamento del gruppo uscente è facilitato dall’avvicinarsi del nucleofilo da dietro e alla fine della reazione nota l’inversione del centro di reazione. Questo meccanismo è definito SN2, dove S sta per Sostituzione, N per Nucleofila e 2 per bimolecolare. Questo tipo di reazione di sostituzione è classificata come bimolecolare in quanto entrambi i reagenti, l’alogenuro alchilico e il nucleofilo, sono coinvolti nello stadio che determina la velocità dell’intero processo. Cioè, entrambe le specie compaiono nella legge che regola la velocità della reazione. Meccanismo: reazione SN2. Il nucleofilo attacca il centro reattivo dal lato opposto rispetto al gruppo uscente, cioè la reazione SN2 comporta un attacco del nucleofilo da dietro. (1) La reazione tra un elettrofilo e un nucleofilo con formazione di un nuovo legame covalente e (2) la rottura di un legame con formazione di uno ione o una molecola stabile avvengono simultaneamente. Questo tipo di reazione porta ad un inversione di configurazione, cioè ad un’inversione della disposizione spaziale di atomi o gruppi di atomi intorno a un centro di reazione. Nel meccanismo SN1, la rottura del legame tra carbonio e gruppo uscente si completa prima che cominci a formarsi il legame tra carbonio e nucleofilo. La reazione avviene in 2 stadi. Lo Stadio 1, che determina la velocità di reazione, consiste nella lenta ionizzazione del legame C — X per dare un intermedio carbocationico. Nello stadio 2 il carbocatione reagisce rapidamente con con un nucleofilo per completare la sostituzione. Nella notazione SN1, S sta per Sostituzione, N per 27 4. Solvente. I solventi forniscono il mezzo in cui vengono sciolti i reagenti e hanno luogo le reazioni di sostituzione nucleofila. I solventi comuni per queste reazioni possono essere divisi in due gruppi: protici e aprotici. I solventi protici, che contengono gruppi —OH e formano legami a idrogeno, interagiscono fortemente con le molecole polari e gli anioni e sono dei buoni solventi in cui formare carbocationi. I solventi protici favoriscono le reazioni SN1. I solventi aprotici non contengono gruppi —OH. I solventi aprotici non interagiscono altrettanto fortemente con le molecole polari e ioni; pertanto, i carbocationi sono meno propensi a formarsi in questi solventi. I solventi aprotici favoriscono le reazioni SN2. 30 REAZIONI DI ELIMINAZIONE Una reazione di eliminazione consiste nella rimozione di un idrogeno H e di un alogeno di un alogenuro alchilico X da due atomi di carbonio adiacenti con formazione di un doppio legame carbonio-carbonio. Il carbonio che porta l’alogeno è chiamato carbonio e il carbonio adiacente che porta l’idrogeno è chiamato carbonio . Bisogna rimuovere il gruppo uscente e un idrogeno dalla molecola e posizionare un nuovo doppio legame tra i carboni e . Questo porta alla formazione di un prodotto; lo stadio si ripete per ogni altro carbonio per formare differenti prodotti. Il prodotto principale delle reazioni di eliminazione è l’alchene più sostituito (presenta meno H), cioè quello che è più stabile. In questi casi, si dice che la reazione segue la regola di Zaitsev. Per completare una reazione di eliminazione: a. Identifica e valuta il gruppo uscente. Una reazione di eliminazione non avviene se non c’è un buon gruppo uscente. b. Contrassegna come “ ” il carbonio a cui è legato il gruppo uscente. c. Contrassegna come “ ” ogni carbonio legato al carbonio . Nota: fai così solo se il carbonio β possiede uno o più atomi di idrogeno legati. d. Rimuovi il gruppo uscente e un idrogeno dalla molecola e posiziona un nuovo doppio legame tra i carboni e . Questo porta alla formazione di un prodotto di -eliminazione. Ripeti lo stadio (d) per ogni altro carbonio per formare differenti prodotti di -eliminazione. Esistono due meccanismi limite per la eliminazione. Una differenza fondamentale tra di essi riguarda i tempi di rottura e di formazione dei legami. β− β− α β β α β β β− α β α β α β β β β β− 31 Una reazione E1 avviene in due stadi: la rottura del legame C—X per formare un carbocatione intermedio, seguita dalla eliminazione di un H+ per formare un alchene. Questo meccanismo è designato E1, dove E sta per Eliminazione, mentre 1 sta a indicare che una sola specie (in questo caso l’alogenuro alchilico) è coinvolta nello stato di transizione dello stadio che limita la velocità. Meccanismo: Reazione E1 del 2-bromo-2-metilpropano. STADIO 1: Rottura di un legame. La ionizzazione del legame C — Br, determinante la velocità della reazione, forma un intermedio carbocationico: STADIO 2: Rimozione di un protone. Il trasferimento di un protone dall’intermedio carbocationico al metanolo (che in questo caso è sia il solvente sia un reagente) porta all’alchene: Una reazione E2 avviene in un unico stadio: la reazione con la base per rimuovere un H+, la formazione dell’alchene e l’allontanamento del gruppo uscente avvengono simultaneamente. Meccanismo: Reazione E2 dell’1-bromopropano Nel meccanismo E2 si osservano (1) la rimozione di un protone e (2) la rottura di un legame con formazione di uno ione o una molecola stabile. Il trasferimento di un protone alla base, la formazione del doppio legame carbonio-carbonio e l’espulsione dello ione bromuro avvengono simultaneamente; cioè, tutti gli stadi di formazione e rottura di legami sono contemporanei. Le basi più comunemente utilizzate per la eliminazione sono OH−, OR− e NH2−. Le reazioni E2 sono favorite dalle basi forti e raramente avvengono con basi deboli. Le reazioni E2 possono avvenire in qualsiasi solvente. Le reazioni E1 possono avvenire sia con basi deboli, sia con basi forti, ma richiedono solventi polari protici per stabilizzare il carbocatione formato nel primo stadiodella reazione. β− 32 ossigeno, azoto o fluoro. La forza di un legame idrogeno tra molecole di alcoli varia tra 2 e 5 kcal/mol, mentre la forza di un legame covalente O―H in una molecola di alcol è circa 110 kcal/ mol. Come si può vedere dal confronto di questi valori, il legame idrogeno O―H è notevolmente più debole di un legame covalente O―H. A causa dei legami idrogeno tra molecole di alcol allo stato liquido, è richiesta un’energia addizionale per separare ciascuna molecola di alcol da quella vicina e questo spiega il punto di ebollizione più alto degli alcoli rispetto agli alcani. • La presenza di altri gruppi ossidrilici in una molecola aumenta ulteriormente l’importanza dei legami idrogeno, a causa dell’aumento delle forze di dispersione tra molecole più grandi; aumenta la solubilità e il punto di ebollizione. • Gli alcoli sono molto più solubili in acqua rispetto agli alcani, agli alcheni e agli alchini di pari peso molecolare. L’aumento della loro solubilità è dovuto ai legami idrogeno tra le molecole di alcol e di acqua. • All’aumentare del peso molecolare, le proprietà fisiche degli alcoli diventano più simili a quelle degli idrocarburi di simile peso molecolare. Gli alcoli a più alto peso molecolare sono molto meno solubili in acqua a causa dell’aumento di dimensione della parte idrocarburica della molecola. REAZIONI A. Acidità e basicità degli alcoli Gli alcoli danno le reazioni acido-base, agendo sia da acidi deboli sia da basi deboli. I due alcoli più semplici, metanolo CH3OH ed etanolo CH3CH2OH , hanno acidità molto simili a quella dell’acqua, mentre molti alcoli 2° e 3° sono meno acidi dell’acqua. In presenza di acidi forti, l’atomo di ossigeno di un alcol si comporta come una base debole e reagisce con un acido per trasferimento di un protone, formando uno ione ossonio: B. Reazione con metalli attivi Gli alcoli reagiscono con Li, Na, K e altri metalli attivi per formare alcossidi metallici, che sono basi poco più forti rispetto a NaOH e KOH. Un metallo attivo è un metallo che perde rapidamente un elettrone per formare un catione. Per assegnare il nome agli alcossidi metallici, si indica prima l’anione e poi si specifica il catione. Il nome dello ione alcossido è derivato da un prefisso che mostra il numero di atomi di carbonio e la loro disposizione (met-, et-, isoprop-, terz-but- e così via), seguito dal suffisso -ossido. C. Trasformazione in alogeni alchilici (meccanismo p. 236-237) Gli alcoli reagiscono con gli acidi alogenidrici (HCl, HBr e HI) per dare alogenuri alchilici mediante reazioni di sostituzione. Il meccanismo della reazione può essere sia SN1 sia SN2 in dipendenza della natura dell’alcol (1°, 2° o 3°). 35 La trasformazione degli alcoli terziari e secondari in alogenoalcani tramite HX avviene tramite un meccanismo SN1 con formazione di un’intermedio carbocationico mentre gli alcoli primari reagiscono con HX tramite un meccanismo SN2. Questo dipende da: - Fattori elettronici: I carbocationi terziari sono i più stabili (richiedono la minore energia di attivazione per la loro formazione), mentre i carbocationi primari sono i meno stabili (richiedono la più alta energia di attivazione per la loro formazione). Pertanto, gli alcoli terziari reagiscono più agevolmente attraverso la formazione di un carbocatione; gli alcoli secondari hanno un comportamento intermedio, mentre gli alcoli primari reagiscono solo raramente, se non mai, attraverso la formazione di carbocationi. - Fattori sterici: Per formare un nuovo legame carbonio-alogeno, lo ione alogenuro deve avvicinarsi al centro di sostituzione e cominciare a formare un nuovo legame covalente con esso. Se confrontiamo la facilità di avvicinamento al centro di sostituzione di uno ione ossonio primario con quella di uno ione ossonio terziario, ci accorgiamo che l’avvicinamento è notevolmente più facile nel caso di uno ione ossonio primario. Il lato posteriore del centro di sostituzione di uno ione ossonio primario è schermato da due atomi di idrogeno e un solo gruppo alchilico. Al contrario, il lato posteriore del centro di sostituzione di uno ione ossonio terziario è schermato da tre gruppi alchilici. Gli alcoli primati e secondari reagiscono con il cloruro di tionile, SOCl2, per dare cloruri alchilici. D. Disidratazione acido-catalizzata ad alcheni (meccanismo p. 230-240) Un alcol può essere trasformato ad alchene per disidratazione, cioè eliminazione di una molecola si acqua da carboni adiacenti. Quindi il meccanismo è una -eliminazione. Gli alcoli disidratano per reazione con acido solforico concentrato o acido fosforico concentrato. Gli alcoli primari sono i più difficili da disidratare e, generalmente, richiedono il riscaldamento in acido solforico concentrato a temperature fino a 180°C. Gli alcoli secondari danno la disidratazione a temperature un po’ più basse. La disidratazione acido-catalizzata degli alcoli terziari richiede temperature di poco al di sopra della temperatura ambiente. Queste reazioni di eliminazione seguono la regola di Zaitsev, portando alla formazione dell’alchene più stabile, ovvero quello più sostituito come prodotto principale. L’idratazione di un alchene e la disidratazione di un alcol sono reazioni in competizione ed esiste il seguente equilibrio: Ricorda che il principio di Le Chàtelier stabilisce che un sistema all’equilibrio risponderà a una sollecitazione che sposta l’equilibrio controbilanciando tale sollecitazione. Questa affermazione ci permette di controllare le due reazioni per ottenere il prodotto desiderato. Grandi quantità di acqua (uso di acidi acquosi diluiti) favoriscono la formazione dell’alcol, mentre la scarsità di acqua (uso di acidi concentrati) o condizioni sperimentali in cui l’acqua è rimossa (riscaldamento della miscela di reazione al di sopra di 100 °C) favoriscono la formazione dell’alchene. Così, variando le ROH + H X ⟶ R X + H2O β 36 condizioni sperimentali, è possibile utilizzare l’equilibrio idratazione-disidratazione per preparare o gli alcoli o gli alcheni, entrambi in alte rese. E. Ossidazione di alcoli primari e secondari Gli alcoli possono essere ossidati a chetoni, aldeidi e acidi carbossilici. • Gli alcoli primari possono essere ossidati ad aldeidi o acidi carbossilici, a seconda delle condizioni di reazione. • Gli alcoli secondari sono ossidati a chetoni. • Gli alcoli terziari non sono ossidati. Il particolare che ciascuna trasformazione coinvolga un’ossidazione è indicato dal simbolo O in parentesi, sopra la freccia di reazione: Il reagente più comunemente utilizzato in laboratorio per l’ossidazione di alcoli primari ad acidi carbossilici e di alcoli secondari a chetoni è l’acido cromico, H2CrO4. ETERI STRUTTURA E NOMENCLATURA Il gruppo funzionale di un etere è un atomo di ossigeno legato a due atomi di carbonio. Nell’etere dimetilico, CH3OCH3, l’etere più semplice, due orbitali ibridi sp3 dell’ossigeno formano legami sigma con due atomi di carbonio. Gli altri due orbitali ibridi sp3 contengono ciascuno una coppia di elettroni non condivisa. L’angolo di legame C―O―C misurato nell’etere dimetilico è 110.3°, un valore molto vicino al previsto angolo tetraedrico di 109.5°. Nel sistema IUPAC, il nome degli eteri viene assegnato scegliendo la catena di atomi di carbonio più lunga come alcano di riferimento e indicando il gruppo —OR come sostituente alcossilico (alchil + ossigeno). I nomi comuni si ottengono elencando i gruppi alchilici legati all’ossigeno in ordine alfabetico e premettendo la parola etere. I chimici usano quasi sempre dei nomi comuni per gli eteri a basso peso molecolare. Per esempio, pur essendo etossietano il nome IUPAC del CH3CH2OCH2CH3, esso è chiamato così solo raramente; molto più comunemente, esso viene indicato come etere dietilico, etere etilico o, semplicemente, etere. Gli eteri ciclici sono composti eterociclici in cui l’ossigeno dell’etere è uno degli atomi dell’anello. PROPRIETÀ FISICHE Gli eteri sono composti polari in cui l’ossigeno porta una parziale carica negativa e ognuno dei carboni a esso legati porta una parziale carica positiva. A causa dell’ingombro sterico, tuttavia, le forze di attrazione tra le molecole di etere sono molto deboli allo stato di liquido puro. Di conseguenza, i punti di ebollizione degli eteri sono più bassi di quelli degli alcoli aventi peso molecolare comparabile. I punti di ebollizione degli eteri sono prossimi a quelli degli idrocarburi di peso molecolare comparabile. Poiché l’atomo di ossigeno di un etere porta una parziale carica 37 CH del benzene è rimpiazzata da un atomo di azoto, mentre nella pirimidina due unità CH sono rimpiazzate da due atomi di azoto. Agli alchilbenzeni monosostituiti si assegna il nome come derivati del benzene. Il sistema IUPAC conserva alcuni nomi comuni per diversi semplici alchilbenzeni monosostituiti. Esempi sono toluene (piuttosto che metilbenzene) e stirene (piuttosto che feniletilene). Le proprietà fisiche dei benzeni dipendono dalla natura del sostituente. Il gruppo sostituente derivato per rimozione di un H dal benzene si chiama gruppo fenilico (Ph); quello derivato per rimozione di un H dal gruppo metilico del toluene è chiamato gruppo benzilico (Bn). Quando su un anello benzenico è disostituito sono possibili tre isomeri costituzionali. I sostituenti possono essere localizzati numerando gli atomi dell’anello o usando i prefissi orto, meta e para. • 1,2- è equivalente a orto; • 1,3- è equivalente a meta; • 1,4- è equivalente a para. Gli idrocarburi policiclici aromatici contengono due o più anelli aromatici, ciascuna coppia dei quali condivide due atomi di carbonio dell’anello. Il naftalene, l’antracene e il fenantrene, i più comuni, e altre sostanze derivate da essi si trovano nel catrame minerale e nelle frazioni altobollenti del petrolio. Sempre nel catrame minerale si trovano minori quantità di benzo[a]pirene. Questo composto si può rinvenire nei gas di scarico dei 40 motori a combustione interna alimentati a benzina (per esempio, i motori delle automobili) e nel fumo delle sigarette. Il benzo[a]pirene è un potentissimo cancerogeno e mutageno. L’aromaticità del benzene causa la sua resistenza a molte reazioni tipiche degli alcheni. Alcune processi non avvengono sull’anello, ma sul carbonio immediatamente legato a esso. Questo carbonio è noto come carbonio benzilico (carbonio ibridizzato sp3). Se vi è un idrogeno benzilico, allora il carbonio benzilico è ossidato a gruppo carbossilico e tutti gli altri carboni della catena laterale sono rimossi. Se non c’è l’idrogeno benzilico, come nel caso del terz-butil-benzene, non avviene l’ossidazione della catena laterale. Se c’è più di una catena laterale alchilica, ciascuna di esse viene ossidata a —COOH. La reazione di gran lunga più caratteristica dei composti aromatici è la sostituzione a un carbonio dell’anello, chiamata sostituzione elettrofila aromatica. Alcuni gruppi che possono essere introdotti direttamente sull’anello sono gli alogeni, il gruppo nitro (−NO2), il gruppo dell’acido solfonico (— SO3H), i gruppi alchilici (— R) e acilici (RCO —). 41 I meccanismi delle reazioni di sostituzione elettrofila aromatica, reazioni tramite cui un atomo di idrogeno di un anello aromatico viene sostituito da un elettronico, E+, sono molto simili. Le reazioni differiscono solamente per il modo in cui l’elettrofilo viene genato e per la base che rimuove il protone per riformare l’anello aromatico. I meccanismi possono essere suddivisi in tre stadi comuni: 1. Generazione dell’elettrofilo. Questo è uno schema di reazione specifico per ogni particolare reazione di sostituzione elettrofila aromatica. Reagente(i) → E+ 2. Reazione tra un nucleofilo e un elettrofilo con formazione di un nuovo legame covalente. Attacco dell’elettrofilo da parte dell’anello aromatico per dare un intermedio cationico stabilizzato per risonanza: 3. Rimozione di un protone. Trasferimento di un protone a una base per rigenerare l’anello aromatico. Le reazioni sono: A. CLORURAZIONE E BROMURAZIONE Il cloro da solo non reagisce con il benzene, diversamente dalla sua istantanea addizione al cicloesene. Tuttavia, in presenza di un acido di Lewis usato come catalizzatore, come il cloruro ferrico o il cloruro di alluminio, la reazione avviene portando a clorobenzene e HCl. Meccanismo: Sostituzione elettrofila aromatica – clorurazione. STADIO 1: Formazione dell’elettrofilo. La reazione tra il cloro (una base di Lewis) e FeCl3 (un acido di Lewis) dà una coppia ioni contenente uno ione cloronio (un elettrofilo): STADIO 2: Reazione tra un nucleofilo e un elettrofilo con formazione di un nuovo legame covalente. La reazione della coppia ionica Cl2 — FeCl3 con la nuvola elettronica pi dell’anello aromatico dà un catione intermedio stabilizzato per risonanza, qui rappresentato come un ibrido di tre strutture: 42 2. Non avviene sugli anelli benzenici recanti uno o più gruppi fortemente elettron-attrattori. Per determinare se un sostituente sul benzene è elettron-attrattore, determinare la carica o la parziale carica sull’atomo legato direttamente all’anello benzenico. Se essa è positiva o parzialmente positiva, il sostituente può essere considerato elettron-attrattore. Un atomo sarà parzialmente positivo se è legato a un atomo più elettronegativo. D. ACILAZIONE DI FRIEDEL-CRAFTS Un idrocarburo aromatico con un alogenuro acilico in presenza di cloruro di alluminio dà un chetone. Un alogenuro acilico (o acil alogenuro o alogenuro dell’acido) è un derivato di un acido carbossilico nel quale 1’ — OH del gruppo carbossilico è stato sostituito da un alogeno, più comunemente il cloro. Gli alogenuri acilici sono anche conosciuti come alogenuri degli acidi. Il gruppo RCO— è noto come gruppo acilico. La reazione del benzene con il cloruro di acetile, in presenza di cloruro di alluminio, che forma l’acetofenone: Meccanismo: Acilazione di Friedel-Crafts – Generazione dello ione acilio. STADIO 1:Formazione di un elettrofilo. La reazione tra l’atomo di alogeno del cloruro acilico (una base di Lewis) e il cloruro di alluminio (un acido di Lewis) dà un complesso molecolare. In seguito, la redistribuzione degli elettroni di valenza fornisce una coppia ionica contenente uno ione acilio: Gli stadi 2 e 3 sono identici agli stadi 2 e 3 della alchilazione di Friedel-Crafts. Confronto tra l’addizione nucleofila agli alcheni e la sostituzione elettrofila aromatica (S.E.A.): 45 Nota la somiglianza del primo stadio in cui un elettrofilo (H+ o E+) attacca un doppio legame C=C. Nello Stadio 2, nel caso degli alcheni, c’è l’attacco del nucleofilo al carbocatione; invece, nelle S.E.A., c’è l’estrazione di un H+ da parte della base. In una reazione, il legame C=C è distrutto, mentre nell’altra il legame C=C è rigenerato. Nella sostituzione elettrofila aromatica di un benzene monosostituito, sono possibili tre prodotti isomerici: il nuovo gruppo può essere orientato in orto, in meta o in para rispetto al gruppo esistente sull’anello. 1. I sostituenti influenzano l’orientamento dei nuovi gruppi. I sostituenti presenti su di un anello benzenico possono essere classificati come: • Orto-para orientanti - Qualunque sostituente presente su un anello benzenico che dirige la sostituzione elettrofila aromatica preferibilmente nelle posizioni orto e para. • Meta orientanti - Qualunque sostituente presente su un anello benzenico che dirige la sostituzione elettrofila aromatica preferibilmente nella posizione meta. 2. I sostituenti influenzano la velocità di un’ulteriore sostituzione. I gruppi su un anello del benzene possono essere classificati come: • Gruppo attivante - Qualunque sostituente presente su un anello benzenico che rende la velocità della sostituzione elettrofila aromatica maggiore rispetto a quella del benzene. Un gruppo attivante è orto-para orientante. • Gruppo disattivante - Qualunque sostituente presente su un anello benzenico che rende la velocità della sostituzione elettrofila aromatica minore rispetto a quella del benzene. Un gruppo disattivante è meta orientante. Generalizzando: • I gruppi alchilici, i gruppi fenilici e i sostituenti nei quali l’atomo legato all’anello ha una coppia di elettroni non condivisa sono orto-para orientanti. Tutti gli altri sostituenti sono meta orientanti. • Eccetto gli alogeni, tutti i gruppi orto-para orientanti sono attivanti verso un’ulteriore sostituzione. Gli alogeni sono deboli disattivanti. • Tutti i gruppi meta orientanti hanno una carica positiva, parziale o intera, sull’atomo legato all’anello. Tutti i gruppi meta orientanti sono disattivanti. 46 L’ordine in cui avvengo le reazioni cambia i tipi di prodotti ottenuti. Supponiamo di voler preparare il m-bromoni-trobenzene dal benzene. Una tale trasformazione può essere effettuata in due stadi: la ni-trazione e la bromurazione. Se gli stadi sono effettuati proprio in quest’ordine, il prodotto principale è davvero il m-bromonitrobenzene. Se, invece, invertiamo l’ordine degli stadi e conduciamo prima la bromurazione, ab-biamo un gruppo orto-para orientante sull’anello. La nitrazione del bromobenzene, poi, avverrà preferenzialmente alle posizioni orto e para, con il prodotto para predominante: TEORIA DEGLI EFFETTI ORIENTANTI Una spiegazione razionale degli effetti orientanti si basa sul grado di stabilizzazione per risonanza del catione intermedio formato dalla reazione dell’anello aromatico con l’elettrofilo. Qualsiasi sostituente di un anello aromatico che stabilizzi ulteriormente l’intermedio cationico è un orto- para orientante e qualunque gruppo che destabilizzi l’intermedio cationico orienta in meta. Nitrazione dell’anisolo: Lo stadio determinante la velocità nella nitrazione è la reazione dello ione nitronio con l’anello aromatico per produrre un catione intermedio stabilizzato per risonanza. L’intermedio formato per reazione alla posizione meta è un ibrido di tre strutture principali: (a), (b) e (c). Queste tre sono le sole strutture importanti che possiamo scrivere per l’attacco in meta. L’intermedio cationico formato per reazione alla posizione para è un ibrido di quattro strutture principali: (d), (e), (f) e (g). Ciò che è importante per la struttura (f) è che tutti gli atomi hanno l’ottetto completo; ciò significa 47 10. AMMINE Le ammine sono derivati dell’ammoniaca (NH3) in cui uno o più idrogeni sono sostituiti da gruppi alchilici o arilici. Le ammine sono classificate come primarie (1a -RNH2), secondarie (2a -R2NH) o terziarie (3a -R3N) a seconda del numero di atomi di idrogeno dell’ammoniaca sostituiti da gruppi alchilici o arilici. Le ammine sono ulteriormente suddivise in alifatiche e aromatiche. In un’ammina alifatica tutti i carboni direttamente legati all’azoto derivano da gruppi alchilici; in un’ammina aromatica uno o più gruppi legati direttamente all’azoto sono gruppi arilici. Un’ammina nella quale l’atomo di azoto è parte di un anello è classificata come ammina eterociclica. Quando l’azoto fa parte di un anello aromatico, l’ammina è classificata come ammina eterociclica aromatica. I nomi sistematici delle ammine alifatiche sono derivati nella stessa maniera vista per gli alcoli. Il suffisso -o dell’alcano dal quale derivano è sostituito da -ammina; cioè, esse vengono considerate alcanammine. La nomenclatura IUPAC mantiene il nome comune di anilina per C6H5NH2, la più semplice ammina aromatica. Le ammine secondarie e terziarie vengono comunemente denominate come ammine primarie N-sostituite. Per le ammine non simmetriche, il gruppo più grande è considerato facente parte dell’ammina base, mentre al gruppo o ai gruppi più piccoli viene assegnato il nome e la loro posizione viene indicata dal prefisso N- (che indica che essi sono legati all’azoto): Il gruppo funzionale — NH2 ha una delle priorità più basse. I seguenti composti contengono ciascuno un gruppo funzionale avente priorità maggiore rispetto al gruppo amminico, e, perciò, questo viene indicato dal prefisso ammino-: 50 Per la maggior parte delle ammine alifatiche i nomi comuni si ottengono elencando i gruppi alchilici legati all’azoto in ordine alfabetico, formando una sola parola che termina con il suffisso -ammina; cioè, esse sono considerate alchilammine: Quando quattro atomi o gruppi di atomi sono legati a un atomo di azoto, denominiamo il composto come un sale dell’ammina corrispondente. Il suffisso -ammina (o anilina o piridina, ecc.) è sostituito da -ammonio (o anilinio o piridinio, ecc.) e si premette il nome dell’anione (cloruro, acetato e così via). Le ammine sono composti polari e sia le ammine primarie sia quelle secondarie formano legami idrogeno intermolecolari. Un legame idrogeno N — H----N è più debole di un legame idrogeno O — H----O, perché la differenza di elettronegatività tra azoto e idrogeno (3.0 − 2.1 = 0.9) è minore di quella ossigeno e idrogeno (3.5 − 2.1 = 1.4). Entrambi i composti sono costituiti da molecole polari e interagiscono nel liquido puro mediante legami idrogeno. Le ammine hanno generalmente punti di ebollizione più elevati degli alcani e più bassi degli alcoli aventi peso molecolare simile. Gli alcoli hanno il punto di ebollizione più alto perché il legame idrogeno tra le molecole è più forte di quello presente nelle ammine corrispondenti. Tutte le classi di ammine formano legami idrogeno con l’acqua e sono più solubili in acqua di quanto lo siano gli idrocarburi di peso molecolare confrontabile. La maggior parte delle ammine a basso peso molecolare è completamente solubile in acqua. Le ammine a peso molecolare più alto sono soltanto moderatamente solubili o insolubili. Come l’ammoniaca, tutte le ammine sono basi deboli e le soluzioni acquose delle ammine sono basiche. Nelle reazione acido-base tra un’ammina e l’acqua c’è un trasferimento di protoni; la coppia di elettroni non condivisa sull’azoto forma un nuovo legame covalente con l’idrogeno e sposta lo ione idrossido. La costante d’equilibrio per la reazione di un’ammina (es. metilammina) con l’acqua, , ha la seguente forma: . Keq Keq = [CH3NH+ 3 ][OH−] [CH3NH2][H2O] 51 Poiché la concentrazione dell’acqua in soluzioni diluite di metilammina è essenzialmente una costante ([H2O] = 55.5 moli/l), essa viene inglobata nella per dare la costante di ionizzazione basica, . È anche comune riportare la basicità delle ammine facendo riferimento alla costante di ionizzazione acida dell’acido coniugato corrispondente, . • Tutte le ammine alifatiche hanno all’incirca la stessa forza basica, = 3.0 – 4.0, e sono basi leggermente più forti dell’ammoniaca. • Le ammine aromatiche e quelle eterocicliche aromatiche sono basi considerevolmente più deboli delle ammine alifatiche: Le ammine aromatiche sono basi più deboli di quelle alifatiche a causa della interazione per risonanza della coppia di elettroni non condivisa dell’azoto con il sistema pi dell’anello aromatico. Poiché nessuna interazione di risonanza è possibile per un’alchilammina, la coppia di elettroni dell’azoto è più disponibile a reagire con un acido. • I gruppi elettron-attrattori, come gli alogeni, i nitro gruppi e i carbonili, riducono la basicità delle ammine aromatiche sostituite poiché rendono meno disponibile la coppia di elettroni dell’azoto. La basicità di un’ammina dipende dalla capacità del suo atomo di azoto di donare la coppia di elettroni non condivisa nel corso di una reazione acido-base. Nel valutare la disponibilità della coppia di elettroni, tieni conto del contributo della risonanza e dell’effetto induttivo. Keq Kb Ka pKb 52 IDRATAZIONE L’addizione all carbonelle più semplice è l’idratazione. L’idratazione di aldeidi e chetoni porta alla formazione di dioli geminali. Meccanismo: Idratazione acido-catalizzata. STADIO 1: Addizione di un protone. l’ossigeno del gruppo carbonilico viene protonato. Dalle forme di risonanza emerge come il carbonio carbonilico sia più elettronico. STADIO 2: Reazione Nu-El. STADIO 3: Rimozione del protone. Si forma il idolo geminale e viene rigenerato lo ione idronio (catalizzatore acido). FORMAZIONE DI EMIACETALI L’addizione di una molecola di alcol al gruppo carbonilico di un’aldeide o di un chetone forma un emiacetale (o semiacetale). L’emiacetale è una molecola contenente un gruppo −OH e un gruppo −OR o −OAr legati allo stesso carbonio. Questa reazione è catalizzata sia da acidi, sia da basi: l’ossigeno si addiziona al carbonio carbonilico, mentre l’idrogeno si addiziona all’ossigeno carbonilico: 55 Il meccanismo per la conversione base-catalizzata di un’aldeide o di un chetone in un emiacetale può essere suddiviso in tre stadi. Nota che la base OH− è un vero catalizzatore in questa reazione; esso è consumato nello Stadio 1, ma è rigenerato nello Stadio 3. Meccanismo: Formazione base-catalizzata di un emiacetale. STADIO 1: Rimozione di un protone. Il trasferimento di un protone dall’alcol alla base genera uno ione alcossido. STADIO 2: Reazione tra un elettrofilo e un nucleofilo con formazione di un nuovo legame covalente. L’addizione dello ione alcossido al carbonile genera un intermedio tetraedrico di addizione al carbonile. STADIO 3: Addizione di un protone. Il trasferimento di un protone dall’acqua all’intermedio tetraedrico di addizione al carbonile forma l’emiacetale e rigenera il catalizzatore, lo ione ossidrile. Il meccanismo per la conversione acido-catalizzata di un’aldeide o di un chetone in un emiacetale può essere suddiviso in tre stadi. Nota che l’acido H−A è un vero catalizzatore in questa reazione; esso è consumato nello Stadio 1, ma è rigenerato nello Stadio 3. Meccanismo: Formazione acido-catalizzata di un emiacetale STADIO 1: Addizione di un protone. Il trasferimento di un protone da H−A al carbonile genera un catione stabilizzato per risonanza. La struttura limite di risonanza più significativa possiede la carica positiva sul carbonio. 56 STADIO 2: Reazione tra un elettrofilo e un nucleofilo con formazione di un nuovo legame covalente. L’addizione dell’alcol al catione stabilizzato per risonanza genera uno ione ossonio. Nota: l’attacco dell’alcol può avvenire su entrambe le strutture limite di risonanza. STADIO 3: Rimozione di un protone. Il trasferimento di un protone dallo ione ossonio all’A− forma l’emiacetale e rigenera il catalizzatore acido. Quando un gruppo ossidrilico è parte della stessa molecola che contiene il gruppo carbonilico e può formarsi un anello a cinque o a sei membri, il composto esiste quasi completamente nella forma emiacetalica ciclica: FORMAZIONE DI ACETALI Gli emiacetali possono ulteriormente reagire con gli alcoli per formare gli acetali e una molecola di acqua. Questa reazione è acido-catalizzata: Il gruppo funzionale di un acetale è un carbonio legato a due gruppi −OR: Meccanismo: Formazione acido-catalizzata di un acetale STADIO 1: Addizione di un protone. Il trasferimento di un protone dall’acido, H−A, al gruppo O − H dell’emiacetale genera uno ione ossonio: 57 OSSIDAZIONE ALDEIDI AD ACIDI CARBOSSILICI Le aldeidi sono ossidate ad acidi carbossilici da una grande varietà di comuni agenti ossidanti, inclusi l’acido cromico H2CrO4 e l’ossigeno molecolare. Infatti, le aldeidi hanno uno dei gruppi funzionali più facilmente ossidabili. I chetoni non sono facilmente ossidabili. RIDUZIONE DI ALDEIDI E CHETONI Le aldeidi sono ridotte ad alcoli primari e i chetoni ad alcoli secondari: Il gruppo carbonilico di un’aldeide o di un chetone è ridotto a gruppo ossidrilico dall’idrogeno in presenza di un metallo di transizione come catalizzatore, generalmente palladio, platino, nichel o rodio finemente suddivisi. Le riduzioni generalmente sono condotte a temperature da 25 a 100 °C e a pressioni di idrogeno da 1 a 5 atm. La riduzione catalitica delle aldeidi e dei chetoni è semplice da condurre, le rese sono generalmente molto alte e l’isolamento del prodotto finale è molto facile. Uno svantaggio è che in queste condizioni sono ridotti anche alcuni altri gruppi funzionali (per esempio, i doppi legami carbonio-carbonio) 60 16. CARBOIDRATI Il nome carboidrato significa “idrato di carbonio” e deriva dalla formula Cn(H2O)m. Un esempio di carboidrato con formula molecolare che può essere scritta alternativamente come idrato di carbonio è il glucosio (lo zucchero presente nel sangue), C6H12O6, che può essere scritto come C6(H2O)6. I carboidrati sono i composti organici più abbondanti nel regno vegetale. Essi immagazzinano e l’energia chimica (glucosio, amido, glicogeno); sono componenti delle strutture di sostegno delle piante (cellulosa), del guscio dei crostacei (chitina) e dei tessuti connettivi degli animali (acidi polisaccaridici); sono componenti essenziali degli acidi nucleici (D-ribosio e 2-deossi-D-ribosio). I carboidrati costituiscono circa i tre-quarti del peso secco delle piante. Gli animali (incluso l’uomo) si riforniscono dei carboidrati di cui necessitano con l’alimentazione, ma essi non ne immagazzinano molti rispetto a quanti ne consumano. Infatti, meno dell’1% del peso corporeo degli animali è costituito da carboidrati. I carboidrati vengono classificati in monosaccaridi, disaccaridi, oligosaccaridi e polisaccaridi. I monosaccaridi hanno la formula generale CnH2nOn, con uno dei carboni che reca il gruppo carbonilico di un’aldeide o di un chetone. I monosaccaridi più comuni hanno da tre a nove atomi di carbonio. Il suffisso -oso indica che quella molecola è un carboidrato e i prefissi tri-, tetr-, pent-, e così via, indicano il numero di atomi di carbonio della catena. I monosaccaridi che contengono un gruppo aldeidico sono classificati come aldosi, mentre quelli che contengono un gruppo chetonico come chetosi. Vi sono solo due triosi: la gliceraldeide, che è un aldotrioso, e il diidrossiacetone, che è un chetotrioso. La gliceraldeide contiene uno stereocentro ed esiste come una coppia di enantiomeri. Lo stereoisomero mostrato a sinistra ha la configurazione R ed è chiamato (R)-gliceraldeide; il suo enantiomero, mostrato a destra, è, invece, chiamato (S)-gliceraldeide: Anche se la convenzione R,S è oggi largamente accettata per la designazione della configurazione degli stereocentri, la configurazione dei carboidrati viene ancora comunemente indicata con la convenzione D,L, proposta da Emil Fischer nel 1891. Egli assegnò agli enantiomeri destrogiro e levogiro della gliceraldeide le seguenti configurazioni e li designò come D-gliceraldeide e L-gliceraldeide, rispettivamente: 61 La D-gliceraldeide e la L-gliceraldeide servono come punti di riferimento per l’assegnazione delle configurazioni relative a tutti gli altri aldosi e chetosi. Il punto di riferimento è lo stereocentro più lontano dal gruppo carbonilico. Poiché questo stereocentro è quello vicino all’ultimo carbonio della catena, viene chiamato penultimo carbonio. Un D-monosaccaride è un monosaccaride il cui penultimo carbonio presenta la stessa configurazione della D-gliceraldeide (il suo −OH è a destra nella proiezione di Fischer), mentre un L-monosaccaride è un monosaccaride il cui penultimo carbonio presenta la stessa configurazione della L-gliceraldeide (il suo −OH è a sinistra nella proiezione di Fischer). Quasi tutti i monosaccaridi presenti nel mondo biologico appartengono alla serie D e la maggioranza di essi è costituita da esosi o da pentosi. Ciascun nome consiste di tre parti. La lettera D specifica la configurazione dello stereocentro più lontano dal gruppo carbonilico. I prefissi, come rib-, arabin- e gluc-, specificano le configurazioni di tutti gli altri stereocentri l’uno rispetto all’altro. Il suffisso -oso mostra che il composto appartiene alla classe dei carboidrati. 62 La mutarotazione è il cambiamento della rotazione specifica che accompagna l’interconversione degli anomeri e in soluzione acquosa, cioè avviene un cambiamento dell’attività ottica che avviene quando una forma o di un carboidrato viene convertita in una miscela di equilibrio delle due forme. Un disaccaride contiene due unità di monosaccaride legate tramite un legame glicosidico tra il carbonio anomerico e di un unità e un −OH dell’altra. I termini usati per indicare i carboidrati contenenti un numero maggiore di monosaccaridi sono trisaccaride, tetrasaccaride, ecc. Un oligosaccaride è un carboidrato che contiene da 6 a 10 unità di monosaccaride. • Il saccarosio è un disaccaride contenente il D-glucosio unito al D-fruttosio tramite un legame -1,2-glicosidico. • Il lattosio è un disaccaride che consiste di una molecola di D-galattosio unita a una di D- glucosio tramite un legame -1,4-glicosidico. • Il maltosio è un disaccaride formato da due molecole di D-glucosio unite da un legame -1,4- glicosidico. I polisaccaridi consistono di un gran numero di unità di monosaccaride unite tra loro tramite legami glicosidici. • L’amido può essere separato in due frazioni, chiamate amilosio e amilopectina. L’amilosio è un polimero lineare contenente fino a 4000 unità di D-glucopiranosio legate tramite legami α-1,4- glicosidici. L’amilopectina è un polimero altamente ramificato formato da molecole di D- glucosio unite tra loro da legami α-1,4-glicosidici e, ai punti di ramificazione, da legami α-1,6- glicosidici. • Il glicogeno, il carboidrato di riserva degli animali, è un polimero altamente ramificato formato da molecole di D-glucopiranosio unite tra loro da legami α-1,4-glicosidici e, ai punti di ramificazione, da legami α-1,6-glicosidici. • La cellulosa, il polisaccaride strutturale delle piante, è un polimero lineare di molecole di D- glucopiranosio unite insieme da legami β-1,4-glicosidici. α β α β α β α 65 12. ACIDI CARBOSSILICI Il gruppo funzionale di un acido carbossilico è il gruppo carbossilico, così chiamato perché composto da un gruppo carbonilico e un gruppo ossidrilico. La formula generale di un acido carbossilico alifatico è RCOOH; quella di un acido carbos-silico aromatico è ArCOOH. Il nome IUPAC di un acido carbossilico deriva da quello della catena di atomi di carbonio più lunga che contiene il gruppo carbossilico, togliendo la finale -o dal nome dell’alcano corrispondente e aggiungendo il suffisso -oico, preceduto dalla parola acido. Il carbonio carbossilico è sempre il carbonio 1, la catena si numera cominciando dal carbonio del gruppo carbossilico; per questo motivo, non è necessario indicare la sua posizione nella catena. Se la catena contiene un doppio legame carbonio-carbonio, cambieremo l’infisso da an- a en- per indicare la presenza del doppio legame, mostreremo altresì la posizione del doppio legame con un numero. Nel sistema IUPAC, il gruppo carbossilico ha la precedenza sulla maggior parte dei gruppi funzionali, inclusi i gruppi ossidrilici, i gruppi amminici e i gruppi car-bonilici di aldeidi e chetoni. Il nome degli acidi dicarbossilici è ottenuto addizionando il suffisso -dioico, preceduto dalla parola acido, al nome della catena di atomi di carbonio che contiene entrambi i gruppi carbossilici. Anche in questo caso, poiché i gruppi carbossilici possono essere solo alle estremità di una catena carboniosa, non è necessario attribuire a essi un numero. Il nome di un acido carbossilico contenente un gruppo carbossilico legato all’anello di un cicloalcano è dato dal nome dell’anello, seguito dal suffisso carbossilico e preceduto dalla parola acido. Gli atomi dell’anello sono numerati cominciando dal carbonio recante il gruppo — COOH. L’acido carbossilico aromatico più semplice è l’acido benzoico. Il nome dei suoi derivati verrà attribuito usando numeri e prefissi che indicano la natura e la posizione di sostituenti, relativamente al gruppo carbossilico. Il nome degli acidi dicarbossilici aromatici è ottenuto aggiungendo il prefisso acido ed il suffisso dicarbossilico a benzen. Nello stato solido e in quello liquido, gli acidi carbossilici formano dimeri attraverso legami idrogeno intermolecolari. Gli acidi carbossilici hanno punti di ebollizione significativamente più elevati rispetto a quelli di altri composti organici aventi peso molecolare comparabile come alcoli, aldeidi e chetoni. L’alto punto di ebollizione degli acidi carbossilici deriva dalla loro polarità e dal fatto che essi formano legami idrogeno intermolecolari molto forti. Gli acidi carbossilici interagiscono anche con le molecole di acqua e formano con esse legami idrogeno utilizzando sia il carbonile, sia il gruppo ossidrilico. Grazie a queste interazioni, gli acidi carbossilici risultano più solubili in acqua rispetto ad alcoli, eteri, aldeidi e chetoni aventi peso molecolare comparabile. La solubilità in acqua diminuisce all’aumentare del peso molecolare. Ciò può essere spiegato nel seguente modo: un acido carbossilico consta di due regioni aventi differente polarità – un gruppo carbossilico idrofilo 66 e, con l’eccezione dell’acido formico, una catena idrocarburica apolare, idrofobica. La solubilità in acqua è influenzata positivamente dal gruppo carbossilico idrofilo e negativamente dalla catena idrocarburica idrofobica. Idrofilo dal greco significa “che ama l’acqua” e idrofobico“che teme l’acqua”. I primi quattro acidi carbossilici alifatici (formico, acetico, propanoico e butanoico) sono infinitamente solubili in acqua, poiché il carattere idrofilo del gruppo carbossilico prevale sul carattere idrofobico della catena idrocarburica. All’aumentare della dimensione della catena idrocarburica la solubilità in acqua diminuisce. Gli acidi carbossilici sono acidi deboli. Il valore di per l’acido acetico è: Gli acidi carbossilici (p 4–5) sono acidi più forti degli alcoli (p 16–18), in quanto la risonanza stabilizza l’anione carbossilato mediante la delocalizzazione della carica negativa. Al contrario, l’anione alcossido non è stabilizzato da fenomeni di risonanza. La sostituzione del carbonio con un atomo o un gruppo di atomi aventi elettronegatività maggiore rispetto al carbonio incrementa l’acidità degli acidi carbossilici. Un singolo atomo di cloro come sostituente sul carbonio incrementa la forza dell’acido. L’effetto prodotto dalla presenza di un atomo di cloro sulla forza dell’acido diminuisce rapidamente all’aumentare della distanza dell’eteroatomo dal gruppo carbossilico. REAZIONE CON BASI E FORMAZIONE DI SALI Tutti gli acidi carbossilici, solubili o insolubili in acqua, reagiscono con NaOH, KOH e altre basi forti per dare sali solubili in acqua: Ka Ka Ka α α 67 ESTERIFICAZIONE DI FISHER Trattando un acido carbossilico con un alcol in presenza di un catalizzatore acido più comunemente acido solforico concentrato si ottiene un estere. Questo metodo per formare gli esteri è noto come esterificazione di Fischer, dal nome del chimico tedesco Emil Fischer. Per esempio, trattando l’acido acetico con etanolo in presenza di acido solforico concentrato, si ottiene acetato di etile e acqua: Nell’esterificazione di Fischer, il gruppo —OR di un alcol sostituisce il gruppo —OH di un acido carbossilico. Questo semplice processo ci permette di prevedere il prodotto di una qualsiasi reazione di esterificazione di Fischer. Nel caso di esterificazioni di Fischer intramolecolari, è utile numerare gli atomi di carbonio nella molecola. Nel capitolo 5 abbiamo definito cinque schemi comuni di meccanismi di reazione che abbiamo successivamente riscontrato in una varietà di reazioni organiche. Definimo un sesto schema di meccanismo di reazione, che incontreremo spesso nello studio degli acidi carbossilici e dei loro derivati funzionali. Schema 6: Riassetto dell’intermedio tetraedrico di addizione al carbonile con allontanamento di un gruppo uscente e ripristino del gruppo carbonilico. Dopo l’addizione di un nucleofilo (Nu:) a un carbonile, uno dei possibili meccanismi prevede che l’intermedio tetraedrico di addizione al carbonile evolva, rigenerando il gruppo C=O attraverso l’allontanamento di un gruppo uscente (:Lv). 70 Meccanismo: Esterificazione di Fisher. STADIO 1: Formazione dello ione ossonio, formatosi dal trasferimento di un protone dall’acido più forte all’alcol, cioè alla base più forte. STADIO 2: Addizione di un protone. Il trasferimento di un protone dal catalizzatore acido all’ossigeno carbossilico esalta la natura elettrofila del carbonio carbonilico: STADIO 3: Reazione tra un nucleofilo e un elettrofilo con formazione di un nuovo legame covalente. Il carbonio carbonilico subisce l’attacco da parte dell’atomo di ossigeno nucleofilo dell’alcol per formare uno ione ossonio: STADIO 4: Rimozione di un protone. Il trasferimento di un protone dallo ione ossonio a una seconda molecola di alcol porta alla formazione di un intermedio tetraedrico di addizione al carbonile (ITAC): STADIO 5: Addizione di un protone. Il trasferimento di un protone a uno dei gruppi —OH dell’ITAC forma un nuovo ione ossonio: STADIO 6: Riassetto dell’intermedio tetraedrico di addizione al pp-carbonile con allontanamento di un gruppo uscente e ripristino del gruppo carbonilico. La perdita di acqua da questo ione ossonio forma l’estere e rigenera il catalizzatore acido: 71 13. DERIVATI FUNZIONALI DEGLI ACIDI CARBOSSILICI Gli alogenuri acili, le anidridi degli acidi (o semplicemente anidridi), gli esteri e le ammidi sono quattro classi di composti organici, tutti derivanti dal gruppo carbossilico (–COOH). Ad esempio, la perdita di –OH dal gruppo carbossilico e di H– dall’H–Cl, produce un cloruro acilico e, la perdita di –OH dal gruppo carbossilico e di H– dall’ammoniaca produce un’ammide: ALOGENURI ACILICI Il gruppo funzionale di un alogenuro acilico (alogenuro dell’acido o acil alogenuro) è un gruppo acilico (RCO–) legato a un atomo di alogeno. Gli alogenuri acilici più comuni sono i cloruri acilici, in cui il cloro sostituisce il gruppo OH. Il nome degli alogenuri acilici è ottenuto cambiando il suffisso -ico nel nome del corrispondente acido carbossilico in -ile e sostituendo la parola acido con alogenuro di. ANIDRIDI DEGLI ACIDI CARBOSSILICI Il gruppo funzionale delle anidridi degli acidi carbossilici (comunemente chiamate per semplicità anidridi) è formato da due gruppi acilici legati a un atomo di ossigeno. L’anidride può essere simmetrica (avente, cioè, due gruppi acilici identici) o mista (avente due differenti gruppi acilici). Il nome delle anidridi simmetriche è ottenuto sostituendo, nel nome dell’acido carbossilico corrispondente, la parola acido con anidride. Il nome delle anidridi miste è ottenuto identificando i due acidi carbossilici corrispondenti a ciascun gruppo acilico, elencandoli in ordine alfabetico, e sostituendo la parola acido con anidride. ESTERI E LATTONI Il gruppo funzionale di un estere carbossilico (comunemente detto, per semplicità, estere) è un gruppo acilico legato a un –OR o a un –OAr. Sia i nomi comuni sia quelli IUPAC sono derivati dai nomi dei corrispondenti acidi carbossilici. Il nome di un estere si fa derivare da quello dell’acido carbossilico corrispondente, cambiando la desinenza -ico in -ato e facendo seguire il nome del gruppo alchilico o arilico legato all’ossigeno, − 72 IDROLISI E SAPONIFICAZIONE L’idrolisi è un processo chimico nel quale l’acqua scinde un legame, o più legami, presenti in una molecola. Nell’idrolisi, la molecola d’acqua è anch’essa scissa, tipicamente in H+ e OH–. Gli esteri sono idrolizzati molto lentamente, anche in acqua bollente. L’idrolisi diventa molto più rapida, comunque, quando gli esteri sono riscaldati a riflusso in soluzione acida o basica. L’idrolisi degli esteri in soluzione acquosa acida è una reazione all’equilibrio e procede con lo stesso meccanismo dell’esterificazione, ma nella direzione opposta. Meccanismo: Idrolisi degli esteri in soluzione acida. STADIO 1: Addizione di un protone. Il ruolo del catalizzatore acido è protonare l’ossigeno carbonilico, così da incrementare il carattere elettrofilo del carbonio carbonilico e permettere l’attacco nucleofilo da parte dell’acqua. STADIO 2: Reazione tra un nucleofilo e un elettrofilo con formazione di un nuovo legame covalente, dal quale si ottiene l’intermedio tetraedrico di addizione al carbonile. STADIO 3: Trasferimento interno di un protone. Il trasferimento interno di un protone all’—OR rende quest’ultimo un buon gruppo uscente e permette la conversione dell’intermedio tetraedrico in acido carbossilico e alcol. STADIO 4: Riassetto dell’intermedio tetraedrico di addizione al carbonile con allontanamento di un gruppo uscente e ripristino del gruppo carbonilico. 75 In questa reazione l’acido è un catalizzatore: è consumato nel primo stadio, ma viene rigenerato al termine della reazione: L’idrolisi degli esteri può essere anche condotta usando una base acquosa a caldo, come, per esempio, NaOH acquoso. L’idrolisi basica degli esteri è spesso chiamata saponificazione, un termine che si riferisce all’uso di questa reazione nella preparazione dei saponi. La saponificazione è, quindi, un processo di idrolisi di un estere in soluzione acquosa di NaOH o KOH per dare un alcol e un sale di sodio o di potassio di un acido carbossilico. Meccanismo: Idrolisi degli esteri in soluzione basica. STADIO 1: Reazione tra un nucleofilo e un elettrofilo con formazione di un nuovo legame covalente. L’aggiunta di uno ione ossidrile al carbonio carbonilico dell’estere produce l’intermedio tetraedrico di addizione al carbonile: STADIO 2: Riassetto dell’intermedio tetraedrico di addizione al carbonile con allontanamento di un gruppo uscente e ripristino del gruppo carbonilico. La trasformazione di questo intermedio forma l’acido carbossilico e l’anione alcossido: STADIO 3: Rimozione di un protone. Il trasferimento di un protone dal gruppo carbossilico (un acido) all’anione alcossido (una base) forma l’anione carbossilato. Questo stadio è irreversibile, poiché l’alcol non è un nucleofilo sufficientemente forte da condurre l’attacco all’anione carbossilato: Ci sono due principali differenze tra l’idrolisi basica e l’idrolisi acida degli esteri: • Per ottenere l’idrolisi in soluzione acida, è necessaria una quantità catalitica di acido. Al contrario, l’idrolisi basica richiede una quantità equimolare di base, poiché essa corrisponde a un reagente e non a un catalizzatore. • L’idrolisi di un estere in ambiente acido è una reazione reversibile. L’idrolisi basica è irreversibile, poiché l’anione dell’acido carbossilico non reagisce con ROH. 76 REAZIONE CON ALCOLI I cloruri acilici reagiscono con gli alcoli per dare un estere e HCl: Poiché i cloruri acilici sono molto reattivi anche nei confronti di nucleofili deboli come gli alcoli, non è necessario usare catalizzatori per la reazione. Anche i fenoli e i fenoli sostituiti reagiscono con i cloruri acilici per dare gli esteri. Le anidridi degli acidi reagiscono con gli alcoli per dare una mole di estere e una mole di acido carbossilico. Gli esteri, trattati con un alcol in presenza di un catalizzatore acido, danno luogo a una reazione di scambio detta transesterificazione. In questa reazione, il gruppo—OR originario viene scambiato con un nuovo gruppo—OR. Le ammidi non reagiscono con gli alcoli in nessuna condizione sperimentale. Gli alcoli non sono nucleofili sufficientemente forti da condurre l’attacco al carbonio carbonilico di un’ammide. Le reazioni con gli alcoli procedono con velocità e in condizioni differenti, a seconda del derivato funzionale. A un estremo si trovano gli alogenuri acilici e le anidridi, che reagiscono rapidamente; all’altro estremo vi sono le ammidi, inerti in queste reazioni. REAZIONI CON AMMONIACA E AMMINE I cloruri acilici reagiscono rapidamente con l’ammoniaca e con le ammine 1a e 2a per formare le ammidi. La trasformazione completa di un cloruro acilico in ammide richiede 2 moli di ammoniaca o di ammina: una mole per formare l’ammide e la seconda per neutralizzare l’acido cloridrico che si forma. Le anidridi degli acidi reagiscono con l’ammoniaca e con le ammine 1a e 2a per formare le ammidi. Come avviene per i cloruri acilici, sono necessarie due moli di ammoniaca o di ammina (una mole per formare l’ammide e la seconda per neutralizzare l’acido carbossilico, il 77 Una delle più importanti proprietà chimiche degli amminoacidi è quella acido-base. Tutti risultano essere, infatti, acidi poliprotici deboli a causa della presenza sia del gruppo —COOH sia di quello —NH3+. Il valore medio del pKa di un gruppo -carbossilico di un amminoacido protonato è 2.19. Così, il gruppo -carbossilico di un amminoacido protonato è un acido considerevolmente più forte del gruppo carbossilico dell’acido acetico (pKa 4.76) e di altri acidi carbossilici alifatici a basso peso molecolare. Questa maggiore acidità è spiegata dall’effetto induttivo elettron-attrattore del gruppo adiacente —NH3+. A causa dell’effetto induttivo elettron-attrattore del gruppo -NH3+, i gruppi carbossilici in catena laterale dell’acido aspartico e dell’acido glutammico protonati risultano più forti dell’acido acetico (pKa 4.76). Nota che questa maggiore acidità, causata dall’effetto induttivo, diminuisce con l’aumentare della distanza del —COOH dall’ -NH3+. Il valore medio del pKa di un gruppo α-ammonio, -NH3+, è 9.47, inferiore, quindi, al valore medio di 10.76 degli ioni ammonio primari alifatici. Proprio come il gruppo — NH3+ esercita un effetto induttivo sul gruppo carbossilato, gli atomi di ossigeno elettronegativi del gruppo carbossilato esercitano un effetto induttivo elettron-attrattore sul gruppo —NH3+. Ciò aumenta la deficienza elettronica del gruppo ammonio, rendendo più probabile che esso doni un protone per diventare un gruppo —NH2 non carico. Così, il gruppo -ammonio di un amminoacido è un acido leggermente più forte di uno ione ammonio primario alifatico. Viceversa, un gruppo -amminico è una base leggermente più debole di un’ammina alifatica primaria. TITOLAZIONE DEGLI AMMINOACIDI I valori dei pKa dei gruppi ionizzabili degli amminoacidi si ottengono, generalmente, attraverso la titolazione acido-base, misurando il pH della soluzione in funzione della base aggiunta (o dell’acido aggiunto, a seconda di come viene condotta la titolazione). Si possono ottenere curve di titolazione valutando il pH di un volume noto di un campione di soluzione dopo aggiunte successive di un acido o di una base a concentrazione nota. Se il campione di amminoacido è titolato con un acido esso agisce da base mentre se viene titolato con una base agisce da acido. l valore di pH, tipico di ogni amminoacido, in cui la carica netta è uguale a zero è detto punto isoelettrico (pI): ad un valore di pH inferiore a quello del pI l’amminoacido ha una carica di +1 mentre a valori di pH superiori al pI l’amminoacido ha una carica di -1. I gruppi ionizzabili presenti α α α α α α α 80 negli amminoacidi agiscono da acidi deboli o da basi deboli a seconda del pH. Quindi il punto pI determina il pH al quale la maggioranza delle molecole dell’amminoacido in soluzione sono zwitterioni. Per ogni amminoacido si ha che: L’elettroforesi, un processo tramite il quale è possibile isolare composti in base alle loro cariche elettriche, viene usata per separare e identificare miscele di amminoacidi e proteine. I composti con una densità di carica maggiore si muovono più rapidamente rispetto quelli con una densità minore di carica. Tutti gli aminoacidi o le proteine posti in una soluzione con un pH che è uguagli il pI del composto restano fermi al punto di partenza. Un amminoacido una carica netta negativa si muove verso l’elettrodo positivo e uno con carica elettrica netta positiva si muove verso l'elettrodo negativo. Nel 1902, Emil Fischer propose che le proteine fossero costituite da lunghe catene di amminoacidi uniti da legami ammidici tra il gruppo -carbossilico di un amminoacido e quello -amminico dell’altro. Per questi legami ammidici, Fischer propose il nome particolare di legame peptidico. I peptidi vengono classificati in base al numero di unità di amminoacido della catena. Una molecola contenente 2 unità di amminoacido unite da un legame ammidico si chiama dipeptide. Molecole contenenti da 3 a 10 unità di amminoacido si chiamano tripeptidi, tetrapeptidi, pentapeptidi e così via. Molecole che contengono più di 10, ma meno di 20, amminoacidi sono chiamate oligopeptidi. Quelle contenenti 20 o più amminoacidi si chiamano polipeptidi. Le proteine sono macromolecole biologiche di peso molecolare di 5000 o più, formate da una o più catene polipeptidiche. Per convenzione, i polipeptidi vengono scritti a partire da sinistra, con l’amminoacido avente il gruppo —NH3+ libero e procedendo verso destra fino a giungere all’amminoacido con il gruppo —COO- libero. L’amminoacido con il gruppo —NH3+ libero è chiamato amminoacido N-terminale, mentre quello con il gruppo — COO- libero è chiamato amminoacido C-terminale. La struttura primaria (1°) di un polipeptide o di una proteina rappresenta la sequenza di amminoacidi nella catena polipeptidica, uniti da legami peptidici. Un legame peptidico è planare, cioè i quattro atomi del legame ammidico e i due carboni legati ad esso giacciono sullo stesso piano. Invece gli angoli attorno all’azoto ammidico e al carbonio carbonilico di un legame peptidico sono approssimativamente 120°. Per spiegare questa geometria, Pauling propose che il legame peptidico fosse meglio rappresentato come un ibrido di risonanza delle seguenti due strutture limite: α α α 81 La struttura limite (1) mostra un doppio legame tra il carbonio e l’ossigeno, mentre la (2) presenta il doppio legame tra il carbonio e l’azoto. L’ibrido, naturalmente, non è nessuna delle due. Nella struttura reale, il legame carbonio-azoto ha un considerevole carattere di doppio legame. Perciò, nell’ibrido, questo gruppo costituito da sei atomi, i quattro del legame peptidico e i due atomi di carbonio legati in a essi, risulta essere planare. Per gli atomi di un legame peptidico sono possibili due configurazioni. Nella prima, i due carboni sono in cis l’uno rispetto all’altro; nella seconda, essi risultano essere in trans. Quest’ultima configurazione è favorita poiché i carboni , con i gruppi ingombranti a essi legati, si trovano più lontani tra loro rispetto a quando si trovano nella configurazione cis. Praticamente tutti i legami peptidici delle proteine studiate fino a oggi hanno configurazione trans. La struttura secondaria (2°) descrive le disposizioni ordinate (conformazioni) assunte dagli amminoacidi in particolari regioni di una molecola di polipeptide o di proteina. I due tipi prevalenti di struttura secondaria sono -elica e -foglietto ripiegato, entrambe stabilizzate da legami idrogeno. • In un’ -elica, la catena polipeptidica è avvolta a spirale, generalmente destrogira. Il gruppo carbonilico di ogni legame peptidico è unito con un legame idrogeno al gruppo N — H del legame peptidico di quattro unità amminoacidiche successive. Questi legami sono mostrati con linee tratteggiate. • In una struttura -foglietto ripiegato due parti della catena sono allineate parallelamente o antiparallelamente l’una rispetto all’altra. La struttura terziaria (3°) si riferisce al tipo di avvolgimento complessivo e alla disposizione nello spazio di tutti gli atomi di una singola catena polipeptidica. Tra la struttura secondaria e la terziaria non esiste una divisione netta. La struttura secondaria si riferisce all’arrangiamento spaziale degli amminoacidi vicini, l’uno rispetto all’altro, su una catena polipeptidica, mentre la terziaria riguarda la sistemazione tridimensionale di tutti gli atomi della catena. Tra i fattori più importanti che contribuiscono a stabilizzare la struttura terziaria, vi sono i legami disolfuro, le interazioni idrofobiche, i legami idrogeno e i ponti salini. La disposizione di questi monomeri proteici in un certo aggregato molecolare è nota come struttura quaternaria (4°). Un buon esempio è l’emoglobina una proteina che consta di quattro catene polipeptidiche separate. α α α α β α β 82
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved