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Appunti di Endocrinologia, Appunti di Endocrinologia

Appunti completi del corso di endocrinologia. Questi appunti sono stati sviluppati integrando le lezioni e i materiali offerti dai professori con manuali inerenti alla materia.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 01/07/2023

Raz014
Raz014 🇮🇹

32 documenti

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Scarica Appunti di Endocrinologia e più Appunti in PDF di Endocrinologia solo su Docsity! 1 Endocrinologia DIABETE MELLITO Il diabete mellito rappresenta un gruppo eterogeneo di patologie metaboliche, tutte caratterizzate dalla presenza di iperglicemia e dovute principalmente a due principali meccanismi: - Aumentata resistenza insulinica; - Deficit della secrezione insulinica; - Entrambi i meccanismi. Il diabete rappresenta una delle tre emergenze sanitarie del mondo secondo l’OMS, a fianco alla tubercolosi e alla malaria, oltre a rappresentare il più comune disordine endocrinologico. Inoltre, il diabete si associa ad una serie di complicanze che ne aumentano drasticamente la mortalità. Il diabete è una malattia comune e la sua prevalenza, in particolare quella del diabete di tipo 2, è in drammatico aumento. I soggetti affetti da diabete mellito nel mondo sono oggi 366 milioni (prevalenza 5,9%), di cui il 46% nella fascia di età compresa tra 40 e 59 anni, e si stima che nel 2030 saranno 552 milioni, con una prevalenza del 7,3%. In Italia, si registra la presenza di 2 milioni e 643 mila persone colpite da diabete, con una prevalenza del 4,5%, ma il dato è probabilmente sottostimato per la presenza di un elevato numero di soggetti con diabete non diagnosticato (prevalenza reale ≈ 6%). Tale “pandemia” è da attribuirsi principalmente all’aumento, nei Paesi sviluppati, dei soggetti sovrappeso e obesi, e al più facile accesso alle fonti alimentari nei Paesi in via di sviluppo. Particolarmente allarmante è l’aumento dei casi di obesità e sovrappeso tra bambini e adolescenti, con sviluppo di diabete mellito di tipo 2 associato a obesità già in età adolescenziale. Circa il 90% della popolazione diabetica è affetto da diabete di tipo 2, mentre solo una minoranza è affetta da diabete di tipo 1. Il pancreas è l’organo che spiega l’insorgenza del diabete. Nel pancreas endocrino ci sono le beta-cellule che producono l’insulina (ormone). Il diabete si manifesta per un deficit di insulina o per un problema di insulino-resistenza. Sintomi cardinali del diabete sono: - Poliuria; - Polidipsia (aumento della sete); - Perdita di peso (dovuto alla secrezione di glucosio – glicosuria – da parte del rene). Criteri diagnostici (escluso diabete gestazionale) à ne serve uno qualsiasi per fare diagnosi: - Sintomi clinici di diabete + glicemia casuale (non è una glicemia a digiuno) ≥ 11.1 mmOl/L (≥ 200 mg/dl) – non serve un ulteriore conferma per fare diagnosi; - Glicemia a digiuno ≥ 7.0 mmOl/L (≥ 126 mg/dl), da confermare; - Glicemia 120 min dopo OGTT (carico orale di glucosio) ≥ 11.1 mmOl/L (≥ 200 mg/dl), da confermare; - Emoglobina glicosilata (HbA1c) ≥ 48 mmOl/mol (HbA1c ≥ 6.5%), da confermare. Valori superiori a 120-130mg/dl aumentano il rischio di complicanze da diabete. 2 Classificazione del diabete: - Diabete tipo 1: il diabete di tipo 1 è caratterizzato da distruzione delle cellule β pancreatiche che conduce a deficit insulinico assoluto con necessità di terapia insulinica sostitutiva al fine di prevenire lo sviluppo di chetoacidosi e la morte. La distruzione della cellula β pancreatica avviene di solito su base autoimmune (tipo 1A) e il siero dei pazienti è positivo per la presenza di autoanticorpi. I pazienti che non presentano evidenza di autoimmunità (10%) sono affetti da una forma idiopatica di diabete di tipo 1 (tipo 1B) di più comune riscontro in Asia e in Africa; - Diabete tipo 2: il diabete di tipo 2 comprende un gruppo eterogeneo di disordini caratterizzati da variabili gradi di insulino-resistenza, alterata secrezione insulinica e aumentata produzione epatica di glucosio. Sebbene questi disordini diano luogo a un quadro fenotipico sovrapponibile, i meccanismi fisiopatologici prevalenti possono essere diversi e richiedere, quindi, interventi terapeutici diversificati; - Diabete gestazionale: indotto dalle alterazioni ormonali della gravidanza. Il diabete gestazionale è un diabete diagnosticato per la prima volta durante la gravidanza e colpisce circa il 4% delle donne in gravidanza. Lo stato di insulino-resistenza che si instaura nelle fasi avanzate della gravidanza determina un aumento della richiesta di insulina e ne rappresenta il probabile substrato fisiopatologico. La maggior parte delle donne ritorna a uno stato di normale tolleranza al glucosio dopo la gravidanza, ma tali soggetti hanno un aumentato rischio di sviluppare diabete nel corso della vita. Per fare diagnosi di GDM (diabete gestazionale) si usa test OGTT fra la 24 e 28 settimana di gestazione. Almeno 1 dei seguenti criteri deve essere soddisfatto: o Glicemia basale ≥92 mg/dl (5.1 mmOl/l); o Glicemia a 60’ ≥180 mg/dl (10 mmOl/l); o Glicemia a 120’ ≥153 mg/dl (8.5 mmOl/l). 5 Diabete di tipo 2 È una iperglicemia cronica causata da un deficit relativo di secrezione insulinica, pressoché sempre associato a un difetto di azione insulinica (insulino-resistenza). I fattori genetici svolgono nel diabete di tipo 2 un ruolo ancora più importante che nel diabete di tipo 1. Infatti, la concordanza per il diabete di tipo 2 tra gemelli identici è del 70- 90%. Inoltre, soggetti con un genitore affetto da diabete hanno un rischio di sviluppare la malattia durante la vita del 38%, con un aumento al 60% se entrambi i genitori sono diabetici. Nonostante questo chiaro condizionamento genetico, sono raramente identificabili singoli geni causali e, nella maggior parte dei casi, la malattia è poligenica e sensibilmente influenzata da fattori ambientali. In condizioni fisiologiche, la normoglicemia è mantenuta grazie all’equilibrio tra secrezione e azione dell’insulina. La cellula β pancreatica, infatti, è in grado di adattarsi alle variazioni dell’azione dell’insulina: la riduzione di tale azione è compensata da un aumento della secrezione pancreatica di insulina. Il diabete di tipo 2 si sviluppa quando la secrezione insulinica è inadeguatamente bassa per uno specifico grado di attività dell’insulina. Pertanto, due sono gli aspetti caratteristici del diabete di tipo 2: la ridotta azione dell’insulina (insulino-resistenza) e l’inadeguata secrezione insulinica. Il diabete di tipo 2 presenta quindi: - Rappresenta circa il 90% delle cause di diabete; - Frequente associazione con sovrappeso e obesità (85% circa); - Non manifesta chetosi in condizione di vita normale; - Esordio prevalente > 40 anni, ma possibile ad ogni età (attualmente anche casi in adolescenza e in bambini obesi); - La terapia insulinica può essere necessaria in alcuni casi per il controllo dei sintomi e della iperglicemia. Il trattamento più frequente in questo caso non è l’insulina, ma la correzione della dieta e uso di famarci orali; - Frequente aggregazione familiare. Segni e sintomi: ha insorgenza subdola e progressiva - Poliuria, polidipsia, polifagia e sintomi clinico specifici dello squilibrio insulinico; - Astenia; - Incremento o decremento ponderale; - Prurito, dermatiti, foruncolosi, micosi; - Vaginiti, balanopositi, uretriti, cistici; - Parodontopatie, carie dentarie; - Sintomi e segni della macro- e microangiopatia, della neuropatia e della nefropatia diabetica. La patogenesi è complessa ed è un insieme variabile di predisposizione genetica e fattori ambientali. Il diabete di tipo 2 è una patologia sistema, che comporta alterazioni a pancreas (ridotta secrezione insulinica e aumentata secrezione del glucagone), fegato (aumentata produzione di glucosio), muscoli scheletrici (ridotta utilizzazione di glucosio), tessuto 6 adiposo (rilascio di molecole diabetologene), intestino (ridotta produzione di incretine), rene (aumentato riassorbimento del glucosio) e cervello (alterato controllo metabolico). Complicanze acute del diabete Per ipoglicemia si intende un valore dell’insulina basso, ossia < 55mg/dl (nel neonato < 25 mg/dl). È una patologia frequente, causata da farmaci (ipoglicemizzanti o insulina), deficit d’organo (cirrosi, insufficienza renale), deficit nutrizionale o legato a neoplasie. La causa più frequente di ipoglicemia è quella indotta da farmaci. Nel diabetico è definita ipoglicemia < 70mg/dl. Segni e sintomi di ipoglicemia che vanno subito riconosciuti: 7 Per neuro-glicopenia si intende la carenza di glucosio a livello cerebrale, che influenza attività dei neuroni; i sintomi compaiono quando la glicemia < 40mg/dl, mentre per midriasi si intende la dilatazione della pupilla. Di ipoglicemia si muore in tempi brevi, vanno quindi prontamente riconosciuti segni e sintomi tipici. Complicanze iperglicemiche acute includono invece: - Chetoacidosi diabetica (DKA): tipica nel diabete tipo 1; - Sindrome iperglicemica iperosmolare (HHS): tipica nel diabete tipo 2. Entrambe hanno un’alta mortalità. Tanto più è avanzata l’età e sono presenti comorbilità tanto più alto è il rischio. La chetoacidosi diabetica è un grave scompenso glicometabolico caratterizzato dalla presenza di: - Iperchetonemia (> 5 mmOl/l) e chetonuria; - Acidosi metabolica (diminuzione pH e bicarbonati); - Iperglicemia > 300mg/dl; - Disionia o alterazione elettrolitica (diminuzione soprattutto di potassio e sodio) à calcolabile attraverso l’anion gap (valore normale di 8-16 mEq/l); - Disidratazione. Va differenziata da altre tipologie di chetosi non diabetica. La chetoacidosi diabetica si instaura in presenza di due condizioni: (1) deficit insulinico, assoluto o relativo; (2) eccesso di glucagone e ormoni della controregolazione (cortisolo, catecolamine e GH). Il deficit insulinico assoluto può verificarsi in caso di diabete mellito di tipo 1 all’esordio o di non corretto impiego della terapia insulinica (sospensione o riduzione), mentre quello relativo può instaurarsi in condizioni di stress (infezioni, traumi, eventi cardiovascolari acuti ecc.), in caso di assunzione di farmaci che interferiscono con il metabolismo glucidico (per esempio, steroidi, diuretici tiazidici) o in presenza di endocrinopatie (per esempio, ipertiroidismo, feocromocitoma). La chetoacidosi diabetica insorge per deficit assoluto di insulina, che provoca aumento della lipolisi (scissione di trigliceridi), che a sua volta porta ad aumentato rilascio di acidi grassi che vanno al fegato, con conseguente chetogenesi e rilascio di corpi chetonici (chetoacidosi). I corpi chetonici sono quindi prodotti di degradazione dovuti alla lipolisi (distruzione di grasso). Nel corpo umano i corpi chetonici principali sono rappresentati dall’acetoacetato (misurabile tramite stick urine) e l’idrosibutirrato (più prevalente nella chetoacidosi, misurabile il valore plasmatico tramite strisce analoghe a quelle per la glicemia e utilizzabili dal pz). 10 Il monitoraggio glico-metabolico del diabete avviene tramite: - Compenso glicemico attuale (glicemia a digiuno e post-prandiale, glicosuria e chetonuria); - Compenso glicemico retrospettivo (proteine glicosilate – emoglobina glicata): è direttamente associato alla glicemia e riflette i valori glicemici negli ultimi 2-3 mesi e permette di capire come sta andando il diabete; - Colesterolo, trigliceridi, urea, creatinina, albumina, etc.. Obbiettivi terapeutici ottimali per il monitoraggio del diabete: Complicanze croniche del diabete 15/04/2021 I pazienti con diabete, sia di tipo 1 sia di tipo 2, hanno una notevole tendenza a presentare complicanze a lungo termine che, per la loro frequenza, fanno parte della storia naturale della malattia. Le complicanze vascolari del diabete si suddividono in macroangiopatiche e microangiopatiche (retinopatia, nefropatia e neuropatia). Il rischio di svilupparle aumenta con la durata del diabete; tuttavia, poiché il diabete di tipo 2 ha spesso una lunga fase di iperglicemia silente, le complicanze possono essere già presenti al momento della diagnosi. Studi di intervento hanno infatti dimostrato in modo conclusivo che il miglioramento del compenso glicemico ottenuto con Terapia Intensiva è in grado di prevenire o ridurre significativamente lo sviluppo di retinopatia, nefropatia e neuropatia. L’osservazione che, a parità di compenso glicemico, soltanto alcuni soggetti diabetici manifestano microangiopatia suggerisce, peraltro, che altri fattori (predisposizione genetica, ipertensione arteriosa) possano avere un ruolo nello sviluppo di tali complicanze del diabete. 11 Nella maggior parte dei casi si muore per malattia cardiovascolare dovuta al diabete (soprattutto di tipo 2). Si è stimato come nel corso di 10 anni, 1 maschio ogni 8 e 1 donna ogni 16 avranno un infarto del miocardio (più spesso fatale rispetto a un non diabetico) e come 1 maschio ogni 16 e 1 una ogni 16 avranno un ictus ischemico. La gravità e la frequenza delle complicanze croniche del diabete sono proporzionali alla gravità dell’iperglicemia. L’iperglicemia, infatti, porta a danno d’organo sistemico: occhio, rene, sistema cardiovascolare, nervi, sistema polmonare, cervello, cute. Macroangiopatia diabetica: per complicanza microvascolare nel diabete si intendono le complicanze che colpiscono il rene (nefropatia), la retina (retinopatia) e i nervi centrali (neuropatia), mentre infarto e ictus sono anche definite come complicanze macrovascolari. La macroangiopatia diabetica è una tendenza a sviluppare aterosclerosi più precocemente e in misura più significativa rispetto a quanto osservato nella media della popolazione. Lo studio di Framingham ha, infatti, dimostrato un marcato aumento di vasculopatia periferica, scompenso cardiaco, coronaropatia, infarto miocardico e ictus in presenza di diabete mellito. Le malattie cardiovascolari sono, inoltre, responsabili di oltre il 50% dei decessi tra i soggetti diabetici. Il diabete è, quindi, un fattore di rischio cardiovascolare maggiore, al pari di ipertensione arteriosa e dislipidemia, e nella valutazione del rischio cardiovascolare globale la sua presenza è considerata un equivalente di rischio coronarico. Il rischio di insorgenza di queste complicanze è tanto più alto quanto più alto è il valore di emoglobina glicata, d’altro canto, la sua riduzione corrisponde ad una riduzione di incidenza di tali complicanze. L’obiettivo generale nella terapia del diabete è quindi in trattamento dell’iperglicemia, ed esso è raggiunto quando l’emoglobina glicata è inferiore al 7%, valore che può scendere ulteriormente in pz già a rischio. Oltre ai possibili rischi al quale il diabete espone, fattori di rischio cardiovascolari non glicemici nel diabete di tipo 2 sono: - Insulino-resistenza; - Ipertensione; - Dislipidemia; - Elevato fibrinogeno; - Fumo. Importante quindi una gestione multifattoriale del pz diabetico, trattando tutti i fattori di rischio cardiovascolare e non solo quelli legati al diabete. Fattori di rischio cardiovascolare specifici del soggetto diabetico includono scarso compenso glicemico, presenza di nefropatia diabetica e di insulino-resistenza. L’approccio diagnostico- terapeutico non differisce sostanzialmente da quello suggerito per i soggetti non diabetici. Tuttavia, occorre tenere conto che i soggetti diabetici hanno più frequentemente sintomi anginosi atipici o ischemia/infarto silente, probabilmente per la compresenza di neuropatia autonomica con denervazione del cuore. Inoltre, nel diabetico la patologia coronarica coinvolge spesso più vasi coronarici e si associa a prognosi più infausta rispetto al soggetto non diabetico. Al fine di identificare i soggetti affetti da macroangiopatia, tutti i pazienti con diabete, indipendentemente dal livello di rischio, devono eseguire annualmente un esame 12 dei polsi periferici con ricerca dei soffi vascolari, un ECG basale e una determinazione dell’indice di Winsor. Nefropatia diabetica: si intende tale l’insufficienza renale cronica legata al diabete. Il diabete, infatti, è al giorno d’oggi la principale causa di insufficienza renale cronica che porta alla necessità di dialisi. La patologia, che inizialmente colpisce soprattutto il glomerulo renale, è caratterizzata da perdita di podociti e accumulo di matrice extracellulare nel mesangio, che diventa sclerotico, e nella membrana basale glomerulare, che si ispessisce. Ciò si traduce, dal punto di vista funzionale, in un aumento della permeabilità glomerulare alle proteine, con conseguente aumento della concentrazione delle proteine nelle urine, e in una progressiva perdita della funzionalità renale con caduta del filtrato glomerulare. Un lieve aumento dell’escrezione renale di albumina (AER), denominata microalbuminuria, rappresenta lo stadio più precoce della complicanza (nefropatia incipiente) e si accompagna non solo a un elevato rischio di progressione verso la macroalbuminuria (nefropatia conclamata), ma anche a un aumentato rischio di patologia cardiovascolare. Nella nefropatia diabetica si osserva, inoltre, una progressiva perdita della funzione renale, sia in presenza sia in assenza di albuminuria, sino alla dialisi o al trapianto di rene. Oltre alla distruzione renale e all’alterazione del filtrato glomerulare nelle fasi tardive, quindi, la nefropatia diabetica è caratterizzata principalmente dalla comparsa di microalbuminuria e proteinuria già nelle fasi precoci della malattia. Da cui l’importanza di misurare non solo la creatinina sierica, ma anche la secrezione di albumina nelle urine. La nefropatia si associa anche a danno arterioso con ipertensione ed edema, lesioni renali, fino alla distruzione renale totale. Rappresenta quindi un fattore di rischio cardiovascolare aggiuntivo. Retinopatia diabetica: negli Stati Uniti la retinopatia diabetica rappresenta la principale causa di cecità nella fascia di età tra i 20 e i 74 anni e i soggetti diabetici hanno un rischio di sviluppare cecità 25 volte maggiore rispetto ai soggetti non diabetici. Sono stati identificati due stadi di retinopatia diabetica: semplice e proliferativa. Nella retinopatia semplice la perdita dei periciti e delle cellule endoteliali e l’ispessimento della membrana basale determinano aumento della permeabilità vasale e sviluppo di alterazioni microvascolari (formazione di microaneurismi, vasi tortuosi e dilatati, shunt arterovenosi e occlusione vasale). L’aumentata permeabilità capillare, che può essere evidenziata dalla fuoriuscita di colorante dai capillari all’esame fluoroangiografico, causa il passaggio extravasale di materiale plasmatico (lipidi, proteine) con formazione di caratteristici essudati definiti “essudati duri”. I microaneurismi, estroflessioni dei capillari retinici dovute almeno in parte a indebolimento della parete vasale per perdita dei periciti, si possono rompere causando piccole emorragie retiniche, che negli strati più profondi della retina hanno un aspetto puntiforme e, negli strati più superficiali, assumono, disponendosi lungo le fibre nervose, il cosiddetto aspetto “a fiamma”. L’obliterazione dei vasi con conseguente ischemia, oltre a causare la formazione di aree di microinfarti denominati “essudati cotonosi”, è responsabile del rilascio di fattori vasoproliferativi (VEGF, IGF, eritropoietina), che stimolano la formazione di nuovi vasi nel tentativo di rivascolarizzare il tessuto retinico. Il secondo stadio della retinopatia diabetica, denominato retinopatia proliferativa, è caratterizzato 15 più lunga durata d’azione. Sono, inoltre, disponibili analoghi dell’insulina sia a rapida (lispro, aspart, glulisina) sia a lunga durata d’azione (glargine, detemir, degludec). L’uso di analoghi ad azione rapida permette una somministrazione subito prima, durante o talora subito dopo i pasti, garantendo rapida insorgenza d’azione e breve durata d’azione. Tra i fattori che influenzano la farmacocinetica insulinica troviamo la sede d’iniezione (addome più veloce rispetto a cosce o altro), la rotazione del sito di iniezione (per prevenire lipodistrofia), la dose somministrata (dose piccola maggior assorbimento), e la dimensione e profondità dell’iniezione (assorbimento più rapido tanto più profonda è l’iniezione). Nei pz che si alimentano, il trattamento insulinico di scelta è quello intensivo multi-iniettivo (schema “basal-bolus”), mentre nei pz critici che non si alimentano, l’insulina deve essere somministrata per via infusionale. L’uso esclusivo dell’insulina “al bisogno” non è raccomandato in quanto si è dimostrato non efficace ed espone a maggiore instabilità glicemica. Lo schema basal-bolus tende a imitare la produzione pancreatica fisiologica, tramite iniezioni di insulina ultrarapida in bollo in concomitanza dei pasti, in associazione a iniezioni “basali” di insulina ultra-lenta, somministrata la sera, che copre tutta la notte e tutto il giorno dopo. Di solito il paziente con diabete di tipo 1 necessita di 0,5-1 U/kg/die di cui il 40-50% somministrato come insulina basale (per esempio, glargine, detemir, degludec) e il restante 50-60% suddiviso ai tre pasti (insulina regolare o analoghi rapidi). La dose ai pasti viene variata utilizzando algoritmi sulla base della glicemia preprandiale e sul quantitativo di carboidrati che si prevede di introdurre con il pasto in base ad algoritmi individualizzati. Nel paziente con diabete di tipo 2 la terapia insulinica viene iniziata quando, nonostante una terapia orale combinata massimale, i valori di HbA1c non sono soddisfacenti; il suo utilizzo è previsto anche all’esordio del diabete per ristabilire rapidamente il controllo glicemico o come componente di una terapia di associazione a due-tre farmaci. Nei pazienti in cui viene iniziata la terapia insulinica, la metformina può essere continuata, in quanto, riducendo il rilascio epatico di glucosio, consente di usare dosi minori di insulina. Si può iniziare aggiungendo un analogo a lunga durata d’azione alla sera (10 unità o 0,2 U/kg/die) e titolarne la dose (variazioni di 2 unità ogni 3 giorni) sino a ottenere una glicemia a digiuno di 70-130 mg/dl. Se i valori di HbA1c restano > 53 mmOl/mol (7%) si può misurare la glicemia preprandiale (pranzo, cena) e alla sera e, se necessario, introdurre una o più dosi di insulina rapida o analogo rapido sino ad arrivare a uno schema basal-bolus. 16 Anche la dieta rappresenta un aspetto fondamentale della terapia del diabete, sia di tipo 1 sia di tipo 2. È indicata una individualizzazione del programma alimentare sulla base del motivo del ricovero, degli obiettivi terapeutici, dei parametri fisiologici e della terapia farmacologica concomitante. La prescrizione nutrizionale dovrebbe essere effettuata da un dietista membro del team diabetologico. Una moderata riduzione dell’apporto calorico, associata ad aumento del dispendio energetico, è raccomandata nei pazienti diabetici sovrappeso o obesi. In questo tipo di pazienti il calo ponderale rappresenta, infatti, il principale obiettivo terapeutico e si associa invariabilmente a un miglioramento del compenso glicemico, soprattutto perché riduce lo stato di insulino-resistenza. La composizione della dieta del paziente diabetico non differisce sostanzialmente dalla dieta bilanciata raccomandata a tutti i soggetti. L’obiettivo è quello non solo di evitare rapide escursioni dei livelli glicemici, ma anche e soprattutto di prevenire lo sviluppo delle complicanze croniche del diabete controllando il compenso glicemico, i livelli di pressione arteriosa e di colesterolo. Per il monitoraggio glicemico ci si avvale di una serie di strumenti come lo stick urine semplice di rapida esecuzione, non invasivo, e utile sia per diagnosticare glicosuria che chetonuria, oppure il reflettometro, con i classici stick per la glicemia da sangue capillare. Il reflettometro garantisce semplicità di utilizzo e una buona accuratezza analitica su un ampio range di valori glicemici (30-500 mg/dl). Da la possibilità, inoltre, di effettuare prelievi anche da siti diversi dai polpastrelli qualora non ci fosse disponibilità (ad esempio in pz ustionati). Valori superiori rispetto a 600 mg/dl o inferiori a 30 mg/dl saranno indicati con sigle, rispettivamente HI e LO. Il monitoraggio è indispensabile in tutti i pz con diabete di tipo 1 o di tipo 2 indipendentemente dal motivo del ricovero, o in pz scompensati, mentre è consigliata ma non indispensabile in diabetici di tipo 2 trattati con ipoglicemizzanti orali compensato in modo soddisfacente. Il monitoraggio in ospedale avviene di solido in 5 momenti della giornata, la mattina a digiuno, prima e dopo 2 ore dal pranzo, e cena e dopo 2-3 ore dalla cena, o al minimo tre volte al giorno. Il risultato degli stick devono essere riportati su un diario apposito per ogni pz ricoverato, essere corredati dall’orario di esecuzione ed essere corredati dal tipo e dal dosaggio della terapia effettivamente somministrata. Tali misurazioni servono da una parte al medico curante per stabilire e verificare gli obiettivi glicemici, per prevenire lo scompenso glicemico e per educare il pz, e dall’altra al pz stesso per imparare l’uso del reflettometro e degli iniettori insulinici, per capire l’utilità ed i principi dell’autocontrollo e per rafforzare l’educazione del pz che esegue l’autocontrollo. L’anziano è molto più a rischio di ipoglicemia e pertanto gli obiettivi glicemici saranno più adeguati alle loro esigenze. In questo caso la prevenzione non riguarda le complicanze croniche ma bensì quelle acute, quali ipo e iperglicemia. 17 Microinfusori sottocutanei nella terapia del diabete La secrezione di insulina fisiologica è prevalentemente post-prandiale, nel periodo interprandiale e durante il digiuno notturno esiste una quota basale di insulina che controlla l’uscita di glucosio dal fegato. Il fabbisogno insulinico è quindi suddiviso in un’infusione continua per le esigenze metaboliche nel periodo interprandiale e durante il digiuno notturno (velocità basale) e in dosi per coprire i pasti (boli). Il microinfusore sottocute funziona rispettando la velocità basale, mentre le dosi in bolo saranno auto somministrate dal pz. L’infusione basale può essere programmata in base alle variazioni circadiane del fabbisogno insulinico che si verificano durante la giornata con una riduzione nelle ore notturne e un aumento nelle prime ore del mattino per fronteggiare il fenomeno dell’iperglicemia mattutina. Viene ridotta anche durante l’esercizio fisico e nelle ore successive in cui ancora può verificarsi un abbassamento della glicemia. Accanto a questi indiscutibili vantaggi ci sono anche degli inconvenienti che ne limitano l’impiego: il costo elevato, l’impatto psicologico sul paziente e la possibile complicanza cutanea indotta dall’inserimento prolungato di un catetere o di un ago sottocute. Per tale ragione, il microinfusore viene a tutt’oggi riservato a quei soggetti che presentino compenso glicemico scadente, nonostante effettuino terapia insulinica secondo schema basal-bolus ottimale e/o ipoglicemie ricorrenti. Il microinfusore è costituito da una pompa infusionale (minicomputer costituititi da una zona con tasti per la programmazione di dosi insulinici e di erogazione continua di insulina), da un serbatoio contenente insulina ultrarapida per un periodo di circa una settimana (300 UI), e da un set infusionale con una cannula inserita sottopelle nella zona addominale. I set infusionali possono rimanere in sede per due o tre giorni e possono essere scollegati facilmente al bisogno. Usare il microinfusore aiuta a migliorare non solo l’emoglobina glicata ma anche la variabilità glicemica. In età pediatrica, l’applicabilità del microinfusore è determinata da alcune caratteristiche del bambino: - Impossibilità di normalizzare la glicemia con le iniezioni multiple di insulina (a causa di una HbA1c elevata); - Ipoglicemie ricorrenti; - Fenomeno dell’alba non modificabile (picchi glicemici particolarmente elevate nelle prime ore del giorno a causa di squilibri ormonali) con la terapia ottimizzata (4 iniezioni al giorno); - Desiderio del pz di evitare le frequenti iniezioni di insulina (agofobia); - Desiderio di normalizzare lo stile di vita; - Difficoltà a mantenere uno stato di benessere (chetoacidosi ricorrenti, frequenti ospedalizzazioni). 20 Caratteristiche suggestive di nodulo palpabile verosimilmente maligno che necessita di agoaspirato è la presenza di un nodulo a crescita rapida, con massa fissa e dura, con sintomi ostruttivi e paralisi delle corde vocali. Ipertiroidismo L’ipertiroidismo è un quadro di iperfunzione della ghiandola tiroidea con eccesso di ormoni tiroidei nel sangue (dovuta quindi ad una eccessiva produzione ghiandolare). Differisce dalla tireotossicosi, che invece non è dovuta ad una aumentata produzione ma bensì ad un aumentano rilascio ormonale (spesso in seguito alla rottura di cellula follicolari). Sia ipo- che ipertiroidismo sono patologie più frequenti nella donna, rispettivamente del 6 e del 2%. Il pz con ipertiroidismo si presenterà con sintomi e segni tipici della malattia e con un abbassamento del TSH e aumento di FT4 e FT3. Si definisce primario l’ipertiroidismo che colpisce direttamente la tiroide, determinando un’aumento della sintesi ormonale: - Morbo di Flajani-Basedow o morbo di Graves: patologia autoimmunitaria dovuta alla presenza in circolo di un anticorpo specifico simile al TSH e quindi interpretato come tale dalla ghiandola tiroidea. Questo porta ad una produzione continua di ormoni tiroidei con aumento di FT3 e FT4 e riduzione di TSH. Una delle principali complicanze è la oftalmopatia Basedowiana, che può portare anche alla perdita della vista; - Nodulo autonomo tossico o adenoma di Plummer: presenza di un tumore benigno sotto forma di nodulo che produce in maniera incontrollata ormoni tiroidei. Anche in questo caso si vede un aumento di FT3/FT4 e una riduzione di TSH; - Gozzo multinodulare tossico: simile all’adenoma di Plummer, ma con la presenza di più noduli autonomi invece di uno. Cause secondarie, o extratioidee, di ipotiroidismo includono l’inappropriata secrezione di TSH per adenoma ipofisario TSH secernente e la resistenza ipofisaria agli ormoni tiroidei (con inibizione dei meccanismi di feedback negativo). L’ipertiroidismo può essere anche causa di una stimolazione da gonadotropina corionica da tumori secernenti beta hCG o da tireotossicosi gestazionale. Sia le forme primarie che secondarie di ipertiroidismo possono portare alla formazione di quadri di tireotossicosi, tuttavia, vi sono presenti cause di tireotossicosi senza ipertiroidismo. Queste forme sono: - Tiroidite subacuta (da causa virale); - Tiroide silente; - Tiroidite indotta da farmaci (amiodarone, litio, radiazioni per neoplasia al collo); - Tireotossicosi factitia (da assunzione/abuso di ormoni tiroidei). 21 Ipotiroidismo Condizione clinica determinata da una carenza di ormoni tiroidei nel sangue e nei tessuti periferici. In passato portava a quadri gravi di edema diffuso agli arti superiori e inferiori e pertanto veniva chiamato anche mixedema. Le cause anche in questo caso possono essere dirette alla tiroide (ipotiroidismo primario) o extratiroidee (problemi di produzione del TSH – ipotiroidismo secondario; problemi di produzione del TRH – ipotiroidismo terziario). La forma secondaria è dovuta principalmente a patologie, chirurgie o traumi che interessano l’ipofisi. La forma primaria è la più frequente, causata nella maggior parte dei casi da una base autoimmune, in questo caso con produzione di autoanticorpi anti-TPO e anti-tireoglobulina, che attaccano le componenti tiroidee portando ad una sua distruzione nel tempo e quindi alla sua progressiva perdita di funzione ormonale à tiroide cronica di Hashimoto. L’ipotiroidismo primitivo può essere a sua volta distinto in ipotiroidismo subclinico (la prima a instaurarsi: sintomi e segni assenti, TSH elevato ma FT4 e FT3 normali in quando ancora integra la ghiandola) e in ipotiroidismo clinicamente manifesto (si instaura quando vi è una distruzione della ghiandola: presenza di segni e sintomi, TSH > 10 mU/l, FT3 e FT4 ridotti). L’ipotiroidismo congenito nei bambini, se non adeguatamente diagnosticata, provoca nanismo, ritardo mentale e, in alcuni casi, sordità e rigidità muscolare. Questa sindrome viene chiamata cretinismo. Attualmente in Italia tale sindrome è scomparsa, grazie al controllo dei valori di TSH in tutti i neonati alla loro nascita. PATOLOGIA IPOFISARIA Classificazione: - Adenoipofisi o ipofisi anteriore (di natura endocrina); - Neuroipofisi o ipofisi posteriore (di natura neurale, è in connessione con SNC (ipotalamo) attraverso il peduncolo ipofisario. Anatomia e rapporti anatomici: La ghiandola è posta all’interno della sella turcica, comunica direttamente attraverso il peduncolo con il SNC e il chiasma ottico. Comunica per vicinanza con molti nervi cranici e con i vasi arteriosi e venosi. Lesioni ipofisarie, che comportano un aumento delle dimensioni della ghiandola, vanno a comprimere le strutture adiacenti. 22 L’ipofisi è la struttura che comunica sia con il SNC sia con il sistema endocrino. Garantisce il legame tra le attività del cervello e quelle del sistema endocrino per la produzione di ormoni. L’ipofisi è regolata dall’ipotalamo e ha la funzione di produrre ormoni che influenzano l'attività di altre ghiandole come tiroide, ghiandole surrenali e gonadi (ovaie e testicoli) denominate "ghiandole bersaglio". Ha anche stretto controllo sulla mammella, sui tessuti extra-endocrini e sulla crescita e lo sviluppo muscoloscheletrico. L’ipotalamo (SNC) ha uno stretto controllo neuronale sull’ipofisi; questo avviene attraverso dei neuroni che partendo dalla zona ipotalamica, entrano nel peduncolo e innervano tutta la ghiandola ipofisaria. Questo controllo neuronale comporta rilascio di tropine, che stimolano l’adenoipofisi a produrre altri ormoni che avranno una ghiandola bersaglio a valle. Ipofisi anteriore: ORMONE IPOTALAMICO ORMONE IPOFISARIO GHIANDOLA BERSAGLIO FEEDBACK ORMONALE TRH TSH Tiroide FT3, FT4 GnRH LH (gonadotropina) Gonade Estradiolo F, testosterone M GnRH FSH (gonadotropina) Gonade Inibina, estradiolo, testosterone Somatostatina GH (ormone della crescita) Multiple IGF-1 (rilasciato a livello del fegato) GHRH GH (ormone della crescita) Multiple IGF-1 Dopamina PRL (prolattina) Mammella CRH ACTH Ghiandola surrenalica Cortisolo RH = releasing hormone 25 Cause: - Neoplastiche (ipofisarie o ipotalamiche); - Congenite; - Vascolari; - Infiammatorie (TBC); - Fisiche, traumatiche; - Altre (farmaci). Ipopituarismo parziale da deficit ormonale selettivo di: - TSH à ipotiroidismo secondario; - ACTH à iposurrenalismo secondario; - FSH e LH à ipogonadismo (con riduzione dei caratteri sessuali); - GH à nanismo; - PRL à se donna in gravidanza non avrà la montata lattea; - ADH (adiuretina, secreta da ipofisi posteriore) à diabete insipido centrale o neurogeno. L’ipofisi posteriore secerne ADH e ossitocina. Diabete insipido: condizione patologica caratterizzata da aumentato flusso di urine ipotoniche (poliuria) e polidipsia causato da deficit di secrezione e/o di azione dell’ADH. Classificazione: - Diabete insipido neurogeno (da carenza assoluta o parziale di ADH); - Diabete insipido nefrogeno (da ridotta o assente sensibilità all’azione di ADH). ADH (vasopressina): ha azione antidiuretica favorendo il riassorbimento dell’acqua. Se c’è deficit di secrezione di ADH il paziente presenterà poliuria (anche fino a 15lt/die) e ipostenuria (urine non concentrate). Patologie indotte da adenomi ipofisari ipersecernenti: - PRL (prolattinoma); - GH (acromegalia); 26 - ACTH (morbo di Cushing). Prolattina: ormone proteico, ha effetto su mammella, gonadi, fegato, prostata. Favorisce la montata lattea nella donna gravida e mantiene la lattazione dopo il parto. L’ossitocina invece causa l’eiezione di latte. È l’ormone dello stress. Iperprolattinemia: - Fisiologica durante gravidanza e allattamento, in situazioni di stress, se si fa uso di estrogeni (pillola anticoncezionale); - Dovuta a farmaci (antidopaminergici, oppiacei, antidepressivi, benzodiazepine); - Patologica dovuta a iperproduzione (prolattinoma). Prolattinomia: è la più comune patologia endocrina ipotalamo-ipofisaria. - Ha uno sviluppo solitamente monolaterale; - Più spesso è un microadenoma, cioè intrasellare; - Quasi sempre adenoma (carcinoma è rarissimo); - Eziopatogenesi non definita (mutazione di gene RAS nei rari carcinomi); - Microprolattinoma più frequente nelle donne. (Può crescere in gravidanza). Sintomi (più specifici nella donna): - Infertilità; - Oligomenorree/amenorrea; - Galattorea (fuoriuscita di liquido dalla mammella); - Deficit della libido; - Sintomi da massa ipofisaria; - Deficit della forza muscolare. GH: polipeptide secreto dalle cellule dell’ipofisi anteriore in modo pulsatile, regolato in senso stimolatorio dal GHRH ed in senso inibitorio dalla somatostatina. Alla pulsatilità di fondo della sua secrezione si sovrappongono picchi secretori variabili e sporadici (associati all’assunzione di pasti proteici o all’attività fisica intensa) e picchi costanti (che insorgono negli stadi 3 e 4 del sonno, e 2-3 ore dopo l’addormentamento). Acromegalia o gigantismo: sindrome caratterizzata da specifiche alterazioni viscero- somatiche ed ematochimiche dovute all’aumentata secrezione patologica di GH e di IGF-1. Se insorge in età prepuberale, prima della saldatura delle cartilagini di coniugazione epifisarie, determina gigantismo. Una ridotta secrezione comporterà nanismo. Il GH stimola a livello epatico la produzione di IGF-1 che, per evitare sovrapproduzione, inibirà la produzione ipofisaria di GH. Il IGF-1 favorisce la crescita di ossa e muscoli. 27 L’acromegalia insorge in età adulta. Caratteristiche cliniche peculiari: - Eccessiva crescita ossea; - Ispessimento dei tessuti molli; - Ingrandimento di molti organi interni («viscero-megalia»). Nel 95% dei casi l’acromegalia è dovuta a tumore ipofisario. Segni clinici di un tumore extrasellare: Segni e sintomi: - «Facies acromegalica»; - Ingrossamento estremità; - Ispessimento cutaneo; - Deformità colonna vertebrale; - Ipertensione; - Cardiomegalia; - Epato-splenomegalia; - Gozzo;
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