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La Agricoltura e l'Imprenditoria Agricola: Definizioni e Connessioni, Appunti di Diritto Agrario

AgrariaDiritto agrarioImprenditoriaCommercio

La definizione di attività agricole e l'imprenditore agricolo secondo il codice italiano. sulla distinzione tra imprenditore agricolo e commerciale, le attività connesse e la loro relazione con la commercializzazione. Viene inoltre analizzato il concetto di prevalenza e la sua applicazione alle attività agricole.

Cosa imparerai

  • Come viene definita l'attività di apicoltura secondo il codice italiano?
  • Che tipi di soggetti definisce l'articolo 2135 del codice italiano come imprenditori agricoli?
  • Qual è il criterio utilizzato per determinare se un'attività è connessa all'attività agricola principale?
  • Che attività è considerata agricola secondo l'articolo 2.1 della legge 313/2003?
  • Che attività definisce l'articolo 38 del codice italiano?

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 25/09/2022

martina-calandrino
martina-calandrino 🇮🇹

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Scarica La Agricoltura e l'Imprenditoria Agricola: Definizioni e Connessioni e più Appunti in PDF di Diritto Agrario solo su Docsity! Impresa agricola-- materia da considerare riservata a fonti sistematiche interne e non ad ordinamenti superiori. E' stato fatto un Convegno , cui disposizioni che si trovano nella rivista di diritto agrario del 2019. E' importante parlare di questo tema perché vi è sempre una grande differenza tra impresa commerciale e impresa agricola, nonostante vi siano delle discrasie date dal fatto che anche il recente d.lgs. del 2019 in materia di crisi di impresa continua a considerare questa differenza. Il problema dunque è quello di vedere se realmente ha ragion d'essere questa differenza. Cercheremo di capire quale oggi potrebbero essere la giustificazione di questo sistema codicistica e se per caso non si necessaria una nuova formulazione dell'art. 2135, che spiega l'imprenditore agricolo. 'Impresa agricola', Pisciotta più il materiale didattico che è già inserito nel portale. Questo tema richiede un integramento sistematico per comprendere la domanda e darci delle risposte. Dobbiamo tenere presenti le nostre fonti del sistema ordinamentale di tipo gerarchico, la costituzione si occupa di impresa agricola in generale nell'art 41, che preveda l'iniziativa economica privata e libera. Vedremo anche che il tema della sicurezza interessa molto l'imprenditore agricolo, in materia di responsabilità. La sicurezza va collegata anche alla sicurezza alimentare., che è una delle fonti di responsabilità. La legge determina i controlli opportuni per essere collegata a fini sociali, grazie alle leggi di programmazione economica di provenienza dello stato e dell'UE. Un altro art è il 44, che si occupa della proprietà terriera, conferendo un collegamento tra impresa e proprietà. Art 44 e 41 ci da il senso di come il legislatore desidera che l'imprenditore agricola raggiunga due obiettivi: ragionevole rapporto con il suolo e stabilire equi rapporti sociali. La cost deve essere coniugata con il codice civile, l'art 2135 ha subito una riforma nel 2001, la sua riscritto ha dato adito ad una serie di riflessioni circa l'opportunità di mantenimento di una distinta disciplina dell'imprenditore commerciale. La distinzione consiste proprio nell'iscrizione al registro delle imprese, cioè commerciali. Anche le norme 846-856 riguardo la proprietà sono importanti, in particolare l'art 5-bis ha inserito la nozione di compendio unico, cioè non bisogna separare i fondi destinati alla produzione perché bisogna garantire gli imprenditori agricoli. L'impresa agricola nel c.c. è conosciuta come impresa sul proprio fondo, dai proprietari terrieri, anche se l'esistenza di un attività su fondo altri nell'art 2137, in materia di responsabilità. Dunque non è solo appannaggio dei proprietari. Nell'art 2141 del codice si disciplina la nozione di mezzadria, in cui concedente ( proprietario ) e il mezzadro si associano ai fini di dividerne gli utili.--> l'idea di impresa cambia riguardo la proprietà fondiaria e impresa agricola. Anche i contratti agrari associativi si stanno snaturando, si fa strada una legislazione speciale che comincia a piegare gli interventi legislativi verso la eliminazione dei contratti associativi e verso l'affermazione di schemi contrattuali come l'affitto di fondi rustici. La riforma dei contratti agrari prende atto con la l.11/197 il cui art 10, oggi vigente, afferma i diritti dell'affittuario, che diventa un soggetto imprenditore autonomo rispetto alla posizione del proprietario. Questa norma segna il momento di separazione tra impresa e proprietà , separazione che rende sempre più autonoma la nozione di imprenditore agricolo e proprietario terriero. Vi sarà poi una legge che ricondurrà all'affitto i diversi rapporti. L.203/1982--> L'unico schema causale che può avere a oggetto fondi rustici è il contratto di affitto, è ammessa la possibilità di derogare ma gli accordi in deroga non possono derogare al divieto come insuperabile. Fondo--> rappresenta la differenziazione tra imprenditore agricolo e commerciale. Il fondo è elemento caratterizzante dell'impresa agricola ed elemento qualificatore. Il fondo può essere ottenuto tramite la stipula di contratti di affitto. Il fondo ha caratterizzato la funzione dell'impresa agricola. Lo statuto speciale segnato dall'art 2136 deve trovare una giustificazione in una logica che è quella che presiede in questa scelta. Nella relazione al codice si dice che la presenza del fondo costituisce la giustificazione della presenza di una distinzione tra statuto di imprenditore in generale e imprenditore agricolo. Le fonti normative che dobbiamo tenere in considerazione sono: cost , c.c. e leggi speciali, ma un sistema non può non considerare l'esistenza di norme sovranazionali, cioè quello stabilito dai trattati europei e dalle norme di applicazione. Inizialmente e fino alla riforma del trattato di Lisbona, la materia agricoltura era considerata una materia di competenza esclusiva , questo ha comportato che le norme poste in sede europea fossero prevalenti rispetto a quelle statali e regionali. Con il trattato di Lisbona è diventata una materia concorrente tra stati membri e UE. Si è passati ad una competenza concorrente ma ciò non vuol dire che la legislazione agricola abbia ceduto la competenza alle organizzazioni nazionali dei mercati agricoli, perché rimane competenza dell'UE la gestione dell'organizzazione dei mercati agricoli, dato che sono considerati dall'UE come settori merceologici dell'agricoltura e della pesca. -Cosa si intende per agricoltura o attività agricola nell'ambito del trattato? L'Ue si occupa del mercato agricolo, del prodotto agricolo, dei prezzi , dei dazi. Il nostro legislatore invece nel codice quando si occupa di definire l'agrarietà, lo fa perché vuole definire delle attività di impresa, l'agrarietà dell'attività di impresa in modo che tiene distinto i due soggetti : imprenditore agricolo e commerciale. Nel codice il concetto di agrarietà è funzionale alla distinzione delle attività tra imprenditore commerciale e agricolo e il concetto di agrarietà delle attività va a colorare la definizione dell'imprenditore. Il concetto di agricoltura invece è funzionale alla individuazione di un mercato , dunque riguarda i prodotti, come citato dall' art 38 TFUE. La nozione dell'UE riguarda i prodotti. -Cosa si intende per agricoltura ? La definizione di agrarietà che viene data dall'art 38 del trattato è funzionale a riconoscere all'interno del mercato agricolo quei prodotti che devono sottostare al funzionamento del mercato comune agricolo. L'intenzione del legislatore europeo è quella di sottoporre questi prodotti e il mercato relativo a questi prodotti a determinate regole che in alcuni casi si discostano dalle regole dei mercati che hanno ad oggetto altri prodotti come quelli dell'industria. In materia di concorrenza ad esempio non si applicano al mercato agricolo quelle disposizioni che impediscono la costituzione di cartelli, anzi l'associazionismo è sollecitato e favorita dall'UE, perché questo mercato deve essere agevolato anche attraverso la costituzione di organismi associativi tra produttori, questo è un esempio tipico per capire l'importanza per il legislatore di tenere distinti i prodotti del settore agricolo dagli altri. L'art 38 individua come prodotti agricoli quelli del suolo, di allevamento e della pesca o attività in diretta connessione con queste, invece l'art 2135 individua come imprenditori E' fondamentale capire il motivo per cui sia il nostro legislatore sia le norme europee prevedono delle agevolazioni e degli aiuti che sono invece vietati per le altre attività produttive. L'ammodernamento dei mercato agricoli è un obiettivo comune dei due legislatori interno ed europeo però il nostro legislatore ha voluto creare una dicotomia tra imprese agricola e quella commerciale, quindi vi sono agevolazioni come la non obbligatorietà delle scritture contabili, invece il legislatore europeo ha predisposto delle agevolazioni fiscali, economiche per fare in modo che questa fetta di mercato sia sempre competitiva all'interno del mercato globale. Questi due punti di vista conducono a diverse regole, a cui il nostro legislatore dovrebbe essere capace di comprendere la differenza delle finalità delle disposizioni così che si evitano delle differenze qualificabili come forme di disuguaglianza tra imprenditori. Le attività commerciali turistiche sono soggette ad esempio al rischio ambientale, climatico ma ciò che differisce è che rispetto agli imprenditori del settore commerciale che possono anche subire rischi , l'imprenditore agricolo immette i suoi prodotti all'interno di un mercato particolare in cui la domanda è inelastica legato al mondo dell'alimentazione. Il nostro legislatore ha presente il fatto che l'imprenditore agricolo è collegato economicamente e funzionalmente al fondo rustico, dunque è proprio questo l'elemento che importa, occorre che non si crei una sovrapposizione tra il mercato ( disciplina ue ) e la disciplina codicistica. Sistema codicistico-- Fondo rustico idoneo a distinguere l'impresa agricola da quella commerciale Sistema complessivo-- mercato e leggi peculiari di quel mercato Rapporto tra art 2135-2082 L'imprenditore agricole con le sue caratteristiche è da considerarsi un imprenditore in senso tecnico ? Si anche se il suo sistema produttivo è destinato ad un mercato speciale su una struttura altrettanto speciale cioè il fondo. La territorialità costituisce il limite, dato che bisogna rispettare anche le regole agrarie che non permettono di sfruttare un terreno senza limiti: rotazione delle attività produttive Quindi sicuramente si tratta di un imprenditore che svolge il suo lavoro in maniera professionale, a cui sono attribuite delle norme peculiari e delle agevolazioni. Nel nostro codice civile vi è uno Statuto speciale di imprenditore agricolo- Le norme che fanno parte di questo statuto prevedevano la non obbligatorietà dell'iscrizione nel registro delle imprese, oggi la previsione è saltata dato il fatto che alla fine degli anni '90 si è prevista l'obbligatorietà dell'iscrizione, nel 2001 questa registrazione assumerà la funzione prevista dall'art 2193, cioè secondo la quale gli atti non registrati non sono opponibili ai terzi. In concreto dunque la non obbligatorietà non esiste più, dato che una contabilità minima è richiesta per l'accesso alle agevolazioni dell'ue. Nell'art 2221 non era menzionato tra i soggetti che erano soggetti alle procedure concorsuali e al fallimento, che adesso è abrogato nel 2019 con il decreto n.14, riforma che considera e prevede delle tutele e delle procedure peculiari per l'imprenditore agricolo. Modifica dell'impostazione originaria del codice Anche con riguardo al piccolo imprenditore-- art 2083 il legislatore definisce i piccoli imprenditori con l'indicazione di talune categorie e sulla scorta di un criterio definitorio di qualificazione, il codice dunque individua delle categorie da considerare come piccoli imprenditori e dei requisiti che devono avere. La caratteristica di essere piccolo imprenditore implica l'applicabilità di talune norme, come l'art 1330 ad esempio. Chi sono i piccoli imprenditori agricoli? Sono i coltivatori diretti del fondo, questa sottolinea il legame tra l'imprenditore e la natura della sua attività che si svolge all'interno di una struttura che è il fondo . E' colui che svolge un attività professionale prevalentemente con il lavoro proprio e della sua famiglia. Quindi viene individuato in base al modo in cui si svolge l'attività che deve essere prevalentemente del soggetto agricoltore. Questa prevalenza si lega alla capacità richiesta dalle dimensioni del fondo, quindi per il 51% deve essere un'attività svolta dal soggetto e dalla famiglia , il 49% da estranei. Un piccolo coltivatore agricolo viene definito con un criterio diverso fino ad arrivare alla legge 203/1982, in cui vi è una definizione che non fa più riferimento al criterio codicistico della prevalenza ma che fa riferimento sempre al lavoro proprio e della famiglia ma ne diminuisce la portata, cioè si fa riferimento da un criterio della prevalenza (51%) a un criterio che fa riferimento ad 1/3 quindi al 33% tenuto conto anche dell'impiego delle macchine agricole. Vi è una modifica che però non è differente dalla modifica che è intervenuta con riguardo all'artigiano, vi è una evoluzione delle figure dei piccoli imprenditori che oltre ad avere la loro peculiarità basata sul lavoro manuale ,direttivo proprio e della propria famiglia, mantengono questa qualifica e aggiungono alla loro qualificazione un profilo nuovo , cioè quello della professionalità soggettiva, ancorché l'impegno professionale lavorativo non deve essere più prevalente rispetto a quello complessivamente richiesto per portare avanti l'attività produttiva Sono due figure che si assomigliano quello dell'imprenditore agricolo a titolo principale e quello professionale. Imprenditore agricolo professionale non si può essere se non si fa parte di corsi di formazione che danno la qualifica di capo azienda , dunque fondamentale è questa acquisizione. Tutta la legislazione speciale quando fa riferimento al coltivatore diretto non utilizza il criterio della prevalenza. Piccoli imprenditori agricoli: coltivatore diretto. Una delle norme in cui si trova la disciplina del coltivatore diretto è quella dei rapporti agrari . Alla figura del coltivatore diretto vengono assimilati i laureati o diplomati in età non superiore a 55 anni che si impegnino alla coltivazione per almeno nove anni, questa equiparazione è data da un tipo di professionalità valutata in termini soggettivi che è integrata dall'aver acquisito diplomi o lauree in questo ambito a cui il legislatore non può fare a meno che aggiungere l'impegno dei nove anni della coltivazione. La figura del coltivatore diretto si arricchisce di ulteriori soggetti equiparati che hanno una capacità acquisita in maniera differente. Il requisito della conduzione diretta del fondo non è per forza gestita attraverso il lavoro manuale, ma può essere anche un impegno direttivo. A questa figura sono equiparati gli imprenditori agricoli professionali. Nell'ultima manovra di bilancio per il 2020 è stato previsto l'esonero contributivo dall'assicurazione obbligatoria per invalidità o vecchiaia sia destinata al coltivatore diretto che all'imprenditore agricolo professionale di età inferiore ai 40 anni iscritti dal 1 gennaio al 31 dicembre 2020. Queste discipline agevolative che sono estese sia al coltivatore diretto che agli equiparati e in particolare agli imprenditori agricoli professionali, segnala l'esigenza del legislatore di qualificare professionalmente l'imprenditore agricolo. I soggetti imprenditori che vengono individuati dal legislatore sia interno che europeo sono questi qualificati professionalmente. La figura di imprenditore agricolo professionale è stata introdotta dal d.lgs. 99/2004 , in cui nell'art 1.1 lo definisce come colui che 'in possesso di conoscenze e competenze professionali' dedica alle attività agricole direttamente o in qualità di socio di società almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e ricava il 50% del proprio reddito globale del suo lavoro. L'imprenditore agricolo professionale viene qualificato sulla base del tempo di lavoro e non sulla quantità e il reddito del lavoro complessivo. Il coltivatore diretto può non essere un imprenditore agricolo professionale, mentre quest'ultimo può anche essere un coltivatore agricolo diretto--> nel senso che mentre il coltivatore diretto viene definito sulla scorta dell'apporto lavorativo proprio e della propria famiglia capace di assorbire almeno 1/3 del fabbisogno lavorativo necessario per lo svolgimento dell'attività dell'impresa sul proprio fondo; invece l'imprenditore agricolo professionale viene qualificato sulla base dei due requisiti(Reddito- tempo). La definizione dell'imprenditore agricolo professionale segue la definizione di un altro soggetto introdotto dalle direttive socio strutturali, cioè dell'imprenditore agricolo a titolo principale. La differenza tra le due figure risiede sulla percentuale che viene richiesta di tempo e di reddito di lavoro. Mentre l'imprenditore agricolo principale viene qualificato sulla scorta dei due terzi del tempo e del reddito, quello professionale anche solo il 50% Oggi--> i requisiti vengono ridotti del 25% in determinate zone svantaggiate o montane, quindi la professionalità dell'imprenditore agricolo professionale è caratterizzata da fattori che sono diversi da quelli della professionalità del coltivatore diretto. La tipologia del coltivatore diretto è caratterizzata dall'impegno lavorativo diretto necessario a che il fondo rustico possa essere sfruttato adeguatamente, così da permettere di vivere dignitosamente con la sua famiglia ( art 36 cost) Nell'ambito del settore agricolo si fanno strada figure imprenditoriali sempre più professionalizzante dal punto di vista soggettivo, ma la distinzione è che nel coltivatore diretto si percepisce un fondamento comune che ne caratterizza la specialità dell'impresa agricola e cioè la presenza del fondo, invece nella figura professionale si caratterizza per la presenza del tempo e del reddito , importante dato che la funzione delle norme europee è quella di incentivare i mercati agricoli. Al legislatore europeo non interessa la definizione di impresa agricola, ma interessa individuare il soggetto da tutelare , sulla base di elementi che sono facilmente individuabili come il tempo e come il reddito. Si tratta di una professionalità valutabile in senso soggettivo diverso da come intendiamo l'art 2082. DISCIPLINA DELL'UE Una delle distinzioni più importanti tra disciplina interna e disciplina ue è data dal diverso approccio con l'impresa agricola, che per il nostro legislatore consiste nel distinguere delle imprese che svolgono delle attività diverse, invece per il legislatore europeo è importante per il mercato globale, per la strategia. Gli articoli 42-43 del trattato si occupano della specificità del mercato dei prodotti agricoli e stabiliscono deroghe importanti alle regole sulla concorrenza. In questi articoli prevedono che le regole della concorrenza valgono per l'agricoltura solo dopo dei provvedimenti del parlamento europeo e del consiglio. Le ' Deroghe per gli obiettivi della pac e gli agricoltori e le loro associazioni' è un regolamento, introdotto nel 2013, n.1308 che disciplina insieme ad CRITERI CHE HANNO ISPIRATO IL LEGISLATORE NELLA NUOVA FORMULAZIONE: 1. Criterio agro alimentare 2. Criterio del ciclo biologico o agro biologico Lo studioso che da agrarietà passa da agroalimentarità ha aggiunto il criterio della destinazione all'alimentazione, dunque l'agricolo è tutto ciò che comporta un attività produttiva sull'ager o una produzione dei beni destinata all'alimentazione umana o degli animali. Le politiche europee però non sono dirette solo alla produzione come abbiamo visto nel regolamento, ma interessano anche le attività dei servizi. L'attività dei servizi non potrebbero rientrare nell'art 2135 della vecchia formulazione. Questo criterio non è capace di abbracciare tutto lo spettro della politica agricola comune. Questo criterio agroalimentare non ha avuto fortuna non essendo stato capace di sostituire il criterio del fondo. Ha avuto fortuna il criterio del ciclo agro biologico, questo si basa su un presupposto pre giuridico, dato che la nozione di agricoltura trae fondamento dalla modalità di realizzazione delle attività di produzione. La cura di un ciclo biologico animale o vegetale segnala l'agrarietà, dunque bisognosa di tutte quelle agevolazioni giustificate dal rischio biologico a cui va incontro il produttore. Si è indipendente dall'intervento dell'uomo, che dovrebbe solo assecondare il ciclo biologico. L'ue nell'ambito della direttiva 375/1988 aveva escluso gli imprenditori agricoli dalla responsabilità, data la naturalità del prodotto agricolo, dunque l'intervento dell'uomo non è rilevante ai fini della responsabilità. La direttiva lascia liberi i stati membri, l'Italia si orientò per l'esclusione della responsabilità dell'imprenditore. ( vedi caso mucca pazza). Il prodotto agricolo non è una cosa naturale, quindi il presupposto pre giuridico non è fondato. Non c'è equivalenza tra prodotto agricolo e prodotto naturale, la teoria del ciclo era sembrata una teoria sulla quale non sarebbe stato opportuno attuare la modifica. Il legislatore, preso spunto della legislazione francese, ha apportato le modifiche basandosi sul ciclo biologico però con un contenimento, ha voluto contenere gli effetti del ciclo, aggiungendo un collegamento anche se solo virtuale con il fondo rustico. LEZIONE 4 25 Abbiamo preso atto delle modifiche che si sono verificate sotto la spinta del diritto comunitario. La natura dell'attività esercitata e il modello organizzativo non sono separabili e non sono separabili dal rapporto del mercato, dato che è il luogo dove si può apprezzare la caratteristica dell'impresa agricola, come data dal legislatore. In particolare il nostro legislatore cerca delle soluzioni per includere nella nozione una serie di attività, che possono entrare nell'ambito di applicazione dell'art 2135 solo se si superare lo stretto rapporto con il fondo. Quindi possiamo dire che il legislatore avrebbe dovuto prendere atto di questi mutamenti e avrebbe dovuto dichiarare inutile la tipica dicotomia, in realtà fa il contrario per assicurare una sorta di finalità produttiva. Un esempio tipico è il riferimento al diritto del lavoro, coevo alla riforma dell'articolo. Il mercato dei prodotti agricoli è il luogo dove si può apprezzare meglio che la natura agricola e il modello organizzativo che non è quello industriale disegnano la definizione di impresa agricola. Il legislatore avrebbe dovuto prendere atto di questi mutamenti avrebbe dovuto dichiarare inutile la dicotomia tipica tra agricola e commerciale, in realtà quello che fa è realizzare una finalità protettiva dell'impresa agricola. Nel sistema previgente vi era un impresa agricola basata su fondo, come strumento funzionale. Il diritto tributario con riguardo agli obblighi tributari considera il reddito fondiario. Avuto riguardo dell'impresa agricola presente al legislatore del 1942, ma le modifiche fanno perdere di consistenza questo fondamento, dato che gli imprenditori agricoli hanno modificato il loro lavoro, i loro modelli organizzati che non hanno più solo lo sfruttamento del fondo. Sarebbe stato corretto evitare la dicotomia primaria prendendo atto dei riferimenti normativi che hanno ridotto al minimo le differenza tra i due tipi di impresa. Come ad esempio quando è stata prevista la registrazione dell'imprenditore agricolo, anche la non soggezione alle scritture contabili viene superata. Il fallimento fino alla riforma del 2006 è considerato una situazione che ha una funzione sanzionatoria, quindi il non fallimento per l'imprenditore agricolo è importante, per questo si vuole tenere l'art 2135 del codice, ed è questo il motivo per cui ne viene rafforzata l'applicazione. La riformulazione dell'art 2135 è stata il punto di arrivo di un dibattito tra i due criteri che si sono appoggiati da una parte alla agroalimentarità dall'altra quella del ciclo biologico. Questo punto di arrivo non risolve una serie di problemi, dato che il nuovo articolo non riesce ad adottare una definizione elastica così da introdurre tutte le attività che il legislatore europeo disciplina. In realtà teme di sganciarsi dal fondo rustico. La riforma in esame viene realizzata attraverso l'inserimento del nuovo articolo all'interno di un decreto che insieme ad altri 226/ 227 del 2001 dovevano dare una risposta di attuazione della l. delega 57/2001, seconda la quale dovevano attuarsi nuove definizione e regole capaci di dare risposta in termini di ammodernamento del settore agroalimentare. Quindi la normativa in esame doveva servire come riferimento dei tre settori produttivi che dovevano adeguarsi a queste regolamentazioni a fini agevolativi. Dunque il primo errore è proprio il luogo in cui inserire la modifica della norma, il legislatore agrario è confuso in quel momento storico e non avesse la consapevolezza dei piani su cui operare, poiché è diverso la definizione dall'individuazione dei modelli ai quali indirizzare le norme dell'Ue. Infatti introduce la modifica all'interno del d.lgs. 228/2001. in realtà la nuova formulazione non riesce a contenere tutte le attività che possono far riferimento a quello che è il contenuto del ciclo biologico, quindi attività che assecondano il ciclo biologico in ciascuna fase. La norma è stata scritta in modo poco lineare dato che vi è pur sempre un legame con il fondo anche se vi si dichiara di voler liberarsene. Le attività connesse dovevano rientrare nell'esercizio normale del lavoro dell'agricoltore, questa normalità era diventato un grosso limite, perché impediva di far rientrare nell'ambito delle attività connesse i servizi che l'Ue aveva cominciato a considerare come attività agricole , come le 'buone pratiche della conservazione del territorio'. Il criterio che era stato accolto nel vecchio articolo per le attività connesse è fortemente un limite a ciò che sponsorizzava l'Ue, per questo doveva essere cambiato, ma nonostante sia stata cambiato con quello della prevalenza , il legislatore non è riuscito ad essere totalizzante, in modo da contenere in modo elastico la multifunzionalità dell'impresa agricola. ART 2135:viene riproposta l'attività di lavorazione del fondo, di selvicoltura, ma viene proposta l'allevamento di animale( prima del bestiame) . In quest'ultimo caso è chiaro che si vuole ampliare la categoria degli allevatori, quindi per la prima volta lascia intendere che viene eliminato il collegamento con il fondo e si fa un generico collegamento agli animali. Nel secondo comma vengono spiegati quali sono queste attività principali, per il legislatore sono connotate da agrarietà ciò che si svolge nelle acque dolci , salmastre o marine, sembra allora che si vuole avvicinare alla definizione dell'art 38 del TFUE, dato che questo articolo fa riferimento alla pesca. In realtà questo viene smentito dal fatto che il decreto 226 si occupa dell'ammodernamento del settore della pesca e dell'acquacoltura e nell'art 2, poi sostituito dall’art 3 del d.lgs 100/200?, differisce l'imprenditore ittico da quello agricolo. L'equiparazione all'imprenditore agricolo non elimina però la diversa natura delle attività dei due , dato che l'ittico non cura lo sviluppa la natura del ciclo biologico, ma cattura prodotti del ciclo biologico, tuttavia il legislatore inserisce questo nell'ambito protettivo che riguarda l'agricolo che non riguarda il sistema di agevolazioni speciali ma deriva dalla applicabilità dello statuto dell'imprenditore agricolo diverso da quello commerciale. l'imprenditore ittico è dunque tutelato per il tramite dell'applicabilità dello statuto speciale. Guardando all'allevamento degli animali , l'imprenditore ittico non rientra in questo settore, ma potrebbe essere riferito all'ambito dell'acquacoltura. Infatti l'acquacoltura acquista agrarietà per il collegamento con l'imprenditore ittico che a sua volta va equiparato all'imprenditore agricolo. Il decreto 227 si occupa dell'ammodernamento del settore forestale, nell'art 8 viene fatta un equiparazione di alcuni soggetti che operano nel settore forestale, che se non fosse per questa equiparazione non sarebbero rientrati nella nozione di agrarietà. Vi è un'incapacità del 2135 nuova formulazione di dare una risposta all'esigenza principale di individuare una nuova definizione di agrarietà capace di farvi entrare al suo interno le esigenze di tutti quegli imprenditori nel settore agro alimentare che rientrano nella normazione dell'Ue. L'elemento di maggiore novità della riforma sta proprio nel comma 2, in cui si vuole derogare il rapporto con il fondo, che si vuole ricondurre a mena possibilità. Si vuole dunque eliminare il necessario collegamento con il fondo, rendendola una mera possibilità, così che la sola eventualità, tale che il fondo è presente o può esserlo. Si perde il collegamento economico funzionale del fondo, questo serve a contenere le possibili eccessive espansioni dell'agrarietà riferite ad attività che non hanno a che vedere con la produzione agricola. Se non c'è il fondo , comunque quelle produzione dovrebbe essere svolta su un fondo o su una altra base quale il bosco o acqua. L'attività di coltivazione o di allenamento può essere svolta anche fuori dal fondo, ma potrebbe essere svolta anche su di un fondo e questa sarebbe la naturale modalità di produzione per il raggiungimento di quel prodotto. Questo è un limite ad una possibile estensione del criterio di agrarietà, come le colture idroponiche, le coltivazioni di piante che potrebbero essere realizzate usando una base fondiaria ma che vengono utilizzate con una modalità alternativa che consiste un assorbimento dell'acqua anche con l'aria. Insomma un'attività che non ha nulla a che vedere con al natura agricola anche dei prodotti. In realtà il riferimento alla selvicoltura è più complicato, dato che non è immaginabile senza il bosco un'attività del genere. Questo principio della potenzialità della presenza del fondo è atto a svolgere un ruolo ove si tratti suolo o allevamento. Dato che lo slegamento dal fondo amplia la condizione di agrarietà, ma restringe quello di allevamento, quindi per via traversa si passa acquacoltori e quello della pesca. Quest'ultimi non curando il ciclo biologico, ma esercitando una attività di cattura di pesci, dovevano essere tenuti distinti dai primi due imprenditori. Quindi la legge delega si ispira all'art 30 de TFUE. Si distingue l'acquacoltore dal pescatore ancora non tanto per la base produttiva ma per la modalità. Guardando all'allevamento il legislatore uniformandosi a quell'articolo , fa riferimento ad un attività di allevamento senza che a questa sia agganciato un allevamento precipuo. Il legislatore delegato allora cosa fa ? Inserisce un nuovo oggetto dell'allevamento, definendo 'allevamento degli animali', categorie di animali, che segna in modo chiaro il distacco con il fondo rustico. La ratio della parola animali sia motivata dall'intenzione di dover palesare in modo chiaro la presa di distanza della nuova definizione riformata rispetto a quella precedente che era fondo-centrata. In realtà questa ratio non è conducente dato che lascia fuori diversi animali ( allevamento cani) Nel 2135 il legislatore delegato aggiunge l'allevamento di animali e nel 2001 aggiunge l'attività di pesca, tenendo distinto il comparto produttivo della pesca dell'acquacoltura e con il dlgs 100/2005, in cui l'attività di acquacoltura si equipara alla pesca e loro volta alla agricoltura. Il problema si pone quando invece nell'art 2135 con cui si è data attuazione alla delega, nel 2 comma si precisa che l'attività di allevamento di animali è riferita alla cura di un ciclo biologico', dunque invece di fare una distinzione inserisce un criterio che contiene la definizione anche delle altre attività. Risulta difficile comprendere è la doppia qualifica degli imprenditori di acquacoltura, che sono equiparati agli imprenditori ittici e a loro volta equiparati agli imprenditori, ma sono imprenditori agricoli anche in forza dell'art 2135 2 comma. Oggi per allevamento di animali bisogna intendere non solo la tradizionale definizione di allevamento che aveva ad oggetto il bestiame, ma vi rientrano una serie di attività di allevamento che utilizzano altre basi produttive, questo comporta che possono rientrare nell'ambito della definizione anche gli animali da pelliccia o quelli allevati nelle riserve di caccia. Quindi non utilizzano il fondo, ma utilizzano il bosco, oltre alle acque dolci salmastre o marine. Dunque in questa definizione vi rientrano tutto ciò che possono o utilizzano le basi produttive indicate. Non rientrano in questa definizione ad esempio l'allevamento dei cani, dato che per questo non è necessaria alcuna base produttiva, oppure possono rimanere fuori allevamenti di animali in cui non è necessaria una base produttiva. La specificazione dell'oggetto 'animali' non è capace di contenere tutti gli animali. Allora si vuole distinguere l'allevamento di animali da quelli vegetali, vi sono delle dottrine che considerano l'agricoltura legata ai vegetali e l'allevamento legato agli animali, ma in realtà vi è anche l'allevamento delle alghe marine. Allora l'aggiunta della parola animali, amplia l'oggetto delle specie allevabili e precisa che l'allevamento riguarda animali e non piante. L'allevamento ha ad oggetto la cura di un ciclo biologico di un essere animale, al contrario l'agricoltura di un essere vegetale. Le basi produttive: il termine bestiame indicava che l'allevamento doveva avere ad oggetto una categoria di animali che doveva essere legata al fondo, adesso non è più necessario il legame al fondo e amplia le categorie ivi comprese, dunque facendo entrare all'interno della definizione altre categorie. L'elemento predominante della cura del ciclo biologico fa si che si possano utilizzare altre basi produttive. Per la coltivazione del fondo nel momento in cui ha adottato un criterio di agrarietà che apparentemente si sgancia da quello fondiario, nel momento in cui richiama il fondo ben 2 volte, intende limitare la base produttiva dell'agrarietà al fondo. Il riferimento al fondo per la coltivazione diventa un argine della possibile espansione dell'attività di agricoltura. Per l'allevamento il fondo non può servire da argine, bisogna comprendere allora quale potrebbe essere il limite entro cui ricomprendere l'allevamento di animali. Rimangono fuori delle attività oggetto di allevamento, nel 2001( cinotecnica ) e successivamente( apicoltura). Quest'ultima avrebbe potuto essere considerata agricola sulla scorta del 'ciclo biologico' , ha avuto bisogno di una legge speciale per ricevere l'attributo di attività agricola, la l.313/20034, secondo l'art 2.1 in cui viene fatta rientrare l'apicoltura nella definizione dell'art 2135, quindi di per sé non lo è ma potrebbe essere un'attività connessa al fondo. Questa norma segnalerebbe una mancanza di coordinamento con il nuovo 2135, dato che si considera un apicoltura svolta senza alcun utilizzo del fondo rustico, senza base produttiva. Questa cosa non è coordinata all'art 2135, ma l'aspetto che l'attività di apicoltura è caratterizzata da attività nomadi , cioè possono essere spostati senza modificazione. A parte una serie di sviste che vi sono in questa legge, bisogna però precisare che il legislatore vuole considerare questa attività contenuta nell'art 2135. In realtà parlando di animali, la definizione non è poi così elastica, dato che l'apicoltura ne starebbe fuori. All'interno del nuovo art la definizione dell'allevamento di animali contiene anche l'acquacoltura, ma il mantenimento dei questa norma, più quella dell'art 3 del decreto 100 sottolinea la scarsa capacità ordinante dato dal criterio del ciclo biologico. La volontà legislativa pretendeva una agrarietà per equiparazione per l'acquacoltura, dunque l'intenzione era quella di estendere tutte le agevolazioni a tutti gli imprenditori che si trovano nel comparto agroalimentare. Ma il legislatore oltre a creare una grande confusioni, ha allargato le agevolazioni previste per gli imprenditori agricoli a tutti gli altri imprenditori acquacoltori e ittici. Lo stravolgimento che è stato compiuto dal nuovo articolo comporta e ha comportato l'estensione dello statuto dell'imprenditore agricolo, cioè l'insieme delle norme che il c.c. ha voluto fare tenendolo distinto dall'imprenditore commerciale e quelli che sono soggetti alla registrazione. NORME SPECIALI DI CONTORNO AL CODICE. Le norme, precedenti alla riforma del codice, sono state introdotte con riguardo a delle equiparazioni fatte con l'agricoltura. -l173/1998-- -343/1998(allevamento di cani): equiparazione della cinotecnica adottando un criterio diverso da quello della prevalenza, ma utilizzando come criterio quello dell'utilizzo di non più di 5 cimotrici e che non producono un tot di cuccioli l'anno, inoltre questa attività non deve essere prevalente rispetto ad altra attività. Vengono inventati dei criteri che sono agganciati alla dimensione, dunque riguardo al reddito legato al criterio della prevalenza. Questo soggetto dunque non fallisce. Queste leggi che fine fanno dopo l'introduzione del nuovo criterio di agrarietà? E' importante prendere spunto da una sentenza della Cassazione, che definisce l'art 2135 come una norma innovativa ma non retroattiva, questo significa che spiega la sua efficacia per il futuro, dunque per le norme precedenti questo art non svolge alcun aspetto retroattivo, non ha forza retroattiva. La norma riferita all'allevamento da corsa è un'attività agricola ex se. Nell'allevamento dei cani non si svolge tradizionalmente su una base produttiva individuata tra la legge e neanche potenzialmente, dunque la cinotecnica come attività agricola ex se sarebbe impossibile alla stregua del nuovo criterio, quindi la norma sopravvive perché non ci sarebbe la possibilità di attribuire il carattere dell'agrarietà. L'art 2135 quindi non è retroattiva e leggi precedenti si considerano vigenti, fermo restando che per l'allevamento di equini viene garantita dall'art 2135, invece l'allevamento di cani è garantito dalla l.343. NORMATIVA DI CONTORNO, agganciata all'art 2135, cioè quella previdenziale, assicurativa e antinquinamento. Queste leggi hanno fatto riferimento alla nozione di agrarietà dell'art 2135. In materia previdenziale si considerano imprenditori agricoli coloro che svolgevano nelle loro attività un'impresa anche quando mancasse una titolarità del fondo. Un diverso atteggiamento ha avuto la materia tributaria, dato che ha distinto le imprese agricole da quelle commerciali, sulla scorta della presenza del fondo e ha parametrato le imposte sul reddito fondiario, e non su quello dell'impresa. Per le attività connesse queste ex se rientrano nei parametri della 3 comma dell'art 2135 si considerano produttive di reddito agrario. Un'altra branca di disciplina è quella dell'antinquinamento, come l'insieme di regole per gli insediamenti produttivi, a seconda che questo sia industriale o collegato alle acque reflue domestiche e sono: Allevamento che si svolga secondo criterio di normalità e di complementarietà del ciclo produttivo, parliamo di dimensione e modalità di svolgimento LEZIONE 7 1 ATTIVITÀ' CONNESSE Anche nella vecchia formulazione dell'art 2135, sono considerate agricole ancorché si tratti di attività che senza il carattere della connessione farebbero riferimento all'art 2195. dunque per natura sono attività obbligate alla registrazione, però per via della connessione dell'attività principale sono considerate agricole. Questo meccanismo significa sottrarre dallo statuto commerciale e sottoporre allo statuto agricolo. Sono attività ausiliarie ad esempio. Quando queste attività sono connesse all'attività agricola principale vedono colorare il loro carattere di agrarietà, perdendo il carattere dell'industrialità. La conseguenza è che l'imprenditore che svolge queste attività viene considerato agricolo e anche le attività stesse. Nella prima stesura dell'art le attività connesse erano trattate nel 2 comma, che lungi da darne una definizione , vengono inserite le attività che si presumono connesse. Il requisito della connessione è dato dall'esercizio normale dell'agricoltura, ciò che normalmente gli imprenditori agricoli fanno per completare il ciclo produttivo, normalmente vuol dire senza l'intervento di modalità industriali. Quindi le modalità sono quelle che vengono adottate tradizionalmente nell'agricoltura. Il criterio della normalità, che nel momento in cui è stato formulato sembrava che poteva essere adeguato ai cambiamenti che l'agricoltura andava subendo, è un laccio molto stringente perché la giurisprudenza ha percepito la difficoltà di far passare nell'esercizio normale ciò che consiste nella produzione industriale, anche se queste attività vengono sempre più incentivate a livello di politica agricola europea per raggiungere come obiettivo quello dell'ammodernamento. Ciò significa che il criterio della normalità non è più adeguato all'esigenza dell'ammodernamento di cui abbiamo parlato. per connessione si intendo un rapporto economico funzionale tra attività principale e attività secondaria, la funzione è quella di chiudere al meglio il ciclo produttivo, a migliorare l'attività di produzione principale. Il criterio che veniva adottato nel vecchio articolo era quello della normalità, cioè attività che non coincidono con quella principali, ma sono capaci di migliorare la produttività nel mercato se svolte dallo stesso soggetto. ECONOMICO-FUNZIONALE--> l'attività secondaria non deve essere prevalente in primo luogo ma deve essere funzionale al raggiungimento di un obiettivo di miglioramento del ciclo produttivo; cioè migliore competitività nel mercato dei prodotti agricoli. Beni che necessitano di una prima trasformazione, come il latte , i formaggi. Il rapporto di connessione nell'antico art viene imperniato nel criterio di normalità. Inizialmente questo criterio si considerava elastico, capace di contenere una serie di attività, ma poi è divenuto un limite perché proprio questo criterio intende come normalità la non industrialità, ma questo nel mondo attuale è molto sviluppato. Il criterio della normalità dunque escludeva il criterio dell'industrialità, questo spinge il nostro legislatore ad applicare una modifica. Questo limite della non industrialità è il baluardo a cui fa riferimento tutta la disciplina speciale dedicata all'agricoltura a cui fa riferimento il c.c. del 1942, dunque la normalità era un criterio perfetto per basare la differenza tra imprenditore commerciale e agricolo. Il criterio di normalità poneva limiti insormontabili per l'interprete che voleva considerare attività connesse talune attività che avevano il carattere dell'industrialità. Si crea una frattura dato che vengono qualificate come connesse anche attività che sono seguite con criterio industriale, si infrange la barriera che era usata per dividere le attività agricole da quelle commerciali. In questo modo si è indebolito il criterio distintivo tra attività commerciali e agricole che ha portato il legislatore ha enfatizzare un altro criterio quello della necessaria uni soggettività, ma anche questo non è tanto esaustivo dato che esistono attività che vedono l'esercizio di terzi ( es. cooperative e consorzi). Se per un verso nel codice con la riforma si vuole sostituire il criterio della normalità con quello della uni soggettività, fuori dal codice invece vengono considerate imprese agricole anche imprese svolte in forma cooperativa o consortile e dunque da persone giuridiche diverse da quella che svolge l'attività agricola, dunque viene superato il principio della uni soggettività. Si passa da una connessione fondata dalla normalità ad una connessione fondata su un criterio nuovo che è quello della prevalenza. In realtà quest'ultimo recepisce da quello di prima che l'attività principale deve rimanere prevalente rispetto a quella connessa, anche dal punto di vista reddituale. L'attività connessa deve essere non subordinata, ma accessoria all'attività principale. Gli aggettivi: una cosa è la connessione altra cosa è l'accessorietà, altra cosa è la solidarietà. Quest'ultima si trova nell'art2135, quando nell'ult. Comma si dice attività 'ausiliarie alle precedenti'. La funzione della connessione è diversa da quella dell'ausiliaria, quest'ultima segnala un tipo di attività funzionale alla agevolazione di un'altra attività che mantiene la sua autonomia. La connessione a cui fa riferimento l'art rimanda a quel rapporto economico-funzionale tale da far perdere all'attività connessa il carattere dell'autonomia. Non sono attività ausiliarie ma sono funzionali, incluse nello stesso ciclo produttivo, ecco perché la connessione avviene tra attività e non tra imprese. Ci può essere all'interno di una stessa impresa un ramo che si dedica alla trasformazione, cioè l'attività connessa. I due diversi momenti aziendali sono da considerarsi all'interno di un unico ciclo produttivo e dunque all'interno di una stessa impresa. L'attività accessoria si distingue da quella connessa, sicuramente la differenza sta nel collegamento economico-funzionale. Dunque l'attività connessa può essere anche una fase precedente all'attività principale, ma concorre a monte allo svolgimento dell'attività principale che è quella di allevamento. Nel nuovo 2135 questa esigenza del rapporto economico funzionale viene affidato al criterio della prevalenza, si vuole sopperire a questo indebolimento attraverso l'enfatizzazione della preminenza della soggettività e della rilevanza dell'attività principale su quella secondaria. Prevalenza equivale a preminenza. Nel caso di connessione per oggetto, guardando ai beni, nel caso di commercializzazione, l'attività connessa deve avere ad oggetto prevalentemente i beni della attività principale. Dunque l'imprenditore agricolo deve prevalentemente trasformare, manipolare o commercializzare i propri prodotti. Nel vecchio 2135 non si faceva riferimento alle attività connesse di servizi, nella nuova formulazione si introduce questa attività e bisogna capire il modo come qualificare usando il criterio della prevalenza. La connessione non fa riferimento ai beni e dunque ai prodotti ma fa riferimento all'utilizzazione dei beni aziendali per l'attività principale. Si tiene conto di parametri differenti, prevalenza del prodotto per la produzione o trasformazione di beni, e connessione per azienda o utilizzazione prevalente di beni aziendali con riguardo alle attività di servizi. L'individuazione di questo criterio farà in modo che non sia più necessario individuare fuori dal codice quelle attività di servizi che sono in rapporto economico funzionale con l'attività principale. Il criterio di prevalenza tiene conto del rapporto economico funzionale con i beni aziendali. L'attività connessa è agricola per il fatto che entra in un rapporto economico funzionale con quella principale. L'attività connessa ha un carattere strumentale rispetto a quella principale. Ancorché viene utilizzato il principio di prevalenza dei beni ad esempio, e non quello della esclusività, indebolisce quel necessario rapporto di preminenza perché se lo esaminiamo dal punto di vista reddituale, ci rendiamo conto l'attività connessa non rispetta il necessario rapporto di preminenza e quindi l'aver adottato il criterio della prevalenza indebolisce il profilo della preminenza. Quindi un reddito preminente dell'attività connessa rispetto all'attività principale tradisce il criterio della preminenza. Questo profilo emerge nella disciplina specifica di una delle attività connesse cioè l'attività connessa della vendita. Oggi il rapporto di integrazione del processo produttivo è strumentale al conseguimento di ulteriori L 10 9 ap L11 28 ap L11 29 aprile L 12 30 aprile LEZIONE 9 ( 8 aprile) La connessione deve salvaguardare la non autonomia dell’attività con la prevalenza di quella principale. Anche se il criterio di prevalenza non è capace di contenere le diverse esigenze del mercato agricole. Modalità di vendita al dettaglio La norma speciale che prevede la vendita al dettaglio non può essere riferita al 3 comma dell’art 2135. Una cosa è ciò che la legge speciale vuole raggiungere altra è la qualifica di imprenditore agricolo. Nella nuova versione dell’art 2135 vengono menzionate una serie di attività da considerare ‘comunque’ connesse. Una prima parte del 3 comma fa riferimento a delle attività che si intendono ‘comunque connesse’, questo ci spinge a riflettere sulla differenza dell'incipit del 2 comma del vecchio articolo, lì si diceva invece che ‘si reputano connesse’. Prima la norma che indica il criterio di connessione dava una presunzione, oggi invece si da spazio ad una norma meramente esemplificativa. L’elenco contenuto nel nuovo articolo non è un elenco tassativo, invece l’individuazione effettuata nel vecchio era tassativa dato che si presumevano connesse senza ‘comunque’. L’indicazione posta al 1 comma del vecchio art. in cui vengono enumerate le attività principali e connesse, questa individuava la possibilità di attività connesse atipiche, il 2 comma era una norma che definiva la connessione con riguardo a due attività ( alienazione connessione). L’indicazione del 1 comma lasciava all'interprete la possibilità di individuare altre attività fuori dalle ipotesi del 2 comma che però non avrebbero potuto sfuggire all'applicazione del criterio di normalità. Ecco che tra le attività connesse per esempio gli interpreti facevano rientrare la monta taurina, come attività preparatoria a quella di allevamento, era un'attività funzionale a quella attività. Nel nuovo art vengono menzionate le attività connesse in modo indicativo. L’avverbio comunque svuota di significato il riferimento alle attività connesse del primo comma, dato che implicita l’apertura ad altre attività connesse oltre a quelle menzionate. Questo viene rafforzata dall’individuazione di una serie di attività connesse di servizi a cui fa riferimento il legislatore nella seconda parte. E’ già presente nel nuovo art 3 comma, il riferimento alla possibilità che attività connesse sono non solo quella di produzioni di beni, ma anche l’esercizio di attività di servizi, cosa che prima non era così palese e né scontato. la monta taurina ad esempio è un attività di servizio, considerata appunto atipica. oggi le attività di servizi sono espressamente menzionate e si applica il criterio di prevalenza ma con una modalità differente. Le attività connesse per prodotto sono connesse soggettivamente, perchè utilizzato dall'imprenditore e oggettivamente perchè utilizzano almeno il 51 % dei prodotti ottenuti dalla coltivazione del fondo del bosco o dell’allevamento di animali. Vi è riferimento esplicito alla base fondiaria. Il criterio di prevalenza viene utilizzato in termini quantitativi. nell’andare a definire la vendita al dettaglio, al comma 8 dell'art 4 del d,lgs 228/ 2001,si dice che “Qualora l'ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell'anno solare precedente sia superiore a lire 80 milioni per gli imprenditori individuali ovvero a lire 2 miliardi per le società', si applicano le disposizioni del citato decreto legislativo n. 114 del 1998. “ Il criterio utilizzato è quello della redditività, se si supera il limite non è più dentro una vendita al dettaglio. questo perché nel terzo comma la prevalenza non riguarda l’eventuale plusvalore in termini reddituali, che l'imprenditore può realizzare attraverso l’utilizzo di prodotti che provengono dall'esterno. la prevalenza va misura in termini quantitativi, si dovranno verificare glo acquisti e le vendite dei prodotti oggetto delle varie attività . - viene individuato un criterio di prevalenza quantitativo che guarda ai prodotti e non al possibile ricavo ottenibile - la verifica va fatta in concreto e deve avere ad oggetto acquisti e vendite mette in evidenza la necessità di una contabilità, infatti annotazione nei libri contabili, questo sollecita una riflessione circa lo statuto speciale dell'imprenditore agricolo, secondo il quale non c’è questo obbligo. in concreto se questi imprenditore devono dimostrare che quella attività è connessa lo attività di ricezione e ospitalità. L’attività di agriturismo era perfettamente compatibile con la vecchia formulazione dell’art., dove l'agriturismo non è autonomo ma è complementare, ci deve essere una proporzionale tra attività principale connessa. La compatibilità con il vecchio 2135 viene meno contemporaneamente all'introduzione del nuovo art, dato che la nuova definizione , l’attività agrituristica risulta ancora una volta incompatibile. Esaminando il d.lgs.22/2001 nell’Art. 3, intitolato : Attività' agrituristiche “1. Rientrano fra le attività' agrituristiche di cui alla legge 5 dicembre 1985, n. 730, ancorché' svolte all'esterno dei beni fondiari nella disponibilita' dell'impresa, l'organizzazione di attività' ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del territorio, nonché' la degustazione dei prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita del vino, ai sensi della legge 27 luglio 1999, n. 268. La stagionalità' dell'ospitalità' agrituristica si intende riferita alla durata del soggiorno dei singoli ospiti. 2 Possono essere addetti ad attivita' agrituristiche, e sono considerati lavoratori agricoli ai fini della vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale, i familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile, i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, determinato e parziale. 3. Alle opere ed ai fabbricati destinati ad attività' agrituristiche si applicano le disposizioni di cui all'articolo 9, lettera a) ed all'articolo 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, nonche' di cui all'articolo 24, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativamente all'utilizzo di opere provvisionali per l'accessibilità' ed il superamento delle barriere architettoniche. “ L’art 3 si aggancia alla vecchia legge dell'85 che però richiede l’esistenza di un rapporto economico funzionale con i beni aziendali utilizzati nell’attività principale e si allontana dal criterio di connessione per azienda adottato nel 3 comma del nuovo art , dato che questo richiederebbe l’applicazione della prevalenza. Qui viene meno la connessione con l’azienda , infatti si fa riferimento alla disponibilità dell’impresa anche di attività svolte all’esterno. Vi è uno snaturamento del criterio di connessione, che non trova adesso nessun aggancio. Non c’è alcun criterio di prevalenza. Quindi attraverso l’art 3 il legislatore compie un'operazione DISASTROSA, rompendo la logica dell’85 e non per includere i nuovi parametri e criteri di connessione , ma per escluderne completamente la previsione. Infatti rimarrebbe solo la connessione soggettiva, venendo meno quella oggettiva. Questo intervento legislativo ha avuto delle conseguenza inevitabili, ad esempio attività di ricezione turistica senza nessuna connessione hanno potuto per un lungo tratto di tempo, hanno potuto usufruire dell’esonero dell'imprenditore commerciale, quando invece potevano rientrare, dato che si tratta di attività autonome. Il legislatore decide di intervenire,con la legge 96/2006 conferma il requisito di una soggettività e unidirezionalità , scompare la complementarietà, adotta una serie di criteri cui devono avvalersi le regioni, che devono verificare le attività turistiche che non devono avere dimensioni tali da perdere il requisito della connessione. La legge cerca di ricondurre sotto l’applicazione del nuovo criterio di prevalenza l'attività agrituristica, però non tiene conto di una cosa: qualche anno primo è entrata in vigore la riforma del TITOLO V della cost e la materia agricoltura è diventata materia di competenza esclusiva delle regioni, che impugnano la legge del 2006, la corte dichiara illegittime una serie di norme, per cui la legge viene svuotata di contenuto e oggi in materia di agriturismo sono rientrate norme nuove. Sopravvivono della l.96 solo il 2 comma dell’art 1 e il 5 comma, l’art 12 che assimila l’attività di agriturismo a quella di ittiturismo, l’art 9 che stabilisce alcuni parametri stabiliti dalle Regioni con riferimento alla connessione per azienda e al 2135 3 comma. Le leggi regionali hanno adeguato la loro legislazione, queste leggi però ad avviso della prof non sono superflue, ma poiché si sono tutte adeguate all’applicazione del 3 comma saranno utili solo con riguardo alla funzione che essa svolge, come l’elencazione di taluni parametri che sono peculiari, che tengono conto di esigenze di una determinata regione. Quello che viene fuori è il ritorno al collegamento con l’ambiente rurale, naturale che evoca il tradizionale collegamento con il fondo, pur essendo apparentemente eliminato con riguardo alla definizione delle attività principali. LEZIONE 10 Le attività connesse sono la frontiera della modernizzazione delle attività che si svolgono nel comparto agricolo, ovvero sono attività che interessano un territorio sempre più tutelato. Analizzando il criterio di prevalenza, abbiamo notato che questo di modula in maniera diversa a seconda se abbia ad oggetto prodotti o servizi. Abbandonando il criterio di normalità, si rende necessario il profilo dell'uni-soggettività, questo significa che quanto meno dal punto di vista del soggetto e dell'impresa vi deve essere un unico imprenditore. E’ imprenditore agricolo anche colui che svolge attività connessa, anche se questa ha caratteristiche tipiche di un attività commerciale. Ci sono delle attività qualificanti, segnalate dal 1-2 comma del 2135 cioè quelle principali, e quelle qualificate, sono le attività connesse riferite al comma 3 del 2135. L’unicità dell’impresa è il presupposto della connessione, sulla scorta dell’interpretazione del vecchio art era stato già segnalato, oggi viene esplicitato in modo chiaro nella disposizione del 3 comma del nuovo art 2135. Una connessione tra imprese svaluterebbe la soggettività giuridica, quindi non è una connessione soggettiva, ma è una UNISOGETTIVITA’, una sola impresa e diverse attività. Questo ‘dogma’ si ritrova in talune nome che attribuiscono la qualifica di attività agricola a cooperative e consorzi che svolgono attività agricole in prosecuzione dell’attività principale condotta individualmente dai singoli soci. Rispetto a queste ipotesi, prima della riforma dell’art, queste ipotesi erano state studiate dalla giurisprudenza perché questa non aveva escluso la possibilità di considerare come imprenditori agricoli cooperative e consorzi dato che questi svolgono attività quali la commercializzazione , la valorizzazione dei prodotti agricoli, quando dal punto di vista oggettivo queste utilizzassero solo i prodotti delle attività principali dei singoli soci. Era la prosecuzione ‘normale’ dell’attività dei singoli soci, normale perchè affidare alle cooperative ai consorzi la fase della trasformazione e dell’allocamento nel mercato consente ai soci di risparmiare di guadagnare di più. Questa attività viene considerata come strumentale alla corretta e migliore prosecuzione di quella principale. Cooperative e consorzi altro non sono che persone giuridiche diverse, ma svolgono l’attività continuando quella dei singoli soci. E’ una forzatura però questo riferimento dato lo scopo mutualistico di queste forme di società, ma dal punto di vista oggettivo dell’attività , la scelta giurisprudenziale può essere compresa. Oggi si prende atto di questo riferimento, ma sia nel d.lgs 228 ( art 1.2), sia d.lgs 226 (art 2.2), da una definzione delle cooperative e dei consorzi che lascia pensare ART.1.2 d'lgs 228/2001 “Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attivita' di cui all'articolo 2135 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico. “ ART 2.2 d'lgs 226/ 2001: ? In entrambi i casi si tratta di una norma divisa in due parti, da una parte ci è un'attività svolta da cooperative svolte da imprenditori ittici che utilizzano in prevalenza prodotti dei soci, nella seconda parte si fa riferimento alla fornitura prevalente ai soci di beni e servizi, nella prima norma riferite al ciclo produttivo, nella seconda invece beni e servizi di attività del comma 1, questo vuol dire che consiste nella cattura o raccolta. In queste due norme si fa riferimento a consorzi e cooperative che offrono ai singoli soci prevalentemente dei servizi diretti all'attività principale . Non possono essere considerate attività con le quali si porta a conclusione un ciclo, ci distacchiamo dal senso dello svolgimento delle attività connesse. Questi servizi sono diretti a migliorare la prima fase della produzione, l’attività principale; non sono rivolti a terzi ma la direzione sono i soci medesimi perdendo il senso della commissione e del rapporto economico funzionale. Sono attività che tornano indietro a favore dei soci . Per le attività di commercializzazione , valorizzazione,ecc. viene meno in queste norme il rapporto tra attività connesse e i prodotti provenienti dalle attività dei singoli soci. Questo dimostra una grande debolezza, essendo una forzatura il criterio di connessione della unisoggettività. Aver preso a prestito il criterio secondo il quale si poteva forzare l’uni soggettività,viene meno in queste norme, dato che applicare il criterio della prevalenza smonterebbe l’applicazione di quel riferimento. Si consente la possibilità di considerare i.a. soggetti giuridici che svolgono attività connesse sebbene utilizzando i prodotti non provengano dai soci, vi è una connessione tra imprese piuttosto che tra attività. La connessione che potremmo intendere per ausiliarietà ci conduce ad una norma in cui questa viene presa in considerazione, nell’art 2195. Gli interpreti con rif a questo art hanno escluso il riferimento ad un paradigma simile a quello dell’art 2135, in realtà non è così perché una cosa è la connessione altra è la ausiliarietà. Non esiste quindi l’ipotesi di ausiliarietà per connessione. Le attività inserite nei dlgs sono sì ausiliarie e non connesse, nel senso proprio. Queste attività di servizi sono qualificate , dal legislatore, come riferite all'imprenditore agricolo, ma non dice nulla, noi immaginiamo che siano attività connesse. Quindi svolgono sia attività connesse che ausiliarie. - Non coerenza con la norma 2135 - il legislatore sente l’esigenza di considerare queste forme societarie come imprenditori agricoli L’intento è quello di estendere l’applicazione dell’art 2135. Altra ipotesi di attività connesse sono quelle selvicolturali. La disciplina si trova nell’Art. 8 : “1. Le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli.” . Sono considerate connesse ma non vi è nessun riferimento al criterio di connessione. Il legislatore senza specificare quali cooperative e quali consorzi, come se questi ormai facessero parte del club dell'imprenditore agricolo. Devono essere equiparate anche se svolgono e forniscono in via principale servizi, autonomamente e quindi non in connessione, sono attività considerate commerciali. Non perché svolgono attività connessa, ma perché si occupano di fornire servizi ad un settore che è degno di attenzione e agevolazione solo per questo sono coperte dalla tutela agricola. Non vi è più “ si considerano”, ma ” sono equiparate”. Fattispecie estranea a quella che abbiamo studiato.
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