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Appunti di Diritto Privato, Appunti di Diritto Privato

L’OBBLIGAZIONE : PROFILI GENERALI, LA CLASSIFICAZIONE DELLE OBBLIGAZIONI, MODIFICAZIONI ATTIVE : SURROGAZIONE, CESSIONE DEL CREDITO, DELEGAZIONE, MODIF. PASSIVE DEL RAP. OBBLIG. : DELEGAZIONE, ESPROMISSIONE, ACCOLLO, ESTINZIONE FISIOLOGICA DELL’OBBLIGAZIONE : ADEMPIMENTO, L’INADEMPIMENTO, PROMESSE UNILATERALI : FONTE DELL’OBBLIGAZIONE, CONTRATTO : PROFILI GENERALI, ELEMENTI ESSENZIALI DEL CONTRATTO, ELEMENTI ACCIDENTALI DEL CONTRATTO, CONTRATTO PER PERSONA DA NOMINARE E LA CESSIONE DEL CONTRATTO, TRATTATIVE E RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE, FORMAZIONE E CONCLUSIONE DEL CONTRATTO, VINCOLI PRECONTRATTUALI : CONTRATTO PRELIMINARE E ALTRI NEGOZI GIURIDICI, INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO, EFFETTI DEL CONTRATTO, INVALIDITA’ DEL CONTRATTO, RISOLUZIONE DEL CONTRATTO, RECESSO, COMPRAVENDITA E CONTRATTI TRASLATIVI, CONTRATTI DI GODIMENTO: LOCAZIONE, LEASING (O LOC. FINANZ.) E AFFITTO, CONTRATTI DI COOPERAZ. : MANDATO, COMMISS., SPEDIZ., AGENZIA, MEDIAZCONTRATTI REALI: DEPOSITO, COMODATO, MUTUO

Tipologia: Appunti

2021/2022

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Scarica Appunti di Diritto Privato e più Appunti in PDF di Diritto Privato solo su Docsity! GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 1 L’obbligazione rappresenta un vincolo giuridico in forza del quale un soggetto, debitore, è tenuto ad effettuare una prestazione, di dare, fare o non fare nei confronti di un altro soggetto, creditore. Pertanto il rapporto giuridico obbligatorio si compone dei seguenti elementi: ▪ i SOGGETTI, cioè il debitore e il creditore; ▪ il CONTENUTO, rappresentato dal diritto relativo del creditore nei confronti del debitore, credito, e dal corrispondente obbligo del debitore nei confronti del creditore, cioè il debito; ▪ l’OGGETTO, cioè la prestazione che si sostanzia in un comportamento di contenuto positivo (dare o fare) o negativo (cioè il non fare), ▪ l’INTERESSE della prestazione, infatti la prestazione deve corrispondere ad un interesse del creditore, che può essere morale, artistico, religioso, scientifico o culturale, purché sia serio, socialmente apprezzabile e pertanto meritevole di tutela. Non rientrano invece nel concetto di interesse creditorio i meri interessi individuali, cioè gli interessi ulteriori assimilabili ai motivi, che nella fase costitutiva del negozio, non hanno rilevanza giuridica. Per quanto riguarda i soggetti del rapporto obbligatorio: ▪ il CREDITORE è titolare del diritto di esigere una determinata prestazione; ▪ il DEBITORE ha l’obbligo di eseguire tale prestazione. La prestazione indica sia il comportamento che deve tenere il soggetto obbligato, sia il risultato pratico di tale condotta ed è l’oggetto dell’obbligazione. Il comportamento dovuto potrà esplicarsi in una condotta positiva (dare/fare) o negativa (non fare).Non bisogna confondere l’oggetto dell’obbligazione (che è appunto la prestazione) con l’oggetto della prestazione stessa, che è il bene o l’attività dovuti dal debitore e spettanti al creditore. L’articolo 1346 del codice civile individua i requisiti della prestazione del contratto. Nello specifico, la prestazione deve essere: ▪ possibile, ▪ lecita, ▪ determinata, ▪ determinabile. La prestazione possibile è quella consistente in un’attività realizzabile sia sul piano materiale che giuridico, idonea ad essere dedotta come contenuto dell’obbligazione. La prestazione lecita è quella non contraria a norme imperative e all’ordine pubblico. Tale requisito deve sussistere e permanere per tutta la durata del rapporto obbligatorio. La prestazione è determinata quando risulta individuata nella sua qualità o quantità, sin dalla costituzione del rapporto obbligatorio. La prestazione è determinabile quando, pur se non indicata specificamente, le parti hanno fissato i criteri in base ai quali sia possibile, in un momento successivo, procedere alla sua determinazione, senza un ulteriore intervento dei contraenti. Secondo l’articolo 1174 del codice civile, la prestazione deve essere suscettibile di valutazione economica. La patrimonialità della prestazione funge da criterio distintivo delle vere e proprie obbligazioni dagli altri obblighi giuridici. Inoltre, la legge impone al creditore e al debitore di comportarsi secondo le regole della correttezza (articolo 1175 del codice civile). Ciò significa che le parti hanno il dovere di reciproca collaborazione. Il debitore deve seguire tutte le prestazioni strumentali ed accessorie che risultino necessarie affinché l’interesse del creditore sia compiutamente realizzato e il creditore deve cooperare con il debitore per agevolargli l’adempimento della prestazione. Gli obblighi non giuridici non hanno alcuna rilevanza per il diritto, tuttavia, in alcuni casi l’ordinamento riconosce rilevanza giuridica a semplici doveri sociali e morali che prendono il nome di OBBLIGAZIONI NATURALI. Esse sono disciplinate dall’articolo 2034 del codice civile, secondo il quale non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali e sociali, salvo che la prestazione sia eseguita da un’incapace. Sono considerati obbligazioni naturali i doveri morali e sociali che costituiscono espressione di valori condivisi dalla generalità dei consociati. Pertanto non rientrano nel concetto di obbligazione naturale i doveri della morale individuale e i doveri che esprimono valori condivisi da una collettività priva del carattere della generalità. Costituiscono esempi l’adempimento della disposizione testamentaria fiduciaria, l’adempimento del debito di gioco e il pagamento del debito prescritto. L’unico effetto è l’irripetibilità, cioè l’impossibilità di avere indietro quanto prestato in adempimento del dovere morale sociale, cosiddetta assoluti retentio, purché l’adempimento sia stato posto in essere spontaneamente e ad opera di un soggetto capace. Il codice civile non fornisce una definizione di obbligazione, ma si limita ad individuarne le fonti. Nello specifico, ai sensi dell’articolo 1173 del codice civile, le obbligazioni derivano dalle seguenti fonti : ▪ CONTRATTO, ▪ FATTO ILLECITO, ▪ ogni altro FATTO O ATTO IDONEO A PRODURLE in conformità dell’ordinamento giuridico (ad esempio la Gestione Degli Affari Altrui o l’Arricchimento senza Causa). L’OBBLIGAZIONE : PROFILI GENERALI GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 2 Tali fonti dell’obbligazione si caratterizzano per la loro autonomia, intesa nel senso che, una stessa obbligazione, può trovare la sua genesi in diverse fonti. E’ l’esempio dell’obbligo di risarcire il danno che può derivare sia da un fatto illecito (articolo 2043 del codice civile) dando luogo ad una responsabilità extra contrattuale, sia da l’inadempimento dell’obbligazione (articolo 1218 del codice civile), nel qual caso si configura una responsabilità contrattuale. Per quanto riguarda il contenuto della prestazione, si distingue tra: ▪ obbligazioni di dare, ▪ obbligazioni di fare, ▪ obbligazioni, di non fare. Le obbligazioni di dare possono essere intese come consegnare, trasferire o costituire un diritto. Esse si distinguono ulteriormente in: ▪ obbligazioni generiche (hanno ad oggetto la prestazione di cose determinate soltanto nel genere), ▪ obbligazioni specifiche (individuano beni determinati nella loro individualità). Le obbligazioni di fare hanno ad oggetto un comportamento attivo, diverso dalla consegna materiale di una cosa determinata, le quali si distinguono in: ▪ obbligazioni di mezzi (il debitore è tenuto a svolgere l’attività oggetto di vincolo, senza che rilevi il raggiungimento del risultato voluto dal creditore, ad es. l’opera professionale di un avvocato), ▪ obbligazioni di risultato (il debitore risponde del raggiungimento del risultato dedotto in obbligazione, ad esempio, nell’ipotesi dell’obbligo gravante sul l’appaltatore d’opera). Le obbligazioni di non fare hanno ad oggetto un comportamento omissivo del debitore, le quali esprimono un divieto. Con riguardo al numero delle prestazioni dedotte in obbligazione, si distinguono: ▪ obbligazioni semplici (in cui è dedotta una sola obbligazione), ▪ obbligazioni alternative, ▪ obbligazioni facoltative. Un’ulteriore distinzione è tra: ▪ obbligazioni fungibili, ▪ obbligazioni infungibili. L’obbligazione è fungibile quando è sostituibile, cioè ha ad oggetto un bene il cui valore economico, commerciale o personale è equivalente a quello di un altro bene. L’obbligazione, invece, è infungibile quando non è sostituibile con altra in quanto individuata dalle parti in funzione di un determinato rapporto. Le obbligazioni pecuniarie, aventi ad oggetto somme di denaro, sono disciplinate dagli articoli 1277 del codice civile e si caratterizzano per la natura dell’oggetto della prestazione e per la genericità della prestazione stessa, in quanto il denaro viene assimilato a cose di genere e fungibili. Infatti, la peculiarità della disciplina delle obbligazioni naturali è insita nella natura stessa del denaro, il quale: ▪ ha un valore reale (quale corrispettivo per l’acquisto di beni), ▪ ha un valore nominale (che corrisponde all’importo numerico impresso sulla moneta), ▪ ha un valore intrinseco (dato dall’entità del metallo che compone la moneta). Tutta la materia è regolata dal PRINCIPIO NOMINALISTICO, secondo il quale le obbligazioni pecuniarie si estinguono con moneta avente valore legale al momento del pagamento e per il suo valore nominale. La ratio di tale principio è quella di evitare situazioni di incertezza relative all’entità dei debiti pecuniari, rendendone certo e definitivo il contenuto. Nonostante l’articolo 1277 del codice civile stabilisca che i debiti pecuniari devono essere estinti mediante moneta avente corso legale nello Stato, non può escludersi la possibilità di pagamento attraverso altri titoli, cosiddetti mezzi di pagamento alternativi al denaro, quale il conto corrente postale, il vaglia postale, i libretti postali o bancari, gli assegni, le carte di credito e i titoli di credito. Tra i temperamenti, alla rigidità del principio nominalistico può ricomprendersi anche la distinzione tra la: ▪ categoria dei debiti di valore (sottratti a tale principio), ▪ categoria dei debiti di valuta (che soggiacciono alla previsione dell’articolo 1277 del codice civile). Il debito è di valuta se l’oggetto della prestazione consiste, aborigene in una somma di denaro quantitativamente determinata o determinabile mediante una mera operazione aritmetica, ad esempio quando la prestazione si determina in funzione di un multiplo o di una frazione di un’unità monetaria legale. Il debito di valore non ha per oggetto una somma liquida o agevolmente liquidabile, in quanto, al fine di determinare il valore della prestazione in termini monetari, è necessaria un’operazione di conversione del valore di un bene, diverso dal denaro, in termini monetari, (liquidazione), quindi il debito di valore non è liquido e nel momento della liquidazione si converte in debito di valuta. Prima della liquidazione, i debiti di valore non possono produrre né interessi corrispettivi (non essendo la somma certa nel suo ammontare), né interessi moratori (non potendo scattare il ritardo colpevole, se la prestazione non è esigibile). LA CLASSIFICAZIONE DELLE OBBLIGAZIONI GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 5 L’accollo si distingue dall’espromissione in quanto l’accordo interviene tra creditore e terzo, nonché dalla delegazione in cui l’accordo interviene tra debitore e terzo, ma ad oggetto l’incarico di pagare al creditore e di promettergli una data prestazione. Il creditore può aderire all’accordo rendendo così irrevocabile la stipulazione in suo favore. In tal caso si determina un vero e proprio diritto del creditore verso il terzo, il terzo è obbligato verso il creditore che ha aderito alla stipulazione, nei limiti in cui ha assunto il debito, potendo opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale l’assunzione è avvenuta. Da ciò deriva che il terzo risponde solo nei limiti del debito assunto, mentre per l’eventuale residuo risponde esclusivamente il debitore originario. Saranno opponibili al creditore le eccezioni di nullità, annullabilità, risoluzione o rescissione del contratto di accollo, nonché le eccezioni che il terzo avrebbe potuto opporre al debitore originario. Non sono invece opponibili le eccezioni personali al debitore originario di quelli relative a fatti successivi all’accollo ne possono essere opposti in compensazione i crediti del debitore originario verso l’accollatario. L’ADEMPIMENTO è la modalità tipica di estinzione dell’obbligazione, in quanto consiste nell’esatta esecuzione della prestazione. Da ciò deriva il soddisfacimento dell’interesse del creditore e la liberazione del debitore. Dal punto di vista oggettivo, affinché l’adempimento sia esatto, la prestazione compiuta deve corrispondere qualitativamente e quantitativamente a quella dovuta. Un parametro di valutazione è costituito dalla diligenza del buon padre di famiglia imposta al debitore, intesa come grado di diligenza, imposto dalle regole generali di comportamento socialmente rilevanti all’uomo medio che debba compiere la prestazione considerata. Quando l’obbligazione ha ad oggetto il compimento di una prestazione riguardante l’esercizio di un’attività professionale, al debitore si impone la diligenza richiesta al professionista, in relazione al tipo di attività esercitata. La valutazione del concetto di adempimento non si basa soltanto sulla corrispondenza quantitativa e qualitativa tra il dovuto e realizzato, ma anche sulle modalità operative di esecuzione della prestazione promessa. In tal senso viene in considerazione la disciplina codicistica sul luogo e sul tempo dell’adempimento: ▪ Per quanto riguarda il luogo dell’adempimento, l’articolo 1182 codice civile, rimette alla volontà delle parti la scelta del luogo dell’adempimento dell’obbligazione. Solo in mancanza di una volontà espressa intervengono ulteriori criteri : gli usi, la natura della prestazione e altre circostanze. Qualora non si possa determinare il luogo, neanche con l’ausilio di questi criteri, l’articolo 1182 ne individua di ulteriori, con riferimento alle diverse categorie di obbligazioni: - l’obbligazione di consegnare una cosa determinata, deve essere adempiuta nel luogo in cui la cosa si trovava al momento in cui è sorta l’obbligazione; - l’obbligazione di pagare una somma di denaro, si adempie al domicilio del creditore al momento della scadenza; se tale domicilio è diverso da quello che il creditore aveva, quando è sorta l’obbligazione, il debitore, previa dichiarazione al creditore, ha diritto di eseguire il pagamento al proprio domicilio; in tutti gli altri casi la prestazione deve essere adempiuta al domicilio del debitore al momento della scadenza del termine. ▪ Per quanto riguarda il tempo dell’adempimento, se le parti non hanno fissato alcun termine, il creditore può richiedere l’adempimento immediatamente. Tuttavia, nel caso in cui sia necessario fissare un termine, per l’esecuzione della prestazione, in virtù degli usi o per la natura della prestazione, ovvero per il modo o il luogo dell’esecuzione, le parti potranno rivolgersi al giudice affinché lo determini. L’adempimento deve essere eseguito nelle mani del creditore o di altra persona legittimata a riceverlo. Vi sono due ipotesi in cui anche il pagamento a soggetti non legittimati comporta l’estinzione dell’obbligazione: - se il creditore lo ratifica o se ne ha approfittato, - se il pagamento è eseguito a colui che appaia creditore. Per la liberazione del debitore sono necessari due presupposti cumulativi: - l’esistenza di circostanze univoche che inducono il solvens (colui che effettua il pagamento) a credere che il pagamento sia rivolto ad un soggetto munito della legittimazione a ricevere; - la buona fede del debitore. Può accadere che il creditore rifiuti illegittimamente l’adempimento o non compia quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l’obbligazione. In questi casi il creditore è in mora ai sensi dell’articolo 1206 del codice civile e ricade su di lui l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore. Di regola, il debitore non può liberarsi dal vincolo obbligatorio eseguendo una prestazione diversa da quella pattuita, a meno che non vi sia il consenso del creditore. In questo caso, ai sensi dell’articolo 1197, primo comma, del codice civile, l’obbligazione si estingue quando eseguita la prestazione diversa. Questo fenomeno viene denominato dazio in solutum e costituisce una deroga al principio della corrispondenza tra quanto eseguito e quanto dovuto dal debitore. Ad adempiere l’obbligazione può essere anche un terzo, tuttavia devono ricorrere determinati presupposti: ▪ l’attività eseguita dal terzo deve corrispondere quantitativamente e qualitativamente a quella promessa dal debitore, ESTINZIONE FISIOLOGICA DELL’OBBLIGAZIONE : ADEMPIMENTO GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 6 ▪ il terzo può agire in completa libertà, cioè sia di propria iniziativa che, su accordo con il debitore, ma non quale rappresentante ausiliario o sostituto del debitore, ▪ il terzo deve essere pienamente consapevole di adempiere l’obbligo assunto da un altro soggetto e nel suo interesse. Il creditore può rifiutare l’adempimento del terzo in due distinte ipotesi: ▪ se ha un apprezzabile interesse alla esecuzione personale della prestazione da parte del debitore, ▪ se il debitore si oppone all’intervento del terzo. Un problema si pone quando vi è una pluralità di debiti omogenei. In tali casi, il codice civile all’articolo 1193, primo comma, stabilisce che se il debitore ha più debiti verso lo stesso creditore, egli potrà dichiarare quando paga, a quale debito si riferisce il pagamento. Se il debitore non manifesta la scelta circa l’imputazione dei pagamenti, al momento dell’adempimento si applica la regola di cui all’articolo 1195, codice civile, secondo la quale la dichiarazione di imputazione viene resa dal creditore all’atto del rilascio della quietanza di pagamento. In mancanza della dichiarazione delle parti, si applicano alcuni criteri suppletivi stabiliti dalla legge: si attribuisce prevalenza al debito scaduto, tra più debiti scaduti si attribuisce prevalenza al debito meno garantito, il caso di equivalenza delle garanzie, l’imputazione va fatta con riguardo al debito più oneroso per il debitore e a parità di condizioni, il pagamento è imputato al debito più antico. E’ necessario però il consenso del creditore quando il debitore voglia imputare il pagamento al capitale piuttosto che agli interessi e alle spese, infatti, ai sensi dell’articolo 1194, nell’ipotesi di sussistenza di un’obbligazione accessoria, relativa al pagamento degli interessi, il pagamento va imputato primariamente agli stessi e in seguito al capitale. L’obbligazione può estinguersi e, dunque la pretesa creditoria è soddisfatta con conseguente liberazione del debitore, anche senza che la prestazione sia stata eseguita. Si parla in questi casi di modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento. Nello specifico, a seconda che l’estinzione derivi o meno dal soddisfacimento dell’interesse del creditore, si distingue tra: ▪ modi di estinzione satisfattori (come la compensazione e la confusione mediante le quali il creditore consegue un risultato economico equiparabile a quello dell’adempimento); ▪ modi di estinzione non satisfattori (come la prestazione, la novazione, la remissione del debito e l’impossibilità sopravvenuta della prestazione mediante i quali non si ottiene immediatamente la realizzazione dell’interesse economico del creditore). La compensazione è l’estinzione dei crediti reciproci sussistenti tra due soggetti, i quali sono entrambi creditore e debitore dell’altro, nell’ambito di diversi rapporti pendenti. In sostanza si tratta di due soggetti che sono obbligati reciprocamente. Questo istituto risponde all’esigenza di economicità dei rapporti, rimessa alla valutazione degli interessati. Il requisito della reciprocità dei crediti non è di per sé sufficiente a determinare l’estinzione per compensazione, essendo necessario che i crediti siano omogenei (quando hanno ad oggetto la consegna di cose fungibili dello stesso genere), liquidi (quando siano esattamente determinati nel loro ammontare o la relativa quantificazione sia operabile mediante ricorso ad operazioni di calcolo), esigibili (ogni volta che il creditore sia legittimato a pretendere immediatamente l’adempimento). Se manca il requisito della liquidità ma il credito sia comunque di facile e pronta liquidazione, la compensazione deve essere dichiarata dal giudice per la parte del debito riconosciuta esistente e la condanna per il credito liquido può essere sospesa fino all’accertamento e alla liquidazione del credito dedotto in compensazione. La confusione si ha quando viene a confondersi, in un unico soggetto, la qualità di creditore e debitore (si pensi, ad esempio, a seguito di successione mortis causa del debitore, al proprio creditore). La confusione in realtà si realizza solo quando all’unicità del soggetto fa riscontro anche l’unicità del patrimonio. Con la novazione oggettiva, articolo 1230 codice civile, viene meno il precedente vincolo obbligatorio. Essa costituisce un nuovo rapporto, diverso nell’oggetto e nel titolo, rispetto a quello estinto. Quando muta l’oggetto si ha novazione reale, mentre quando muta il titolo si ha novazione causale. Quale esempio di innovazione reale si pensi a questo caso: Tizio ha pagato un televisore che Caio si obbliga a consegnargli il giorno X. Prima della consegna le parti si accordano affinché Tizio riceva un lettore DVD. In questo caso l’obbligo di consegnare il televisore si estingue, sostituito da quello di consegnare il lettore DVD. Un esempio di innovazione causale è dato dal caso in cui devo restituire una somma di 100 che ho avuto in deposito da Tizio. Prima della restituzione, posso accordarvi con Tizio per trasformare il contratto di deposito in un contratto di mutuo, convenendo che la somma di 100 che io ho in deposito venga trattenuta a titolo di mutuo. L’obbligo restitutorio, che sorgeva in conseguenza del deposito, viene così trasformato in un obbligo restitutorio a titolo di mutuo. Questo istituto si caratterizza dal punto di vista oggettivo per la novità del titolo, c.d. Aliquid Novi, o del contenuto del nuovo rapporto e dal punto di vista soggettivo, per la volontà delle parti di estinguere il precedente rapporto, cosiddetto Animus Novanti, manifestata in modo non equivoco. La remissione del debito è la manifestazione di volontà del creditore di liberare il debitore dal vincolo obbligatorio. Si tratta di un atto di disposizione con il quale il creditore rinuncia al diritto di credito. Qualunque debito può essere rimesso, inclusi i debiti futuri e quelli incedibili, salvo l’ipotesi di diritti irrinunciabili o indisponibili. ALTRI MODI DI ESTENSIONE DELL’OBBLIGAZIONE GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 7 L’impossibilità sopravvenuta della prestazione determina l’estinzione dell’obbligazione ai sensi dell’articolo 1256. Presupposto è dunque l’impossibilità dell’attuazione del rapporto, che non dipenda da fatto imputabile al debitore, il quale si pone come imprevedibile ed incontrastabile. In particolare, l’impossibilità deve essere sopravvenuta, nel senso che deve essere connessa ad eventi che si siano verificati in epoca successiva alla costituzione del rapporto obbligatorio e deve riguardare la prestazione. L’impossibilità si distingue in: - oggettiva, riferita alla prestazione in sé, che nessun debitore potrebbe seguire, - soggettiva, che riguarda la persona del debitore, il quale non è in grado, fisicamente ed economicamente, di eseguire mentre potrebbe essere eseguita da altri. Oltre a non essere imputabile al debitore, l’impossibilità deve essere definitiva e non temporanea : - definitiva, quando l’impedimento è irreversibile o si ignora se possa venire, - non temporanea, quando l’impedimento non deriva da una causa prevedibilmente transitoria. L’inadempimento è la mancata o inesatta esecuzione della prestazione da parte del debitore. Si distinguono diverse tipologie di inadempimento: ▪ inadempimento totale, se manca del tutto la prestazione dovuta, ▪ inadempimento inesatto, se la prestazione è stata eseguita ma l’adempimento non è pienamente conforme a quanto pattuito. Per quanto riguarda l’inadempimento inesatto, la prestazione può rivelarsi inesatta: - sul piano quantitativo, quando si riceve, ad es., una quantità di denaro inferiore a quella stabilita; - sul piano territoriale, se la prestazione è stata effettuata in un luogo diverso rispetto a quello rilevante per l’interesse del creditore; - sul piano qualitativo, quando si riceve un bene con caratteristiche difformi a quelle che ci si aspettava; - sul piano temporale, quando si adempie la l’obbligazione in ritardo; - sul piano soggettivo, se la prestazione è stata eseguita da un soggetto o indirizzata a persona diversa. L’inadempimento può essere: - definitivo, se la prestazione non può più essere adempiuta; - temporaneo, se la prestazione non ancora eseguita può ancora essere adempiuta; - imputabile, se è dovuto a dolo o colpa del debitore; - non imputabile, se non è riconducibile all’atteggiamento doloso o colposo del debitore. A fronte dell’inadempimento del debitore, il creditore ha a disposizione diversi rimedi: - l’azione di esatto adempimento, mediante la quale il creditore può ottenere quello stesso bene che avrebbe conseguito se il debitore avesse adempiuto tempestivamente la sua obbligazione. In questo caso non si sostituisce il bene con una somma di denaro che ne rappresenta il valore economico, bensì con un bene che presenta le stesse caratteristiche di quelle o di quello oggetto dell’obbligazione rimasta inadempiuta. - l’azione di risoluzione per inadempimento, consente al creditore di liberarsi dal suo obbligo a fronte dell’inadempimento del debitore e di ottenere la restituzione di quanto abbia eventualmente già eseguito in attuazione del vincolo contrattuale. - l’azione per conseguire il risarcimento dei danni, con la quale il creditore mira a sostituire la mancata prestazione con il suo valore economico. L’articolo 1256 stabilisce che l’impossibilità della prestazione, per causa non imputabile al debitore, determina l’estinzione dell’obbligazione. Da ciò deriva che il debitore inadempiente non è tenuto al risarcimento del danno e che l’obbligazione si estingue e il debitore è liberato. La causa non imputabile consiste in un impedimento invincibile all’adempimento dell’obbligazione non dipendente da dolo o da colpa del debitore. Deve essere inoltre, un evento imprevedibile in relazione alla natura del negozio e alle condizioni del mercato. L’impossibilità, deve riguardare la prestazione nella sua oggettività e non le vicende soggettive del debitore come la difficoltà fisica o economica. Essa, inoltre, deve essere: - totale, cioè riguardare l’intera obbligazione; - definitiva, in quanto se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore non è automaticamente liberato, ma è semplicemente considerato non responsabile del ritardo nell’adempimento, finché l’impossibilità perdura. Se l’impossibilità è soltanto parziale, la controparte ha diritto ad una corrispondente riduzione della controprestazione, può anche recedere dal contratto se non ha un interesse apprezzabile a ricevere l’adempimento parziale. Se l’impossibilità è soltanto temporanea, non vi è responsabilità per il ritardo. L’obbligazione resta in sospeso. Quando la prestazione diviene impossibile per causa imputabile al debitore o per causa ignota, egli non sarà liberato dall’obbligazione e sarà tenuto al risarcimento del danno nei confronti del creditore. L’INADEMPIMENTO GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 10 accompagnata da un atto idoneo a farla conoscere. L’esigenza di conoscibilità della volontà è connessa al principio dell’affidamento, secondo cui, anche quando la dichiarazione non rispecchia la volontà interna, deve considerarsi ugualmente rilevante, ove il destinatario non sia in grado di accorgersi di tale divergenza. Gli elementi accidentali del contratto sono quelli che le parti sono libere di apporre o meno, posto che la loro presenza non è fondamentale ai fini dell’esistenza stessa del negozio giuridico. Tuttavia, una volta apposti, questi elementi acquisiscono piena efficacia giuridica con la conseguenza che le vicende che li colpiscono si riflettono sulla sorte del contratto stesso. Gli elementi accidentali sono: - la condizione, - il termine, - l’onere o modus. Vi sono delle categorie di negozi giuridici che non tollerano l’apposizione di termini o condizioni, soprattutto in materia di diritto di famiglia e successorio, come ad esempio il matrimonio, l’atto di adozione, il riconoscimento di figlio nato fuori dal matrimonio, l’accettazione e la rinunzia all’eredità. Nello specifico, la condizione è un avvenimento futuro e incerto, al cui verificarsi, le parti subordinano la produzione degli effetti, ovvero l’eliminazione degli effetti prodotti dal negozio a cui accede. Si distinguono due tipologie di condizione: - la condizione sospensiva : se da essa dipende l’efficacia del negozio, - la condizione risolutiva: se da essa dipende l’eliminazione degli effetti prodotti. La condizione si distingue poi in volontaria (posta convenzionalmente dalle parti) o legale (prevista direttamente dalla legge). L’evento deve essere futuro e incerto, dunque deve trattarsi di un evento, che al momento della conclusione del contratto, non sia ancora oggettivamente verificato. Sotto questo profilo si distinguono due categorie di condizione: - la condizione propria : in cui l’evento deve ancora verificarsi, - la condizione impropria : in cui l'avvenimento si è già verificato, ma a riguardo c'è incertezza in capo ai soggetti stipulanti. Il termine è un avvenimento futuro e certo, a partire dal quale, o fino al quale, il contratto produrrà effetti. La sua ratio è quella di fissare l’arco temporale nel quale si collocano gli effetti del contratto. Il termine si differenzia dalla condizione per i caratteri di certezza riguardo alla verificazione dell’evento. L’onere è un peso imposto ad un soggetto consistente in un’obbligazione di dare, di fare o di non fare. Nel codice civile, le uniche norme sull’onere si rinvengono in materia di donazione e di testamento. La ragione di ciò si rinviene nel fatto che, poiché l’onere è un elemento accidentale che può essere a posto soltanto agli atti di liberalità o alle disposizioni testamentarie, si è preferito inserire la relativa disciplina tra le norme dedicate a tali atti inter vivos o mortis causa. L’onere impossibile o illecito si considera come non apposto, salvo che abbia costituito l’unico motivo determinante. In questo caso rende nulle le disposizioni testamentarie o la donazione. Il contratto per persona da nominare è il contratto con il quale una delle parti, lo stipulante, si riserva la facoltà di nominare, entro termine legale o convenzionale, un altro soggetto che deve acquistare i diritti o assumere gli obblighi che nascono dalla stipulazione intervenuta con il promittente. Per effetto della nomina, il terzo acquista la veste di parte del contratto determinando la fuoriuscita dello stipulante. In caso di mancata nomina o di nomina inefficace, lo stipulante rimane parte e gli effetti negoziali si producono nei suoi confronti. La nomina ha effetto retroattivo. La retroattività è assoluta, nel senso che non sono fatti salvi i diritti eventualmente acquisiti da terzi in pendenza del termine di nomina. Per la validità del contratto occorre fare riferimento ai requisiti di capacità e all’integrità del consenso dello stipulante. Il terzo, invece, deve essere capace solo al momento dell’accettazione, risultando possibile la nomina di un soggetto interdetto o minore o inesistente. La riserva di nomina costituisce un patto accessorio al contratto base, il quale deve rivestire a pena di nullità la stessa forma del contratto che le parti hanno stipulato. La cessione del contratto, si ha quando un contraente, il cedente, con il consenso dell’altro, cosiddetto ceduto, sostituisce a sé un terzo, cessionario, nei rapporti derivanti da un contratto a prestazioni corrispettive non ancora eseguite. La cessione del contratto si distingue dalla cessione del credito, in quanto oggetto della cessione del contratto è l’intera posizione contrattuale del cedente, la quale comprende: - sia crediti – diritto di ottenere dal ceduto la controprestazione, in caso di inadempimento, il risarcimento del danno; - sia debiti – l’obbligo di eseguire la prestazione al ceduto; - sia i diritti potestativi che si ricollegano al contratto – le azioni di annullamento, rescissione, risoluzione e l’eventuale diritto di recesso. Oggetto della cessione del credito è invece solo il lato attivo del rapporto. Ai fini del valido perfezionamento del contratto di cessione, rileva solo il consenso preventivamente espresso dal ceduto. Per quanto riguarda la forma della cessione del contratto, a fronte del silenzio del legislatore, si applica il principio della libertà delle forme. CONTRATTO PER PERSONA DA NOMINARE E LA CESSIONE DEL CONTRATTO GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 11 L’articolo 1408 regola i rapporti tra ceduto e cedente, il cedente è liberato dalle sue obbligazioni nei confronti del ceduto, dal momento in cui la cessione diviene efficace nei confronti di quest’ultimo. Il ceduto, tuttavia, può dichiarare di non liberare il cedente e in questo caso potrà agire contro di lui qualora il cessionario non adempia alle obbligazioni assunte. Una volta stipulato il contratto di cessione, le parti del contratto sono il contraente ceduto e il cessionario. I loro rapporti sono disciplinati dall’articolo 1409 codice civile, il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni derivanti dal contratto. L’articolo 1337 del codice civile, rubricato trattative e responsabilità precontrattuale, sancisce, in capo alle parti, un obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto. Per responsabilità precontrattuale si intende la lesione dell’altrui libertà negoziale, realizzata attraverso un comportamento doloso o colposo, ovvero mediante l’inosservanza del precetto della buona fede. Tale responsabilità nasce nella fase delle trattative e si ricollega ad un comportamento scorretto di una delle parti in danno dell’altra. Pertanto, con la responsabilità precontrattuale, l’ordinamento non tutela l’interesse del soggetto alla conclusione del contratto, in quanto fino al momento dell’effettiva conclusione, le parti sono libere di non stipulare, ma piuttosto l’interesse a che la controparte con cui sta trattando si comporti correttamente, in modo da non generare un danno ingiusto. L’unica fattispecie di responsabilità precontrattuale espressamente codificata è quella di cui all'articolo 1338 codice civile, secondo cui la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto non ne ha dato notizia all’altra parte, è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto. Per quanto riguarda la natura giuridica della responsabilità precontrattuale, si sono succedute nel tempo diverse teorie: - la tesi della responsabilità contrattuale, - la tesi della responsabilità extracontrattuale, - la tesi del terzo in genus di responsabilità. Sostenere la natura contrattuale o aquiliana della responsabilità ex articolo 1337 e 1338 codice civile comporta diverse conseguenze sul piano applicativo. In particolare, l’accoglimento della tesi della natura contrattuale comporta: - la preiscrizione decennale, - la necessità della costituzione in mora per intimazione o richiesta fatta per iscritto (mora ex persona), - il regime probatorio favorevole in ordine alla prova dell’inadempimento e dell’elemento soggettivo dello stesso di cui all’articolo 1218 del codice civile, - l’inapplicabilità dell’articolo 1225, in virtù del quale il debitore inadempiente, che non versi in dolo, è tenuto a risarcire solo i danni prevedibili nel momento in cui è sorta l’obbligazione. Aderendo, invece, alla tesi della natura extracontrattuale, si hanno le seguenti conseguenze: - il termine di prescrizione è quinquennale, - non è necessaria la Costituzione in mora, ricorrendo l’ipotesi di mora ex re, - il danneggiato avrebbe l’onere di provare la colpa o il dolo dell’autore della condotta illecita - ai sensi dell’articolo 2046, sarebbe esente da responsabilità, il soggetto che, nel momento in cui ha commesso il fatto dannoso, era incapace di intendere e di volere. L’orientamento dottrinale e giurisprudenziale prevalente riconduce la responsabilità precontrattuale nell’ambito della responsabilità contrattuale o aquiliana ex articolo 2043. In materia di responsabilità precontrattuale: - il danno risarcibile è quello derivante dalla lesione del cosiddetto interesse negativo, cioè quello di ciascun soggetto a non essere leso nell’esercizio della propria libertà contrattuale. Nello specifico questo interesse viene leso nel momento in cui un soggetto partecipa a trattative che, successivamente, si rivelano infruttuose, in quanto ingiustificatamente interrotte, oppure sfociate nella stipula di un contratto invalido. Il danno risarcibile viene scomposto nelle due componenti tradizionali del: - danno emergente, - lucro cessante. Il danno emergente viene identificato nelle spese, inutilmente sostenute, per partecipare alle trattative ed eventualmente per la stipulazione del contratto. Il lucro cessante consiste, invece, nella perdita di favorevoli occasioni contrattuali che proprio la partecipazione ad inutili trattative ha impedito di cogliere. L’interesse negativo si distingue da quello positivo rilevante in materia di responsabilità contrattuale che è l’interesse all’esecuzione del contratto. Quest’ultimo non viene considerato risarcibile in caso di responsabilità precontrattuale, poiché prima e a prescindere dalla conclusione di un contratto valido ed efficace, non è configurabile un diritto della parte alla prestazione contrattuale. TRATTATIVE E RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE FORMAZIONE E CONCLUSIONE DEL CONTRATTO GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 12 Il contratto si intende concluso nel momento e nel luogo in cui le parti raggiungono l’accordo su tutti gli elementi rilevanti. Il codice civile individua e disciplina lo schema tipico di conclusione del contratto caratterizzato dallo scambio tra le parti di proposta e accettazione. Secondo l’articolo 1326 codice civile, il contratto è concluso nel momento in cui il proponente viene a conoscenza dell’accettazione dell’altra parte, cioè quando il soggetto, che ha proposto la conclusione del contratto, ha notizia dell’adesione della controparte alla sua proposta contrattuale. Lo schema si fonda dunque sul principio della cognizione. L’articolo 1335 stabilisce però una presunzione di conoscenza o di conoscibilità delle dichiarazioni destinate ad un soggetto determinato, le quali si presumono conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. Si tratta, nello specifico, dell’intervento di un evento eccezionale che ha impedito l’effettiva conoscenza dell’accettazione. La proposta e l’accettazione devono manifestare la comune volontà delle parti su un determinato regolamento contrattuale. La proposta, per sua natura, è un atto recettizio, in quanto, essendo diretta a provocare l’adesione dell’altra parte, per poter svolgere la sua funzione deve essere portata a conoscenza di quest’ultimo. Inoltre la proposta deve essere: - completa, cioè deve contenere tutti gli elementi del contratto che le parti si accingono a concludere; - impegnativa, cioè deve manifestare in modo espresso o tacito la volontà del proponente di obbligarsi qualora l’oblato (colui al quale l'offerta è rivolta) accetti. Anche l’accettazione, generalmente, ha carattere recettizio, ciò al fine di tutelare gli interessi del proponente, il quale altrimenti sarebbe vincolato all’esecuzione del contratto prima ancora di avere contezza dell’avvenuta conclusione dello stesso. Fanno eccezione a tale regola i contratti che possono essere conclusi mediante inizio dell’esecuzione, qualora, su richiesta del proponente o per la natura dell’affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta. L’accettazione deve essere: - definitiva : deve esprimere la volontà attuale di accettare la proposta senza rinvii a momenti successivi - incondizionata : non deve subordinare la propria efficacia ad eventi futuri ed incerti - conforme, alla proposta equivalendo quella non conforme ad una nuova proposta, - tempestiva, dovendo pervenire al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario, secondo la natura dell’affare o secondo gli usi. Proposta e accettazione sono revocabili finché il contratto non sia concluso. Nello specifico: - la revoca dell’accettazione deve giungere, a conoscenza del proponente, prima dell’accettazione stessa. Ciò significa che l’oblato, che invia l’accettazione e intende successivamente provocare l’accettazione stessa, deve fare in modo che la revoca giunga al proponente prima della conclusione del contratto, cioè prima dell’accettazione. - la revoca della proposta è efficace se è messa prima che il proponente abbia conoscenza dell’accettazione. Lo schema di conclusione del contratto, mediante proposta e accettazione, costituisce solo uno dei possibili schemi utilizzabili dalle parti. Infatti, l’articolo 1327 del codice civile prevede la modalità di conclusione del contratto mediante inizio dell’esecuzione. Questo schema può essere utilizzato solo nei casi in cui lo richieda espressamente il proponente, ossia previsto dalla natura dell’affare o degli usi. In questo modo il proponente manifesta la propria esigenza di ottenere celermente la prestazione, rinunciando alla preventiva ricezione dell’accettazione. Tale necessità può essere esternata anche attraverso l’inserimento, nella proposta contrattuale, di apposite clausole quali pronta consegna o consegna urgente. L’articolo 1333 del codice civile disciplina una particolare procedura di formazione del contratto, ovvero il contratto con obbligazioni a carico del solo proponente. In questo caso, a fronte della proposta di concludere un contratto, da cui derivano obbligazioni per il solo proponente, il mancato rifiuto dell’oblato nel termine consentito vale come accettazione tacita. In tal modo, il contratto si perfeziona nel momento della scadenza del termine, entro cui il rifiuto avrebbe dovuto essere comunicato al proponente, fermo restando che, laddove il destinatario della proposta riesca a dimostrare che al suo silenzio non può essere attribuito il significato di implicita adesione alla proposta (ad esempio, perché per cause di forza maggiore non è pervenuto a conoscenza della stessa), il contratto non potrà dirsi concluso. Un tipo particolare di proposta è l’offerta al pubblico, cioè quella proposta diretta ad una generalità indistinta di persone o a chiunque ne voglia approfittare. Un esempio è dato dall’esposizione di merci in vetrina con indicazione del prezzo. Chiunque può entrare nel negozio ed acquistare la merce, non potendo il negoziante rifiutarsi di concludere il contratto. L’offerta al pubblico produce effetti nel momento in cui è resa conoscibile. I contratti per adesione si concludono mediante adesione da parte di uno dei contraenti al regolamento contrattuale predisposto unilateralmente dall’altra parte, pertanto, in questi contratti si esclude la possibilità di negoziare il contenuto contrattuale. Nella categoria dei contratti per adesione si fanno rientrare: GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 15 - estintivi. Hanno effetti estintivi : - il mutuo dissenso o risoluzione convenzionale, - il contratto novativo con cui si produce un duplice effetto, estintivo e costitutivo. Con riguardo ai contratti con effetti costitutivi, volti cioè costituire tra le parti un rapporto giuridico di natura patrimoniale, la dottrina distingue tra: - contratti ad effetti obbligatori che costituiscono solo fonti di obbligazioni per le parti (ad esempio il contratto di trasporto con cui il vettore si obbliga, dietro corrispettivo, trasferire persone o cose da un luogo ad un altro o la somministrazione o l’appalto o la locazione); - contratti ad effetti reali, ovvero quei contratti con cui si trasferiscono costituiscono un diritto reale, (ad esempio la compravendita). Il nostro ordinamento, disciplinando i contratti ad effetti reali articolo 1376 accoglie il cosiddetto principio consensualistico o del consenso traslativo secondo il quale, quando si conclude un contratto di alienazione, la reciproca volontà delle parti è presupposto necessario e sufficiente, perché l’avente diritto acquisti il diritto oggetto di alienazione. In altre parole, l’acquirente acquista il diritto in virtù della sola stipulazione del contratto di alienazione, senza che occorra, a tal fine, la successiva consegna della cosa o il compimento di atti pubblicitari. Costituiscono una deroga al principio del consenso traslativo, i contratti reali il cui perfezionamento è legato alla consegna materiale della cosa, come il pegno, il comodato, il mutuo, il deposito, la caparra confirmatoria, il contratto estimatorio, lo sconto bancario. Infatti, ai fini del perfezionamento di questi contratti, la manifestazione del consenso è necessaria ma non sufficiente, occorrendo la traditio, cioè la consegna materiale della cosa. Il principio di relatività del contratto è sancito dall’articolo 1372, secondo comma, del codice, secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi, salvo i casi previsti dalla legge. Ciò significa che il contratto non può imporre obblighi a carico di coloro che non sono stati parti del negozio. Il contratto non può sottrarre al terzo i suoi diritti, il contratto non può impedire al terzo di acquistare diritti. Il principio di relatività non impedisce invece l’attribuzione al terzo di effetti favorevoli, salva la possibilità per il terzo di opporre rifiuto. I casi previsti dalla legge, in cui la produzione di effetti verso i terzi si verifica, costituiscono tutte eccezioni al principio di relatività e sono: - ipotesi di produzione solo apparente di effetti nei confronti di terzi, ad esempio divieto di alienazione, promessa di obbligazione o di fatto, del terzo, vendita di cose altrui; - ipotesi di produzione diretta di effetti nei confronti dei terzi, ad esempio il contratto a favore di terzo; - ipotesi di rilevanza verso terzi, pure in assenza di produzione e di effetti diretti, ad esempio le azioni dirette del danneggiato verso l’assicuratore o l’adempimento di un’obbligazione che costituisce oggetto del contratto. La promessa del fatto del terzo costituisce la massima manifestazione del principio di relatività degli effetti del contratto. L’articolo 1381 del codice civile prevede che colui che promette l’obbligazione o il fatto di un terzo, è obbligato a indennizzare l’altro contraente se il terzo non si obbliga o non compie il fatto. Il terzo non è destinatario di vantaggi, ma dovrebbe assumere obbligazioni, ottenere comportamenti conformi agli impegni assunti dal promittente. Per tale ragione il terzo non può essere vincolato dalla promessa, la quale è del tutto inefficace nei suoi confronti. La promessa può avere ad oggetto sia l’obbligazione sia il mero fatto del terzo, se il terzo non assume l’obbligazione o non compie il fatto oggetto della promessa sorge, a carico del promittente, l’obbligo di corrispondere l’indennità. Il contratto a favore di terzi è un negozio stipulato tra due soggetti, mediante il quale viene attribuito un diritto ad un soggetto che non ha preso parte alla conclusione del contratto. Questa stipulazione presuppone che il terzo beneficiario sia almeno determinabile al momento della conclusione del contratto, pertanto nella stipulazione deve essere contenuta la designazione del terzo o il criterio per procedere alla sua individuazione, al momento in cui la prestazione dovrà essere seguita. Al terzo possono essere attribuite soltanto posizioni giuridiche soggettive di vantaggio, ne deriva che l’eventuale previsione da parte dei contraenti di effetti anche sfavorevoli in capo al terzo, impedisce di qualificare la pattuizione come contratto a favore di terzo ai sensi dell’articolo 1411 codice civile. L’invalidità costituisce la risposta dell’ordinamento nei confronti di quei contratti che non sono giudicati idonei a perseguire scopi meritevoli di riconoscimento e di tutela. Il codice civile disciplina due ipotesi di invalidità: - la nullità, - l’annullabilità. La nullità viene considerata la forma più grave di invalidità negoziale, la quale esprime una valutazione negativa del contratto, da parte dell’ordinamento, per la mancanza o impossibilità originaria di un elemento costitutivo o per la sua illiceità. Le caratteristiche della nullità sono: - l’inefficacia del negozio, il quale non può produrre gli effetti tipici per i quali è stato concluso; INVALIDITA’ DEL CONTRATTO GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 16 - l’ insanabilità, nel senso che il contratto nullo non può essere convalidato; - l’imprescrittibilità, della domanda, diretta a far dichiarare la nullità; - l’assolutezza dell’azione, la quale può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse. Le tipologie di nullità sono elencate nell’articolo 1418 del codice civile e sono: - nullità virtuali, cioè quelle che derivano dalla violazione di norme imperative, cioè poste a tutela di un interesse pubblico; - nullità strutturali che riguardano i difetti strutturali del contratto, cioè la mancanza di uno dei requisiti essenziali, elencati nell’articolo 1325 dei codici civile: - l’illiceità della causa, - l’illiceità del motivo comune determinante, - la mancanza, nell’oggetto, dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346. - nullità testuali o stabilite dalla legge, che sono rimesse alla valutazione discrezionale del legislatore; tra queste, particolare importanza riveste: - la nullità di protezione, la quale può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse è prevista. Tale nullità è comminata per l’inosservanza di norme poste a tutela del contraente che versi, secondo la legge, in condizione di debolezza rispetto alla controparte contrattuale. Poiché in tali ipotesi la pronuncia di nullità potrebbe danneggiare la parte che la legge vuole proteggere, il legislatore riserva al solo contraente protetto il potere di far valere la nullità negandola alla controparte. - nullità parziale, articolo 1419, secondo cui la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità. Questa regola è ispirata al principio generale di conservazione dell’atto, in quanto la nullità parziale non si estende all’intero contratto. Infatti le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative. La nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse ed è rilevabile d’ufficio in ogni Stato e grado del processo. Il contratto è annullabile quando è espressione di un processo decisionale formatosi in maniera non corretta, perché falsato da circostanze esterne o interne al suo autore, come ad esempio: - l’incapacità di intendere e di volere, - l’ignoranza o la falsa conoscenza, - l’inganno e i raggiri, - le gravi minacce. La disciplina dell’annullabilità non si limita solo al contratto, ma si estende a tutti gli atti negoziali e agli atti giuridici in senso stretto, in quanto siano in grado di produrre effetti sfavorevoli per il suo autore o per il suo destinatario. Sono cause di annullabilità del contratto: - l’incapacità di agire, - i vizi del consenso (errore, violenza e dolo). L’articolo 1425 sancisce espressamente l’annullabilità del contratto stipulato dell’incapace di agire. L’unica eccezione è rappresentata dall’articolo 1426, il quale esclude l’annullabilità del contratto se il minore ha, con , occultato la sua minore età. L’articolo 1427 dispone che il contraente, il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo, può chiedere l’annullamento del contratto. L’errore è la falsa rappresentazione della parte riguardo al contratto o ai suoi presupposti. Esso assume rilevanza quando incide sul processo formativo del consenso, dando origine ad una falsa o distorta rappresentazione della realtà, in conseguenza della quale la parte è stata indotta a manifestare la propria volontà. L’errore deve essere essenziale e riconoscibile dall’altro contraente. La violenza è la minaccia che costringe un soggetto a stipulare un contratto o a subirne un determinato contenuto. Essa può essere morale o fisica. Caso tipico è quello della mano guidata a forza in sede di sottoscrizione del contratto. Il dolo è qualsiasi forma di raggiro che altera la volontà contrattuale della vittima. Esso deve essere stato determinante del consenso, cioè in assenza del raggiro, la parte non avrebbe contrattato. L’azione di annullamento di un contratto può essere esercitata dalla parte che non ha espresso un consenso integro a causa del proprio stato di incapacità o per un vizio del processo di formazione della propria volontà negoziale. L’azione si prescrive in 5 anni, salvo che la legge disponga diversamente. Tale termine decorre di regola dal giorno della conclusione del contratto, mentre nelle ipotesi di vizi della volontà e di incapacità legale dal giorno in cui: - c’è stata la violenza, - è stato scoperto l’errore o il dolo, - è cessato lo stato di interdizione o di inabilitazione, - il minore ha raggiunto la maggiore età. GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 17 La sentenza di annullamento ha natura ed effetti costitutivi, perché elimina retroattivamente gli effetti prodotti dal contratto annullato. L’annullamento retroattivo comporta: - il ripristino della situazione di fatto e di diritto preesistente al negozio annullato, - la ripetizione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso. Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può scegliere di chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo in ogni caso il risarcimento del danno. Risoluzione significa letteralmente scioglimento. Essa dunque non incide sul contratto, che rimane valido, ma sul rapporto contrattuale, privandolo di efficacia e provocandone l’estinzione. Si tratta dunque di uno dei rimedi garantiti dall’ordinamento al contraente per reagire all’inadempimento della controparte. La circostanza oggettiva dell’inadempimento non è però sufficiente a giustificare la domanda di risoluzione, in quanto l’inadempimento deve essere: - imputabile, - grave. L’inadempimento è imputabile quando il contraente non adempie volutamente la prestazione dovuta o per colpa. L’inadempimento è grave quando ha inciso, in maniera apprezzabile, sull’economia complessiva del rapporto, in modo da creare uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale. La legittimazione ad agire in giudizio per la risoluzione del contratto spetta esclusivamente alle parti. Quanto al regime prescrizionale, si ritiene che l’azione di risoluzione debba essere esercitata nel termine di 10 anni. Si parla di risoluzione di diritto o stragiudiziale, quando lo scioglimento del contratto avviene automaticamente in coincidenza del verificarsi di determinati fatti specificamente individuati dalla legge. Si tratta dei seguenti casi: - diffida ad adempiere, - clausola risolutiva espressa, - termine essenziale. La diffida ad adempiere attiva un meccanismo di risoluzione stragiudiziale del contratto affidato all’iniziativa del contraente non inadempiente, il quale può fissare alla controparte un termine per adempiere il cui inutile decorso produce lo scioglimento del vincolo negoziale. Il termine per l’adempimento non può essere inferiore a 15 giorni. Quando il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell’interesse dell’altra, il contratto è risolto di diritto in caso di inadempimento. La risoluzione si produce se, entro tre giorni dalla scadenza del termine, la parte non comunica all’altra che vuole esigerne l’esecuzione nonostante la scadenza. L’essenzialità può risultare implicitamente dalla natura o dallo scopo della prestazione oppure essere stabilita espressamente dalle parti del contratto. La clausola risolutiva espressa è la pattuizione con la quale i contraenti convengono espressamente che il contratto si risolva qualora una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. Le parti dovranno dunque esplicitare nel contratto che, il mancato adempimento di una determinata obbligazione, determina la risoluzione del contratto. La risoluzione per inadempimento elimina il contratto con effetto retroattivo tra le parti. Nello specifico, essa determina la liberazione dei contraenti dall’obbligo di eseguire le prestazioni ancora dovute. Nei confronti dei terzi la risoluzione non pregiudica i diritti da essa acquistati in buona o malafede a titolo oneroso o gratuito. Il recesso è un atto negoziale unilaterale e recettizio con cui si esercita il diritto potestativo di sciogliere il rapporto contrattuale. A seconda che la fonte di questo diritto sia la volontà delle parti oppure la legge si parla rispettivamente di recesso convenzionale o di recesso legale. Il contratto può contenere una clausola che attribuisse a favore di uno, o di entrambi i contraenti, la facoltà di recesso, la quale, ai sensi dell’articolo 1373, può essere esercitata soltanto finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione. E’ comunque ammesso un’eventuale patto contrario, come nel caso in cui il diritto di recesso è attribuito in funzione di un patto di prova, che necessariamente presuppone l’esecuzione delle prestazioni dedotte in contratto. Le parti possono anche stabilire che, al momento della stipula del contratto, una di esse consegna all’altra una somma di denaro come corrispettivo della riconosciuta facoltà di recesso. Questa somma, se versata prima dell’esercizio del diritto potestativo di recesso, è denominata caparra penitenziale e se a recedere è: - il contraente che ha versato la caparra, questa viene incamerata definitivamente dalla controparte; - il contraente che ha ricevuto la caparra, questo deve dare all’altra parte il doppio, ovvero restituire la caparra e corrispondere un’eguale somma come prezzo del recesso. RISOLUZIONE DEL CONTRATTO RECESSO GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 20 momento della consegna, oppure di restituirla integra entro un termine stabilito dagli accordi o dagli usi. L’esempio più comune è dato dal rapporto tra editore ed edicolante. ▪ La Somministrazione è quel contratto con il quale una parte si obbliga, verso il corrispettivo di un prezzo, a eseguire a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose. La locazione è il contratto con il quale una parte, detta locatore, si obbliga a far godere all’altra, detta conduttore, una cosa (o bene) mobile o immobile per un certo periodo di tempo e dietro versamento di un determinato corrispettivo. Il conduttore acquista dunque un diritto personale di godimento sulla cosa locata. Si tratta di: - un contratto consensuale, ad effetti obbligatori, da cui nasce il diritto personale di godimento a vantaggio del conduttore; - un contratto a prestazioni corrispettive perché a carico del conduttore è posto l’obbligo di pagare un prezzo, detto canone. Per concedere un bene in locazione non è necessario essere proprietari in quanto può divenire locatore colui che ha la disponibilità del bene. Invece, assume la qualità di conduttore, solo colui che ha stipulato il contratto di locazione. Oggetto del contratto di locazione è il bene mobile o immobile che il locatore consegna al conduttore affinché questi se ne serva in modo continuativo e per un determinato periodo di tempo. Non possono, invece, costituire oggetto del contratto di locazione le cose consumabili e i beni immateriali. Tra i contratti di locazione ad uso abitativo necessitano, per la loro validità, della forma scritta ad substantiam. La locazione deve essere stipulata da un determinato termine, il quale comunque non può eccedere i trent’anni. La legge 431 del 1998 prescrive una durata minima di quattro anni per le locazioni abitative e di tre anni per le locazioni a canone controllato. L’articolo 1575 del codice civile elenca tre principali OBBLIGAZIONI del locatore: ▪ Consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione, ▪ Mantenere la cosa in stato da servire all’uso pattuito, ▪ Garantire il pacifico godimento della cosa durante la locazione. Il locatore deve inoltre garantire al conduttore il pacifico godimento della cosa contro le molestie di diritto, arrecate, cioè da terzi che pretendono di avere diritti sulla cosa, ma non anche dalle molestie di fatto. Il patto che esclude o limita la responsabilità del locatore per i vizi della cosa non ha effetto se questi sono stati in malafede, taciuti al conduttore o sono tali da rendere impossibile il godimento della cosa. Se i vizi sono pericolosi per la salute, il conduttore può ottenere la risoluzione del contratto. Infine, il locatore non può compiere sulla cosa innovazioni che diminuiscono il godimento da parte del conduttore. Le principali OBBLIGAZIONI a carico del conduttore sono: ▪ Prendere in consegna la cosa, ▪ Servirsi della cosa con diligenza secondo l’uso concordato o presumibile, ▪ Restituire la cosa nello stato in cui si trovava quando la ricevuta pagare il corrispettivo del godimento. Dal momento della consegna del bene locato, il conduttore ne acquista la detenzione ed assume il conseguente obbligo di custodia. Il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare la cosa locatagli ma non può cedere il contratto senza il consenso del locatore. L’affitto è una specie della locazione avente ad oggetto una cosa produttiva, ad esempio l’azienda o il fondo rustico, il cui godimento presuppone lo svolgimento di attività produttiva. Elemento caratteristico del contratto di affitto è dunque lo spostamento della produzione da un soggetto all’altro che si obbliga a sfruttare il bene affittato, oltre che al pagamento del canone. L’affittuario si obbliga a curare la gestione del bene in conformità alla sua destinazione economica e fa propri i frutti e le altre utilità del bene stesso. Dietro pagamento di un corrispettivo, il locatore è assoggettato agli stessi obblighi dettati dal codice civile in materia di locazione, salvo gli adattamenti previsti dalle disposizioni sull’affitto e quelli necessari in considerazione della particolare natura della cosa oggetto di affitto. Infatti, il locatore non è tenuto alla sorveglianza e custodia della cosa affittata e dunque non risponde dei danni cagionati all’affittuario da atti illeciti compiuti da terzi. Il leasing (o locazione finanziaria) è un contratto atipico di natura finanziaria con il quale un soggetto, detto concedente, si obbliga a concedere in godimento, per un determinato periodo di tempo, un dato bene ad un altro soggetto, detto utilizzatore, il quale si obbliga a corrispondere al concedente, per la durata del rapporto, un canone periodico. Alla scadenza, l’utilizzatore può scegliere tra vari comportamenti e cioè: - restituire il bene, - proseguire nel godimento versando un canone ridotto, - acquistarne la proprietà pagando un ulteriore somma, - richiederne la sostituzione con un altro bene utilizzabile in modo più proficuo, - agire nelle altre forme stabilite dal contratto di un bene utilizzabile in modo più proficuo, - agire nelle altre forme stabilite dal contratto. Questo fenomeno si compone dunque di due distinti contratti bilaterali: - il leasing vero e proprio, stipulato tra concedente e utilizzatore, CONTRATTI DI GODIMENTO: LOCAZIONE, LEASING (O LOC. FINANZ.) E AFFITTO GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 21 - il contratto di compravendita o di appalto, stipulato tra fornitore e concedente. Tra i due contratti esiste un collegamento negoziale in quanto, poiché il contratto tra il concedente e il fornitore è finalizzato esclusivamente al godimento da parte dell’utilizzatore della disponibilità di un determinato bene, le vicende che colpiscono il primo non possono che ripercuotersi sul secondo contratto. La causa del contratto di leasing è assimilabile a quella dei contratti di finanziamento in quanto permette all’utilizzatore di godere di un determinato bene senza immobilizzare il capitale, e, al concedente di trarre dall’operazione un’utile economico costituito dagli interessi remunerativi. Nella pratica, con il termine leasing si indicano 3 diversi istituti: - il leasing finanziario, secondo il quale, chi intende usare e godere di un determinato bene, l’utilizzatore, chiede ad un’impresa di leasing, concedente, di procurarselo dal produttore per poi concederglielo in godimento. - il leasing operativo, con il quale un produttore o distributore di beni, a elevata standardizzazione, dà direttamente in godimento un proprio bene all’utilizzatore, dietro pagamento di canoni periodici per un periodo di tempo parametrato alla vita economica del bene, alla scadenza del quale normalmente avviene la restituzione dello stesso. - il cosiddetto sail and leaseback, con il quale lo stesso imprenditore vende alla società finanziaria un bene di sua proprietà, che poi quest’ultima gli concederà in leasing. Il mandato è il contratto con cui una parte, detta mandatario, si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto o nell’interesse di un’altra parte, detta mandante. Il mandato non è un contratto a prestazioni corrispettive, in quanto la prestazione del mandatario non è collegata al compenso, bensì alla fiducia alla base del rapporto. Non per questo però è un contratto fondato necessariamente sull’intuitus persone. Il mandatario, infatti, nel compiere gli atti giuridici, può avvalersi anche dell’opera di sostituti, salvo un divieto espressamente stabilito nel contratto. Il mandato può essere: - con rappresentanza, - senza rappresentanza. Nel primo caso al contratto di mandato si aggiunge la Procura, la quale attribuisce al mandatario, legittimazione ad agire in nome e per conto del mandante. Affinché il mandante possa fare propri gli effetti dell’atto compiuto dal mandatario e possa rispondere verso il terzo, è necessario che il mandatario spenda il nome del mandante. Infatti, se manca la spendita del nome del mandante, gli effetti del negozio si consolidano in capo al mandatario. Il mandato senza rappresentanza comporta che il mandatario agisce in nome proprio. Egli acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi sono a conoscenza del mandato. ▪ Rispetto ai poteri che attribuisce alle parti, il mandato può essere: - generale, se ha per oggetto tutti gli affari o gli atti che interessano il mandante; - speciale, se riguarda uno o più atti singoli e determinati (come l’acquisto o la locazione di un determinato bene). ▪ Rispetto ai soggetti, il mandato può essere: - collettivo, conferito da più persone ad un solo mandatario, con un unico atto nell’interesse comune; - congiuntivo, se conferito a più persone destinate ad agire congiuntamente; - disgiuntivo, se conferito a più mandatari, i quali, tuttavia, possono operare separatamente. Il mandatario è tenuto ad eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia e non può eccedere i limiti fissati nel mandato. Infatti, l’atto che oltrepassa i limiti del mandato resta a carico del mandatario, se il mandante non lo ratifica. Il mandato si estingue: - per scadenza del termine, - per il compimento dell’affare, - per revoca da parte del mandante, - per rinunzia del mandatario, - per morte o incapacità sopravvenuta del mandante o del mandatario. Il contratto di commissione è un mandato all’acquisto o alla vendita conferito dal committente al commissionario al quale spetta una provvigione. La provvigione è costituita da una percentuale sul valore dell’affare concluso, ma è consentito alle parti determinarla diversamente. Il committente può revocare l’ordine di concludere l’affare fino a che il commissionario non lo abbia concluso. In tal caso spetta al commissionario una parte della provvigione che si determina tenendo conto delle spese sostenute e dell’opera prestata. Il contratto di spedizione è un mandato con il quale lo spedizioniere assume l’obbligo di concludere in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere le operazioni necessarie. Lo spedizioniere è normalmente persona diversa dal vettore, il quale però può assumere anche tale veste CONTRATTI DI COOPERAZ. : MANDATO, COMMISS., SPEDIZ., AGENZIA, MEDIAZ. CONTRATTI REALI: DEPOSITO, COMODATO, MUTUO GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 22 obbligandosi all’esecuzione del contratto. La misura della retribuzione dovuta allo spedizioniere si determina, in mancanza di convenzione, secondo le tariffe professionali o in mancanza secondo gli usi del luogo in cui avviene la spedizione. Il deposito, ai sensi dell’articolo 1766, è quel contratto con il quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura. Si tratta di un contratto reale, ad effetti obbligatori e ad esecuzione continuata. Le parti del contratto di deposito sono il depositante, che con la consegna della cosa acquista un credito alla restituzione, il depositario, che ricevendo la res è tenuto alla custodia e alla restituzione della stessa. Il primo dovere del depositario è quello di provvedere alla custodia delle cose consegnate. Egli, infatti, non può servirsi della cosa depositata né darla in deposito ad altri, senza alcun senso del depositante. Il depositante è obbligato a: - rimborsare al depositario le spese fatte per conservare la cosa, - tenerlo indenne dalle perdite cagionate dal deposito, - pagargli il compenso pattuito. Il comodato è un contratto con il quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché quest’ultima se ne serva secondo l’uso pattuito o per il tempo determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. La realità del contratto si recava dalla consegna della cosa e non dalla previsione dell’obbligo di consegnare. Si tratta inoltre di un contratto: - unilaterale, cioè con obbligazioni a carico di una sola parte, - gratuito, così come previsto espressamente dall’articolo 1803, secondo comma, codice civile. L’oggetto del comodato deve essere un bene inconsumabile ed infungibile, perché altrimenti non avrebbe senso la previsione dell’obbligo di restituire la stessa cosa consegnata. Il comodatario deve restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza, quando se n’è asservito, in conformità del contratto. Se però, durante il termine convenuto, o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene al comodante un’urgente e imprevisto bisogno, questi può esigerne la restituzione immediata. Se non è stato stabilito un termine, né questo risulta dall’uso, a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario deve restituirla non appena il comodante la richiede, ai sensi dell’articolo 1810, si parla in questo caso di comodato precario. Il mutuo è il contratto con il quale una parte, detta mutuante, consegna ad un’altra, detta mutuatario, una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità. Si tratta di un contratto reale che si perfeziona nel momento in cui avviene la consegna del bene oggetto dell’operazione. Ha invece natura consensuale e non reale, il cosiddetto mutuo di scopo, cioè quella particolare fattispecie di mutuo in cui il mutuatario assume l’obbligo di perseguire la specifica finalità per la quale il mutuante gli ha consegnato quella determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili. Il mancato rispetto della finalità comporta la risoluzione del rapporto. Il mutuo è un contratto oneroso e dunque il mutuatario è tenuto a corrispondere gli interessi al mutuante. Se questo obbligo non viene adempiuto, il mutuante può chiedere la risoluzione del contratto. Il Contratto D’Opera, ai sensi dell’articolo 1322, è quel contratto con cui un soggetto si obbliga a compiere, verso corrispettivo, un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Esso si configura come una fattispecie di lavoro autonomo, in cui la prestazione viene svolta dall’obbligato senza vincolo di subordinazione e, dunque, senza sottoporsi alle direttive del beneficiario. Egli si obbliga a raggiungere un certo risultato, con conseguente assunzione del rischio nell’attività produttiva. Il rapporto tra committente e prestatore d’opera è fondato sull’intuitus persone, infatti la morte o la sopravvenuta incapacità del prestatore, prima della conclusione del contratto determina, a differenza dell’appalto, lo scioglimento del contratto. Si tratta inoltre di un: - contratto a prestazioni corrispettive, - contratto a forma libera, - contratto ad esecuzione prolungata, - contratto oneroso. Oggetto del contratto è il risultato del lavoro del prestatore d’opera, a prescindere dalle modalità scelte per la sua realizzazione, purché l’opera corrisponda alle condizioni stabilite dal contratto e sia realizzata a regola d’arte. Il contratto d’opera si distingue dal contratto d’opera intellettuale, il quale appunto ad oggetto una prestazione d’opera intellettuale. Si tratta delle libere professioni, per l’esercizio delle quali, è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi. La differenza tra le due tipologie di contratto fa leva sull’elemento del compenso dovuto al professionista: nel contratto d’opera si fa riferimento al risultato ottenuto e al lavoro necessario per realizzarlo, mentre nella prestazione intellettuale si ricorre a criteri attinenti al prestigio sociale e all’onorabilità delle categorie professionali. All’articolo 2236 è prevista una limitazione della responsabilità del prestatore d’opera alle sole ipotesi di dolo o colpa grave nei casi in cui la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciali difficoltà. Tuttavia, se il professionista tenga un comportamento negligente o non osservi le regole tecniche per imperizia, il prestatore risponderà anche per colpa lieve. CONTRATTI PER PRESTAZIONE DI SERVIZI : OPERA, TRASPORTO, VIAGGIO ORGA. GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 25 - rappresentativa : quando il gestore assume obbligazioni in nome e per conto dell’interessato, che ne risponde in conformità alle regole in materia di rappresentanza diretta, - non rappresentativa : quando le obbligazioni sono assunte dal gestore. In nome proprio, ma per conto del gestito, l’attività, posta in essere dal gestore può avere natura giuridica o meramente materiale, purché sia lecita e obiettivamente utile per il patrimonio o per la persona dell’interessato, può consistere nel compimento di singoli affari, nell’amministrazione di un intero patrimonio o in situazioni d’urgenza, anche in atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, necessari ad evitare una perdita economica nel patrimonio del gestito. L’articolo 2029 richiede che il gestore abbia la capacità di contrattare, mentre non è richiesta la capacità di agire dell’interessato. La capacità è tuttavia necessaria nel caso in cui intenda vietare l’attività gestoria o ratificarla. L’elemento soggettivo della gestione di affari altrui è costituito dalla consapevolezza del gestore di curare un interesse altrui. In mancanza di presupposti richiesti dalla legge, la gestione è illegittima e gli atti compiuti dal gestore in nome dell’interessato non avranno alcun effetto. Nei confronti di quest’ultimo, ma potranno comportare responsabilità precontrattuale del gestore verso i terzi che siano stati danneggiati da trattative inutili intraprese nella ragionevole convinzione dell’esistenza del potere rappresentativo. Tuttavia, secondo l’articolo 2032, l’attività posta in essere dal gestore illegittimamente produce gli effetti propri del mandato, se l’interessato la ratifica. L’indebito è il pagamento non dovuto perché privo di un legittimo titolo giustificativo. Ciò può dipendere: - dalla mancanza originaria dello stesso, dovuto ad inesistenza, nullità o inefficacia; - dalla sua sopravvenuta caducazione, stante l’annullamento, la rescissione o la risoluzione del contratto; - dall’estinzione dell’obbligazione una volta adempiuta; - dall’assunzione di un obbligo non esigibile, in virtù di preclusioni o eccezioni che ne paralizzano l’efficacia; Occorre distinguere tra: - indebito oggettivo o ex re, che ricorre quando il pagamento è fatto in assenza di un rapporto giuridico tra le parti, ovvero quando il vincolo originariamente esistente, sia venuto meno in virtù di eventi successivi; - indebito soggettivo o ex persona, che ricorre quando qualcuno paga un debito altrui credendosi debitore in base ad un errore scusabile. L’articolo 2033 stabilisce che, chi ha eseguito un pagamento non dovuto, ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. La fattispecie dell’indebito oggettivo consta di due elementi: - il pagamento, - la non doverosità dello stesso. Il soggetto che agisce per la ripetizione in natura o per equivalente dell’indebito, cioè per ottenere indietro quanto ha speso, dovrà provarne i fatti costitutivi e, in particolare, dimostrare, non solo l’avvenuto pagamento, ma anche la mancanza di una causa solventi. Ciò vale anche se l’oggetto del pagamento in debito è costituito da una cosa determinata e questa è perita o danneggiata. In quest’ultimo caso chi l’ha data può chiederne l’equivalente, oppure la restituzione e il pagamento di un’indennità, per la diminuzione di valore. Nell’ipotesi in cui l’accipiens, cioè il soggetto a cui il pagamento è riferibile, abbia ricevuto la cosa in buona fede e l’abbia alienata prima di conoscere l’obbligo restitutorio, il solvens non potrà ottenere dall’alienante più del corrispettivo conseguito, potendosi surrogare allo stesso ove ancora dovuto. L’azione di ripetizione si prescrive in 10 anni, mentre per gli interessi la prescrizione è quinquennale. L’azione di ripetizione non può essere esercitata nei casi di adempimento di un’obbligazione naturale, cioè di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace. Lo stesso è a dirsi, nel caso di esecuzione di una prestazione per uno scopo lesivo del buon costume. L’arricchimento senza causa si colloca tra le fonti delle obbligazioni diverse dal contratto e dal fatto illecito ex articolo 1173, e trova enunciazione negli articoli 2041 e 2042. Nello specifico l’articolo 2041 impone in capo a chi si sia arricchito, ai danni di un altro soggetto senza giusta causa, un obbligo indennitario o restitutorio se si tratta di cosa determinata, sussistente al tempo della domanda. Sono requisiti dell’azione: - l’arricchimento, - la diminuzione patrimoniale, - l’assenza di giusta causa, - la correlazione tra arricchimento e depauperamento, - l’inesistenza di un’altra azione proponibile per ottenere l’indennizzo del pregiudizio subito. L’arricchimento può consistere: LA RIPETIZIONE DI INDEBITO L’ARRICCHIMENTO SENZA CAUSA GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 26 - in un profitto economico, - in un risparmio di spesa, - in un’attribuzione patrimoniale, - nella liberazione da un debito, - nella conservazione dell’altrui ricchezza. Deve comunque trattarsi di un’ora di un’attribuzione effettiva e non meramente eventuale o futura, nonché patrimonialmente valutabile, escludendosi il vantaggio morale, non essendo suscettibile di valutazione economica. L’obbligo restitutorio non può superare il limite dell’arricchimento. Esso, in quanto diretto a reintegrare una diminuzione patrimoniale, si configura come debito di valore e non di valuta, anche ove l’arricchimento derivi da un risparmio di spesa. Secondo quanto previsto dall’articolo 2041, secondo comma, codice civile, qualora l’arricchimento abbia ad oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuta a restituirla in natura qualora la stessa sussista al tempo della domanda. L’azione di arricchimento senza causa può essere esperita nei confronti della pubblica amministrazione, qualora riceva un vantaggio patrimoniale da una prestazione posta in essere da un soggetto privato senza giusta causa. Il privato-attore dovrà allora provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo essa piuttosto eccepire e dimostrare che l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole. Ai sensi dell’articolo 2043, la responsabilità extracontrattuale, e la relativa obbligazione risarcitoria, sorge in presenza di un fatto doloso o colposo, produttivo di un danno ingiusto. Infatti, la norma dispone espressamente che qualunque fatto, doloso o colposo che cagiona un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. Si tratta di una responsabilità che deriva da fatto illecito, la quale implica l’inesistenza del contratto e violazione del dovere generico del neminem ledere cioè, di non intromettersi nella sfera giuridica di un soggetto, al quale non si sia legati da un precedente rapporto di carattere contrattuale. Affinché possa aversi responsabilità è necessaria la presenza di alcuni presupposti: - un fatto doloso o colposo, - l’imputabilità del fatto, - a titolo di dolo o colpa, - un danno qualificabile come ingiusto, - il nesso di causalità tra fatto e danno. Il fatto deve essere inteso come quel complesso di accadimenti determinanti, un danno ingiusto scaturenti da una condotta umana o da altri fattori di cui il soggetto è chiamato a rispondere. L’articolo 2046 subordina il sorgere della responsabilità aquiliana alla capacità di intendere e di volere dell’autore al momento del fatto, ossia alla sua capacità di comprendere il significato del proprio comportamento e quindi di valutare le possibili ripercussioni al fine di autodeterminarsi. Il dolo e la colpa costituiscono l’elemento soggettivo della fattispecie, di cui all’articolo 2043, in base al quale viene valutato il comportamento del soggetto agente. Per le definizioni di dolo e colpa occorre richiamare l’articolo 43 del codice penale, ai sensi del quale: - si ha dolo quando l’evento dannoso è previsto e voluto dal soggetto agente; - si ha colpa quando l’evento dannoso, anche se previsto, non è voluto e si verifica a causa di negligenza, imprudenza, imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. Il termine d’anno compare due volte nella definizione del 2043: - una prima volta con il richiamo al danno ingiusto si fa riferimento al danno evento, cioè alla lesione del bene giuridico o dell’interesse giuridico che è condizione necessaria per il risarcimento; - una seconda volta con il riferimento al danno conseguenza, cioè alla modificazione peggiorativa della sfera economico e morale conseguente alla lesione di un bene o di un interesse. Secondo la tesi prevalente ai due danni esaminati corrispondono due distinti nessi di causalità: - quanto al danno ingiusto, il verbo “cagiona” utilizzato dall’articolo 2043 evidenzia la necessità di un primo nesso di causalità, definito causalità fattuale che leghi la condotta attiva od omissiva all’evento, costituito dalla lesione dell’interesse giuridicamente tutelato - con riguardo al danno conseguenza è necessario un secondo nesso di causalità definito causalità giuridica, il quale mira ad appurare l’esistenza e soprattutto l’ampiezza dei pregiudizi direttamente riconducibili all’evento. Si riscontrano notevoli differenze tra la responsabilità contrattuale e la responsabilità extracontrattuale o aquiliana. La responsabilità aquiliana non pone l’accento sul comportamento dell’attore, bensì sul fatto doloso o colposo, che è fonte della responsabilità. L’articolo 1218, al contrario, pone l’accento sul soggetto responsabile, ossia il debitore contrattualmente tenuto a risarcimento del danno. L’obbligo di risarcimento, ex articolo 1218, si configura se le parti sono già legate da un precedente vincolo obbligatorio. Se invece non vi sono legami preesistenti tra le parti, l’obbligazione risarcitoria a valenza ex articolo 2043. Nel caso di responsabilità extracontrattuale, il danneggiato che intende agire per il soddisfacimento del proprio interesse, ha l’onere di provare: RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 27 - di aver subito un danno ingiusto, - che tale danno è stato causato dal fatto di un altro soggetto, - che il soggetto individuato abbia agito con dolo o colpa. Nel caso della responsabilità contrattuale, invece, gli oneri probatori a carico dell’attore si semplificano di molto, in quanto sarà sufficiente provare l’inadempimento mentre spetterà al debitore convenuto dimostrare che l’inadempimento o in ritardo è stato determinato da una causa a lui non imputabile. Per la responsabilità contrattuale vige l’ordinario termine di prescrizione decennale, mentre la prescrizione per la responsabilità da fatto illecito è fissata in 5 anni. Vi sono delle ipotesi in cui la condotta colpevole dell’autore del danno non è richiesta ai fini dell'affermazione della sua responsabilità. Infatti, nelle norme di cui agli articoli 2047 e seguenti, i criteri di imputazione del danno poggiano sull’accertamento di un dato oggettivamente rilevabile: - la qualifica di sorvegliante, genitore, padrone o committente (articoli 2047-2049), - il diritto di proprietà su una cosa o su un animale (articoli 2051-2053), - lo svolgimento di un’attività pericolosa (articoli 2050-2054). L’articolo 2048 prevede come requisiti: - la responsabilità solidale del padre e della madre, o quella del tutore, per i danni cagionati dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela che abitano con essi. In tal caso occorre considerare, non solo l’età del minore e le modalità del fatto, ma anche lo sviluppo intellettivo del soggetto e l’attitudine del minore a percepire l’illiceità della sua azione. - la coabitazione, intesa come consuetudine alla vita comune. La norma pone una presunzione legislativa di colpa, a carico dei genitori o del tutore, con l’effetto di determinare un’inversione dell’onere della prova a favore del danneggiato, in quanto spetta all’obbligato, per liberarsi da responsabilità, provare di non aver potuto impedire il fatto. Ai sensi del secondo comma dell’articolo 2048, del fatto illecito del minore, rispondono i precettori, nonché i maestri d’arte o di mestieri. L’articolo 2049 dispone che i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi, nell’esercizio delle incombenze alle quali sono adibiti. Perché il fatto illecito possa dirsi compiuto dal dipendente dell’esercizio delle incombenze a cui è adibito, non occorre che tra le mansioni espletate e il fatto dannoso ricorra un rigoroso nesso di causalità, infatti, è sufficiente un nesso di occasionalità necessaria, cioè che tali incombenze o mansioni abbiano reso possibile o comunque agevolato il comportamento produttivo del danno, mentre è irrilevante, al fine indicato, che tale comportamento si ponga al di là dei limiti di quelle incombenze o mansioni. L’articolo 2050 disciplina la responsabilità per l’esercizio di attività pericolose, cioè quelle attività caratterizzate statisticamente da un’elevata quantità di eventi letali o lesivi, quelle attività che sai bene cagionino un numero limitatissimo di incidenti, producono sul piano qualitativo, lesioni particolarmente gravi, avuto riguardo alla rilevanza dei beni coinvolti. Non possono invece essere considerati attività pericolose quelle attività nelle quali la pericolosità può derivare solo da un comportamento rimproverabile e non dal naturale dinamismo dei mezzi adoperati. La norma pone una presunzione di responsabilità dell’esercente attività pericolosa derivante dalla presunzione di esistenza di un nesso di causalità tra attività pericolosa e danno. La prova liberatoria consiste dunque nella dimostrazione del caso fortuito, e cioè di un fattore esterno capace di porsi come causa efficiente dell’evento lesivo. L’articolo 2051 prevede che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. La cosa può consistere sia in un bene mobile che in un bene immobile. La prova liberatoria è basata sulla dimostrazione dell’esistenza del caso fortuito, e non del comportamento diligente del custode, in quanto occorre dimostrare che il danno non è stato provocato dalla cosa, ma da un fattore estraneo al naturale dinamismo della stessa, come può essere: - la forza maggiore non resistibile, - l’illecito di un terzo che si sia appropriato della cosa e l’abbia resa fonte di danno, - l’uso imprudente della cosa, da parte del danneggiato, tanto da far sì che la causa efficiente sia identificabile nel comportamento imperito di chi, entrando in contatto con la cosa, ne sia rimasto vittima; - la condotta imprudente dello stesso danneggiato. Ai sensi dell’articolo 2052, la responsabilità per danno da animali, prevede che il proprietario di un animale, o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito. Si tratta di un danno provocato dal fatto proprio dell’animale al di fuori dell’azione diretta di chi se ne serve. Pertanto non può essere considerato tale: il danno derivante dal ferimento di una persona ad opera di un cane, aizzato dal proprietario che risponde tuttavia, ai sensi dell’articolo 2043; e il danno derivante dalla circolazione di un veicolo a trazione animale che ricade nell’ipotesi di cui all’articolo 2054. La RESPONSABILITA’ SPECIALI GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 30 successivamente lo vende, il terzo non ne acquista la proprietà libera da pesi e oneri, ma aggravata dal diritto del creditore di farlo espropriare e vendere per soddisfarsi sul ricavato. Sono garanzie reali: - il pegno, - l’ipoteca, - i privilegi. Il pegno, ai sensi dell’articolo 2784, è costituito a garanzia dell’obbligazione dal debitore o da un terzo per il debitore. Da ciò si ricava il carattere accessorio del pegno, il quale presuppone l’esistenza di un credito a favore del quale è costituito e risente della validità o meno dell’obbligazione principale a cui accede. Tuttavia, si tratta solo di un collegamento funzionale, essendo attinente allo scopo di garanzia dell’Istituto, in quanto il pegno è autonomo rispetto all’obbligazione principale. Il pegno, inoltre, è indivisibile e garantisce il credito finché questo non è integralmente soddisfatto, anche se il debito o la cosa data a pegno è divisibile. La ratio si rinviene nel fatto che la divisibilità potrebbe produrre ritardi e intralci nel procedimento esecutivo. Oggetto di pegno possono essere beni mobili, universalità di mobili, crediti e gli altri diritti aventi per oggetto beni mobili. Nel pegno è opportuno scindere due profili: uno riguardante il titolo per la costituzione del pegno (cosiddetto Titulus), l’altro relativo alla Costituzione del diritto (cosiddetto Modus). Il titolo rappresenta il fondamento della costituzione del pegno, mentre il modus è un elemento ulteriore che varia a seconda delle diverse fattispecie di pegno con scopo pubblicitario. Il tradizionale titolo costitutivo del diritto di pegno è il contratto. La forma del titolo costitutivo e libera. Ciò significa che il contratto di pegno può essere concluso oralmente e anche tacitamente per fax sia concludenza. Tuttavia l’articolo 2787, richiede la forma scritta per l’efficacia e l’opponibilità nei confronti dei terzi e non per la validità dell’accordo tra le parti. Il pegno si estingue: - quando si estingue il credito garantito, - con la perdita definitiva del possesso, da parte del creditore, - per perimento dell’oggetto della garanzia, cioè se la cosa viene distrutta interamente o parzialmente, ovvero se si estingue il diritto pignorato, - per rinuncia al credito o alla garanzia da parte del creditore pignoratizio, - per confusione qualora il creditore pignoratizio acquisti la proprietà del bene, ovvero la titolarità del credito o di altro diritto concesso in garanzia, - per prescrizione. Il creditore pignoratizio, in caso di perdita del possesso della cosa ricevuta impegno, può esercitare le azioni possessorie di spoglio e di manutenzione, nonché l’azione di rivendicazione se questa spetta al costituente. Se viene data impegno una cosa fruttifera, il creditore ha facoltà di fare suoi i frutti, imputandogli prima alle spese e agli interessi e poi al capitale. In caso di patto contrario, i frutti diventano oggetto di pegno come accessori, qualora non sia espressamente prevista la facoltà in favore del debitore di farli propri. Il creditore è inoltre tenuto a rispettare alcuni obblighi a tutela dell’interesse del debitore alla conservazione del bene, tra cui l’obbligo di custodire la cosa ricevuta in garanzia. Infatti, l’articolo 2792 prevede che il creditore non può, senza alcun senso del costituente, usare della cosa, salvo che l’uso sia necessario per la conservazione della stessa. Il divieto ha ad oggetto l’uso materiale e giuridico, nel senso che l’ordinamento vieta tutti quegli atti di disposizione attraverso i quali si concederebbero diritti non ricompresi nel diritto di garanzia. L’ipoteca è un diritto reale di garanzia. Nello specifico è un vincolo a scopo di garanzia, il quale attribuisce al creditore il diritto di espropriare, anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione. Essa presenta i seguenti caratteri strutturali: - l’accessorietà, in quanto l’ipoteca segue le sorti del rapporto principale cui inerisce; - la specialità, in quanto l’ipoteca deve essere iscritta su beni specialmente indicati e per una somma determinata in denaro; - l’indivisibilità, in quanto l’ipoteca è indivisibile e sussiste sopra tutti i beni vincolati nella loro interezza. L’articolo 2810 prevede che sono oggetto di ipoteca i beni immobili in commercio, con le loro pertinenze, l’usufrutto dei beni stessi, il diritto di superficie, il diritto dell’enfiteuta e quello del concedente sul fondo enfiteutico. A seconda della sua natura, l’ipoteca si distingue in legale o giudiziale o volontaria. L’ipoteca è legale quando il diritto ad iscrivere ipoteca, veniva direttamente dalla legge, a favore di determinati soggetti e in relazione alla causa del credito. Essa viene scritta automaticamente nel momento in cui viene presentato al conservatore l’atto di alienazione o di divisione, a meno che vi sia rinuncia o risultino già adempiuti gli obblighi dell’acquirente. L’ipoteca giudiziale, si ha quando interviene una sentenza che condanna al pagamento di una somma o all’adempimento di altra obbligazione, come il lodo arbitrale reso esecutivo e le sentenze straniere dopo che ne è stata dichiarata l’efficacia dall’autorità giudiziaria italiana. L’ipoteca è volontaria quando viene fatta mediante dichiarazione unilaterale da farsi sotto pena di nullità per atto pubblico o per scrittura privata o mediante convenzione. Le garanzie personali, a differenza di quelle reali, non attribuiscono un diritto su un dato bene opponibile anche ai terzi acquirenti, bensì offrono al creditore, in caso di inadempimento del debitore, un altro patrimonio su cui rivalersi, cioè quello del garante. Figura tipica di garanzia personale è la Fideiussione, che si sostanzia in un rapporto obbligatorio, in virtù del quale, il fideiussore assume un obbligo nei confronti del creditore di adempiere l’obbligazione del debitore, aggiungendo la propria responsabilità a quella di LE GARANZIE PERSONALI : LA FIDEIUSSIONE GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 31 quest’ultimo. Il debitore principale è soggetto estraneo all’obbligazione fideiussoria, la quale può essere assunta anche a sua insaputa o contro la sua volontà. Tuttavia non è escluso che le parti pongano in essere un’operazione trilaterale attraverso la stipula di un contratto a favore di terzo, ex articolo 1411 del codice civile, che il Fideiussore conclude con il debitore a favore del creditore. L’accessorietà della garanzia rispetto all’altrui obbligazione è principio fondamentale che è possibile desumere da tre diverse disposizioni: - l’articolo 1939, il quale dispone che l’obbligazione fideiussoria non è valida se non è valida l’obbligazione principale come nei casi di nullità o inesistenza della stessa, - l’articolo 1945, il quale riconosce la possibilità, per il fideiussore, di opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore, salva quella derivante da incapacità; - l’articolo 1941, il quale stabilisce che la garanzia fideiussoria non può eccedere a quello che è dovuto dal debitore né può essere prestata a condizioni più onerose, operando in caso contrario nei limiti dell’applicazione principale. L’effetto che la fideiussione produce è la responsabilità solidale nei confronti del creditore, del debitore principale e del suo fideiussore. Infatti, l’articolo 1944 stabilisce che il Fideiussore è obbligato in solido con il debitore principale al pagamento del debito. Può però essere pattuito il cosiddetto beneficium ordinis, il quale impone al creditore di sollecitare preventivamente l’adempimento del debitore principale prima di poter rivolgersi al fideiussore. Inoltre, il secondo comma dell’articolo 1944 attribuisce espressamente, alle parti, la possibilità di convenire il beneficium excursions, cioè l’onere a carico del creditore, di agire in executivis contro l’obbligato principale prima che contro il garante. Il fideiussore che ha pagato ha: - diritto di surrogarsi nelle ragioni del creditore, - diritto di regresso contro il debitore principale per ottenere la ripetizione, cioè avere indietro, il capitale, gli interessi e le spese da lui sostenute. Nello specifico, la surrogazione consiste nella successione del fideiussore adempiente al creditore nell’attivo del rapporto principale. Esso quindi avrà tutti i diritti, anche di garanzia, che spettavano al surrogato e nei limiti in cui gli spettavano. Invece, con l’azione di regresso il Fideiussore può recuperare dall’obbligato principale, il capitale con gli interessi legali dal giorno del pagamento, nonché le spese sostenute dopo la denuncia delle istanze proposte contro di lui. La fideiussione si estingue con: - l’estinzione dell’obbligazione principale, - la prescrizione del diritto vantato verso il garante, - la remissione del debito ad opera del creditore, - la confusione che si realizza quando nella stessa persona si riuniscono le qualità di fideiussore e di creditore o di fideiussore e debitore principale; - per scadenza del termine di durata della garanzia, quando per fatto del creditore non può avere effetto la surrogazione del fideiussore nei diritti del pegno, nelle ipoteche e nei privilegi del creditore. L’articolo 1938 prevede che la fideiussione può essere prestata anche per un’obbligazione futura, non ancora sorta al momento della stipula del contratto di garanzia. Una particolare ipotesi di garanzia per debiti futuri è rappresentata dalla fideiussione omnibus, cioè quel contratto con il quale il fideiussore garantisce, senza limiti di tempo, l’adempimento di tutte le obbligazioni che il debitore principale, generalmente un imprenditore, ha assunto e assumerà nei confronti del creditore, solitamente una banca. Con il contratto autonomo di garanzia, il garante, solitamente una banca o una compagnia di assicurazioni, su incarico del debitore, assume, nei confronti del creditore, l’impegno ad effettuare una determinata prestazione nell’eventualità il debitore non adempie alle proprie obbligazioni. Nella fattispecie, è possibile individuare: - un contratto base che può essere una vendita, un appalto, una somministrazione che lega l’ordinante al beneficiario dando vita al rapporto di valuta; - un contratto di mandato che crea il rapporto di provvista tra debitore principale e garante, in virtù del quale il primo, cosiddetto ordinante, conferisce al secondo, l’incarico di stipulare il contratto di garanzia con il creditore del rapporto base; - un contratto di garanzia tra garante e beneficiario, con il quale il garante si obbliga, nei confronti del creditore, a versarli su semplice richiesta e senza poter opporre alcuna eccezione, l’equivalente della prestazione dovuta dal debitore, maggiorato delle spese e dei danni. Questi tre contratti, anche se autonomi, sono legati da un collegamento negoziale reso evidente dalla loro finalizzazione ad uno scopo economico-unitario. Gli articoli 1958 e 1959 disciplinano il Mandato Di Credito, cioè quel contratto attraverso il quale una parte, detta mandatario promittente, si obbliga verso un’altra, detta mandante promissario, a fare credito ad un terzo, in nome e per conto proprio. Da questo istituto derivano due obblighi: - quello del mandatario, il quale si impegna ad erogare un prestito a favore di un terzo, - quello del mandante, che ne garantisce la restituzione. Le lettere di patronage o di gradimento sono dichiarazioni redatte in forma scritta, rese ad una banca o a un diverso ente creditore, al fine di indurlo ad accordare, mantenere o prorogare un finanziamento in favore di un terzo. Nello specifico, queste lettere sono espresse da un soggetto formalmente terzo rispetto al debitore garantito, ma questo legato da un rapporto di controllo giuridico ed economico. Le lettere di patronage si sono diffuse come strumento alternativo alle garanzie personali tipiche con le quali il dichiarante assume un impegno meno stringente ed esteso rispetto alla fideiussione. Queste lettere, non garantiscono propriamente l’adempimento altrui, ma tentano di rafforzare nel creditore il convincimento che il patrocinato farà fronte ai propri impegni. In altre parole, forniscono ai creditori delle rassicurazioni in merito al buon esito delle operazioni di finanziamento. Le dichiarazioni possono avere un’eterogeneità GIULIA BOSCO Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (Classe L-36) Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 32 di contenuti e, infatti, si tende a distinguere tra lettere di patronage a contenuto debole e lettere di patronage a contenuto forte. Le prime sono dichiarazioni a carattere meramente informativo con le quali il patrocinante si limita a dichiarare la sua partecipazione di influenza o di controllo sul pacchetto azionario della società controllata o a dare informazioni sulle condizioni patrimoniali, economiche e finanziarie. Le seconde contengono dichiarazioni con le quali il patrocinante assume nei confronti del destinatario uno o più obblighi, quali quello di mantenere il soggetto controllato in condizioni patrimoniali tali da permettere la restituzione del finanziamento. I mezzi di pubblicità giuridica (o legale) sono predisposti dall'ordinamento per rendere facilmente conoscibili determinati fatti e atti giuridici, dando agli interessati la possibilità oggettiva di venirne a conoscenza, in modo da assicurare la certezza dei rapporti giuridici. Accanto alla funzione di informare, la pubblicità giuridica può avere quella di dare conoscenza legale dei fatti per i quali è prevista. Ciò significa che, una volta effettuata la pubblicità nelle forme di legge, il fatto si considera conosciuto e nessuno può eccepire di ignorarlo, quand'anche non ne avesse avuto effettiva conoscenza. Vari possono essere i mezzi di pubblicità previsti dall'ordinamento. Tra i più diffusi si possono ricordare: - l'iscrizione o trascrizione in appositi registri tenuti da pubblici uffici (o da privati esercenti una funzione pubblica) e resi accessibili al pubblico; - il deposito di documenti presso determinati uffici; - la pubblicazione su periodici, ufficiali o meno; - l'affissione al pubblico. Di solito la norma prescrive uno specifico mezzo di pubblicità; a volte, però, si limita a prevedere che sia fatta con qualsiasi mezzo idoneo. In relazione agli effetti che conseguono alla sua omissione, si distinguono tradizionalmente tre forme pubblicità giuridica: - pubblicità-notizia, - pubblicità-dichiarativa, - pubblicità-costitutiva. La pubblicità-notizia (detta anche pubblicità notificativa) si limita a dare notizia di determinati fatti, senza che la sua omissione impedisca ai medesimi di produrre i loro effetti giuridici o ne determini l'invalidità. Essa, dunque, non costituisce un dovere ma, semmai, un onere, con l'eventuale applicazione di una sanzione in caso d'inosservanza dell'obbligo. Sono esempi di pubblicità-notizia nell'ordinamento italiano: - l'iscrizione degli imprenditori nella sezione speciale del registro delle imprese, tranne che per gli imprenditori agricoli, in qualsiasi forma essi manifestino la loro attività (società semplice, o imprenditore agricolo individuale - art. 8, comma 5 della legge 29 dicembre 1993, n. 580); - la pubblicazione di matrimonio (art. 93 c.c.); - l'annotazione a margine dell'atto di nascita della sentenza di interdizione (art. 423 c.c.); - la trascrizione dell'atto di vendita di autoveicoli presso il Pubblico Registro Automobilistico (art. 93/1° Codice della Strada); - la trascrizione nei registri immobiliari delle accettazioni di eredità e degli acquisti di legato (art. 2648 c.c.) La pubblicità dichiarativa è volta a rendere opponibili a determinati soggetti i fatti per cui è prevista (ad esempio, a rendere opponibile un negozio giuridico ai terzi) : la sua omissione, pur non determinando l'invalidità, impedisce che il fatto produca effetti giuridici nei confronti di tali soggetti. L'ordinamento può configurare la pubblicità come condizione sufficiente ma non necessaria per l'opponibilità, allorché consenta di provare, in alternativa, che il soggetto era comunque a conoscenza del fatto, nonostante la mancata pubblicità; oppure può configurarla come condizione necessaria, oltre che sufficiente, sicché la mancata pubblicità preclude in ogni caso l'opponibilità, quand'anche il soggetto fosse venuto altrimenti a conoscenza del fatto. Nell'uno come nell'altro caso, la pubblicità dichiarativa costituisce, dunque, un onere affinché il fatto possa produrre i suoi effetti giuridici nei confronti di chiunque ed essere, quindi, pienamente efficace. Sono esempi di pubblicità dichiarativa nell'ordinamento italiano: - l'iscrizione degli imprenditori, diversi dalle società di capitali e dalle società cooperative, nella sezione ordinaria del registro delle imprese (art. 2193 c.c.); - la trascrizione nei registri immobiliari dei contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili (art. 2644 c.c.). La pubblicità costitutiva è requisito necessario affinché la fattispecie si perfezioni, sicché in sua mancanza l'atto è privo di validità e non produce effetti nei confronti di chiunque (quindi né tra le parti del negozio giuridico, né verso i terzi). Essa è, dunque, un onere al fine dell'efficacia e della validità dell'atto. Sono esempi di pubblicità costitutiva nell'ordinamento italiano: - l'iscrizione delle società di capitali nella sezione ordinaria del registro delle imprese (art. 2331 c.c.); - l'iscrizione delle ipoteche nei registri immobiliari (art. 2808 c.c.); - l'iscrizione delle ipoteche nei Pubblici Registri Automobilistici; LA PUBBLICITÀ
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